“LIEVITO
mammifero onorario”
Università degli Studi di Milano
Settore Didattico, via Celoria 20, Milano
Laboratorio 105
Indice
1. Conoscenze preliminari
• 1.1 Terminologia e concetti di base della genetica classica
• 1.2 Le leggi di Mendel
• 1.3 Interazioni tra alleli
p. 4
• 1.4 La mitosi
• 1.5 La meiosi
2. Importanza degli organismi modello nella ricerca biologica
p. 7
• 2.1 Il lievito Saccharomyces cerevisiae come organismo modello
p. 7
• 2.2 Classificazione dei lieviti
• 2.3 Utilizzo del lievito in biotecnologie tradizionali
• 2.4 Il ciclo vitale del lievito Saccharomyces cerevisiae
• 2.5 Il controllo del sesso in S. cerevisiae
p. 10
• 2.6 Il ciclo cellulare di S. cerevisiae
• 2.7 Nomenclatura dei geni di lievito
• 2.8 Isolamento ed utilizzo di mutanti di lievito temperatura-sensibili
• 2.9 La scoperta dei mutanti cdc per lo studio del ciclo cellulare
p.3
p. 3
p. 3
p. 5
p. 6
p. 8
p. 9
p. 9
p. 11
p. 13
p. 13
p. 15
3. Cenni di biologia molecolare del lievito
• 3.1 Il genoma del lievito S. cerevisiae
• 3.2 Clonaggio di un gene di lievito
• 3.3 La distruzione dei geni e l’analisi dei loro fenotipi
p. 16
p. 16
p. 17
p. 18
4. La coltivazione dei lieviti in laboratorio
• 4.1 Strumentazione e materiali a disposizione
• 4.2 Principali prefissi e unità di misura usati in biologia cellulare e molecolare
p. 20
p. 20
p. 21
5. Protocolli sperimentali
• 5.1 Esperimento di complementazione
• 5.2 Norme di lavoro
• 5.3 Coniugazione di cellule di lievito di sesso opposto
• 5.4 Replica-plating modificato
• 5.5 Osservazione al microscopio
di cellule di lievito selvatiche
e di mutanti cdc bloccati in diverse fasi del ciclo cellulare
p. 21
p. 21
p. 23
p. 23
p. 23
6. Norme di sicurezza in laboratorio
p. 25
7. Domande di autovalutazione
p. 25
8. Glossario
p. 28
9. Bibliografia e siti web utili
p. 32
10. Concorso “Una settimana da ricercatore”
p. 32
p. 24
2
1. Conoscenze preliminari
1.1 Terminologia e concetti di base della genetica classica
Ogni cromosoma può essere immaginato come una successione
lineare di geni o loci (singolare, locus). Un gene è il
determinante di una caratteristica di un organismo; in genere,
codifica per una proteina o un RNA. Si definisce locus il sito
specifico su un cromosoma in cui è localizzato un certo gene
(Fig. 1.1.1). Uno stesso gene può esistere in più forme
alternative, dette alleli. Ogni coppia di cromosomi omologhi
contiene la stessa successione di geni, ma non necessariamente
la stessa successione di alleli. Ad esempio, il gene che controlla
il colore del pelo può esistere in due forme alternative (alleli),
uno che determina pelo nero, l'altro pelo marrone. Quindi, se su
un cromosoma in un dato locus è presente l’allele che determina
pelo nero, sul cromosoma omologo nel locus corrispondente
sarà presente lo stesso gene (gene per il colore del pelo), ma
l’allele può essere diverso. Ad es. può esservi l’allele che
determina pelo marrone.
Se i due alleli di uno stesso gene sono uguali, l’individuo è
omozigote (ad es. ha genotipo AA oppure aa). Se i due alleli
sono diversi, l’individuo è eterozigote (ad es. il genotipo è Aa).
Un individuo omozigote produce un solo tipo di gamete
relativamente a quel locus (A oppure a). Un individuo
eterozigote produce due tipi di gameti (A e a) in ugual quantità,
cioè in rapporto 1:1.
Il genotipo è la
costituzione genetica
di un organismo. Il
fenotipo
è
la
Fig. 1.1.1. Definizione di locus, allele ed altri
manifestazione
termini di genetica (vedi testo e didascalie
visibile o in qualche
all’interno della Figura)
modo evidenziabile di
un carattere genetico. Il fenotipo è determinato dal genotipo,
dall’azione di altri geni e dei loro prodotti e dalla sua
interazione con l’ambiente (Fig. 1.1.2). Ad es. la diversa
colorazione del pelo dei gatti siamesi nelle regioni del corpo più
esposte al raffreddamento (come zampe, orecchie), è dovuta
Fig. 1.1.2. Fenotipo, genotipo e ambiente. Il
all’influenza dell’ambiente (temperatura più bassa).
fenotipo è la risultante dell’interazione di tre
fattori: il genotipo, l’azione di altri geni e dei loro
In genetica, l’accoppiamento tra due individui è detto incrocio
prodotti: (ad es. gli ormoni) e l’ambiente (ad es.
ed è rappresentato con il simbolo “x”.
l’alimentazione).
1.2 Le leggi di Mendel
Gregor Mendel a metà dell’Ottocento scoprì le leggi che governano la trasmissione ereditaria dei
caratteri monofattoriali (controllati da un singolo gene, detti anche caratteri mendeliani semplici). Le
leggi di Mendel, che trovano la loro base biologica nel processo della meiosi (vedi più avanti), sono le
seguenti:
- I legge di Mendel o legge dell’uniformità della prima generazione ibrida. Essa afferma che l’incrocio
tra individui della generazione parentale (o generazione P), ciascuno omozigote per due alleli diversi di
uno stesso gene (ad es. BB x bb) e che quindi differisce dall’altro genitore per una caratteristica (ad es.
pelo nero o marrone), dà una progenie (detta generazione F1 o prima generazione filiale), costituita da
individui tutti identici tra loro (tutti eterozigoti; ad es. Bb) (Fig. 1.2.1).
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Ciascun genitore della generazione parentale è una linea pura,
cioè è omozigote per quel carattere (ad es. AA). Una linea pura è,
infatti, un insieme di individui, il cui incrocio (ad es. AA x AA)
dà origine ad individui sempre con lo stesso carattere dei genitori.
La base fisica dell’uniformità degli individui della F1 è costituita
dal fatto che i due genitori BB e bb, essendo omozigoti,
producono, il primo, solo gameti B e, il secondo, solo gameti b.
Ne consegue che gli individui della F1 sono tutti eterozigoti Bb,
quindi tutti uguali tra loro.
- II legge di Mendel o legge della segregazione. Essa afferma
che l’incrocio tra individui eterozigoti (Bb x Bb) dà una progenie
(detta generazione F2 o
seconda generazione filiale),
in cui compaiono genotipi
diversi in rapporti genotipici
definiti e costanti: 1/4 BB,
1/2 Bb e 1/4 bb (Fig. 1.2.1).
La base fisica della II legge
di Mendel è data dal fatto che
nell'individuo eterozigote Bb
i due alleli (B e b) si separano
(segregano) l’uno dall’altro
durante la formazione dei
Fig.1.2.1. Prima e seconda legge di Mendel. Per
gameti. Ogni individuo della
la spiegazione, vedi il testo.
F1
quindi,
essendo
eterozigote, produce 1/2 gameti B e 1/2 b. Ne consegue che in F2
nasceranno ad es. figli BB con frequenza 1/2 x 1/2 = 1/4.
- III legge di Mendel o legge dell’assortimento indipendente. Essa
afferma che nell’incrocio tra individui che differiscono per due
caratteri controllati ciascuno da coppie alleliche localizzate su
cromosomi diversi (ad es., BbSs x BbSs), le due coppie di alleli si
assortiscono indipendentemente. Si formano quindi da ogni genitore
gameti BS, Bs, bS e bs, ciascuno con frequenza 1/4 (25%). Si ottiene
quindi una progenie con fenotipi BS, Bs, bS e bs in rapporto di
9:3:3:1 (Fig. 1.2.2). La base fisica della III legge di Mendel consiste
nel fatto che l’assortimento (segregazione) di una coppia di
cromosomi omologhi è casuale e indipendente dalla segregazione di
un’altra coppia di cromosomi omologhi.
Fig. 1.2.2. Terza legge di Mendel. Per la
spiegazione, vedi il testo.
1.3 Interazione tra alleli (dominanza completa, incompleta, codominanza)
Dato che di uno stesso gene possono esistere due o più alleli e che in un individuo possono essere presenti
due alleli diversi di uno stesso gene, il fenotipo risultante dipenderà dalla interazione tra i due alleli. Le
interazioni tra alleli possono essere di:
- dominanza completa, quando un allele, detto allele dominante, maschera completamente l’espressione
dell’altro allele, detto allele recessivo. Ne deriva che il fenotipo dell’individuo omozigote dominante
(AA) è indistinguibile da quello dell’eterozigote (Aa). Ad es. gli individui della F1, in caso di dominanza
completa, hanno lo stesso fenotipo di uno dei due genitori, cioè fra i due caratteri che si incontrano, uno
solo prevale. In caso di dominanza completa, nella II legge di Mendel si ottengono rapporti di
segregazione fenotipica (fenotipi A e a) di 3:1.
- codominanza, quando in un eterozigote (Aa) entrambi gli alleli si manifestano fenotipicamente, cioè
vengono espressi entrambi. Un esempio classico si ha nel caso degli alleli IA e IB del gruppo sanguigno
ABO.
- dominanza incompleta o dominanza intermedia, quando il fenotipo dell’individuo eterozigote (Aa) è
intermedio tra quello dei due omozigoti (AA e aa). Un esempio classico è il colore del fiore Bella di notte
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(Fig. 1.3.1). In caso di dominanza intermedia, i rapporti di
segregazione fenotipica in F2 non sono di 3:1, ma di 1:2:1
(1/4 dei fenotipi è uguale a quello di un parentale, 1/2 a quello
degli individui della F1 e 1/4 all'altro parentale).
La teoria cromosomica dell’ereditarietà dei caratteri
stabilisce che i geni sono localizzati sui cromosomi. Quindi la
trasmissione dei geni da una cellula somatica ad un'altra
oppure da una generazione all'altra è dovuta alla trasmissione
dei cromosomi. Da qui, l’importanza di studiare i cromosomi
e il loro comportamento durante la mitosi e la meiosi.
1.4 La mitosi
Il ciclo cellulare è il programma genetico che sovrintende la
divisione delle cellule (Fig. 1.4.1). Il ciclo cellulare è
costituito da 4 fasi: la fase G1 (G = Gap = intervallo) che
prepara alla replicazione dei cromosomi che avviene nella
fase S; la fase G2 che prepara alla mitosi. Quindi la mitosi
(fase M) é una fase del ciclo cellulare, anche se spesso si parla
di ciclo mitotico.
Fig. 1.3.1. Dominanza intermedia. In caso di
dominanza intermedia (detta anche incompleta),
l’individuo eterozigote ha un fenotipo intermedio tra
quello dei due parentali. In questo esempio, i fiori
della generazione parentale sono rossi (individuo RR)
o bianchi (individuo rr; gli individui eterozigoti (Rr)
hanno fiori rosa.
Fig. 1.4.1. Le varie fasi del ciclo cellulare di una cellula eucariotica.
La mitosi è la fase del ciclo cellulare in cui i cromosomi
vengono segregati nelle due cellule figlie che si generano ad
ogni divisione cellulare. Ogni cromosoma viene duplicato
durante la fase S, per cui, all’inizio della mitosi ogni
cromosoma è costituito da due copie identiche (dette cromatidi
fratelli ed uniti attraverso il centromero), che si distribuiscono
nelle due cellule figlie al termine della mitosi (Fig. 1.4.2). Nella
mitosi si distinguono 4 sottofasi, chiamate profase, metafase,
anafase e telofase. Gli eventi caratteristici della mitosi visti nel
contesto del ciclo cellulare sono riassunti nella Fig. 1.4.3. La
mitosi termina con la citochinesi, ovvero la divisione del
citoplasma. La mitosi porta alla produzione di cellule che sono
geneticamente identiche tra loro e alla cellula da cui si sono
originate. La mitosi quindi è una divisione cellulare che non
genera, normalmente, variabilità genetica.
Fig. 1.4.2. Cromatidi fratelli. Ogni cromosoma viene
duplicato durante la fase S dell’interfase, che precede
la mitosi. All’inizio della mitosi ogni cromosoma è
pertanto costituito da due copie identiche, dette
cromatidi fratelli, unite in corrispondenza del
centromero. Al termine della mitosi, vi è la
distribuzione di ciascun cromatidio in ciascuna cellula
figlia. Ciò fa sì che le cellule figlie siano
geneticamente uguali tra loro e alla cellula madre.
