L’Europa cristiana e l’Islam Stoccolma Area di diffusione della eresia Valdese Area di diffusione della eresia catara Mare del Nord Dublino Territori cattolici Riga Territori ortodossi Lubecca Londra Territori musulmani O ce an o A tla nt ic o Arras Colonia Erfurt Parigi Kiev Ratisbona Digione Budapest Milano Albi Carcassonne Lisbona Mar Nero Toledo Nicopoli Roma Cordoba Napoli Costantinopoli Tessalonica Algeri Tunisi Mar Mediterraneo La diffusione delle religioni e delle principali eresie in Europa tra XI e XII secolo 3.1 Lo «Scisma d’Oriente» e l’espansione della cristianità occidentale Lo «Scisma d’Oriente» Scisma: separazione da una chiesa o da una confessione religiosa. Il termine è utilizzato in particolare per indicare le divisioni che hanno caratterizzato il Cristianesimo (ad esempio Scisma d’Oriente, Scisma d’Occidente). Nel corso dell’XI secolo la Chiesa era impegnata ad affermare la sua supremazia sul potere imperiale e su ogni altro potere politico. I papi si proponevano quindi come l’unica autorità per tutti i cristiani. Tuttavia, a dispetto dell’aspirazione papale all’universalità, proprio in questo secolo l’Europa cristiana doveva subire una frattura ancora oggi non ricomposta – quello che gli storici definiscono lo «Scisma d’Oriente». Dal punto di vista politico l’Occidente andava frazionandosi sempre di più in regni, feudi e città indipendenti; in Europa orientale, al contrario, l’Impero bizantino, pur fiaccato dall’espansione dell’Islam, controllava abbastanza saldamente il proprio territorio: Costantinopoli esercitava la sua autorità sui Balcani e si considerava l’unica e autentica erede dell’antico Impero romano. Il vescovo della capitale, il «patriarca» di Costantinopoli, si attribuiva dignità e autorità pari a quelle del vescovo di Roma (il papa) e, anzi, assieme a tutti i vescovi orientali (patriarchi) si riteneva il depositario della tradizione cristiana più antica e autentica: in generale, secondo la Chiesa orientale l’eredità di Cristo non era stata attribuita a un solo apostolo, ma in eguale misura a tutti gli apostoli. Aveva quindi sviluppato una sua teologia e una spiritualità molto diverse da quelle occidentali e da secoli inoltre celebrava la sua liturgia in lingua greca (mentre a Occidente era usato il latino). Per tutti questi motivi la Chiesa orientale si definiva «ortodossa» (ossia conforme alla tradizione e alla dottrina). La ricerca papale del predominio spirituale e politico su tutta la cristianità non poteva dunque che portare a un conflitto tra le due Chiese. Esso infatti esplose in tutta la sua asprezza nel 1054 allorché il patriarca di Costantinopoli cacciò dalla città un rappresentante papale giunto in Oriente per riaffermare la superiorità di Roma in materia di fede. Papa Leone IX reagì scomunicando il patriarca e questi, a sua volta, scomunicò il papa. Si giunse in breve allo «scisma» (divisione) – lo «Scisma d’Oriente», appunto: da quel momento vi furono due cristianità, quella orientale, detta «cristiano-ortodossa», e quella occidentale, detta «cattolica». Questa separazione religiosa rafforzò la distanza culturale e politica tra le due parti d’Europa: nel corso dell’XI secolo i Normanni, da tempo convertiti al cristianesimo e alleati dei papi, espulsero definitivamente i Bizantini dall’Italia; inoltre, obbedienti al vero e unico «successore di Cristo» – il papa – tutti i principi occidentali cessarono ogni omaggio anche formale all’imperatore romano d’Oriente. L’impero, separato dalla parte economicamente più attiva e in crescita del continente, si trovava ora costretto ad affrontare da solo il mondo islamico nel Mediterraneo orientale. La Reconquista e l’espulsione degli Arabi dalla Sicilia Lo scisma della Chiesa «ortodossa» non indebolì la cristianità occidentale, che, anzi, nel corso dell’XI secolo cominciò a reagire vigorosamente alla presenza islamica nei suoi mari (basti pensare ai successi delle Repubbliche marinare italiane contro i Saraceni) e nei suoi territori. Ad esempio, tra il 1061 e il 1091 i Normanni strapparono la Sicilia agli Arabi. Guidati dalla dinastia degli Altavilla, essi fondarono, con la benedizione dei papi, un regno che comprendeva tutta l’Italia meridionale. La massima espansione araba nella penisola iberica e le fasi della Reconquista fino al XIII secolo R E G NO DI F R A NCIA Santiago de Compostela REGNO DI NAVARRA Oviedo R E G NO León D I LE Ó N Pamplona Burgos REGNO DI ARAGONA Braga REGNO DEL PORTOGALLO R E G NO D I Salamanca C A ST IGLI A Saragozza Toledo Valencia Lisbona Baleari C A LI F FATO DI CO R D O BA Cordoba Las Navas de Tolosa Siviglia Granada Limite della Reconquista nell’840 Limite della Reconquista nel 1200 Limite della Reconquista nel 1256 Sempre nel corso dell’XI secolo, inoltre, venne avviata la progressiva cacciata dalla penisola iberica degli Arabi, i quali avevano raggiunto la massima espansione in quest’area tra VIII e IX secolo. Questo processo di «liberazione», chiamato «Reconquista», fu reso possibile dalla formazione e dal costante rafforzamento, tra il IX e il X secolo, dei regni cristiani del Nord e dell’Ovest: Portogallo, Castiglia e León, Navarra e Aragona. La Reconquista si svolse in fasi successive, con gli eserciti cristiani che, partiti da nord, si spinsero progressivamente sempre più verso sud, e fu a più riprese incoraggiata dai papi, che la consideravano una «guerra santa» a difesa della vera fede e dei suoi diritti. Nel 1073 papa Gregorio VII dichiarò che i cristiani morti combattendo contro i mu- 1000 guerra santa: espressione che indica tutti conflitti ai quali veniva attribuito un significato religioso e combattuti in difesa della propria fede. Ogni guerra santa era vista come un guerra giusta e chi la combatteva si considerava investito di una missione divina. Il palazzo della Zisa, Palermo. © Loescher Editore – Torino 66 Barcellona Tarragona © Loescher Editore – Torino XI sec. Rotazione triennale delle colture XI-XII sec. Nascita delle corporazioni XII sec. Grande diffusione europea del mulino XII-XIII sec. I marinai europei apprendono l’uso della bussola 1300 67 1 3 Il Basso Medioevo 3.2 L’espansione dei sulmani avrebbero avuto garantito l’accesso al Paradiso; inoltre, sempre per concessione papale, ai vincitori venne riconosciuto il pieno possesso sulle terre strappate agli «infedeli»; si andavano così delineando la cultura e le strutture giuridiche che avrebbero sostenuto le «crociate» verso la Terrasanta e, nei secoli successivi, l’occupazione dei nuovi continenti scoperti dai navigatori europei. Nello stesso tempo, in Spagna si formava una nuova nobiltà che fondava il suo potere sulla spada e sul possesso delle terre e che avrebbe rappresentato la classe dirigente di questa nazione nei secoli successivi. A Il culmine della Reconquista fu segnato dalla battaglia di Las Navas de Tolosa (1212), durante la quale le forze cristiane inflissero agli Arabi una dura sconfitta da cui essi non si sarebbero più ripresi. Nel 1236 cadeva, infatti, Cordoba e il regno di Granada rimaneva l’ultima presenza musulmana nella penisola iberica. Granada rimase terra islamica fino al 1492, data in cui gli Arabi furono definitivamente cacciati dalla Spagna. L’epopea della Reconquista ebbe i suoi eroi e i suoi miti, come quello del cavaliere cristiano Rodrigo Diaz de Vivar (10431099), detto «El Cid Campeador» (il signore vittorioso), condottiero, conquistatore di Valencia e successivamente protagonista di canzoni e poemi epici. Turchi e le crociate L’avanzata dei Turchi verso il Mediterraneo Nel corso dell’XI secolo i Turchi, un popolo originario dell’Asia centrale e convertitosi all’Islam, invasero i territori controllati dagli Arabi nell’area del Mediterraneo orientale. A guidarli era la dinastia dei Selgiuchidi (dal nome del capostipite Seljuk). Dopo aver conquistato la Persia e l’attuale Iraq (espugnando nel 1055 la città di Baghdad) i Selgiuchidi avviarono una energica espansione e attaccarono i territori ancora in mano ai Bizantini in Siria e Asia Minore: nel 1071 l’Impero bizantino venne duramente sconfitto a Manzikert, città che si trova nella parte orientale dell’attuale Turchia. Verso la fine dell’XI secolo i Selgiuchidi guidavano un vasto impero che andava dalla Persia alla Palestina all’Anatolia: uno Stato accentrato, con un’efficiente amministrazione periferica e un temibile esercito. Più volte Costantinopoli inviò all’Europa occidentale richieste d’aiuto per fronteggiare l’avanzata del nuovo nemico musulmano, ma incomprensioni reciproche e il recente scisma, fecero sì che gli appelli non venissero raccolti. Combattimento tra Turchi e crociati, miniatura del XV sec. I Turchi, tuttavia, costituivano una minaccia che l’Europa occidentale non poteva ignorare, perché mettevano a rischio la sicurezza dei collegamenti commerciali verso l’Asia – elemento determinante dello sviluppo economico del continente. In aggiunta a ciò, i cristiani d’Occidente in pellegrinaggio verso Gerusalemme e la La dominazione dei Selgiuchidi nel 1094, alla vigilia della prima crociata IMPERO BIZANTINO M a r N e r o Sinope Costantinopoli Trebisonda Mar Nicea Ankara Caspio D O M I N I O Smirne Adalia D E I Tarso T U R C H I Rodi Mossul Mar Mediterraneo Aleppo Eu f ra te ri Tig Antiochia Cipro S E L G I U Il Cairo C H I D Bagdad Damasco Gerusalemme Alessandria Bassora Terrasanta cominciarono a subire crescenti vessazioni e richieste di tributi. In breve, parve a molti evidente che, diversamente dagli Arabi, i Turchi avrebbero presto impedito del tutto l’accesso ai luoghi sacri. Di conseguenza, dalla seconda metà dell’XI secolo, i pellegrini cominciarono a tutelarsi con imponenti scorte armate. Da viaggio spirituale il pellegrinaggio diventava così a poco a poco una spedizione militare per affermare i diritti dei cristiani sui luoghi d’origine della loro fede e per liberare i cristiani d’Oriente dagli «infedeli». Cronache dell’epoca raccontano, ad esempio, che nel 1065 il vescovo della città tedesca di Bamberg partì per la Terrasanta con un esercito di dodicimila soldati; con ogni probabilità si tratta di una cifra esageratamente alta, ma la notizia è comunque indicativa del clima che si andava affermando. Papa Urbano II incita i fedeli a partire per la Terrasanta, miniatura del XV sec. A R A B I A Nilo Interessi economici (mantenere, e ampliare se possibile, le basi e le vie commerciali verso l’Asia) e religiosi (liberare la Terrasanta, Gerusalemme e il Santo Sepolcro di Cristo dai musulmani) furono dunque alla base di un vasto e fortemente motivato movimento di opinione favorevole a un intervento armato in Palestina. A ciò si aggiunse una © Loescher Editore – Torino 68 1000 Un crociato accompagnato da un angelo, miniatura inglese del XIII sec. L’appello di Urbano II e le reali cause delle crociate I C A L I F F AT O D E I F AT I M I D I Album p. 76 L’Europa cristiana e l’Islam © Loescher Editore – Torino XI sec. Rotazione triennale delle colture XI-XII sec. Nascita delle corporazioni XII sec. Grande diffusione europea del mulino XII-XIII sec. I marinai europei apprendono l’uso della bussola 1300 69 1 3 Il Basso Medioevo società europea in piena espansione economica e demografica e un desiderio di affermazione della piccola nobiltà, composta da quei cavalieri che erano ora alla ricerca di un nuovo ruolo sociale, di terre e di titoli. A raccogliere e finalizzare questi fattori provvide la Chiesa cattolica, sensibile alla minaccia musulmana e alla richiesta di aiuto proveniente dall’Impero bizantino e dalla Chiesa d’Oriente. Nel 1095, a Clermont, in Francia, papa Urbano II invitò