Introduzione all`Idealismo Il periodo storico La Vita di Hegel

Lorenzo Mambretti – mambrettinet.altervista.org
HEGEL
Introduzione all'Idealismo
La filosofia, dall'epoca greca fino all'Ottocento, è stata caratterizzata da un pensiero realista.
Il primo filosofo idealista è stato infatti Fichte, nei primi anni dell'Ottocento.
Secondo il realismo l'uomo per affrontare la realtà si deve adeguare. La realtà è la costante,
portatrice di leggi che l'uomo deve interpretare per vivere senza soccombere. La possibilità
di esercizio della libertà dell'uomo risulta ristretta e limitata. La realtà è completamente
indipendente dall'uomo. Questo pensiero realista trova il suo culmine nell'illuminismo
settecentesco. Ciò contraddice l'obbiettivo della filosofia moderna, ovvero creare un ideale
del soggetto molto forte.
L'idealismo secondo Fichte contempla la realtà come prodotto umano. Il rapporto tra uomo
e realtà in questo modo si rovescia. La realtà è dipendente dall'uomo.
Kant è ancora parzialmente realista. La conoscenza, secondo il suo pensiero, è attiva (ci
sono forme a priori) ma è ancora vincolata dalla necessità dell'esperienza. L'uomo ha potere
sui significati delle cose ma non sull'esistenza della realtà.
Il periodo storico
All'inizio del 1800 vi è la caduta degli ideali libertari dell'illuminismo in seguito all'evidente
fallimento della rivoluzione francese. La filosofia kantiana è insufficiente in quel periodo:
non ponendo nel soggetto la verità non dà la possibilità di realizzare la libertà dell'uomo.
Occorre quindi che il soggetto sia totalmente indipendente dall'oggetto. Si percepisce quindi
la necessità di una filosofia idealista.
In quest'epoca ci saranno diversi filosofi idealisti:
 Fichte : creerà un sistema filosofico idealistico ma fallimentare
 Schelling : crea un sistema idealistico per la maggior parte estetico, credendo che
nell'arte la distanza tra soggetto ed oggetto venga annullata. La sua filosofia sarà
perlopiù utilizzata nell'estetica romantica.
La Vita di Hegel
Hegel è idealista ma contesta sia Fiche sia Schelling. Hegel (1770-1831) nasce a Stoccarda
e si forma allo Stift (seminario), studiando alla facoltà di teologia. Si trattava di una delle più
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prestigiose dell'epoca. Si laurea nel 1793 ma poi decide di non seguire più i progetti paterni.
Per questo motivo il padre lo disereda e lo allontana dalla casa. Hegel per mantenersi
decide di andare a fare il precettore nelle più nobili e ricche famiglie tedesche. Visita diverse
città tedesche e svizzere. Nel 1799 il padre morì ed Hegel può iniziare ad usufruire della
legittima. Da questo momento egli cercò di farsi una carriera accademica, iniziando per
questo motivo, a scrivere diverse opere.
Nel 1801 scrisse un trattato di fisica, una discussione filosofica sulle orbite planetarie.Entra
poi in contatto con il romanticismo, in particolare con il “giornale critico di filosofia” di
Schelling. Non riesce ancora ad aver successo, neppure quando nel 1806 pubblica la
“Fenomenologia dello Spirito”, e il fatto che non riesca ad inserirsi nell'ambito accademico
gli porta molta frustrazione. Va successivamente a Norimberga a lavorare in un liceo
gimnasio. Insegna e va a fare il preside per 8-9 anni. Nel 1816 è ormai considerato già
vecchio (46 anni), e riesce ad ottenere una cattedra a Heildemberg, che manterrà fino al
1818. Nel 1818 riuscì ad ottenere la più prestigiosa cattedra di filosofia di Berlino. Berlino
era in quel periodo una città molto giovane e la sua università cercava di ridurre la distanza
che aveva con quelle delle altre maggiori capitali europee. Morì nel 1831 a causa del colera.
Le opere
Scrisse numerose opere, tra le quali:
 Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio
 Scienza della Logica
 Lineamenti di filosofia del diritto
Fasi
La filosofia ed il pensiero Hegeliano sono contraddistinte in tre fasi principali.

