Luigi Gallo Prostata senza segreti A cosa serve e perché si ammala Come curarla e mantenerla in forma www.protonutrizione.it DISCLAIMER Lo scopo di questo report è puramente informativo. Ad esso non può essere attribuito alcun valore diagnostico o prescrittivo. Esso non sostituisce in alcun modo i servizi e le raccomandazioni di un medico o terapeuta qualificato. L’autore Luigi Gallo, napoletano di nascita e pesarese di adozione, è stato uno dei pionieri negli anni '70 dell'alimentazione naturale in Italia e ha svolto un'intensa attività di insegnamento e divulgazione collaborando con enti pubblici, scuole e centri di ricerca. Attualmente si dedica prevalentemente allo studio dei nutrimenti selvatici primordiali di cui tratta, assieme a temi socio-culturali sul rapporto tra uomo, cibo e ambiente, nel suo blog www.protonutrizione.it Per quesiti e approfondimenti sull’argomento potete contattarlo qui 1 A cosa serve la prostata? Perché si ammala? Come si riconosce l’IPB? Come si cura? Ginnastica per la prostata A cosa serve la prostata? La prostata è un organo fibro-muscolare e ghiandolare, della forma di una castagna di circa 3-4 cm, che si trova sotto la vescica, davanti al retto (da cui il suo nome: “sta davanti”), è avvolta in una capsula fibrosa e circonda un tratto dell'uretra (il canale che porta l’urina verso il pene). Pesa in condizioni normali tra i 10 e i 20 g, ma sia volume che peso possono crescere fino a tre volte di più in caso di IPB (ipertrofia prostatica benigna). Il suo compito primario è produrre e immagazzinare il liquido seminale, uno dei costituenti principali dello sperma, fornendo componenti fondamentali alla sopravvivenza e alla qualità degli spermatozoi. La prostata svolge anche un ruolo immunitario proteggendo l’apparato genitale dalle infezioni attraverso la produzione di zinco, un potente disinfettante naturale. Per funzionare la prostata ha bisogno di ormoni maschili, detti androgeni; essi sono il testosterone, prodotto nei testicoli, il diidroepiandrosterone, prodotto dalle ghiandole surrenali, ed il diidrotestosterone (DHT), secreto dalla prostata stessa per azione di un enzima chiamato 5-alfa-reduttasi, lo stesso che permette lo sviluppo dei genitali maschili durante la vita fetale. Gli spermatozoi, le cellule riproduttrici dell'uomo, sono prodotti dal testicolo e successivamente convogliati verso l'epididimo, dove in circa 12 giorni (il tempo che impiegano ad attraversarlo) maturano e acquisiscono motilità. Superato l’epididimo, gli spermatozoi entrano in un tubulo chiamato dotto deferente che dallo scroto (la sacca in cui alloggiano i testicoli) si dirige in alto verso la vescica. Qui i due dotti (uno per ogni testicolo), s’incurvano e si dilatano formando un sacco chiamato ampolla che a sua volta si unisce ai dotti di altri due organi, le vescicole seminali, formando i dotti eiaculatori. Questi ultimi scorrono all’interno della ghiandola prostatica e raggiungono l’uretra. Prima di entrare all’interno dei dotti eiaculatori, gli spermatozoi hanno una capacità limitata di muoversi ma al momento dell’eiaculazione, la loro motilità si accresce grazie 1 al fluido seminale. Nuotando nel seme, essi acquistano vigore ed energia e vengono trasportati verso l’esterno durante l’eiaculazione. Va tenuto presente, per comprendere le possibili interazioni legate al funzionamento della ghiandola prostatica, che liquido spermatico e urina seguono la stessa via poiché l’uretra nell’uomo, al contrario della donna, è comune sia all'apparato escretore che a quello genitale. Perché si ammala? Avere una prostata sana e in forma è ciò che ogni uomo desidera. Nessuno vuole subire gli spiacevoli fastidi che comportano l’infiammazione o un ingrossamento della ghiandola, per non parlare delle limitazioni e del dolore causati da disfunzioni o patologie più importanti come l’iperplasia e le prostatiti che affliggono purtroppo milioni di persone. Le patologie prostatiche possono presentarsi ad ogni età. Tuttavia, mentre le prostatiti (infiammazioni) colpiscono prevalentemente nella fascia di età che va dai 20 ai 50 