tutti gli uomini d’arme d’Europa a unirsi in un unico esercito per liberare Gerusalemme e i luoghi santi con la benedizione della Chiesa. [Testimonianze documento 6, p. 86] Con tale appello nacque l’ideale della «crociata»: una spedizione militare cristiana (sotto l’insegna della croce) contro chi occupava una terra considerata santa. A spingere gli europei a unirsi a questa impresa c’erano dunque aspirazioni di diversa natura: 1)religiose e culturali: riconquistare e proteggere i luoghi dove era nata la fede cristiana e affermare la sua superiorità su quella islamica; 2)politiche: sospendere i conflitti tra i principi e i nobili europei e affermare la suprema autorità della Chiesa, guidata dal papa, su tutti i principi d’Europa; Album p. 76 3)sociali: allontanare dall’Europa un gran numero di cavalieri che spesso si dedicavano al brigantaggio e vivevano di ruberie ai danni dei contadini, impiegando la loro preparazione militare per uno scopo lecito, e soprattutto garantendo loro un ricco bottino costituito dalle ricchezze e dalle terre strappate ai Turchi; 4)economiche: difendere i commerci con l’Oriente e il loro sviluppo. L’appello del papa fu diffuso da molti predicatori, che seppero esaltare i vantaggi spirituali – la salvezza dell’anima dei morti per una giusta causa e il perdono dei peccati per tutti i combattenti – e materiali della crociata, e suscitarono ovunque un crescente entusiasmo. A Tra questi spiccò la figura di Pietro l’Eremita (1050-1115), che predicò nelle campagne e nelle città di Francia e Germania e raccolse dietro di sé una folla di oltre 20.000 popolani entusiasti. Essi lo seguirono fino a Costantinopoli, dove quella che fu battezzata la «crociata dei pezzenti» giunse decimata dalla fame, dalle malattie e dagli attacchi dei principi d’Ungheria, Bulgaria e di Bisanzio, costretti a intervenire contro le ruberie e le scorrerie compiute dall’improvvisata spedizione. Gli ultimi resti di questa crociata popolare furono infine sterminati dai Turchi e spesso venduti come schiavi. [ I NODI DELLA STORIA p. 74] La prima crociata (1096-1099) La prima vera crociata, organizzata e diretta dalla nobiltà, cominciò nel 1096 e coinvolse truppe addestrate: circa 4000 cavalieri e 30.000 fanti messi a disposizione dai più potenti feudatari d’Europa. Il comandante supremo Goffredo di Buglione, signore della Lorena, in Francia, era affiancato da altri nobili valorosi come Tancredi d’Altavilla (della casata normanna che regnava sul meridione d’Italia) e Raimondo di Tolosa. Molti soldati morirono di malattia e fatica prima di combattere una sola battaglia, ma la spedizione ebbe un certo successo: furono conquistate diverse città della Siria e della Palestina e nel 1099 i crociati entrarono a Gerusalemme, dove massacrarono la popolazione musulmana ed ebraica. [Testimonianze documento 7, p. 87] Per mantenere il possesso dei territori liberati, gli europei fondarono dei regni feudali cristiani. Il più importante di essi era il regno di Gerusalemme, la cui corona fu cinta da Goffredo di Buglione, che ricevette il titolo di «Difensore del Santo Sepolcro». Gli altri furono la contea di Tripoli, in Siria, il principato di Antiochia, la contea di Edessa. A capo di ogni principato si insediò il nobile europeo che aveva guidato la conquista di quel territorio, in forza della concessione papale che conferiva ai vincitori il possesso delle terre liberate. Inoltre, per assicurare la tenuta dei regni cristiani e proteggere e accogliere i pellegrini provenienti dall’Europa sorsero gli ordini religiosi cavallereschi, che univano gli ideali della consacrazione monastica a quelli di combattenti a difesa dei più deboli e della fede. Gli ordini più celebri furono quello dei Templari, dei Cavalieri di San Giovanni (detti Ospitalieri) e quello dei Cavalieri Teutonici. Quest’ultimo ordine si rese protagonista dell’espansione dell’Europa cristiana nell’Est europeo. I regni cristiani protessero e incentivarono i commerci, affidandosi per le proprie necessità di rifornimento al servizio delle Repubbliche marinare italiane. Nonostante il clima di contrapposizione con il mondo islamico, quindi, gli scambi tra le diverse sponde del Mediterraneo ricevettero, in questa fase, una forte accelerazione. La reazione dei Turchi e le crociate successive Reliquiario in oro e smalto di Jean de Touyl che riproduce in piccole dimensioni l’architettura di una cattedrale gotica. Goffredo di Buglione di fronte al Santo Sepolcro, miniatura francese dell’XI sec. I Turchi si riorganizzarono presto e attaccarono a loro volta i regni cristiani, minacciandone la sopravvivenza. Nel 1147 fu organizzata in loro difesa una seconda crociata, guidata dall’imperatore Corrado III di Svevia e dal re di Francia Luigi VII. Nonostante l’impegno di questi sovrani, la spedizione servì soltanto a rallentare l’avanzata dei musulmani: nel 1187, L’Europa cristiana e l’Islam I regni cristiani fondati dai primi crociati S U LTA N ATO D I C O N I A CONTEA DI REGNO DI ARMENIA (dal 1198) Adana EDESSA Edessa Antiochia PRINCIPATO DO M I N I Famagosta DI ANTIOCHIA DE I REGNO DI CIPRO Tripoli CONTEA S E LG I U CH I D I DI TRIPOLI Mar Mediterraneo Tiro Caifa REGNO DI GERUSALEMME Giaffa Alessandria Gerusalemme Gaza A R A B I A Il Cairo CALIFFATO DEL CAIRO Aqaba I numeri delle crociate Totale partecipanti Crociati giunti in Palestina* Prima (1097-1099) 320.000 40.000 Seconda (1147-1149) 230.000 80.000 Terza (1189-1192) 350.000 280.000 Quarta (1203-1204) 30.000 - Quinta (1217-1221) 80.000 60.000 Sesta (1248-1254) 26.000 10.000 Settima (1270) 26.000 - Crociate guidati da Saladino (sultano d’Egitto e della Siria), essi riconquistavano Gerusalemme. I cristiani d’Europa reagirono allestendo una terza crociata (1189-1192) alla quale parteciparono, per l’importanza della posta in gioco, l’imperatore Federico Barbarossa, il re Riccardo I d’Inghilterra, detto «Cuor di leone», e Filippo II Augusto, re di Francia. La crociata non ottenne i risultati sperati e lo stesso imperatore trovò la morte nell’impresa. La quarta crociata (1202-1204) non raggiunse neppure la Palestina. La spedizione fu invece dirottata contro Costantinopoli, capitale della cristianità ortodossa che gli occidentali accusavano di intrattenere rapporti pacifici con i musulmani. Nel 1204 Costantinopoli venne saccheggiata dai crociati, che fondarono l’«Impero latino d’Oriente», uno © Loescher Editore – Torino 70 1000 * I partecipanti di alcune spedizioni furono decimati da malattie, disagi e assalti di banditi e predoni. Due crociate non raggiunsero la Terrasanta: la Quarta, che si esaurì con l’assedio di Costantinopoli, e la Settima, arrestatasi in Tunisia. © Loescher Editore – Torino XI sec. Rotazione triennale delle colture XI-XII sec. Nascita delle corporazioni XII sec. Grande diffusione europea del mulino XII-XIII sec. I marinai europei apprendono l’uso della bussola 1300 71 1 3 Il Basso Medioevo Stato cattolico dominato dagli interessi economici occidentali. Nei decenni successivi (fino al 1270) altre spedizioni verso Oriente si susseguirono: le crociate furono in tutto otto, ma nessuna di esse riportò i cristiani a regnare in Palestina; al contrario i Turchi finirono per rafforzare il proprio impero. Effetti e conseguenze delle crociate Un crociato. cadetti: erano i figli maschi non primogeniti che venivano avviati alla carriera militare. Dal punto di vista militare le crociate si risolsero in un fallimento. La supremazia musulmana sul Mediterraneo orientale si rafforzò e nei secoli successivi si estese all’Europa sud-orientale. Le crociate determinarono una situazione di aperta ostilità tra le due civiltà che dominavano il Mediterraneo: quella cristiana e quella musulmana. [Testimonianze documento 8, p. 87] Non solo, aggravarono la separazione tra cristiani d’Oriente e d’Occidente, una divisione che finì per indebolire irrimediabilmente l’Impero bizantino e che lo espose alla successiva conquista musulmana. Dal punto di vista economico-commerciale, in generale il fallimento delle crociate non provocò l’interruzione dei commerci e dei contatti anche culturali tra Asia ed Europa. Tuttavia, solo le Repubbliche marinare italiane, che avevano fornito ai crociati le loro navi, ottennero importanti vantaggi; inoltre esse si impadronirono della maggior parte dei bottini di guerra. In definitiva, nessuno degli obiettivi dei crociati e di chi aveva ispirato le loro spedizioni – a parte, come abbiamo detto, quelli delle grandi città mercantili – fu davvero raggiunto. Inoltre, questa temporanea unione di forze eterogenee non impedì l’aggravarsi della frammentazione politica e territoriale dell’Europa occidentale, a dispetto del comune patrimonio di fede e di cultura. Il fallimento delle crociate determinò il declino del prestigio papale e la diffusione di movimenti di contestazione contro il potere del clero; la piccola nobiltà europea non riuscì ad appropriarsi di nuovi feudi e decadde ulteriormente – soprattutto i cadetti delle casate, che non godevano dei diritti di successione e che di conseguenza non avevano accesso al patrimonio familiare. 3.3 Le «crociate» contro eretici ed ebrei Le crociate contro i nemici interni Tra l’XI e il XIII secolo in diverse aree europee si erano sviluppati movimenti di fedeli apertamente critici verso la decadenza morale del clero, che proponevano un ritorno alla purezza originaria del cristianesimo. Abbiamo ricordato, come esempi particolarmente significativi, i «Patarini» e i Valdesi. Tra questi movimenti alcuni furono considerati «eretici» dalle gerarchie ecclesiastiche. Essi, infatti, – diversamente da Cluniacensi, Francescani e Domenicani, ad esempio – non intendevano riformare la Chiesa dall’interno; al contrario, in aperto contrasto con i successori degli apostoli (il papa e i vescovi), puntavano a formare un nuovo «popolo di Dio» e disconoscevano la legittimità della Chiesa come mediatrice tra Dio e l’uomo. L’eresia più importante e con il maggior seguito fu quella dei Càtari (detti anche Albigesi, dal nome della cittadina di Albi, nel sud-ovest della Francia, dove erano presenti in gran numero). I Càtari aderivano a una visione dualistica del mondo secondo la quale Dio, il principio del bene, e Satana, principio del male, sono in lotta per dominare il mondo; da Satana deriva tutto ciò che è corporeo e materiale ed egli attira a sé l’uomo con i desideri della carne. I crociati assediano la città di Albi, miniatura del XIII sec. L’obiettivo dei Càtari era quello di creare una Chiesa di puri (il termine greco katharós significa infatti «purificato»): predicavano la completa astensione dal matrimonio e dalla procreazione, la necessità della rinuncia ai beni materiali, e invocavano disobbedienza alla Chiesa e ai principi, protagonisti di un sistema basato sulla ricchezza, la violenza e il potere. La loro spiritualità prevedeva intensi digiuni e condannava i sacramenti celebrati dalla Chiesa, perché tutti legati alla dimensione fisica dell’esistenza. I Càtari raccolsero vasti consensi soprattutto tra i poveri e la piccola borghesia, che si contrapponevano alle classi più agiate e all’alto clero. La reazione della Chiesa fu ferma e durissima. Papa Innocenzo III (11961216) invocò una nuova «guerra santa» contro i nemici interni della Chiesa; tra il 1208 e il 1229 contro gli Albigesi si scatenarono delle vere e proprie crociate che nella Francia meridionale causarono il massacro di intere popolazioni càtare. La Chiesa vedeva così estirpata una deviazione dottrinale che metteva in pericolo il proprio primato spirituale; parallelamente, la corona di Francia