La prima fase è quella giovanile, di argomento teologico-filosofico, che saranno la
base su cui fonda tutte le opere successive

La seconda fase è detta la fase di Jena, in cui prende le distanze dal romanticismo

La terza fase è la più matura, ed è caratterizzata dalla sua opera summa, la
“fenomenologia dello spirito”, che è di importanza fondamentale.
1. Fase giovanile
Già a 12-13 anni Hegel inizia a leggere libri filosofici. In un diario personale componeva
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riflessioni filosofiche e analitiche di ciò che leggeva. Voleva aprirsi alle esigenze dello spirito
scientifico. Aveva, in queste prime riflessioni, uno stile molto chiaro e piano.
Allo Stift viene a contatto con Helderling, discutendo con egli del cristianesimo, letto in
modo differente dal solito, libero dai confini della società. Questa diversa visione rispecchia
il messaggio della rivoluzione francese di quegli anni. É influenzato infatti dai sentimenti di
libertà, fraternità e uguaglianza in modo quasi radicale. Rende questi ideali una sorta di
religione, mentre al contempo indaga il cristianesimo dal punto di vista storico, vedendolo
quindi non come teologia ma in quanto movimento storico che permea la fine del mondo
antico.
Nel primo scritto del 1791 Hegel coglie il nesso organico tra la società e la religione. Egli
sente la necessità del rinnovamento religioso da parte della società ,che deve fungere da
elemento organico e unificatore come fu nell'antica Grecia. In seguito scrisse un
componimento poetico proprio in riferimento al mondo greco.
Dopo la carriera di studente, scrisse “La vita di Gesù”, in cui descrive il cristo salvatore che
trasforma la vecchia religione in un messaggio liberatorio che è quello del vangelo. Viene
visto quindi come filosofo-profeta.
Scrisse poi “Il positivismo del cristianesimo”, nel quale Hegel individua la tragedia storica del
cristianesimo. Le prime comunità hanno infatti modificato il messaggio originale, non
riuscendo ad attuare ill messaggio sociale e politico rendendo il cristianesimo prima una
setta religiosa e poi una religione dogmatica. L'autonomia spirituale annunciata dal vangelo
si trasforma in un osservazione di un Dio lontano. Dio diventa inoltre il giudice rigidissimo
del genere umano, giungendo al pensiero quindi che ha contraddistinto teologi quali
Sant'Agostino. Scrive infine “Lo spirito del cristianesimo e il suo destino” , indicando il
cristianesimo come un modo di essere nella storia.
Hegel fa quindi i conti molto stretti con il cristianesimo. Il punto di vista della religione viene
razionalizzato. In Germania in quel tempo la cultura era basata sui dogmi e sulle autorità
ecclesiastiche; Anche il re di Prussia fondava il suo potere assoluto sul potere divino. Hegel
è l'unico che intuisce il radicamento sociale del cristianesimo. Quella che opera è una
ricerca politica ,atteggiandosi in modo critico rispetto alla religione. Ma questo processo
non può risolversi in una semplice traduzione dal cristianesimo ad una nuova filosofia. La
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religione è una tappa obbligatoria, ma non ci si può fermare a quella.
Fase di Jena
Vista la concezione realista, la concezione giovanile che riconosce l'insufficienza della
religione e la necessità della propria epoca di liberare il soggetto dall'oggetto, Hegel
comprende la necessità di una nuova filosofia.
La prima cosa che Hegel fa è esaminare le filosofie preesistenti. Guarda prima all'idealismo
di Fichte, ma risulta insufficiente. Guarda poi a Schelling, i cui punti principali del pensiero
sono:

l'intelletto non è utile applicato nella sia dimensione ipotetico-deduttiva, perché
supera soggetto e oggetto

l'unica cosa che unisce il soggetto e l'oggetto è solamente l'arte

l'idealismo è di tipo estetico (e perciò limitato)
Compito della filosofia
Esaminando questi due idealismi Hegel li trova insoddisfacenti e limitati. Secondo Hegel la
filosofia deve essere non estetica bensì esoterica. Affermò infatti che “La filosofia non è
fatta per la plebe”. Deve basarsi su una riflessione alta, diversa dal senso comune. Per
questo motivo la proposta Schellingiana viene scartata da Hegel.
