L`apparato genitale. Patologia della prostata. La prostata è un

L’apparato genitale.
Patologia della prostata.
La prostata è un organo ghiandolare dell'uomo posto al di sotto della vescica attorno al tratto
iniziale dell'uretra ed è parte integrante dell'apparato genitale; proprio questo suo collocarsi alla
confluenza fra l'apparato urinario e genitale rende conto dei disturbi della minzione ad essa
correlati.
La sua forma è stata paragonata a quella di una castagna mentre il volume e il peso variano con
l'età, oscillando intorno ai 20 grammi tra i 20 e 25 anni e i 30/60 intorno ai 70 anni.
La secrezione di questa ghiandola, unitamente a quella delle vie seminali e agli spermatozoi
prodotti dai testicoli, va a costituire lo sperma.
Col passare degli anni la prostata va incontro a modificazioni fisiologiche e può essere interessata
da patologie infiammatorie (prostatiti), degenerative (ipertrofia prostatica benigna) e tumorali
(carcinoma prostatico).
Le prostatiti sono di più frequente riscontro in età giovanile raggiungendo la massima incidenza
nella terza-quarta decade di vita. Possono avere un andamento acuto o cronico ed essere sostenute
da microrganismi batterici o riconoscere una causa diversa. Alcuni fattori di ordine generale (come
abitudini di vita, abuso di alcolici e cibi piccanti, attività sessuale sregolata) o locali come
microtraumi peritoneali (ciclismo, equitazione, lunghi viaggi in auto o in moto) possono contribuire
all'insorgenza e al mantenimento dell'infiammazione della prostata.
L' approccio diagnostico e terapeutico a queste forme non è sempre agevole, peraltro adeguate
terapie antinfiammatorie ed antimicrobiche associate a norme igienico comportamentali conducono
generalmente a guarigioni definitive.
L'ipertrofia prostatica benigna è una delle malattie più frequenti dell'uomo anziano e consiste in un
aumento di volume dell'organo per una crescita dei tessuti che la compongono. Non è ancora
definito se ciò sia da considerare una naturale conseguenza delle modificazioni ormonali correlati
con il processo dell'invecchiamento, oppure una malattia conseguente a molteplici fattori di diversa
natura.
La crescita del tessuto prostatico, che per verificarsi ha bisogno della presenza degli ormoni
maschili, inizia al di sotto dei 30 anni per proseguire fino verso i 70, in modo variabile da persona a
persona.
Studi istologici hanno evidenziato come il 50% degli uomini al di sopra dei 60 anni presenti tessuto
prostatico ipertrofico (cioè ingrossato), con punte oltre il 90% dopo gli 80 anni; in circa la metà di
questi pazienti si avrà una prostata ingrossata alla palpazione.
L'aumento di volume della prostata può restare clinicamente silente (cioè passare del tutto
inosservato), per cui siamo di fronte ad un quadro esclusivamente di tipo anatomopatologico,
destinato a rimanere tale in circa un quarto della popolazione maschile al di sopra dei 60 anni.
Non sono finora sicuramente dimostrati fattori di rischio specifici o di predisposizione familiare e
pertanto non esiste al momento una prevenzione primaria della malattia. L'aumento di volume della
prostata determina una compressione e uno stiramento del condotto uretrale che la attraversa,
causando così una ostruzione meccanica al passaggio dell'urina. I fenomeni poi di congestione e di
infiammazione concomitanti determinano inoltre un aumento del tono della muscolatura liscia del
collo vescicale e dell'uretra prostatica che è responsabile della ostruzione dinamica.
Queste due componenti, che possono essere presenti in misura diversa, sono responsabili del grado
di ostruzione complessiva e quindi della difficoltà ad urinare.
L’ipertofia benigna e il carcinoma della prostata si manifestano spesso con sintomi identici e
talvolta sfumati; perciò ogni paziente prostatico deve essere sempre valutato tenendo ben presenti
entrambe queste patologie.
Dal punto di vista clinico la sintomatologia dell'ipertrofia prostatica viene divisa in tre stadi.
In una prima fase compaiono segni di tipo irritativo quali l'aumentata frequenza di giorno e di notte
(pollachiuria) e la minzione imperiosa.