si assicurava il controllo completo del sud della Francia. Il tribunale dell’Inquisizione Oltre che all’eliminazione fisica degli eretici, la Chiesa fece ricorso anche all’opera degli Ordini mendicanti, in particolare dei Domenicani, che furono fondati proprio per contrastare con la parola la diffusione del catarismo. Forti di una eccellente preparazione culturale, i predicatori domenicani annunciavano instancabilmente il Vangelo presso città e villaggi e «correggevano» i principali errori in materia di fede. Tuttavia, quest’opera di istruzione non fu considerata sufficiente: occorreva individuare i maestri di false dottrine e punirli pubblicamente scoraggiando i loro seguaci. Per questo scopo nel 1231 papa Gregorio IX istituì i «tribunali dell’Inquisizione», ossia delle commissioni composte da religiosi, esperti in teologia, incaricati di individuare i nemici della fede, farli arrestare, interrogarli – spesso facendo ricorso alla tortura – e costringerli a ritrattare pubblicamente le loro idee. In caso di rifiuto, gli eretici venivano consegnati al cosiddetto «braccio secolare», che provvedeva a punirli anche L’Europa cristiana e l’Islam Càtari bruciati sul rogo, miniatura francese. con la morte. Per re e principi, infatti, era assolutamente essenziale che i tutti i sudditi seguissero una sola fede – quella cattolica – , sulla quale si giustificava la richiesta di obbedienza nei confronti dei legittimi sovrani. Le autorità politiche, inoltre, con il consenso della Chiesa, incameravano i beni degli eretici puniti. Il contrasto alle eresie si sviluppò quindi contemporaneamente su piani e con strategie diversi: da un lato le crociate e tribunali dell’Inquisizione commisero spesso abusi e violenze indiscriminate, incluse le stragi di intere popolazioni; dall’altro lato, l’opera dei predicatori appartenenti agli ordini monastici, stimati anche per il loro esempio di vita, cercò di rafforzare la fiducia dei fedeli nella Chiesa e di consolidare il loro senso di appartenenza alla cristianità. Scena di un interrogatorio della Santa Inquisizione con il criminale alla gogna, il giudice e il segretario che legge la sentenza, miniatura del XVI sec. © Loescher Editore – Torino 72 1000 © Loescher Editore – Torino XI sec. Rotazione triennale delle colture XI-XII sec. Nascita delle corporazioni XII sec. Grande diffusione europea del mulino XII-XIII sec. I marinai europei apprendono l’uso della bussola 1300 73 1 3 Il Basso Medioevo Gli ebrei in Europa Fin dai tempi dell’Impero romano, in tutti i principali centri abitati d’Europa si erano formate numerose comunità ebraiche. Nel corso del Medioevo, e fino al XIII e XIV secolo, le più importanti si trovavano in Spagna, Francia, Inghilterra; si calcola che alla fine del XIII secolo gli ebrei in Francia fossero circa centomila; un numero analogo viene proposto dagli storici per la Spagna. In Inghilterra erano, da quanto è possibile ricostruire, circa la metà. Numericamente si trattava quindi di comunità relativamente esigue (di solito intorno all’1% della popolazione complessiva), che tuttavia erano concentrate nelle principali città (in alcuni centri rappresentavano anche il 3-4% della popolazione) e che godevano di Ebrei ritratti come creature diaboliche in una miniatura del XIII sec. una forte visibilità a causa delle lucrose professioni che svolgevano: spesso oggetto di sospetti e pregiudizi – di norma era loro vietato il possesso delle terre – si dedicavano in particolare ai commerci e al prestito di denaro con interessi (un’attività che la Chiesa vietava ai cristiani). La ricchezza degli ebrei e la loro fede e tradizioni diverse, in un’Europa interamente cristiana, suscitavano inevitabilmente invidie e ostilità: ricorrenti erano l’accusa di odiare i cristiani e di cospirare ai danni della maggioranza cristiana, sia economicamente sia materialmente (ad esempio diffondendo epidemie). Inoltre, da un punto di vista più strettamente religioso, erano ritenuti i responsabili della morte di Cristo. In questo quadro gli ebrei furono vittime di ripetuti episodi di intolleranza religiosa che, nei casi più gravi, giunsero all’assassinio e al massacro. Nei secoli XIV e XV le loro condizioni di vita peggiorarono ed essi furono costretti ad abbandonare paesi come la Spagna e la Francia e a rifugiarsi in Germania, nell’Europa dell’Est, in Turchia e nell’Africa settentrionale. I NODI DELLA STORIA Quali furono le cause delle crociate? La storia delle crociate è uno degli avvenimenti più complessi da ricostruire per gli storici del Medioevo. Si tratta, infatti, della vicenda più «mitica» di quell’epoca storica e non è un caso se, da molti anni, l’impegno degli studiosi è volto fondamentalmente a spiegare come questo mito sia nato, come sia cresciuto e in che rapporto esso sia con la realtà storica. Oggi si ritiene che la ragione principale che ispirò la celebre promulgazione della prima crociata da parte di Urbano II a Clermond-Ferrand fosse la necessità di chiudere quel travagliato periodo di «riforma interna» della Chiesa cattolica che aveva avuto il suo apice con il pontificato di Gregorio VII. La necessità di compattare il fronte interno dell’Europa cristiana, superando non solo le sempre aspre rivalità tra papato e impero ma anche i primi seri conflitti tra le nascenti monarchie nazionali, suggeriva di cercare una causa comune e di identificare un nemico esterno. Altrettanto importante era la necessità di trovare uno sfogo extraeuropeo a quella sempre più inquieta e quindi pericolosa aristocrazia militare sorta sull’onda dell’affermazione dello spirito cavalleresco. Si trattava di migliaia di uomini che trovavano solo nella guerra l’unica fonte di sostentamento, ma anche l’unica attività in grado di dare loro identità e un ruolo nella società. L’elemento religioso, ovviamente, era importante e centrale, come sempre in questi secoli, ma non certo esclusivo. Tuttavia il racconto del- 74 © Loescher Editore – Torino le crociate proposto dai primi cronisti, specie le prime tre, ne ha inevitabilmente condizionato l’immagine nei secoli a venire. Recentemente un serio storico come C. Tyerman ha polemicamente sostenuto che le crociate siano state un’invenzione. Ovviamente non voleva dire che non siano avvenute quelle spedizioni militari per la liberazione della Terrasanta, ma che il suo mito sia stato fittizio e storicamente non affidabile. Esiste, d’altronde, tutta una letteratura anche recentissima che insiste eccessivamente sul ruolo degli ordini religiosi guerrieri – basti pensare alla vicenda dei Templari il cui mito tracima dappertutto ed è fonte inesauribile per autori di best-seller e storici dalla dubbia reputazione. Ma, paradossalmente, un certo ruolo nel creare la leggenda crociata, lo hanno avuto non solo i suoi apologeti ma anche i critici dall’età illuministica in poi. Il mito della crociata come grande impresa cristiana e cavalleresca lasciò lo spazio alla leggenda nera di una serie di spedizioni unicamente predatorie e quasi neocolonialiste. C’era del vero, ovviamente, nell’una e nell’altra prospettiva. In realtà le crociate furono fondamentalmente la valvola di sfogo di una società in trasformazione; il tentativo di spostare i problemi interni all’esterno; l’ultima possibilità data a un’élite militare potente e pericolosa ma destinata inevitabilmente al declino. IX-X sec. Inizio della Reconquista XI sec. I Turchi Selgiuchidi si espandono in Medio Oriente 1054 Scisma d’Oriente 1061-1091 I Normanni conquistano la Sicilia agli Arabi 1096 Prima crociata 1099 Conquista cristiana di Gerusalemme 1187 Riconquista musulmana di Gerusalemme 1208-1229 Crociata contro gli Albigesi nella Francia del Sud 1212 Battaglia de Las Navas di Tolosa L’Europa cristiana e l’Islam 1 Tra XI e XIII secolo la cristianità è prima indebolita dallo Scisma d’Oriente, poi rafforzata dall’espansione in Sicilia e Spagna ai danni degli Arabi. Nel corso dell’XI secolo la cristianità europea perse la sua unità. Dopo secoli di incomprensioni e di sospetti reciproci, nel 1054 il patriarca di Costantinopoli e il papa di Roma si scambiarono reciproche scomuniche perché la Chiesa d’Oriente si rifiutava di riconoscere il primato del vescovo di Roma: era lo Scisma d’Oriente. La cristianità occidentale, guidata con sempre maggiore autorevolezza dai papi, riprese a espandersi. Entro la fine dell’XI secolo i Normanni, convertiti da tempo al cristianesimo e fedeli al papa, cacciarono gli Arabi dalla Sicilia. Nel frattempo cominciò la Reconquista, cioè la liberazione della Spagna dalla dominazione araba. A metà del Duecento gran parte della penisola iberica era in mano a principi cristiani. 2 Tra XI e XII secolo i Turchi diventano una minaccia per i Bizantini, per i commerci verso l’Asia e per i pellegrinaggi in Terra Santa. Prende così corpo l’iniziativa di «pellegrinaggi armati»: le crociate. Tra l’XI e il XII secolo i Turchi, un popolo proveniente dall’Asia centrale convertitosi all’Islam, si mossero verso occidente. Dopo aver conquistato i territori dominati dagli Arabi, minacciavano direttamente l’Impero romano d’Oriente. Essi si impadronirono della Palestina e di Gerusalemme, affacciandosi sul Mediterraneo orientale misero in pericolo i traffici commerciali europei con l’Asia e i pellegrinaggi verso la Terra Santa. Nel 1095, a Clermont-Ferrand, in Francia, papa Urbano II lanciò un appello ai nobili e principi cristiani. Li invitava a sospendere ogni conflitto tra loro e a volgere le armi contro gli infedeli unendosi in una «guerra santa». Era l’idea di una «crociata», cioè di una spedizione militare con l’insegna della croce benedetta dalla Chiesa. Chi fosse partito avrebbe combattuto in obbedienza alla volontà di Dio, e in caso di morte avrebbe trovato il paradiso. 3 L’invito alla crociata riceve risposta entusiastica in Europa. Se ne svolgono otto tra 1096 e 1270. Le crociate attirarono l’entusiasmo religioso e i calcoli di mercanti e nobili in cerca di terre e gloria. La prima crociata fu avviata nel 1096 sotto la guida di un gruppo di nobili europei e portò, nel 1099, alla liberazione di Gerusalemme e alla nascita di alcuni regni cristiani. La reazione turca non si fece attendere e nei decenni successivi si susseguirono altre sette crociate, fino al 1270. Alcune di esse furono guidate da grandi sovrani europei: imperatori e re di Francia e Inghilterra. Ma Gerusalemme, persa nel 1187, non fu più riconquistata. Nel 1204, la quarta crociata portò al saccheggio di Costantinopoli. I risultati delle crociate furono in generale deludenti, e i rapporti tra Islam e cristianità peggiorarono in modo sostanziale. Tuttavia, i commerci non furono ostacolati se non in modo limitato. 4 Lo spirito delle crociate anima anche campagne di inquisizione e repressione, in Europa, contro eretici ed ebrei. A cominciare da papa Innocenzo III, i vescovi di Roma scatenarono crociate all’interno dell’Europa contro gli eretici che minacciavano l’unità della Chiesa. Nel 1208 si combatté, nel Sud della Francia, la crociata contro gli Albigesi, che portò a terribili massacri. Contro i nemici della Chiesa vennero istituiti i tribunali dell’Inquisizione, che indagavano, arrestavano, interrogavano e cercavano di costringere alla conversione gli eretici. Anche gli ebrei, da sempre guardati con sospetto, invidia e pregiudizio, subirono in quest’epoca violenze e soprusi. A poco a poco vennero obbligati a vivere in quartieri separati (i «ghetti») e finirono per abbandonare del tutto alcuni paesi europei. 