A Federico Allemand, Alessandro Allemand Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale Copyright © MMXII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: luglio Indice Premessa Introduzione Capitolo I L’EEG neonatale Capitolo II L’EEG convenzionale (cEEG) .. Tecnica di registrazione, – .. Artefatti, . Capitolo III Aspetti maturativi .. Maturazione dell’EEG, – .. Organizzazione del sonno, – .. Reattività, – .. Applicazioni pratiche , . Capitolo IV L’EEG neonatale patologico .. L’eeg patologico del neonato a termine, . Capitolo V L’EEG patologico del neonato pretermine Capitolo VI Valore prognostico dell’EEG neonatale Capitolo VII L’EEG in patologia neurologica neonatale .. Le convulsioni neonatali , – .. Encefalopatia ipossico–ischemica , – .. Emorragie intracraniche , – .. L’EEG nelle infezioni del Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale SNC, – .. Malformazioni cerebrali e anomalie cromosomiche, – .. Disturbi metabolici , – ... Errori congeniti del metabolismo , – ... Alterazioni metaboliche transitorie, . Capitolo VIII L’ aEEG (CFM) .. Errori e avvertenze, – .. aEEG e le convulsioni neonatali, . Capitolo IX Encefalopatia ipossico–ischemica emorragia intracranica e aEEG .. Emorragia intracranica GMH–IVH e aEEG, – .. Conclusioni, . Capitolo X Nuove applicazioni dell’EEG neonatale .. Assistenza al neonato con encefalopatia ipossico–ischemica (EII) tramite trattamento ipotermico, – ... Incidenza dell’EII, – ... Meccanismi patogenetici del danno cerebrale ipossico–ischemico, – ... Raffreddamento cerebrale, – ... Compiti del centro di riferimento di – livello , . Conclusioni Appendice illustrativa Bibliografia Premessa La decisione di scrivere un nuovo piccolo manuale pratico di EEG neonatale è maturata a seguito dell’utilizzo tuttora frequente di questo antico mezzo diagnostico. Se fino agli anni del XX secolo era praticamente il solo strumento a disposizione del neurologo e del neonatologo per lo studio del sistema nervoso centrale (S.N.C.) del neonato, ancora oggi, nonostante l’esplosione delle neuroimmagini e delle indagini di laboratorio, ha conservato intatto il suo valore diagnostico e prognostico, sia nel neonato a termine e pretermine che nel lattante, rimanendo così uno dei pilastri fondamentali della neurologia dello sviluppo. D’altra parte, sono tuttora molto pochi gli elettroencefalografisti che si sono dedicati in particolare a questa età della vita e si vedono ancora troppo spesso tracciati EEG neonatali interpretati come se fossero di bambini più grandi o addirittura di adulti. Tutti questi motivi ci hanno fatto ritenere ragionevole fare di nuovo il punto su questo argomento. La gran parte dei dati di normalità e di patologia sono stati studiati mezzo secolo fa, ma la possibilità successiva di confrontare i dati neurofisiologici con quelli neuroanatomici oltre che con la clinica ha affinato ulteriormente le nostre conoscenze sull’EEG in particolare e sulla neurologia neonatale in generale. Speriamo che questo nostro lavoro risulti utile per neonatologi, neuropsichiatri infantili, pediatri e tecnici di neurofisiologia e che contribuisca a migliorare le loro conoscenze in un ambito tuttora di nicchia e poco frequentato. Introduzione La conservazione dell’integrità del sistema nervoso centrale è un compito primario della terapia intensiva neonatale (TIN), soprattutto in questo periodo storico caratterizzato dalla sopravvivenza anche di neonati estremamente gravi o estremamente prematuri. Gli sforzi spesso eroici per far sopravvivere tali neonati devono mirare ovviamente anche a ridurre al minimo la morbilità successiva, quella neurologica in particolare. A tale scopo si stanno ora utilizzando nuove modalità di approccio terapeutico quali il cooling che impongono un monitoraggio continuo anche della attività elettrica cerebrale, strumento indispensabile per valutare la funzione del cervello e gli effetti delle terapie. Rimane inoltre inalterato il grande valore prognostico soprattutto dell’attività di base dell’EEG convenzionale valore conosciuto ormai da quattro decenni. La neurofisiologia neonatale, che negli ultimi anni era stata oscurata dall’uso sempre più intensivo della diagnostica per immagini, ecografia transfontanellare e RMN (risonanza magnetica nucleare) cerebrale in primis, ha riacquistato così un ruolo decisivo, tale da imporre a tutti i neonatologi una conoscenza almeno sufficiente delle diverse metodiche di monitoraggio bioelettrico, modalità non invasive e atraumatiche, utili sia nei nati a termine che nei pretermine (Lamblin –André ). Scopo di questo libro è proprio quello di fornire, non solo ai neurologi e ai neuropsichiatri infantili, ma a tutti i neonatologi e a tutti i tecnici neurofisiopatologi, gli strumenti basilari per un utilizzo corretto e fruttuoso soprattutto dell’EEG convenzionale (cEEG) e dell’aEEG o CFM (cerebral function monitor), conoscendone le specificità tecniche, i limiti, le caratteristiche maturative di normalità e le principali caratteristiche patologiche (Neubauer ). Verranno inoltre trattate le principali patologie neurologiche neonatali e in dettaglio verrà considerato l’apporto che la neurofisiologia può dare per la comprensione della loro fisiopatologia, per la diagnosi Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale e per il controllo della terapia. La trattazione riguarderà soprattutto la convulsività neonatale, l’encefalopatia ipossico–ischemica, le emorragie intracraniche, le infezioni del SNC e le patologie malformative e metaboliche. Come esempio delle nuove frontiere dell’EEG neonatale si parlerà rapidamente delle metodiche di prevenzione del danno cerebrale mediante ipotermia e del ruolo che in questo ambito gioca il monitoraggio EEG. La bibliografia è ancora in gran parte quella storica della seconda metà del ‘ da cui non si può assolutamente prescindere perché tuttora valida ed è stata integrata con le novità di questi ultimi decenni sia quelle strettamente neurofisiologiche che quelle cliniche. Capitolo I L’EEG neonatale La neurologia neonatale negli ultimi due decenni è stata dominata dalla diagnostica per immagini, in particolare l’ecografia transfontanellare e la RMN cerebrale e, anche se di meno, dagli approfondimenti laboratoristici e genetici. Tutto ciò ha apparentemente reso quasi residuali la semeiotica clinica e la neurofisiologia che invece avevano dominato nei decenni precedenti. In questi ultimi anni, però, soprattutto in relazione a nuove modalità di intervento intensivo (sedazione, terapia del dolore, cooling) l’EEG neonatale ha riacquistato un ruolo importante, sia nella diagnosi della convulsività infraclinica che nella prognosi (Boylan ). Ci è parso quindi opportuno riprendere questo argomento per aggiornarlo e chiarire se possibile le controversie che ancora esistono. L’elettroencefalografia neonatale è praticata ormai da più di anni. Le prime registrazioni nel nato a termine, infatti, sono state eseguite da Loomis nel e nel neonato pretermine da Hughes nel . Ma è soprattutto a partire dagli anni sessanta–settanta che i progressi sono stati molto significativi, in concomitanza con l’uso delle registrazioni poligrafiche e di metodiche di monitoraggio; e l’EEG è andato via via assumendo un ruolo sempre più importante nella valutazione del neonato con problemi neurologici, ruolo solo parzialmente intaccato dall’utilizzo sempre più massiccio delle neuro immagini. Si tratta infatti di un metodo relativamente semplice, assolutamente non invasivo, in grado di studiare adeguatamente i rapidi processi maturativi che interessano il SNC del neonato, in particolar modo la corteccia cerebrale. È generalmente considerato un mezzo tecnico ottimo per la determinazione dell’età gestazionale con una precisione di +/– una settimana: esiste infatti una correlazione stretta tra gli aspetti morfologici dello sviluppo cerebrale e le caratteristiche maturative elettroencefalografiche. È in grado inoltre di studiare adeguatamente l’entità e il tipo di Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale numerose alterazioni della funzione del SNC in molteplici situazioni patologiche. L’uso frequente della sedazione in TIN ha inoltre reso insostituibile l’EEG come monitoraggio delle funzioni del SNC, monitoraggio obbligatorio anche in caso di trattamento ipotermico. In quest’ultima circostanza l’EEG è inoltre uno strumento indispensabile come criterio di inclusione dei soggetti asfittici nel trattamento. L’EEG è venuto assumendo quindi di nuovo un significato importante sia dal punto di vista della diagnosi che della prognosi (Kato , Clancy ). Nonostante tutto ciò è ancora opinione diffusa che l’interpretazione dell’EEG neonatale sia troppo difficile e che la sua utilità sia limitata. In effetti, la rapida crescita dell’SNC nel corso del periodo neonatale si accompagna ad imponenti trasformazioni dei quadri EEG e le caratteristiche bioelettriche si modificano fortemente in relazione ai differenti stati comportamentali. Ciò non facilita la interpretazione dell’EEG neonatale e può scoraggiare molti neurologi e neurofisiopatologi a cimentarsi con le registrazioni dei neonati. Ma le difficoltà, in realtà, sono superabili abbastanza facilmente: per un corretto uso di tale mezzo strumentale occorre soprattutto avere adeguata esperienza delle caratteristiche dell’EEG normale alle differenti età gestazionali pur tenendo presente che grande è la variabilità interindividuale. In definitiva non esiste un solo EEG neonatale ma ne esistono tanti quante sono le settimane di età gestazionale dalla ventiquattresima alla quarantaquattresima. Un altro elemento problematico dell’elettroencefalografia neonatale consiste nel fatto che il substrato fisiologico dell’attività EEG non è ancora ben conosciuto. Sulla base di studi sperimentali sugli animali e di studi soprattutto in pazienti adulti si ritiene generalmente che l’attività registrata dagli elettrodi posti sullo scalpo rappresenti la somma e la media di un gran numero di potenziali postsinaptici generati dalla attività dendritica dei neuroni corticali più superficiali. Tale attività corticale viene modulata da input provenienti da strutture subcorticali, soprattutto talamiche. Ma la precisa localizzazione delle strutture generatrici dei diversi pattern EEG neonatali è tuttora poco conosciuta. Allo stato attuale delle conoscenze possiamo affermare che l’EEG sia una media spaziotemporale dei potenziali postsinaptici sincroni delle cellule piramidali corticali orientate in parallelo. L’attività neuronale sincrona si attiva attraverso vari meccanismi: le cellule delle connessio- . L’EEG neonatale ni talamocorticali, le cellule del nucleo reticolare talamico e le cellule piramidali corticali hanno ognuna proprietà endogene di attività ritmica. L’attività tra gruppi di neuroni talamocorticali è sincronizzata da connessioni ricorrenti tra le cellule di relay talamocorticali e il nucleo reticolare talamico che le circonda e tra il talamo e la corteccia. Durante il risveglio le afferenze sia colinergiche che noradrenergiche provenienti dal tronco cerebrale determinano un effetto eccitatorio depolarizzante sulle cellule talamocorticali e corticali e inibiscono le cellule reticolari talamiche. Risultato di questa rete del risveglio è una riduzione dell’attività sincrona e un incremento della attività asincrona ad alta frequenza. Lo sviluppo della sincronia tra l’attività dei due emisferi è una delle caratteristiche più tipiche della maturazione progressiva dell’EEG del pretermine. Ma se ciò dipenda dallo sviluppo del corpo calloso o, come più autorevolmente è stato sostenuto ( Joseph , Lombroso , Hellstrom–Westas ), da strutture neuronali sub corticali, non è ancora del tutto chiaro. Come ultimo elemento problematico ai fini della comprensione dei substrati fisiologici dell’attività EEG, va sottolineato che a ventiquattro settimane di età gestazionale si registra già una attività ben individuabile (Dreyfus–Brisac ), tipica di tale età gestazionale, che contiene i precursori dell’attività EEG delle settimane successive, mentre l’aspetto della corteccia a tale età gestazionale è ancora molto primitivo: i dendriti basali dei neuroni della corteccia sono ancora molto scarsi, lo sviluppo delle spine dendritiche e della sinaptogenesi è ancora agli inizi e avverrà soprattutto all’ottavo mese di vita intrauterina (Purpura ) come pure lo sviluppo delle connessioni talamo corticali. Non sembrerebbe esserci quindi all’inizio una perfetta corrispondenza tra caratteristiche istologiche dello sviluppo della corteccia, molto primitive, ed attività EEG già sufficientemente caratterizzata (Tharp , Lamblin , Selton , Hayakawa ). Quanto esposto sino ad ora, sia riguardo alle oggettive difficoltà di comprensione dell’EEG neonatale dipendenti dalla rapida trasformazione di quest’ultimo nel corso delle diverse settimane di gestazione, sia riguardo alle difficoltà di comprensione del substrato fisiologico non devono far dimenticare le grandi possibilità di utilizzo dell’EEG (Shany ) e il suo apporto spesso insostituibile (basti pensare alla convulsività). Apporto decisivo anche se negli ultimi anni si sono imposti sempre Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale di più altri e sofisticati mezzi diagnostici quali l’ecografia cerebrale, la tecnica Doppler per lo studio della velocità di flusso, la RMN, la PET, la SPECT. Non vi è dubbio che tali nuovi mezzi abbiano rivoluzionato la neurologia neonatale ma non hanno affatto ridotto lo spazio di pertinenza dell’elettroencefalografia. Anzi, spesso ne hanno migliorato l’utilizzo e meglio precisato il significato che è soprattutto prognostico (Husain ). Qualsiasi eccessiva enfatizzazione di un mezzo strumentale a discapito degli altri è concettualmente scorretta e pericolosa nella pratica clinica. Solo attraverso l’uso combinato di tutti i mezzi strumentali oltre, evidentemente, all’apporto insostituibile della semeiotica fisica, si attua un approccio corretto ai complessi problemi della neurologia neonatale. Lo scopo di questo testo è proprio quello di mettere in evidenza in quali circostanze e in base a quali criteri l’EEG può essere di reale aiuto per il neonatologo e il neurologo infantile, precisando i limiti di tale metodica ma anche i vantaggi e tutte le possibili applicazioni. Nella nostra esposizione verranno dapprima considerate le caratteristiche dell’EEG normale e i suoi differenti aspetti a seconda dell’età gestazionale e dello stato comportamentale: solo attraverso una adeguata conoscenza dell’ontogenesi dell’attività bioelettrica cerebrale e dell’organizzazione del sonno, infatti, si potranno valutare adeguatamente le alterazioni dell’EEG e, nello stesso tempo, utilizzarlo come mezzo per uno studio del SNC. In seguito la trattazione riguarderà le principali anomalie sia nel neonato a termine che nel pretermine. Di ciascuna verranno considerate l’eventuale valore diagnostico e le possibili correlazioni con le alterazioni neuroanatomiche. Un capitolo a parte verrà dedicato al valore prognostico dell’EEG neonatale. È questo infatti il campo di applicazione più fertile per l’elettroencefalografia in neonatologia. Infine verranno considerate le caratteristiche EEG in alcuni delle principali situazioni patologiche. Tali capitoli verranno preceduti da una premessa riguardante le tecniche di registrazione che devono essere utilizzate in età precoce, perché solo attraverso una adeguata standardizzazione e un uso corretto della tecnica che si possono ottenere risultati apprezzabili. . L’EEG neonatale Tenuto conto dell’utilizzo sempre più frequente di metodiche di monitoraggio elettroencefalografico semplificate nei reparti di TIN, una seconda parte verrà dedicata al CFM o aEEG nei suoi aspetti maturativi, diagnostici e prognostici. In ultimo verrà trattato il capitolo sul cooling come esempio di un uso molto importante e attuale delle registrazioni EEG. Capitolo II L’EEG convenzionale (cEEG) .. Tecnica di registrazione È assolutamente indispensabile soffermarsi sulle modalità di esecuzione di una registrazione EEG nel neonato perché buona parte dei fraintendimenti e delle difficoltà riguardanti il significato e l’importanza dell’EEG dipendono da un uso scorretto del mezzo tecnico (Husain –Cherian ). Anche se i principi di base di tecnica EEG restano validi anche in epoca neonatale, alcune peculiarità vanno tenute presenti: le dimensioni del cranio sono piccole, a volte estremamente piccole; i neonati sono per lo più degenti in centri di terapia intensiva e quindi giacciono in termoculla, non spostabili, spesso trattati con O, circondati da apparecchiature e in condizioni generali sovente molto precarie; non esiste un solo tipo di EEG neonatale ma tanti tipi quante sono le settimane di età gestazionale dalla a alla a e tanti quanti sono gli stati comportamentali (REM, NREM, Veglia). Tali peculiarità impongono protocolli diversi rispetto alle età successive senza i quali la comprensione del tracciato risulta estremamente difficile (Monod ) e l’EEG può trasformarsi da eccellente ausilio ad elemento fuorviante sia per la diagnosi che per la prognosi. Una buona registrazione si ottiene solo se il neonato è mantenuto in condizioni di neutralità termica, se l’installazione degli elettrodi viene effettuata prima di un eventuale pasto e la registrazione inizia alla fine del pasto (tutto questo per favorire una registrazione e uno studio del sonno). Qualunque sia la tecnica utilizzata il fine ultimo deve essere quello di ridurre al minimo le manipolazioni, soprattutto allo scopo di evitare brusche desaturazioni e di allontanare qualsiasi pericolo di Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale infezioni, anche, naturalmente, attraverso una sterilizzazione accurata del materiale utilizzato, che ora è per lo più monouso. Nel neonato a termine, generalmente registrato in lettino, possono essere utilizzati sia elettrodi a coppetta con pasta conduttrice adesiva che elettrodi a bottone in casco preformato. Nel prematuro gli elettrodi a coppetta con pasta conduttrice adesiva sono l’unica modalità utilizzabile. Gli elettrodi devono essere in argento clorurato o placcati in oro e devono essere in numero ridotto (Dreyfus–Brisac ): otto più uno di terra sono sufficienti nella gran parte dei casi (fig.). Per la preparazione del neonato occorre quindi seguire le seguenti tappe: pulizia accurata del cuoio capelluto; determinazione delle zone da evitare per il posizionamento degli elettrodi (edemi, tumefazioni. fontanelle, suture); rapida applicazione degli elettrodi, già predisposti con la pasta conduttrice. L’uso di numerosi montaggi nuoce alla qualità del tracciato perché i cambiamenti fisiologici della morfologia dell’EEG sono mascherati dai frequenti cambiamenti di montaggio. Occorre sempre ricordare che la valutazione dell’EEG neonatale è soprattutto basata sulla sua organizzazione generale temporo–spaziale e non sui singoli grafoelementi. Un montaggio longitudinale di media distanza tipo Jasper e un montaggio trasversale sono generalmente sufficienti. Montaggi di lunga distanza sono obbligatori in caso di tracciato inattivo. Occorre inoltre sottolineare che, essendo l’EEG variabile a seconda dei differenti stati comportamentali, è necessario che in ogni istante si sia in grado di determinare in quale stato comportamentale il neonato si trovi. È necessario quindi che chi effettua la registrazione annoti con precisione il comportamento del neonato e che vengano registrati, oltre all’EEG, anche altri parametri fisiologici indispensabili per la identificazione dei diversi stati (ECG, respirogramma, miogramma del mento, oculogramma). È necessario infine che la registrazione duri per almeno un intero ciclo del sonno, sia per studiare adeguatamente l’organizzazione degli stati che per il fatto che i grafoelementi patologici appaiono soprattutto nel corso del sonno calmo. L’osservazione accurata del neonato e la registrazione in poligrafia sono inoltre . L’EEG convenzionale (cEEG) indispensabili per differenziare numerosi artefatti che possono simulare perfettamente la morfologia di eventi reali quali le crisi, punte, onde aguzze, bouffées di varia localizzazione. Una contemporanea registrazione video può facilitare grandemente la comprensione dell’EEG e favorire lo studio delle correlazioni elettrocliniche, anche se una ripresa video, per quanto efficace, non può mai sostituire del tutto gli occhi di un tecnico e le sue capacità decisionali durante una registrazione. In definitiva i principali argomenti tecnici possono essere così schematizzati: ridotto numero di elettrodi; registrazione almeno di un intero ciclo del sonno; ridotto numero di differenti montaggi (–); registrazione poligrafica; tecnico EEG in grado di riconoscere e annotare le caratteristiche comportamentali del neonato sia a termine che pretermine; uso frequente del video–EEG; uso di costanti di tempo che consentano la registrazione dell’attività di fondo a bassa frequenza; eliminazione dei filtri al fine di registrare l’attività ad alta frequenza; riduzione al minimo delle manipolazioni; in caso di sospetto di crisi, monitoraggio prolungato con EEG dinamico o aEEG. Per una adeguata standardizzazione delle tecniche di registrazione è consigliabile che ogni centro utilizzi una scheda tecnica di registrazione (fig. ). Per quanto concerne l’interpretazione, anche se quella tradizionale visiva è ancora nettamente maggioritaria, si utilizzano anche tecniche di interpretazione automatiche (Lofhede –Temko ). .. Artefatti Ci è sembrato opportuno dedicare un intero paragrafo a questo argomento perché, per le peculiari condizioni di registrazione, nel neonato Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale più che nelle altre età si raccolgono artefatti che possono confondersi facilmente con eventi autentici e rendere così difficile l’interpretazione del tracciato. Gli artefatti possono essere distinti in: — — — — artefatti legati agli