5
Fig. 1.4.3. La mitosi. Sono riassunti schematicamente gli eventi che accadono in un ciclo mitotico in una ipotetica cellula
contenente due coppie di cromosomi e, quindi 4 molecole di DNA per cellula. I cromosomi si duplicano nella fase S e quindi il
numero di molecole di DNA diventa 8 e sin dall’inizio (profase) della mitosi ciascun cromosoma è costituito da due cromatidi
fratelli. In metafase ciascun cromosoma si allinea sulla piastra metafasica ed i due cromatidi fratelli si separano, migrano ai poli
opposti della cellula in anafase e si separano nelle due cellule figlie dopo la citochinesi (notate la differenza con la I divisione
meiotica in Fig. 1.5.1). Alla fine del processo mitotico il numero di molecole di DNA e di cromosomi rimane costante.
1.5 La meiosi
La meiosi è il processo di divisone cellulare che porta alla formazione di cellule germinali o gameti.
Essa è costituita da due successive divisioni cellulari (la I divisione meiotica e la II divisione meiotica),
precedute da una sola duplicazione del DNA, che avviene nella fase S che precede la I divisione meiotica.
Gli eventi della meiosi sono presentati in Fig. 1.5.1.
Fig. 1.5.1. Principali eventi genetici della meiosi. Essi sono: 1) la duplicazione del DNA che avviene una volta
sola, prima che inizi la I divisione meiotica; 2) la separazione dei cromosomi omologhi alla meiosi I e 3) la
separazione dei cromatidi fratelli alla meiosi II. Notare l'appaiamento dei cromosomi omologhi alla meiosi I
con possibilità di scambio di parti tra essi (crossing-over).
Gli eventi che caratterizzano la prima divisione meiotica sono unici tra tutte le divisioni cellulari. Dopo la
replicazione del DNA cromosomico durante la fase S, un aspetto chiave della I divisione meiotica
consiste nel fatto che i centromeri che uniscono i cromatidi fratelli rimangono intatti per tutta la durata
della divisione e non si separano come accade in mitosi. Con il procedere della divisione i cromosomi
omologhi di ciascuna coppia si allineano sul piano equatoriale della cellula e, attraverso meccanismi di
ricombinazione (crossing-over) si scambiano delle parti generando variabilità genetica. Successivamente,
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i due cromosomi omologhi (ognuno costituito dai due cromatidi fratelli) vengono tirati ai poli opposti
della cellula generando, dopo la citochinesi, due cellule con un numero ridotto (la metà) di cromosomi.
Per tale motivo, la I divisione meiotica è anche detta divisione riduzionale. Prima della II divisione
meiotica non si ha duplicazione del DNA, e solo al termine della II divisione meiotica avviene la
separazione dei cromatidi fratelli di ciascun cromosoma. Alla fine dell’intero processo, il numero dei
cromosomi si è ridotto alla metà, per cui partendo da cellule diploidi si sono originate cellule aploidi: i
gameti.
2. Importanza degli organismi modello nella ricerca biologica
Uno degli obiettivi principali della ricerca biologica è certamente quello di comprendere le basi
molecolari dei processi che controllano la divisione e proliferazione cellulare ed ancora più in generale la
fisiologia di una cellula. Alterazioni in questi meccanismi determinano fenomeni patologici che sappiamo
essere la causa di molte malattie nell’uomo. La ricerca biomedica ha quindi lo scopo di comprendere
questi processi biologici per poter migliorare la salute ed il benessere, principalmente, della specie umana.
Tuttavia, l’uomo non è l’organismo più idoneo per la sperimentazione biologica.
Una regola fondamentale della ricerca è quella di saper scegliere l’organismo più semplice ed opportuno
per affrontare il problema scientifico a cui si cerca di trovare una risposta. Per questo motivo, i biologi
molecolari hanno focalizzato la loro attenzione su alcuni organismi modello che sono particolarmente
utili nella ricerca: tra i più importanti ci sono: il batterio Escherichia coli, il lievito Saccharomyces
cerevisiae, il nematode Caenorhabditis elegans, il moscerino della frutta Drosophila melanogaster, il
pesce Dania rerio (zebrafish), il topo Mus musculus, la pianta Arabidopsis thaliana. E’ oggi
scientificamente dimostrato che i meccanismi molecolari che controllano l’espressione dei geni sono
molto simili, e spesso identici, in organismi evolutivamente molto distanti tra di loro. Gran parte degli
studi di biologia molecolare dei geni sono, quindi, eseguiti sugli organismi modello e la scelta del
modello più appropriato dipende dalle domande alle quali gli scienziati cercano una risposta. Jacques
Monod, premio Nobel nel 1965, a chi gli chiedeva quale fosse la rilevanza generale dei suoi studi sul
controllo dell’espressione dei geni nel batterio Escherichia coli, era solito rispondere: “…quello che è
vero per E. coli è quasi sicuramente vero anche per un elefante”.
Gli organismi modello più utilizzati non sono molti; devono infatti rispondere ad una serie di requisiti
pratici e teorici affinché ad essi possano essere applicate le tecnologie della moderna ricerca biologica:
1) il loro utilizzo deve essere economico;
2) devono poter essere tenuti in condizioni controllate di laboratorio occupando il minor spazio
possibile;
3) devono avere un ciclo di riproduzione rapido;
4) devono originare una progenie numerosa;
5) la sequenza del loro genoma deve essere nota;
6) devono avere caratteristiche che permettano l’applicazione delle più moderne tecnologie
genetiche e molecolari.
2.1 Il lievito come organismo modello nelle ricerca biologica
Il lievito di birra Saccharomyces cerevisiae è uno degli organismi modello più utilizzati per tutta una serie
di caratteristiche che descriveremo in questa dispensa, al punto tale che qualche hanno fa nell’ambito di
una importante manifestazione scientifica è stato nominato “mammifero onorario” !!!
Tuttavia, altre specie di lievito
sono utilizzate in laboratorio per
studi di Genetica e Biologia
Molecolare. Tra queste, il lievito
Schizosaccharomyces pombe. A
differenza di S. cerevisiae che si
divide per gemmazione, S.
pombe si divide per scissione
mediana (Fig. 2.1.1). Il primo ha
una forma elissoidale, il secondo
Fig. 2.1.1. Fotografie al microscopio del lievito gemmante (budding) Saccharomyces
cerevisiae e del lievito Schizosaccharomyces pombe.
ha una forma a bastoncino.
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2.2 Classificazione dei lieviti
Sono state catalogate più di mille specie di lieviti. La maggior parte
appartengono al gruppo degli Ascomiceti: sono quindi dei funghi
unicellulari. Il fatto di essere un eucariote unicellulare rappresenta la
caratteristica più rilevante del suo successo come organismo
modello. Infatti, tali organismi offrono numerosi vantaggi come
modello per la sperimentazione:
− hanno genomi piccoli rispetto ad altri eucarioti e, quindi,
un’altrettanto piccolo numero di geni (vedi più avanti);
− vengono cresciuti in laboratorio in modo molto semplice,
analogamente a quanto si può fare con i batteri;
− nonostante la loro semplicità, le cellule di S. cerevisiae hanno le
stesse caratteristiche generali di eucarioti multicellulari
(Fig.2.2.1).
I lieviti hanno un nucleo distinto circondato da una membrana
nucleare ed il loro citoplasma è dotato dell’intero corredo di
organelli cellulari (mitocondri, vacuoli, apparato di Golgi etc.)
Fig. 2.2.1. Schema della struttura di una cellula
presenti in altre cellule eucariotiche. Il lievito S. cerevisiae, oltre
del lievito S. cerevisiae. Si può notare che,
che da una tipica membrana cellulare, è circondato all’esterno da
nonostante il lievito sia un eucariote
una parete cellulare piuttosto resistente.
unicellulare, mantiene tutte le strutture e gli
organelli presenti negli eucarioti multicellulari,
Come si può osservare dall’albero filogenetico mostrato in Fig.
quali i mammiferi.
2.2.2, il lievito S. cerevisiae è evolutivamente più vicino all’uomo di
altri eucarioti e, infatti, gran parte delle scoperte scientifiche fatte utilizzando il lievito come organismo
modello si sono dimostrate vere anche per i mammiferi, incluso l’uomo.
Fig. 2.2.2. Albero filogenetico che suddivide gli organismi nei tre regni dei BATTERI, ARCHEOBATTERI ed EUCARIOTI. Si può
notare la vicinanza evolutiva del lievito (Saccharomyces) e dell’uomo (Homo).
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2.3 Utilizzo del lievito in biotecnologie tradizionali
Da migliaia di anni il lievito S. cerevisiae è stato "addomesticato" dall’uomo per la produzione di pane,
vino e birra. È quindi un organismo utilizzato per una serie di “processi biotecnologici naturali” di cui
oggi si conoscono i meccanismi chimici e molecolari.
Mentre alcuni lieviti utilizzano esclusivamente la respirazione aerobica, altri, in assenza di ossigeno,
possono passare ad un processo di respirazione anaerobica, chiamato fermentazione. I lieviti fermentanti
producono energia convertendo gli zuccheri in anidride carbonica ed etanolo. Nella fermentazione delle
bevande è utile la produzione dell'etanolo, mentre nella lievitazione del pane l'anidride carbonica gonfia
la pasta e l'alcool (etanolo) evapora.
Un esempio con un substrato di glucosio:
C6H12O6 (glucosio)
→
2C2H5OH + 2CO2
I produttori di birra classificano i lieviti come top-fermenting e bottom-fermenting. I lieviti top-fermenting
(così chiamati perché galleggiano sulla superficie della birra) producono maggiori concentrazioni di
alcool e preferiscono temperature più alte. Ad esempio S. cerevisiae, produce una birra più fruttata e
dolce, denominata “ale”. I lieviti bottom-fermenting trasformano con la fermentazione una maggior
quantità di zuccheri lasciando un sapore più "croccante" e lavorano bene a basse temperature. Fra questi:
Saccharomyces uvarum e Saccharomyces carlsbergensis usati per produrre birre tipo “lager”.
I produttori di vino usano differenti varietà di lieviti a seconda del tipo di vino e delle condizioni dell'uva.
Troppo zucchero o un'eccessiva concentrazione di alcool rallenta la crescita del lievito, perciò per uve con
molto zucchero sono necessari lieviti che ben sopportano elevate concentrazioni zuccherine. Alcuni lieviti
sono selezionati in base agli aromi che tendono a sviluppare. Lieviti naturali sono già presenti sulla
superficie degli acini d'uva, perciò il succo d'uva tenderà spontaneamente a fermentare a meno che i
lieviti non vengano fermati con temperature basse o con solfati. Nonostante la maggior parte dei lieviti
rendano la vita dell’uomo più piacevole (essendo utilizzati per produrre pane, birra, vino etc.), un certo
numero di specie di lieviti, come la Candida albicans, possono causare infezioni nell'uomo (in particolare
malattie della pelle).
2.4 Il ciclo vitale del lievito Saccharomyces cerevisiae.
Le cellule del lievito S. cerevisiae sono di
forma ellissoidale con un diametro di circa 5
micron e si dividono per gemmazione, una
caratteristica che ha reso tale lievito molto utile
per studi sui meccanismi di divisione cellulare
(vedi più avanti). S. cerevisiae può crescere sia
in uno stato aploide (cioè con una copia di
ciascun cromosoma e quindi, in genere, con
una copia di ciascun gene) che in uno stato
diploide (cioè con due copie di ciascun
cromosoma). La conversione tra lo stato
aploide a quello diploide è mediata
dall’accoppiamento e quella dallo stato
diploide ad aploide da un processo chiamato
sporificazione (Fig. 2.4.1).
Esistono, inoltre, due tipi sessuali di lievito
detti a ed alfa (α). Ceppi di lievito, chiamati
eterotallici, di tipo sessuale a o alfa possono
essere fatti crescere come ceppi stabili per
indefinite generazioni. Solo se i due tipi
sessuali opposti a e alfa vengono fatti crescere
insieme, le cellule di sesso opposto si
accoppiano generando una cellula diploide
a/alfa che può dividersi indefinitamente in tale
stato. Ceppi di lievito, detti omotallici,
Fig. 2.4.1. Il ciclo vitale del lievito Saccharomyces cerevisiae. I due ceppi
aploidi (a e alfa) possono coniugare e formare il ceppo diploide a/alfa
che, in condizioni limitanti di nutrienti, va incontro a sporificazione
rigenerando nel processo meiotico spore aploidi.
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cambiano spontaneamente di sesso e, quindi, è molto difficile tenerli allo stato aploide, in quanto cellule
di sesso opposto e capaci di accoppiarsi generando una cellula diploide, si formano spontaneamente senza
la necessità di mescolare deliberatamente ceppi di sesso opposto.