1231 Istituzione dei tribunali dell’Inquisizione © Loescher Editore – Torino 75 1 3 Il Basso Medioevo Il cavaliere cristiano, il crociato e la rappresentazione ideale della società medievale Tra X e XI secolo si misero in moto nella società medievale alcune importanti trasformazioni che provocarono l’emergere di nuovi valori e l’affermazione di nuovi protagonisti. L’economia agricola e quella urbana ripresero a crescere e diedero nuovo slancio anche agli scambi commerciali. Cominciarono così a consolidarsi forme diverse di ricchezza legate tanto alla coltivazione della terra quanto al mondo delle città. Negli stessi secoli anche la tradizionale nobiltà feudale visse una fase di trasformazione e vide l’emergere di valori e simboli nuovi che provenivano dal mondo militare. Il principale veicolo di questi nuovi valori fu il gruppo emergente dei cavalieri, uomini provenienti dalle fila dalla piccola nobiltà di campagna o da altri ambienti sociali che si erano dedicati alla vita militare. Questi uomini ritenevano che il successo e l’affermazione non risiedessero nella semplice proprietà della terra ma soprattutto nell’esercizio delle armi nel monopolio della forza militare. L’insieme di queste trasformazioni economiche e sociali fu anche alla base delle crociate e dell’espansione europea nel Mediterraneo meridionale. L’Europa cristiana e l’Islam Il cavaliere cristiano e il crociato Con l’affermarsi della figura del cavaliere, a livello sia militare che sociale, la Chiesa tentò di imporre alla cavalleria un modello ideale di vita per limitarne l’impronta guerriera e violenta. Si diffuse un prototipo di cavaliere cristiano ispirato ad alti valori morali come la lealtà in guerra, la difesa dei più deboli, la dedizione verso la religione e il rispetto per la Chiesa. Questi valori caratterizzarono anche i crociati, ossia dei cavalieri che si impegnavano al pellegrinaggio verso la Terra Santa e giuravano di prestare la loro spada per liberare il Santo Sepolcro dai musulmani. Esporre il simbolo della croce sugli abiti o sullo scudo serviva proprio a rappresentare questo voto, in cambio del quale la Chiesa riconosceva ai crociati alcuni privilegi materiali e spirituali. Gli stessi valori furono alla base anche degli ordini religioso-militari come i Templari o gli Ospedalieri di San Giovanni, composti da cavalieri che lasciavano ogni bene personale e dedicavano tutta la vita alla difesa dei luoghi santi e alla protezione dei pellegrini. Cavalieri crociati a cavallo (miniatura del XV secolo). Un cavaliere appartenente all’ordine dei Templari. Il modello ideale della società medievale Il rito dell’addobbamento del cavaliere medievale (miniatura del XII secolo). La cavalleria Il termine «cavalleria» indicava inizialmente solo gli uomini che si battevano a cavallo, ma dall’XI secolo cominciò ad assumere un senso nuovo e a identificare una classe superiore e privilegiata che fondava la propria forza sull’esercizio delle armi e sul monopolio della forza militare: un gruppo sociale esclusivo e sempre più riservato nel quale si poteva accedere solo attraverso la prestigiosa cerimonia dell’addobbamento e il consenso di un altro cavaliere. Nel giro di poco tempo l’idea di cavalleria e quella di nobiltà, inizialmente distinte, finirono per sovrapporsi perché assimilate da un comune carattere di privilegio ed esclusività. Per questo motivo l’immagine del nobile si identificò con il guerriero a cavallo. 76 © Loescher Editore – Torino I tre ordini della società medievale: oratores, bellatores e laboratores. Come conseguenza dei cambiamenti sociali ed economici avvenuti nel corso dell’XI secolo, fu messo a punto nell’Europa cristiana un nuovo modello ideale di società. Si trattava di una sorta di piramide in cima alla quale vi era il gruppo degli oratores (gli ecclesiastici), al di sotto quello dei bellatores (i guerrieri ossia i nobili) e alla base i laboratores (coloro i quali si dedicavano alle attività lavorative pratiche). Questi tre ordini erano come dei gruppi tendenzialmente chiusi e rigidi, ma erano chiamati a convivere e collaborare reciprocamente. Il primo a formulare questa teoria di una società tripartita fu Adalberone di Laon, un vescovo e letterato che collaborava con il re di Francia. Si trattava di una rappresentazione idealizzata e artificiale che non corrispondeva completamente alla concreata struttura della società europea nel Medioevo, ma ebbe comunque larga fortuna e rimase un riferimento fino alla fine del XVIII secolo. © Loescher Editore – Torino 77 1 3 Il Basso Medioevo Ragiona sul tempo e sullo spazio Impara il significato 1 4 ATTIVITÀ 2 Osserva le cartine alle p. 68 e 34 e rispondi alla domanda: per quale motivo le Repubbliche marinare, e in particolare Genova e Venezia, forniscono aiuto ai crociati? a b c 1 XI secolo 2 XII secolo 3 XIII secolo 4 XIV secolo 5 XV secolo b c d e f g h i l m n Nel il patriarca di Costantinopoli e Papa Leone IX rivendicano reciprocamente la supremazia e si giunge così allo «Scisma d’Oriente» Nel parte la quarta crociata che non raggiunge neppure la Palestina perché è dirottata contro Costantinopoli Nel comincia la prima crociata, organizzata e diretta dalla nobiltà XI secolo Nel Costantinopoli viene saccheggiata dai crociati, che fondano l’«Impero latino d’Oriente» Nel papa Gregorio IX istituisce i «tribunali dell’Inquisizione» Nel è organizzata la terza crociata a cui partecipano l’imperatore Federico Barbarossa, il re Riccardo I d’Inghilterra e Filippo II Augusto, re di Francia Nel papa Urbano II invita tutti gli uomini d’arme d’Europa a unirsi in un unico esercito per liberare Gerusalemme Nel i crociati entrano a Gerusalemme Nel si svolge la battaglia di Las Navas de Tolosa, durante la quale le forze cristiane infliggono una dura sconfitta agli Arabi Tra il e il si scatenano vere e proprie crociate contro gli eretici Albigesi che causano il massacro di intere popolazioni càtare nella Francia meridionale Nel parte la seconda crociata, guidata dall’imperatore Corrado III di Svevia e dal re di Francia Luigi VII, in difesa dei regni cristiani d’Oriente Peggiorano le condizioni di vita degli ebrei, che sono costretti ad abbandonare paesi come la Spagna e la Francia e a rifugiarsi in Germania, nell’Europa dell’Est, in Turchia e nell’Africa settentrionale Collega ogni concetto al significato che assume nel periodo delle crociate. 1 Conversione 2 Infedeli 3 Pellegrinaggio 4 Intolleranza religiosa 5 Sultano 6 Stato accentrato 7 Amministrazione periferica 8 Benedizione Completa le frasi scrivendo, dove richiesto, l’anno esatto in cui accade l’evento, poi collega ciascun fatto al secolo in cui avviene. Infine distingui con tre colori diversi gli eventi riconducibili all’Impero bizantino, quelli che riguardano le crociate in Terrasanta e quelli che si riferiscono ai problemi con le minoranze religiose europee. a L’Europa cristiana e l’Islam d e f g h 5 Viaggio intrapreso da un fedele verso luoghi considerati sacri, compiuto per preghiera o penitenza Titolo attribuito a colui che, nel mondo musulmano, riveste la carica di sovrano o imperatore Forma di governo caratterizzata da un’organizzazione e gestione del potere concentrate nelle mani di poche strutture in un solo luogo, ma con competenza su tutto il territorio Cambiamento interiore che porta un fedele ad abbracciare una nuova religione Atto e parole con cui si formula un augurio di bene e prosperità e si invoca la protezione celeste su una o più persone; la Chiesa, per esempio, invoca il favore di Dio in occasione delle crociate Affidamento della gestione di alcuni ambiti del potere a strutture dislocate su tutto il territorio ma dipendenti dal potere centrale Atteggiamento di condanna e persecuzione verso coloro che abbracciano una fede diversa da quella considerata corretta Coloro che non seguono la fede considerata corretta, in questo caso i musulmani Prova a riflettere sui significati di «ortodossia» ed «eresia» e, alla luce di quello che hai letto nel capitolo, spiega perché questi due termini sono contrapposti. Osserva, rifletti e rispondi alle domande 6 Osserva la mappa concettuale relativa alle crociate. Poi rispondi alle domande. Come la Chiesa legittima le crociate Esplora il macrotema 3 Completa il testo. Chiesa • terre • superiore • paradiso • penitenza espansione • nemici • territori • potere • ebraiche • legittimità Il concetto di crociata assume due significati vicini ma distinti. Da una parte si riferisce al diritto di liberare dai musulmani i (1) considerati appartenenti alla (2) attraverso spedizioni militari. Papa Gregorio VI affermò, infatti, che i guerrieri morti per questa causa religiosa sarebbero andati con certezza in (3) e si attribuì il (4) di concedere ai vincitori le (5) conquistate. Questo modo di considerare i rapporti tra la civiltà cristiana e quella musulmana pensa che la prima sia (6) e che sia suo compito una continua (7) . Dall’altra parte la guerra santa venne considerata una forma di (8) per la purificazione della propria anima e la sua (9) morale e giuridica venne poi estesa anche alle persecuzioni contro gli eretici. Il considerare (10) della fede cristiana coloro che praticavano culti religiosi diversi fu alla base anche dell’ostilità contro le comunità (11) . 78 © Loescher Editore – Torino 1 Che cosa motiva il proselitismo popolare? 2 Quale unico e parziale vantaggio ottiene l’Occidente dalle crociate? Mostra quello che sai 7 Osserva l’immagine a p. 73 (in basso a destra) e rispondi alle domande: quali metodi utilizzava il tribunale dell’Inquisizione? Cosa pensi che stiano dicendo i due personaggi sulla sinistra? © Loescher Editore – Torino 79 Documenti Sovranità Il termine sovranità significa «che sta al di sopra» e ha la medesima origine della parola soprano, che indica la voce più acuta. L’idea di sovranità si è affermata in concomitanza con il processo di formazione dello Stato moderno che, nella fase dell’assolutismo, si consolidò con il trattato di Westfalia del 1648 che chiuse la Guerra dei Trent’Anni. Seguendo il medesimo processo che aveva condotto le piccole comunità territoriali a ricercare l’indipendenza dai signori feudali e dall’impero, si formarono più vaste realtà territoriali che operarono su due fronti: da un lato sottraendosi all’ordinamento medievale fondato sulla supremazia del papa e dell’imperatore, dall’altro sottoponendo alla propria potestà gli altri centri di potere, fossero i signori feudali, i Comuni o le organizzazioni cetuali. Nel Medioevo e fino al XVII secolo i centri di potere erano infatti contraddistinti dal pluralismo e dal particolarismo: il potere politico era solo uno di essi, con cui gli altri poteri, a cominciare da quello dei ceti, contrattavano. L’affermazione della sovranità intesa come supremazia del potere statuale si estrinsecò quindi in due direzioni: verso l’esterno come affermazione di indipendenza rispetto ad altri territori che rivendicavano le medesime caratteristiche; verso l’interno con la sottomissione ad esso dei singoli e della comunità. Naturalmente le diverse teorizzazioni della sovranità sono state fortemente influenzate dalle diverse condizioni storiche nelle quali esse sono state proposte. In origine, la sovranità venne ritenuta assoluta e indivisibile, tanto che il sovrano medesimo era definito «sciolto dalle leggi», ossia non soggetto ad esse. È quanto si afferma nell’opera che ha costituito la base fondamentale delle moderne teorie della sovranità, i Sei libri della Repubblica del francese Jean Bodin (1529-1596). Con questa concezione dell’assolutezza della sovranità concordarono l’olandese Ugo Grozio (1583-1645) e l’inglese Thomas Hobbes (1588-1679). Un orientamento simile riaffiorò