elettrodi; artefatti legati ai cavi; artefatti secondari alle condizioni ambientali; artefatti secondari alla attività del neonato. Artefatti dovuti ad un cattivo contatto elettrodo–cute o a un cattivo contatto morsetto–elettrodo, possono simulare una crisi (fig.). Per eliminarlo è sufficiente modificare la posizione del morsetto o umidificare la pasta con soluzione fisiologica, oppure aggiungere altra pasta. Una cattiva clorurazione degli elettrodi posti in posizione centrale può determinare sia artefatti di polarità positiva che simulano punte rolandiche positive (fig.), che artefatti di polarità negativa, simili a punte rolandiche negative. In tali casi occorre cambiare l’elettrodo. Un ondeggiamento dei cavi può determinare un artefatto che simula un ritmo theta simile all’attività EEG tipica delle settimane di età gestazionale (fig.). Oppure artefatti somiglianti a bouffées di punte negative. In tal caso occorre verificare i cavi e, eventualmente, cambiarli. L’accendere un apparecchio nella stanza di registrazione può determinare un artefatto simile a una punta. Anche il semplice spostamento di una persona nella stanza può causare artefatti. È necessario quindi annotare sempre minuziosamente quello che avviene nell’ambiente di registrazione. Gli artefatti dovuti allo stesso neonato sono i più comuni. La pulsazione di una arteria può simulare una crisi (fig.). Bisogna verificare allora che il casco non sia troppo stretto o eventualmente spostare leggermente l’elettrodo allontanandolo dal vaso. Inoltre, occorre saper differenziare un ECG che si iscrive sul tracciato da una crisi vera. Occorre quindi registrare sempre il ritmo cardiaco, soprattutto in neonati con sospetto di crisi convulsive. Anche l’attività respiratoria può determinare artefatti simulanti crisi attraverso un movimento della testa sincrono con il respiro (fig.). A volte tale artefatto dipende da una eccessiva estensione della testa, così che gli elettrodi occipitali . L’EEG convenzionale (cEEG) toccano il piano di appoggio; basta in tal caso sollevare leggermente l’occipite. È comunque indispensabile registrare sempre anche l’attività respiratoria. I singhiozzi del neonato possono simulare punte o complessi punta–onda (fig.) e l’ammiccamento encoches frontali (fig.). Ma, nonostante quanto detto, occorre riconoscere che a volte la distinzione tra artefatti ed eventi reali è talmente difficile che solo la successiva evoluzione del tracciato può sciogliere il dilemma. In conclusione si può sottolineare quanto segue: — a volte è molto difficile differenziare artefatti da segnali autentici. Occorre quindi attendere alcuni istanti prima di cercare di eliminare un ipotetico artefatto perché il grafoelemento sospetto può risultare autentico; — è assolutamente indispensabile la registrazione contemporanea di cuore e respiro; — occorre sempre registrare il sonno calmo perché in questo stato scompaiono la gran parte degli artefatti da movimento; — le annotazioni riguardanti sia il comportamento del neonato che le caratteristiche ambientali in cui avviene la registrazione sono un aspetto insostituibile del lavoro del personale tecnico e facilitano molto l’interpretazione del tracciato. Capitolo III Aspetti maturativi La maturazione cerebrale evolve rapidamente nel corso delle ultime settimane di età gestazionale e nel periodo post–natale. Lo sviluppo strutturale e funzionale del SNC si riflette sulle rapide trasformazioni dell’attività bioelettrica cerebrale e sulla progressiva organizzazione del ciclo del sonno. Questa correlazione tra maturazione cerebrale ed evoluzione dell’EEG e della organizzazione del sonno è stata da lungo tempo e largamente documentata sia in studi sperimentali su varie specie di mammiferi ( Jouvet , Caveness , Gransbergen ), sia sui neonati pretermine e a termine (Dreyfus Brisac , , , ; Ellingson ; Nolte , ). Oggetto di questo capitolo è appunto l’ontogenesi della attività bioelettrica cerebrale e della organizzazione del sonno nei pretermine e nei nati a termine, come espressione della progressiva maturazione del SNC. L’EEG è espressione di attività corticale che dipende però da impulsi che provengono da strutture sottocorticali che entrano in gioco in maniera differenziata in rapporto ai diversi stati comportamentali. Alla maturazione progressiva di questi stati corrispondono le progressive variazioni maturative dell’EEG. È quindi indispensabile considerare l’evoluzione elettroencefalografica nel corso dell’ontogenesi correlata all’evoluzione di veglia, sonno calmo, sonno attivo. Tuttavia, per maggior chiarezza di esposizione tratteremo questo argomento in tre punti: — nel primo si tratterà dell’evoluzione dell’EEG in relazione alle diverse età gestazionali; — nel secondo dell’ontogenesi del ciclo del sonno; — nel terzo di alcune applicazioni pratiche che tali conoscenze neurofisiologiche possono avere in neonatologia. Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale .. Maturazione dell’EEG L’attività elettrica appare inizialmente nelle regioni subcorticali. Bergstrom () ha registrato una attività continua a livello del ponte in embrioni di settimane di età gestazionale. L’ampiezza di tale attività aumenta fino a giorni, poi resta stabile. A partire dalle settimane di età gestazionale si registra una attività discontinua a livello della parte rostrale del tronco dell’encefalo e a livello dell’ippocampo. E discontinua è anche l’attività che si registra sullo scalpo a partire dalle settimane (Dreyfus Brisac ). Essa consiste in un pattern polimorfo molto ampio intervallato da lunghi periodi di tracciato ipovoltato. Possono aversi rari periodi di attività più continua con contemporanea presenza di motilità e pianto ma, a questa età gestazionale nessuna differenziazione tra sonno e veglia può essere fatta. L’attività motoria spontanea è pressoché continua, gli occhi chiusi, i movimenti oculari rari, l’attività cardiaca e respiratoria tendenzialmente regolari. E non vi è evidenza di attività cerebrale ciclica nei soggetti di tale età gestazionale registrati dopo la nascita. A settimane l’EEG è caratterizzato dalla comparsa di onde lente e di bouffées theta (fig.) della durata di qualche secondo e di voltaggio tra e microvolts, su un fondo di tracciato inattivo che può durare anche un minuto. A – settimane cominciano ad apparire brevi periodi di attività continua, primo abbozzo di sonno REM. A settimane l’ attività continua, ampia e lenta, diffusa, della durata di qualche minuto, comincia ad arricchirsi di immagini occipitali ampie e lente, sovraccaricate di ritmi rapidi: sono le cosiddette delta– brushes (fig.). Tale attività continua è contemporanea ai movimenti oculari e a irregolarità del respiro e indica che il REM si è ormai strutturato bene. Persiste inoltre il tracciato discontinuo delle settimane precedenti anche se più ricco in onde lente più ritmi rapidi; tale tracciato si accompagna sempre di più agli altri parametri del sonno calmo. Persiste ancora l’attività theta tipica delle settimane. A settimane il sonno attivo occupa gran parte della registrazione. L’EEG più o meno continuo è costituito da onde occipitali monomorfe di ampiezza variabile tra e microvolts, con sovrapposti ritmi rapidi (fig.). Le regioni anteriori sono poco attive. Possono ancora registrarsi ritmi theta tipici delle settimane precedenti. I periodi di sonno calmo sono sempre meglio caratterizzati con una diminuzione . Aspetti maturativi della motilità, scomparsa dei movimenti oculari e un EEG discontinuo con attività costituita da immagini polimorfe intervallate da periodi di inattività, progressivamente sempre meno lunghi (fig.). A settimane appaiono le prime onde lente bifasiche frontali o encoches (fig.). Si tratta di grafoelementi spesso sincroni bilateralmente, caratterizzati, nella loro forma tipica, da una fase iniziale breve, di modica ampiezza, di polarità negativa, seguita da una seconda fase positiva, più lunga e di maggiore ampiezza ( microvolts). A – settimane gli stati comportamentali sono ben caratterizzati ma il tracciato differisce ancora da quello tipico del neonato a termine di settimane: il sonno attivo conserva ancora le onde lente occipitali sovraccaricate di ritmi rapidi presenti sin dalla a settimana e il sonno calmo è caratterizzato da onde occipitali, a volte di ampiezza considerevole (fino a microvolts), che hanno un aspetto monomorfo, molto diverso da quello polimorfo delle onde occipitali del tracciato alternante di un neonato di settimane. I ritmi rapidi sono acuti, assumendo a volte l’aspetto di pseudopunte occipitali (fig. ); è a questa età che appaiono la disritmia lenta anteriore e l’attività rolandica che poi assumerà le caratteristiche definitive a settimane. A settimane di età gestazionale, se si registra in buone condizioni termiche ed ambientali, il neonato dorme per circa il % della registrazione. Il tracciato di veglia è breve, a volte del tutto assente, spesso difficile ad interpretarsi per la presenza di artefatti di movimento ed è identico sia ad occhi chiusi che aperti: l’attività è continua, composta di frequenze molto variabili (,– c/s) e di ampiezza variabile da a microvolts; tale tipo di attività viene denominata dagli Autori francesi “activité moyenne” (Samson–Dolfuss ) ed appare già verso la a–a settimana. L’EEG nel corso del sonno attivo che precede il sonno calmo è sovrapponibile a quello della veglia, ma ricco di onde lente a – c/s sulle derivazioni posteriori (fig.); I’EEG del sonno attivo che segue il sonno calmo è caratterizzato da una attività continua di basso voltaggio (– microvolts), ricca in frequenze della banda theta. Il tracciato EEG del sonno calmo è di tipo lento; le onde lente, che hanno una ampiezza che varia da a microvolts, possono essere sia continue (fig.) che raggrupparsi in bouffées di durata variabile da a secondi, sincrone sui due emisferi e separate da intervalli di attività meno ampia (fig.); è questo il “tracé alternant”. Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale Sulle derivazioni anteriori si registrano frequentemente delle onde lente di ampiezza media dette ”disritmia lenta anteriore”, e le punte difasiche o encoches frontali, a volte ampie e aguzze. Sulle derivazioni rolandiche si registra inoltre una attività di frequenza variabile dalla banda alfa alla banda theta e punte negative, isolate o ripetitive, spesso aguzze, che possono essere erroneamente interpretate come patologiche. All’inizio del sonno calmo l’alternanza è data soprattutto dalle bouffées occipitali, nella seconda parte del sonno calmo, soprattutto dalla attività rolandica. Quanto detto sino ad ora sulle differenti caratteristiche EEG in relazione alle diverse età gestazionali ha cercato di individuare gli aspetti più tipici ma non bisogna dimenticare che la variabilità interindividuale è molto forte, soprattutto nel corso del sonno calmo. Quella fatta è una descrizione per esteso delle caratteristiche EEG nelle varie epoche della gestazione nei vari stati comportamentali; da parte di Parmelee () è stato fatto un tentativo per schematizzare meglio le variazioni elettroencefalografiche nel corso dell’ontogenesi. Parmelee ha individuato un codice di interpretazione visiva basato su tre numeri. il terzo dei quali identifica il pattern fondamentale e i primi due le variazioni maturative di tale pattern. In tal modo, una particolare attività elettroencefalografica può immediatamente essere classificata usando il codice. A titolo esemplificativo, essendo il il pattern fondamentale tipico del sonno calmo caratterizzato da attività discontinua o alternante, il codice sarà il tracciato di sonno calmo a settimane di età gestazionale con attività discontinua a bouffées caratterizzate da onde lente occipitali sovraccaricate di ritmi rapidi; il codice sarà il “tracé alternant” maturo con onde lente raggruppate in bouffées sincrone alternate a periodi di attività più depressa a frequenza mista. Occorre comunque sottolineare che i principi informatori di tale codice maturativo sono gli stessi della descrizione per esteso fatta precedentemente e che è derivata soprattutto dai lavori di Monod () e Dreyfus–Brisac (). Accanto alla valutazione visiva dei vari patterns maturativi, è possibile seguire la maturazione delle strutture nervose utilizzando metodi di analisi computerizzata delI’EEG (Faienza ); in tal modo si elimina la soggettività della lettura del tracciato, affidando ad un computer il compito di “leggerlo”. Per l’analisi del materiale elettroencefalografi- . Aspetti maturativi co può utilizzarsi lo studio delle funzioni di auto e cross–correlazione, degli spettri di potenza e della funzione di coerenza; i dati che si ottengono con questo sofisticato mezzo di “lettura” concordano con le basi teoriche della maturazione bioelettrica del S.N.C. e possono costituire una valida base per indagini neurofisiologiche. Ma chiaramente ciò è possibile solo in pochissimi Centri specializzati; il metodo di lettura visiva rimane quindi quello di gran lunga più utilizzato e consente una valutazione maturativa dell’EEG. .. Organizzazione del sonno Alcuni dati riguardanti questo argomento sono stati già esposti; ora verranno trattati in maniera più organica ed estesa. In primo luogo, occorre sottolineare come, soprattutto nel pretermine, sia molto difficile differenziare la veglia dal sonno e, nell’ambito del sonno, i diversi stati. Sono testimonianza di tale difficoltà le differenti classificazioni comportamentali e poligrafiche che sono state fatte: si va, nel neonato a termine, dai stati di Prechtl (), due di sonno e tre di veglia, ai stati di Emde e Koenig (), mentre Sterman e Hoppenbrouwers () preferiscono differenziare gli stati nel pretermine in comportamento quieto, comportamento attivo e stato REM, senza nominare affatto il sonno. La classificazione in uso nel servizio di EEG del Dipartimento di Pediatria e NPI della Sapienza Università di Roma è quella forse più comune in letteratura e distingue stati: veglia, sonno attivo, sonno calmo e stato indifferenziato (Allemand ): a) veglia: periodi con occhi aperti e che si muovono orizzontalmente, con o senza movimenti diffusi del corpo, con o senza pianto; oppure periodi con occhi chiusi ma con diffusi movimenti corporei e/o pianto, della durata di almeno minuti; EEG, quando leggibile, tipo “activité moyenne”; b) sonno attivo: presenza di movimenti oculari, respiro irregolare, motilità spontanea soprattutto delle estremità e dei muscoli mimici; assenza della attività tonica mentoniera; EEG caratterizzato da attività continua di basso voltaggio, con o senza onde lente sovrapposte; Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale c) sonno calmo: assenza di movimenti oculari, respiro regolare, motilità spontanea assente, presenza della attività tonica mentoniera, EEG lento continuo o alternante. I parametri utilizzati per classificare gli stati sono quelli di Anders (). In un determinato periodo di registrazione ne devono essere presenti almeno (utilizzando il medium scoring) per poter classificare uno stato; altrimenti si ha il cosiddetto “stato indifferenziato”, cioè periodi durante i quali non vi sono parametri sufficienti né per classificarli nel sonno attivo né nel sonno calmo. È difficile dire quale tra i parametri suddetti sia più utile per classificare uno stato. Monod e Garma () hanno sostenuto che I’EEG e i movimenti oculari sono i più utili; Parmelee (), invece, sostiene che ad essere più utile è il respiro; in base alla esperienza personale è forse il miogramma del mento il meno utile, soprattutto nel pretermine. Già le diverse definizioni degli stati del sonno utilizzate dai vari Autori sottintendono quale parametro si consideri più significativo. Così, se si usa la definizione REM/NREM è ai movimenti oculari che si dà maggiore importanza; se si usano i termini sonno attivo/sonno calmo è alla attività motoria spontanea che si presta più attenzione; se si usa la definizione regolare/irregolare (Wolff ) è al respiro che si pensa maggiormente. Oltre ai parametri consigliati da Anders e che sono quelli più universalmente usati, ve ne sono molti altri che potrebbero essere utilizzati per differenziare gli stati: i potenziali spontanei cutanei più frequenti nel sonno attivo rispetto al sonno calmo; la temperatura, più elevata nel sonno calmo; la frequenza cardiaca, più regolare nel sonno calmo; la PaO con valori maggiori nel sonno calmo rispetto al sonno attivo; ma, anche per ottenere una maggiore uniformità di dati, conviene che in studi poligrafici siano utilizzati i parametri di Anders. Occorre ora sottolineare che la differenziazione in stati esposta precedentemente è facilmente riscontrabile nel neonato a termine ma è molto più difficile e spesso impossibile nel pretermine; vedremo adesso come tale differenziazione si produce progressivamente nel corso dell’ontogenesi. Dalla alla settimana di età gestazionale vi è un unico stato indifferenziato caratterizzato da movimenti fasici distali, rari movimenti oculari, ritmo cardiaco e respiratorio variabili, attività tonica . Aspetti maturativi mentoniera variabile, EEG discontinuo. Per alcuni Autori ( Jouvet ) tale stato sarebbe da assimilare al sonno attivo ma, siccome molti parametri di tale stato sono assenti, vale la pena classificarlo come stato indifferenziato. A settimane si possono avere periodi di registrazione caratterizzati contemporaneamente da EEG continuo, movimenti oculari, respiro irregolare, a tratti caduta del tono antigravitario; è il primo abbozzo di sonno attivo. A settimane il sonno attivo è ben strutturato sia nelle componenti comportamentali sia elettroencefalografiche e si cominciano ad individuare dei periodi di sonno calmo che si manifestano con riduzione della attività motoria spontanea, scomparsa dei movimenti oculari, respiro regolare ed EEG discontinuo; ma è a partire dalla a settimana che tale stato si caratterizza in maniera completa e definitiva. A settimane si differenzia la veglia dal sonno e quindi possono individuarsi correttamente tutti gli stati: veglia, sonno attivo, sonno calmo e stato indifferenziato, con caratteristiche che permangono fondamentalmente immutate fino al termine. In realtà, nel neonato a termine sono stati distinti da parte di alcuni Autori (Monod e Dreyfus–Brisac , Petre–Quadens , Cianchetti ) due tipi di sonno attivo: il sonno attivo che precede il sonno calmo, con EEG ricco in onde lente posteriori, movimenti oculari più rari e più lenti; e sonno attivo che segue il sonno calmo con EEG di basso voltaggio più ritmico, movimenti oculari più numerosi e più rapidi. Crediamo che, tuttavia, sia tuttora opportuno rimanere legati alla classificazione tradizionale in stati senza ulteriori suddivisioni. Molto schematicamente e semplificata l’evoluzione percentuale dei vari stati nelle varie età gestazionali è la seguente: fino alla a settimana vi è il % di stato indifferenziato; dalla a settimana appare il sonno attivo che occupa inizialmente circa l’% del tracciato e diminuisce poi progressivamente fino a rappresentare al termine circa il % di tutto il sonno; a settimane appare il sonno calmo che occupa dapprima il –% della intera registrazione di sonno ed aumenta progressivamente fino al % circa a settimane. Anche sulle percentuali presentate precedentemente i pareri non sono del tutto concordi. Tali percentuali variano a seconda dei criteri ai quali fanno riferimento i vari Autori; ciò è soprattutto vero per quanto concerne lo stato indifferenziato che è percentualmente tanto Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale maggiore quanti più parametri si richiedono per caratterizzare uno stato. Comunque si può senz’altro affermare che il sonno attivo appare prima del sonno calmo, è percentualmente il più importante e tende a diminuire nel corso dell’ontogenesi. Il sonno calmo appare dopo e tende invece ad aumentare progressivamente; esso infatti richiede per la sua espressione lo sviluppo delle complesse interazioni tra centri corticali e strutture del tronco che si maturano in periodi più avanzati della gestazione e, in particolare, richiede la maturazione dell’area inibitoria telencefalica. Per il sonno attivo, almeno per quanto riguarda i parametri fondamentali, è sufficiente invece l’attività della parte caudale del tronco che giunge più precocemente ad un sufficiente livello di maturazione. Un’ultima annotazione prima di chiudere questa parte: l’organizzazione ciclica del sonno con passaggio regolare dal sonno attivo al sonno calmo e di nuovo al sonno attivo, si struttura anch’essa nel corso dell’ontogenesi e diviene tanto più regolare man mano che ci si avvicina al termine (Monod ). .. Reattività In appendice a quanto detto sinora sugli aspetti fisiologici della attività elettroencefalografica in età neonatale, considereremo ora la reattività, valutando essenzialmente la risposta agli stimoli acustici, i più frequentemente utilizzati nel corso di una registrazione di routine. La reattività elettroencefalografica al rumore si traduce direttamente sul tracciato e si possono avere diversi tipi di risposta: a) bouffées al vertice costituite da una punta negativa seguita o meno da un’onda lenta. Questo tipo di risposta appare già nel pretermine di – settimane (Monod e Garma ); b) appiattimento globale della attività. Questo tipo di risposta è raro prima delle settimane di età gestazionale e si vede meglio sui tracciati ampi e lenti; c) bouffées diffuse di ritmi delta o theta; tale risposta è difficile ad ottenersi su un tracciato alternante; d) talvolta lo stimolo determina un cambiamento di stato con conseguente cambiamento del tipo di tracciato. . Aspetti maturativi Tali risposte EEG sono tipiche del sonno calmo; nel sonno attivo la risposta è soprattutto comportamentale con soprassalti, ammiccamenti etc. .. Applicazioni pratiche Le applicazioni pratiche delle nozioni neurofisiologiche di cui abbiamo trattato sinora sono molteplici. Percorrendo le tappe dell’ontogenesi della attività elettroencefalografica, si è visto che vi è una stretta corrispondenza tra età gestazionale e maturazione EEG. L’EEG è quindi un ottimo mezzo per determinare l’età gestazionale, essendo l’età che potremmo definire “bioelettrica” dipendente da quest’ultima e non dal peso e consente di determinare l’età gestazionale con una approssimazione di ± una settimana. Ciò è stato affermato già da Nolte e Hass (), attraverso uno studio estremamente accurato e convincente effettuato utilizzando una versione aggiornata del codice di interpretazione visiva di Parmelee; e da Tharp nella sua revue del . Indubbiamente tale validità non è assoluta: Schulte () ha mostrato un ritardo della maturazione EEG in nati da madre tossiemica; la stessa Dreyfus–Brisac () ha sostenuto che i piccoli per l’età gestazionale presentano nel sonno calmo un ritardo delle caratteristiche maturative; Lombroso () ha dimostrato che in numerose situazioni patologiche i neonati possono presentare una maturazione bioelettrica inferiore a quella che ci si sarebbe attesi per la loro età gestazionale. Anche nella casistica personale sono numerosi i casi di “ringiovanimento” del tracciato a seguito di numerose noxae patogene. Comunque nella grandissima maggioranza dei casi I’EEG è un metodo validissimo per la determinazione dell’età gestazionale; e tale validità è stata dimostrata dal nostro gruppo anche in soggetti pretermine con ritardo di crescita intrauterino di peso estremamente basso, per i quali da parte di alcuni Autori (Gould , Gluck ) era stata ipotizzata una accelerazione della maturazione cerebrale. Quindi, anche in questo caso, (Allemand ) è stata dimostrata la sostanziale dipendenza della maturazione bioelettrica cerebrale dalla età gestazionale. Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale Ora, se è vero che normalmente la maturazione EEG è correlata alla età gestazionale, se in soggetti in cui l’età gestazionale è stata correttamente accertata con altri metodi si registra una discordanza tra età gestazionale e maturazione EEG, questo è indice di una qualche noxa che ha determinato un arresto maturativo o una regressione a livelli maturativi inferiori. Lo studio della maturazione bioelettrica può essere quindi un elemento utile, unitamente ad altri accertamenti clinici e laboratoristici, nella valutazione di neonati con diversi tipi di patologia. Un altro aspetto che va sottolineato è il seguente: la maturazione elettroencefalografica procede in pratica allo stesso modo sia in utero che fuori dell’utero, in incubatrice: un soggetto nato a settimane di età gestazionale ha alla nascita un EEG abbastanza sovrapponibile a quello di un soggetto nato, ad esempio, a settimane e registrato a settimane di vita. In realtà i “late preterm” sembrano fisiologicamente meno maturi nella loro organizzazione del sonno di quanto ci si aspetterebbe (Scher ). Lo studio della maturazione bioelettrica in soggetti pretermine nel corso delle prime settimane di vita è comunque un ottimo metodo per accertarsi della normale evoluzione maturativa del SNC di questi neonati. In definitiva, quindi, lo studio maturativo dell’EEG consente: — nella gran parte dei casi l’apprezzamento dell’età gestazionale; — in caso di discrepanza tra età “elettroencefalografica” ed età gestazionale fa sospettare l’esistenza di una noxa che ha bloccato i processi maturativi del S.N.C.; — studi EEG seriati nei pretermine nel corso del loro accrescimento permettono di apprezzare il normale evolversi dei processi maturativi del S.N.C. o eventuali alterazioni di tale evoluzione. Esamineremo ora le applicazioni pratiche delle conoscenze sull’organizzazione del sonno. Essendo quest’ultima il risultato della maturazione di numerose strutture anatomiche e di complessi meccanismi biochimici, è naturale che una sofferenza del S.N.C. possa alterarla. Una buona organizzazione del sonno è quindi generalmente indice di integrità . Aspetti maturativi del S.N.C. del neonato. Tre tipi principali di alterazione del sonno possono riscontrarsi: a) assenza della organizzazione del sonno: tale fenomeno può riscontrarsi con molti tipi di tracciato EEG ma più spesso si ha con tracciati estremamente alterati quali l’inattivo e il parossistico (ved cap. successivo), in soggetti per lo più comatosi. In tali circostanze la prognosi è quasi obbligatoriamente catastrofica e sottintende alterazioni gravissime del S.N.C.; b) in alcune situazioni meno gravi può riscontrarsi assenza della normale relazione tra i vari parametri fisiologici che concorrono a determinare uno stato. Per esempio, la respirazione può essere irregolare durante il sonno calmo e i movimenti oculari possono essere assenti nel corso del sonno attivo. Tali alterazioni fanno sì che lunghi periodi della registrazione vengano classificati come stato indifferenziato. Fenomeni di questo tipo sono stati riscontrati sia da noi (Allemand ) sia in precedenza da altri Autori (Dreyfus–Brisac e Monod ) in numerose situazioni patologiche e sono spesso tra le più precoci alterazioni che si riscontrano all’insorgere di un processo morboso interessante il S.N.C. La prognosi è negativa se tale discrepanza persiste in numerose registrazioni successive nelle prime settimane di vita; c) possono inoltre esservi modificazioni della lunghezza dei vari stati: può aumentare la veglia a detrimento del sonno; può aumentare il sonno attivo o, viceversa, il sonno calmo; può esservi un allungamento globale dell’intero ciclo, o, all’inverso, un accorciamento dovuto a rapidi cambiamenti di stato. In questi casi, però, non può essere formulato un preciso giudizio prognostico, essendo molti i fattori che possono influenzare la durata degli stati e non tutti legati a sofferenza cerebrale. I risultati della casistica personale inducono a ritenere tali modificazioni come assolutamente non aggravanti la prognosi (Allemand –). La presenza contemporanea di alterazione della organizzazione del sonno e di crisi EEG è un elemento prognosticamente molto sfavorevole (Nunes ). Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale Concludiamo questa parte riguardante l’utilità pratica degli studi sulla organizzazione del sonno accennando ad uno dei temi di ricerca su cui maggiormente si è incentrata l’attenzione di pediatri, neurofisiologi e fisiopatologi respiratori: l’apnea in età neonatale. È ormai opinione comune che si debbano distinguere tipi di apnea in età neonatale (Schulte ): a) apnea quale espressione di una crisi convulsiva (fig.); b) apnea cosiddetta neurogena o “blackout apnea’‘ caratterizzata da contemporanea cessazione del flusso d’aria a livello del naso e degli sforzi muscolari respiratori; c) apnea ostruttiva caratterizzata da cessazione del flusso d’aria attraverso il naso ma da contemporanei sforzi muscolari respiratori; d) apnea mista quando una fase iniziale neurogena è seguita da una fase con ostruzione delle prime vie aeree (il contrario è molto più raro, Guilleminault ). Non vi sono dubbi sul fatto che vi sia una relazione stretta tra stati del sonno e diversa incidenza di apnee. Se le apnee miste e quelle ostruttive avvengono più frequentemente nel sonno calmo, l’incidenza di apnee cosiddette neurogene è molto maggiore nel sonno attivo; ed è su queste ultime che focalizzerò l’attenzione, essendo le più frequenti, soprattutto nei pretermine. Normalmente si ritiene che in caso di apnea neurogena si abbia una riduzione generalizzata dello stato di eccitazione dei neuroni della sostanza reticolare. È attraverso l’attività di questi neuroni che si ha l’eccitazione sia dei neuroni della corteccia che dei motoneuroni spinali, dei neuroni dei centri respiratori, dei neuroni dei nuclei preposti al controllo della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa; una diminuzione quindi dello stato di eccitazione della reticolare si ripercuote negativamente sull’attività di tutti i complessi neuronali precedentemente menzionati. L’attività continua della sostanza reticolare è mantenuta attraverso una grande quantità di connessioni sinaptiche. I neuroni immaturi dei pretermine, nei quali l’apnea neurogena è più frequente, hanno un minor numero di dendriti e poche connessioni sinaptiche. Per questa ragione l’eccitabilità delle cellule nervose è bassa e basta un lieve disturbo del metabolismo cellulare per determinare una completa caduta dell’attività della reticolare romboencefalica con conseguente . Aspetti maturativi diminuzione dì voltaggio dell’EEG (espressione della ridotta attività corticale), arresto respiratorio, ipotonia dei muscoli scheletrici e diminuzione della pressione arteriosa. Nei soggetti pretermine la gran parte delle crisi di apnea avviene nel corso del sonno REM (Gabriel ; Monod ; Allemand ); ed inoltre in questo stato le crisi sono più frequentemente accompagnate da bradicardia e tendono a durare più a lungo. La spiegazione di tale fenomeno risiede verosimilmente nella inibizione cui sono soggetti i motoneuroni periferici nel corso del sonno attivo, inibizione che nelle registrazioni poligrafiche di routine è testimoniata dalla perdita del tono dei muscoli mentonieri. Hagon () e Henderson–Smart (), studiando l’attività dei motoneuroni che innervano il diaframma e la muscolatura intercostale nei vari stati del sonno hanno dimostrato una inibizione di tale attività nel corso del sonno attivo, che riguarda sia i motoneuroni alfa che le fibre afferenti la (Schulte ). Tale inibizione interferisce con i meccanismi riflessi a partenza dei recettori meccanici situati nella muscolatura intercostale e probabilmente con altre afferenze che contribuiscono a regolare la ventilazione, con conseguenti pause respiratorie e maggior incidenza di apnee. Inoltre Bryan e Bryan () hanno dimostrato che è soprattutto durante il sonno attivo che la gabbia toracica perde la sua stabilità; sempre nel corso del sonno REM si osservano in fase inspiratoria frequenti retrazioni toraciche piuttosto che espansioni (Curzi–Dascalova –). Questo pattern respiratorio paradosso si ha soprattutto nei pretermine nei quali l’attività tonica dei muscoli intercostali è ridotta e risente fortemente degli impulsi inibitori durante il sonno REM; quindi la contrazione diaframmatica in fase inspiratoria causa la retrazione della gabbia toracica poiché non è contrastata da un incremento del tono riflesso dei muscoli intercostali. Quanto detto sinora non implica chiaramente che episodi di apnea neurogena intervengano solo nel sonno attivo Shannon () e Guilleminault () hanno dimostrato che alcuni tra i più gravi episodi di “blackout apnea’‘ si hanno nel sonno calmo. Tuttavia non pare ci siano dubbi su una maggior incidenza di apnee neurogene nel corso del sonno attivo (Gabriel –Hoppenbrouwers (). Anche in studi personali (Allemand ) tale maggior incidenza di apnee nel sonno attivo è apparsa chiaramente sia in neonati a termine che pretermine. Ecco quindi un aspetto particolarmente significativo dell’applicazione nella pratica neonatologica delle conoscenze sulla organizzazione del Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale sonno; è impossibile studiare correttamente l’apnea neurogena senza far riferimento agli stati del sonno. A conclusione di questo capitolo si può affermare quanto segue: vi è una stretta correlazione tra maturazione cerebrale ed evoluzione della attività elettroencefalografica e della organizzazione del sonno, così che ad ogni età gestazionale corrisponde una diversa “età bioelettrica” ed anche il sonno si struttura ontogeneticamente seguendo tappe fisse: da uno stato indifferenziato emerge alla a settimana il sonno attivo, alla a settimana il sonno calmo e alla a settimana la veglia; ma è solo nelle ultime settimane di gestazione che tali stati si strutturano compiutamente. L’esistenza della correlazione suddetta consente di determinare attraverso I’EEG l’età gestazionale o, in caso di discrepanza tra età gestazionale ed “età bioelettrica”, sospettare l’esistenza di una noxa che abbia bloccato i processi maturativi. Anche lo studio dell’organizzazione del sonno trova applicazioni in età neonatale. Una buona organizzazione del sonno è indice di integrità del S.N.C., soprattutto del tronco dell’encefalo; una assenza dell’organizzazione è invece un evento prognosticamente sfavorevole. Sono inoltre numerose le situazioni sia fisiologiche che patologiche correlate con gli stati del sonno; particolarmente significativa è in età neonatale l’apnea neurogena, strettamente correlata con il sonno attivo, correlazione questa che ha aperto nuove prospettive alla ricerca neurofisiologica in età neonatale. Capitolo IV L’EEG neonatale patologico Le noxae patogene che possono interessare il SNC del neonato sono molteplici e di conseguenza è frequente il riscontro di alterazioni EEG in soggetti degenti in reparti di patologia neonatale o di terapia intensiva. Il SNC può essere interessato sia da alterazioni transitorie di natura metabolica (ipoglicemia. iponatremia. ipocalcemia etc.) o, più generalmente, di tipo funzionale, sia da alterazioni primitivamente organiche quali la necrosi neuronale, le emorragie, le meningiti, le malformazioni etc. Naturalmente queste ultime sono considerate di gran lunga più preoccupanti delle prime, anche se una distinzione netta tra i due differenti gruppi eziologici non è assolutamente possibile (ad esempio una ipoglicemia persistente determina necrosi neuronale e, d’altro canto, l’encefalopatia ipossico–ischemica può accompagnarsi ad ipoglicemia, iponatremia, ipocalcemia etc.). Purtroppo la gran parte delle alterazioni EEG neonatali è aspecifica e sulla base di un singolo EEG non si può stabilire se ci si trovi di fronte a transitorie alterazioni di natura funzionale o metabolica o a un danno organico più permanente: basti pensare che un tracciato fortemente depresso può registrarsi a causa di una massiva somministrazione di benzodiazepine o a seguito di una crisi di apnea prolungata con rapida caduta della PO (Roberton ). Allo stesso modo può esserci un disturbo marcato della attività di fondo elettroencefalografica dopo una crisi convulsiva prolungata o negli istanti immediatamente seguenti un parto difficoltoso. Chiaramente tali alterazioni EEG sono molto spesso transitorie ma possono non essere distinte da alterazioni EEG più permanenti legate ad alterazioni neuropatologiche imponenti, se ci si basa sulle caratteristiche di un singolo tracciato. D’altra parte, un tracciato molto alterato registrato precocemente in caso di encefalopatie gravi spesso può apparentemente “normalizzarsi’‘ nei giorni e nelle settimane successive. Nella casistica riportata Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale da Tharp () nel % dei soggetti con sequele gravi che avevano presentato EEG patologici nei primi giorni di vita, l’ultimo tracciato registrato in età neonatale era normale. Se quindi un unico tracciato registrato subito dopo la nascita o comunque nella fase iniziale e acuta del processo morboso può indurre in errore apparendo a volte più grave di quanto presupponga l’evento patologico che lo sottintende, a causa di disturbi funzionali transitori, un unico tracciato registrato subito prima della dimissione, o comunque tardivamente, può essere ancora più fuorviante perché può indurre ad ottimismi mal riposti. L’unica soluzione a tale problema consiste nel registrare un tracciato precocemente, subito dopo che ha agito una noxa patogena, sia per fini diagnostici (ad esempio in caso di crisi convulsive solo EEG), sia per formulare un iniziale giudizio prognostico; giudizio che sarà comunque meglio precisato sulla base delle registrazioni successive. È infatti indispensabile ripetere frequentemente le registrazioni per seguire correttamente l’evoluzione del processo morboso e per chiarire meglio il giudizio di gravità, o effettuare monitoraggi molto prolungati. Il progressivo deteriorarsi dell’EEG o il persistere di alterazioni gravi impongono un giudizio prognostico severo; d’altra parte il normalizzarsi tardivo di tracciati inizialmente molto alterati non è elemento sufficiente per rendere la prognosi più favorevole. Quanto detto sino ad ora deve essere tenuto assolutamente presente se si vuole dare un giudizio corretto sulla patologia dell’EEG sia nel neonato a termine che pretermine; altrimenti si corre il rischio grave di mal interpretare un tracciato e di trasformare I’EEG da ottimo supporto per la clinica a strumento causa di errori e fraintendimenti. In definitiva, occorre tenere ben presenti i seguenti punti: a) un unico tracciato registrato nella fase post–acuta è non solo inutile ma pericoloso perché può facilmente indurre a formulare giudizi assolutamente non corrispondenti alla reale gravità dell’evento morboso; b) un tracciato registrato immediatamente dopo un evento acuto, se può essere molto utile dal punto di vista diagnostico, soprattutto in caso di convulsività, può apparire più gravemente alterato di quanto in realtà presupponga la patologia soggiacente perché può risentire di disturbi metabolici o “funzionali” transitori (Plouin ); . L’EEG neonatale patologico c) solo attraverso registrazioni continue di lunga durata o registrazioni seriate iniziate precocemente e proseguite per l’intero periodo neonatale, in fase acuta con cadenza ravvicinata (anche giornaliera), in fase post–acuta con cadenza più rallentata (generalmente settimanale), si può giungere ad un uso corretto della elettroencefalografia neonatale sia dal punto di vista diagnostico che, soprattutto, dal punto di vista prognostico. .. L’eeg patologico del neonato a termine Per miglior chiarezza espositiva verranno considerati separatamente le alterazioni della attività di fondo, le modificazioni della organizzazione spaziale e temporale e il sovraccarico di grafoelementi patologici. Alterazioni della attività di fondo — Tracciato inattivo, è un tracciato il cui voltaggio è permanentemente inferiore a microvolts (fig.); per poter affermare ciò con precisione occorre registrare con una potenza di , microvolts per mm., utilizzando voltaggi a lunga distanza e avendo cura di eliminare qualsiasi artefatto che possa simulare una attività cerebrale; bisogna inoltre registrare per almeno due ore e ripetere possibilmente la registrazione il giorno successivo. Nel corso delle prime ore di vita si possono registrare tracciati inattivi reversibili e, eccezionalmente, con evoluzione non del tutto sfavorevole; a partire dal ° giorno di vita la prognosi è catastrofica (Monod ). Il tracciato inattivo che è anche areattivo e senza organizzazione del sonno deve far ipotizzare lesioni necrotiche gravissime (Larroche ; Monod ). La persistenza di una organizzazione clinica del ciclo del sonno in un neonato con tracciato inattivo deve invece indurre a pensare ad una malformazione cerebrale grave. Tale tipo di tracciato generalmente scompare dopo la seconda settimana di vita. — Tracciato parossistico o permanente discontinuo è caratterizzato da bouffées composte di figure variabili (punte, ritmi theta e delta) sopravvenenti con discreta periodicità sui due emisferi, intervallate da periodi di tracciato inattivo (figg.–). Anche tale tracciato è areattivo, si accompagna a scomparsa del ciclo del sonno e comporta una Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale prognosi catastrofica (Monod ). Per lo più il tracciato parossistico si registra nella prima settimana di vita, più raramente nella seconda. Come il tracciato inattivo ha il suo corrispettivo anatomo–patologico nella necrosi neuronale massiva (Larroche ; Monod ). — Tracciato di basso voltaggio, è caratterizzato da un voltaggio di – microvolts (fig.); questo tipo di tracciato presenta spesso una labilità e una reattività e si accompagna a volte ad una organizzazione del ciclo del sonno. In tal caso nel sonno calmo può raggiungere anche i microvolts. La sua prognosi è grave solo se persiste al di là della seconda settimana di vita (Monod ); tale tracciato può evocare una anossia di modico grado, a volte un ematoma subdurale bilaterale o una malformazione cerebrale. — Tracciato di basso voltaggio con sovraccarico di grafoelementi patologici, differisce dal precedente per la presenza di ritmi theta o bouffées di elementi parossistici (fig.) o crisi elettriche o onde lente sovraccaricanti il tracciato di base; si accompagna ad una prognosi molto grave (Monod ) e traduce una sofferenza cerebrale diffusa su base anossico–ischemica con zone di necrosi localizzate ed edema cerebrale; la persistenza della organizzazione del sonno in questo tipo di tracciato rappresenta un elemento prognostico favorevole. — Tracciato ritmico, è un tracciato di voltaggio medio ma costituito essenzialmente da frequenze theta ritmiche anche nel sonno calmo. Tale tracciato conserva per lo più reattività, labilità ed organizzazione del sonno. Si riscontra spesso come tracciato intercritico soprattutto nelle crisi neonatali benigne e non comporta una prognosi sfavorevole. — tracciato lento, è caratterizzato da una attività lenta, continua e diffusa a ,/ c/s, d’ampiezza variabile e presente in tutti gli stati del sonno; si riscontra in caso di encefalopatia ipossico–ischemica, di meningiti batteriche e di alcune malattie metaboliche; la persistenza al di là della seconda settimana di questo tipo di tracciato comporta una prognosi sfavorevole. Modificazioni della organizzazione spaziale e temporale — Assenza di labilità, consiste in una assenza completa di variazione di ampiezza e di morfologia dei pattern EEG durante l’intero tracciato. Si riscontra soprattutto nei tracciati inattivi, parossistici, lenti, di basso voltaggio con sovraccarico di grafoelementi patologici. Induce ad un giudizio prognostico sfavorevole. . L’EEG neonatale patologico — Assenza di organizzazione spaziale, è caratterizzata da mancanza di differenziazione antero–posteriore ed è prognosticamente sfavorevole se persiste al di là della seconda settimana di vita. — Assenza di attività occipitale, è un evento raro ed ha un significato prognostico sfavorevole se si registra al di là della seconda settimana. — Asinergia e asincronia nel nato a termine, asinergia e asincronia marcate nell’attività tra i due emisferi si osservano frequentemente nel tracciato parossistico e nel tracciato di basso voltaggio con sovraccarico di grafoelementi patologici; rivestono un significato prognostico sfavorevole se registrate dopo la settimana di età gestazionale (fig.). — Asimmetrie, le asimmetrie di ampiezza sono frequenti (fig.