Il secondo stadio, detto della ritenzione incompleta, è caratterizzato dall'ostacolo alla evacuazione
totale dell'urina. I sintomi predominanti sono la difficoltà e il ritardo ad iniziare la minzione con
necessità della contrazione dei muscoli addominali (disuria); il calibro e la forza del getto urinario,
prolungato nel tempo, si riducono accompagnandosi a uno sgocciolamento perdurante alla fine
dell'atto; talora è presente una minzione in due tempi con la sensazione da parte del paziente di uno
svuotamento incompleto della vescica.
Il terzo stadio è contraddistinto dal riscontro di una distensione vescicale con ritenzione cronica di
urina, minzione cosiddetta per rigurgito, spesso complicata da infezione urinaria recividante, da
ematuria (cioé il sangue nelle urine) e nei casi avanzati da idronefrosi (cioè dilatazione patologica
delle cavità renali conseguente ad ostacolato deflusso di urina) e conseguente insufficienza renale. I
sintomi e i reperti oggettivi progrediscono costantemente, anche se non in modo lineare, per cui
periodi di remissione possono alternarsi a periodo di riacutizzazione.
Da un punto di vista diagnostico l'esplorazione rettale, il primo esame da effettuare, è una indagine
semplice e non dolorosa e resta tutt'ora la più affidabile, se praticata dallo specialista.
L'ecografia, in particolare quella effettuata con una sonda transrettale, consente uno studio accurato
della ghiandola ed è utile guida nel prelievo di piccoli frammenti per l'esame istopatologico da
eventuali zone prostatiche sospette.
Anche un semplice esame del sangue come il dosaggio di una proteina prodotta dalla prostata il
PSA (Antigene Specifico Prostatico) che, in genere è più elevato nel carcinoma, può svelare
precocemente una eventuale degenerazione della ghiandola. Questo test va usato con cautela, in
casi selezionati. Poiché infatti non è abbastanza sensibile e specifico da essere impiegato per lo
screening del tumore della prostata è raccomandabile fare l'esame solo se c'è il sospetto di un
tumore o se esiste nella famiglia il riscontro di casi precedenti della neoplasia. In questo caso il test
mantiene tutta la sua utilità per una diagnosi tempestiva.
Il PSA (Antigene Prostatico Specifico) è una glicoproteina presente nel sangue. È presente nel
tessuto prostatico normale sia ipertrofico (cioè aumentato di volume) che neoplastico. La si può
trovare sia in forma libera che legata all’alfa1-antichimotripsina.
A cosa serve. La quantità di questo antigene presente nel sangue tende ad aumentare in presenza di
qualsiasi malattia della prostata in evoluzione, maligna o benigna che sia. Valori compresi tra 20 e
30 ng/ml si rilevano in presenza dl un adenoma, mentre valori ancora superiori possono rendere
probabile l'ipotesi di un carcinoma della prostata. Ai fini di una corretta valutazione clinica è
interessante valutare il rapporto tra il PSA Totale e il PSA libero che deve essere minore di 0,20%.
Associato ad altri esami strumentali è un utile test di conferma nel caso dl tumori alla prostata.
Utile nel controllo dell'evoluzione postoperatoria per la determinazione di eventuali recidive o
metastasi e per controllare l'andamento delle terapie. Infatti, il PSA trova utilissimo impiego per
cogliere la progressione della malattia prima che si registrino variazioni cliniche di rilievo e per
segnalare l'eventuale ripresa della malattia in corso di terapia. Il PSA infatti aumenta se la malattia
va avanti, diminuisce se la malattia regredisce, rimane oscillante quando la malattia è controllata
dalla terapia. Livelli misurabili di PSA dopo prostatectomia (cioè dopo asportazione della prostata)
radicale stanno a indicare la presenza di malattia residua.
Come si svolge l'esame. L'esame si svolge attraverso un prelievo di sangue. È bene evitare
accuratamente il dosaggio dopo manovre quali possono essere massaggi prostatici, esplorazioni
rettali o procedure strumentali endoscopiche.
I risultati normali dovrebbero essere inferiori a 2,5 ng/ml, ma il valore normale varia in funzione
dell'età e delle dimensioni della prostata.