Pensiero
Secondo Hegel solo la scienza può dar luogo ad un efficacie sistema interpretativo del
rapporto soggetto-oggetto. Nella “Logica di Jena” pubblicata postuma da alcuni suoi allievi
troviamo l'utilizzo di strumenti estranei a Fichte e Schelling. Hegel, infatti, utilizza 3
mediazioni:
1. Una mediazione Aristotelica
2. Una mediazione Kantiana-Newtoniana
3. Una mediazione idealistica
Mediazione Aristotelica
Hegel utilizza la logica Aristotelica. Ci sono principi primi non sovrapponibili, come il
principio di non contraddizione e il principio di identità. I principi costitutivi della realtà e del
pensiero sono coincidenti.“Tutto ciò che è razionale è reale e tutto ciò che è reale è
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razionale”.
Tesi illuministica
Le leggi che dominano il mondo fisico sono l'ordine logico con cui vengono spiegati i
fenomeni. Tutto nella realtà può essere spiegato, e le leggi sono l'ordine razionale imposto
ai fenomeni della ragione umana.
Mediazione idealistica
Non bisogna ricondurre i concetti prodotti dall'intelletto in una presunta capacità
finalizzante. Non si può dire perché sono così ma l'uomo può solo compiere una opera
tassonomica e analitica. L'intelletto si limita ad ordinare i concetti secondo classi.
Fenomenologia dello spirito
Quando pubblica la “Fenomenologia dello spirito” il distacco con la filosofia precedente sarà
assoluto. Schelling si sentirà offeso, abbandonerà la sua cattedra universitaria per ritirarsi.
Tornerà in cattedra solo dopo la morte di Hegel. Hegel aveva infatti detto, nella prefazione
della sua opera: “L'idealismo schellingiano non può dirsi fondato in quanto il superamento
della distanza tra soggetto e oggetto è ingiustificato. É come dire che di notte le mucche
sono nere.” La vera conoscenza deve scaturire dalla dimostrazione e non dall'intuizione.
Hegel parte dal sottoporre ad analisi critica il concetto di verità.
La verità
Dai presocratici all'Ottocento per tradizione il vero coincideva con l'assoluto, ovvero con ciò
che è senza limiti, che si auto-fonda e auto-dimostra. Il vero rimaneva perciò sempre uguale
a sé stesso nel tempo. Per la tradizione occidentale esisteva dunque un vero statico. Da
Parmenide la verità non è a disposizione dell'uomo ma solo del sapiente che può penetrare
la verità. Hegel crede sia errato pensare che il vero assoluto sia qualcosa di statico. Crede
che a esso ci si arrivi come a un risultato. La scienza deve considerare sé stessa sotto il
profilo dei movimenti per i quali è passata nel suo costituirsi. Quindi dalla conoscenza
secondo i sensi alla conoscenza dei concetti. La conoscenza deve conoscere sé stessa
come risultato di un divenire, ripercorrendo un cammino. Deve ripercorrere a ritroso la
strada attraversata dalla coscienza umana nel farsi tale.
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È nel ripercorrere a ritroso le tappe che hanno consentito la sua costituzione che la
coscienza realizza sé stessa. si tratta di un progetto ambiziosissimo, che ha un unico
precedente nella storia della filosofia: il mito della caverna di Platone.
Questo progetto specifica la modalità e il percorso della fenomenologia in modo che Hegel
possa affermare che per giungere al sapere propriamente detto bisogna seguire le sue fasi
costitutive. Ciò è finalizzato alla presa di coscienza del fatto che è dal soggetto che
scaturisce la realtà. Le fasi fondamentali del processo di formazione della coscienza sono
la coscienza, l'autocoscienza e la ragione. Ognuno di queste fase è a sua volta tripartita.
Coscienza
1. certezza sensibile
Il primo momento di costruzione della coscienza, quindi della soggettività, è dato dalla
certezza sensibile. Essa dà conto una certezza neutra, quella tabula rasa che descrisse
Locke. Questa coscienza identificata nella tabula rasa subisce una prima modificazione,
entrando in contatto fisico con qualcosa che sta fuori di lei. Si accorge che c'è qualcosa al
di fuori di lei, è stata modificata. Si accorge che non è più una tabula rasa, ma non ha chiaro
cosa sia stato a modificarla nè le cause. In questa prima fase la coscienza sente ma non
percepisce.
