Giuliano Pisani Il libro dei Greci Versioni greche per il triennio con schede sintattiche e percorsi antologici EDIZIONI DI SCUOLA E CULTURA © Copyright 2007 by Edizioni di Scuola e Cultura via S. Speroni 43 - Padova I Edizione Marzo 2007 ISBN 88 - 7330 - 098 - 7 Stampa GMV - Villorba (TV) Κτμ τε ς α ε μλλον γνισμα ς τ παραχρμα κοειν ξγκειται Tucidide I, 22, 4 Gran parte di quello che sono, del mio modo di essere, dei miei comportamenti, nasce dal fatto che ho avuto la fortuna di avere una preparazione basata sostanzialmente su studi umanistici... Il passaggio dallo studio dei classici all’economia non lo sentivo come qualcosa di contraddittorio, ovvero come qualcosa che fosse distinto in maniera netta, perché facendo filologia classica avevo imparato molto nel rigore, nel metodo per la ricerca. Carlo Azeglio Ciampi Il greco è assai più del latino alla base di tutto... Le forme del nostro pensiero e dei nostri sentimenti, i «complessi» del nostro inconscio, i miti della nostra cultura (di tutta la cultura occidentale) sono lì: fra Eschilo e Aristotele Beniamino Placido Questo volume mette a disposizione dei colleghi del triennio del liceo classico un’ampia raccolta di passi, per esercitare gli allievi nello studio e nell’approfondimento della lingua greca. È articolato in tre sezioni: Sezione prima: comprende 34 schede sintattiche con esercizi Sezione seconda: 747 versioni estratte dall’opera dei massimi prosatori greci, presentati in ordine cronologico, con l’inserimento di asterischi (da uno a tre) per evidenziare il quoziente di difficoltà del brano. Sezione terza: tutte le versioni proposte agli esami estivi di maturità classica dal 1924 al 2006. I brani proposti, tratti da edizioni critiche, sono stati scelti in funzione soprattutto del contenuto, nell’intento di fornire un quadro esauriente del pensiero e dell’opera dei vari scrittori. Nelle rare occasioni in cui si sono operati tagli nel testo, si è di norma segnalato l’intervento tra parentesi quadre. La parentesi uncinata, che racchiude quasi sempre un nome proprio, evidenzia invece che si è provveduto a un inserimento nel testo. Anche le frasi che fungono da esercizio nella prima sezione sono rigorosamente d’autore (con minimi adattamenti). SEZIONE PRIMA 3 I passi degli scrittori più agevoli, su cui presumibilmente cominceranno a esercitarsi gli studenti, sono generalmente corredati di un ampio apparato di note grammaticali e lessicali, per consentire loro di muoversi con gradualità nell’esegesi del testo. Altri, invece, sono presentati con poche note essenziali o senza note. Talvolta si è inserito anche un vero e proprio commento, per illustrare anche i motivi di interesse o di richiamo del passo. Note stilistiche sono state premesse agli scrittori più complessi. Gli autori più significativi e che rientrano anche nei programmi ministeriali di lettura (Erodoto, Tucidide, Senofonte, Isocrate, Platone, Lisia, Plutarco, ecc.) godono di uno spazio commisurato alla loro importanza e i passi proposti possono costituire di per sé una esaustiva antologia delle loro opere e del loro pensiero. Si è provveduto anche all’inserimento di finestre con