–); spesso sono un artefatto legato a banali situazioni extracerebrali (infusioni epicraniche, tumore da parto, edema del cuoio capelluto) e, se incostanti, non rivestono alcun significato. Generalmente non sono in relazione a lesioni localizzate — le emorragie subdurali, ad esempio, eccezionalmente si accompagnano a depressione omolaterale dell’attività EEG (Allemand ). Rivestono un significato prognostico sfavorevole se sono persistenti e se la differenza è superiore al % (Varner ). Sovraccarico di grafoelementi patologici — “Encoches” frontali o onde aguzze difasiche frontali, sono, come si è visto nel capitolo dedicato alla maturazione EEG, un grafoelemento che appare fisiologicamente intorno alla a settimana di età gestazionale si distinguono in encoches frontali tipiche (fig.) ed atipiche. Vengono registrate in neonati perfettamente normali con una frequenza molto variabile: nel sonno calmo da un massimo di ogni secondi ad un minimo di ogni minuti; nel sonno attivo che segue la veglia molto più frequentemente che nel sonno attivo che segue il sonno calmo ( ogni minuti rispetto a ogni minuti–Statz ). Una frequenza abnormemente elevata di tali grafoelementi era stata riscontrata già nel da Dreyfus–Brisac in neonati con disturbi metabolici transitori. Arfel () ha attribuito un significato prognostico sfavorevole ad un eccesso di encoches frontali. Risultati di studi personali (Allemand ) hanno mostrato una correlazione tra eccesso di encoches frontali e alterazioni minori dello sviluppo neuromotorio, correlazione già ipotizzata da Tharp (). Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale — crisi elettriche, possono avere aspetti molto diversi: le crisi generalizzate sono rare; per lo più interessano solo una regione o più regioni di uno dei due emisferi; le aree rolandiche ed occipitali sono interessate più spesso di quelle frontali e temporali. Le crisi sono costituite da attività ritmica, ripetitiva, costituita da punte positive o negative, onde lente monomorfe a – c/s (fig.), onde aguzze (fig.), ritmi theta o pseudoalfa (fig.) con frequenza variabile da a c/s e con ampiezza di – microvolts interessanti generalmente le aree rolandiche ed occipitali. La loro durata è variabile (da pochi secondi, per lo più il minimo è , ad alcune decine di minuti) ed anche la sequenza dei vari patterns è molto variabile. La differenziazione tra crisi elettriche ed artefatti (polso, ECG, respiro, tremori) non sempre è facile, donde la necessità della registrazione simultanea dei parametri suddetti. Il rapporto tra crisi elettriche e cliniche è variabile; le crisi cloniche si accompagnano più di frequente a punte; le crisi toniche a treni di onde delta; i ritmi alfa/like si riscontrano spesso in corso di convulsioni apneizzanti (Passouant ; DreyfusBrisac ). Ma spesso le crisi sono solo elettriche o a traduzione unicamente vegetativa. Le crisi elettrocliniche tipiche hanno frequentemente una localizzazione rolandica. La presenza di dissociazione elettroclinica (crisi elettriche senza traduzione clinica o rare crisi cliniche senza traduzione elettrica ma con tracciato intercritico estremamente alterato) è di significato prognostico sfavorevole (Monod ). Le crisi elettriche isolate hanno una prognosi meno grave rispetto allo stato di male (successione di crisi subentranti per almeno un’ora con vigilanza alterata nella fase intercritica); la prognosi dipende comunque soprattutto dalla qualità del tracciato intercritico (Allemand – Lawrence ). — Disritmia lenta anteriore , differisce dalla attività fisiologica del sonno calmo perché caratterizzata da immagini più lente, ampie e monomorfe, inabitualmente ripetitive. Può riscontrarsi in caso di malattie metaboliche o di malformazioni e ha valore peggiorativo solo se persiste al di là della seconda settimana in neonati di età gestazionale maggiore di settimane. — attività beta ritmica, nella forma di “spindle delta bursts” appare molto raramente nell’EEG del neonato a termine (approssimativamente due grafoelementi ogni 0 ). Nel lavoro personale del un eccesso . L’EEG neonatale patologico di tali “brushes” è stato riscontrato più frequentemente in neonati che poi hanno presentato uno sviluppo neuromotorio modicamente problematico. — Attività alfa ritmica, Statz () afferma che si riscontra nel % de neonati perfettamente normali, con localizzazione predominante nelle regioni centrali e frontali; si tratta quindi di un reperto relativamente frequente in condizioni fisiologiche; tuttavia Monod () ha assegnato alla attività alfa ritmica non rolandica un significato prognostico sfavorevole. — Punte e onde aguzze, si tratta generalmente di grafoelementi con ampiezza minore di microvolts. Nella popolazione studiata da Statz () composta di neonati perfettamente normali, sono state riscontrate in tutti i soggetti nel corso del sonno calmo con una incidenza variabile da ogni 00 a ogni 00 . Al contrario nel sonno REM sono state riscontrate solo nel % dei neonati con una frequenza variabile da ogni 0 a ogni 0 . Nella veglia nel % dei neonati con una incidenza sempre inferiore a ogni 0 . Si tratta quindi di un evento relativamente frequente in condizione di perfetta normalità. Soprattutto, non va dimenticato che le punte rolandiche negative sono perfettamente fisiologiche nel corso del sonno calmo. Le punte frontali, temporali e occipitali sono apparse correlabili con sviluppo neuromotorio problematico se presenti con frequenza maggiore di quella sopra indicata (Allemand ). Monod () distingue le punte lente (di durata maggiore di msec.), senza alcun significato prognostico sfavorevole, dalle punte rapide (di durata minore di msec.), la cui prognosi varia con l’età; nell’ambito delle punte rapide l’Autrice distingue: — punte rapide localizzate ripetitive, persistenti per più di una settimana, a prognosi sfavorevole e indice di una sofferenza cerebrale grave, spesso localizzata (malformazioni, poroencefalia, eccezionalmente emorragia intracerebrale); — punte rapide sporadiche, a prognosi favorevole se registrate nel corso della prima settimana, a prognosi sfavorevole se registrate dopo la seconda settimana in soggetti di settimane di età gestazionale o più. Da quanto esposto sinora risulta evidente che per esprimere un giudizio sulla entità delle alterazioni EEG nel neonato a termine sia Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale molto più importante lo studio globale della attività di fondo e della organizzazione spaziale e temporale in relazione ai differenti stati comportamentali, piuttosto che la ricerca dei singoli grafoelementi e della loro localizzazione. È questa una delle peculiarità più significative della elettroencefalografia neonatale e si riflette anche sulla tecnica di registrazione che, finalizzata allo studio della organizzazione generale della attività EEG, deve utilizzare come già affermato, pochi montaggi e tempi di registrazione prolungati. Capitolo V L’EEG patologico del neonato pretermine Per molto tempo le caratteristiche del tracciato patologico del pretermine sono state mal definite anche se alcune alterazioni considerate come molto gravi erano già state descritte da Cukier () (le punte rolandiche positive frequenti secondo l’autrice nella emorragia intraventricolare del pretermine, in realtà molto più frequenti nella leucomalacia periventricolare); e da Lombroso () (regressione della maturazione bioelettrica in caso di sofferenza neurologica). Già alla fine degli anni e all’inizio degli anni , però, sono apparsi in letteratura lavori che hanno considerato in maniera più completa l’EEG patologico del pretermine ed hanno attribuito ad esso valore prognostico; sulla base di tali lavori (Tharp –) i tracciati del pretermine possono essere distinti in quattro gruppi a seconda della loro gravità; tale distinzione ha un sicuro valore prognostico (West ): a) anomalie maggiori; tracciato parossistico caratterizzato da attività permanentemente discontinua, non modificata da stimolazioni, priva di qualsiasi ritmo fisiologico tipico di quell’età gestazionale; tracciato inattivo; crisi elettriche con o senza traduzione clinica (fig.a); punte rolandiche positive (fig. ); asimmetria d’ampiezza superiore al % e persistente; asincronia permanente associata a punte multifocali e a bouffées di ritmi rapidi rolandici; b) anomalie moderate (fig.); tracciato di basso voltaggio nel quale i ritmi fisiologici tipici dell’età gestazionale del soggetto sono mal identificabili; asimmetria inferiore al % con ritmo di fondo considerato come anormale per l’età gestazionale del soggetto; asinergia considerata come eccessiva per l’età gestazionale del soggetto; ritmi rapidi tipici di una età gestazionale più immatura rispetto a quella del soggetto in esame; Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale c) tracciati subnormali; si tratta di tracciati presentanti anomalie non considerate nei due gruppi precedenti; d) tracciati normali; le caratteristiche di questi ultimi sono state considerate nel capitolo dedicato alla maturazione bioelettrica. Il significato prognostico di tale distinzione verrà estesamente considerato nel capitolo dedicato alla prognosi. Anche altri Autori in questi ultimi anni hanno sottolineato l’importanza dell’EEG nella sofferenza neurologica del neonato pretermine. Radvanyi () ha sottolineato l’importanza dell’EEG nel riconoscere crisi elettriche infracliniche o crisi cliniche atipiche, molto frequenti nei pretermine ed ha attribuito valore prognostico sfavorevole alla associazione di crisi EEG, alterazioni della attività di fondo e assenza di criteri maturativi. Ferrari () ha sostenuto giustamente che, proprio in quanto la sintomatologia del pretermine è aspecifica e indifferenziata, l’EEG rappresenta un aiuto prezioso essendo in grado di documentare la presenza di una sofferenza cerebrale, di indicarne la entità, di meglio caratterizzare le crisi convulsive atipiche. In definitiva, oggi esistono pochi dubbi sul valore dell’EEG nella sofferenza neurologica del neonato pretermine, sia perché l’EEG è spesso insostituibile nel diagnosticare le crisi convulsive (nel pretermine esiste più spesso che nel neonato a termine una dissociazione elettroclinica e spesso le crisi cliniche sono atipiche); sia perché esistono grafoelementi evocatori della leucomalacia periventricolare (le punte rolandiche positive) e della necrosi sottocorticale (punte temporali positive); sia perché, infine, l’EEG riveste valore prognostico (le anomalie maggiori si accompagnano a prognosi grave). L’evoluzione dell’EEG studiata con registrazioni seriate a diverse età gestazionali consente, anche attraverso la determinazione della maturazione bioelettrica e dell’ontogenesi dell’organizzazione del sonno, di acquisire elementi indicativi riguardo all’entità del danno subito dal S.N.C. e ai possibili meccanismi di recupero di quest’ultimo. Capitolo VI Valore prognostico dell’EEG neonatale È obbligatorio dedicare un capitolo a parte al valore prognostico dell’EEG neonatale, anche se cenni su questo argomento sono stati già fatti nei capitoli precedenti, perché l’apporto che I’EEG può dare nella formulazione precoce di un giudizio prognostico è forse l’aspetto più significativo di tutta l’elettroencefalografia neonatale. Per lungo tempo il valore prognostico dell’EEG è stato un problema controverso: alcuni Autori negavano qualsiasi valore all’EEG neonatale (Harris e Tizard , Torres e Blaw ); altri, sulla base dei risultati di studi longitudinali lo ritenevano invece utile (Dreyfus Brisac , Engel , Dubois–Dalcq , Monod e Ducas ); altri ancora sostenevano che neonati ad alto rischio presentavano tracciati più alterati rispetto a neonati a basso rischio (Imperato , Landucci–Rubini e Faienza , Rosen e Satran , , , Tibbles e Prichard ). Tali differenze erano indubbiamente dovute alla difficoltà di condurre adeguati studi longitudinali, ma anche alla difficoltà di classificare correttamente le alterazioni EEG. Il lavoro pubblicato da Monod nel , basato sullo studio di neonati ha poi dimostrato inequivocabilmente per il neonato a termine e per il “late preterm” che esistono numerose alterazioni EEG correlate con sequele neurologiche a distanza, mentre, d’altro lato, un tracciato neonatale normale si accompagna generalmente ad una evoluzione favorevole. Tale lavoro riveste una importanza capitale nell’ambito dell’elettroencefalografia neonatale ed occorre quindi illustrarne i risultati estensivamente L’attività di fondo è la caratteristica EEG più utile ai fini prognostici (Nosralla ); nella Tabella I sono schematizzati e semplificati i risultati ottenuti da Monod. In pratica, un EEG di fondo normale ha una prognosi sostanzialmente favorevole (i casi a prognosi sfavorevole sono tutti deceduti Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale per cause extracerebrali), mentre, al contrario, il tracciato inattivo, il tracciato parossistico, il tracciato di basso voltaggio + grafoelementi patologici (ritmi theta, crisi, bouffées parossistiche) hanno tutti una prognosi catastrofica. Il tracciato lento e quello di basso voltaggio sono a prognosi sfavorevole se persistono al di là della seconda settimana di vita. Per quanto riguarda le alterazioni della organizzazione spaziale e temporale il lavoro di Monod attribuisce importanza in senso peggiorativo per la prognosi alla assenza di labilità, alla marcata asinergia, alla attività occipitale persistentemente di basso voltaggio e alla asimmetria molto marcata e persistente associata alla asincronia. Per quanto concerne le alterazioni localizzate, le crisi EEG rivestono un significato prognostico sfavorevole soprattutto quando si ha la cosiddetta dissociazione elettroclinica e quando le crisi sono di tipo multifocale, in accordo quest’ultimo dato con quanto già affermato da Rose e Lombroso (). Riguardo alle punte, solo quelle rapide, ripetitive e localizzate, persistenti per più di una settimana sono a prognosi sfavorevole, come pure i ritmi beta con ampiezza maggiore di microvolts e i ritmi delta e subdelta diffusi e ripetuti. I risultati del lavoro di Monod sono tuttora la base per la attribuzione del valore prognostico all’EEG del neonato a termine; tra gli apporti successivi più significativi vanno segnalati quelli di Varner () che ha dimostrato l’importanza delle asimmetrie di ampiezza di valore superiore al %, di Arfel () che ha meglio caratterizzato il significato prognosticamente sfavorevole dell’eccesso di punte difasiche frontali, di Tharp () che nella sua eccellente review ha meglio caratterizzato i limiti tra EEG patologico ed EEG normale. Holmes () ha confermato che la attività di fondo elettroencefalografica è un parametro eccellente per predire l’evoluzione neurologica di neonati a termine con asfissia, più sensibile dell’esame neurologico clinico: il tracciato inattivo, quello di basso voltaggio e quello a tipo “burst suppression” sono risultati fortemente correlabili con sequele neurologiche gravi. Anche il lavoro di Caravale () ha confermato il valore prognostico molto alto dell’EEG in soggetti con encefalopatia neonatale. Dati significativi sul valore prognostico dell’EEG nel pretermine sono apparsi in letteratura molto più tardi; il primo Autore che ha pubblicato un lavoro su questo argomento è stato Ellingson () che . Valore prognostico dell’EEG neonatale An. EEG. mag. ev. sequele norm. min. sequele mag. morti Tabella . però ha studiato solo le caratteristiche elettroencefalografiche maturative in una popolazione di pretermine apparentemente normali. Le conclusioni dell’Autore sono state che lo studio della sequenza maturativa dell’EEG è di scarsa utilità nel predire l’evoluzione neurologica a distanza (nella popolazione in esame le caratteristiche maturative dell’EEG erano sempre risultate normali, mentre al follow up il % di questi soggetti risultò con anomalie neurologiche). Ma è con lo studio di Tharp, Cukier e Monod (–) che si è sufficientemente chiarito il valore prognostico dell’EEG anche nei pretermine: basandosi sulla distinzione delle anomalie EEG in gruppi, come riportato nel capitolo precedente, gli Autori hanno dimostrato una correlazione statisticamente molto significativa tra anomalie EEG “maggiori’‘ e prognosi sfavorevole; per quanto concerne il gruppo delle anomalie moderate, il valore prognostico è risultato meno evidente, mentre un giudizio prognostico favorevole è possibile attribuire a coloro che per tutto il periodo neonatale presentino tracciati normali o solo moderatamente alterati. Negli anni successivi ricerche riguardanti il valore prognostico dell’EEG neonatale sono state condotte anche nell’Università di Roma. Allemand nel ha studiato le correlazioni tra l’evoluzione a distanza ed alcune caratteristiche EEG neonatali (attività di fondo, labilità, organizzazione del sonno, crisi EEG, grafoelementi patologici) in soggetti, pretermine e a termine. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza che alterazioni gravi della attività di fondo, assenza di labilità, assenza di organizzazione del sonno, presenza di crisi EEG, si accompagnano nel neonato a termine a prognosi molto grave e sono in grado di distinguere una popolazione a prognosi infausta da una popolazione con evoluzione normale o moderatamente alterata; nei neonati pretermine la presenza di anomalie “maggiori” secondo Tharp () è risultata correlabile con evoluzione sfavorevole. Tali Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale risultati sono sostanzialmente in accordo con quanto riportato in letteratura e confermano quindi le conclusioni riportate precedentemente. Ma particolarmente degno di nota è il risultato delle ricerche personali riguardanti i grafoelementi patologici (encoches frontali, attività beta ritmica, punte ed onde aguzze, disritmia lenta anteriore) sovraccaricanti un tracciato di voltaggio normale (Allemand ). Questo parametro era stato sempre considerato dai diversi Autori che si sono interessati di elettroencefalografia neonatale di significato relativo; la presenza in grado eccessivo (superiore ai limiti riportati da Statz nel ) di grafoelementi “patologici” è risultata invece ben correlabile con una maggior incidenza di problemi lievi di sviluppo neurologico. L’EEG normale è quindi in grado non solo di discriminare una popolazione a prognosi molto grave, ma anche una popolazione con problemi lievi di sviluppo; e ciò è di grande interesse perché induce a considerare I’EEG neonatale strumento capace di contribuire ad individuare una patologia neurologica più sfumata, fino ad ora spesso misconosciuta, ma che è quella di più frequente riscontro e quindi, forse, la più importante attualmente. Negli ultimi anni apporti importanti sono stati quelli di Le Bihannic () sul valore prognostico dell’EEG nei pretermine al di sotto delle settimane, che attualmente sono la popolazione più importante in neonatologia. E di Almubarak sui nati a termine () che ha confermato la grande validità prognostica dell’EEG neonatale. Capitolo VII L’EEG in patologia neurologica neonatale .. Le convulsioni neonatali La convulsività rappresenta indubbiamente il campo di applicazione più importante dell’elettroencefalografia neonatale: I’EEG è infatti utile e spesso insostituibile per far diagnosi di crisi convulsive e dà anche un apporto significativo alla formulazione di un giudizio prognostico precoce. Diagnosi Il S.N.C. del neonato permette difficilmente la sincronizzazione delle scariche cellulari e non riesce a generare né punte ad alta frequenza né potenziali post–sinaptici eccitatori, caratteristiche queste che sembrano formare il substrato per la epilettogenesi del cervello maturo; la rete sinaptica non è ancora sufficientemente sviluppata, la mielinizzazione dendritica non è completa e ciò ostacola la propagazione delle scariche convulsive, impedendo sia la diffusione transcorticale che la sincronizzazione bilaterale (Cavazzuti ). In realtà, studi successivi (Patrizi ) hanno dimostrato che anche nei pretermine la crisi elettrica è in grado di diffondere e generalizzarsi abbastanza agevolmente. Sulla base di questi accenni di neurofisiologia e neuroanatomia si comprende come le crisi neonatali siano molto spesso parziali, a volte con una sintomatologia clinica molto sfumata, ambigua, addirittura completamente assente; e questo è ancor più vero in alcune situazioni particolari: l’interessamento delle strutture del tronco cerebrale (presenza soprattutto di crisi atipiche quali l’apnea convulsivante, le crisi oculogire, il nistagmo, la suzione stereotipata etc.), la prematurità (nel pretermine più che nel neonato a termine esiste una dissociazione elettroclinica con crisi esclusivamente elettroencefalografiche e le crisi cliniche sono frequentemente atipiche); la curarizzazione di neonati in respiratore (nella casistica di Coen [] presentavano crisi Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale esclusivamente EEG soggetti su ; si imporrebbe quindi per questi soggetti una monitorizzazione elettroencefalografica continua). Ne deriva quindi necessariamente che in molti casi la diagnosi di crisi è possibile solo con l’ausilio dell’EEG. È vero che in rarissime circostanze possono aversi crisi cliniche indubbie senza corrispettivo EEG con tracciato generalmente inattivo (l’encefalo è talmente danneggiato da non riuscire nemmeno a “convulsivare’‘); ma è molto più frequente che si verifichi la situazione opposta: la presenza di crisi esclusivamente EEG o atipiche dal punto di vista