PIPISTRELLI E AGRICOLTURA Chirotteri e agricoltura: quale rapporto? Alle attività agro-zootecniche corrispondono pratiche e tipologie di uso del suolo dal significato opposto per i pipistrelli. La semplificazione strutturale del paesaggio connessa alle monocolture e l’abuso di pesticidi hanno prodotto effetti molto negativi sulla conservazione della chirotterofauna. In particolare, hanno causato la scomparsa di specie di insetti che erano importanti prede dei pipistrelli, ridotto le popolazioni della maggior parte delle specie di insetti sopravvissute e causato la presenza, nell’ambiente, di insetti contaminati. Per i pipistrelli si è trattato di un impoverimento quantitativo e qualitativo della loro base alimentare, nonché della comparsa di un nuovo fattore di mortalità: consumando insetti contaminati, da formidabili insettivori quali sono, possono accumulare nei loro corpi dosi di pesticidi dannose e talora addirittura letali. Il fenomeno ha riguardato anche gli ambienti acquatici: pesticidi e fertilizzanti hanno alterato la qualità idrica, condizionando la presenza e l’abbondanza degli invertebrati legati all’acqua e, conseguentemente, quella dei loro predatori, fra i quali molte specie di chirotteri. Al contrario, varie caratteristiche del cosiddetto paesaggio agrario “tradizionale” hanno valenza positiva per i chirotteri: prato-pascoli, vigneti, frutteti e siepi possono rappresentare per essi importanti ambienti di foraggiamento e corridoi di spostamento (molte specie di chirotteri assimilano gli spazi aperti a “barriere” e preferiscono spostarsi costeggiando elementi strutturati dell’ambiente, come le siepi alte e i filari arborei); la presenza di bestiame pascolante contribuisce alla conservazione di specie-preda (coleotteri coprofagi) particolarmente ricercate da alcuni chirotteri minacciati d’estinzione; gli edifici rurali e le loro pertinenze possono accogliere colonie la cui conservazione è rilevante non solo a livello regionale, ma nazionale e internazionale. Il rapporto fra chirotterofauna e agricoltura riveste inoltre interesse per il ruolo ecologico che i chirotteri hanno. I pipistrelli insettivori sono i vertebrati che consumano più insetti notturni (gli uccelli insettivori, salvo rarissime eccezioni, sono diurni). Durante i periodi di attività ogni pipistrello assume giornalmente una quantità di prede pari a un terzo/metà del proprio peso corporeo. Un esemplare di pipistrello albolimbato, la specie più comune e una delle più piccole della nostra chirotterofauna (lunghezza testacorpo 4-4,7 cm, apertura alare 2124 cm) in una sola notte può catturare più di 2000 prede, fra zanzare, pappataci e altri piccoli ditteri. Una colonia di vespertilio maggiore di circa 500 esemplari nel periodo estivo consuma circa 1250 kg fra coleotteri, ortotteri, ditteri tipulidi, miriapodi e altri invertebrati. In generale, ogni specie di chirottero si alimenta di una cospicua varietà di prede, catturandole in proporzione alla Pipistrelli albolimbati (Pipistrellus kuhlii) disponibilità ambientale, ossia con una strategia “opportunista”. Nelle situazioni di pullulazione di una delle loro specie-preda, però viene adottata una strategia alimentare diversa; gli sforzi di predazione sono concentrati sulla preda in quel momento più disponibile e tralasciate le altre ("foraggiamento ottimale"): così fanno i rinolofi maggiori quando sono molto abbondanti i maggiolini o gli orecchioni durante le esplosioni demografiche del tortrice della quercia. L’esempio forse più eclatante di interazione fra chirotteri e insetti dannosi all’agricoltura riguarda le maggiori colonie di Tadarida brasiliensis presenti in Texas e il lepidottero Helicoperva zea, considerato “pest n.1” per l’agricoltura degli USA: http://ngm.nationalgeographic.com/ngm/0204/feature7/index.html Sintetizzando: i pipistrelli svolgono un ruolo importante e insostituibile nel controllo delle popolazioni di molte specie di insetti e nel mantenimento degli equilibri ecologici e, dal momento che varie specie di insetti predati hanno per l’uomo rilevanza sanitaria (es. zanzare) e/o economica (specie di interesse agrario o forestale) la conservazione dei chirotteri ha “un ritorno” in termini di lotta biologica. Misure in campo agro-zootecnico per la conservazione dei chirotteri Condizioni favorevoli alla chirotterofauna si realizzano ancora nei territori interessati dalla cosiddetta “agricoltura tradizionale”, ma potrebbero essere ripristinate, per lo meno parzialmente, anche in ambiti caratterizzati da forme di utilizzo più intensive. L’adozione delle pratiche che distinguono l’agricoltura “biologica” da quella “convenzionale”, in particolare la riduzione dell’uso di