Ceppi di lievito diploidi possono esseri fatti sporificare se vengono messi in condizioni limitanti di
nutrienti necessari per la crescita. In tali condizioni, le cellule che stavano dividendosi mitoticamente
iniziano invece il processo della meiosi, alla fine del quale vengono prodotte 4 cellule aploidi, due di
sesso a e due di sesso alfa, che sono i gameti chiamati anche, in questo caso, spore. Le 4 spore sono
contenute all’interno di una struttura visibile al microscopio chiamata asco, che racchiude quindi i gameti
prodotti da una singola meiosi (Fig. 2.4.2) (riflettete su quanto succede nell’uomo e traete le vostre
conclusioni).
Fig. 2.4.2. Un asco che contiene le 4
spore aploidi prodotte durante il
processo meiotico.
Fig. 2.4.3. Un microscopio con
micromanipolatore utilizzato per la
dissezione degli aschi.
Il processo di sporificazione ed il fatto che i prodotti di ciascuna meiosi siano contenuti in un’unica
struttura è di vitale importanza per l’analisi genetica della segregazione dei caratteri in cellule di lievito.
Infatti, i gameti prodotti in ogni processo meiotico possono essere prelevati con un apparecchio, chiamato
micromanipolatore (Fig. 2.4.3), che è un microscopio con attaccato un ago che si può muovere in modo
controllato così da andare a rompere gli aschi e prelevare le singole spore (gameti) in esso contenute.
Le spore vengono poi posizionate su terreni di coltura solidi (capsule di Petri, vedi più avanti) e ciascun
gamete aploide si dividerà generando una colonia di cellule.
Tutte le cellule che formano la colonia hanno lo stesso genotipo ed è così possibile, utilizzando opportuni
terreni e condizioni di crescita, valutare come un certo carattere ha segregato durante la meiosi
(RIPASSARE LE LEGGI DI MENDEL !!! e vedere più avanti).
2.5 Il controllo del sesso in S. cerevisiae
Il locus che controlla il sesso del lievito S. cerevisiae viene chiamato MAT. Nel locus MAT, che si trova
sul cromosoma III, possono trovarsi due alleli alternativi dello stesso gene, chiamati, rispettivamente,
MATa e MATalfa. Il sesso di ceppi di lievito aploidi sarà a o alfa a seconda che al locus MAT ci sia
l’allele MATa o MATalfa, che vengono trascritti a partire dal promotore presente nel locus stesso (Fig.
Fig. 2.5.1. Il meccanismo della
determinazione del sesso in S.
cerevisiae. L’allele presente al locus
MAT determina il sesso di una cellula
di lievito. Mediante meccanismi di
ricombinazione è possibile che un
ceppo di lievito possa cambiare sesso
(vedere testo per i dettagli).
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2.5.1). Oltre al gene presente sul locus MAT e che determina il sesso, tutte le cellule di S. cerevisiae
posseggono ulteriori copie dell’allele a e dell’allele alfa, in regioni sul cromosoma III che fiancheggiano
a destra e a sinistra il locus MAT. Queste due copie dei geni sono però silenti, cioè non espresse perché i
corrispondenti geni non vengono trascritti. È però possibile che il taglio da parte di una endonucleasi (che
si chiama HO) a livello del locus MAT induca un evento di “trasposizione” per cui il gene di sesso
opposto a quello presente sul locus MAT viene prima duplicato e poi traslocato sul locus MAT stesso
determinando la sostituzione dell’allele (di sesso opposto) che era precedentemente presente in quella
posizione (Fig. 2.5.1). Ciò determina un cambiamento del sesso di lievito!!! Questo meccanismo è anche
denominato meccanismo “a cassetta”, poiché i geni a o alfa che fiancheggiano il locus MAT ricordano
delle musicassette che sono lette solo se inserite nel registratore (il locus MAT), e sostituibili l’una
all’altra.
I geni a e alfa che possono essere presenti al locus MAT codificano per dei fattori trascrizionali, cioè per
delle proteine che controllano la trascrizione di altri geni. A seconda del fattore trascrizionale prodotto
nelle cellule aploidi a o alfa (o la presenza di entrambi i fattori in cellule diploidi), si determina il sesso
delle cellule aploidi o il mantenimento dello stato diploide. Ad esempio, cellule di sesso a, producono un
piccolo peptide detto feromone-a ed il recettore per il feromone-alfa. Viceversa, cellule di sesso alfa,
producono il feromone-alfa ed il recettore per il feromone-a. La produzione dei rispettivi feromoni, e la
presenza dei recettori, sono alla base del fenomeno della coniugazione tra ceppi aploidi di lievito di sesso
opposto.
La coniugazione dei ceppi aploidi di lievito avviene nella fase G1 del ciclo cellulare (vedi più avanti);
l’aggiunta del feromone di sesso opposto a quello di un certo ceppo di lievito (ad esempio l’aggiunta del
feromone-alfa a cellule di sesso a) blocca quelle cellule nella fase G1 del ciclo cellulare, permettendo la
coniugazione in presenza di cellule del sesso opposto. L’aggiunta di feromone-alfa a cellule di lievito di
sesso a, è, per esempio, un ottimo sistema per bloccare le cellule nella fase G1 e sviluppare, quindi,
metodi di sincronizzazione delle cellule che sono un pre-requisito per studi sui meccanismi molecolari
che controllano la progressione del ciclo cellulare.
2.6 Il ciclo cellulare di S. cerevisiae
Abbiamo già visto che per dividersi e proliferare, tutte le cellule eucariotiche devono eseguire
correttamente un programma genetico, definito ciclo cellulare, che sovrintende la corretta replicazione e
segregazione del materiale ereditario nelle cellule figlie. I cromosomi di una cellula eucariotica vengono
duplicati in un ristretto intervallo temporale del ciclo cellulare, definito fase S, e segregano nelle cellule
figlie in mitosi (fase M). La fase S e la fase M sono separate da due altre fasi, chiamate G1 e G2
G1
M
S
G2
Fig. 2.6.1. Il ciclo cellulare del lievito S. cerevisiae. Pannello a. Il ciclo cellulare mitotico di lievito è diviso nelle 4 fasi caratteristiche di tutte le
cellule eucariotiche. Pannello b. Le cellule di S. cerevisiae si dividono per gemmazione. Durante il ciclo cellulare di lievito, la dimensione della
gemma, la duplicazione ed il posizionamento del centro di organizzazione del fuso ed altri parametri morfologici permettono di determinare,
attraverso la semplice osservazione al microscopio, lo stadio del ciclo cellulare in cui si trovano le cellule di lievito.
11
(G=Gap=intervallo) (Fig. 2.6.1). La duplicazione dei cromosomi e la loro separazione nelle cellule figlie
sono processi periodici estremamente precisi ed ogni alterazione in questi processi provoca conseguenze
catastrofiche in quanto, alterando il numero o l’integrità dei cromosomi, si modifica l’informazione
genetica della cellula. Molte malattie nell’uomo, soprattutto i tumori, sono causate da alterazioni nei
meccanismi di controllo del ciclo e della proliferazione cellulare. Per questo, gli studi tesi a comprendere
i meccanismi molecolari che controllano il ciclo cellulare sono stati (e sono) una frontiera della ricerca
biologica. I lieviti S. cerevisae e S. pombe sono stati particolarmente utili per comprendere tali
meccanismi, tanto che due studiosi (Leland Hartwell e Paul Nurse) che hanno lavorato sul ciclo cellulare
dei lieviti hanno ottenuto il Premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina nel 2003.
Perché lo studio del ciclo cellulare del lievito S. cerevisiae è stato così importante? Il primo motivo è
legato proprio alla modalità con cui tale lievito si divide. Infatti, S. cerevisiae si divide per gemmazione
ed è possibile distinguere facilmente in che fase del ciclo cellulare una cellula si trovi, semplicemente
osservando la morfologia della cellula stessa. Come potete osservare nella Fig. 2.6.1b, in fase G1 le
cellule di lievito hanno la caratteristica forma ellissoidale; quando entrano nella fase S incominciano ad
emettere la gemma che diventa sempre più grossa. Quando le cellule entrano nella fase G2 il nucleo
singolo presente nella cellula madre, si posiziona tra madre e figlia, si allunga poi tra le due cellule e
viene segregato e separato in mitosi. Se si considerano altri particolari, per esempio il centro
dell’organizzazione del fuso (equivalente al cinetocoro nelle cellule di mammifero) e la lunghezza delle
fibre del fuso mitotico (visibili in Fig. 2.6.1b), si riescono a posizionare le cellule durante il ciclo cellulare
con ancora maggior precisione.
Alla fine della divisione si generano due cellule figlie
di dimensioni un po’ diverse: la “madre” che è più
grossa e la “figlia” (che deriva dalla gemma) più
piccola. Ogni madre può generare più figlie e, ad ogni
“parto”, rimane una cicatrice sulla superficie della
cellula madre in corrispondenza di dove si è staccata
la gemma. Tale cicatrice si può colorare ed è visibile
al microscopio, così che contando le cicatrici si può
determinare quante figlie ha fatto una madre ed, in
parte, calcolarne l’età !!! (Fig. 2.6.2).
Un altro aspetto per cui S. cerevisiae è stato
particolarmente utile per studi sul ciclo cellulare è
legato al fatto che le cellule di lievito sono facilmente
sincronizzabili. Se si vogliono studiare i meccanismi
che controllano la progressione del ciclo cellulare è
importante avere a disposizione una coltura di cellule
che attraversano il ciclo in modo sincronizzato. Non è
per niente facile sincronizzare le cellule. In lievito,
come abbiamo già accennato, questo è relativamente
semplice. Una coltura asincrona di cellule di sesso a,
in cui le cellule sono presenti in tutte le possibili fasi
Fig. 2.6.2 . Fotografie al microscopio a fluorescenza di cellule
del ciclo, può essere bloccata in un momento
di lievito S. cerevisiae. Quando la cellula figlia si stacca dalla
cellula madre, su quest’ultima viene lasciato un anello di una
specifico della fase G1 aggiungendo il feromone del
sostanza chiamata chitina. L’anello di chitina può essere
sesso opposto (feromone-alfa). Se si tengono le
visualizzato con un colorante fluorescente chiamato
calcofluor. L’anello di chitina indica, quindi, dove si trovava
cellule in presenza di tale sostanza per un paio di
la gemma e contando gli anelli di chitina su ogni cellula madre
divisioni cellulari (circa 3 ore), tutte le cellule si
si possono contare il numero di cellule figlie generate per
troveranno in G1, come allineate ai blocchi di
gemmazione.
partenza. Se adesso si raccolgono le cellule e si lava
via il feromone, tutte le cellule partono dallo stesso punto e nello stesso momento, come allo sparo della
partenza di una corsa. Si muovono in modo sincrono per un paio di generazioni, poi la sincronia viene via
via perduta, ma questo procedimento ha permesso di raccogliere man mano cellule che si trovano a
diversi stadi del ciclo cellulare.
L’ultimo aspetto rilevante, riguarda l’utilizzo di mutanti di lievito alterati nella funzionalità di specifici
geni che controllano la progressione del ciclo cellulare, ma questi verranno descritti più avanti.
12
2.7 Nomenclatura di geni di lievito
Nel lievito S. cerevisiae i geni vengono indicati con tre lettere dell’alfabeto seguite da un numero e sono
scritti in carattere italico. Per es., il gene TRP1 codifica per un enzima richiesto per il primo passaggio
nella via biosintetica che porta alla sintesi dell’amminoacido triptofano e così il gene LEU2 codifica per il
secondo enzima nella via che porta alla sintesi dell’amminoacido leucina, etc. etc. Geni che portano
mutazioni recessive nei geni in oggetto sono indicati con le lettere minuscole (trp1, leu2 etc.). I fenotipi
selvatici o mutanti sono invece spesso indicati, rispettivamente, come Trp+ / Trp– oppure Leu+ / Leu–. Con
+ si indica la capacità di sintetizzare triptofano e/o leucina e, quindi capacità, di crescere in assenza di tali
amminoacidi nel terreno di coltura: organismi prototrofi; con meno, si indica l’incapacità di sintetizzare
gli amminoacidi in oggetto e, quindi, gli organismi che portano tali mutazioni sono detti mutanti
auxotrofici, e possono crescere solo se il triptofano e/o la leucina vengono aggiunti da noi al terreno di
coltura.
2.8 Isolamento ed utilizzo di mutanti di lievito temperatura-sensibili
Altri mutanti estremamente importanti nell’analisi genetica formale sono i mutanti letali condizionali.
Vengono così chiamati mutanti capaci di crescere in una certa condizione (detta permissiva) ma incapaci
di crescere in una condizione alternativa (detta non-permissiva o restrittiva). Tra i mutanti letali
condizionali più utilizzati ci sono i mutanti temperatura-sensibili che sono capaci di crescere ad una
certa temperatura (in lievito normalmente 30°C), ma non ad una temperatura più alta (37°C).