anni, l'ipertrofia (ingrossamento) e il tumore alla prostata si riscontrano con maggiore frequenza a partire dai 50 anni in poi. L'ipertrofia prostatica benigna (IPB), o adenomiofibroma della prostata, è la più frequente delle patologie che colpiscono questa ghiandola e si riscontra in particolare dopo i 50-60 anni. Ne sono interessati 14 italiani su 100, superati i cinquant’anni, con medie che vanno dal 5% attorno ai 40 anni, fino all'80 % tra 70 e 80 anni e percentuali che si avvicinano al 90 % negli uomini sopra gli 85 anni. L’IPB consiste in un ingrossamento della prostata, la quale comprime e distorce l'uretra, producendo un’ostruzione che rende difficoltoso il flusso di urina all'esterno. 2 In realtà non si tratta di un’ipertrofia, cioè dell’aumento di volume delle singole cellule o tessuti, bensì di un’iperplasia, seppur benigna, ovvero dell’aumento del numero delle cellule nella zona centrale della prostata, quella a diretto contatto con l’uretra, che però rimane circoscritto e non si diffonde ad altri organi come nel caso di una neoplasia maligna (cancro della prostata). L'espansione della ghiandola può causare una serie di sintomi spiacevoli o anche dolorosi come difficoltà ad urinare, dolore durante la minzione ed impotenza, a causa della compressione esercitata sull’uretra che interferisce con l’eiaculazione. In dipendenza dell’entità del problema, anche la funzione intestinale può venire alterata o compromessa. La medicina non è ancora in grado di spiegarne le cause, ma individua tra i possibili fattori implicati nel fenomeno: 1. le variazioni dell’assetto ormonale in rapporto all’andropausa, vale a dire la riduzione del testosterone e l’aumento del tasso di estrogeni. Questo sbilanciamento favorirebbe l’aumento della componente fibro-muscolare della prostata ricca di recettori per gli estrogeni; 2. l’incremento dell’attività della 5-alfa-reduttasi che accelera la degradazione del testosterone in DHT (diidrotestosterone), metabolita attivo sulle cellule della ghiandola prostatica, di cui contribuisce ad accrescere il numero con conseguente aumento delle dimensioni dell’organo. I cambiamenti ormonali costituiscono però solo una variabile e non giustificano di per sé la patologia. Essi inoltre non si presentano con la stessa modalità in tutti gli uomini né hanno un’età prestabilita. Possiamo ad esempio riscontrare un malfunzionamento dei recettori ormonali per gli androgeni già a 40 anni oppure trovare ottuagenari ancora fertili e in ottima forma. Un’importante causa predisponente è la progressiva perdita di elasticità della prostata dovuta a infiammazioni per lo più silenti o trascurate che determinano la formazione di tessuto fibrotico nella ghiandola. Se sono presenti problematiche intestinali (costipazione, colite, candidosi ecc.) possono svilupparsi infezioni batteriche che causano prostatiti, raramente diagnosticate, le quali tendono a cronicizzarsi aprendo la via allo sviluppo dell’iperplasia prostatica negli anni a venire. Dal retto i germi patogeni raggiungono il tessuto prostatico per via linfatica o transparietale. Per questo motivo l’eubiosi, cioè la pulizia e l’equilibrio della flora 3 batterica intestinale, è fondamentale nella prevenzione e nel trattamento dei problemi alla prostata. Ciò si ottiene con una corretta alimentazione e supplementi probiotici (fermenti lattici) di qualità. Negli ultimi decenni c’è stato un notevole incremento di prostatiti anche a causa degli stili di vita urbani, l’inquinamento ambientale e scorrette abitudini personali. Tra queste possiamo elencare: stress Fumo abuso di alcool, zucchero, grassi idrogenati vita sedentaria lunghi viaggi in auto o moto eccesso di droghe o farmaci attività sessuale a rischio Infine, l’aumento dei casi di ipertrofia prostatica è imputabile all’impiego crescente di prodotti chimici sintetici e di ormoni steroidei nell’agricoltura e nell’allevamento. Il rigonfiamento della prostata porta alla compressione e al restringimento del lume dell’uretra rendendo difficoltosa sia la minzione che l’eiaculazione, in quanto lo sperma passa attraverso