2. percezione
Il secondo passo è quello della percezione, quando si individua la causa del sentire. La
causa si stacca nettamente da ciò che la percepisce, il quale la prende come vero. A
differenza del sentire, la coscienza percepisce in modo veritiero la distanza tra sé e l'oggetto
percepito. è solo nella fase della percezione che si può effettivamente parlare di coscienza,
in quanto rende consapevole la propria identità di qualcosa che sta fuori di noi. Non è detto
che la percezione colga l'oggetto percepito in modo chiaro e preciso, né che consenta di
cogliere la proprietà e gli attributi di un oggetto.
Un oggetto si costituisce come un unità invariante, una serie determinata di predicati.
Questi predicati sono indifferenti e possono appartenere a più oggetti. Si trovano combinati
in un particolare oggetto, facendo di quell'oggetto esattamente quello che esso è. Nella
percezione quindi la cosa percepita si presenta come un'unità ,una combinazione, un nesso
organico e inscindibile di determinazione. È qui
che si realizza il primo incontro tra
universale e particolare. L'universalità del fenomeno percepito sta nell'unità di tutti i suoi
predicati.
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3.Intelletto
Nella terza fase l'oggetto si presenta come una forza. Infatti, essendo il risultato inscindibile
somma dei predicati l'oggetto è in grado di opporsi da tutto ciò che è diverso da sé , e quindi
è una forza. In quanto forza l'oggetto produce effetti e quindi è causa di qualcos'altro.
L'oggetto rinvia a quell'insieme di strutture concettuali di cui aveva parlato Kant
nell'Analitica. Quindi il movimento della coscienza dalla percezione alla forza trasforma la
percezione in intelletto. La coscienza può distinguere quindi sé stessa dalla cosa e la cosa
dalle altre mediante i concetti.
Autocoscienza
1. Dialettica servo-padrone
Nel momento in cui il mio intelletto definisce una cosa identificandola in un concetto e si
rende conto che le cose sono ciò che io dico che sono, io realizzo la mia funzione.
Comprendo quindi il mio ruolo di soggetto e quindi ho autocoscienza. L'autocoscienza è
come un riconoscimento di sé nella cosa. Prima gli oggetti non avevano un nome e
significato, ma in virtù della loro concettualizzazione essi sono diventati debitori a me del
loro significato e nome
a loro attribuito. Il rapporto con le cose implica la
concettualizzazione perché la conoscenza rivela uno sforzo di appropriazione, per potermi
muovere più agiatamente.
Tra le diverse autocoscienze di più individui si istituisce però un desiderio di appropriazione
dell'oggetto. Ma l'autocoscienza , quando riconosce che l'oggetto è qualcosa di proprio una
volta che è stato definito , riconosce anche di essere diventata altro da sé. Ma siccome
anche un altro individuo riconosce lo stesso oggetto vi è anche l'autocoscienza dell'altro.
Nel tentativo di appropriarsi dell'oggetto ,l'autocoscienza dell'io incontra l'autocoscienza
dell'altro. Ma in questo momento per non perdersi deve ingaggiare un duello con
l'autocoscienza dell'altro. Vi è un vincitore e vinto: padrone e servo. Da una posizione di
parità tra le altre coscienze si passa ad una posizione di insubordinazione .Ma quindi
cambiando il rapporto tra le autocoscienze cambierà anche il rapporto delle autocoscienze
con gli oggetti, e l'oggetto diventa esclusivamente la volontà del vincitore. Il vincitore avrà
potere di decidere il significato dell'oggetto. Il vinto deve rincorrere invece l'oggetto non
avendo potere su di esso. Il padrone gode illimitatamente della cosa. Il servo si subordina
alle imposizioni del padrone.