clinico non altrimenti diagnosticabili con sicurezza che attraverso I’EEG (Fig. –). E la diagnosi immediata di crisi convulsive è spesso di importanza capitale per iniziare il trattamento e impedire il ripetersi di tali fenomeni. Non vi sono dubbi infatti sul rischio che ogni crisi rappresenta per l’integrità del S.N.C. anche quando si tratti di crisi atipiche (Goldberg ; Perlman ). I meccanismi più importanti attraverso i quali crisi convulsive ripetute possono causare danno cerebrale sono rappresentati dalla deplezione energetica, dall’iperafflusso cerebrale e dall’effetto tossico del glutammato che produce una cascata di eventi simile a quella dell’EII. Più in dettaglio, in caso di crisi può aversi ipoventilazione grave e apnea con conseguente ipossia e ipercapnia. L’ipossia è di per sé un’importante causa di danno, soprattutto se il S.N.C. è già stato gravemente compromesso (lbrahim ) e può inoltre determinare collasso cardiovascolare e conseguente ischemia cerebrale. L’ipercapnia, insieme all’aumento di lattato e di H+ secondari alla attivazione della glicolisi anaerobia, ed insieme all’aumento della pressione arteriosa dimostrata da Lou () in caso anche di crisi atipiche, determina aumento marcato del flusso cerebrale, evento questo evidenziato da Perlman e Volpe () tramite la tecnica Doppler anche in soggetti pretermine con crisi “minime” ; tale aumento del flusso può causare emorragia a livello della zona germinativa. Ma crisi ripetute possono essere all’origine di danno cerebrale anche a prescindere dai disturbi della ventilazione e della perfusione. Le crisi determinano aumento marcato del metabolismo cellulare (Pape e Wigglesworth ), conseguente consumo rapido di glucosio cerebrale e di ATP e danno strutturale neuronale. E marcato aumento della produzione di glutammato con apertura dei canali del calcio e successivo danno strutturale. . L’EEG in patologia neurologica neonatale In effetti crisi ripetute e difficilmente controllabili con la terapia si accompagnano ad evoluzione più sfavorevole (Allemand ) e questi risultati sono un contributo clinico a favore dell’ipotesi che le crisi convulsive siano di per sé dannose. Occorre quindi ribadire la necessità assoluta di registrazioni EEG ripetute in tutti i casi in cui si sospetti la possibilità di crisi clinicamente difficili da diagnosticare. D’altra parte, se spesso I’EEG è indispensabile per riconoscere le crisi convulsive, a volte è allo stesso modo indispensabile per escluderle. Esistono infatti numerose situazioni che possono simulare perfettamente crisi convulsive senza esserlo; nella gran parte dei casi si tratta di eventi facilmente confondibili con le crisi atipiche (apnee “neurogene”, segni oculari, cloni palpebrali quasi impercettibili, etc.), ma possono simulare crisi anche le ipertonie posturali, i cloni e i tremori a bassa frequenza e, in generale, tutto il corteo sintomatologico della sindrome da ipereccitabilità. Di particolare interesse è il lavoro di Ishizaki () che ha dimostrato come lo stesso midazolam sia in grado di determinare movimenti parossistici capaci di mimare una crisi. In tal caso per non continuare a curare con un farmaco antiepilettico pseudo crisi causate dal farmaco stesso, l’apporto dell’EEG è insostituibile. Anche in questo ambito, spesso, quindi, senza l’aiuto dell’EEG possono commettersi degli errori di valutazione e far diagnosi precipitosamente di convulsioni con conseguente intervento terapeutico del tutto ingiustificato. L’EEG può essere utile anche per chiarire l’eziologia di alcune crisi convulsive. Infatti, la cessazione delle crisi registrate sull’EEG a seguito di somministrazione di un metabolita che si sa o si suppone carente (calcio, magnesio etc.) è la miglior prova di una eziologia primitivamente metabolica della crisi. Viceversa, la persistenza della crisi nonostante la somministrazione del metabolita mancante induce ad ipotizzare un’eziologia primitivamente diversa da quella metabolica e lo squilibrio metabolico soltanto un epifenomeno. Prognosi: il tracciato EEG intercritico è il più importante fattore nel determinare la prognosi a distanza delle convulsioni neonatali (Monod ; Rose e Lombroso ; Allemand ); nella Tabella . sono riportati i risultati della casistica personale. In particolare, i tracciati con anomalie Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale EEG normali Deceduti Seq. gravi Seq. lievi Normali Persi Totale Anomalie moderate Anomalie Anomalie gravi gravissime X , P<, Tabella .: Prognosi delle convulsioni neonatali in funzione del tracciato EEG intercritico gravissime (inattivo e parossistico) e i tracciati con anomalie gravi (lento e di basso voltaggio+grafoelementi patologici) hanno sempre una prognosi gravissima, mentre, al contrario, un tracciato intercritico normale ha sostanzialmente una prognosi favorevole. Inoltre le anomalie unifocali hanno una prognosi migliore delle anomalie multifocali (Rose e Lombroso ). Valore prognostico ha anche la presenza o l’assenza di correlazione tra caratteristiche EEG e caratteristiche cliniche: se si osserva una buona correlazione elettroclinica la prognosi è meno sfavorevole che se si riscontra una dissociazione elettroclinica (Monod ), cioè crisi EEG senza corrispettivo clinico e crisi cliniche senza corrispettivo EEG. Secondo Rose e Lombroso () rivestono significato prognostico sfavorevole segni clinici atipici che si accompagnino a chiari segni EEG. Lo studio della organizzazione del sonno è un altro elemento utile per la prognosi: l’assenza di organizzazione del sonno per due o tre giorni è un segno prognostico sfavorevole, mentre la persistenza dell’organizzazione del sonno (con maggiore o minore corrispondenza tra parametri comportamentali e EEG) può accompagnarsi sia ad evoluzione favorevole che sfavorevole (Allemand ). . L’EEG in patologia neurologica neonatale .. Encefalopatia ipossico–ischemica Per encefalopatia ipossico–ischemica (EII) si intendono i quadri neuropatologici e clinici caratteristici del danno cerebrale neonatale su base ipossica e/o schemica. L’E.I.I. costituisce tuttora il capitolo più significativo della neurologia neonatale e la causa più importante di sequele neurologiche a distanza. È nell’ambito di tale patologia che I’EEG dà un contributo utile ed è per questo che tratterò maggiormente questo argomento. Per comprendere adeguatamente l’apporto che I’EEG può dare dal punto di vista della diagnosi, delle correlazioni con i dati neuropatologici e della prognosi a distanza occorre considerare, anche se brevemente, la fisiopatologia del danno cerebrale e gli aspetti neurologici clinici. Fisiopatologia I meccanismi eziopatogenetici e le caratteristiche neuropatologiche differiscono nettamente a seconda che si tratti di neonato a termine o pretermine. ) Neonato a termine. Il danno su base ipossico–ischernica nel neonato a termine è caratterizzato dall’edema cerebrale e dalla necrosi neuronale a carico della corteccia, del tronco, dei nuclei della base e del talamo. Estremamente utili per comprendere l’insorgenza di tali alterazioni sono gli studi sperimentali storici compiuti sulle scimmie: i primi lavori sono stati realizzati da Rank e Windle (); nel corso dei due decenni successivi Myers e il suo gruppo hanno ripreso e perfezionato queste prime esperienze; verrà qui preso in considerazione essenzialmente il lavoro del i cui risultati sono sufficientemente sovrapponibili ai dati della patologia umana, pur tenendo presente che la qualità e l’intensità degli insulti ipossico–schemici non possono mai essere ben caratterizzati nell’uomo. Myers ha realizzato due forme di sofferenza cerebrale in base a circostanze sperimentali ben definite: l’asfissia parziale e l’asfissia totale. Quest’ultima viene realizzata nella scimmia neonata per clampaggio del cordone ombelicale e la testa del feto è mantenuta in un sacco di plastica riempito di soluzione fisiologica al fine di impedire qualsiasi atto respiratorio. L’asfissia parziale, che rappresenta il modello animale che più può aiutare nella compren- Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale sione della patogenesi del danno nell’uomo, può essere realizzata in differenti modi: — compressione della aorta addominale della madre con riduzione del flusso utero–placentare e dunque degli scambi gassosi madre–figlio; — perfusione di ossitocici alla madre che determini anomalie nella contrazione uterina e quindi della perfusione placentare; — inalazione da parte della madre di fluotano, che diminuisce la pressione sistemica; o di monossido di carbonio, che riduce le capacità di fissazione dell’ ossigeno. Nella clinica, in realtà, circostanze schematiche si realizzano raramente; anche se si ha una asfissia totale, ad essa generalmente si associa una asfissia parziale più prolungata; comunque questo studio iniziale ha dimostrato chiaramente il rapporto tra ipossia intrauterina e tipo di danno cerebrale. Sempre sulla base di questi primi esperimenti si è stabilito che esiste un valore soglia di contenuto di ossigeno al di sotto del quale si ha il danno cerebrale; tale valore corrisponde a ,–, vol.% ed è enormemente più basso di quello che determina alterazioni della frequenza cardiaca fetale (,–, vol.%); la gravità della ipossia, dunque, giuoca un ruolo essenziale nel determinare il danno. Tuttavia ci si è ben presto resi conto che altri fattori intervengono; ulteriori studi sperimentali (Myers ) hanno dimostrato l’importanza nel determinismo del danno dell’accumulo di lattato nel tessuto cerebrale; ad una concentrazione di – micromoli/g di tessuto il lattato determina profonde trasformazioni delle proprietà della membrana cellulare, ingresso di liquido nel comparto intracellulare, edema e distruzione tissutale; la produzione di lattato aumenta evidentemente in condizioni di glicolisi anaerobia, ma sarà tanto maggiore quanto più glucosio è disponibile. Questi ultimi dati non possono essere trasferiti agevolmente nella pratica clinica; inducono comunque a cercare di evitare situazioni che conducono alla iperglicemia (stress, abuso delle soluzioni glucosate) in condizioni a rischio per l’ipossia cerebrale. In sintesi, dai primi studi sperimentali si ricava che il danno si verifica se il contenuto di ossigeno scende a valori pari o inferiori al % del normale e se tale evento è sufficientemente prolungato nel tempo; che comunque agiscono anche altri elementi metabolici più sottili; . L’EEG in patologia neurologica neonatale tra questi sembra giuocare un ruolo importante l’aumento di concentrazione di lattato. La fisiopatologia del danno a questo punto può essere così schematizzata: se si determina una asfissia intrauterina si ha una generale redistribuzione del flusso ematico con aumentata perfusione di cervello, cuore e surrene e una diminuita perfusione degli altri organi; inizialmente, quindi, vi è un aumento del flusso cerebrale al fine di mantenere un adeguato apporto di ossigeno e glucosio: se l’ipossia persiste le cellule cominciano ad essere carenti in ossigeno e, verosimilmente attraverso un iniziale accumulo di lattato, si ha un aumento del contenuto in acqua del cervello e passaggio di liquidi dallo spazio extracellulare a quello intracellulare con conseguente iniziale edema cerebrale; contemporaneamente aumenta la pCO che inizialmente determina aumento del flusso cerebrale; ma, successivamente, l’acidosi tissutale secondaria sia all’ipercapnia sia all’accumulo di lattato causa una grave alterazione della autoregolazione del flusso cerebrale che in alcune zone comincia a ridursi; si hanno zone focali di ischemia che poi aumentano determinando danno cellulare ed edema generalizzato; quest’ultimo determina aumento della pressione intracranica che a sua volta fa diminuire il flusso cerebrale, producendo una ischemia con riduzione ulteriore di apporto di O alle cellule, minor possibilità di eliminare i radicali acidi e conseguente necrosi (Allemand ). Tale schema interpretativo è stato largamente condiviso ed assegna un ruolo fondamentale all’edema cerebrale nel determinismo del danno. Ma anche un altro schema fisiopatologico può essere ipotizzato ed è sostenuto da Autori quali Lou () e Volpe (). In base a tale schema l’edema non giocherebbe un ruolo nella patogenesi del danno ma sarebbe un evento terminale, mentre i parametri decisivi sarebbero l’ipotensione arteriosa sistemica, la perdita di autoregolazione e conseguente marcata riduzione del flusso ematico cerebrale con conseguente necrosi. Questa seconda ipotesi può senz’altro verificarsi quando in patologia umana si riproducono le condizioni tipiche dell’asfissia totale che anche sperimentalmente non determina edema; del resto in circa la metà dei neonati con E.I.I. non si hanno i segni clinici della ipertensione endocranica (Brown ) che possano far ipotizzare l’ esistenza di un edema cerebrale imponente. Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale Si può quindi ragionevolmente sostenere che entrambi gli schemi di interpretazione patogenetica siano verosimili in situazioni differenti e che, anzi, uno degli scopi principali del clinico sia quello di capire se ci si trovi di fronte ad un quadro ormai conclamato di necrosi neuronale per il quale si è sostanzialmente disarmati o ad una situazione in cui sia l’edema l’evento patologico dominante e nell’ambito della quale interventi terapeutici sono possibili e auspicabili. E l’EEG dà un contributo notevolissimo alla comprensione di questo problema: se infatti si registra un tracciato inattivo o parossistico o di basso voltaggio + bouffées parossistiche, con assenza di labilità, assenza dell’ organizzazione del sonno e dell’organizzazione spaziale e presenza di crisi EEG spesso ripetute, non vi sono dubbi che il corrispettivo neuropatologico sia la necrosi neuronale massiva interessante spesso sia il tronco che la corteccia cerebrale; e tale certezza può raggiungersi molto precocemente, quando altri supporti strumentali quali l’ecoencefalografia o la stessa RMN sono di modesto aiuto. Se invece l’attività di fondo è meno alterata con EEG di basso voltaggio, persistenza dell’organizzazione del sonno, presenza di crisi EEG sporadiche e contemporaneamente vi sono segni clinici o strumentali di ipertensione endocranica e diminuzione della pulsatilità dei vasi all’ecografia, si può ragionevolmente sostenere che ci si trovi di fronte ad un quadro di edema cerebrale citotossico. In tal caso si deve prendere in seria considerazione la possibilità di un trattamento mediante restrizione dei liquidi, apporto appena sufficiente di glucosio, phenobarbital in caso di crisi e, se si è esclusa la presenza di emorragia intracranica, si può ipotizzare l’utilizzo del mannitolo al %. Fenichel () riporta effetti drammatici del mannitolo sul voltaggio dell’EEG che aumenta significativamente dopo l’ infusione. Successivamente si è molto valorizzato il ruolo degli aminoacidi eccitatori quali il glutammato nel determinismo del danno: in caso di insulto ipossico–ischemico si ha un aumento di produzione di tale neurotrasmettitore e una riduzione del reuptake. Ciò comporta un aumento marcato della concentrazione di glutammato nello spazio sinaptico e una apertura totale e prolungata dei canali del sodio e del calcio con possibile morte neuronale sia precoce che, più frequentemente, tardiva. In questi ultimi anni, però, si è capito che i danni maggiori si hanno durante la fase di riperfusione che avviene nelle ore succes- . L’EEG in patologia neurologica neonatale sive alla noxa patogena iposssico–ischemica. I clinici hanno quindi potenzialmente il tempo di intervenire prima che il danno divenga irreparabile. La terapia più efficace sembra essere attualmente il cooling, come verrà descritto più in dettaglio successivamente e gli altri tentativi terapeutici (diuretici, antiepilettici, calcio–antagonisti, solfato di magnesio etc.) sono stati progressivamente abbandonati. ) Neonato pretermine Il danno cerebrale ipossico nel pretermine è del tutto diverso da quello del neonato a termine, sia dal punto di vista neuropatologico sia fisiopatologico; questo è n relazione al differente grado di maturazione sia del tessuto cerebrale sia del letto vascolare; nel pretermine le alterazioni cerebrali predominanti sono: a) l’emorragia della zona germinativa e la conseguente emorragia intraventricolare, la cui patogenesi non è ancora ben chiara ma che sicuramente è in relazione anche con la ipossia; b) la leucomalacia periventricolare, lesione più tipicamente ischemica. La patogenesi di queste lesioni può essere così schematizzata: in condizioni di ipossia e/o di ipercapnia si ha vasodilatazione e aumento del flusso cerebrale, aumento che si verifica anche in seguito a sbalzi improvvisi di pressione sistemica, quando il sistema autoregolatore del flusso cerebrale è inefficace (e l’anossia lo rende inefficace — Lou ); la vasodilatazione persistente determina iperperfusione; l’acidosi secondaria alla ipercapnia e all’accumulo di lattato determina danno endoteliale; si costituiscono quindi condizioni favorenti la rottura di vasi sottili, rottura che avviene a livello della zona germinativa, più irrorata nel pretermine: si determina quindi emorragia subependimale e, per rottura dell’ependima, emorragia intraventricolare. L’emorragia può determinare riduzione del flusso cerebrale attraverso una riduzione della pressione sistemica e può quindi complicarsi con lesioni ischemiche. La leucomalacia può quindi essere una complicanza dell’emorragia ma, più spesso, si produce autonomamente attraverso un deficit di perfusione delle zone di confine tra arterie cerebrali centripete e centrifu- Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale ghe, zone di confine che sono appunto le zone periventricolari. Sperimentalmente la leucomalacia periventricolare è stata prodotta in feti di pecora sottoposti nel corso dell’ultimo terzo di gravidanza a marcata ipossia senza contemporanea ipercapnia e acidosi; sembrerebbe quindi che il meccanismo patogenetico all’origine della leucomalacia possa essere sia l’ischemia che l’ipossia pura. Anche nel caso dell’E.I.I. del pretermine I’EEG può dare un apporto chiarificatore. Innanzi tutto, come già detto nel capitolo sulla convulsività, I’EEG è un elemento insostituibile nel far diagnosi di crisi convulsive nel pretermine ; e le crisi sono una componente di primaria importanza del quadro clinico della EI.I. Inoltre, sia in caso di emorragia peri–intraventricolare che di leucomalacia, le alterazioni EEG sono generalmente molto significative, tipo “anomalie maggiori” secondo Tharp (); infine, in caso di emorragia l’incidenza di punte rolandiche positive è significativamente minore che se ci si trova di fronte ad una lesione leucomalacica, di cui costituisce grafoelemento quasi patognomonico (tale argomento verrà ripreso più estesamente nel capitolo dedicato alle emorragie intracraniche). Segni Clinici Usualmente la sintomatologia della encefalopatia ipossico–ischemica viene suddivisa in tre gradi progressivi di gravità (Sarnat ; Amiel– Tison ). Già questi Autori, quindi, avevano enucleato le caratteristiche EEG tipiche dei tre gradi di E.I.I.; sulla base della esperienza personale ritengo che quanto affermato da Sarnat sia sostanzialmente corretto anche se, a mio avviso, alcune modifiche dovrebbero essere apportate: nel grado I l’EEG è normale sia nella veglia che nel sonno attivo e calmo; del resto, come già ampiamente sottolineato, è difficile registrare tracciati di veglia sufficientemente lunghi e senza artefatti. Nel grado il tracciato di basso voltaggio è caratterizzato da ritmi di frequenza molto variabile, dalla banda delta alla beta ed è il più tipico di tale stato, mentre il cosiddetto tracciato periodico, che in questo testo è stato definito “di basso voltaggio + grafoelementi patologici”, si riscontra più di frequente nel grado . Nel grado non necessariamente il tracciato parossistico precede quello inattivo. A volte il quadro EEG iniziale è . L’EEG in patologia neurologica neonatale già il tracciato piatto; inoltre, abbastanza frequentemente, al contrario di quanto affermato da Sarnat, si riscontrano crisi EEG, spesso con dissociazione elettroclinica. Le caratteristiche EEG nei tre gradi di E.I.I. potrebbero essere quindi schematizzate nel seguente modo: Grado Att. di fondo normale ciclo dei sonno presente Grado Tracciato di basso voltaggio ciclo del sonno alterato crisi elettrocliniche Grado Tracciato inattivo e parossistico ciclo del sonno assente crisi con dissociazione elettroclinica Comunque non vi sono dubbi che il tracciato piatto e il tracciato parossistico siano i tracciati tipici del grado della E.I.I.: se il primo è indice naturalmente di necrosi massiva e generalizzata, il secondo potrebbe essere interpretato come espressione della perdita dei ritmi corticali intrinseci (fase inattiva) e della conservazione della capacità di risposta corticale agli stimoli provenienti dal talamo e dal tronco (fase di attività parossistica). Un tracciato simile si riscontra fisiologicamente nei soggetti pretermine di – settimane che hanno un inadeguato sviluppo sinaptico corticale. Nei soggetti a termine con E.I.I. di grado si ha verosimilmente un disturbo grave della trasmissione sinaptica a livello corticale e I’EEG diventa simile a quello normale del pretermine che fisiologicamente ha un numero di sinapsi ridotto. La suddivisione in tre gradi della E.I.I. sulla base della sintomatologia clinica e dei segni EEG è di grandissima importanza dal punto di vista prognostico: la prognosi è favorevole per il grado , gravissima per il grado , mentre per il grado la prognosi è favorevole se i segni clinici ed EEG tornano nella norma entro giorni e se la anamnesi è negativa per i criteri di rischio proposti da Scheiner nel e da Allemand (– ). In effetti l’apporto che I’EEG può dare nel formulare un giudizio prognostico precoce in neonati con E.I.I. è di grandissima importanza. Sarnat riconosce ai seguenti quadri EEG valore prognostico sfavorevole: tracciato inattivo, tracciato parossistico, tracciato di basso voltaggio Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale + grafoelementi patologici persistente per più di giorni, passaggio da un tracciato periodico ad uno abnormemente lento e di basso voltaggio. Monod () suddivide le alterazioni EEG in anomalie moderate, anomalie gravi e anomalie gravissime. Gli ultimi due gruppi sono a prognosi sfavorevole e sono rappresentati dal tracciato di basso voltaggio + grafoelementi patologici, dal tracciato parossistico e da quello inattivo. D’altro canto un tracciato normale si accompagna generalmente ad evoluzione favorevole. A risultati analoghi è giunto Holmes () secondo il quale EEG normali o con “ritardo maturativo” hanno una prognosi favorevole, mentre il tracciato di basso voltaggio, l’inattivo e il parossistico, prognosi sfavorevole. In definitiva, non vi sono dubbi sul valore prognostico che l’attività EEG di fondo riveste nell’ambito della E.I.I..Anzi, l’apporto che in questo senso I’EEG può dare non ha eguali sia per precocità che per precisione (Lamblin –Walsh –Walsh –Flisberg ). .. Emorragie intracraniche Le emorragie intracraniche sono un importante problema anatomo– patologico e clinico, a causa dell’elevata frequenza con cui si verificano e della prognosi severa che spesso comportano. Negli ultimi anni l’incidenza relativa delle varie forme di emorragia è cambiata profondamente: ad una marcata riduzione delle emorragie su base traumatica, quali l‘emorragia subdurale, riduzione legata al miglioramento della assistenza ostetrica, ha fatto riscontro un aumento marcato delle emorragie della zona germinativa e peri–intraventricolari tipiche dei pretermine, causato dalla aumentata sopravvivenza di questi ultimi a seguito dei rapidi progressi avvenuti nella terapia intensiva neonatale. I tipi principali di emorragia intracranica neonatale sono esposti da Volpe (). Vedremo adesso quale apporto può dare in questo campo della patologia neonatale l’elettroencefalografia. Emorragia subdurale: nella maggior parte dei casi l’emorragia è bilaterale e si accompagna a necrosi neuronale su base ipossico– ischemica; è evidente. quindi, che si manifesta solo eccezionalmente con dei segni EEG di tipo focale, quali depressione parziale della attività di fondo, crisi EEG focali, punte aguzze a focolaio. . L’EEG in patologia neurologica neonatale Per lo più I’EEG è l’espressione delle lesioni anossico–ischemiche che frequentemente accompagnano tale emorragia e si ha quindi il tracciato piatto, il tracciato parossistico etc. (Allemand ). Nei rari casi in cui l’emorragia è l’evento patologico dominante, per lo più si hanno tracciati di basso voltaggio non specifici, raramente con asimmetria di ampiezza tra i due emisferi (fig. ) e con crisi elettriche, queste ultime molto più frequenti in caso di contemporanea presenza di necrosi neuronale. L’apporto dell’EEG alla diagnosi di emorragia subdurale è quindi di scarso rilievo; tuttavia in alcuni casi una lesione monolaterale può effettivamente tradursi in alterazioni EEG di tipo focale e persistenti (fig.