lo stesso vaso (tubicino) in cui scorre l’urina, e col tempo può creare danni anche alla vescica e ai reni. Oltre alle malattie infiammatorie (prostatiti) e all’ipertrofia prostatica benigna, la ghiandola può andare incontro a tumori, come l’adenocarcinoma prostatico. Come si riconosce l’IPB? I primi sintomi che inducono a sospettare un ingrossamento della ghiandola sono quasi sempre legati alla difficoltà ad urinare. Il medico di base può utilizzare il Quick Prostate Test, messo a punto dagli esperti della Società Italiana di Urologia, che consiste in tre domande che tengono conto dei tre principali sintomi e disagi dell’IPB (ipertrofia prostatica benigna): 1. Nell’ultimo mese si è alzato almeno due volte a notte per urinare, da quando va a letto la sera, fino a quando si alza al mattino? (NICTURIA) 4 2. Nell’ultimo mese ha avuto più volte difficoltà a trattenere l’urina nell’arco della giornata? (URGENZA) 3. Nell’ultimo mese ha mai la sensazione di non riuscire a svuotare completamente la vescica? (DISURIA) Una risposta positiva anche ad una sola di queste tre domande, dovrebbe mettere in guardia il medico sulla possibilità che il paziente sia affetto da IPB. Nel caso potrà indirizzarlo ad una visita urologica, per accertare la reale presenza di una ipertrofia prostatica e non altre patologie (ad es. calcoli della vescica, prostatite, tumore). La visita urologica inizia solitamente con l'esplorazione rettale: trovandosi dietro il retto, a circa 3 cm dall'ano, la ghiandola può essere toccata infilando un dito per verificarne il volume e le dimensioni. Se il medico lo ritiene necessario può richiedere anche esami strumentali come l’ecografia transrettale che può rivelare la presenza di neoplasie, ingrossamenti o infiammazioni. In base ai risultati di questi controlli, l'IPB potrà essere classificata in ipertrofia lieve, moderata o severa. Altri esami che vengono svolti sono l’esame delle urine con eventuale urinocoltura (per accertare la possibile presenza di una infezione delle vie urinarie) e l’uroflussimetria che registra la pressione del getto urinario, la sua forza e il suo volume in un recipiente predisposto al fine di individuare, mediante l’analisi di una curva di flusso, se sono presenti ostruzioni che ostacolano il deflusso dell'urina all'esterno oppure problemi al detrusore (il muscolo della vescica). Tra gli esami ematochimici sono abitualmente prescritti quelli atti a valutare la funzionalità renale e il dosaggio del PSA (acronimo inglese per antigene prostatico specifico), un enzima prodotto dalle cellule della prostata la cui funzione fisiologica è quella di mantenere fluido il liquido seminale dopo l'eiaculazione, permettendo agli spermatozoi di muoversi più facilmente attraverso la cervice uterina. Esso risulta generalmente aumentato in caso di malattie prostatiche. Dopo i 50 anni viene consigliato a tutti gli uomini di sottoporsi a allo screening oncologico per la diagnosi precoce del tumore della prostata. I test includono una visita urologica con esplorazione rettale e il dosaggio del PSA. 5 Il riscontro di alti livelli di PSA non è però sufficiente per porre diagnosi di tumore alla prostata, specie negli uomini più anziani. Solamente il 30% dei pazienti sottoposti a biopsia prostatica (dopo riscontro di PSA elevato) risulta positivo, mentre un quarto dei soggetti portatori di cancro alla prostata non mostra significativi aumenti del PSA. Marcatori più affidabili sono la Sarcosina, un fattore biologico, o il PCA3, un gene specifico per la prostata. Maggiore è la loro quantità presente nel campione di urina e più alte sono le probabilità della presenza di un tumore. Una volta effettuata la diagnosi, a seconda della gravità dei sintomi e della presenza o meno di complicanze, il medico potrà optare per scelte terapeutiche diverse. Come si cura? Il trattamento convenzionale dell'ipertrofia prostatica benigna prevede l'utilizzo di farmaci anti-prostatici e anti-litici nei casi più lievi fino all'intervento chirurgico nei casi più gravi. Per alleviare i sintomi si utilizzano gli alfa-litici (alfuzosina, terazosina, tamsulosina), detti anche alfa-bloccanti, che rilassano la muscolatura della prostata e del collo vescicale aumentando la portata del flusso urinario, e gli inibitori della 5-alfareduttasi, come la finasteride e la dutasteride, che bloccano la produzione di DHT e contrastano l’aumento di volume della ghiandola. Le attuali linee guida internazionali per il trattamento dell’IPB, raccomandano la terapia mediante l’associazione dei due farmaci in tutti i pazienti con sintomi urinari da moderati a gravi, che presentino un elevato rischio di progressione (con prostata di dimensioni > 30 cc, PSA > 1.5 ng/ml). Possono, come tutti i farmaci, avere effetti indesiderati. Per gli alfa-litici sono riportati con una certa frequenza sonnolenza, astenia, ipotensione, ma anche depressione, cefalea, rinite, diarrea ed eiaculazione retrograda (si verifica quando lo sperma viene eiaculato non all'esterno ma in vescica). Per gli inibitori della 5-alfa-reduttasi sono stati evidenziati: orticaria, esantema, prurito, gonfiore di labbra e volto, ingrossamento della mammella, dolore testicolare e, in particolare nel caso della finasteride, carcinoma alla mammella, nonché impotenza e diminuzione della libido. 6 Alcuni sono perciò costretti ad interromperne l’assunzione e laddove la terapia farmacologica fallisce può rendersi necessario, in casi gravi di ipertrofia prostatica, un trattamento chirurgico. L’asportazione della prostata (prostatectomia) viene effettuata sia con tecnica tradizionale, detta a cielo aperto, che laparoscopica in cui sottili strumenti chirurgici vengono introdotti assieme a una microtelecamera attraverso piccoli fori incisi nella parete addominale. Ma anche questo approccio può risultare fallimentare. C’è il rischio infatti dopo l’operazione di perdere il controllo urinario (incontinenza) e di diventare impotenti. In circa il 20% dei casi la formazione di tessuto prostatico aggiuntivo rende necessario un secondo intervento chirurgico. Ulteriori rischi possono essere la perdita della fertilità, l’eiaculazione retrograda e la stenosi uretrale (restringimento del canale urinario). È perciò importante che il medico abbia a disposizione, soprattutto in ambito preventivo o nelle fasi iniziali della malattia, valide alternative nel trattamento dell’IPB che siano di provata efficacia e prive di effetti indesiderati. Tra gli interventi non farmacologici, innanzitutto vengono suggeriti cambiamenti nello stile di vita e alcune attenzioni quotidiane che aiutano a tenere sotto controllo i sintomi: bere abbondantemente durante il giorno (almeno un litro e mezzo o due di acqua) per favorire le funzioni renali e limitare il rischio di stagnazione dei liquidi nell'area prostatica; cercare di svuotare completamente la vescica ogni volta che si va in bagno, ad esempio urinare stando seduti; ridurre le bevande alcoliche e le spezie che possono provocare l'insorgenza di stati infiammatori; alimentarsi in modo sano prediligendo una dieta ricca di vitamine e povera di grassi, sale e zuccheri per non appesantire i reni e prevenire stasi e congestioni nell’area urogenitale; limitare l'assunzione di liquidi alla sera, per ridurre il bisogno di alzarsi la notte per urinare; evitare lo stress che favorisce processi ossidativi che danneggiano la ghiandola e la formazione di acidi urici in eccesso che possono irritare l’uretra; combattere la sedentarietà (l'inattività provoca ritenzione urinaria). 7 I rimedi naturali che vengono utilizzati per la protezione e la prevenzione delle malattie prostatiche sono nutraceutici (alimenti o loro estratti con proprietà terapeutiche) e fitologici (piante medicinali). Possono costituire una valida alternativa ai farmaci nei primi stadi dell’IPB oppure, nei casi più gravi, un utile supporto fisiologico alla terapia medica. In particolare sono consigliati: o alimenti a base di soia (fagioli, germogli, tofu, shoyu, miso, tempeh) che contengono isoflavoni, inibitori naturali del DHT (metabolita del testosterone coinvolto nell’accrescimento della ghiandola prostatica). È stato visto che nei paesi asiatici, dove