Cos'è il godimento del padrone? è l'annullamento dell'autonomia dell'oggetto. Il signore però,
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in quanto autocoscienza, ha sempre bisogno di riconoscerci in ciò che gli è esterno;
Siccome vede continuamente dileguare ciò che conosce in quanto gli oggetti perdono
autonomia in quanto in suo possesso, la sua autocoscienza (del padrone) perde
consistenza. Il padrone quindi perde l'autocoscienza, perde i connotati reali e assume solo i
connotati simbolici. Può essere identificata solo come ciò che è lontano rispetto alla
condizione umana, lontano rispetto alla realtà. L'autocoscienza del signore proprietaria della
realtà diventa un idea limite verso la quale tendere, un obbiettivo da perseguire, mentre al
contrario, siccome di fronte a lui si presenta la realtà nella sua verità apparente, il servo non
perde mai di vista il riconoscimento di sé nella cosa come altra da sé. Se il signore vive in
un supposto lontanissimo eden (egli è dio, l'assoluto, il fato), in una dimensione impalpabile
e irreale, il servo viceversa è la fotografia della nascita dell'autocoscienza umana, l'essenza
stessa dell'autocoscienza umana. Ma deve continuare a rincorrere la realtà, in modo infinito.
A questo punto scaturiscono le tre figure dello spirito, date dalla civiltà, attraverso cui si
risolve il rapporto soggetto oggetto, date da tre diversi pensieri: stoicismo, scetticismo e
cristianesimo.
2.Stoicismo-scetticismo
Lo stoicismo rappresenta l'uomo in grado di affrontare la realtà attraverso una totale
accettazione della stessa. Secondo lo stoicismo la realtà è oggettiva e si riesce a
distinguere sempre la causa dall'effetto: nulla della realtà sfugge alla razionalità. Questo non
implica la possibilità di agire sulle cose modificandole a proprio vantaggio. Basta
comprenderla, per non subire l'imperio della realtà. Quando conosco una cosa, so il suo
funzionamento, so gli effetti che può avere nei miei confronti, e la mia libertà si traduce in
questa accettazione razionale. Hegel definisce la libertà garantita dall'atteggiamento stoico
come una libertà sul trono e in catene. È la libertà di Marco Aurelio che medita sull'assurdità
del potere. È la libertà di chi è in ogni caso consapevole di non potere intervenire per
modificare il corso delle cose. Hegel ragiona nei soliti termini: ci voleva lo stoicismo per
ricavare la consapevolezza della capacità esplicativa della mente umana. Ma se la filosofia
vuole garantire la libertà del soggetto dall'oggetto lo stoicismo non può andare bene. Mi
condanna ad adeguarmi alla realtà. È fondamentale arrivare a questa posizione, ma è una
posizione che lega le mani, lontana dall'acquisizione della libertà.
Lo stoicismo va superato sulla base della conclusione e conseguenza deducibile dalla
posizione stoica stessa. L'autocoscienza, sulla base di quanto ricavato dalla posizione
stoica inizia a nutrire il sospetto dell'irraggiungibilità della verità. Secondo lo scetticismo, se
la verità ci viene sottratta, se non abbiamo potere sulla realtà, allora tutto quello che
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raccogliamo sono solo opinioni e supposizioni. Ma se non sono fondate, quello che
possiamo fare è confutare le opinioni nostre e altrui. Lo scetticismo, sulla base delle
considerazioni ricavate, si immerge nel dialettismo. Lo scettico dimostra solo che le
supposizioni delle altre persone sono confutate. Non giungono però ad alcuna conclusione,
ma solamente si possono vantare che le altre opinioni e conoscenze sono errate. Fanno
dibattiti tra loro fini a sé stessi. Lo scetticismo ha la convinzione che la verità non è
conoscibile, e corrisponde a qualcos'altro rispetto all'uomo e la realtà.
3.La coscienza infelice religiosa
Logico sbocco della concezione umana dello scetticismo sarà il cristianesimo, quella
posizione secondo la quale la coscienza non va più alla ricerca del particolare che muta nel
tempo, ma di qualcosa sempre uguale a sé stesso: va alla ricerca di Dio. La coscienza
diventa però infelice, in quanto non può mai raggiungere il modello identificato con Dio. Per
cui la coscienza cercherà di appagarsi nella perfezione di Dio, cercando di trarre sostegno
da quello che la coscienza umana vorrebbe essere ma non riesce ad essere in quanto si
tratta di un modello irraggiungibile.