Perché ciò avviene? Qui dobbiamo ricordarci che cosa è una mutazione. La mutazione è un cambiamento
ereditabile nella sequenza nucleotidica di un gene, per cui il gene mutato può non essere in grado di
svolgere la funzione tipica del gene selvatico e quindi mostra un fenotipo alterato.
Ricordando gli esperimenti di Mendel, l’allele che determinava il colore giallo del seme del pisello era
indicato come Y (maiuscolo), mentre quello che determinava il colore verde era indicato come y
(minuscolo). Poiché il pisello è un organismo diploide e quindi contiene due copie di quel gene possiamo
avere tre possibili situazioni: YY, Yy, yy. Il colore del seme è giallo sia nella situazione YY (omozigote)
che in quella Yy (eterozigote) e questo perché l’allele Y (giallo) è dominante, mentre l’allele y (verde) è
recessivo per cui le piante verdi possono essere solo di genotipo yy.
I grandi vantaggi dell’utilizzo del lievito nell’analisi genetica classica sono essenzialmente due:
1) si può passare dallo stato aploide a quello diploide (e viceversa) con grande facilità;
2) i prodotti di ogni meiosi (gameti) sono racchiusi in una struttura (asco), per cui è possibile
analizzare il genotipo di ciascun gamete e, quindi, è più facile seguire la segregazione di un dato
carattere.
Facciamo un esempio pratico. Per prima cosa vogliamo selezionare una mutazione (ad esempio una
mutazione temperatura-sensibile o ts) e controllare se quella mutazione è dominante o recessiva
valutando come il fenotipo associato a quella mutazione segreghi durante la meiosi.
Per individuare dei mutanti temperatura-sensibili si procede con la tecnica del replica-plating (Fig.
2.8.1).
Si parte da un ceppo di lievito selvatico aploide e lo si sottopone al trattamento con un agente che causi
mutazioni (mutageno) al fine di aumentare la probabilità di trovare i mutanti che cerchiamo. I mutageni
più utilizzati per tali trattamenti sono, solitamente, sostanze chimiche che causano alterazioni nelle basi
azotate del DNA. Dopo il trattamento di mutagenesi, un numero adeguato di cellule (di solito diverse
migliaia) vengono piastrate su capsule Petri contenenti terreno di coltura solido (piastre madri in Fig.
2.8.1), così che ogni cellula dopo un paio di giorni dia origine ad una colonia. Si appoggia poi su ciascuna
piastra madre un tampone ricoperto da un panno di velluto sterile (Fig. 2.8.2) su cui rimangono attaccate
cellule corrispondenti alle diverse colonie ed il velluto viene appoggiato su due nuove piastre (dopo
esserci ricordati di orientare le piastre in modo appropriato), che sono poi incubate alla temperatura
permissiva (30°C) o non permissiva (37°C). Dopo un paio di giorni, quando sono cresciute nuove colonie,
si confrontano le colonie cresciute sulla piastre tenute alle due differenti temperature. Un mutante
temperatura-sensibile sarà in grado di formare una colonia a 30°C, ma non a 37°C. Operando in questo
modo su un numero elevato di cellule avremo ottenuto una collezione di mutanti temperatura-sensibili.
Dato che eravamo partiti da un ceppo selvatico aploide la mutazione temperatura-sensibile è in grado di
generare il fenotipo “incapacità di crescere a 37°C” anche se la mutazione è recessiva (come lo sono la
maggior parte delle mutazioni temperatura-sensibili).
13
Fig. 2.8.1. La tecnica del replica-plating per individuare mutazioni temperatura-sensibili in lievito (vedi testo per i dettagli). La stessa
tecnica è utilizzata per individuare analoghe mutazioni anche nei batteri.
Come facciamo a verificare che la mutazione è davvero
recessiva? Dato che stiamo lavorando con il lievito ciò è
molto semplice: basterà incrociare il ceppo mutante con un
ceppo selvatico di sesso opposto e si genererà così un ceppo
diploide. Se la mutazione è recessiva, il ceppo diploide sarà in
grado di crescere a 37°C. Se invece la mutazione fosse
dominante ciò non avverrebbe.
Possiamo domandarci anche come segrega il carattere
temperatura–sensibile durante la meiosi. Trattandosi di un
carattere monofattoriale, controllato da un singolo gene, ci
aspettiamo che l’eterozigote (cioè il ceppo diploide formato
dalla coniugazione tra un aploide selvatico ed un aploide ts)
dia origine a gameti selvatici e mutanti in rapporto 1:1.
Come facciamo a verificare questa ipotesi?
Fig. 2.8.2. Un “replicatore” con il panno di velluto
Come mostrato in Fig. 2.8.3, facciamo sporificare un certo
utilizzato nell’esperimento del replica-plating.
numero di cellule diploidi eterozigoti. Con un microscopio
munito di micromanipolatore procediamo alla dissezione di un certo numero di aschi e disponiamo le 4
spore di ciascun asco in linee verticali su una capsula Petri contenente terreno solido che incubiamo alla
temperatura permissiva (30°C). Come si può vedere nel pannello 1 della Fig. 2.8.3 tutte le spore sono in
grado di formare colonia eccetto nei due casi in cui durante la procedura abbiamo perso la spora in esame.
Facciamo poi un replica-plating della piastra mostrata nel pannello 1 su una nuova piastra (Fig. 2.8.3,
pannello 2) che viene incubata a 37°C. Si può notare che solo 2 delle 4 spore di ciascun asco sono in
grado di crescere a 37° C (le due spore selvatiche), dimostrando che il carattere “temperatura-sensibile”
segrega in rapporto 1:1 in meiosi (2 spore selvatiche e 2 spore temperatura-sensibili).
14
1
2
Le 4 spore che derivano da 10 aschi (linee verticali) sono state
messe su capsule Petri. Ciascuna spora (dopo alcuni giorni) genera
una colonia. In 2 casi (III e ultima fila, una spora è andata perduta
durante la procedura.
È stato fatto un replica-plating delle colonie cresciute nella
piastra mostrata nel pannello A. La nuova piastra è stata incubata
per alcuni giorni a 37°C. Potete notare che in tutti gli aschi con 4
spore solo 2 sono in grado di crescere a 37°C, dimostrando che il
carattere in esame segrega in rapporto 1:1 in meiosi.
Fig. 2.8.3. La segregazione delle spore di un diploide contenente allo stato eterozigote una mutazione temperatura-sensibile e l’analisi del
fenotipo delle spore ci permette di verificare che il fenotipo temperatura-sensibile segrega in rapporto 1:1 durante la meiosi.
2.9 La scoperta dei mutanti cdc per lo studio del ciclo cellulare
Tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ‘70, Leland Hartwell e Paul Nurse iniziarono un lavoro
pionieristico teso all’individuazione dei geni che controllano la progressione del ciclo cellulare nei lieviti
S. cerevisiae e Schizosaccharomyces pombe. Poichè l’incapacità di progredire attraverso il ciclo cellulare
è letale, Hartwell e Nurse cercarono mutazioni che bloccassero la progressione del ciclo cellulare solo in
particolari condizioni, quindi, mutazioni temperatura-sensibili, come abbiamo descritto sopra, così da
poterne studiare le conseguenze trasferendo i mutanti da condizioni “permissive” a condizioni “nonpermissive” (in genere 37°C). I geni che controllano il ciclo cellulare vennero chiamati geni CDC (le
iniziali di Cell Division Cycle).
Come mostrato in Fig. 2.6.1, l’individuazione
di mutanti cdc in S. cerevisiae era facilitata dal
fatto che questo lievito possiede una serie di
parametri morfologici che possono essere
facilmente seguiti durante il ciclo cellulare.
Mutazioni temperatura-sensibili nei geni CDC
che controllano uno specifico passaggio del
ciclo cellulare sono identificabili perchè le
cellule mutanti si arrestano tutte con la stessa
morfologia (fenotipo terminale), dopo il
trasferimento alle condizioni non-permissive, in
quanto non sono capaci di eseguire una
funzione richiesta per il passaggio da uno stadio
all’altro del ciclo cellulare.
Combinando poi nello stesso ceppo due
mutazioni cdc ed osservando il fenotipo
terminale si riesce a stabilire l’ordine temporale
d’azione dei diversi geni CDC (Fig. 2.9.1).
Il lavoro iniziale di Hartwell (Fig. 2.9.2) ha
Fig. 2.9.1. Mutanti cdc bloccati in diverse fasi del ciclo cellulare. Il gene
portato all’identificazione di circa 70 geni CDC
CDC28 codifica per una funzione richiesta per il passaggio dalla fase G1
alla fase S. Infatti, tutte le cellule cdc28 mutanti si bloccano con la
in S. cerevisiae, ma questo numero è risultato
morfologia tipica di cellule in G1 (senza gemma) dopo trasferimento alla
sottostimato in quanto numerosi geni di lievito
temperatura non-permissiva. Il gene CDC7 codifica per una funzione
sono ridondanti e svolgono funzioni simili e
richiesta per la fase S. Infatti, tutte le cellule mutanti cdc7 hanno la stessa
morfologia (una gemma più piccola della cellula madre, tipica di cellule in
vicariabili tra di loro.
fase S). Cellule che portano entrambe le mutazioni si bloccano con la
morfologia tipica dei mutanti cdc28 e non di mutanti cdc7, indicando che il
gene CDC28 agisce temporalmente prima del gene CDC7.
15
A
B
Fig 2.9.2. Fotografie tratte da uno dei lavori originali che hanno
fruttato ad Hartwell l’assegnazione del premio Nobel. Nel pannello A,
si vedono cellule selvatiche che, anche dopo trasferimento alla
temperatura non-permissiva, hanno cellule senza gemma o con gemma
di diverse dimensioni ad indicare che si trovano in diversi stadi del
ciclo cellulare. Nel pannello B è mostrato un mutante cdc dopo
trasferimento alla temperatura non-permissiva. Si può notare che, in
questo esempio, tutte le cellule hanno una gemma più o meno della
stessa dimensione. Le cellule di lievito in sospensione sono
appiccicose per cui si vedono spesso coppie di cellule.
La caratterizzazione dei mutanti cdc di lievito ha
permesso di stabilire un punto estremamente
importante nel controllo del ciclo cellulare:
l’esecuzione di eventi tardivi del ciclo dipende
dalla corretta esecuzione degli eventi precedenti.
Per esempio, una mutazione che blocca la sintesi
del DNA determina l’arresto del ciclo cellulare
nella fase S e previene l’entrata delle cellule in
mitosi e la successiva divisione cellulare. Ne
deriva che la mitosi e la divisione cellulare
richiedono il precedente completamento della
fase S: le fasi del ciclo sono quindi organizzate
in una serie lineare di eventi tra loro
interdipendenti. La visione del ciclo cellulare
come una cascata di eventi tra loro interconnessi
è risultata applicabile non solo al lievito, ma
anche agli altri eucarioti.
3. Cenni di biologia molecolare del lievito
3.1 Il genoma del lievito S. cerevisiae
Al lievito sono applicabili sofisticate tecniche di tipo genetico, e la conoscenza molecolare
dell’organizzazione del suo genoma è avanzatissima; il lievito presenta, inoltre, ulteriori caratteristiche
che lo rendono un modello eccezionale per lo studio della funzione molecolare dei geni.
Il lievito S. cerevisiae è il primo organismo di cui è stata determinata la sequenza nucleotidica dell’intero
genoma. La dimensione del genoma di lievito è di 12 megabasi (1.2 x 107 paia di basi), circa 3 volte più
grande del genoma del batterio Escherichia coli, ma circa 260 volte più piccolo del genoma dell’uomo.
Proprio per questo motivo, i cromosomi del lievito sono di dimensioni ridotte e poco adatti ad una analisi
citogenetica al microscopio; sono, però, analizzabili con tecniche molecolari più analitiche. Infatti, gli
interi cromosomi di lievito possono essere separati ed analizzati mediante particolari tipi di elettroforesi.
Il numero totale dei geni di lievito è circa 6.000, nell’uomo sembrano essere di un numero compreso tra
20.000 e 30.000, mentre nel vermicello Caenorhabditis elegans circa 19.000. La semplice comparazione
di questi numeri fa sorgere una serie di problematiche: se ci limitiamo, infatti, a paragonare il numero dei
geni in diversi organismi, l’uomo sembra essere poco più complicato di un piccolo nematode lungo 1 mm
(C. elegans) e circa 4 o 5 volte più complesso di una cellula di lievito. Il numero dei geni non è, quindi,
un parametro sufficiente a spiegare la diversa complessità evolutiva degli organismi.
