Relazione attività secondo anno - Scuola di dottorato in Scienze

Università degli studi di Modena e Reggio Emilia
Scuola di Dottorato in Scienze Umane,
Indirizzo: Scienze didattiche, narratologiche e della formazione.
XXIII ciclo
Relazione finale II anno di dottorato - 2009.
Dottoranda: Antonella De Blasio
Tutor: Prof. Stefano Calabrese
1. Descrizione del progetto di ricerca
In linea con il progetto di ricerca presentato, relativo all’analisi del concetto di sinestesia, l’attività
svolta durante il secondo anno del Dottorato di Ricerca in Scienze Umane si è concentrata
sull’approfondimento di alcuni nuclei teorici sviluppati all’interno di ambiti disciplinari che si sono
occupati del fenomeno nello specifico (Cytowic 1989, 1993; Mazzeo 2005; Paissa 1995; Robertson
e Sagiv 2005; Van Campen 2007) o hanno formulato riflessioni sulla sensorialità, in particolar
modo sul rapporto tra percezione e linguaggio.
Il termine sinestesia (dal greco syn, “insieme” e aisthánestai, “percepire”) indica il procedimento
retorico basato sul trasferimento di significato tra due o più sistemi sensoriali. Si tratta della
trascrizione di impressioni che appartengono a un ordine sensoriale attraverso forme espressive
relative ad impressioni appartenenti a un altro ordine sensoriale, come accade, ad esempio, quando
descriviamo un’impressione gustativa attraverso un codice lessicale relativo al tatto. La sinestesia,
tuttavia, non è solo un meccanismo retorico (Calabrese 2008, Ellero Residori 2001, Lausberg 1969,
Mortara Garavelli 1988, Ricoeur 1997), ma rappresenta anche un fenomeno di tipo fisiologico e
psicologico che interessa una percentuale limitata di esseri umani, e che si produce quando la
sollecitazione di un canale sensoriale crea, oltre alla percezione specifica relativa al canale attivato,
anche stimolazioni che interessano un altro o più canali. Nel caso dell’audizione colorata, ad
esempio, uno stimolo sonoro determina nel soggetto anche un’impressione di tipo visivo.
La ricerca vuole analizzare il concetto di sinestesia adottando una prospettiva interdisciplinare, per
questo vengono individuate alcune aree di indagine che illuminano il fenomeno da differenti
angolature e se ne individuano i nuclei teorici principali: gli sviluppi delle neuroscienze negli studi
sulla percezione cross-modale, le riflessioni in ambito linguistico e semiotico in relazione alle
1
“soglie inferiori”, e infine le teorie relative ai rapporti tra cultura e sensorialità formulate in ambito
antropologico. Operare un confronto tra questi diversi approcci vuol dire valutare quanto essi
possano essere complementari al fine di formulare un modello esplicativo e analitico in grado di
integrarli.
2. Avanzamento della ricerca
2.1 Sinestesia e neuroscienze
Uno degli approcci fondamentali per la comprensione della sinestesia è rappresentato dallo studio
delle interazioni tra le aree del cervello che mediano la percezione delle differenti modalità
sensoriali. L’interesse della comunità scientifica nei confronti di questa realtà percettiva nasce dal
fatto che essa, investendo l’attenzione, la memoria, la coscienza, lo sviluppo, e soprattutto il
linguaggio, può essere utile per acquisire nuove conoscenze sul funzionamento del cervello, e
dunque per rendere conto delle modalità di percezione ordinaria, fornendo informazioni sui sostrati
cognitivi e neuronali della percezione pur in assenza della normale stimolazione sensoriale (Hurley
e Noe 2003).
Dalle diverse ricerche emerge che non tutti i sinesteti sono uguali1, per questo si è voluto indagare i
caratteri delle differenti manifestazioni del fenomeno e, di conseguenza, le loro implicazioni in
termini di strutture percettive e di meccanismi neuronali. A un livello più superficiale i sinesteti si
differenziano per la diversità degli stimoli induttori che sono in grado di attivare in loro la
percezione sinestetica che, in alcuni casi, si produce all’interno della stessa modalità sensoriale ma
tra dimensioni distinte, come ad esempio il colore e la forma. Nonostante esistano diversi tipi di
sinestesia, la più comune, e anche quella a cui sono state dedicate la maggior parte delle ricerche, è
la cosiddetta sinestesia grafema-colore (Day 2005).
La peculiarità delle loro esperienze percettive rende i sinesteti diversi dagli altri individui, ma la
loro singolarità sta anche nel fatto che la sinestesia ha delle conseguenze sulle funzioni cognitive
ordinarie, investendo aspetti come la capacità menemonica (Lurija 1968; Mills et al. 2006) o la
sfera della creatività (Ramachandran e Hubbard 2001).