nei primi decenni del XX secolo in concomitanza con lo stabilizzarsi dei regimi totalitari nel cuore dell’Europa. La riproposizione del carattere assoluto della sovranità in pieno Novecento aveva però un segno profondamente diverso rispetto alle teorizzazioni delle origini: da una parte rifiutava di riconoscere la sovranità nel Parlamento – fondata, quest’ultima, sulla riflessione del filosofo inglese John Locke (16321704) e alla base del liberalismo anglosassone – dall’altra radicalizzava la concezione della sovranità contenuta nell’opera del ginevrino Jean-Jacques Rousseau (1712-1778). Costui aveva colto nel suo celebre Contratto sociale gli epocali cambiamenti che di lì a poco si sarebbero manifestati con la Rivoluzione francese, fondando la sovranità esclusivamente sul popolo. In altre parole, i regimi totalitari novecenteschi giunsero a postulare l’identità perfetta di popolo e «capo», e fecero di quest’ultimo l’interprete infallibile della volontà popolare, conferendogli un potere non sottoposto al controllo di istituzioni rappresentative dichiarate ormai inutili. Proprio per questo, le Costituzioni democratiche del Novecento, che hanno accolto integralmente il concetto di sovranità popolare, hanno perfezionato quest’ultimo circondandolo di prescrizioni. Infatti, all’interno dello Stato la sovranità si esplica attraverso non solo la separazione, ma anche la distribuzione tra diversi organi del potere; all’esterno, nel rapporto con le altre entità sovrane, essa è limitata dal fiorire di organismi di diritto internazionale, come ad esempio l’ONU, e di diritto sovranazionale, come nel caso dell’Unione Europea, i cui campi di sovranità investono ormai molti campi, fino al secondo dopoguerra prerogativa esclusiva degli Stati nazionali. Con «sovranità» viene indicato il potere esercitato da parte di uno Stato o di un sovrano – che non riconoscono alcuna autorità superiore – nei confronti dei cittadini (o dei sudditi) che abitano un determinato territorio. Dopo la lunga lotta tra papato e impero che contraddistinse l’Età medievale, tale concetto venne elaborato verso la fine del XVI secolo dal filosofo francese Jean Bodin, considerato il primo teorico dell’assolutismo. Sino alla Rivoluzione francese il concetto di sovranità servì a indicare il potere del sovrano, al quale spettava il compito di mantenere la pace tra i propri sudditi, difenderli dai pericoli esterni e provvedere al loro benessere. 1 Quando si afferma l’idea di sovranità? 2 Il principio di sovranità popolare è uno dei principi fondamentali delle costituzioni moderne: cosa si intende? 80 © Loescher Editore – Torino 1.Il concordato di Worms Il concordato di Worms, siglato il 23 settembre 1122 fra l’imperatore Enrico V e i rappresentanti di papa Callisto II, pose fine al contrasto tra impero e papato sulle investiture dei vescovi. Era anch’esso una manifestazione di distinte sovranità in lotta per la loro affermazione, con il concordato di Worms, il potere politico rinunciava alla investitura spirituale, mentre quella temporale rimaneva nelle mani dell’imperatore. In nome della Santa e Indivisa Trinità, Io, Enrico, per grazia di Dio augusto Imperatore dei Romani, con la forza dell’amore che nutro verso Dio, la Santa Romana Chiesa e il Papa Callisto e per la salvezza della mia anima rimetto a Dio, ai suoi santi apostoli Pietro e Paolo e alla Santa Chiesa Cattolica ogni diritto di investitura da farsi tramite le insegne dell’anello e del pastorale e concedo che in tutte le chiese, che si trovano nei miei domini, vengano realizzate elezione canonica e libera consacrazione. I possedimenti ed i diritti del beato Pietro, che fin dal sorgere di questa discordia ad oggi, vale a dire dal tempo di mio padre al mio, le furono sottratti, e che ancora oggi posseggo, li restituisco alla Santa Romana Chiesa; quelli che al contrario non sono in mio possesso, farò comunque in modo che le vengano restituiti. Restituirò inoltre su consiglio dei miei principi o per senso di giustizia i possedimenti di tutte le altre chiese, dei principi e di quanti altri, chierici e laici, che in questo scontro furono perduti e che ancor oggi sono in mio possesso; quelli che invece non sono in mio possesso farò comunque in modo che le vengano restituiti. Concedo inoltre una vera pace a papa Callisto, alla Santa Romana Chiesa e a tutti coloro che militano o hanno militato dalla loro parte; servirò inoltre fedelmente la Santa Romana Chiesa nelle circostanze per le quali richiederà il mio aiuto ed in quelle per le quali mi rivolgerà richiesta, le renderò debita giustizia. […] 2.Le prime teorie dell’assolutismo Il filosofo Jean Bodin è stato uno dei massimi pensatori politici del periodo delle «guerre di religione». Nei Sei libri dello Stato Bodin teorizza il concetto di sovranità che per lui è «l’essenza dello Stato». Le sue principali caratteristiche sono l’assolutezza e la perpetuità, cioè da un lato la totale indipendenza del sovrano da altri poteri, dall’altro il fatto che la sovranità è perpetua, cioè dura per sempre e non può essere divisa o delegata ad altri. Per sovranità si intende quel potere assoluto e perpetuo che è proprio dello Stato. Essa è chiamata dai Latini maiestas, dai Greci kuria arké, dagli Italiani signoria, parola che essi usano tanto parlando di privati quanto di coloro che maneggiano gli affari di Stato. Gli ebrei la chiamano tomech sebet, ossia supremo comando. Ma ciò che qui occorre è formularne la definizione, perché tale definizione non c’è stato mai giurista né filosofo politico che l’abbia data, e tuttavia è questo il punto più importante e più necessario a comprendersi in qualsiasi trattazione sullo Stato. Tanto più, avendo noi detto che lo Stato è un governo giusto di più famiglie e di ciò che loro è comune con potere sovrano, occorre ben chiarire che cosa sia questo potere sovrano. Ho detto che tale potere è perpetuo. Può succedere infatti che ad una o più persone venga conferito il potere assoluto per un periodo determinato, scaduto il quale essi ridivengono nient’altro che sudditi; ora, durante il periodo in cui tengono il potere, non si può dal loro il nome di principi sovrani, perché di tale potere essi non sono in realtà che custodi e depositari fino a che al popolo o al principe, che in effetti è sempre rimasto signore, non piaccia di revocarlo. Così come riman- gono signori e possessori dei loro beni quelli che ne fanno prestito ad altri, ugualmente si può dire di chi conferisce ad altri potere e autorità in materia di giustizia. […] bisogna però stare attenti che tali giuristi non dicono senz’altro «dispone di potere assoluto» in quanto, se si afferma che ha potere assoluto colui che non è soggetto ad alcuna legge, non troveremo mai nessun principe sovrano cui possa adattarsi questa formula: tutti i principi della terra sono soggetti alle leggi di Dio e della Natura, oltre che a diverse leggi umane e comuni a tutti i popoli. J. Bodin, I sei libri dello Stato, vol. I, Torino, Einaudi, 1964 © Loescher Editore – Torino 81 Documenti Giurisdizione La parola «giurisdizione» deriva dal latino iurisdictio e significa letteralmente «dire il diritto». Essa indica la facoltà, riservata al giudice, di emettere una sentenza giusta, attraverso la verifica della norma e la sua applicazione. Questa prerogativa era originariamente connessa all’esercizio del potere: al sovrano competeva infatti anche la facoltà di «rendere giustizia». Durante il Medioevo e l’Età moderna l’esercizio del potere giudiziario non fu però unificato e omogeneo: persistevano e operavano diversi livelli di giustizia, a seconda che questo potere si applicasse nel feudo o fosse emanazione del signore oppure, ancora, fosse trattenuto alla esclusiva competenza regia. La formazione delle monarchie nazionali e degli Stati centralizzati ebbe, tra le altre conseguenze, quella di determinare una progressiva uniformazione della giurisdizione nel territorio in cui si esercitava la sovranità dello Stato. Si trattò di un processo lento e per nulla pacifico, che provocò continue tensioni. E, soprattutto, si svolse in tempi e modi differenti da luogo a luogo: nelle aree d’Europa in cui il particolarismo feudale riuscì a sopravvivere più a lungo persistettero diversi livelli di giurisdizione e resistette anche la sottomissione delle popolazioni all’autorità dei signori locali. Nelle moderne democrazie la certezza e correttezza della giurisdizione sono garantite dalla separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, e dall’autonomia della magistratura. Il ruolo attuale di quest’ultima e la sua organizzazione come corpo specializzato scelto attraverso procedure generali e oggettive si sono affermati attraverso una graduale e recente evoluzione: il dato di partenza storico era, come abbiamo visto, del tutto opposto e prevedeva la coincidenza tra l’emanazione della legge e la sua amministrazione. Nell’ordinamento italiano, sancito dalla Costituzione repubblicana, la tutela della magistratura è garantita attraverso un sistema di autogoverno che ha nel Consiglio superiore della magistratura l’organo di riferimento. Nell’Italia liberale e nell’Italia fascista la magistratura era invece dipendente, in forme e in gradi diversi, dall’esecutivo. Alla giurisdizione ordinaria, la nostra Costituzione, al pari di quelle di altri paesi europei, ha inoltre aggiunto una giurisdizione costituzionale, affidata alla Corte costituzionale (composta da magistrati nominati dai tre poteri dello Stato). Il suo compito è risolvere il conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato e soprattutto di giudicare la rispondenza della legislazione ordinaria alle norme costituzionali. Essa è entrata in funzione formalmente nel 1956 e ha svolto un’opera fondamentale di adeguamento della legislazione ordinaria, che risentiva pesantemente dell’eredità della dittatura fascista, ai principi fissati nella Carta costituzionale. Nel mondo globalizzato la competenza degli Stati non è più esclusiva. La formazione dell’ONU ha condotto nel 1945 alla formazione della Corte internazionale di giustizia, con sede all’Aja, che dirime le controversie sul piano del diritto internazionale tra i paesi che ne accettano la giurisdizione. Nel 1998 è stata istituita la Corte penale internazionale, sempre con sede all’Aja, entrata in funzione nel 2002: giudica dei reati di genocidio, di crimini contro l’umanità, di guerra, di aggressione. L’Unione Europea dispone della Corte di giustizia europea, che interpreta il diritto comunitario, garantendone l’applicazione nei paesi membri, e giudica le controversie tra i governi dei paesi membri e le istituzioni europee. Possono adire al giudizio anche privati cittadini che ritengono lesi i loro diritti. Il concetto di giurisdizione può essere definito come la sfera di competenza di un organo (o di una persona), oppure come la prerogativa di potere esercitare la legge. Storicamente va legato alla teoria del giurisdizionalismo, cioè la corrente di pensiero – di origine settecentesca – che sostiene, nei rapporti tra Stato e Chiesa, la separazione tra i due poteri e sottomette la giurisdizione ecclesiastica a quella laica. Proprio il conflitto di attribuzione dei poteri tra papato e impero ha segnato tutto il Medioevo. 1 In uno Stato di diritto il fatto che il giudice sia indipendente dal potere politico o economico è essenziale. Quali rischi si correrebbero altrimenti? 2 In che modo pensi che si possa agire nella nostra società per prevenire i reati? 