1 INTRODUZIONE LA MANCATA CRESCITA DELL’ITALIA Il dibattito sulla mancata crescita (o “declino”) dell’economia italiana si arricchisce di sempre nuove analisi; …mancano solo i rimedi! Per capire i termini del problema, merita rileggere le “Considerazioni Finali” del Governatore Fazio presentate all’Assemblea del 31 maggio 2001: quella diagnosi è ancora valida oggi, e ci aiuta anche a capire perché quattro anni siano passati invano. L’analisi di Fazio era infatti correttamente centrata sulla perdita di competitività dell’economia italiana, dovuta non solo all’andamento non favorevole di costi e prezzi, ma anche all’inadeguata risposta dell’offerta alla composizione della domanda, ed alla limitata presenza di beni ad alta tecnologia. Era sottolineata la necessità di rimuovere le rigidità e le carenze strutturali le cui conseguenze negative erano accentuate dall’avvio della moneta unica. Erano elencate come prioritarie sia l’attrazione di capitali internazionali per lo sviluppo di settori innovativi (era esplicitamente menzionata la nuova economia) sia un insieme di riforme volte ad aumentare l’efficienza del settore pubblico. La conclusione di Fazio riferita ai progressi realizzati nel secondo dopoguerra, colpì la fantasia dei giornalisti: “Quel miracolo economico (sic!) può essere ripetuto. Possiamo e dobbiamo realizzarlo”. Nei giorni successivi, prevalse l’interpretazione favorevole al nuovo Governo (si era votato il 13 maggio e Fazio parlava il 31!): un nuovo miracolo economico era in arrivo…… Ciò che abbiamo visto in questi anni non è proprio stato un miracolo! Ben poco essendo stato fatto per aumentare la produttività e quindi la competitività dell’economia italiana, non c’è stata la crescita della produzione, mentre anche un po’ di maggior domanda interna veniva sempre più soddisfatta da importazioni. Per spiegare la mancata crescita dell’Italia, ci è stata invece offerta una lunga lista di “colpevoli”: dalle Torri Gemelle allo scandalo Enron, dal fallimento dell’Argentina alla guerra in Iraq, e ancora all’apprezzamento dell’Euro. In realtà, la nostra perdita di competitività non è attribuibile ai tanti shocks esterni che hanno semmai agito dal lato della domanda mentre i nostri erano, e sono, evidenti problemi di offerta. Ed anche dal lato della domanda, è ovvio che il nuovo contesto Euro in cui (dal 1999!) ci troviamo, renderebbe meno efficaci quelle politiche di reflazione che non possono comunque superare quanto formalmente vietato dal Patto europeo di stabilità. Se potessimo dimostrare che si tratta di shock simmetrici (che colpiscono noi come gli altri Paesi della zonaEuro), vi sarebbe ragione per una comune politica europea. Ma anche questo aspetto è controverso, perché all’interno della zona-Euro è molto aumentata la varianza tra la performance dei vari paesi e quella italiana è sistematicamente la peggiore Né ci consola molto sapere che anche l’economia tedesca – che resta il nostro primo mercato di esportazione – ha un andamento mediocre! 2 Produttività del lavoro* L’analisi svolta in questi anni dalla Banca d’Italia ha continuamente riproposto la necessità di interventi strutturali volti a recuperare competitività: è ormai l’esperienza di un decennio che ne dà conferma. E’ infatti da metà anni ’90 che la crescita della produttività accelera negli Stati Uniti e rallenta fortemente in Italia (e in Germania). Ita Ger Usa 2,5 2,0 1,5 1,0 0,5 Cosa abbiamo di simile alla Germania, e di diverso dagli Stati Uniti, che da dieci anni frena la nostra crescita? Se non si risponde a questa domanda, i rimedi non li troveremo mai. 0 1990 1995 2000 Variazioni % medie annue su un periodo mobile di sei * Pil per occupato