Il lievito può contenere dei plasmidi, come quello denominato 2 micron (dalle sue dimensioni), che sono
stati il punto di partenza per la costruzione di vettori di clonaggio che possono essere mantenuti
all’interno di cellule di lievito. È importante sottolineare un altro punto: il sequenziamento del genoma di
lievito e lo sviluppo di tecnologie genetiche in tale organismo ha permesso l’identificazione di tutti gli
elementi strutturali importanti per la dinamica di un cromosoma, quali le origini di replicazione del
DNA, i centromeri ed i telomeri. È così oggi possibile costruire e mantenere in cellule di lievito dei veri
e propri cromosomi artificiali, chiamati YAC, le iniziali di Yeast Artificial Chromosome. Tali cromosomi
artificiali sono uno strumento molto importante per il clonaggio e l’analisi del genoma di organismi
complessi, incluso l’uomo.
Per studi di biologia molecolare sulla funzionalità dei geni di un certo organismo è essenziale che tale
organismo sia trasformabile. Abbiamo discusso in dettaglio il problema della trasformazione
nell’opuscolo “Bianco o Blu”. In breve, con il termine trasformazione si intende la possibilità di
introdurre DNA esogeno all’interno dell’organismo in esame. La maggior parte delle cellule, con
l’esclusione di alcuni batteri, non sono normalmente trasformabili, ma possono diventarlo se si trattano le
cellule stesse con reagenti che alterano la permeabilità della membrana e/o della parete cellulare, senza
uccidere le cellule. Alternativamente, il DNA può essere introdotto all’interno di una cellula mediante
trattamenti fisici (ad es. uno shock elettrico), iniettando direttamente il DNA all’interno della cellula o,
addirittura, sparando con delle vere e proprie pistole molecolari delle microsfere di metallo sulla cui
superficie sono adsorbite molecole di DNA.
16
Il lievito non è normalmente trasformabile, ma esistono semplici protocolli sperimentali che, alterandone
la permeabilità, permettono l’introduzione di molecole di DNA al suo interno con alta efficienza.
Isolamento di
un
gene
Fig. 3.1.1. Per clonare un gene dobbiamo inserire il frammento di DNA che lo contiene in un vettore di clonaggio (es. un plasmide) ed
introdurre il plasmide ricombinante così generato in un ospite (ad es. E. coli o lievito) capace di replicarlo.
Plasmidi in cui sono state inserite molecole di DNA esogeno (Fig. 3.1.1 e vedere l’opusculo “Bianco o
blu” per ulteriori dettagli) possono essere mantenuti come molecole in grado di replicarsi autonomamente
all’interno di cellule di lievito se contengono nel plasmide stesso un’origine di replicazione del DNA di
lievito (Fig. 3.1.2).
Se poi il plasmide contiene anche un centromero ed i telomeri, si potrà comportare come un cromosoma
artificiale non solo replicandosi in fase S, ma segregando correttamente nelle cellule figlie sia in mitosi
che in meiosi.
Fig. 3.1.2. Schema di un plasmide in grado di replicarsi sia in lievito che in E. coli. Il
plasmide può replicarsi in cellule di E. coli perché contiene un’origine di replicazione (ori)
riconosciuta da quell’organismo ed in cellule di lievito perché contiene l’origine di
replicazione del plasmide di lievito denominato 2 micron (2 micron ori). Il plasmide contiene
anche un marcatore per la selezione in E. coli (Ampr, che conferisce resistenza all’ampicillina)
ed un marcatore per la selezione in lievito (URA3 che conferisce la capacità a cellule Ura- di
crescere in assenza di uracile nel terreno).
3.2 Clonaggio di un gene di lievito
È possibile costruire dei plasmidi in cui siano stati clonati pezzi di DNA, che nel loro insieme,
rappresentano tutto il genoma di lievito. Tale concetto prende il nome di libreria o banca o genoteca di
DNA. Che cos’è, quindi una libreria di DNA di un certo organismo? Una libreria di DNA è una
popolazione di vettori identici, ma ognuno contenente un inserto diverso del DNA di quell’organismo
così che l’intera popolazione di plasmidi ricombinanti sia rappresentativa dell’intero genoma (Fig. 3.2.1).
17
A cosa può servirci una banca di DNA di lievito? Supponiamo
che la banca di DNA sia stata costruita in un vettore plasmidico in
grado di replicarsi all’interno di una cellula di lievito e che
contenga anche un gene marcatore la cui espressione sia
facilmente analizzabile in cellule di lievito. Ad es., se il plasmide
contiene il gene URA3, e trasformiamo cellule di lievito che siano
mutanti ura3 (cioè mutanti auxotrofi incapaci di crescere in
assenza di uracile nel terreno) le cellule di lievito che hanno
introdotto al loro interno (dopo trasformazione) il plasmide che
porta il gene URA3 selvatico saranno riconoscibili, in quanto il
loro genotipo per quello che riguarda quello specifico gene è
diploide URA3/ura3. Poiché la mutazione ura3 è recessiva, le
cellule che hanno introdotto il plasmide diventeranno capaci di
crescere in assenza di uracile, cosa che non sono in grado di fare
se non sono state trasformate.
Supponiamo ora che il nostro ceppo di lievito mutante ura3
contenga anche un’altra mutazione temperatura-sensibile in uno
dei geni CDC che controllano il ciclo cellulare, ad es. una
mutazione nel gene CDC28. Avendo a disposizione il mutante
cdc28 ed una banca di DNA di lievito prodotta clonando i
frammenti di un ceppo di lievito selvatico, possiamo cercare di
clonare il gene CDC28 che è alterato nel mutante. Come si può
fare?
Trasformiamo il ceppo contenente le mutazioni ura3 e cdc28 con
la banca preparata in un vettore che contiene il gene URA3
selvatico più tutti gli altri frammenti di DNA che rappresentano
nel loro insieme il genoma di lievito. Selezioniamo prima le
cellule trasformate, cioè quelle che hanno introdotto i plasmidi
della banca, andando a cercare le cellule che saranno diventate
Ura+, cioè capaci di crescere in assenza di uracile. Queste
dovrebbero però essere temperatura-sensibili, cioè incapaci di
crescere alla temperatura non-permissiva perché contenevano la
mutazione cdc28. Le cellule trasformate, però, da quel vettore
della libreria che contiene il frammento di lievito portante il gene
CDC28 selvatico saranno diventate temperatura-resistenti se la
mutazione cdc28 (come è il caso) fosse recessiva.
In questo modo sono stati clonati tutti i geni CDC e dal loro
studio è stata compresa la funzione di ciascuno di essi. Il concetto
è però ancora più generale: utilizzando la logica sopra descritta,
sono stati clonati tutti i geni di lievito per i quali erano disponibili
mutazioni che conferissero fenotipi osservabili sperimentalmente.
Fig. 3.2.1. Costruzione di una libreria di
DNA in un vettore plasmidico. Diversi
frammenti di DNA di un organismo (colori
diversi) sono inseriti nello stesso vettore di
clonaggio, ed i plasmidi ricombinanti
vengono utilizzati per trasformare cellule
di E. coli o lievito. Nella popolazione di
plasmidi ricombinanti è rappresentato tutto
il genoma dell’organismo utilizzato per la
preparazione della libreria.
3.3 La distruzione dei geni e l’analisi dei loro fenotipi
Con il sequenziamento d’interi genomi è oggi possibile iniziare a domandarsi qual è la funzione di ogni
singolo gene di un organismo. Uno degli approcci sperimentali più utilizzati è quello di eliminare la
funzione di un gene e di verificare se la mancanza di quello specifico gene causi un fenotipo osservabile.
Dal fenotipo che si osserva si possono ricavare informazioni importanti sulla funzionalità di quel gene. È
ovvio che eliminare la funzione di un gene ha effetti molto diversi a seconda che tale operazione venga
eseguita su una cellula (o organismo) aploide o diploide. In una cellula diploide se si distrugge una copia
del gene è probabile che la copia rimasta intatta possa essere sufficiente per mantenere la sua funzione e,
quindi, non si genera alcun fenotipo alterato. Al contrario, se si tratta di un organismo aploide, la
distruzione di un gene può causare la morte della cellula se il gene codifica per una funzione essenziale
per la vitalità cellulare. Ancora una volta, il lievito S. cerevisiae, per la sua possibilità di passare dallo
stato diploide a quello aploide e viceversa, è stato essenziale per iniziare a porsi domande analoghe a
quelle sopra descritte.
18
Inoltre, il lievito è stato molto utile per
sviluppare ed eseguire esperimenti di distruzione
genica. Infatti, in cellule di S. cerevisiae
fenomeni di ricombinazione avvengono quasi
esclusivamente tra sequenze di DNA omologhe
(che presentano cioè omologie nella sequenza
nucleotidica del DNA). Con il termine di
ricombinazione si intendono tutti quei
meccanismi che determinano scambi di materiale
genetico. Ad es., abbiamo visto che durante la I
divisione meiotica i cromosomi omologhi si
appaiano e si scambiano materiale genetico
attraverso eventi chiamati crossing-over (Fig.
3.3.1).
Come già accennato tali eventi sono essenziali
Fig. 3.3.1. Eventi di ricombinazione (crossing-over) durante la I
per creare variabilità genetica. Quando un
divisione meiotica danno origine a scambi di DNA tra cromosomi
omologhi.
frammento di DNA esogeno viene introdotto
all’interno di una cellula tramite trasformazione,
se non può replicarsi, viene generalmente degradato dalla cellula stessa. In una piccola percentuale di
casi, però, tale frammento di DNA può integrarsi tramite fenomeni di ricombinazione all’interno dei
cromosomi della cellula ospite. Nella maggior parte dei casi (ad es. in cellule di mammifero) tale
integrazione avviene a caso, secondo meccanismi, detti di ricombinazione illegittima, che non
richiedono omologie di sequenza nucleotidica. Nel lievito la maggior parte degli eventi di integrazione
avviene, invece, attraverso dei meccanismi di ricombinazione omologa tra sequenze presenti sul tratto di
DNA inserito nella cellula tramite trasformazione e sequenze omologhe sui cromosomi di lievito. Come
mostrato in Fig. 3.3.2, per inattivare un gene X di nostro interesse si introduce in una cellula diploide di
lievito un frammento di DNA che contenga, ai lati di un marcatore selezionabile (come il gene URA3
discusso poco sopra) sequenze identiche alle zone fiancheggianti (a destra e sinistra) il gene che si vuole
“distruggere”. Il frammento introdotto nella cellula tramite trasformazione non può replicarsi perché privo
di un’origine di replicazione del DNA riconosciuta dal lievito e, quindi, il suo destino è quello di venire
perso (la maggior parte dei casi) o di inserirsi all’interno del cromosoma di lievito mediante un doppio
crossing-over (Fig. 3.3.2a). Questo è un evento raro, ma selezionabile dal fatto che le poche cellule che
avranno subito tale processo saranno Ura+ perché hanno introdotto il gene marcatore URA3. Tali cellule
Fig. 3.3.2. Un esperimento di “distruzione genica” in lievito. Vedere testo per i dettagli.
19
saranno positivamente selezionabili su un terreno privo di uracile, se avremo avuto l’accortezza di
eseguire l’esperimento su mutanti auxotrofi Ura-. L’evento d’integrazione porta all’inattivazione del gene,
dato che il gene X è essenzialmente stato sostituito dal gene marcatore URA3. Se l’esperimento è stato
eseguito in modo tale che l’integrazione avvenga su una sola delle 2 copie del gene X, potremo anche
riuscire a valutare se il gene X codifica o meno per una funzione necessaria per la vitalità cellulare. Se,
infatti, facciamo sporificare il ceppo diploide che contiene la distruzione di una copia del gene X cosa ci
aspettiamo di trovare? Se il gene X codifica per una funzione necessaria per la vita, le due spore con il
gene inattivato che verranno prodotte in meiosi non saranno vitali e non potranno dare origine ad una
colonia. Viceversa, se il gene X codifica per una funzione non essenziale per la vitalità cellulare ci
aspettiamo che tutte e 4 le spore siano vive e diano origine a colonie (Fig. 3.3.2b). Questa procedura è
stata applicata sistematicamente a tutti i 6.000 geni di lievito e si è incominciato a capire quanti sono i
geni essenziali e quanti quelli non essenziali. Nel lievito circa un terzo dei geni codificano per funzioni
necessarie per la vita.
Esperimenti analoghi a quello sopra descritto possono oggi essere compiuti anche in mammiferi, ma la
loro esecuzione è estremamente più difficile che in lievito, perchè nei mammiferi, a differenza da quanto
accade in lievito, la maggior parte degli eventi di integrazione non avvengono su sequenze omologhe di
DNA. La ricombinazione omologa funziona, quindi, come una specie di bisturi molecolare per inserire
frammenti di DNA in posizioni precise sui cromosomi.