La ricerca sulle origini delle connessioni cross-modali si è sviluppata in diverse direzioni, una delle
quali è rappresentata dagli studi che si concentrano sull’attività dei singoli neuroni, cellule deputate
alla ricezione, all’elaborazione e alla trasmissione delle informazioni sensoriali. Stein e Meredith
1
M. J. Dixon, D. Smilek e P. M. Merikle nel 2004 hanno pubblicato sulla rivista Cognitive Affective and
Behavioural Neuroscience un articolo intitolato Not all synaesthetes are created equal: projector versus
associator synaesthetes (Dixon, Smilek e Merikle 2004).
2
(1993) hanno spiegato il processo di scambio fra le diverse modalità con la presenza di neuroni in
grado di attivarsi in risposta a stimoli eterogenei, dunque al di là della natura dell’input, e per questo
definiti multisensoriali.
Di notevole interesse, ai fini di una ricostruzione degli studi sulle basi neuronali della sinestesia,
sono le ricerche portate avanti da un gruppo di scienziati neurocognitivi dell’Università di Parma,
coordinato dal professor Giacomo Rizzolatti, che ha rivelato l’esistenza di neuroni responsabili sia
dell’ambito percettivo che di quello motorio. Un’indagine sulle aree motorie ha portato alla
scoperta dei cosiddetti mirror neurons, una classe di neuroni visuo-motori che inizialmente sono
stati individuati nell’area cerebrale F5 delle scimmie macaco e in seguito, attraverso tecniche di
brain imaging, anche nell’uomo. Il meccanismo di rispecchiamento presente nel nostro cervello
sarebbe organizzato in modo somatotopico2. L’osservazione di azioni eseguite da altri con la bocca,
con la mano o con un piede, ad esempio, produce l’attivazione delle stesse regioni del nostro
sistema motorio fronto-parietale che entrerebbero in gioco se stessimo realmente eseguendo le
azioni che stiamo osservando (Gallese 2007). I neuroni specchio si differenziano da quelli visuomotori canonici in quanto presiedono ai meccanismi di comprensione delle azioni compiute dagli
altri, un tipo di comprensione immediata, preriflessiva, basata su una “pregnanza motoria interna”,
su un meccanismo che potremmo definire di “simulazione incarnata” (Gibbs 2003). Questa scoperta
ha una chiara ricaduta sul dibattito filosofico, soprattutto per la convergenza con il pensiero
sviluppato nell’ambito della fenomenologia francese da Maurice Merleau-Ponty (1945), in base al
quale la percezione non è semplicemente il risultato dell’unione dei dati sensibili, ma è strettamente
connessa alla corporeità, si esplica nel dialogo tra il corpo e il mondo esterno, in un’iterazione fatta
di movimenti intenzionali, esplorazione e conoscenza. Il fatto che nella visione non siano implicate
solo le aree del cervello ad essa deputate in maniera specifica, ma che sia coinvolto anche il sistema
motorio (Gallese, Keysers e Rizzolatti 2004; Rizzolatti e Craighero 2004), rappresenta un’ulteriore
prova della non separazione tra le modalità sensoriali. La presenza di aree cerebrali che non
possono essere etichettate come prettamente visive, né come puramente motorie, confermerebbe la
teoria delle affordances, formulata da James Gibson (1999) nell’ambito della psicologia della
percezione, in base alla quale l’ambiente, e dunque gli oggetti, presentano visivamente
all’osservatore degli atti virtuali ad essi congruenti, delle possibilità di azione che sono iscritte in
essi e rappresentano dei poli potenziali di utilizzo.
L’indagine sulla sinestesia ha inoltre aperto la strada per una possible spiegazione dello sviluppo
del linguaggio a partire dalla attivazione simultanea e incrociata di alcune aree corticali
(Ramachandran e Hubbard 2001).
2
Per organizzazione somatotopica si intende la rappresentazione di un luogo del corpo in se stessa, vale a
dire in un altro punto del corpo. La somatotopia è caratterizzata da rapporti spaziali e funzionali.