–); in tal caso è consigliabile ricorrere alle neuroimmagini (Tharp ). Emorragia subaracnoidea: non ha un corrispettivo elettroencefalografico specifico; per lo più I’EEG è normale o solo modicamente alterato con incidenza più elevata della norma di punte rapide o onde aguzze. In tali casi il quadro clinico è praticamente silente; a volte possono essere presenti crisi EEG ma con tracciato intercritico sempre alterato in maniera modesta. Solo quando l’emorragia subaracnoidea si accompagna anche a grave necrosi neuronale su base ipossica o ischemica, l’attività di fondo EEG è gravemente alterata e, come già detto per l’emorragia subdurale, le alterazioni EEG sono in relazione con la necrosi e non con l’emorragia subaracnoidea. Emorragia della zona germinativa e intraventricolare: la patogenesi di questa che è la più importante catteristica neuropatologica del pretermine è stata trattata schematicamente nel capitolo precedente. Qui verranno considerati esclusivamente gli aspetti EEG a complemento di quanto detto nel capitolo sulla E.I.I. Nel Cukier ha pubblicato uno studio su neonati con emorragia intraventricolare sospettata clinicamente o accertata al tavolo anatomico; I’EEG di di questi neonati presentava onde aguzze rolandiche positive di alto voltaggio e tale grafoelemento fu considerato caratteristico della emorragia intraventricolare. Murat () ha ottenuto risultati simili pur trovando le punte rolandiche positive (PRP) anche in pretermine senza emorragia intraventricolare ma con patologia di altra natura (leucomalacia, meningite, etc.); tuttavia egli conclude che l’elevata incidenza di punte rolandiche positive si associa significativamente all’emorragia intraventricolare. In entrambi questi studi la diagnosi di emorragia era fatta su base clinica o post–mortem. Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale Successivamente, con l’avvento soprattutto dell’ecoencefalografia e della RMN cerebrale si è dimostrato che l’emorragia della zona germinativa è un evento molto più frequente di quanto si potesse sospettare (sarebbe presente nel % dei soggetti di peso inferiore a g secondo Papile ) e il significato diagnostico delle punte rolandiche positive si è ridimensionato: in uno studio riportato da Tharp () l’incidenza di tale grafoelemento nei soggetti con emorragia era solo del %; nel lavoro di Watanabe () di poco superiore al %; entrambi gli Autori sottolineano però il valore prognostico dell’elettroencefalogramma in tali soggetti, superiore, secondo Watanabe, rispetto alle neuroimmagini; e propongono già allora l’ipotesi che all’origine delle PRP ci sia soprattutto l’ischemia. Inoltre, anche se le punte rolandiche positive non possono più essere considerate una caratteristica specifica della emorragia intraventricolare, non vi è dubbio che pretermine presentanti tale grafoelemento debbano essere esaminati ecograficamente al fine di accertare o di escludere la presenza di emorragia, ma soprattutto per mettere in evidenza la presenza di una lesione ischemica periventricolare. Si è infatti capito sempre di più negli ultimi decenni che all’origine delle PRP ci può essere qualsiasi causa che determini necrosi periventricolare, in particolare la leucomalacia. Si può ritenere che i casi descritti da Cukier fossero tutti accompagnati da infarcimento emorragico della sostanza bianca o da copresenza di necrosi ischemica. .. L’EEG nelle infezioni del SNC Le opinioni circa l‘utilità dell’EEG nelle infezioni del SNC sono molto controverse e certamente scarsa è la letteratura in proposito. Nei lavori più importanti l’EEG è nominato molto raramente e per lo più con poche frasi che sottolineano la aspecificità dei reperti. Sono invece numerose le circostanze in cui I’EEG può intervenire in modo utile come supporto alla clinica, unitamente, è chiaro, a tutti gli altri elementi semeiologici di laboratorio che rimangono primari. In questo capitolo prenderemo in considerazione l’utilità o meno dell’EEG rispetto alla diagnosi, I’EEG come parametro di controllo dell’evoluzione della forma morbosa e della efficacia della terapia nei casi in cui questo sia possibile e specificamente nel caso del- . L’EEG in patologia neurologica neonatale le meningiti batteriche; e infine la significatività o meno dei quadri eettroencefalografici rispetto alla prognosi a distanza. ) Meningiti batteriche. Nonostante che la loro incidenza sia fortunatamente ridotta rispetto al passato, rappresentano comunque un evento clinico di primaria importanza, soprattutto in considerazione del fatto che la prognosi favorevole è strettamente legata alla diagnosi precoce e alla terapia immediata così da giungere il più presto possibile alla sterilizzazione del liquor. La prima domanda che ci si deve porre è se esistono delle anomalie elettroencefalografiche specifiche delle meningiti batteriche. La risposta è negativa: i quadri elettroencefalografici sono gli stessi che si riscontrano in altre affezioni acute del S.N.C. (encefalopatia ipossico–ischemica, emorragia intracranica). Anche perché le lesioni anatomopatologiche in caso di meningite sono soprattutto su base ipossico–ischemico–emorragica. a) alterazioni della attività di fondo: raramente il tracciato inattivo e il tracciato parossistico; più spesso il tracciato di basso voltaggio, a volte con sovraccarico di bouffées parossistiche e di ritmi theta, e il tracciato lento. Si tratta di tracciati già incontrati nella E.I.I e ciò non è strano se si considera, come già accennato, che può essere presente una necrosi cerebrale severa e che l’edema vasogenico e citotossico sono una delle caratteristiche più tipiche del quadro neuropatologico delle meningiti batteriche; b) alterazioni della organizzazione spaziale e temporale: può esservi asinergia interemisferica, asincronia, mancanza di labilità, asimmetrie di ampiezza e frequenza; c) alterazioni dell’organizzazione del sonno: raramente si ha assenza del ciclo del sonno; più spesso si ha un disturbo della normale relazione tra i vari parametri fisiologici che costituiscono uno stato e conseguente impossibilità o, almeno, difficoltà a classificare gli stati stessi; d) presenza di grafoelementi patologici: possono aversi crisi elettriche (fig. ) e punte di localizzazione variabile. Posta questa grossa limitazione all’utilità dell’EEG nella diagnosi di meningite, vediamo in quali circostanze esso può essere di qualche aiuto Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale (Klinger ). In genere si è d’accordo nel dire che in caso di meningite i segni clinici aspecifici, non neurologici in senso stretto, sono i primi ad apparire. Ebbene, in questa fase spesso I’EEG è già alterato; in particolare è l’organizzazione degli stati ad essere alterata molto presto. L’EEG quindi può indirizzare precocemente il clinico verso una affezione acuta del S.N.C. in assenza di una sintomatologia neurologica eclatante. Inoltre, anche in caso di convulsioni che sono il sintomo iniziale neurologico più frequente non è raro, soprattutto nei pretermine, che la estrinsecazione clinica delle crisi sia assente o a tipo convulsioni atipiche, ambedue circostanze nelle quali solo la registrazione poligrafica permette di evidenziare la sintomatologia convulsiva. L’EEG, quindi, pur non essendo direttamente utile alla diagnosi di meningite, può in qualche caso essere indirettamente di ausilio mostrando alterazioni quando la sintomatologia è ancora ambigua e evidenziando una sintomatologia convulsiva clinicamente latente. Per quanto riguarda la prognosi a distanza non vi è dubbio che I’EEG rivesta un significato maggiore. L’apporto dell’EEG alla formulazione della prognosi può essere così schematizzato: a) perché il tracciato abbia valore prognostico occorre che venga registrato all’inizio del processo morboso; un tracciato tardivo è di molta minore utilità essendo già intervenuta la terapia a mascherare sensibilmente il quadro. Da qui la necessità di registrazioni precoci; quanto detto, valido sempre in elettroencefalografia neonatale, è stato dimostrato per le meningiti da Lerique (); b) la presenza di crisi elettriche ripetute e difficilmente controllabili terapeuticamente ha influenza negativa sulla prognosi. Comunque è l’attività intercritica ad essere più significativa in proposito; c) la prognosi è peggiore quando le anomalie elettroencefalografiche persistono nonostante la terapia. Nella casistica di Lerique in casi i tracciati migliorarono a seguito dell’intervento terapeutico: di questi ebbero una evoluzione favorevole, soltanto morirono; dei casi con anomalie persistenti nonostante il trattamento, uno solo ha avuto una evoluzione favorevole; gli altri sono tutti deceduti o hanno mostrato sequele gravissime. . L’EEG in patologia neurologica neonatale In definitiva, un tracciato iniziale anormale e che rimane anormale nonostante la terapia ben difficilmente si accompagna ad evoluzione favorevole; se quindi l’EEG è di scarso aiuto al momento della diagnosi di meningite, fornisce però dati significativi sulla severità del danno cerebrale e sulla prognosi a distanza. Anche l’aEEG si è dimostrato di alto valore prognostico nelle sepsi e nelle meningiti neonatali (ter Horst ). ) Infezioni connatali. Prima di prendere specificamente in considerazione le più importanti tra le forme connatali, cercheremo di mettere in luce alcune caratteristiche generali, comuni alle varie affezioni: da una parte l’estremo polimorfismo delle lesioni a livello centrale nel caso dello stesso tipo di infezione si accompagna necessariamente ad una estrema variabilità dei quadri EEG (si può andare da tracciati praticamente normali fino al tracciato inattivo nel caso dell’idranencefalia); d’altro canto, la similarità di lesioni del S.N.C. in differenti eventi morbosi può accompagnarsi a quadri elettroencefalografici sovrapponibili pur essendo l’agente eziologico diverso: le alterazioni elettroencefalografiche, quindi, sono correlate soprattutto con il tipo e l’estensione della lesione a prescindere dall’agente eziologico (Dreyfus–Brisac ). Poste queste premesse appare chiaro come sia estremamente difficile enucleare anomalie elettroencefalografiche specifiche e quindi di aiuto diagnostico; per lo più le anomalie sono aspecifiche. Nonostante ciò numerosi Autori hanno cercato di raggiungere qualche risultato positivo: nel caso della toxoplasmosi, ad esempio, Monnier e Bamatter () giunsero alla conclusione che esisteva un quadro elettroencefalografico specifico della toxoplasmosi connatale caratterizzato da assenza del ritmo alfa nelle regioni occipitali, rallentamento diffuso, asimmetria ìnteremisferica, presenza di punte e bouffées parossistiche, a volte in relazione alle aree con calcificazioni; tali aspetti caratteristici non sono poi stati riscontrati da altri Autori: Lalisse (), Fiorillo (), Laget e Salbreux () hanno tutti sostenuto la aspecificità dell’EEG, sovrapponibile e a quello di altre affezioni del S.NC.; non solo, ma questi Autori, come pure Collomb (), sottolineano che è proprio in età neonatale che il tracciato è meno caratteristico, presentando spesso solo alterazioni della organizzazione temporo–spaziale con asimmetria, asincronia ed asinergia interemisferica. Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale Sulla base dell’ esperienza personale, crediamo che alle alterazioni suddette si debbano aggiungere anche la presenza di graoelementi patologici sovraccaricanti il tracciato, di crisi elettriche e alterazioni della organizzazione del sonno, senza dimenticare che nel caso dell’idranencefalia si ha un tracciato piatto. Per quanto riguarda la rosolia connatale, Desmont (), nella sua serie di pazienti studiati dal punto di vista elettroencefalografico ha trovato anomalie nel % dei casi. Tale percentuale si innalza però di molto se ci si limita ai tracciati del primo mese di vita; una più alta percentuale di anomalie EEG fu riscontrata in neonati che poi giunsero all’exitus e nei neonati con cataratta; EEG anormale fu trovato con frequenza uguale nei neonati con convulsioni rispetto a quelli senza convulsioni; le anomalie che Desmont sottolinea di più e che sono state riportate anche da Barnet () sono: la presenza di onde difasiche di alto voltaggio; la presenza di onde ritmiche di alto voltaggio soprattutto sulle regioni frontali; l’esistenza di caratteristiche elettroencefalografiche tipiche dei pretermine nei neonati a termine. Si tratta comunque di alterazioni non specifiche e quindi poco utilizzabili per la diagnosi. Lo stesso discorso vale per le alterazioni della attività di base e le alterazioni focali descritte per la malattia citomegalica e per il rallentamento diffuso descritto per la meningoencefalite luetica. Nonostante tali limiti, numerosi Autori sostengono comunque l’importanza dell’EEG nel caso di infezioni connatali (Dreyfus–Brisac , Allemand , Tharp ); vi sarebbe infatti correlazione tra entità e tipo del danno a livello cerebrale e entità delle alterazioni EEG; il tracciato sarebbe quindi di grande aiuto nell’indicare la severità delle lesioni: non è questa, ad ogni modo una opinione universalmente sostenuta. Lalisse (), ad esempio, e Collomb (), limitatamente alla toxoplasmosi, sostengono che in età neonatale, nonostante alterazioni anatomiche estese, possono esservi solo lievi anomalie EEG. Sulla base dell’esperienza personale credo sia più sostenibile la prima ipotesi e cioè che vi sia correlazione, anche se non in modo assoluto, tra gravità delle lesioni anatomiche e gravità delle alterazioni EEG. Va inoltre ribadito qui quello che è stato già sottolineato nel caso delle meningiti batteriche e cioè che I’EEG, permettendo di far diagnosi di crisi convulsive quando l’espressione clinica è dubbia o assente, indirizza subito il pediatra verso una affezione grave del S,N.C.; questo, . L’EEG in patologia neurologica neonatale evidentemente, nel caso non raro che la sintomatologia neurologica esordisca con le convulsioni. ) Meningo–encefalite da herpes virus. È questo l’unico caso di infezione connatale del S.N.C. con un quadro EEG più specifico; la prima descrizione dell’elettroencefalogramma nella encefalite erpetica è stata fatta da Radermecker nel ; successivamente sono stati segnalati accuratamente gli elementi EEG caratterisitici di questa forma morbosa nell’adulto: in un primo stadio, molto precoce, è presente una attività delta polimorfa che interessa soprattutto le regioni temporo–insulari, spesso predominante da un lato; molto presto appare l’attività periodica tipica, caratterizzata da onde aguzze stereotipe, pseudoregolari che sopravvengono ad intervallo di – secondi, generalmente su un solo lato; l’attività periodica non è specifica in senso assoluto della encefalite da herpes, ma è più specifico il fatto che essa sia, almeno all’inizio, focale e che la periodicità sia di tipo breve secondo la definizione di Gaches () cioè con intervallo inferiore a secondi. Tale quadro è stato poi riscontrato in animali da laboratorio inoculati con herpes virus. Sternberg e Lerique () l’hanno descritto nei lattanti; Estivill e Monod () nel neonato: la sintomatologia neurologica era iniziata in a giornata di vita con convulsioni e al primo tracciato registrato tra due crisi il neonato aveva mostrato attività ritmica a – c/s sull’emisfero destro, inabituale in età neonatale, e punte negative rolandiche destre presentanti una certa periodicità nel sonno calmo; a giorni di vita il tracciato mostrava delle oscillazioni lente con sovrapposte punte negative che apparivano sempre nella medesima fase dell’onda lenta (fig. ); tali complessi erano localizzati in rolandica destra ed erano presenti in entrambi gli stati del sonno con la stessa periodicità, si aveva quindi un quadro con attività periodica focale e con periodicità breve, le caratteristiche tipiche cioè dell’EEG nell’encefalite erpetica; a giorni l’attività cominciò a degradarsi, le punte rolandiche scomparvero e persistette solo l’attività lenta identica nei due stati del sonno (fig. ); a giorni il tracciato divenne inattivo ma con persistenza di un ciclo del sonno organizzato, verosimilmente perchè le strutture troncoencefaliche erano rimaste integre. Tharp () sostiene che oltre a questo quadro periodico esistono altre due possibili alterazioni EEG: Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale a) onde lente di ampiezza modesta, monomorfe, intervallate da tratti di tracciato inattivo o di basso voltaggio b) presenza di onde aguzze unifocali o multifocali spesso positive, frequentemente associate a crisi EEG. Quindi si può affermare con Radermecker che i patterns elettroencefalografici, tipici anche se transitori, unitamente ai dati clinici, possono far porre diagnosi di encefalite necrotizzante da herpes virus e permettere l’inizio della terapia in attesa della conferma che verrà dagli studi immunologici e dalla biopsia. In conclusione si può affermare: a) nel caso delle meningiti batteriche le alterazioni elettroencefalografiche non sono specifiche; l’EEG è però utile ai fini della prognosi: alle alterazioni più gravi corrisponde una prognosi peggiore; in particolare la prognosi è sfavorevole se le anomalie EEG persistono nonostante il trattamento; b) anche nel caso della gran parte delle infezioni connatali le anomalie EEG sono aspecifiche ma sono generalmente più o meno severe a seconda del tipo e della estensione delle lesioni del S.N.C.; I’EEG è quindi di aiuto nell’indicare la severità della patologia; c) nel caso della meningo–encefalite erpetica le anomalie EEG sono specifiche, caratterizzate da attività periodica con periodicità breve; I’EEG in questo caso può essere quindi utile per la diagnosi. In definitiva, nonostante i grossi limiti sottolineati nel corso della trattazione, I’EEG neonatale è utile anche nel caso delle infezioni del S.N.C. È importante però che all’EEG non si richiedano risposte impossibili e che esso venga considerato per quello che realmente è e cioè un mezzo utile ma, indubbiamente, tranne forse nel caso della encefalite erpetica, subalterno rispetto alla clinica e agli altri accertamenti di laboratorio. . L’EEG in patologia neurologica neonatale .. Malformazioni cerebrali e anomalie cromosomiche Considerata la grande varietà di alterazioni neuropatologiche possibili, è naturale che anche le anomalie EEG siano molteplici; possono aversi tracciati inattivi o di basso voltaggio, spesso dovuti a lesioni corticali; si riscontrano a volte crisi elettriche, inattività localizzate, sovraccarico di grafoelementi patologici di vario tipo: disritmia lenta anteriore, onde delta ritmiche, ritmi rapidi. Tali alterazioni EEG usualmente sono aspecifiche ma possono suggerire la diagnosi se sono considerate nel contesto della storia clinica. Se un tracciato fortemente alterato è registrato in un soggetto con malformazioni o dismorfismi e con una storia