Proprio mentre la coscienza sembra destinata alla disperazione, si rende conto che Dio è un
prodotto della coscienza stessa. La coscienza ha creato Dio. Quindi le ferite, le lacerazioni
dello spirito, le paure e i complessi di inferiorità sono guariti senza lasciare traccia. La
conciliazione tra sé e il reale è il soggetto il quale guarda il puro sapere di sé stesso che si
manifesta nella realtà, nelle cose. La coscienza dà la nascita ad un soggetto consapevole
del suo ruolo nella realtà. E siccome l'autocoscienza si presenta come quella che può
vedere sé stessa solo nell'oggetto allora soggetto e oggetto sono due facce della stessa
realtà. Il risultato del percorso fenomenologico Hegeliano è che la realtà è nella misura in
cui io la penso. Cadono tutti gli ostacoli nella realizzazione della mia realtà . La realtà non ha
alcuna autonomia.
Dopo la Fenomenologia
Bisognerà poi vedere se questo spirito soggettivo possa oggettivarsi riconoscendo la
necessità della natura e del mondo storico e delle istituzioni. Questo discorso diventa più
determinato nella produzione Hegeliana successiva. Il ribadire che la realtà è prodotto del
pensiero e non limite all'esercizio della realtà umana lo troviamo tra 1808 e 1810.
Inizialmente quasi nessuno capisce l'importanza della “ Fenomenologia dello spirito”, ad
eccezione di Marx. Neppure Hegel riuscì a capire l'importanza fondamentale della propria
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opera. Attualmente la critica ritiene quest'opera di Hegel il vero masterpiece del pensiero di
quest'uomo, perché non è solo il momento fondativo dell'idealismo che funzionalizza il
soggetto alla realtà, ma in particolare perché un invito alla storicizzazione continua delle
esperienze, la sollecitazione ad individuare procedure precise e principi a cui rifarsi per
disegnare un uomo nuovo.
Nella prefazione alla fenomenologia Hegel afferma che "il singolo deve ripercorrere i gradi di
formazione della sua soggettività, non solo secondo il contenuto ma sopratutto come
figure dello spirito già deposte (come tappe). Similmente noi osserviamo come nel campo
conoscitivo ciò che veniva considerato un pensiero più elevato ora è una semplice
esercitazione, un gioco per ragazzi ".'uomo ogni volta non parte a costruire tutto ciò che
esiste nella realtà, ma parte dalle conoscenze a cui si è giunti nella propria epoca, senza
dover rifare i passaggi.
Dialettica Hegeliana
La Fenomenologia contiene un fondamentale invito di ritrovare in sé stessi, in quanto
soggetti, l'evoluzione della storia. Hegel dice che la filosofia è il proprio tempo appreso con il
pensiero. Raccogliere questo invito a trovare in sé stessi la stessa evoluzione della storia
implica una scelta accurata degli strumenti di indagine e della procedura da adottare. Per
quanto concerne la procedura si affaccia per la prima volta la dialettica Hegeliana. Non c'è
un passo del corposo testo hegeliano in cui venga definita la dialettica, ma non è una
mancanza da parte di Hegel, ma un'omissione completamente consapevole. Definire una
cosa infatti significa staticizzarla in un significato fisso sempre uguale a sé stesso. Ma
siccome la dialettica è movimento allora non può farsi staticizzare in una definizione.
Si può ricavare il significato per via indiretta .Corrisponde alle due costanti all'interno
dell'autocoscienza ,ovvero il togliere e il conservare. L'autocoscienza o soggettività umana
non elimina mai quello che toglie, bensì lo conserva; facendo ciò lo supera. Ad esempio la
sensazione viene tolta in quanto ha un limite ma non viene eliminata, viene conservata, in
quanto è necessaria ad arrivare al passo successivo.
L'elemento di assoluta novità scaturito dalla dialettica Hegeliana è il convincimento che
tutte le cose, senza eccezione, consentano alla coscienza, al soggetto umano, di guardarsi
in esse come in uno specchio. Consente di guardarle come cose sue proprie. Sono allora
questo aspetti propri della dialettica Hegeliana, del conservare togliendo e del togliere
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conservando, le proprietà che consentono l'alienazione [dal latino, farsi altro]. Il soggetto è
costituito dagli enti che la coscienza ha reso propri.