approfondimenti tematici e confronti e riprese da parte di letterati moderni. Il volume è completato da un utile e pratico indice degli argomenti sintattici, che permette agli studenti di orientarsi prontamente nella ricerca e di andare dalla versione alla pagina della sintassi in cui è trattato l’argomento, e da un indice degli argomenti, che evidenzia i filoni tematici, consentendo un utilizzo del volume anche come antologia. Attendo ora il giudizio, le critiche e, se gentilmente lo riterranno, i suggerimenti dei colleghi per migliorare il volume. Nel frattempo porgo a docenti e studenti l’augurio di buon lavoro, nell’auspicio che la tradizione degli studi classici, e segnatamente della lingua e della civiltà greca, non abbia mai a venir meno in Italia, nell’auspicio che l’Europa unita mantenga la consapevolezza che la sua identità deriva anzitutto dall’essere, e dall’essere stata, erede del grande patrimonio di valori spirituali e di pensiero elaborati dal mondo classico. Giuliano Pisani 4 SEZIONE PRIMA Erodoto Erodoto è il primo prosatore dell’antichità e, destino già capitato ad Omero con la poesia, resta un modello per tanti aspetti insuperabile. Narratore straordinario, con pochi tocchi riesce a dare il clima di una scena o il carattere di un personaggio o di una storia. Arione che canta il nomo ortio ritto al centro della nave, avvolto nei suoi paramenti solenni, il pianto di Serse sulla fugacità della vita umana di fronte all’immenso spiegamento della sua armata, il disperato grido di Creso sul rogo, l’anello di Policrate, così la carica vittoriosa a Maratona, l’eroica resistenza alle Termopili, sono tutti momenti che restano incancellabili. E se si osserva non c’è un aggettivo, un avverbio, un nome, una parola in più del necessario. La calviniana leggerezza ha la sua esemplificazione perfetta in Erodoto. Nato ad Alicarnasso, colonia dorica sulla costa sud-occidentale dell’Asia Minore, intorno al 484 a.C., fu un instancabile viaggiatore: visitò la regione del Mar Nero, l’Egitto, la Fenicia, la Mesopotamia e la Grecia continentale, in particolare la Beozia, Delfi, il Peloponneso. Ad Atene entrò in contatto con gli ambienti intellettuali, stringendo amicizia con Sofocle e Pericle. Nel 440 si trasferì nella colonia panellenica di Turi, in Magna Grecia. Non sono noti il luogo e l’anno della morte. La sua opera storica, il cui titolo è tratto dalle parole del proemio στορ%ης (π*δειξις, “esposizione della ricerca”, fu divisa in epoca alessandrina in nove libri, a ciascuno dei quali venne in seguito dato il nome di una delle nove Muse. Vi sono narrati gli avvenimenti dall’ascesa al trono di Creso e Ciro (560 a.C.) alla fine delle guerre persiane (479 a.C.): i primi quattro libri sono concentrati quasi esclusivamente sulle campagne espansionistiche dei Persiani, mentre a partire dal quinto si profila in modo netto il tema principale del conflitto tra Greci e Persiani. La struttura dell’opera, che si compone di ampi logoi geo-etnografici, fa pensare a una composizione originariamente divisa in varie monografie, più tardi assemblate intorno all’asse portante delle guerre persiane. L’epocale scontro tra Oriente e