3
2.1.1 Sinestesia e neuroestetica
La presenza di numerosi sinesteti tra gli artisti – ricordiamo Kandinsky per il quale i colori erano un
mezzo sonoro, o Nabokov con le sue lettere colorate – ha condotto alcuni ricercatori a interrogarsi
sulla relazione tra sinestesia e creatività, riflessione che può essere inserita nell’ambito degli studi di
neuroestetica (Ione 2000, Lucignani e Pinotti 2007), una disciplina nata circa dieci anni fa a partire
dalle speculazioni di Semir Zeki3. Lo studioso ha indagato le basi neurali della fruizione e della
produzione artistica sostanziando le sue teorie attraverso gli studi sulla attività cerebrale, e facendo
riferimento in particolar modo ai risultati offerti dalla risonanza magnetica funzionale. La
produzione artistica viene considerata come il risultato dell’attività cerebrale poiché, secondo Zeki
(2003), obbedisce alle leggi del cervello. Gli stessi neuroni specchio (Gallese e Feedberg 2008)
avrebbero un ruolo centrale nell’esperienza estetica, in quanto renderebbero possibile i meccanismi
di immedesimazione - di tipo cognitivo ed emotivo - con l’opera d’arte. Il sistema mirror
consentirebbe di esperire le sensazioni e le emozioni che l’opera d’arte raffigura, e allo stesso
tempo il gesto dell’artista, dunque a partire da un processo precognitivo che non sempre è legato a
capitali culturali, come invece l’estetica classica ha sostenuto.
Oggi i progressi della tecnica possono aiutare gli artisti a creare delle opere che evochino esperienze
polisensoriali che possano in qualche modo “simulare” la percezione dei sinesteti attraverso la
combinazione di colori, suoni, odori, in grado di amplificare l’esperienza emozionale del fruitore.
Diversi esperimenti (Marks 1978; Ward et al. 2006) hanno dimostrato che nonostante esistano delle
differenze tra sinesteti e non sinesteti – in termini di consistenza e automaticità dell’esperienza
percettiva ad esempio –, numerose sono le similarità che lasciano presupporre la presenza di un
meccanismo di base comune. Un confronto con la realtà percettiva dei sinesteti rivela l’esistenza di
una mappatura audiovisiva, non-arbitraria, che appartiene anche ai non sinesteti e che permette a
ciascuno di noi di apprezzare ad esempio la Visual Music come forma d’arte (Ward et al. 2008).
2.2 Sinestesia e linguaggio
Le ricerche linguistiche negli ultimi anni hanno messo in luce diversi aspetti della sinestesia
evidenziando che essa non rappresenta semplicemente un ornamento del codice letterario, ma può
essere considerata come un ulteriore luogo di indagine delle relazioni fra i segni verbali e il
pensiero, fra i sistemi linguistici e quelli culturali (Cacciari 1991).
3
Semir Zeki è direttore dell’istituto di Neurobiologia dello University College di Londra. La pubblicazione
sulla rivista di neurologia Brain, nel 1994, dell’articolo di Matthew Lamb e Semir Zeki, The neurology of
Kinetic Art, ha rappresentato una ripresa dell’estetica sperimentale, nata dalla psicofisiologia, attraverso gli
strumenti della neurobiologia.
4
Secondo la retorica classica la sinestesia è un tipo di metafora basata sul trasferimento di significato
tra due o più sistemi sensoriali. La trascrizione di sensazioni riferite a un certo ordine sensoriale
attraverso forme espressive relative a impressioni appartenenti a un altro codice sensoriale (es.
“vino vellutato”), presentando in maniera simultanea i due codici, non segue quella che una certa
retorica ha individuato come logica metaforica: mostra il figurante (o veicolo) nascondendo il
figurato (o tenore) (Richards 1967).
Gérard Genette (1976), rifacendosi ad alcune intuizioni di Ulmann, considera la sinestesia
proustiana “tintinnio ovale e dorato” come esempio della possibilità di coesistenza tra metafora e
metonimia, poiché le operazioni logiche che le governano finiscono per scivolare le une sulle altre.
Riprendendo la proposta genettiana relativa alla possibilità di formazioni miste tra le diverse figure,
Giovanni Bottiroli evidenzia che la definizione di sinestesia deve tener conto del fatto che la figura
può essere identificata in base ai suoi meccanismi strutturali o in base all’effetto prodotto. Se
Genette ricostruisce i processi retorici a partire dal modello jakobsoniano (Jakobson 1985) per
affermare che i meccanismi analogici nelle sinestesie proustiane dopo una prima scintilla
metaforica cedono il posto a processi di tipo metonimico (Bottiroli 1993), nella prospettiva di
Bottiroli i processi linguistici sono dissociati da quelli retorici: a guidare la creazione artistica sono
gli impulsi cognitivi, che in Proust selezionano le reminescenze e le interpretano creando
somiglianze inedite, e dunque producendo nuova conoscenza.