4. La coltivazione dei lieviti in laboratorio
I lieviti sono coltivati in laboratorio facendoli crescere in opportuni terreni di coltura. I terreni di coltura
contengono tutti quei materiali biologici o sintetici in grado di fornire un ambiente ottimale per la crescita
del lievito in questione. A tale scopo, sono stati sviluppati decine di terreni diversi. I componenti dei
terreni più comuni possono comprendere estratti di lieviti, peptone (derivato dall’idrolisi parziale di
proteine), etc. Questi composti sono chimicamente poco definiti, per cui i terreni che li contengono sono
solitamente chiamati terreni complessi o massimi. Spesso vengono però utilizzati terreni a composizione
chimica ben definita, chiamati terreni sintetici o minimi. A questi terreni si aggiungono zuccheri, di
solito glucosio, come ulteriore fonte d’energia.
I lieviti possono crescere sia in terreni liquidi che in terreni solidi. In questo ultimo caso, viene aggiunto
al terreno liquido un agente gelificante come l’agar, un polisaccaride complesso che ad alta temperatura è
liquido, ma che a temperatura ambiente determina la solidificazione del terreno. Sia in terreno liquido che
in terreno solido, i lieviti crescono meglio a condizioni ambientali definite di temperatura, di pH, di
aerazione, etc. La temperatura ottimale per la crescita di S. cerevisiae è normalmente di 30°C. Cellule
selvatiche di S. cerevisiae in condizioni ottimali di coltura si dividono circa ogni 70-90 minuti, un tempo
di divisione circa 4 volte più lungo di quello di un batterio (20 min.), ma molto più breve del tempo di
divisione di altre cellule eucariotiche in coltura (cellule umane in coltura si dividono circa ogni 24 ore).
In un terreno liquido è possibile seguire la crescita dei lieviti sia contando direttamente il loro numero al
microscopio, sia misurando, con l’utilizzo di uno spettrofotometro, l’aumento della torbidità della coltura
che è funzione del numero di lieviti presenti nel terreno. Lieviti piastrati su terreni di coltura solidi
daranno origine ad una colonia nell’arco di 1-2 giorni.
4.1 Strumentazione e materiale a disposizione
capsule Petri
beuta e becker
camice
carta
guanti
monouso
cilindro graduato
stuzzicadenti
sterili
microscopio
anse
incubatore
20
Terreni di crescita per Saccharomyces cerevisiae
Terreno liquido massimo
M + G (Massimo + Glucosio)
Estratto di lievito
10 g
Peptone
20
g
H 20
fino a 1000 ml
pH 5.4
Al momento dell’uso aggiungere glucosio alla
concentrazione finale del 2% (soluzione base di
glucosio al 50% in H20; 250 g di glucosio e H20
fino a 500 ml).
Terreno solido massimo
M + G + agar al 2 %
Preparazione del terreno minimo per la selezione dei diploidi
Autoclavare 344 ml di acqua con 8 grammi agar in una bottiglia da 500 ml. L’agar solidificherà nella
bottiglia.
Sciogliere l’acqua e agar di una bottiglia in bagnetto a 100°C o in microonde e raffreddare a 65°C.
Aggiungere ad una bottiglia i seguenti nutrienti:
•
16 ml Glucosio (50% peso/volume)
•
40 ml YNB 10 x (6,7 grammi/100ml) YNB = yeast nitrogen base (Difco)
Mescolare e versare il terreno nelle capsule petri.
4.2 Principali prefissi e unità di misura usati in biologia cellulare e molecolare
Prefisso
Simbolo
chilo
k
Multiplo o
sottomultiplo
103
-2
centi
c
10
milli
m
10-3
µ
10
-6
-9
micro
nano
n
10
pico
p
10-12
Esempio
Quantità
Simbolo
1 kg è 1.000 grammi
litro
l
1 cm è 0.01 di un metro
millilitro
ml
1 mL è 10-3 di un litro
microlitro
µl
-6
Equivalente
10-3 l
(1 mL=1 cm3=1
cc)
10-6 l
(1 µL = 1 mm3)
1 µm è 10 di un metro
1 ng è 10-9 di un
grammo
1 pg è 10-12 di un
grammo
5. Protocolli sperimentali
5.1 Esperimento di complementazione
Come si può stabilire se due mutazioni che provocano
un certo fenotipo riguardano lo stesso gene (in tal
caso sarebbero due alleli mutanti), oppure riguardano
due geni diversi?
Per poter rispondere a questa domanda si fa un test di
complementazione.
In un esperimento classico di complementazione si
incrociano individui parentali omozigoti per
mutazioni diverse a generare individui eterozigoti. Se
le mutazioni sono alleliche (riguardano cioè lo stesso
gene), la prole eterozigote conterrà allo stesso locus
solo alleli mutati e quindi fenotipo mutante: m1/m1
Fig. 5.1.1. Schema generale dell’esperimento di complementazione.
21
X m2/m2 = m1/m2 cioè fenotipo mutante (Fig. 5.1.1).
Se le mutazioni si manifestano in due loci differenti, ciascuno dei parentali omozigoti possiede geni
selvatici nell’altro locus. In tal modo la prole eterozigote eredita un allele mutante ed uno selvatico in
ciascun locus. In tal caso le mutazioni si complementano e la progenie eterozigote mostra fenotipo
selvatico (Fig. 5.1.1).
m1/m1 M2/M2 X M1/M1 m2/m2 = m1/M1 M2/m2
cioè fenotipo selvatico
L’esperimento di complementazione è facilmente verificabile nel lievito S. cerevisiae disponendo di 2
mutanti aploidi di sesso diverso che contengono mutazioni in due geni diversi che controllano richieste
nutrizionali (mutanti auxotrofi) distinte.
Prendiamo due ceppi di lievito aploidi noti con la sigla K699 e K217.
Caratteristiche genetiche importanti del genotipo dei due ceppi che riguardano le loro esigenze
nutrizionali ed il sesso sono indicate qui sotto (ricordatevi la nomenclatura di geni di lievito: geni selvatici
in maiuscolo, geni mutati in minuscolo; il tutto scritto in italico; inoltre un secondo numero specifica
quale, fra le tante mutazioni, caratterizza il gene mutato):
K699 = MATa ade2-1 trp1-1 his3-115 ura3 leu2-3,112 LYS2
K217 = MATalfa ADE2 TRP1 HIS3 URA3 LEU2 lys2
Cosa vuol dire?
K699 è di sesso a e porta mutazioni in geni richiesti per la sintesi dell’adenina (ade2-1), del triptofano
(trp1-1), dell’istidina (his3-115), dell’uracile (ura3) della leucina (leu2-3), mentre il gene LYS2 richiesto
per la sintesi della lisina è selvatico. Le colonie di questo ceppo potrebbero apparire rosse, a causa
dell’accumulo di un metabolita rosso che deriva dalla via biosintetica a monte di ade2.
K217 è di sesso alfa, porta una mutazione in un gene richiesto per la sintesi della lisina (lys2), mentre
porta alleli selvatici in corrispondenza dei geni che sono mutati nel ceppo K699.
Cosa succede se si mettono in contatto (si dice “si incrociano”) i due ceppi aploidi K699 e K217?
Essendo due ceppi di sesso opposto potranno coniugare e generare un ceppo diploide.
Possiamo selezionare in un qualche modo le cellule diploidi che si possono formare durante l’incrocio?
Poiché i due ceppi aploidi hanno richieste nutrizionali distinte (uno richiede l’aggiunta di uracile, l’altro
di lisina) dovute a mutazioni recessive in due geni distinti, il ceppo diploide che ne deriverà sarà
eterozigote per entrambe le mutazioni (che quindi si complementeranno) ed avrà, quindi, fenotipo
selvatico. Ne deriva che su una piastra di terreno minimo privo di uracile e di lisina i due ceppi aploidi
non potranno crescere e cresceranno solo le cellule diploidi che si sono originate durante la coniugazione
(terreno selettivo).
Ci sono diversi modi in cui si possono fare coniugare cellule aploidi di lievito di sesso opposto: il più
ovvio è quello di mescolare aliquote di colture liquide dei due ceppi, aspettare un po’ di tempo e poi
piastrare in condizioni che permettano la selezione dei diploidi.
5.2 Norme di lavoro
Durante il lavoro in laboratorio è opportuno seguire queste semplici norme:
 per chi ha i capelli lunghi: legarsi i capelli con un elastico;
 prima di cominciare a lavorare, lavarsi le mani;
 pulire il banco di lavoro con alcol etilico denaturato;
 prima di cominciare l’esperimento, lo studente verrà familiarizzato con la strumentazione che dovrà
utilizzare.
5.3 Coniugazione di cellule di lievito di sesso opposto
22
Un modo molto pratico e visivo per far coniugare cellule aploidi consiste nell’effettuare due strisci
perpendicolari fra loro, uno con cellule di ceppo a e l’altro con cellule di sesso alfa. I ceppi aploidi
diploidizzano perchè coniugano.
Materiale che viene fornito agli studenti:
 una piastra per studente contenente un tappeto (patch) di cellule K699 di sesso a;
 una piastra contenente un tappeto di cellule K217 di sesso alfa;
 una piastra pulita con terreno minimo selettivo;
 due anse o stuzzicadenti.
Tutte le fasi del lavoro avvengono in condizioni di sterilità, così come sterili sono le anse e le piastre.
 Prelevate con un’ansa pulita un po’ di cellule K699 e strisciatele dall’alto verso il basso sulla piastra
pulita;
 prelevate con un’ansa pulita un po’
di cellule K217 e strisciarle da sinistra
verso destra sulla stessa piastra usata
precedentemente così da incrociare lo
striscio verticale fatto precedentemente
(Fig. 5.3.1). Nel punto di incrocio tra i
due strisci, di fatto, si mescolano le
cellule dei due sessi che verranno
trascinate dal punto dell’incrocio in
poi;
 incubate la piastra a 30°C nel
termostato per 2/3 giorni o a 25°C
(temperatura ambiente) per 4/5 giorni;
 dopo l’incubazione osservate la
piastra e si troveranno colonie evidenti
solo nella posizione in cui ci saranno
Fig. 5.3.1. Schema dell’incrocio tra due ceppi aploidi di lievito di sesso opposto per la
selezione dei diploidi (vedi testo).
cellule diploidi.
5.4 Replica-plating modificato
Un classico esperimento di replica-plating per l’individuazione di mutanti di lievito temperatura-sensibili
è stato descritto precedentemente. Data la difficoltà di poter disporre di un numero di replicatori
sufficiente e di panni di velluto sterile, in laboratorio faremo una procedura modificata anche se la logica
dell’esperimento è esattamente la stessa.
Gli studenti riceveranno una piastra su cui cellule di lievito selvatiche e temperatura sensibili (ts) in
proporzione 1 : 1 hanno dato origine a colonie. Le colonie presenti saranno quindi al 50% costituite da
cellule selvatiche e al 50% da cellule ts (temperatura permissiva = 30°C; temperatura non-permissiva =
37°C).
Materiale che viene fornito agli studenti:
 una piastra per studente contenente cellule di lievito selvatiche e mutanti;
 due piastre con terreno M+G;
 serie di stuzzicadenti.
 Con uno stuzzicadenti sterile prendete parte di una colonia e strisciatela successivamente su 2 piastre
di M + G che avete opportunamente orientato con un retino (vedi Fig. 5.4.1). Cambiando ogni volta lo
stuzzicadenti, ripetete l’operazione per altre 19 colonie, deponendole seguendo lo schema indicato in
figura.
 Incubate una piastra a 30°C e l’altra a 37°C per 2-3 giorni.
 Confrontate le due piastre. Sulla piastra tenuta a 30°C dovrebbero crescere tutti gli strisci; su quella
tenuta a 37°C cresceranno, invece, solo alcuni degli strisci. Infatti le colonie corrispondenti a cellule
mutanti ts non dovrebbero dare crescita a 37°C.
23
a)
b)
Fig. 5.4.1. Esperimento di replica-plating modificato (a) ed esempio di disposizione delle colonie (b).
5.5 Osservazione al microscopio ottico di cellule di lievito selvatiche e di mutanti cdc bloccati
in diverse fasi del ciclo cellulare
1. Osservate al microscopio ottico cellule di Saccharomyces cerevisiae.
2. Analizzate al microscopio la morfologia di cellule selvatiche e di mutanti cdc tenuti alla temperatura
permissiva e non-permissiva.
3. Osservate la morfologia delle cellule tenendo presente quanto descritto nel paragrafo 2.9 e cercate di
determinare quali cellule sono mutate e in quale fase del ciclo cellulare sono bloccate (quale è il loro
fenotipo terminale).
6. Norme di sicurezza in laboratorio
Qui di seguito sono elencate alcune norme elementari di sicurezza, che devono essere tassativamente
rispettate.
 Entrando in laboratorio, individuare le vie di fuga, indicate dalla segnaletica verde.