la soia è consumata abitualmente, ci sono pochissimi casi di prostatite o tumore alla prostata; o semi e olio di zucca, ricchi anch’essi di isoflavoni e di zinco, un minerale-traccia contenuto in alta quantità (più che in ogni altra parte del corpo) nella prostata. La sua carenza è collegata sia ai disturbi della prostata che a quelli della sessualità e fertilità maschile; o sostanze antiossidanti, che combattono l’eccesso di radicali liberi responsabili dell’invecchiamento e della degenerazione cellulare, come tè verde, vitamine C ed E, carotenoidi tra cui in particolare il licopene di fonte vegetale specialmente attivo nel proteggere l’integrità della prostata, il coenzima Q10 (una molecola presente nei mitocondri essenziale per la vitalità delle cellule, che si riduce progressivamente con l’età) e le AFA-ficocianine, estratte dalle microalghe selvatiche, rivelatesi in studi recenti il più potente antiossidante naturale conosciuto; o supplementi probiotici, cioè bifidobatteri e lattobacilli ad alta carica vitale, che promuovono l’eubiosi intestinale contrastando gli agenti patogeni che possono attaccare la prostata; o prodotti contenenti enzimi vegetali, come la proteasi fungale, che sono ottimi immunomodulanti e antinfiammatori naturali; o Le bacche di Palma nana, Serenoa repens, una pianta tradizionalmente utilizzata dai nativi americani per decongestionare le vie urinarie, accrescere la libido e curare le disfunzioni erettili, il cui estratto produce sensibili miglioramenti in caso di IPB grazie alla sua capacità di bloccare lo specifico enzima che causa l’ingrandimento della prostata; o La radice di ortica, Urtica urens, i cui componenti attivi (fitosteroli e lignani) proteggono dalle infiammazioni dell’apparato urogenitale e sono in grado di contrastare l’iperplasia prostatica grazie all’azione di riequilibrio ormonale sul rapporto androgeni/estrogeni. 8 Ginnastica per la prostata La prostata è un ghiandola posta in una posizione in cui vi è poco scambio dei liquidi organici (sangue e linfa). Ciò produce facilmente accumulo di tossine e ristagno di energia. Per dinamizzare l’area perineale (quella che va dai genitali all’ano), attivare la circolazione e aiutare la prostata, la vescica e il retto a mantenersi in forma è importante eseguire esercizi che stimolino e rafforzino i muscoli collocati alla base del perineo (pavimento pelvico). Gli esercizi andrebbero eseguiti, ciascuno per 10 volte, un paio di volte al giorno. Si può partire da 3-5 volte e aumentare gradualmente. Una volta allenati si possono eseguire più ripetizioni, es. 10 sollevamenti, riposare 10 secondi, 10 sollevamenti ecc. Si possono svolgere, fatte salve eventuali controindicazioni mediche, a ogni età regolando ampiezza e intensità in base alla propria condizione e stato di salute. Disteso sul dorso con le gambe piegate, sollevare il bacino lentamente verso l’alto, restare in posizione contando fino a tre e ridiscendere lentamente. Ripetere 10 volte, fare una pausa di 10 secondi e poi eventualmente ricominciare con un’altra serie o passare al prossimo esercizio. In ginocchio con le braccia piegate, sollevare lentamente il bacino estendendo le gambe, contare fino a tre e ridiscendere sempre lentamente. Ripetere 10 volte, fare una pausa di 10 secondi e poi eventualmente ricominciare con un’altra serie o passare al prossimo esercizio. 9 Appoggiare la schiena al muro tenendo le gambe circa mezzo metro avanti e separate tra loro quanto la larghezza delle anche. Scivolare lentamente verso il basso fino a formare un angolo di circa 90° con le gambe, contare fino a tre e risalire lentamente. Ripetere 10 volte, fare una pausa di 10 secondi e poi eventualmente ricominciare con un’altra serie. Gli esercizi vanno eseguiti con calma e concentrazione, senza forzare o spingersi oltre le proprie possibilità. Se inizialmente ci è difficile raggiungere la posizione finale o mantenerla, arriviamo fin dove riusciamo e teniamola per un tempo più breve. L’esecuzione si perfezionerà col tempo e l’allenamento, intanto cominceremo ad avvertire i benefici. * * 10 *