82 © Loescher Editore – Torino 1.Lo scontro di giurisdizione tra papato e impero nel Medioevo: il giudizio di Dante Alighieri Nel trattato De Monarchia, scritto tra il 1310 e il 1313 al tempo della discesa in Italia dell’imperatore Enrico VII, Dante Alighieri critica il potere temporale del papato: papato e impero dovrebbero essere due autorità indipendenti e procedere in concordia per guidare il «mondo cristiano» verso la felicità terrena e la salvezza eterna. Ciò non toglie che l’imperatore sia tenuto a usare la giusta deferenza nei confronti del pontefice. L’ineffabile Provvidenza ha dunque posto davanti all’uomo come mete da raggiungere due fini: la felicità di questa vita che consiste nella esplicazione delle sue capacità ed è raffigurata nel paradiso terrestre; e la felicità della vita eterna, la quale consiste nel godimento della visione di Dio (alla quale l’uomo non può elevarsi da sé senza il soccorso della luce divina). Ed è raffigurata nel paradiso celeste. A queste felicità, come a termini diversi, bisogna giungere con mezzi diversi. […] Per questo fu necessario dare all’uomo due guide in vista del suo duplice fine: il sommo pontefice che, seguendo le verità rivelate, guidasse il genere umano alla vita eterna; e l’imperatore che, seguendo invece gli ammaestramenti della filosofia, lo indirizzasse alla felicità temporale. E siccome a questo porto della felicità terrena nessuno o pochi potrebbe giungere se il genere umano, calmati i tempestosi allettamenti della cupidigia, non trovasse libertà e pace, ecco che questo è lo scopo al quale deve mirare con tutte le sue forze quel tutore del mondo che si chiama «principe romano» [l’imperatore]: far sì cioè che in questa aiuola mortale si viva in pace e con libertà. […] Cesare [l’imperatore] usi dunque verso Pietro [il Papa] di quella riverenza che il figlio primogenito deve al padre, affinché, irraggiato dalla luce della grazia paterna, illumini con maggiore efficacia il mondo al quale è stato preposto da Quello solo che è il reggitore di tutte le cose spirituali e temporali. L. Gatto, Il Medioevo nelle sue fonti, Bologna, Monduzzi, 1995. 2.La Corte Costituzionale della Repubblica Italiana Una delle parti più innovative della Costituzione repubblicana è l’adozione di una Corte costituzionale, chiamata a giudicare della conformità delle leggi alle norme dettate dalla Costituzione. Di seguito diamo alcuni articoli che riguardano il suo funzionamento e le sue funzioni, nonché le procedure del testo fondamentale. Art. 134. La Corte costituzionale giudica: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni; sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione. Art. 135. La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative. I giudici della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni d’esercizio. I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati. Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall’esercizio delle funzioni. […] L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, di un Consiglio regionale, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge. […] Art. 136. Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. […] Art. 137. Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d’indipendenza dei giudici della Corte. Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte. Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione. © Loescher Editore – Torino 83 Testimonianze Documento 1 Testimonianze I progressi dell’agricoltura: il mulino ad acqua (capitolo 1) Poco dopo l’anno Mille uno sconosciuto monaco dell’abbazia francese di Chiaravalle scrisse queste righe di profondo elogio del fiume Aube, affluente della Senna, e del mulino ad acqua. Il mulino ad acqua fu una delle più importanti innovazioni tecniche introdotte nelle campagne europee durante la rinascita del Basso Medioevo: come testimonia il brano esso si mostrò indispensabile per la produzione dei beni alimentari e di vestiario, consentendo un enorme risparmio di lavoro umano. Ammesso nell’abbazia tanto quanto il muro, facente funzione di portiere, lo permette, il fiume si slancia dapprima con impeto nel mulino, dove è molto indaffarato e produce molto movimento, tanto per triturare il frumento sotto il peso della mola, quanto per agitare il vaglio che separa la farina dalla crusca. Eccolo già nell’edificio vicino, riempie la caldaia e si abbandona al fuoco che lo cuoce per preparare una bevanda ai monaci, se per caso la vite ha dato all’industria del vignaiolo la cattiva risposta della sterilità e se, mancando il sangue al grappolo, si è dovuto supplire con la figlia della spiga. Ma il fiume non si ritiene libero. Le gualchiere [macchine idrauliche per il trattamento dei tessuti di lana] poste vicino al mulino lo chiamano presso di loro. Nel mulino si è occupato di pre- parare il nutrimento dei frati; ci sono dunque tutte le buone ragioni per esigere che egli pensi ora al loro vestiario. Il fiume non contraddice e non rifiuta nulla di quello che gli si chiede […] Quanti cavalli si sfinirebbero, quanti uomini si stancherebbero le braccia nei lavori che fa per noi, senza alcun lavoro da parte nostra, questo fiume così gentile al quale dobbiamo i nostri vestiti e il nostro nutrimento! J. Le Goff, La civiltà dell’Occidente medievale, Torino, Einaudi, 1997 Documento 2 Le libere istituzioni dei Comuni lombardi (capitolo 1) Ottone di Frisinga visse nel XII secolo e fu vescovo e cronista del suo tempo. Compose anche le Gesta Friderici Imperatoris, in cui raccontò con grande ricchezza di dettagli le imprese dell’imperatore Federico Barbarossa. Ecco come Ottone presentava l’ordinamento e lo statuto consolare dei Comuni lombardi: nel testo si percepisce un misto di ammirazione, per la libertà di cui godevano le città italiane, e di riprovazione, perché tale libertà era stata acquistata a scapito della superiore autorità imperiale. Notiamo anche la descrizione della composizione della società comunale: vi sono «capitani» (cioè capi di famiglie o gruppi di famiglie influenti), «valvassori» (piccoli e medi nobili che hanno ancora un legame con i grandi feudatari, ma cominciano a trasferirsi in città) e «plebe» (un termine che non indica tanto i poveri, quanto i borghesi che vivono del proprio lavoro: dai mercanti agli operai salariati). In città, comunque, è possibile salire nella scala sociale: gente semplice, con meriti economici, diventa «cavaliere». L’autore segnala inoltre che le città dominano sul contado (detto anche «diocesi») circostante e praticamente costringono gli abitanti più in vista che vi abitano a sottostare alle sue nuove autorità. I lombardi amano tanto la libertà che, per sottrarsi alla prepotenza dei dominatori, preferiscono essere governati dall’arbitrio di consoli piuttosto che di signori. E poiché come è noto vi sono tra loro tre classi – capitani, valvassori e plebe –, i detti consoli sono scelti non da una sola, ma da ognuna di quelle tre classi, e per impedire che siano presi dalla libidine del potere sono mutati quasi tutti gli anni. Essendo poi il territorio dei lombardi quasi tutto diviso fra le città, ognuna di queste ha obbligato i diocesani a venire ad abitare entro la città e a sottomettersi, sicché difficilmente si può trovare qualche nobile o grande che conservi tale dominio da non essere obbligato ad assoggettarsi alla città. Ogni città ha poi preso l’abitudine di chiamare contado il territorio che è in tal modo esposto alla sua minaccia. E perché non manchi loro la forza necessaria ad opprimere i vicini, non disdegnano di far cavalieri ed elevare alla scala degli onori anche i giovani di condizione inferiore e qualsiasi artefice, persino quelli delle arti più spregevoli e meccaniche, che tutti gli altri popoli tengono lontani come peste dalle occupazioni più onorate e libere […]. Per ricchezza e potenza esse supera- no tutte le altre città del mondo, aiutate in ciò non solo dalle loro abitudini, ma anche dall’assenza dei sovrani abituatisi a rimanere al di là delle Alpi. In una cosa essi conservano le tracce dell’influenza barbarica: che cioè, mentre si gloriano di vivere secondo le leggi, viceversa non rispettano le leggi. Infatti essi non accolgono mai, o quasi mai, con reverenza il principe, al quale spontaneamente dovrebbero prestare il loro rispettoso atto di soggezione, e solo se sono costretti dalla sua forza militare adempiono verso di lui a quegli obblighi che pure sono sanciti dalle leggi. Documento 3 Il Dictatus Papae di Gregorio VII (capitolo 2) La contesa che dalla metà del X secolo oppose l’imperatore al pontefice per la nomina dei vescovi ebbe una svolta fondamentale nel 1075. Papa Gregorio VII emanò allora, infatti, il «Dictatus Papae», con cui riaffermava la superiorità del potere della Chiesa sul potere imperiale. Il pontefice, sosteneva, veniva investito direttamente da Dio. Al pontefice toccava dunque conferire agli uomini l’autorità terrena. Egli era infallibile, tutti dovevano sottomettersi alla sua legge e nessuno poteva giudicarlo. Ecco i punti più importanti del «Dictatus Papae». I. La Chiesa romana è stata fondata solo dal Signore. II. Solo il pontefice romano è detto a giusto titolo universale. III. Egli solo può deporre o assolvere i vescovi […] VII. Egli solo può, se opportuno, stabilire nuove leggi, riunire nuovi popoli, trasformare una collegiata in abbazia, dividere un vescovato ricco, unire vescovati poveri. VIII. Egli solo può servirsi delle insegne imperiali. IX. Il papa è il solo uomo a cui tutti i principi bacino il piede. X. È il solo il cui nome sia pronunciato in tutte le chiese. XI. Il suo nome è unico nel mondo. XII. Gli è lecito deporre gli imperatori. XIII. Gli è lecito trasferire i vescovi da una sede all’altra, secondo la necessità. XIV. Ha il diritto di ordinare un sacerdote di qualsiasi chiesa, dovunque gli piaccia […] XVI. Nessun sinodo generale può essere convocato senza suo ordine. XVII. Nessun testo e nessun libro possono assumere valore canonico al di fuori della sua autorità. XVIII. Le sue sentenze non debbono essere modificate da nessuno, ed egli solo può modificare le sentenze di chiunque. XIX. Non può essere giudicato da nessuno […] XXII. La Chiesa romana mai ha errato né errerà in perpetuo, come attesta la Sacra Scrittura. XXIII. Il pontefice romano, quando sia stato ordinato canonicamente, viene indubitabilmente santificato per i meriti di Pietro […] XXVI. Chi non è con la Chiesa romana non deve essere considerato cattolico. J. Le Goff, Il Basso Medioevo, Milano, Feltrinelli Documento 4 La simonia, scandalo della Chiesa medievale (capitolo 2) Rodolfo il Glabro, vissuto tra 980 e 1047, fu monaco cluniacense e grande cronista del suo tempo. Come uomo totalmente dedito a Dio non poté che riprovare la profonda decadenza in cui versava la Chiesa dell’epoca. In questo brano, tratto dalle sue Cronache dell’Anno Mille, Rodolfo condanna con veemenza il commercio delle cariche ecclesiastiche, la vita lussuosa dei prelati e la loro totale mancanza di vocazione religiosa. Quando domina il bramoso desiderio di sacrileghi guadagni, il senso della giustizia viene il più delle volte soffocato. La verità di questa affermazione, che potrebbe essere provata dalle religioni di diversi popoli e regioni, risulta evidente […]. Essendosi ormai quasi tutti i principi lasciati accecare dalla vanità delle ricchezze, questo pestilenziale contagio ha raggiunto molti prelati sparsi su tutta la terra. Essi hanno trasformato il dono santo e gratuito di Cristo Signore Onnipotente in guadagno e fonte di avidità, affinché sia colma la misura della loro dannazione. E così questi pastori sono tanto meno adatti a svolgere la loro missione divina