pesticidi e di fertilizzanti sintetici, va in tale senso, poiché determina diminuzione dell’impatto sull’entomofauna, base alimentare dei pipistrelli. Vari lavori hanno per altro dimostrato come alle aree condotte secondo i criteri dell’agricoltura biologica sia associata una biodiversità maggiore rispetto alle aree agricole convenzionali (per una sintesi e una bibliografia di riferimento si vedano: http://en.wikipedia.org/wiki/Organic_farming_and_biodiversity http://swroc.cfans.umn.edu/organic/bibliography.pdf ) e tale differenza è confermata anche per quanto riguarda la chirotterofauna (si veda ad esempio: Wickramasinghe et al., 2003, Journal of Applied Ecology, 40: 984–993; http://www3.interscience.wiley.com/cgi-bin/fulltext/118869713/PDFSTART ). Ulteriori miglioramenti si possono ottenere ripristinando componenti paranaturali del paesaggio, come siepi e zone umide. Nel seguito vengono sinteticamente elencate le misure applicabili negli agroecosistemi ai fini della tutela dei chirotteri e, più in generale, per la conservazione della complessiva biodiversità. Parte di esse sono oggetto di incentivazione attraverso il Piano di Sviluppo rurale 2007 /2013 ( http://www.regione.pmn.it/agri/psr2007_13/index.htm ). Ridurre il più possibile l’impiego dei pesticidi, ricorrendo a forme diverse di controllo degli organismi dannosi (lotta integrata, lotta biologica). Laddove i trattamenti siano giudicati indispensabili, effettuarli di prima mattina (ciò diminuisce la probabilità di cattura da parte dei pipistrelli di insetti trattati che non siano deceduti) e porre attenzione ad evitare l’irrorazione delle aree esterne alla superficie coltivata. Ridurre il più possibile l’impiego dei fertilizzanti, in particolare di quelli di sintesi. Conservare/ripristinare gli elementi paranaturali del paesaggio agrario “tradizionale”: siepi (composte da più specie arboree e arbustive e strutturalmente complesse, in particolare si raccomanda che siano alte), filari arborei, boschetti, fossati e piccoli stagni artificiali (“peschiere”). Si tratta di elementi ambientali che producono insetti, offrono opportunità di rifugio e agevolano gli spostamenti dei pipistrelli; nei contesti più artificializzati, dalla loro disponibilità può dipendere la presenza di molte specie di chirotteri. Impiantando vegetazione occorre utilizzare specie autoctone proprie dell’area. Gli esemplari arborei vetusti preesistenti (spesso gelsi e salici capitozzati) devono essere salvaguardati. Grande importanza ha la ricostituzione della connettività ambientale, che si realizza tutelando le formazioni lineari di vegetazione arborea ed alto-arbustiva, prevalentemente sopravvissute lungo i corpi idrici, ripristinando i vuoti che le interrompono e mettendole in collegamento. Per informazioni tecniche su questi aspetti: AA.VV., senza data. Guide pour la plantation des haies. Brochure technique n°3. Ministere de la Region Wallonne. Division de la Nature etr des Foret. Direction de la Conservation de la Nature et des Espaces verts . Pp. 78. http://environnement.wallonie.be/publi/dnf/guide-haies.pdf Agence Régionale de l’Environnement de Haute-Normandie, 2008. Bibliographie sur la haie. Pp. 33. http://www.arehn.asso.fr/centredoc/biblios/haie.pdf Barr C.J., Britt C.P., Sparks T.H. & Churchward J.M. (Eds), 2005. Hedgerow management and wildlife. A review of research on the effects of hedgerow management and adjacent land on biodiversity. Department for Environment, Food and Rural Affairs, London. http://www.defra.gov.uk/farm/environment/landscape/documents/hedgerow-survey-handbook.pdf Dinetti M., 2000. Infrastrutture ecologiche - Manuale pratico per progettare e costruire le opere urbane ed extraurbane nel rispetto della conservazione della biodiversità. Il Verde Editoriale. Pp. 214. Macdonald D.W. & Johnson P.J., 1995. The relationship between bird distribution and the botanical and structural characteristics of hedges. Journal of Applied Ecology, 32: 492-505. Malcevschi S., Bisogni L.G. & Gariboldi A., 1996. Reti ecologiche ed interventi di miglioramento ambientale. Il Verde Editoriale. Pp. 222. Mezzalira G., 1990. Piantare delle siepi. Le Foreste, 5-6: 12-26. Rabacchi R., 1999. [email protected] Siepi, nidi artificiali e mangiatoie. CISNIAR. Cierre Edizioni. Pp. 248. Sergio F., 1999. Impianto, cura e gestione di siepi e boschi finalizzati alla conservazione della biodiversità e alla produzione di legname entro il Parco Adda Sud. Pp. 123. http://www.parcoaddasud.lombardia.it/zip/manuale.zip Attuare interventi per incrementare l’eterogeneità dei territori a monocoltura. In tali ambiti, caratterizzati da poche specie di insetti (alcune delle quali possono mostrare