Allora il mondo ,se è già ciò che è proprio della coscienza, vuol dire che aspetterà da parte
dell'io una definitiva appropriazione, una definitiva presa di coscienza. Appropriabilità del
mondo e riconoscimento in esso come in uno specchio sono la stessa cosa.
Le cose vengono manipolate attraverso le continue trasformazioni dell'universo, del mondo
del lavoro e della cultura. Se l'appropriazione del mondo si traduce nel riscatto definitivo
della soggettività, allora questa gnoseologia dell'appropriazione può avere qualcosa in
comune con la dottrina salvifica del cristianesimo riformato; essa infatti vedeva nel lavoro,
nella preghiera, nell'educazione l'unica via per riscattarsi dal peccato originale. Il
destinatario non è quindi l'uomo in generale, ma un particolare tipo di uomo: il borghese. I
valori della borghesia erano austerità, parsimonia e impegno nel lavoro, tutti elementi della
coscienza infelice contro cui sembra presentarsi la natura nella sua indipendenza. La
fenomenologia dello spirito di Hegel è quindi un romanzo pedagogico della borghesia
europea nella sua massima grandezza dopo la rivoluzione francese. In questo romanzo
pedagogico ci sono una promessa e una certezza. Una volta che abbiamo visto il riflesso
del mondo come soggettività, il mondo è appropriabile e diventa, in virtù del lavoro, anche
appropriato. Si sviluppa quindi un intreccio tra lavoro e proprietà. La misura del valore delle
cose sarà garantita dal metro dell'autonomia politica piuttosto che dalla filosofia come
normalmente è intesa. È molto significativo sopratutto in rapporto al fatto che l'economia è
stata considerata fino alla prima metà dell'ottocento una parte della filosofia morale, un
riflessione filosofica sul comportamento. D'altronde ,Adam Smith che scrisse "Indagine
sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni" era un professore di filosofia.
Lineamenti di filosofia del diritto
Quest'opera è per argomento l'equivalente della critica della ragion pratica di Kant. Hegel
contesta a Kant un eccesso di formalismo nella sua dottrina morale. Vuole dedicarsi alla
morale del concreto.
Il punto di partenza è il punto di arrivo della fenomenologia, ovvero un soggetto totalmente
autonomo rispetto alla realtà ovvero libero. Si tratta di andare a vedere se questo soggetto
libero sia effettivamente in grado nel concreto della sua esistenza di usare questa sua
libertà. La libertà è garantita dal punto di vista gnoseologico. Il campo di manifestazione
della volontà è il diritto, intendendo per diritto la possibilità di essere, creare tutto quello che
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sei capace. Il concetto di diritto utilizzato da Hegel corrisponde ad una libertà libera. Ma
questa libertà deve attuarsi all'interno di una comunità con le sue leggi. Sono dotato di una
volontà illimitata che mi porterebbe a perseguire i miei obbiettivi ma mi devo rendere conto
che non solo, e quindi l'esercizio della libertà trova limite fisiologico nell'esercizio della
libertà altrui. Urge il passaggio dal diritto astratto e formale alla moralità. Se non sono solo
sono costretto a scendere a patti con l'altro.
Rapportarsi con gli altri implica il dovere di rispettare gli altri, nella misura in cui risulterebbe
non esercitabile la volontà di ciascuno. Per ciascuno vale il dovere di non oltrepassare quei
limiti che lederebbero all'esercizio della libertà altrui. Nella fase della moralità secondo hegel
bisogna entrare in contatto con dei contenuti. Non può essere solo form come in kant, ma
nasce la sfera dell'eticità. È quell'insieme di usi e costumi alla base dei comportamenti
umani. Ha la sua manifestazione più diretta nel contesto concreto in cui ciascun individuo è
collocato. Ogni individuo non è solo.
La famiglia garantisce l'eticità perché fa si di unire due volontà nel matrimonio, dando un
evidenza tangibile di questa unione (i bambini) e garantisce il mantenersi di questo stato di
coesistenza di due volontà attraverso un patrimonio. Anche la famiglia non è un'isola, non è
un ambito a sé stante famiglia rinvia alla società civile.