Occidente è preparato da digressioni su paesi e regni come Lidia, Egitto, Scizia, Mesopotamia, con accenni anche all’India e all’Arabia, che occupano quasi tutta la prima parte, e sono per noi una miniera di conoscenze e di curiosità su luoghi, usi e costumi di quei popoli (prima della decifrazione dei geroglifici, quello che si sapeva sull’antico Egitto veniva quasi tutto da Erodoto). Non sappiamo se l’opera sia realmente conclusa, dato che si arresta un po’ bruscamente con la conquista ateniese di Sesto, ma gli antichi non ne dubitavano. Le fonti della sua ricerca sono la conoscenza diretta e le testimonianze orali e scritte che Erodoto andò raccogliendo nel corso dei suoi viaggi. Il metodo storiografico non ha ancora il rigore di Tucidide e non di rado il racconto si fa fantasioso, nel tentativo di dilettare e stupire l’uditorio. La concezione eticoreligiosa appare ancora arcaica: la divinità è autrice e insieme arbitro delle vicende umane, di cui gli uomini sono solo attori, spesso inconsapevoli. Lo stile piacevole e vario, sintatticamente lineare e semplice, la fluidità della prosa, l’interesse che suscitavano i suoi racconti assicurarono ad Erodoto 174 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici larga fama sin dall’antichità; Cicerone lo definì pater historiae, Dionigi di Alicarnasso lo antepose a Tucidide per aver reso vario il suo stile alla maniera di Omero. Quintiliano ne ammirava la scorrevolezza e la piacevolezza dello stile, così alieno dalla prolissità. Erodoto resta per noi il primo grande prosatore della civiltà occidentale, i cui racconti sono affascinanti come le novelle di un suo lontanissimo erede, messer Giovanni Boccaccio. Ma anche la sua concezione storiografica è attualmente oggetto di rivalutazione in rapporto al concetto di historia sviluppatosi nel corso del Novecento a partire da Marc Bloch (1886-1944), che promosse una metodologia dell’indagine storica ispirata al concetto di “storia globale”, di una storia cioè che non si occupasse solo di strutture e vicende politico-militari, ma considerasse i vari aspetti legati alla geografia, alla sociologia, all’economia, alle dinamiche e valenze sociali e di costume. Nel suo ultimo lavoro, In viaggio con Erodoto (2004) lo scrittore polacco Ryszard Kapuscinski (scomparso nel gennaio del 2007) fa di Erodoto il primo reporter della storia, descrivendone il fascino della lettura e i pensieri e le scoperte che inducono le sue pagine: “Più tempo passavo a leggere Erodoto, più provavo un sentimento di amicizia e quasi d’affetto nei suoi confronti. Mi era sempre più difficile fare a meno non tanto del libro, quanto del suo autore. Un sentimento complesso e difficile da definire con precisione. Era l’intimità con qualcuno che non conosciamo di persona, ma che ci affascina per il suo modo di essere e di rapportarsi agli altri; una persona che, dovunque vada, diventa immediatamente un centro di aggregazione. Erodoto era figlio della sua cultura e del clima propizio all’uomo che le aveva fatto da culla. Era la cultura delle grandi tavole imbandite, dove ci si siede in gruppo nelle calde sere estive a mangiare olive e formaggio, bere