forti pullulazioni stagionali, ad esempio le zanzare nelle risaie), danno risultati significativi anche interventi apparentemente banali, quali la creazione di spazi occupati da colture diverse e la conservazione di fasce incolte (larghe 3-10 m) non trattate con fitofarmaci, lungo i confini delle proprietà, la viabilità rurale e la rete irrigua. Esperienze realizzate recentemente nelle risaie piemontesi hanno dimostrato come la creazione di fossati che conservino aree sommerse durante i periodi di asciutta, consentendo la sopravvivenza di comunità biologiche più ricche ed equilibrate, dia risultati estremamente positivi ai fini della tutela della biodiversità e del controllo delle zanzare. http://www.provincia.novara.it/settagr/schede_tecniche/opuscolo_risaia_e_biodiversita.pdf Nei frutteti e nei pioppeti mantenere fra i filari fasce inerbite: garantiscono una produttività di insetti maggiore rispetto al terreno nudo e, se l’utilizzo di pesticidi non è limitante, possono costituire terreni di caccia frequentati anche da specie di interesse conservazionistico elevato, come il vespertilio maggiore. Negli agroecosistemi in un cui scarseggiano alberi idonei al rifugio dei pipistrelli può avere un ruolo positivo la collocazione di bat box, rifugi artificiali che imitano le condizioni delle cavità arboree (si veda al esempio il sito della ditta Schwegler, che produce bat box in cemento e segatura per ambienti agroforestali: http://www.schweglershop.de/shop/index.php?cPath=34_38&language=en&osCsid=3b654488dbad63e e23333487453789d2 ). Il ricorso a tali manufatti non può tuttavia giustificare l’abbattimento di eventuali alberi con potenziali rifugi naturali e, per essere coerente, dovrebbe accompagnarsi a iniziative finalizzate all’incremento della disponibilità dei rifugi naturali. Ove è possibile, favorire la conversione dei seminativi in pascoli. Questi ultimi non richiedono trattamenti con fitofarmaci e il pascolamento (in particolare quello bovino), praticato secondo criteri di sostenibilità ecologica, favorisce la presenza di insetti coprofagi che rappresentano una risorsa alimentare molto importante per alcune specie di chirotteri minacciate, come il rinolofo maggiore. Nei trattamenti antiparassitari del bestiame evitare o limitare l’uso di farmaci del gruppo delle avermectine (lattoni macrociclici di prima generazione), che determinano effetti negativi sulla fauna coprofaga. In particolare, l’ivermectina agisce su varie specie di ditteri e coleotteri: i residui del prodotto che rimangono nelle feci del Rinolofi maggiori (Rhinolophus ferrumequinum) bestiame trattato condizionano gli stadi larvali di tali insetti, determinando mortalità, anomalie nello sviluppo e incapacità di raggiungere lo stadio adulto; effetti negativi più blandi sono stati evidenziati su insetti adulti. Le conseguenze sono particolarmente gravi nel caso di somministrazione attraverso boli intraruminali, minori con gli altri tipi di somministrazione. Poiché riducono la disponibilità ambientale dei coprofagi, i trattamenti con avermectine risultano sfavorevoli anche per i chirotteri predatori di tali insetti, ad esempio il vespertilio maggiore e il rinolofo maggiore. Fra giugno e agosto, nel raggio di almeno 4 km intorno ai siti riproduttivi di tali specie, i trattamenti dovrebbero essere esclusi. Indicazioni più generali sono: l’esclusione di utilizzo dei boli intraruminali; il trattamento in periodo autunnale o la stabulazione dei capi trattati (indicativamente per 2 settimane) e lo stoccaggio delle feci il tempo necessario affinchè perdano di tossicità; il trattamento scaglionato del bestiame di una stessa area (in modo che sia sempre presente al pascolo, se la stagione lo consente, bestiame non trattato); il ricorso a farmaci alternativi, basati su principi attivi a minor tossicità (come la moxidectina, appartenente al gruppo delle milbelmicine, lattoni macrociclici di seconda generazione, o i benzimidazoli fenbendazolo e oxfendazolo). Misure utili per limitare la necessità dei trattamenti sono il pascolo a rotazione di ungulati diversi (bovini/equini/ovicaprini), l’allevamento di razze rustiche locali (più resistenti) e le azioni che determinano miglioramento dello stato nutrizionale dei capi (aumenta la reattività nei confronti dei parassiti). Mettere in atto misure e interventi gestionali finalizzati alla conservazione delle colonie di chirotteri che utilizzano come siti di rifugio edifici rurali o altri ambiti di pertinenza di aziende agricole. In Piemonte, l’ Assessorato regionale Agricoltura, Tutela Fauna e Flora, ha attivato a tale fine un progetto specifico. Testi: E. Patriarca e P. Debernardi Foto: P. Debernardi e R. Toffoli