Il rapporto tra il PSA libero e il PSA Totale va considerato dubbio tra 10 e 20, patologico se minore
di 10 e segno di un'ipertrofia prostatica benigna se superiore a 20. Esistono interferenze in caso di
patologie anche benigne come l'ipertrofia della prostata, anche se in questi casi difficilmente il PSA
aumenta fino a superare valori di 10 ng/ml. E' importante ricordare che i valori delle analisi cliniche
possono essere assai diversi a seconda della metodica utilizzata.
Un ulteriore semplice esame, la flussometria, che valuta la forza e il volume del getto urinario,
permette di quantificare il grado di ostruzione che la ghiandola prostatica crea al passaggio
dell'urina.
Attualmente sono disponibili farmaci che incidono sulla componente dinamica dell'ostruzione,
migliorando il flusso, mentre altri, intervenendo sui meccanismi di crescita della prostata possono
determinare anche una riduzione del volume della ghiandola.
Sulla base della valutazione del singolo paziente la terapia chirurgica può essere attuata per via
endoscopica (ad esempio resezione endoscopica o laser terapia) oppure mediante l'esecuzione di un
intervento tradizionale. Resta a tutt'oggi la scelta di elezione in tutti quei pazienti con ostruzione
urinaria marcata e sintomatologia resistente alle terapie mediche oppure nei casi complicati da
calcolosi (cioé calcoli nella vescica), diverticoli vescicali, ritenzione cronica di urina, idronefrosi,
infezioni ricorrenti. L'intervento risolve l'ostruzione ma determina quasi sempre la scomparsa della
normale eiaculazione, in quanto il seme non è più emesso all'esterno ma nella vescica, per essere
poi espulso insieme all'urina. Ne deriva una condizione di infertilità ma non una riduzione della
potenza sessuale, che anzi talvolta può risultare incrementata, soprattutto nei pazienti che
presentavano un quadro clinico particolarmente severo.
Il carcinoma della prostata, pur essendo di raro riscontro al di sotto dei 60 anni, rappresenta per
incidenza la prima neoplasia e la seconda causa di morte neoplastica nell'uomo, dopo il cancro del
polmone, per diventare poi la prima al di sopra dei 65 anni. La sua incidenza è destinata ad
aumentare con l'allungamento della vita media. Sono ritenute importanti cause familiari e razziali
E' tuttora controverso il rapporto con l'ipertrofia prostatica benigna. Dal punto di vista clinico
inizialmente può essere del tutto asintomatico o manifestarsi con sintomi di prostatismo,
sovrapponibili ad altre affezioni della prostata e, successivamente con segni di tipo ostruttivo.
Talora la malattia può esordire con dolori ossei legati alla diffusione metastatica.
Ancora oggi una corretta ed accurata esplorazione rettale è alla base della sua diagnosi.
La determinazione del PSA e l'esame ecografico integrato dall'accertamento bioptico costituiscono
le successive e irrinunciabili tappe dell'iter diagnostico. Gli altri esami quali TAC, scintigrafia
ossea ed RX torace risultano indispensabili per una accurata valutazione dello stadio della malattia.
Come per ogni neoplasia sono di importanza fondamentale la diagnosi precoce e la prevenzione
secondaria nella popolazione a rischio, quali sono gli uomini sopra i 50 anni.
Purtroppo ancora oggi l'identificazione della malattia avviene in molti casi in uno stadio avanzato,
o costituisce un reperto istologico casuale in soggetti sottoposti ad intervento chirurgico per
ipertrofia prostatica benigna. Va inoltre ricordato che tutti coloro i quali sono stati sottoposti ad
asportazione dell'adenoma prostatico hanno lo stesso rischio di sviluppare il carcinoma dei soggetti
non operati di pari età e pertanto devono effettuare anch'essi controlli periodici. Infatti il tumore si
sviluppa di solito nella pro stata periferica, che non viene asportata con l'intervento, che rimuove
invece solo la parte centrale della ghiandola.
Vi è la possibilità di ottenere, nei pazienti con neoplasia localmente circoscritta, guarigioni
complete a seguito di un trattamento radicale chirurgico e/o radioterapia. Nei casi avanzati o con
metastasi è indicata una terapia ormonale sistemica o l'asportazione dei testicoli, con ottime risposte
cliniche e lunghe sopravvivenze con buona qualità di vita.