vino fresco e chiacchierare. Uno spazio non racchiuso da mura ma aperto sul mare o su un pendio montano, atto a sviluppare l’immaginazione. Un incontro durante il quale i narratori hanno l’occasione di esibirsi in gare improvvisate dove primeggia chi riesce a riferire la storia più interessante o gli episodi più insoliti. Qui la realtà si mescola alla fantasia, i tempi e i luoghi si confondono, nascono le leggende, sorgono i miti. Leggendo Erodoto, viene da pensare che frequentasse con piacere quei banchetti e che fosse un ascoltatore attento e scrupoloso. Doveva avere una memoria formidabile. Noi moderni, viziati dalle conquiste della tecnica, per quanto riguarda la memoria siamo degli invalidi: basta restare libri o senza computer e siamo perduti. Ma perfino oggi possiamo trovare società dove ancora risalta l’incredibile capacità della memoria umana. Erodoto viveva in un mondo dotato di quel tipo di memoria. Il libro era una rarità, le iscrizioni su pietre e muri una rarità anche maggiore. C’erano gli uomini e i racconti che si facevano l’un l’altro. Per esistere, l’uomo aveva bisogno della presenza di un altro uomo, di vederlo e sentirlo: non si davano altre forme di comunicazione e quindi altre possibilità di vita. La civiltà della trasmissione orale li avvicinava: sapevano che l’Altro non era solo colui che li aiutava a procacciarsi il cibo e a difendersi dai nemici, ma anche l’essere unico e insostituibile capace di spiegare il mondo e di fare loro da guida. Quell’antica lingua della trasmissione diretta e del contatto socratico era infinitamente più ricca della nostra. A contare non erano solo le parole. Spesso più delle parole contava ciò che si comunicava tra le righe con l’e- Erodoto ● 175 spressione del viso, i gesti delle mani e i movimenti del corpo. Erodoto lo sa e, come ogni reporter e ogni etnologo, fa in modo di entrare in contatto diretto con i suoi personaggi, di non limitarsi ad ascoltare quello che dicono, ma di osservare come lo dicono e come si comportano”. La lingua di Erodoto Erodoto usa un dialetto ionico misto, che non riflette nessuna lingua effettivamente parlata o scritta: è una creazione letteraria, che presenta forme omeriche, atticismi e iperionismi, vale a dire forme dottamente ricostruite dai grammatici alessandrini. Tra le caratteristiche più rilevanti c’è l’etacismo, cioè il passaggio in η dell’ α lunga originaria del greco comune: συµφορ( per συµφορ), πρ(σσω per πρ)σσω. Ricorrono poi vocalismi diversi, come - α al posto di ε (τ)µνω per τ/µνω) α al posto di η (λ)ξοµαι per λ(ξοµαι) α al posto di ο (3ρρωδ/ω per 5ρροδ/ω) ι al posto di ε e di ευ (6στ7η per 8στ7α, 9θ;ς per ε=θ;ς) ε al posto di α (τ/σσερες per τ/σσαρες) η al posto di ω (Μαι?