 In laboratorio indossare sempre il camice. Il camice deve essere chiuso sul davanti, con maniche
lunghe e polsini ad elastico. Al termine delle attività, prima di lasciare il laboratorio, togliersi il camice. In
ogni caso, non uscire dal laboratorio, per recarsi in altre aree (biblioteca, uffici, bar, ecc.), senza aver
prima tolto il camice.
 Non introdurre in laboratorio borse, zaini o altro materiale non necessario.
24
 Indossare guanti monouso durante la manipolazione di sangue o di materiale da esso derivato non
fissato. I guanti devono essere rimossi con attenzione e sostituiti quando sono visibilmente contaminati. I
guanti si sfilano rovesciandoli e vanno gettati negli appositi contenitori.
 Gli studenti che presentano dermatiti o altre lesioni sulle mani, devono indossare guanti protettivi in
tutte le fasi di lavoro.
 I guanti vanno tolti, quando si usino strumenti di qualsiasi natura (telefono, tastiera, strumenti
scientifici, maniglie, ecc.). I guanti usati non vanno riutilizzati.
 Lavare le mani routinariamente, immediatamente dopo la manipolazione di materiali contaminati e, in
ogni caso, dopo la fine delle attività, anche quando sono stati indossati i guanti. Lavare sempre le mani
prima di lasciare il laboratorio.
 In laboratorio è vietato mangiare, bere, fumare, portare oggetti alla bocca ed applicare cosmetici.
 Non pipettare mai con la bocca, ma utilizzare le apposite propipette.
 Non appoggiare recipienti contenenti liquidi biologici sul bordo del banco di lavoro.
 Tutto il materiale biologico d'origine umana (sangue, ecc.) deve essere considerato come
potenzialmente infetto e pertanto trattato con le necessarie precauzioni.
 Segnalare immediatamente al personale docente ogni spargimento di materiale biologico (ad es.
schizzi di sangue) sul piano di lavoro, affinché si provveda alla decontaminazione con un germicida
chimico appropriato (candeggina, ecc.).
 Decontaminare e pulire sempre, al termine del loro utilizzo, le apparecchiature scientifiche e, al
termine della attività, i piani di lavoro.
 Seguire scrupolosamente le indicazioni di sicurezza riportate nei protocolli di esperimento.
 Raccogliere tutti i liquidi biologici (sangue, terreni di coltura venuti a contatto con le cellule, cellule,
ecc.) in speciali contenitori per rifiuti, che verranno successivamente eliminati previo trattamento con
candeggina al 15%.
 Mettere il materiale disposable (pipette, fiasche ecc.) venuto a contatto con materiale biologico in un
sacco apposito, che verrà smaltito mediante incenerimento.
 Stante i costi elevati dello smaltimento, ridurre il più possibile l’uso del materiale disposable.
 Segnalare immediatamente al personale docente qualsiasi incidente o la mancanza di materiale di
protezione.
7. Domande di autovalutazione
Scegli la risposta corretta
1) Una condizione di omozigosi per un dato gene può essere indicata come:
a) AB
b) Ab
c) aa
d) aA
e) Bb
2) Le leggi di Mendel riguardano le modalità di trasmissione dei caratteri:
a) fenotipici
b) esclusivamente localizzati su un’unica coppia di cromosomi omologhi
c) controllati da più geni
d) esclusivamente recessivi
e) monofattoriali e localizzati anche su cromosomi diversi
3) Si ha codominanza quando:
a) gli alleli dell’omozigote sono AA e aa
b) gli alleli dell’eterozigote sono entrambi espressi
c) un allele è dominante e l’altro è recessivo
d) a livello fenotipico non si manifesta alcun carattere
e) il fenotipo dell’eterozigote è una mescolanza dei fenotipi parentali
25
4) Nella meiosi il principale evento alla base della formazione delle cellule aploidi è:
a) il crossing-over della I divisione meiotica
b) la sequenza di due divisioni successive
c) l’appaiamento sul piano equatoriale dei cromosomi omologhi
d) la formazione di quattro cellule a conclusione della I divisione meiotica
e) l’assenza di duplicazione del DNA prima della II divisione meiotica
5) Ceppi aploidi di Saccharomyces cerevisiae coniugano quando la fase del loro ciclo cellulare è:
a) S
b) G1
c) G2
d) M
e) G1 o G2 indistintamente
6) Nella ricerca biologica i lieviti sono particolarmente importanti per studiare:
a) i meccanismi molecolari alla base del movimento cellulare
b) la penetrazione di farmaci nelle cellule
c) i geni che controllano il ciclo cellulare
d) la fotoreattività
e) l’azione dei radicali liberi
7) Un asco contiene:
a) 2 cellule aploidi di sesso a e 2 di sesso alfa
b) 4 cellule aploidi identiche
c) 4 cellule diploidi identiche
d) 2 cellule diploidi di sesso a e 2 di sesso alfa
e) 4 cellule di sesso alfa
8) In un ceppo di cellule di sesso α si aggiunge il feromone a. Dopo un certo tempo:
a) il feromone ha indotto un cambiamento di tipo sessuale
b) le cellule sono bloccate nella fase G1 del ciclo cellulare
c) avviene la coniugazione
d) si blocca la sporificazione
e) le cellule muoiono
Individua la risposta errata
9) L’uso degli organismi modello nella ricerca biologica dipende dai seguenti fattori:
a) unitarietà dei meccanismi molecolari
b) corredi genetici identici all’uomo
c) brevi tempi di generazione
d) economicità nell’uso
e) facilità di manipolazione
10) Nel lievito lo studio della funzione dei geni è favorito:
a) dalla ricombinazione omologa
b) dalla possibilità di trasformare le cellule
c) dall’utilizzo di geni marcatori
d) dalla possibilità di disporre di ceppi aploidi
e) dalla possibilità di crescita in assenza di ossigeno
11) L’agar è un:
a) componente dei terreni di coltura
b) agente solidificante
c) fattore nutritivo essenziale
d) polisaccaride
e) composto estratto da alghe
26
12) Per sporificazione di cellule eterozigoti che non manifestano fenotipicamente il carattere ts si
ottengono i seguenti aschi ( Wild Type;  ts):
Quali affermazioni sono false?
a) il carattere ts è recessivo
b) il carattere ts è codominante
c) il carattere ts segrega in rapporto 1:1
d) il carattere ts è monofattoriale
e) il carattere ts è dominante
Completa le affermazioni scegliendo i termini tra quelli indicati
13) Nell’espressione Saccharomyces cerevisiae il primo termine indica .................................., mentre il
secondo ..................................
(lievito, gruppo, specie, taxon, tipo, cereali, ordine, genere, regno)
Stabilisci se le seguenti affermazioni sono vere o false
V
F
14) Un esperimento di complementazione in lievito serve per introdurre geni nelle cellule
15) Essendo unicellulari le cellule di lievito sono procariotiche
16) Anche i lieviti sono dotati di parete cellulare
17) I geni di lievito che controllano il ciclo cellulare sono indicati con l’acronimo CDC
18) Il cambiamento di sesso in ceppi aploidi di S. cerevisiae è favorito dalla sostituzione
dell’allele presente in MAT con una copia di un allele opposto e non espresso
19) I lieviti auxotrofici crescono nei terreni minimi, senza richiedere l’aggiunta di fattori
essenziali per la loro crescita
(Vere: 17, 18, 19)
Rispondi alle domande come da richiesta
20) Una cellula 2n=6 svolge il proprio ciclo cellulare. Indica per ciascuna delle fasi il numero delle
molecole di DNA presenti:
G1
.........................(6)
G2
......................... (12)
Profase mitosi ......................... (12)
Telofase mitosi ......................... (6 a ogni polo)
21) I lieviti possono procurarsi energia attraverso due differenti processi. Evidenziali completando la
tabella.
Reagenti
Nome del
processo
Condizioni di
ossigenazione
Prodotti di
reazione
Presenza di O2
Fermentazione
(glucosio e ossigeno – respirazione cellulare – presenza di O2 – CO2 e H2O
glucosio – fermentazione – assenza di O2 – alcool etilico CH3CH2OH e CO2)
27
22) Rappresenta con un disegno la morfologia delle cellule di lievito nelle varie fasi del ciclo cellulare.
(vedi Fig. 2.6.1 a pagina 11)
Fase
Morfologia cellulare
Fase
G1
G2
S
Termine
della
citochinesi
Morfologia cellulare
23) Associa i valori di temperatura richiesti per la coltivazione di S. cerevisiae corrispondenti alle
seguenti indicazioni:
temperatura ottimale
............................................. (30°C)
temperatura non permissiva
............................................. (37°C)
temperatura permissiva
............................................. (30°C)
24) Evidenzia, usando le espressioni “crescita” e “assenza di crescita” quali risultati si prevedono
coltivando i seguenti ceppi aploidi di lievito alle condizioni indicate.
Ceppo
Condizioni colturali
ADE2
assenza di adenina nel terreno
ura3
assenza di uracile nel terreno
ts
incubazione a 30°C
(crescita - assenza di crescita – crescita)
Risultati
8. Glossario
Allele
Aploide
Asco
Ascomicete
Auxotrofico
Biotecnologie
Carattere monofattoriale
(o mendeliano)
Cellula germinale o
gamete
una delle possibili forme alternative che un gene, localizzato in uno specifico
sito cromosomico, può assumere.
organismo o cellula con una sola copia di ciascun cromosoma nell’assetto (n).
struttura a forma di sacco, tipica dei funghi ascomiceti, entro la quale due
nuclei aploidi sono racchiusi i prodotti della meiosi che, in lievito, sono
normalmente indicati come spore.
organismo appartenente alla divisione Ascomycota all’interno del regno dei
Funghi, caratterizzato dalla produzione di spore riproduttive in uno sporangio
detto “asco”.
aggettivo riferito a un organismo che non è in grado di sintetizzare un
particolare composto organico necessario per la propria crescita, che deve
quindi assumere dall’ambiente in aggiunta ai nutrienti energetici forniti
dall’alimentazione.
utilizzo integrato della biochimica, della microbiologia e dell'ingegneria
genetica per produrre, a partire da organismi viventi (batteri, lieviti, cellule
vegetali o animali di organismi semplici e complessi) quantità commerciali di
prodotti utili, per migliorare le caratteristiche di piante e animali, per
sviluppare microrganismi utili per usi specifici o, ancora, per sviluppare nuovi
strumenti terapeutici nell’uomo e nell’animale.
carattere ereditario controllato da un singolo gene, la cui trasmissione segue le
leggi di Mendel.
cellula deputata alla riproduzione (cellula uovo e spermatozoo).
28
regione di un cromosoma dove i due cromatidi identici (fratelli) sono uniti, e
dove, per mezzo del cinetocore, si attaccano le fibre del fuso durante la
divisione cellulare.
Chitina
Polisaccaride formato da catene di glucosio azotate e dotato di elevata
resistenza; forma la parete cellulare di alcuni funghi, l’esoscheletro degli
artropodi e la cuticola epidermica di alcuni protisti e animali.
Ciclo cellulare
Sequenza ciclica e regolare degli eventi di crescita e divisione; è costituito
dalle fasi G1, S, G2 e M
struttura proteica che si forma sui cromosomi, a livello dei centromeri, alla
Cinetocoro
quale si attaccano i microtubuli durante la divisione cellulare, permettendo il
movimento dei cromosomi verso i poli.
divisione del citoplasma e dei suoi organuli in due cellule figlie, durante la
Citochinesi o citodieresi
divisione cellulare.
produzione di copie identiche di frammenti di DNA, utilizzando la
Clonaggio
riproduzione di cellule trasformate con un vettore di clonaggio (spesso un
plasmide) in cui era stato introdotto il frammento di DNA in oggetto.
relazione tra due alleli di un gene, per cui entrambi gli alleli si esprimono
Codominanza
fenotipicamente negli individui eterozigoti.
Coniugazione
processo di fusione di due cellule di lievito aploidi, una di sesso a e una di
sesso alfa, che dà origine a una cellula diploide.
ciascuno dei due filamenti identici (fratelli) in un cromosoma duplicato; sono
Cromatidio
uniti in un punto detto centromero.
Cromatina
filamenti di DNA legati a diversi tipi di proteine (istoniche e non istoniche),
che si colorano intensamente e che costituiscono i cromosomi degli eucarioti
Cromosomi omologhi
cromosomi di forma simile, presenti nelle cellule diploidi,che contengono
informazioni per gli stessi caratteri. In ciascuna coppia di omologhi, un
cromosoma è di derivazione materna e l’altro
struttura generalmente allungata, costituita da cromatina, visibile al
Cromosoma
microscopio ottico durante la divisione cellulare e contenente i geni in
successione lineare.
scambio di parti fra cromosomi omologhi durante la prima divisione meiotica
Crossing-over
che produce nuove combinazioni di alleli
cellula o organismo avente due copie di ciascun cromosoma (assetto
Diploide
cromosomico 2n).
prima divisione meiotica, in cui si ha la riduzione del numero di cromosomi
Divisione riduzionale
da diploide ad aploide, mediante separazione (segregazione) dei cromosomi
omologhi.
allele o fenotipo (A) espresso in modo uguale negli omozigoti (AA) e negli
Dominante
eterozigoti (Aa).