quanto più si sa che al posto che occupano non sono certo giunti passando per la porta principale. E, sebbene molte disposizioni delle Sacre Scritture tuonino contro l’impudenza di tali uomini, oggi più che mai casi simili si riscontrano nei vari ordini della Chiesa. Anche i re, che dovrebbero scegliere le persone più idonee ad accedere al sacro ministero, preferiscono, corrotti dall’offerta dei doni, affidare il governo delle chiese e delle anime a coloro dai quali sperano di poter ricevere più ricche ricompense. Così an- che coloro che sono arroganti e gonfi di presuntuosa superbia riescono a ottenere gli incarichi ecclesiastici passando davanti agli altri, né temono di non essere in grado di svolgere il loro compito di pastori, perché la loro fiducia riposa di più sulle cassette delle offerte che sull’acquisizione dei doni che derivano dalla saggezza. Ottenuta questa sistemazione, si abbandonano alla cupidigia, poiché sanno bene che in essa trova appagamento la loro ambizione, alla quale si sottomettono come se fosse un idolo che ha preso il posto di Dio. Rodolfo il Glabro, Cronache dell’Anno Mille: storie, Milano, Mondadori, 2001 Ottone di Frisinga, Gesta Friderici Imperatoris, in A. Lizier, Corso di storia. Medioevo, Milano, Signorelli, 1952 84 © Loescher Editore – Torino © Loescher Editore – Torino 85 Testimonianze Documento 5 Testimonianze Studenti e maestri dell’Università di Parigi (capitolo 2) L’Università di Parigi nacque tra XII e XIII secolo dalla scuola della cattedrale di Nôtre-Dame. Grande potere aveva in essa il cancelliere del vescovo, che assumeva i maestri concedendo loro una speciale licenza. E proprio i maestri intrapresero ripetute lotte per ampliare la loro libertà d’insegnamento. Nel 1231 intervenne il papa Gregorio IX, da cui dipendevano cattedrale e cancelliere, e diede nuove regole all’università. Ecco alcuni passaggi del suo decreto, utili a capire come operavano e vivevano docenti e discepoli dell’epoca. […] Il cancelliere si impegnerà a non concedere la licenza di dottore in teologia se non a coloro che ne siano degni […]. Per quanto riguarda i maestri in medicina e nelle arti e gli altri, il cancelliere prometterà di esaminarli in buona fede, di non ammettere se non i degni, respingendo gli indegni. Inoltre, poiché là dove non c’è una regola facilmente si insinua il disordine, vi concediamo la facoltà di stabilire statuti e ordinamenti opportuni sui modi e gli orari delle lezioni e delle discussioni, sulle esequie dei defunti […], sulla tassazione e l’interdetto degli alloggiamenti. Coloro che contravverranno a questi statuti e ordinamenti potranno essere debi- tamente puniti con l’allontanamento […]. Il vescovo di Parigi dovrà […] provvedere a che gli scolari si mantengano onesti e i delitti non restino impuniti […]. Proibiamo inoltre di imprigionare uno scolaro per debiti essendo ciò vietato dalle leggi canoniche […]. Il cancelliere non potrà esigere dai maestri che aspirano alla licenza […] né giuramento, né atto di obbedienza, né alcuna altra cauzione, e neppure emolumenti o promesse di alcun genere. Le vacanze estive non supereranno la durata di un mese, durante il quale i baccellieri, se lo vorranno, potranno continuare le loro lezioni. Proibiamo inoltre espressamente che gli scolari vadano armati per la città: l’Università dovrà preoccuparsi di allontanare coloro che turbano la pace e la serenità dello studio […]. I libri di scienze naturali proibiti […] non saranno usati a Parigi, finché non siano stati esaminati e liberati da ogni sospetto d’errore. I maestri e gli scolari di teologia procurino di occuparsi lodevolmente nella facoltà che frequentano, non facciano i filosofi, ma si preoccupino di diventare dotti in teologia; non parlino in lingua volgare […] discutano nelle scuole soltanto di quelle questioni che possono esser definite sulla base dei libri sacri e dei Padri […]. Gregorio IX, Bolla «Parens scientiarum», in Istruzione ed educazione nel Medioevo, a cura di C. Frova, in www.storia.unive.it Documento 6 L’appello di papa Urbano II affinché i cristiani partano per la crociata (capitolo 3) Fare la pace tra nobili cristiani, portare aiuto ai fedeli d’Oriente e salvare la propria anima: ecco il senso del solenne appello di papa Urbano II rivolto a tutta l’Europa. Poiché, o figli di Dio, avete promesso di restare in pace tra voi e di custodire fedelmente le leggi con maggior decisione del solito, e siete stati rinsaldati dalla correzione divina, dovete impegnare la forza della vostra onestà in qualche altro servizio a vantaggio di Dio e vostro. È necessario che vi affrettiate a soccorrere i vostri fratelli orientali, che hanno bisogno del vostro aiuto e lo hanno spesso richiesto. Infatti, come a molti di voi è già stato detto, i turchi, un popolo che viene dalla Persia e che ormai ha moltiplicato le guerre occupando le terre cristiane sino ai confini della Romania, uccidendo molti o rendendoli schiavi, distruggendo le chiese, devastando il regno di Dio, sono giunti fino al Mediterraneo […]. Lo dico ai presenti e lo comando agli assenti, ma è Cristo che lo vuole. Per tutti quelli che partiranno, se incontreranno la morte in viaggio o durante la traversata o la battaglia contro gli infedeli, vi sarà l’immediata remissione dei peccati: ciò io accordo ai partenti per l’autorità che Dio mi concede. Documento 7 La conquista di Gerusalemme e la successiva strage dei cittadini (capitolo 3) Lo storico musulmano Ibn-al-Althir racconta la conquista di Gerusalemme da parte dei crociati, nel 1099. Il suo tono è molto asciutto, ma non manca la constatazione dell’inutile violenza degli invasori anche dopo che il combattimento è terminato. A conferma dell’accusa di Ibn-al-Althir ecco la voce di un testimone cristiano: Guglielmo di Tiro. I franchi [termine che i musulmani usavano per indicare tutti gli europei] mossero dunque contro Gerusalemme dopo aver inutilmente assediato Acri. Quando furono arrivati, la misero sotto assedio, per oltre quaranta giorni. Costruirono contro di essa due torri, l’una delle quali dalla parte di Sion, ma i musulmani la bruciarono uccidendo tutti quelli che c’erano dentro. Quando ebbero finito di bruciarla, arrivò un messaggero in cerca d’aiuto con la notizia che la città era stata presa dall’altra parte: la espugnarono infatti dalla parte di settentrione, il mattino del venerdì 15 luglio 1099. La popolazione fu passata a fil di spada e i franchi continuarono per una settimana a massacrare i musulmani. Ibn-al-Althir, Storia perfetta Ben presto fu cosa orrenda vedere la moltitudine di uccisi, ma era anche pauroso guardare gli stessi vincitori, bagnati di sangue dalla pianta dei piedi alla sommità del capo. […] Gli altri soldati, correndo per la città, trascinavano all’aperto i miserabili che si nascondevano e li massacra- vano. […] Ciascuno poi attribuiva a sé il possesso di ogni casa che aveva invaso con tutte le sostanze in essa contenute. Guglielmo di Tiro, Storia delle gesta d’oltremare Documento 8 La «giustizia» dei crociati disgusta i musulmani (capitolo 3) Usama, dignitario musulmano e viaggiatore curioso al tempo delle crociate, raccontò con dovizia di particolari il suo incontro con i guerrieri occidentali. Ci lasciò così una straordinaria testimonianza dei costumi e della vita quotidiana nel Vicino Oriente occupato dagli europei a seguito delle crociate (i «Franchi»), che egli considerava assai rozzi e inferiori agli islamici sotto molti aspetti. Come dimostra l’episodio narrato nel brano seguente: per amministrare la giustizia, un principe cristiano non trova niente di meglio che organizzare un duello. A Nabulus ebbi l’occasione di assistere a uno spettacolo curioso. Due uomini dovevano affrontarsi in una lotta singolare. Il motivo era il seguente: alcuni briganti musulmani avevano occupato un villaggio vicino e un coltivatore era sospettato di avere fatto loro da guida. Costui era fuggito, ma presto aveva dovuto ritornare perché il re Folco aveva fatto imprigionare i suoi figli. «Trattami con equità – gli aveva chiesto il coltivatore – e permettimi di misurarmi con colui che mi ha accusato». Il re allora aveva ordinato al signore che aveva avuto il villaggio in feudo: «Fai venire l’avversario». Il signore aveva scelto un fabbro che lavorava al villaggio dicendogli: «Sei tu che andrai a batterti in duello». […] Era un giovane forte, il quale però, in qualsiasi situazione, soleva chiedere da bere. Quanto all’accusato, si trattava di un vecchietto coraggioso che faceva schioccare le dita in segno di sfida. […] Iniziò la lotta. […] Ci furono scambi di colpi così violenti che i rivali sembravano formare una sola statua di sangue. Il combattimento si prolungò, malgrado le esortazioni del visconte, il quale avrebbe voluto accelerarne la conclusione. «Più svelti!», gridava loro. Finalmente il vecchio fu esausto e il fabbro, approfittando della sua esperienza nel maneggiare il martello, gli assestò un colpo che lo atterrò e gli fece abbandonare la lancia. Dopodiché si accovacciò su di lui tentando di affondargli le dita negli occhi, invano a causa del flusso di sangue che gli colava dal capo. Allora il fabbro si rialzò e finì l’avversario con un colpo di lancia. Immediatamente, al collo del cadavere fu attaccata una corda con la quale venne trascinato verso la forca e impiccato. Guardate, questo è un esempio della giustizia dei Franchi. A. Maalouf, Le Crociate viste dagli Arabi, Torino, SEI, 2001 86 © Loescher Editore – Torino © Loescher Editore – Torino 87 Interpretazioni Interpretazioni La nascita di una nuova classe sociale: la borghesia (capitolo 1) 1054: lo scisma tra Chiesa d’Occidente e Chiesa d’Oriente (capitolo 3) Secondo gli storici la svolta dei secoli X-XIII fu rappresentata dal sorgere e dall’imporsi della borghesia urbana. Estranea all’ordinamento sociale in tre ordini tipico dell’Alto Medioevo (clero, nobiltà di spada e contadini) progressivamente impose nelle città il proprio modo di produrre ricchezza (produzione e scambio di beni, investimento di capitali) e i propri ideali: operosità, merito, senso del rischio, successo economico. Lo storico G. Duby ci racconta chi erano i nuovi protagonisti della società europea destinati a guidare le sorti del continente fino ad oggi. Tra il 1054 (anno in cui viene formalizzata la separazione tra Chiesa occidentale e Chiesa orientale) e la fine del secolo XI (quando iniziano le crociate) la cristianità occidentale compie un decisivo balzo in avanti nella definizione della propria identità rispetto al mondo, sia cristiano che «infedele». Lo storico francese J. Le Goff, presenta lo scisma del 1054 e i suoi effetti di lunga durata, ancora oggi bene avvertibili. Al tempo della prima Crociata [109596], quando il grande commercio era ormai in pieno vigore […] la borghesia perveniva a maturità, facendosi riconoscere e collocandosi nella scala sociale subito sopra i rustici. Quali erano in quel momento i tratti distintivi della nuova classe? L’appellativo che designa i membri di tale classe mette l’accento sul luogo di residenza; il burgensis, il civis […] si oppone al rusticus: si tratta dell’abitante della città e più precisamente del «borgo», il quartiere nuovo. Occorre però notare che non tutta la popolazione della città è borghese. Chierici e gente d’arme che un tempo ne formavano il nerbo non se ne erano allontanati; sicuramente questo elemento antico non aveva fatto progressi […], ma per tutta l’età feudale […] perdurerà intimamente mescolato ai mercanti e agli artigiani un gruppo consistente di nobili e di ecclesiastici. Se i chierici e i cavalieri