τις al posto di Μαι@τις) ω al posto di α (θ@κος al posto di θBκος). Si trovano spesso anche dittonghi al posto di una semplice vocale (ξεCνος per ξ/νος) o contrario (µ/ζων per µεCζων, Eς per ε9ς). Il dittongo ου è sostituito da ω in Fν (οGν), γ@ν (γοIν), mentre εο è contratto in ευ: ποιε;µενος (ποιο;µενος). Normalmente le forme sciolte sono preferite a quelle contratte (3ε7δω per JKδω). Frequente è la crasi (κ3µο7 per καL Eµο7, κ3κεCνοι per καL EκεCνοι, Mνθρωπος per N Kνθρωπος, τω=τO per τO α=τO). Consonantismo Il fenomeno più evidente è la psilosi, la mancanza di spirito aspro: 3π7κετο per 3φ7κετο, 3π’ οQ per 3φ’ οQ. Il gruppo γν si semplifica in ν: γ7νοµαι per γ7γνοµαι. Dinanzi a µ la dentale non assibila: Rδµεν per Rσµεν. I gruppi -ρρ- -ττ- in attico rimangono nelle forme originali -ρσ- -σσ-. La scomparsa del digamma ha determinato fenomeni di allungamento (εTνεκα per Uνεκα, µοIνος per µOνος). La consonate ê è usata al posto di π nel radicale πο- in pronomi, aggettivi e avverbi interrogativi e indefiniti: κοCος per ποCος, NκOτερος per NπOτερος, Vκως per Vπως. Aspirate e non aspirate si scambiano: EνθαIτα per EνταIθα, o non di rado passano alla tenue corrispondente: δ/κοµαι per δ/χοµαι, αGτις per αGθις. Declinazione • I declinazione: uscita in -εων del genitivo plurale; uscita in -Xησι per il dativo plurale; uscita in -εω del genitivo singolare dei nomi maschili. • II declinazione: uscita in -οισι del dativo plurale. • III declinazione: i temi in ι conservano lo stesso grado vocalico in tutti i casi (πOλις, πOλιος etc.); i temi in -ευς hanno il genitivo singolare in -εος e il dativo singolare in εϊ; i temi in -ες con elisione non contraggono la vocale del tema con quella della desinenza. 176 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici L’epopea delle guerre persiane Le guerre persiane furono in realtà lo scontro tra due mondi e due civiltà: l’Asia e l’Europa. Così sentivano anche i Greci di allora, così tramanda lo storico Erodoto. I Persiani erano già signori dell’Oriente e dell’Egitto: le terre da conquistare erano a occidente, e il primo paese la Grecia. La sconfitta subita negli anni cruciali tra il 490 e il 479 a.C. a Maratona, Salamina, Platea, sancì al tempo stesso il tramonto definitivo dei progetti persiani di impero universale e l’avvio dell’ascesa politica e militare di Atene. La lunga lotta tra questi due mondi si sarebbe conclusa centocinquant’anni dopo con il trionfo di un europeo, Alessandro Magno. Esistono eventi storici che segnano una svolta e di fronte ai quali ci si può interrogare con l’esercizio dei se: se Carlo Martello non avesse frenato a Poitiers l’avanzata degli Arabi? se i Turchi avessero travolto l’impero asburgico? se Hitler avesse vinto la seconda guerra mondiale? Esercizio avversato dagli storici, che fanno professione di realismo, ma che consente ugualmente di avanzare qualche credibile ipotesi. Così, nel caso di vittoria persiana, difficilmente Atene avrebbe potuto vivere la straordinaria e irripetibile stagione che vide concentrarsi in essa uomini di autentico genio, i creatori della civiltà occidentale. Si pensi ai tragediografi Eschilo (che combattè a Maratona), Sofocle ed Euripide; al commediografo Aristofane; a storici del valore di Erodoto, Tucidide (autentico padre della storia) e Senofonte; a filosofi come Socrate, Platone e Aristotele; e agli oratori, gli architetti, gli scultori, i pittori. Tutto questo fu possibile nel clima di una città economicamente e militarmente fortissima, in quell’Atene che diede vita alla democrazia, il modello costituzionale che ancora oggi, nelle mutate realtà del nostro tempo, continua a offrire agli uomini le più ampie garanzie di libertà, di giustizia e di progresso. Quella lontana vittoria è anche la nostra vittoria. 