Considerare la sinestesia come una caratteristica del pensiero umano (Osgood, William, Murray,
1975) vuol dire dialogare con le prospettive di studio che si sviluppano attorno al concetto di
linguaggio incorporato. La semantica cognitiva considera il significato linguistico come
strettamente interrelato ai domini di base dell’esperienza (Langacker 2000). A favore di questa
prospettiva ci sono ricerche che, attraverso un’analisi di tipo comparativo tra lingue diverse,
dimostrano che le metafore sinestetiche presentano un alto grado di selettività in termini di
direzione del trasferimento cross-modale (Ullman 1962, Williams 1976, Ning 2009).4
La sinestesia, che con la logica metaforica condivide i meccanismi che ne regolano gli effetti, si
configura, al pari della metafora, come processo cognitivo autonomo. Nella metafora intesa come
4
L’analisi condotta da Ullman su un corpus di poesie scritte in lingua inglese, in francese e ungherese ha
rivelato che i trasferimenti sinestetici procedono dalle modalità sensoriali più basse a quelle più alte (tattogusto-olfatto-suono-vista); inoltre il tatto, il livello sensoriale più basso, risulta essere predominante nel
trasferimento sensoriale, mentre il suono rappresenta la destinazione principale. Le ricerche di Williams
sugli aggettivi sinestetici nell’inglese corrente hanno confermato le tendenze isolate da Ullman. In uno studio
più recente, Ning Yu, professore di cinese e linguistica presso l’University of Hoklahoma, ha analizzato le
metafore sinestetiche presenti nei romanzi e nelle storie brevi di Mo Yan, uno scrittore cinese
contemporaneo famoso per la sua innovazione linguistica, rilevando come l’uso delle metafore sinestetiche
fosse conforme alle tendenze generali riscontrate negli studi precedenti.
5
meccanismo cognitivo, assumono un ruolo fondamentale i cosiddetti image-schemas5 (Johnson
1987; Lakoff 1987, Lakoff e Johnson 1998), che si sviluppano a partire dall’esperienza corporea e
dall’esperienza quotidiana.
2.3 Antropologia dei sensi e artefatti culturali
Se la scienza considera i sensi come meccanismi naturali, la percezione come atto puramente fisico
e immune da influenze sociali, l’antropologia dei sensi si pone come analisi delle modalità secondo
cui la sensorialità si articola in diversi contesti sociali, qualificando questa facoltà come
culturalmente orientata. L’antropologia dei sensi si basa sul presupposto che la natura umana non è
indipendente dalla cultura: entrando in uno spazio sociale di interazione operiamo una mediazione
fra il nostro corredo genetico e ciò che è frutto di processi di apprendimento (Matera 2002). I sensi
sono la nostra finestra sul mondo (Goody 2002), sono i significati della comunicazione e operano
sia a livello fisiologico che culturale, mediano le esperienze del mondo esterno comprese quelle
estetiche dell’arte.
Le attività sensoriali sono una caratteristica fisiologica della specie umana, dunque condivisa su
ampia scala, ma a livello culturale i sensi sono concepiti ed enfatizzati in maniera differente a
seconda delle culture: viviamo le nostre esperienze entro quadri di significatività che sono
socialmente stabiliti. L’enfasi posta su un senso piuttosto che su un altro si collega a modi
radicalmente differenti di rendere significativa l’esperienza di vita (Classen 1990, 1993; Howes
1991; Duranti 2001).
Vivendo all’interno della pratica sociale, la sensorialità subisce delle trasformazioni in seguito ai
mutamenti dei riferimenti sociali (Camporesi 1996; Le Breton 2007). Nel mondo occidentale,
l’acquisizione della conoscenza dominata dall’udito (sapere tramandato oralmente, ascolto della
parola di Dio ecc.) è stata sostituita da un modello percettivo basato sul primato della vista,
passaggio dovuto all’invenzione dell’alfabeto e all’affermarsi della scrittura come strumento di
conoscenza principale (Basbaum 2009; Cardona 1986, 2009; Goody 1989; Ong 1986). La
riflessività della scrittura promuove l’elaborazione di sentimenti e di sensazioni (Goody 2002),
mentre le inter-relazioni concettuali vengono elaborate soprattutto nelle culture orali.
Sempre da una prospettiva antropologica Brenda Beck ha evidenziato che le metafore linguistiche,
così come quelle presenti nella struttura dei rituali, consentono di introdurre materiale non verbale
in contesti semantici strutturati secondo la logica, vale a dire che mediano tra strutture di pensiero e
organizzazioni simboliche (Beck 1991, 319), informandoci al contempo su come le culture si
5
Gli image-schemas sono definiti come distillatori di esperienze spaziali e temporali, come ridescrizioni di
esperienze percettive ai fini di mappare le strutture spaziali all’interno delle strutture concettuali.
6
adeguano ai cambiamenti della realtà. Partendo dal presupposto che il rapporto con il corpo e con la
sensorialità non è avulso dai riferimenti e dai mutamenti sociali, Matera propone che lo studio dei
sensi da una prospettiva antropologica debba abbandonare il soggettivismo fisiologico e basarsi
sulla nozione di “sensorialità collettiva” (Matera 2000, 9). Tale nozione potrebbe essere indagata
sostituendo all’osservazione sul campo proposta dall’antropologia un’analisi dei testi e dei prodotti
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