negativa per problemi perinatali, è indicato ovviamente l’uso della RMN cerebrale. Interessanti sono anche gli studi sulla organizzazione del sonno in soggetti con malformazioni cerebrali e/o anomalie cromosomiche: la gran parte hanno un sonno ridotto in durata e una maggiore quantità di veglia. Quando dormono, il loro sonno è spesso molto disturbato: in genere in ogni stato vi è una scarsa correlazione tra i vari parametri che concorrono a determinarlo e questo comporta un aumento dello stato indifferenziato (fino al %) e una marcata riduzione del sonno attivo e calmo. Nei soggetti con sindrome di Down una riduzione del sonno attivo era stata descritta da Jouvet (); i dati personali depongono per una riduzione anche del sonno calmo. Le correlazioni tra alterazioni dell’organizzazione del sonno e lesioni neuropatologiche sono difficili a porsi: è stato descritto da Theorell () un caso di idrocefalia nel quale l’assenza di attività corticale si accompagnava a persistenza dei parametri comportamentali che determinano la organizzazione del sonno; in generale la persistenza dell’organizzazione del sonno e del sonno attivo si ha in soggetti con tronco cerebrale normale e normale locus coeruleus, ma l’assenza del sonno attivo non significa necessariamente che tronco e locus coeruleus siano anormali; l’assenza di sonno attivo è quindi un segno negativo di minor valore che deve essere confermato da ripetute registrazioni. Riassumendo, la persistenza del ciclo del sonno in un neonato con malformazioni cerebrali depone per l’integrità del tronco cerebrale, ma l’assenza del sonno attivo non è necessariamente indice di alte- Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale razione del tronco e del locus coeruleus; una assenza completa di organizzazione si ritrova per lo più in neonati con alterazioni diffuse sia del tronco che della corteccia. .. Disturbi metabolici ... Errori congeniti del metabolismo L’EEG in un soggetto affetto da errore congenito del metabolismo è spesso molto alterato (Seppalainen e Simila ; Mises ; Dreyfus– Brisac ). Bouffées parossistiche e crisi EEG sono i quadri più comuni. Nella gran parte dei casi le anomalie EEG non sono specifiche ma nell’acidemia metil–malonica, nell’acidemia isovalerica, nell’iperglicinemia non chetotica e nella leucinosi sono state descritte alterazioni più specifiche caratterizzate da attività periodica con complessi costituiti da onde aguzze di alto voltaggio (DreyfusBrisac ). Molto studiato è stato anche il rapporto tra Early Myoclonic Encephalopathy con il suo caratteristico tracciato “suppression burst” e diverse malattie metaboliche, in particolare l’iperglicinemia non chetotica (Rossi ). ... Alterazioni metaboliche transitorie Le alterazioni più frequentemente riscontrabili sono: l’ipoglicemia; l’ipocalcemia con o senza ipomagnesiemia; l’iponatremia; l’ipernatremia. In tutte queste condizioni possono aversi crisi convulsive; si tratta generalmente di crisi elettrocliniche che scompaiono a seguito di un trattamento adeguato su base eziologica. La persistenza delle crisi nonostante la correzione dello squilibrio metabolico deve indurre a considerare le convulsioni non ad eziologia primitivamente metabolica ma determinate da una causa che è all’origine sia delle crisi sia del disturbo metabolico (ad esempio l’encefalopatia ipossico–ischemica che si accompagna frequentemente ad ipoglicemia, ipocalcemia, iponatremia). A volte un disturbo metabolico non trattato tempestivamente (ad esempio una ipoglicemia persistente) può di per sé determinare un danno a livello neuronale di tipo necrotico e le crisi possono quindi persistere nonostante la correzione dello squilibrio metabolico. . L’EEG in patologia neurologica neonatale Se il disturbo è primitivamente metabolico e transitorio, I’EEG intercritico è solo moderatamente alterato, con presenza in grado eccessivo di encoches frontali, di disritmia lenta anteriore e di ritmi theta, questi ultimi abbondanti soprattutto dopo una crisi, e tende a normalizzarsi rapidamente dopo la correzione dello squilibrio metabolico (Dreyfus–Brisac ). Capitolo VIII L’ aEEG (CFM) In collaborazione con M. Stanca, C. Dosi, C. Ferone Negli ultimi anni il monitoraggio elettroencefalografico continuo è arrivato ad affiancare nelle unità di terapia intensiva neonatale i monitoraggi di altri parametri fisiologici che già da tempo erano stati introdotti come l’ECG, l’ossimetria, la temperatura corporea e la pressione sanguigna. Questo ritardo nell’utilizzo dell’EEG nelle TIN è dovuto sia ad una maggiore difficoltà di registrazione ed interpretazione, che rende ostico trarre delle accurate conclusioni sullo sviluppo neurologico del neonato anche allo specialista più esperto, sia a problemi tecnici di gestione del neonato sottoposto a cure intensive che impediscono o rendono estremamente complesso il posizionamento stabile degli elettrodi sullo scalpo per un tempo che superi qualche ora. Questi inconvenienti hanno spinto a sviluppare strumenti di monitoraggio sempre più sofisticati che rilevano tracciati semplificati e compressi nel tempo, meglio compatibili con le cure intensive. I due principali mezzi strumentali si basano, il primo su variazioni in ampiezza (aEEG), il secondo sulle variazioni di frequenza (CSA). L’interpretazione del tracciato aEEG dipende fortemente dalla conoscenza del normale sviluppo dell’EEG dal periodo di prematurità precoce allo stadio di post– termine. Questo include anche i pattern elettroencefalografici nelle differenti fasi del ciclo sonno–veglia a differente età gestazionale (fig.). Informazioni riguardanti asimmetria e sincronia emisferica, la frequenza nell’attività elettroencefalografica delle burst, la presenza di figure elettroencefalografiche specifiche di significato clinico e prognostico come delta brush, punte positive rolandiche etc. non sono rilevabili all’aEEG. Di conseguenza è sempre raccomandato un EEG Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale convenzionale per la loro rilevazione, da affiancare alla metodica semplificata di monitoraggio. Lo sviluppo evolutivo normale dei pattern dell’aEEG–CFM nei neonati di differente età gestazionale segue lo sviluppo dell’EEG. In parallelo con studi elettroencefalografici, si riscontrano nell’aEEG variazioni cicliche corrispondenti ai differenti stati sonno–veglia. Il periodo di traccia stretta nell’aEEG rappresenta l’ attività più continua durante la veglia o il sonno attivo, e il periodo di traccia larga rappresenta l’ attività più discontinua durante il sonno calmo. Negli studi aEEG i pattern di ciclo sonno–veglia sono stati visti anche in registrazioni di neonati pretermine al di sotto delle settimane di gestazione. Corrispondentemente al graduale passaggio dal pattern di tracciato discontinuo in neonati pretermine con attività interburst di voltaggio molto basso al tracciato alternante del neonato a termine, il livello di attività minima del tracciato CFM aumenta progressivamente. Nei neonati a termine patologici all’interno delle terapie intensive neonatali c’è una buona concordanza tra l’aEEG e l’EEG convenzionale nella stima del grado di patologia dell’attività di fondo e nell’identificazione di pattern di crisi. In questo manuale abbiamo usato la seguente classificazione dell’attività di base dell’aEEG nei nati a termine: — il pattern di voltaggio normale e continuo (CNV) con voltaggio – microvolts con periodi di aumentata variabilità dovuta al sonno calmo; — attività di base discontinua ; periodi di attività di voltaggio molto basso (suppression) alternati ad attività di alto voltaggio (burst); — voltaggio prevalentemente continuo e di voltaggio normale con periodi di voltaggio intermittente più discontinuo; — attività di base di voltaggio basso; — voltaggio molto basso, soprattutto tracciato inattivo con attività sotto i microvolts. È difficile differenziare un tracciato di fondo discontinuo dal burst suppression nei neonati molto prematuri con un pattern di tracciato discontinuo e periodi interburst di ampiezza molto bassa. La quantificazione degli intervalli fra le fasi di burst o il conto delle burst/h può dare informazioni aggiuntive rispetto al solo giudizio visivo del tracciato CFM. . L’ aEEG (CFM) Nei prematuri e nei nati a termine patologici con attività di fondo discontinua, lo stimolo al risveglio dovuto all’accudimento o a procedure diagnostiche spesso causa periodi transitori di attività EEG continua. Nel tracciato aEEG, questo è visibile come un periodo di incremento del livello minimo del tracciato. Questo effetto può essere scambiato erroneamente per un momento isolato di attività convulsiva. Quindi, l’handling del bambino dovrebbe sempre essere annotato sul tracciato, per non correre il rischio di sovrastimare l’attività critica. Occasionalmente, un’attiva stimolazione può causare uno passaggio più prolungato dall’attività discontinua alla continua. In neonati a termine con una migliore condizione di salute che presentano il pattern CNV, la stimolazione al risveglio causa un transitorio aumento delle componenti EEG di bassa ampiezza e alta frequenza e una diminuzione delle componenti a bassa frequenza. Questo di solito non produce uno shift individuabile nel tracciato aEEG presentato in scala logaritmica o semilogaritmica. Questa è probabilmente la ragione per cui la presenza o l’assenza della risposta al risveglio nel tracciato aEEG non è stato provato avere un significato prognostico. A volte, procedure di assistenza frequenti nei neonati prematuri sembrano causare un deterioramento di un pattern discontinuo, piuttosto che un effetto di attivazione. .. Errori e avvertenze Per ridurre il rischio di errori di interpretazione occorre seguire obbligatoriamente le seguenti regole: — l’aEEG dovrebbe sempre essere calibrato prima di ogni registrazione; — quando calibrato, il livello zero è il più importante e dovrebbe essere perfettamente corretto; — durante registrazioni di lunga durata l’aEEG dovrebbe essere calibrato ogni ore; — l’impedenza durante la registrazione dovrebbe essere tenuta costantemente sotto i kΩ; — la ventilazione ad alta frequenza può rendere la registrazione aEEG inattendibile; Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale — non applicare gli elettrodi ad ago sulla fontanella o a livello delle suture; — non applicare gli elettrodi sopra cefaloematomi o altre anomalie del cranio; — non posizionare gli elettrodi a contatto con il lettino; — annotazioni frequenti durante la registrazione renderanno la fase di lettura più agevole; — nei bambini sottoposti a registrazione aEEG andrebbe sempre fatta almeno una registrazione convenzionale EEG. .. aEEG e le convulsioni neonatali Il rilevamento di attività convulsiva è una delle indicazioni principali per il monitoraggio aEEG nei neonati (Hakeem ). Le convulsioni sono un evenienza piuttosto comune nei neonati con patologia neurologica o che abbiano presentato un distress respiratorio grave. Le convulsioni sono spesso secondarie e causate da disturbi transitori nell’apporto di ossigeno al cervello, nel metabolismo cellulare e nel flusso ematico cerebrale. Le cause più comuni di convulsioni nei neonati sono l’encefalopatia ipossico–ischemica, l’emorragia intracranica, le alterazioni metaboliche e le infezione del sistema nervoso centrale. Le malformazioni cerebrali congenite sono relativamente rare, ma possono causare convulsioni severe e ricorrenti. L’incidenza di convulsioni in una unità di terapia intensiva neonatale sono variabili a seconda della popolazione, dei criteri diagnostici e dei metodi in uso per porre diagnosi. Quando era un criterio diagnostico per la diagnosi di convulsioni neonatali l’attività convulsiva clinica e/o una registrazione EEG standard, l’incidenza in una popolazione di TIN era del ,%. Quando l’EEG convenzionale e l’aEEG erano combinati per diagnosticare i neonati con convulsioni, l’incidenza saliva al , %. Comunque la prevalenza di attività convulsiva può salire fino al % quando si attua un monitoraggio EEG continuo in una popolazione selezionata ad alto rischio. Convulsioni elettroencefalografiche probabilmente non sono infrequenti in neonati durante L’ECMO. In più, oltre il –% dei neonati pretermine che stanno sviluppando un emorragia della matrice ger- . L’ aEEG (CFM) minativa o altre lesioni ischemico – emorragiche presentano attività convulsiva, spesso subdola o del tutto subclinica. Neonati moderatamente pretermine (– settimane di EG) sembrerebbero avere la minor incidenza di convulsioni. Ci sono alcuni aspetti delle convulsioni del neonato, come abbiamo già detto, che sono peculiari del periodo neonatale: la maggioranza delle convulsioni neonatali sono subcliniche o si presentano solo con sintomi lievi (Mizrahi ). Non è infrequente che un bambino in una TIN abbia convulsioni subcliniche che perdurano per diverse ore. Non è affatto eccezionale inoltre che le convulsioni clinicamente manifeste proseguano in forma di convulsioni subcliniche dopo la somministrazione di un farmaco (Hellstrom–Westas ). Le convulsioni neonatali possono essere difficili da distinguere dagli altri movimenti del paziente. Si è infatti dimostrato, facendo uso del video EEG, che il sospetto clinico di convulsione spesso non si accompagna alle convulsioni elettroencefalografiche. Un metodo per distinguere le convulsioni cliniche da altri movimenti è stato suggerito da Volpe (). Movimenti da irritabilità, miocloni del sonno e altre manifestazioni non epilettiche cessano con la flessione passiva del segmento interessato. La maggior parte dei neonati con convulsioni presenta sia episodi clinici che subclinici. Le convulsioni neonatali, come abbiamo già accennato, sono di difficile diagnosi attraverso la sola osservazione clinica. Un approccio diagnostico che includa accurata osservazione clinica o monitoraggio video, monitoraggio aEEG in neonati ad alto rischio e EEG standard a completamento dell’aEEG rappresenta l’optimum per diagnosticare correttamente le convulsioni neonatali. La convulsività neonatale è associata ad aumento della mortalità e ad outcome neurologico avverso. Convulsioni non trattabili o associate a un EEG di fondo che presenti anomalie severe ha la prognosi peggiore. Recenti dati indicano che le convulsioni subcliniche e brevi scariche ritmiche sono spesso associate ad un andamento negativo (Allemand ). Le convulsioni non sono associate con un outcome severo nei neonati asfittici con HIE lieve, ma sono correlati con un peggior quadro esitale nei neonati con un quadro di HIE moderato o severo. Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale Il trattamento dell’attività convulsivante subclinica può essere associata con un minor rischio di successiva recrudescenza, anche se questo fatto non è stato verificato con studi randomizzati controllati. Gli studi che hanno analizzato i possibili effetti negativi dell’attività convulsiva sull’encefalo del neonato hanno dato risultati contrastanti. Ci sono differenti punti di vista sul fatto che le convulsioni subcliniche necessitino o meno di una terapia farmacologica, ma sembra ragionevole concludere che sia importante diagnosticare le convulsioni subcliniche nei neonati in modo da mettere il neonatologo nella posizione di prendere le giuste decisioni. Le convulsioni hanno caratteri sia clinici che elettroencefalografici vari. Possono essere focali o generalizzate; possono apparire singolarmente o come convulsioni ripetitive di durata variabile e con un intervallo intercritico variabile. I corrispettivi EEG sono solitamente ritmici e variabili nella frequenza, nell’ampiezza, nella durata e nella localizzazione. La durata minima di un pattern EEG ritmico per essere classificato come un episodio convulsivo neonatale varia nei diversi studi, ma è di solito di almeno – secondi. I pattern aEEG di convulsione neonatale sono a volte difficili da diagnosticare poiché possono essere tipo attività continua ritmica lenta o di voltaggio molto basso e non sempre contengono onde aguzze. Nella maggioranza dei casi, però, l’EEG standard è dirimente. L’attività convulsiva nell’aEEG è discernibile perché rappresenta un cambiamento transitorio (sia in frequenza che in ampiezza) dell’attività elettrocorticale di fondo (fig.). L’attività convulsiva nell’aEEG è solitamente caratterizzata da un transitorio innalzamento dell’attività di fondo (fig.). Il reperto più comune è un rapido innalzamento sia del margine più basso che del margine più alto del tracciato. L’attività parossistica convulsiva ricorrente nell’aEEG, corrispondente allo stato di male epilettico o a convulsioni subentranti, ha l’aspetto a “ dente di sega”(Archbald ) (fig.). La desincronizzazione dell’EEG nell’ipsaritmia durante gli spasmi infantili si manifesta invece come una transitoria diminuzione dell’ampiezza dell’aEEG. Le convulsioni neonatali possono essere erroneamente diagnosticate nell’aEEg per le seguenti ragioni: — può non essere possibile rilevare attività elettrica parossistica molto breve; . L’ aEEG (CFM) — se l’attività convulsiva è continua e senza interruzioni, c’è il rischio che possa essere misconosciuta poiché non c’è un cambiamento nell’ampiezza dell’aEEG di fondo. Questo è relativamente raro, ma può essere sospettato in un aEEG di ampiezza costantemente molto alta. Un EEG standard rivela in tal caso l’attività convulsiva senza difficoltà; — la stimolazione durante le procedure assistenziali spesso risulta in un transitorio innalzamento dell’aEEG di fondo e può essere erroneamente interpretata come attività epilettica. È importante, come già detto, che tutte le procedure di assistenza vengano segnalate sul tracciato, per facilitarne l’interpretazione; — il numero limitato di elettrodi rende l’aEEG un metodo semplice da usare nella routine clinica. Bisogna comunque tener presente che un attività epilettica molto focale può anche non essere rilevata. Capitolo IX Encefalopatia ipossico–ischemica emorragia intracranica e aEEG L’EEG neonatale è depresso durante e subito dopo un insulto ipossico– ischemico. La durata e il grado di depressione dell’EEG si correla con la severità del danno cerebrale (fig. –). Durante il periodo di recupero, il susseguente EEG contiene informazioni sulla severità dell’ insulto ipossico–ischemico che lo ha preceduto. Nei neonati, l’attività corticale è predittiva in modo altamente sensibile del quadro esitale neurologico se registrata a ridosso dell’insulto ipossico–ischemico. Diversi studi hanno dimostrato che l’outcome può essere predetto accuratamente da un aEEG durante la prima ora di vita (Archbald , Thornberg ). Nei neonati a termine asfittici, l’aEEG può predire accuratamente l’outcome nell’% dei neonati a ore di vita e nel % dei bambini a ore postnatali. L’attività di fondo dell’ aEEG più precoce nei neonati asfittici si correla con il grado di HIE, con i livelli di enolasi neurone specifica nel fluido cerebrospinale (Thornberg ), e con il metabolismo cerebrale del glucosio più in là nel periodo neonatale. Dati preliminari indicano che un approccio combinato che includa aEEG e valutazione clinica dell’EII implementa l’accuratezza predittiva dopo l’asfissia (Shalak ). Al momento, l’aEEG precoce è usato per la valutazione dei bambini prima dell’inclusione negli studi di intervento terapeutico con ipotermia sui postasfittici. L’attività di fondo elettroencefalografica è il più importante fattore per predire il quadro evolutivo anche nei pretermine (Greisen ). La presenza di attività convulsiva (fig.) non sembra essere un fattore predittivo altrettanto valido. Le convulsioni non sembrano influenzare l’outcome se l’attività di fondo aEEG è normale. Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale L’attività di fondo si normalizza e il tracciato diventa CNV nella maggior parte dei neonati a termine nell’arco di – settimane dopo un evento ipossico–ischemico. Dopo i primi giorni di vita, un EEG standard è molto migliore per studiare l’evoluzione di anomalie elettrocorticali, dal momento che i reperti attesi sono così difficili da identificare tanto da essere a volte non identificabili con l’aEEG (segni di immaturità o presenza di punte rolandiche positive in neonati pretermine con leucomalacia periventricolare). Neonati in situazione critica e non stabilizzati possono andare incontro a diversi eventi durante le cure intensive che possono influenzare negativamente le funzioni cerebrali (periodi con bassa saturazione o variabile ossigenazione e pressione del sangue). Con l’aEEG è impossibile seguire l’impatto sull’encefalo di queste situazioni sia nei neonati a termine che nei pretermine. La capacità dell’aEEG di predire l’outcome neurologico dopo un evento ipossico ischemico successivamente al periodo neonatale è stata poco studiata, anche se i dati, seppur scarsi, indicano che l’attività di fondo dell’ aEEG e il grado di recupero sono correlati con il quadro esitale. L’attività di fondo del’EEG in neonati che hanno avuto bisogno dell’ECMO sembra essere un fattore predittivo dell’evoluzione neurologica; e attività convulsiva subclinica durante l’ECMO non è rara. L’attività burst–suppression è di solito un marker di danno cerebrale severo nei neonati a termine e sembra costituire una disconnessione nei circuiti neuronali tra la corteccia cerebrale e gli strati più profondi come il talamo. In feti di pecora asfittici, il ripetersi di un tracciato EEG con un reperto continuo di convulsioni a basso voltaggio sembra essere un marker di danno parasagittale. Indagini neurologiche post–mortem hanno dimostrato una relazione diretta tra il numero di neuroni danneggiati e l’attività di fondo dell’EEG sia nei neonati a termine che nei pretermine. Aso e colleghi () hanno mostrato che l’inattività EEG era correlata con una necrosi disseminata che comprendeva la corteccia cerebrale, il nucleo striato, il talamo, mesencefalo e ponte in studi post–mortem su neonati. L’attività burst–suppression è inoltre correlata con danno cerebrale multifocale severo ma non è stata identificata nessuna struttura specifica interessata in questi neonati (Grigg–Damberger ). La scoperta che la frequenza delle burst dopo EII sia correlata con il successivo quadro esitale è supportata anche da uno studio . Encefalopatia ipossico–ischemica emorragia intracranica e aEEG su neonati pretermine. In questi pazienti la frequenza di bouffées durante le prime ore postnatali identifica i neonati con un outcome severamente compromesso e quelli con un quadro esitale buono. Nelle lesioni cerebrali asimmetriche (infarto della arteria cerebrale media) una concomitante asimmetria dell’EEG è comune. È stato dimostrato che il tracciato EEG di fondo dell’emisfero interessato è predittivo del quadro futuro: una attività di fondo adeguata è indicativa di una evoluzione normale, mentre un ‘attività di fondo anomala aumenta i rischi che il bambino sviluppi una emiplegia. L’aEEG non è stato valutato per queste situazioni, nonostante l’asimmetria possa essere vista se l’aEEG è registrato da più di un canale. Comunque è sempre raccomandabile che l’EEG standard e l’aEEG siano usati di concerto in lesioni cerebrali asimmetriche. L’evoluzione neurologica è di difficile predizione nei neonati di età gestazionale molto molto bassa nei primi giorni di vita. Questi neonati vanno incontro ad un lungo periodo di cure intensive e possono occorrere numerose complicanze che possono compromettere la funzionalità cerebrale (apnee severe, sepsi). Studi precedenti suggeriscono l’esecuzione di EEG ripetuti nel tempo per la predizione del quadro esitale in questi neonati, attraverso una puntuale valutazione maturativa, d’altronde, sia lo sviluppo di una emorragia della matrice germinativa periventricolare che la leucomalacia periventricolare, si associano ad un EEG depresso ed alla presenza di attività convulsiva elettrica in bambini di età gestazionale molto bassa. Il grado di depressione dell’attività di fondo è correlata sia con la dimensione dell’emorragia che con il numero di strutture cerebrali danneggiate dalla necrosi ischemica (Greisen ). In neonati pretermine con età gestazionale media di settimane, l’aEEG durante la prima settimana di vita ha mostrato avere la stessa accuratezza dell’ecografia cerebrale nel predire il quadro esitale. Inoltre la presenza del ciclo sonno–veglia si associa con un migliore outcome. I dati che riflettono l’impatto sull’EEG da parte di chiari episodi ipossico –ischemici–emorragici sono relativamente modesti. Connell e colleghi () hanno trovato che la depressione all’EEG spesso precede reperti all’ecografia, sia durante il presentarsi di emorragia della matrice germinativa, che della leucomalacia periventricolare. Attività convulsiva, spesso subclinica o con solo sottili manifestazioni cliniche, come abbiamo già accennato, è relativamente comune durante lo Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale sviluppo dell’emorragia della matrice germinativa e della leucomalacia periventricolare. Studi più recenti dimostrano che lesioni della sostanza bianca possono essere rilevate prima con il monitoraggio EEG che valuti gli spettri di frequenza (Hellstrom–Westas ). .. Emorragia intracranica GMH–IVH e aEEG Questo capitolo analizza l’uso dell’ aEEG nei neonati pretermine con emorragia della matrice germinativa e periventricolare (GMH–IVH) e nei neonati a termine con emorragia intracerebrale. Anomalie dell’attività di fondo sono comuni in neonati pretermine con GMH–IVH e possono precedere l’identificazione di anomalie all’ecografia cerebrale. I primi cambiamenti acuti dell’EEG, quando l’emorragia si sta sviluppando, sono caratterizzati da depressione dell’attività di fondo e dalla presenza di attività convulsiva. Il grado di riduzione dell’attività di fondo dell’EEG e della depressione dell’attività di fondo dell’aEEG si correla in modo diretto alla dimensione della GMH–IVH. Questa correlazione è stata inoltre confermata da studi effettuati post–mortem. Di solito la depressione dell’EEG di fondo scompare in – settimane. Nei neonati pretermine con un’ampia GMH–IVH il grado di recupero è predittivo dell’evoluzione neurologica. L’attività convulsiva (fig.), spesso interamente subclinica o con solo sottili manifestazioni cliniche, è comune durante lo sviluppo di una GMH–IVH (Clancy ). In uno studio su neonati prematuri di età gestazionale media pari a settimane, che erano sottoposti ad un aEEG durante i primi giorni di vita, attività convulsiva è stata rinvenuta in / dei neonati che hanno sviluppato una GMH–IVH. In uno studio che includeva neonati di età gestazionale inferiore (EG media settimane) sottoposti ad un aEEG durante la prima settimana di vita, attività convulsiva è stata presentata dal % dei neonati che hanno sviluppato una GMH–IVH. L’attività convulsiva che è associata alla GMH.IVH è di solito presente solo durante i primi giorni di vita, mentre l’emorragia si sta sviluppando. L’impatto delle convulsioni sulle funzioni cerebrali e il loro rapporto con il futuro quadro clinico non è conosciuto. Tuttavia, nei neonati con un ampia IVH, convulsioni . Encefalopatia ipossico–ischemica emorragia intracranica e aEEG ripetitive non sembrano essere associate necessariamente con un outcome severo. La precoce capacità predittiva dell’outcome neurologico data dall’aEEG è comunque più incerta nei neonati pretermine con emorragia rispetto ai neonati a termine asfittici, poiché il grado di prematurità e altri problemi non correlati influenzano il quadro esitale. Tuttavia esiste una correlazione tra l’aEEG di fondo e il grado di GMH–IVH e la precoce attività elettrocorticale di fondo registrata in questi casi contiene anche informazioni prognostiche nei neonati pretermine. Nei neonati pretermine con un II o III grado di GMH–IVH, il numero massimo di burst/h all’aEEG durante le prime ore di vita si sono dimostrate predittive dell’outcome tardivo. Questo è in accordo con le scoperte sperimentali durante il periodo successivo all’insulto ipossico–ischemico–emorragico nell’animale da esperimento: quando le burst comparivano la frequenza delle burst era predittiva del quadro esitale (Scherman ). I neonati pretermine con ampia IVH e una frequenza di burst più alta di burst/h avevano un –% di possibilità di sopravvivere in piena salute o con un handicap minore o moderato. Tuttavia, il cut–off di non può essere direttamente e facilmente usato, visto che lo studio era retrospettivo e la gran parte dei neonati prendevano il phenobarbital. La presenza del ciclo sonno–veglia verso la fine della prima settimana si è dimostrato inoltre predittivo di un futuro neurologico relativamente buono. L’alternarsi di sonno–veglia nell’aEEG è inoltre associato con un buon quadro esitale nei neonati di età gestazionale molto bassa con assenza di IVH o presenza di una piccola GMH–IVH (Hellstrom–Westas ). Nei neonati a termine, una emorragia intracerebrale (ICH) è spesso associata con un trauma alla nascita, coagulopatie o malformazioni vascolari. Non ci sono reperti aEEG associati con ICH in neonati a termine. Come per i neonati pretermine con GMH–IVH, l’emorragia intracerebrale nei neonati a termine è spesso accompagnata da depressione elettrocorticale e attività convulsiva. Il grado di anomalie di fondo è correlato alla severità dell’insulto cerebrale. Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale .. Conclusioni Da quanto detto sinora, risulta chiaro che anche il CFM si è ormai ritagliato un ruolo importante in neurologia neonatale, sia per la sua validità oggettiva e per il contributo nelle diverse forme di patologia del SNC, sia soprattutto per la semplicità di esecuzione e di interpretazione. Non va però mai dimenticato che tuttora il gold standard dell’EEG è l’EEG convenzionale. Non ci sembra ci siano dubbi sul fatto che i due strumenti si debbano integrare, lasciando all’aEEG il compito di monitorare per lunghi periodi l’attività bioelettrica, soprattutto allo scopo di individuare crisi convulsive infracliniche e di valutare il voltaggio dell’attività di fondo. Ma non si può fare a meno di ricorrere anche al cEEG per studiare i diversi grafoelementi, l’asimmetria e l’asincronia interemisferica, le crisi di brevissima durata, le depressioni isolate dell’attività di fondo etc. Un uso coordinato dei due tipi di EEG è attualmente il modo migliore di utilizzarli, soprattutto se registrati insieme al video e se integrati dalla clinica, dalle neuro immagini e dal laboratorio. Capitolo X Nuove applicazioni dell’EEG neonatale .. Assistenza al neonato con encefalopatia ipossico–ischemica (EII) tramite trattamento ipotermico Il trattamento ipotermico del neonato con insulto cerebrale postasfittico è a tutt’oggi l’unico strumento a disposizione per minimizzare il danno ipossico–ischemico cerebrale. Nei protocolli di reclutamento e di assistenza giocano un ruolo molto importante l’EEG e l’aEEG. Ci è parso quindi opportuno trattare questo argomento perché per l’ennesima volta l’EEG ha mostrato l’importanza del suo ruolo in neonatologia. ... Incidenza dell’EII L’encefalopatia ipossico–ischemica (EII) è tuttora una delle cause più comuni di paralisi cerebrale infantile (circa il % del totale (Blair ). L’incidenza di asfissia intrapartum è di circa – per nati vivi (Low )); la incidenza di EII severa o moderata (Badawi ), in assenza di altre anomalie pre–concezionali o antepartum, è di circa . per . nati vivi. L’EII di grado moderato o severo è gravata da una mortalità compresa tra il e il %; tra i sopravvissuti il % sviluppa sequele neurologiche significative(Shankaran ). ... Meccanismi patogenetici del danno cerebrale ipossico–ischemico Il danno a livello cerebrale è un processo evolutivo che inizia durante l’insulto ipossico–ischemico e, nei casi più gravi, continua in un periodo successivo o di riperfusione. In fase acuta avviene la necrosi neuronale conseguente all’ipossia cellulare con esaurimento del metabolismo cellulare (insufficienza energetica primaria). Tuttavia Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale molti neuroni non muoiono durante la prima fase ma solo dopo la riossigenazione del neonato, da a ore dopo l’insulto ipossico– ischemico. Si tratta prevalentemente di morte neuronale per apoptosi, un processo che può perdurare anche per alcuni giorni (Perlman ). L’interpretazione sempre più corretta di questi meccanismi patogenetici ha permesso nuove strategie terapeutiche che vanno ad aggiungersi a quanto fatto finora, ovvero al semplice mantenimento dell’omeostasi e al controllo delle convulsioni. Le nuove opportunità terapeutiche possono inserirsi nell’intervallo che segue la rianimazione di un neonato asfittico prima che la fase secondaria del danno energetico metabolico sia completamente in atto. ... Raffreddamento cerebrale Attualmente l’ipotermia rappresenta il trattamento di scelta dell’EII (Gluckman ), riducendo tra l’altro l’edema vasogenico, il rilascio di neurotrasmettitori eccitatori e di radicali liberi dell’ossigeno, l’attivazione di citochine ed il metabolismo cerebrale. Una metanalisi della letteratura ( Jacobs ) ha riportato una riduzione di mortalità nei neonati trattati con ipotermia rispetto ai controlli. Attualmente le modalità di trattamento ipotermico sono fondamentalmente due: ipotermia sistemica ed ipotermia selettiva con risultati pressoché sovrapponibili. La conclusione è pertanto che l’ipotermia è una terapia efficace in una popolazione selezionata di neonati con encefalopatia ipossico– ischemica moderata o severa, ma solo se il trattamento è iniziato prima delle sei ore di vita. I criteri di eleggibilità si applicano esclusivamente a neonati di età gestazionale > settimane. Devono essere presenti entrambi i criteri A e B: — A. ipossia intrapartum definita da almeno uno dei seguenti criteri: – punteggio di Apgar < a minuti di vita oppure; – necessità di proseguire la rianimazione con tubo endo– tracheale o maschera e pallone ancora a minuti di vita oppure. . Nuove applicazioni dell’EEG neonatale — Acidosi fetale o neonatale definita come – pH < . oppure BE > mmol/l (il prelievo deve essere eseguito il prima possibile, preferibilmente da arteria ombelicale; nel caso di più di un’emogasanalisi (EGA) nei primi 0 di vita, considerare quella con i valori più patologici. – B. encefalopatia ipossico–ischemica moderata o severa secondo la classificazione di Sarnat & Sarnat valutata tra e minuti di vita. ... Compiti del centro di riferimento di – livello Nei neonati che soddisfano i criteri A e B: avvio della valutazione EEG mediante CFM o cEEG di almeno minuti possibilmente prima della somministrazione di terapia sedativa/antiepilettica (fenobarbitale, fentanil, midazolam) (Shany ). a) Patterns patologici (al Naqeeb ) alla valutazione aEEG che indicano la necessità di iniziare trattamento ipotermico: a) attività moderatamente anormale (margine superiore > microvolts e margine inferiore < microvolts); b) attività severamente anormale (margine superiore < microvolts e margine inferiore < microvolts; questo tracciato di basso voltaggio può essere accompagnato da burst di punte ad alto voltaggio che appaiono come singoli spikes sopra l’attività di base); c) attività elettrica convulsiva: tracciato a dente di sega. b) Anomalie importanti (Lamblin ) all’EEG standard che indicano la ncessità di trattamento ipotermico (almeno uno dei seguenti patterns): a) burst suppression; b) basso voltaggio continuo < microvolts; c) attività elettrica convulsiva. Neurofisiologia ed elettroencefalografia neonatale In caso di patterns aEEG e/o EEG patologici iniziare ipotermia selettiva o sistemica, per la durata totale di ore, con monitoraggio continuo della temperatura cutanea e rettale profonda: a) ipotermia selettiva con lieve ipotermia sistemica: raffreddamento ad una temperatura rettale di – ‘C tempo medio di raggiungimento della temperatura target: minuti b) ipotermia sistemica (Shankaran ): raffreddamento ad una temperatura rettale di –. NB: occorre prestare particolare attenzione al mantenimento di una temperatura rettale costante. La somministrazione di sedativi, anticonvulsivanti, oppiacei, rilassanti muscolari e l’ipossia possono ridurre la temperatura corporea (Thoresen ) e, causando eccessiva ipotermia, potrebbero favorire l’instabilità del neonato e l’insorgenza di effetti collaterali. I sistemi con servo–controllo della temperatura possono prevenire le eccessive oscillazioni di temperatura. ) Assistenza durante ipotermia: proseguire la normale assistenza al neonato asfittico. a) posizionamento catetere ombelicale o altra via venosa centrale. Può essere utile una via arteriosa per il monitoraggio della PA e per l’esecuzione dei prelievi; b) trattamento delle eventuali convulsioni. Esistono protocolli diversi basati su opinioni di esperti che adottano i seguenti farmaci: fenobarbitale o fenitoina (di solito come prima scelta), benzodiazepine (midazolam, lorazepam), lidocaina (Volpe ); c) minimizzare gli stimoli esterni (luce, rumori, manipolazioni); porre attenzione al controllo posturale e ove possibile prevedere variazioni posturali. Sedo–analgesia con morfina o fentanil in infusione continua. INIZIARE SEMPRE CON I DOSAGGI PIU’ BASSI CONSIGLIATI (Roka ); d) mantenimento di livelli glicemici > mg/dI e di una adeguata PA arteriosa (PA media > mmHg). In caso di ipotensione: dopamina e dobutamina. Non è consigliato l’uso routinario della dopamina nel neonato asfittico (Hunt ); e) supporto farmacologico cardiovascolare su base clinico–strumentale (valutazione ecocardiografica); . Nuove applicazioni dell’EEG neonatale f ) gestione attenta dei liquidi in quanto il neonato asfittico è a rischio di insufficienza renale. ) Monitoraggio durante ipotermia: a) valutazione peso, diuresi oraria; b) importante proseguire registrazione dell’aEEG o dell’EEG durante il trattamento e il riscaldamento; c) parametri vitali: FC, FR, SatO e altri come da necessità clinica; d) monitoraggio continuo della temperatura rettale, temperatura della testa (quest’ultima in caso di ipotermia selettiva); e) monitoraggio PA o rilevazione pressione arteriosa – ECO quotidiano. Conclusioni A conclusione di questa esposizione riteniamo opportuno ribadire il concetto già più volte espresso che l’uso sempre più diffuso di moderni mezzi diagnostici strumentali quali la RMN cerebrale, l’ecoencefalografia, la PET, la tecnica Doppler per lo studio della velocità del flusso cerebrale etc., non hanno affatto ridotto l’interesse e il campo di applicazione della elettroencefalografia neonatale: basti pensare alle convulsioni neonatali, alla necrosi neuronale, alla leucomalacia periventricolare, all’IVH, all’encefalite erpetica e soprattutto all’apporto insostituibile che l’ EEG dà nel formulare un corretto giudizio prognostico già dalle primissime ore di vita. Anzi, le attuali possibilità di più esatte correlazioni elettro–cliniche e elettro–anatomiche aprono nuovi amplissimi spazi alla utilizzazione dell’ elettroencefalogramma in età neonatale. Anche il più importante approccio terapeutico all’EII, l’ipotermia, presuppone l’utilizzo dell’EEG. È nostro augurio e nostra speranza che questa esposizione stimoli i neonatologi, i tecnici EEG e i neurologi infantili ad interessarsi di più a questo argomento, ad utilizzare sempre più e meglio questo strumento e a determinare di conseguenza un più rapido progredire dell’elettroencefalografia neonatale in particolare e, in generale, di tutta la neurologia neonatale. Appendice illustrativa Figura . Appendice illustrativa Figura . Appendice illustrativa Figura . Artefatto da cattivo contatto morsetto–elettrodo simulante una crisi EEG. Appendice illustrativa Figure –. Figura . Artefatto da pulsazione di una arteria simulante una crisi EEG. Appendice illustrativa Figure ––. In senso orario: artefatto secondario ad attività respiratoria simulante una crisi EEG; artefatto da singhiozzo simulante punte; artefatto da ammiccamento simulante encoches frontali. Appendice illustrativa Figure –. Sopra: EEG di un neonato di settimane di età gestazionale. Sotto: esempio di sonno REM di un neonato di settimane di età gestazionale. Appendice illustrativa Figure ––. Sopra: EEG di un neonato di settimane di età gestazionale; presenza di ritmi theta e di onde lente occipitali sovraccaricate di ritmi rapidi. Sotto: esempio di sonno calmo di un neonato di settimane di età gestazionale; presenza di encoches frontali di un neonato con età gestazionale a settimane. Appendice illustrativa Figure ––. In senso orario: EEG di un neonato di settimane di età gestazionale con presenza di onde lente occipitali sovraccaricate di ritmi rapidi acuti; esempio di sonno calmo di neonato a termine con attività continua; tracciato di sonno REM di neonato a termine: fase che precede il sonno calmo. Appendice illustrativa Figura . Neonato di settimane di età gestazionale: esempio di sonno calmo con attività alternante. Appendice illustrativa Figura . Esempio di convulsione “apneizzante”. Appendice illustrativa Figura . Tracciato inattivo. Appendice illustrativa Figura . Tracciato parossistico. Appendice illustrativa Figura . Tracciato parossistico. Appendice illustrativa Figura . Tracciato di basso voltaggio. Appendice illustrativa Figure –. Sopra: tracciato di basso voltaggio con sovraccarico di bouffées parossistiche. Sotto: esempio di asimmetria di ampiezza per riduzione del voltaggio sull’emisfero sinistro. Appendice illustrativa Figura . Asincronia. Appendice illustrativa Figura . Esempio di punte rolandiche positive. Appendice illustrativa Figura a. Crisi esclusivamente EEG interessante l’emisfero destro. Appendice illustrativa Figura . Tracciato di neonato di settimane di età gestazionale con caratteristiche maturative mal identificabili. Appendice illustrativa Figura . Crisi interessanti l’emisfero destro. Appendice illustrativa Figure –. Sopra: crisi elettroncefalografica caratterizzata nelle derivazioni rolandiche di destra con onde aguzze e in quelle di sinistra da un ritmo “alfa–like”. Sotto: crisi EEG con ritmi pseudo–alfa. Appendice illustrativa Figura . Asimmetria di ampiezza per riduzione del voltaggio maggiore sull’emisfero sinistro con emorragia sub–durale parieto–occipitale sinistra (M N., A F., G S., ). Appendice illustrativa Figure ––. Sopra: Focolaio persistente di punte di basso voltaggio in temporale destra; neonato con emorragia sub–durale temporo– parietale destra (M N., A F., G S., ). Sotto: Particolare a maggiore ingrandimento. Appendice illustrativa Figura . Crisi multifocali. Appendice illustrativa Figura . Attività periodica in neonato con encefalite erpetica (E, M, A, ). Figura . Trasformazione della attività periodica presentata nella fig. : neonato con encefalite erpetica (E, M, A, ). Appendice illustrativa CFM Figura . Tracciati normali. Appendice illustrativa Figura . Crisi. Appendice illustrativa Figura . Crisi. Figura . Dente di sega. Figura . Tracciato fortemente depresso con burst di attività. Appendice illustrativa Figura . Tracciato estremamente depresso. Figura . Crisi. Figura . Crisi. Bibliografia A F., M N., L J.C., L’électroencéphalogramme dans les hémorragies sous–durales du nouveau–né. Rev. Electroencephalogr. Neurophysiol. ––. A F., O S., O L. C P.: La prognosi delle convulsioni nel neonato a termine, Studio di casi. Neuropsichiatria infantile – –. A F.: L’EEG in età neonatale. Aggiornamento pediatrico, ––. A F. T C., O S.: L’apnea nel neonato. Rapporti con l’età gestazionale, il ritardo di crescita intrauterino e le differenti fasi del sonno. Riv.Ital. Ped. ––. A F., O L., T C., O S.: Encefalopatia ipossico–ischemica neonatale di grado medio: follow up a due anni. Riv. Ital. Ped. ––. A F., R F., S M. A A.: Perinatal HIE: epileptic and paretic outcome at one year of age. Ital J Pediatr , , . A S., W P.K. Long term clinical outcome of neonatal EEG findings. J.Clin.Neurophysiol ––. A N N, : Assessment of neonatal encephalopathy by amplitude–integrated EEG. Pediatrics , , . 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