490 a.C.: Maratona Verso la metà del VI secolo a.C. i Persiani cominciarono la loro rapida e fortunata espansione: nel 546 l’imperatore Ciro il Grande conquistò la Lidia e le città greche dell’Asia Minore. Nel 499 esse si ribellarono al potere di Dario I. Guidava la rivolta il tiranno di Mileto, Aristagora. Atene ed Eretria, una città dell’isola Eubea, prestarono loro aiuto: dopo alcuni successi iniziali (i ribelli erano giunti perfino a incendiare Sardi, la capitale della Lidia) la sollevazione fu stroncata nel 494 e l’antica, gloriosa Mileto presa e distrutta. Nell’estate del 490 a.C. una flotta persiana, al comando di un principe reale, Artaferne, e di un esperto generale, Dati, salpò dalle coste della Cilicia con lo scopo dichiarato di punire le due città greche. Le fonti non concordano nel riferire l’entità del corpo di spedizione (lo storico greco Erodoto, vissuto nel V sec. a poca distanza dagli avvenimenti, parla di seicento triremi, Cornelio Nepote di cinquecento: i moderni pensano che le forze persiane ammontassero a circa 20.000 uomini. Decisamente fantasiosa la cifra di seicentomila uomini riferita da un tardo epitomatore latino, Giustino. I Persiani, dopo aver inferto una dura punizione all’isola di Nasso ed essersi 196 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici mostrati rispettosi nei riguardi della sacra isola di Delo, approdarono in Eubea, mettendo a ferro e fuoco, in poco più di una settimana, Eretria. Pochi giorni dopo Dati sbarcava le truppe sulla spiaggia di Maratona, una quarantina di chilometri a nordest di Atene: il luogo gli era stato consigliato da Ippia, figlio spodestato del tiranno Pisistrato, che fidava nell’aiuto persiano per riprendere il controllo della città. 44 * I colleghi cedono il turno di comando a Milziade. Gli Ateniesi si schierano in formazione di battaglia Ως δ$ %ς %κε(νον περι.λθε1, %νθα4τα δ6 %τ7σσοντο 9δε ο: ;Αθηνα(οι >ς συµβαλBοντεςC το4 µ$ν δεξιο4 κBρεος EγBετο G πολBµαρχος ΚαλλJµαχος2C G γLρ νMµος3 τMτε εOχε οPτω το(σι ;ΑθηναJοισι, τRν πολBµαρχον Sχειν κBρας τR δεξιMν. ΗγεοµBνου δ$ τοVτου, %ξεδBκοντο >ς WριθµBοντο α: φυλαJ, %χMµεναι WλληλBων4C τελευτα(οι δ$ %τ7σσοντο, Sχοντες τR εZ[νυµον κBρας, ΠλαταιBες5. ;ΑπR ταVτης γ7ρ σφι τ.ς µ7χης ;ΑθηναJων θυσJας WναγMντων %ς πανηγVρις τLς %ν τ^.σι πεντετηρJσι γινοµBνας κατεVχεται G κ.ρυξ G ;Αθηνα(ος _µα τε ;ΑθηναJοισι λBγων γJνεσθαι τL WγαθL κα` Πλαταιε4σι6. ΤMτε δ$ τασσοµBνων τcν ;ΑθηναJων %ν τdc Μαραθcνι %γJνετο τοιMνδε τιC τR στρατMπεδον %ξισοVµενον τdc Μηδικdc στρατοπBδdω, τR µ$ν αZτο4 µBσον %γJνετο %π` τ7ξιας fλJγας, κα` ταVτ^η gν WσθενBστατον τR στρατMπεδον, τR δ$ κBρας hκ7τερον Sρρωτο πλiθεϊ7. 1. Ως ... περι.