Dominanza incompleta (o modalità di trasmissione ereditaria in cui gli eterozigoti hanno un fenotipo
intermedia)
intermedio tra i fenotipi dei due omozigoti.
nella classificazione biologica, il dominio è la categoria tassonomica più
Dominio
ampia comprendente le forme di vita evolutivamente più vicine.
enzima in grado di scindere una catena polinucleotidica al suo interno, a
Endonucleasi
differenza delle esonucleasi che ne distaccano solo i nucleotidi terminali, in 5‘
o in 3’.
termine usato per descrivere una specie o un ceppo di lievito incapace di
Eterotallico
modificare il proprio sesso, per cui la riproduzione sessuale può avvenire solo
mescolando due ceppi eterotallici di sesso opposto.
organismo o cellula diploide, in cui sono presenti due alleli diversi di uno
Eterozigote
stesso gene (Aa).
fase di crescita Gap 1 (dall’inglese, gap=intervallo) durante il ciclo cellulare
Fase G1
eucariotico, fra la fine della divisione della cellula e la sintesi del DNA.
fase di crescita Gap 2 (dall’inglese, gap=intervallo) durante il ciclo cellulare
Fase G2
eucariotico, fra la fine della sintesi del DNA e l’inizio della mitosi.
Centromero
29
Gene CDC
periodo del ciclo cellulare eucariotico durante il quale il nucleo e il citoplasma
si dividono; comprende quindi la mitosi o meiosi e la citodieresi.
periodo del ciclo cellulare eucariotico in cui è sintetizzato DNA (S=sintesi).
proteina che ha la funzione di iniziare o regolare la trascrizione. I fattori
trascrizionali si legano al DNA o ad altre proteine che, a loro volta, si legano
al DNA.
insieme delle caratteristiche visibili di un organismo, che risultano
dall’interazione tra genotipo e ambiente.
morfologia che assumono cellule di lievito al momento dell’arresto del loro
ciclo cellulare.
insieme di reazioni anaerobiche che consentono di ricavare energia da
composti organici in assenza di ossigeno; in particolare, l’acido piruvico
prodotto dalla glicolisi può essere trasformato in acido lattico oppure in alcool
etilico e CO2.
molecola prodotta da un organismo la quale altera il comportamento o lo stato
fisiologico di un altro individuo della stessa specie.
struttura presente nelle cellule in divisione, coinvolta nei movimenti dei
cromosomi
Nei lieviti e in alcuni batteri, escrescenza vegetativa mediante la quale ha
luogo la riproduzione asessuata.
forma di riproduzione asessuata, in cui un individuo adulto produce versioni
in miniatura di sé stesso, che in seguito si staccano e hanno vita indipendente.
unità ereditaria funzionale corrispondente generalmente al segmento di DNA
che codifica una catena polipeptidica o un RNA.
gene implicato nel controllo del ciclo cellulare (CDC=Cell Division Cycle)
Genoma
patrimonio genetico di una cellula o di un organismo.
Genoteca (o libreria
genomica)
Genotipo
raccolta di molecole clonate di DNA, che rappresenta l’intero genoma di un
organismo.
costituzione genetica di un organismo.
gruppo di organismi geneticamente omogenei per uno o più caratteri;
riproducendosi sessualmente, gli organismi di una linea pura generano una
progenie con caratteri ereditari identici a quelli dei genitori.
posizione fissa su un cromosoma occupata da un dato gene. Nel linguaggio
comune il termine viene spesso usato come sinonimo di gene.
nelle cellule aploidi di lievito è il locus, presente sul cromosoma III, in cui si
trova il gene che determina il sesso a o alfa dell’organismo.
alleli alternativi del gene che determina il sesso (a o alfa) nel lievito; occupano
il locus MAT sul cromosoma III.
processo di divisione cellulare negli eucarioti, comprendente due successive
divisioni nucleari in cui il numero di cromosomi viene ridotto da diploide ad
aploide e durante il quale avvengono il riassortimento e la segregazione dei
geni.
processo di divisione del nucleo eucariotico, mediante il quale i cromosomi
duplicati si dividono longitudinalmente e i cromosomi figli si separano per
formare due nuclei geneticamente identici; di solito è seguita dalla divisione
del citoplasma (citodieresi).
aggettivo riferito a tutto ciò che induce una mutazione (agenti chimici, fisici o
biologici).
organismo in cui si è verificata una mutazione che lo rende diverso dal tipo
selvatico, ossia dalla forma “normale” presente in natura.
organismo con una mutazione nei geni che controlano il ciclo cellulare, avente
quindi effetti sul corretto svolgimento delllo stesso (CDC=Cell Division
Cycle)
Fase M
Fase S
Fattore trascrizionale
Fenotipo
Fenotipo terminale
Fermentazione
Feromone
Fuso mitotico
Gemma
Gemmazione
Gene
Linea pura
Locus ( plurale loci)
Locus MAT
MATa e MATalfa
Meiosi
Mitosi
Mutageno
Mutante
Mutante cdc
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organismo con una mutazione che ne determina la morte solo se si verificano
determinate condizioni (dette restrittive o non permissive); in presenza invece
di condizioni permissive, l’organismo è in grado di sopravvivere. I mutanti ts
sono un esempio di mutanti letali condizionali.
organismo o cellula che porta una proteina, o una molecola di RNA, alterata
Mutante temperatura
geneticamente in modo da comportarsi normalmente a una temperatura, ma in
sensibile (ts)
modo anormale ad un’altra temperatura (generalmente più alta).
cambiamento del patrimonio genetico ereditabile, raro, improvviso e casuale;
Mutazione
può verificarsi spontaneamente oppure essere indotto da agenti chimici o
fisici.
termine usato per descrivere una specie o un ceppo di lievito i cui individui
Omotallico
sono autofertili in quanto in grado di modificare il proprio sesso e quindi di
coniugarsi.
organismo o cellula diploide che porta alleli identici di uno stesso gene (AA o
Omozigote
aa).
Origine di replicazione
posizione su una molecola di DNA in cui si inizia la sua duplicazione.
molecola circolare di DNA presente nel citoplasma di numerosi batteri e
alcuni lieviti; i plasmidi contengono materiale genetico extracromosomico,
Plasmide
possono essere scambiati tra batteri e sono utilizzati in ingegneria genetica
come vettori di clonaggio.
aggettivo riferito a organismi in grado di sintetizzare i composti organici
necessari alla propria crescita, partendo dai nutrienti forniti
Prototrofo
dall’alimentazione.
Recessivo
allele o fenotipo (a) che si manifesta solo nella condizione di omozigosi.
tecnica usata in laboratorio per ottenere un numero variabile di piastre con
colonie di batteri o lieviti aventi la stessa disposizione spaziale. Su una piastra
iniziale viene appoggiato un disco coperto da un “panno” sterile (velluto,
Replica-plating
membrana di nitrocellulosa o filtro di carta), in modo da farvi aderire qualche
cellula per ciascuna colonia. Il panno viene poi premuto su altre piastre sterili
che, tenute in incubazione, svilupperanno colonie disposte esattamente come
nella piastra iniziale.
meccanismo che determina scambio di materiale genico. Più in generale, si
intende per ricombinazione qualsiasi processo in cui molecole di DNA sono
Ricombinazione
spezzate e i frammenti sono riuniti in nuove combinazioni. Può avvenire negli
esseri viventi, per esempio col crossing-over durante la meiosi, o in vitro,
usando DNA purificato ed enzimi che rompono e legano filamenti di DNA.
Ricombinazione
integrazione di materiale genico in un punto qualsiasi di un cromosoma, senza
illegittima
che ci siano omologie di sequenza nucleotidica.
Ricombinazione omologa scambio di materiale genico che avviene tra sequenze omologhe di DNA.
riproduzione asessuale in cui un individuo unicellulare si divide in due nuovi
Scissione mediana
individui unicellulari di uguali dimensioni.
il termine designa in generale cellule disidratate in grado di disperdersi
nell’ambiente resistendo a condizioni avverse. Esistono due categorie di
spore: endospore o spore di resistenza, formate generalmente dai batteri e
dalle quali si sviluppa lo stesso organismo che le ha originate; spore
Spora
riproduttive, capaci di svilupparsi in un individuo adulto senza fondersi con
un’altra cellula. Esse sono prodotte da funghi, piante o protisti per mitosi
(mitospore) o per meiosi (meiospore, aploidi, prodotte da un organismo
diploide) e sono poi disperse a scopo riproduttivo. Nel caso del lievito,
nell’asco si producono delle meiospore.
processo di formazione di spore riproduttive. Queste si formano all’interno di
Sporificazione o
una struttura cava, unicellulare o pluricellulare, chiamata sporangio. Nei lieviti
sporulazione
lo sporangio è detto “asco”.
l’estremità di un cromosoma eucariotico, costituita da sequenze ripetute di
Telomero
DNA.
Mutante letale
condizionale
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Terreno di coltura
Test di
complementazione
Tipo selvatico (WT)
Trasposizione
YAC
mezzo liquido o solido in cui vengono fatti crescere microrganismi in
laboratorio; contiene i nutrienti e i materiali necessari alla sopravvivenza del
microrganismo. Si distinguono terreni sintetici, o minimi, per i quali si
conosce l’esatta composizione, e terreni complessi, o massimi, di cui non si
conosce in modo dettagliato la composizione chimica.
analisi che serve a determinare se in due ceppi aploidi mutati di lievito, aventi
lo stesso fenotipo, la mutazione si trova sullo stesso gene o su geni diversi.
L’analisi si basa sull’osservazione del fenotipo di un ceppo diploide prodotto
dall’unione dei mutanti aploidi: se il diploide ha fenotipo normale, la
mutazione si trova su geni diversi (le mutazioni “si complementano”); se il
fenotipo diploide è mutante, le mutazioni sono sullo stesso gene.
forma normale, non mutata, di un organismo; la forma presente in natura. In
inglese Wild Type, da cui la sigla WT.
Spostamento di una sequenza di DNA da un sito ad un altro all’interno del
genoma.
dall’inglese, Yeast Artificial Chromosome, ossia cromosomi artificiali di
lievito, contenenti centromero, telomeri e origine di replicazione, e usati come
vettori per clonare frammenti di DNA della grandezza di 100-3000 kb.
9. Bibliografia e siti web utili
•
•
•
P. PLEVANI, M. FOIANI, G. LUCCHINI, Il lievito: un organismo modello, Le Scienze n. 351, novembre
1997.
The Molecular and Cellular Biology of the Yeast Saccharomyces, Vol. 1, 2 e 3, Cold Spring Harbor
Laboratory Press, 1997.
http://dbb.urmc.rochester.edu/labs/sherman_f/yeast/Index.html
10. Concorso “Una settimana da ricercatore”
Al termine delle attività di laboratorio, verrà distribuito agli insegnanti un quizzario con 30 domande da
far svolgere in classe e che potrà servire sia come verifica del lavoro svolto che per selezionare lo
studente migliore nella classe che avrà la possibilità di partecipare al concorso: “Una settimana da
ricercatore”. Il concorso si svolgerà in un pomeriggio del mese di maggio presso l’Università degli Studi
di Milano (il pomeriggio della prova verrà comunicato successivamente), attraverso una prova al
computer, basata su test interattivi a risposta multipla.
Per i primi quindici studenti classificati, il premio consisterà in uno stage presso un laboratorio di
ricerca dell’Università degli Studi di Milano nel campo della Genetica molecolare.
Lo stage si svolgerà al termine dell’anno scolastico, nei mesi di giugno o luglio.
Supervisione di: Prof. Paolo Plevani, Dipartimento di Biologia e Biotecnologie, Università degli Studi di
Milano.
A cura di:
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Prof.ssa Cinzia Grazioli, insegnante di Scienze delle scuole secondarie di secondo grado, distaccata
presso il Cus-Mi-Bio
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Prof.ssa Maria Grazia Fiorin, IIS “P.Levi”, Bollate
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Prof.ssa Cristina Gritti, Liceo Statale “G.Galilei”, Caravaggio
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Prof.ssa Maria Teresa Oliveira, IPSIA “Fiocchi”, Lecco
•
Prof.ssa Olga Pecorari, ITSOS “M.Curie”, Cernusco sul Naviglio
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Prof.ssa Maria Rosaria Quarta, IIS “Schiapparelli”, Milano
•
Prof.ssa Giovanna Tabita, IIS “Leonardo da Vinci”, Cologno Monzese
Si ringrazia la Eppendorf Italia
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