risiedevano di preferenza nei quartieri vecchi, anche lungo le strade commerciali vi furono dimore ecclesiastiche o cavalleresche affiancate a quelle della gente comune […]. Nel 1100 il borghese è dunque quel cristiano che non è né chierico né cavaliere e che, tuttavia, non può essere chiamato contadino […] L’artigianato e il commercio erano le attività peculiari della borghesia [...] Tutti, quali che siano, scaricatori, artigiani o osti, agenti signorili o negozianti di professione, erano interessati agli affari perché vivevano in città dove le grandi strade si incontravano. Stabilitisi presso il porto e l’area del mercato, essi agivano naturalmente da intermediari tra la corrente commerciale che attraversava la regione e l’economia delle campagne. La circolazione stradale aveva fatto sorgere […] i borghi mercantili e aveva inserito nella società rurale un corpo estraneo – la borghesia […]. Attraverso questa nuova classe progressivamente il movimento degli scambi penetra nel mondo dei signori e dei contadini. Non ci si può impedire, accostandosi alla storia dell’Europa occidentale alla metà del secolo XI, di pensare a una data. La data è il 1054, ed è quella di un avvenimento […] che ai contemporanei apparve senza dubbio come un semplice fatto di cronaca: la disputa fra il papa di Roma e il patriarca di Costantinopoli. Il pretesto sembra quasi futile, giacché la controversia riguardava soprattutto divergenze liturgiche […]. Nel 1054 i legati del papa […] depongono sull’altare di Santa Sofia a Costantinopoli una bolla di scomunica contro [il patriarca] Michele Cerulario e i suoi più importanti sostenitori […]. Il patriarca bizantino replica scomu- nicando gli inviati di Roma. Questa rottura non è una novità […]. Ma questa volta la separazione sarà non semplicemente duratura, bensì definitiva. […] Vi saranno, d’ora innanzi, due cristianità, una occidentale e l’altra orientale, ciascuna con un suo complesso di tradizioni e un proprio ambito geografico e culturale […]. Tagliati i legami con Bisanzio, la Cristianità occidentale si affretta ad affermare la sua individualità nuova. Significativamente, quello stesso cardinale Umberto che è andato a Costantinopoli a consumare la rottura è, presso la curia romana, l’animatore del gruppo che prepara la riforma gregoriana; il suo trattato adversos simoniacos, del 1057 o del 1058, denuncia attraverso «l’eresia simoniaca» l’eccessiva influenza dei poteri laici sulla Chiesa. Ispira la politica di papa Niccolò II che, in occasione del primo Concilio Lateranense nel 1059, promulga il decreto che riserva ai cardinali l’elezione del pontefice, sottraensola così alle pressioni dirette dei laici. L’imminente riforma gregoriana darà all’Occidente cristiano […] una direzione spirituale che a partire dalla fine del secolo si affermerà aggressivamente nelle Crociate, ufficialmente dirette contro l’infedele musulmano, ma che in realtà minacciano anche […] gli scismatici bizantini. J. Le Goff, Il Basso Medioevo, Milano, Feltrinelli, 1989 G. Duby, Una società francese nel Medioevo. La regione di Mâcon nei secoli XI e XII, Bologna, Il Mulino, 1985 Gli europei alle crociate: per affermare i diritti della fede e per espandere le proprie possibilità di progresso materiale (capitolo 3) I cistercensi rinnovano il monachesimo cristiano (capitolo 2) R. Fossier chiarisce il ruolo dei cistercensi e la figura di san Bernardo di Chiaravalle, e descrive il carattere del loro sforzo di rinnovamento della Chiesa. Questa appariva ai contemporanei coinvolta nelle lotte di potere con l’impero, ma anche sempre alle prese con la sua stessa ragione d’esistere: giustificare la propria autorevolezza morale e culturale presso una società che le attribuiva l’importanza di arbitro supremo anche nelle questioni politiche e nelle relazioni sociali. Lo sviluppo dell’ordine cistercense […] non si è realizzato al di fuori della regola benedettina; i monaci, al contrario, vogliono ristabilirne l’applicazione letterale: estrema povertà, semplicità dell’arredo, intenso lavoro manuale; si tratta di abolire la volontà individuale, di rinunciare a qualsiasi pernicioso contatto con gli altri uomini, di praticare la penitenza nel «deserto», di osservare la carità […]. Nessuna distinzione sociale, qui, e nessuna intesa con il secolo; per converso, nessun orgoglioso rifiuto di un controllo da parte della Chiesa secolare o del papa, nessun «imperio», ma un «capitolo generale» che riuni- va tutti gli abati e una volta all’anno promulgava le direttive […] A tutto ciò bisogna però aggiungere la straordinaria attività di san Bernardo. È a lui che si deve l’esplosione di fervore di cui l’ordine beneficiò per una generazione. Infaticabile difensore della fede militante e del dogma, ammonitore dei principi, predicatore da crociata, adoratore di Maria, filosofo mistico, guerriero di Dio, quest’uomo ardente di una febbre di persuasione svolse un ruolo capitale nel risveglio di una vitalità religiosa ancora incerta. Benché i suoi sermoni siano più quelli di un monaco-soldato che di un pastore di carità, benché abbia subissato di rimproveri il libero pensiero di Abelardo o la bontà di Pietro, abate di Cluny, benché abbia spesso scatenato furori con i suoi interventi insopportabili e brutali, quando morì nel 1153 l’opinione pubblica e il Papato non lasciarono passare un anno prima di canonizzarlo. L’ordine si diffuse molto rapidamente: La Ferté (1113). Pontigny (1114), Morimond e Clairvaux (1115), del quale san Bernardo divenne l’abate. Alla metà del secolo XIII i Cistercensi contavano circa quattrocento monasteri in tutto il mondo cristiano. Lo storico R.S. Lopez evidenzia la compresenza di motivi ideali e materiali nel sostegno e nella partecipazione alle crociate da parte di migliaia di europei dell’Occidente cristiano. Che durante le crociate vi sia stato un notevole progresso in molte direzioni, nessuno lo mette in dubbio. Ma di questo progresso le crociate furono la conseguenza, più che la causa. Influenze artistiche e letterarie, traduzioni filosofiche e scientifiche, idealismo religioso, scambi commerciali non presero le prime mosse con Goffredo di Buglione. La prima crociata sbocciò sul tronco della riforma gregoriana, nell’atmosfera arroventata delle denunce contro la corruzione del clero. Senza l’esperienza degli Italiani nel commercio e nella guerra navale, senza l’abbondanza dei combattenti in cerca di una bandiera causata dall’incremento demografico e dall’esuberanza politica della Francia, senza il prorompente vigore dell’Europa intera, le crociate sarebbero state inconcepibili. Esse accelerarono e ampliarono la ripresa di contatto col mondo orientale e offrirono agli occidentali un’esperienza preziosa in un campo dove più tardi avrebbero guadagnato ben altri allori: l’espansione e la colonizzazione di là dai mari. […] Come avvenne dunque che quelle crociate che i contemporanei non vollero mai chiamare altrimenti che «viaggi a Gerusalemme» o «passaggi in Terra Santa» (vale a dire pellegrinaggi) si trasformarono in guerre spietate? Il problema, posto che sia un problema, non merita i dibattiti che ha provocato tra gli storici recenti. È vano cercare di distinguere i motivi religiosi da quelli economici e politici: la maggior parte dei crociati non avrebbe saputo dire quale movente aveva il primo posto nel suo animo, e fu appunto il coincidere degli ideali con gli interessi che scatenò le crociate e le rese popolari. R.S. Lopez, La nascita dell’Europa, Torino, Einaudi, 1970 R. Fossier, Il risveglio dell’Europa (950-1250), Torino, Einaudi, 1984 88 © Loescher Editore – Torino © Loescher Editore – Torino 89 Unità 1 • Il Basso Medioevo Verso la Prima prova: tema di argomento storico 1 Ora che hai studiato il Basso Medioevo, completa la tabella in modo sintetico; poi, dopo aver raccolto le informazioni richieste, scrivi un breve testo, più analitico, che le metta in relazione. Argomento: Lo sviluppo delle città e la nascita dei Comuni (capitolo 1) Qual è l’ambito tematico di riferimento del fenomeno: politico-istituzionale, economico-sociale, filosofico-culturale o religioso? 5Nella vittoria di Legnano del 1176, l’esercito dei Comuni sconfisse: a i Normanni. bi Bizantini. c Papa Alessandro III. dFederico I di Svevia. 6 Erano anticlericali: a i Valdesi. bi Cluniacensi. c i Cistercensi. di Domenicani. Chi sono i protagonisti? 7 La battaglia di Las Navas de Tolosa avvenne nel: a 1054. b1073. c 1212. d1236. 8I tribunali dell’Inquisizione erano formati da una commissione di: a nobili. bcavalieri. c templari. dreligiosi. Verso il Colloquio orale: preparazione dell’argomento a scelta Dov’è iniziato il processo di sviluppo delle città? 3 Costruisci uno schema sul passaggio dalla rivoluzione agricola all’evoluzione della città (capitolo 1), usando anche i seguenti concetti. rotazione triennale • incremento demografico • sovrapproduzione • ripresa del mercato • commercio • borghesia Quando è iniziato? Per quanto tempo è durato? Verso il Colloquio orale: guida all’esposizione orale Quali sono le cause che lo hanno innescato? 4 Facendo riferimento alla traccia fornita qui di seguito, prepara una breve esposizione sulle crociate (capitolo 3), che potrai poi esporre oralmente. Quali sono, invece, le conseguenze della nascita dei Comuni? Papa come unica autorità per tutti i cristiani à Scisma d’Oriente Divisione della cristianità Reazione della cristianità occidentale alla presenza islamica in Europa à Reconquista à Progressiva cacciata degli Arabi dalla penisola iberica à Battaglia di Las Navas de Tolosa Prospettiva religiosa e politica della «guerra santa» Difesa delle basi europee in Asia à Sviluppo dei commerci Verso la Terza prova: quesiti a risposta multipla 2 Segna con una crocetta la risposta corretta. 1 Il sistema della rotazione triennale prevedeva: ala divisione in due parti del terreno e la coltivazione secondo cicli di tre anni. bla divisione in tre parti del terreno e la coltivazione secondo cicli di due anni. cla divisione in tre parti del terreno e la coltivazione secondo cicli di tre anni. dNessuna delle precedenti risposte è corretta. 2 Le Repubbliche marinare erano: a Amalfi, Pisa, Genova e Venezia. bPalermo, Pisa, Genova e Venezia. c Amalfi, Palermo, Genova e Venezia. dAmalfi, Pisa, Genova e Palermo. 90 © Loescher Editore – Torino 3 Facevano parte della borghesia: a i nobili. bgli ecclesiastici c gli artigiani. di contadini. 4 Il Dictatus papae sanciva: a la superiorità del potere temporale. bla superiorità del potere ecclesiastico. c la scomunica di Enrico IV. dil diritto di Ottone I di eleggere tutti i vescovi di Roma, compreso il Papa. Periodo delle crociate in Terrasanta Espansione dei Turchi nel Mediterraneo orientale à Conquista della Persia e dell’Iraq à Conquista dei territori bizantini in Siria e Asia Minore à Sconfitta dell’Impero bizantino a Manzikert Affermazione della superiorità della fede cristiana su quella islamica à Volontà di riconquista dei luoghi sacri alla fede cristiana à Spedizioni militari à Fondazione di regni feudali cristiani à Ordini religiosi cavallereschi Esito strategico delle crociate Diffusione di movimenti considerati eretici e reazione delle autorità ecclesiastiche Fallimento militare delle spedizioni à Rafforzamento della supremazia musulmana sul Mediterraneo orientale Decadenza morale del clero à Declino del prestigio papale in Occidente à Contestazione del potere e dello stile di vita del clero Opera degli ordini mendicanti à Tribunale dell’Inquisizione à Braccio secolare à Persecuzioni di eretici ed ebrei © Loescher Editore – Torino 91