λθε: “Quando (è sott. il sogg. πρυτανJη, il turno di comando) toccò a lui, allora (%νθα4τα)”. I dieci strateghi, ciascuno dei quali comandava mille uomini della propria tribù, avevano a rotazione il comando di giornata: i colleghi cedono il loro turno a Milziade, purché sia lui a guidare gli Ateniesi. - 2. πολBµαρχος ΚαλλJµαχος: il polemarco è il comandante supremo delle forze armate, una sorta di ministro della difesa, mentre lo stratego comandante di turno, Milziade, è il suo capo di stato maggiore. - 3. G ... νMµος: nel valore originario di “usanza”, “consuetudine” (quello più ricorrente, invece, è di “legge”). - 4. %ξεδBκοντο ... WλληλBων: “si susseguivano (%ξεδBκοντο con psilosi, attico %ξεδBχοντο), a seconda di come erano numerate, le tribù, strette le une alle altre” (il verbo Sχοµαι, seguito dal genitivo, indica contatto o immediata contiguità). - 5. ΠλαταιBες: i beoti di Platea furono i soli altri Greci presenti sul campo, con un contingente di mille uomini. - 6. ;ΑπR ... Πλαταιε4σι: una parentesi, per 45 * spiegare il motivo per cui, quando gli Ateniesi celebrano i sacrifici nelle loro festività solenni invocano prosperità anche per la città di Platea. ;ΑπR ... µ7χης: “A partire da questa battaglia”; ;ΑθηναJων ... WναγMντων: genitivo ass. con valore temporale; da notare come il verbo indichi l’atto di ‘portar su’, evidentemente sull’acropoli, le vittime sacrificali consacrate alla divinità: “quando gli Ateniesi offrono i sacrifici”; %ς πανηγVρις τLς %ν τ^.σι πεντετηρJσι γινοµBνας: “per le festività (le πανηγVρις, acc. plurale, sono propriamente le ‘riunioni di tutto il popolo’) quinquennali, le più importanti delle quali erano le Panatenaiche. - 7. τR στρατMπεδον ... πλiθεϊ: gli Ateniesi sono inferiori di numero, ma devono comunque coprire la stessa fronte di combattimento, per evitare di essere aggirati alle ali. Ciò fa sì che il loro centro sia costituito di poche file e che sia qui il punto più debole (ταVτ^η WσθενBστατον); entrambe le ali invece sono rafforzate (Sρρωτο πλiθεϊ, “erano forti per il numero”). Gli Ateniesi si slanciano in un attacco travolgente e memorabile Ως δB σφι διετBτακτο κα` τL σφ7για %γJνετο καλ71, %νθα4τα >ς WπεJθησαν2 ο: ;Αθηνα(οι, δρMµdω lεντο %ς τοmς βαρβ7ρουςC gσαν δ$ στ7διοι οZκ %λ7σσονες τR Erodoto ● 197 µετα$χµιον α)τ*ν + ,κτ.3. Ο2 δ4 Π6ρσαι 9ρ*ντες δρ;µ<ω >πι;ντας παρεσκευAζοντο Cς δεξ;µενοι, µαν$ην τε τοGσι HΑθηνα$οισι >π6φερον καL πAγχυ ,λεθρ$ην, 9ρ*ντες α)τοOς >;ντας ,λ$γους, καL τοPτους δρ;µ<ω >πειγοµ6νους οQτε Rππου SπαρχοPσης σφι οQτε τοξευµAτων4. ΤαVτα µ6ν νυν ο2 βAρβαροι κατε$καζονX HΑθηναGοι δ4 >πε$τε Yθρ;οι προσ6µειξαν τοGσι βαρβAροισι, >µAχοντο Yξ$ως λ;γου. Πρ*τοι µ4ν γZρ [Ελλ]νων πAντων τ*ν ^µεGς _δµεν δρ;µ<ω >ς πολεµ$ους >χρ]σαντο, πρ*τοι δ4 Yν6σχοντο >σθ`τA τε Μηδικbν 9ρ*ντες5 καL dνδρας ταPτην >σθηµ6νους6X τ6ως δ4 fν τοGσι gΕλλησι καL τh οQνοµα τh Μ]δων φ;βος YκοVσαι7. 1. [Ως δ6 ... καλA: “Quando ebbero completato (lett. da loro era stato completato; διετ6τακτο è ppf. da διατAσσω) lo schieramento e i sacrifici erano favorevoli”. - 2. Yπε$θησαν: ‘furono lasciati andare’ (aor. pass. di Yφ$ηµι, con psilosi per Yφε$θησαν), cioè “ricevettero l’ordine di muovere all’attacco”. 