Come viene vista la società da Hegel
Vivendo in una Prussia Assolutista, la concezione presente è un po' arretrata. Quel salto di
qualità avuto attraverso le rivoluzioni borghesi che altri paesi hanno avuto non è invece
ancora avvenuto per la Germania. Quindi Hegel ,riferendosi alla sua realtà, pensa che la
società civile sia divisa in classi, ciascuna delle quali è deputata al soddisfacimento dei
bisogni. Hegel si rifà ai ceti tedeschi, simili a corporazioni che garantiscono , attraverso gli
scambi dei prodotti del lavoro, la comunicazione con altri classi. In ogni classe sociale,
proprio perchè è deputata al soddisfacimento dei prodotti, c'è l'interesse particolare
dell'individuo. Ma questi interessi si possono scontrare, senza armonizzarsi, e questo crea
un problema: tutti hanno bisogno di ordine e sicurezza a salvaguardia degli interessi dei
paesi. Questa necessità fa si che si abbia bisogno di governi e una costituzione (principio di
organizzazione). Lo stato è l'insieme delle istituzioni (burocrazia, magistratura, polizia,...). Lo
stato garantisce l'effettiva espressione della libertà di ciascuno, sotto il rispetto della legge.
Lo stato, facendo rispettare le leggi, sottrae la volontà del singolo, consentendo
l'oggettivazione dello spirito soggettivo. Da una rappresentazione visibile di questa
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oggettivazione. C'è uno stato se è possibile a tutti visualizzarlo in qualcosa o in qualcuno.
La rappresentazione visibile della garanzia della libertà dei civili è il sovrano. Egli deve
appartenere ad una stirpe consolidata da una tradizione. Il sovrano inoltre ha la proprietà
del territorio di tutto lo stato, allo scopo do sfuggire alle tentazioni dell'egoismo. Hegel
ingenuamente considera che chi detiene il potere, se non ha necessità economiche, possa
comportarsi meglio, senza indulgere in tentazione dei propri interessi.
Per Hegel lo Stato migliore è quello in cui c'è un re che regna ma non governa. Mentre il
governo è in mano della classe dei proprietari terrieri. Anche se non è assolutamente
meccanica l'identificazione del proprietario terriero con il governante. Nella prospettiva
Hegeliana per essere governante bisogna essere proprietari terrieri, ma non vale la
reciproca. Questo consente spazio alla possibilità che l'esercizio del potere politico solo a
coloro che sappiano governare
Relazioni con altri stati
Alcune relazioni con altri stati possono essere pacifiche, come i trattati commerciai, ma la
relazione più scontata tra gli stati è quella della guerra. È considerata positivamente, in
quanto in essa gli stati escano dall'isolamento per dare via al movimento del mondo. La sua
concezione è stata criticata, considerata arretrata. Lo stato hegeliano è reazionario e
conservatore. Hegel si muove certamente in una realtà arretrata d'Europa, però alla fine
anche in Hegel non siamo lontani dal proporre uno stato di Diritto tipico delle monarchie
liberal costituzionali dell'ottocento. Non ci sono però meccanismi di verifica dei poteri (il
voto) né strutture tipiche delle democrazie. Ci interessa solo cogliere che la legge che lo
Stato applica è la possibilità di garantire la libertà per ciascuno.
La cultura Idealista si diffonderà, permeando gli ambienti colti di tutta Europa. Non si può
prescindere da Hegel, anche se le sue interpretazioni non sono omogenee e univoche.
Anche i suoi allievi si dividono in Giovani Hegeliani e Vecchio Hegeliani o Hegeliani e destra
e di sinistra.
Quelli di vecchi o di destra dicono che la dialettica vale sempre, legittimando lo status qui
legittimando l'assetto esistente. Quelli giovani di sinistra interpretano l dialettica come una
teoria di sviluppo e di progresso, permettendo di superare l'assetto esistente raggiungendo
tappe più importanti per l'individuo e per la collettività. Quella della destra saranno
prevalentemente degli storici, mentre quelli di sinistra saranno sopratutto dei teologi,
portando avanti la speranza che la dialettica Hegeliana diano un interpretazione dinamica e
progressiva della religione tale da garantire la libertà dell'individuo.
Lorenzo Mambretti – mambrettinet.altervista.org
La filosofia di Hegel crea una vera e propria scuola che influenza il panorama filosofico
europeo. Caratterizza tutta la prima metà dell'Ottocento