3. fσαν ... ,κτ.: uno stadio equivale mediamente a 180 m., quindi tra i due schieramenti c’era quasi un chilomentro e mezzo, il che dimostra l’espressione δρ;µ<ω allude a un passo di marcia accelerato, che diventa corsa vera e propria solo nella parte finale; µετα$χµιον è l’intervallo che intercorre tra le due fronti contrapposte (da µετα-, ‘in mezzo’, e αwχµ], ‘lancia’). - 4. οQτε ... τοξευµAτων: Ateniesi e Plateesi avanzano di corsa, anche se non disponevano né di cavalleria né di arcieri (SπAρχω è un usuale sosti- 46 * tuto di εwµ$): i Persiani li prendono per pazzi. La tattica di Milziade, invece, è tanto originale quanto intelligente: la corsa impedisce di essere facile bersaglio delle frecce nemiche, aumenta la forza d’urto e per di più crea sconcerto nel nemico. Erodoto lascia intuire la prestanza fisica degli uomini e ne sottolinea la perfetta organizzazione, che li porta a piombare sul nemico a ranghi serrati (Yθρ;οι) - 5. Yν6σχοντο ... 9ρ*ντες: la sola vista delle fogge persiane e di chi le indossava era fino a quel momento oggetto di terrore per i Greci; da notare il part. pred. 9ρ*ντες dopo Yν6σχοντο: “ressero la vista di” (lett. ‘ sostennero di vedere’). - 6. >σθηµ6νους: part. perf. di >σθ6ω. - 7. YκοVσαι: infinito limitativo, con valore corrispondente a quello del supino passivo latino. Dopo un lungo, durissimo corpo a corpo, i Persiani sono travolti e i Greci arrivano alle navi Μαχοµ6νων δ4 >ν τ<* Μαραθ*νι χρ;νος >γ$νετο πολλ;ς. ΚαL τh µ4ν µ6σον τοV στρατοπ6δου >ν$κων ο2 βAρβαροι, τk` Π6ρσαι τε α)τοL καL ΣAκαι >τετAχατο1X κατZ τοVτο µ4ν δb >ν$κων ο2 βAρβαροι καL n]ξαντες >δ$ωκον >ς τbν µεσ;γαιαν, τh δ4 κ6ρας oκAτερον >ν$κων HΑθηναGο$ τε καL Πλαται6ες. Νικ*ντες δ4 τh µ4ν τετραµµ6νον τ*ν βαρβAρων φεPγειν qων2, τοGσι δ4 τh µ6σον n]ξασι α)τ*ν συναγαγ;ντες τZ κ6ρεα Yµφ;τερα >µAχοντο, καL >ν$κων HΑθηναGοι. ΦεPγουσι3 δ4 τοGσι Π6ρσkησι εRποντο κ;πτοντες, >ς t >πL τbν θAλασσαν Yπικ;µενοι πVρ τε α_τεον καL >πελαµβAνοντο τ*ν νε*ν. 1. τk` ... >τετAχατο: il centro, come avevamo visto, era il punto debole della formazione greca: “là dove (τk` è avverbio relativo) erano (stati) schierati i Persiani stessi e i Saci”; i Saci erano popolazioni della Scizia orientale, particolarmente abili nell’uso dell’arco e a cavallo. - 2. τh µ4ν ... qων: “lasciavano (qων è l’imperf. di >Aω) fuggire la parte sbaragliata 198 ● (τh τετραµµ6νον, part. perfetto passivo, sostantivato, del verbo τρ6πω) dei barbari”. Si completa la visione della tattica di Milziade: le ali, dopo aver travolto i nemici, si congiungono al centro, dove i Persiani, numericamente superiori, avevano sfondato. 3. ΦεPγουσι: part. pres. dat. plurale. Sezione seconda - Autori e percorsi antologici 49 * Il pianto di Serse (I) Επε$ δ’ 'γ)νοντο 'ν Αβ/δ0ω, 3θ)λησε Ξ)ρξης <δ)σθαι π?ντα τ@ν στρατAν. ΚαD, προεπεποDητο γEρ 'π$ κολωνοG 'πDτηδες αHτ0I τα/τJη προεξ)δρη λDθου λευκοG ('ποDησαν δM ΑβυδηνοD, 'ντειλαµ)νου πρAτερον βασιλ)ος), 'νθαGτα Pς Qζετο, κατορ)ων 'π$ τSς 3ιAνος 'θηεTτο κα$ τ@ν πεζ@ν κα$ τEς ν)ας. Θηε/µενος δM Vµ)ρθη τIν νεIν Wµιλλαν γινοµ)νην <δ)σθαιX 'πε$ δM 'γ)νετA τε κα$ 'νDκων ΦοDνικες Σιδ[νιοι, \σθη τε τJS ]µDλλJη κα$ τJS στρατιJS. ^Ως δM `ρα π?ντα µMν τ@ν ^Ελλaσποντον bπ@ τIν νεIν cποκεκρυµµ)νον, π?σας δM τEς cκτEς κα$ τE ΑβυδηνIν πεδDα 'πDπλεα cνθρ[πων, 'νθαGτα d Ξ)ρξης eωυτ@ν 'µακ?ρισε, µετE δM τοGτο 'δ?κρυσε. 50 * Il pianto di Serse (II) Μαθgν δ) µιν Αρτ?βανος d π?τρως, hς τ@ πρIτον γν[µην cπεδ)ξατο 'λευθ)ρως οH συµβουλε/ων Ξ)ρξJη στρατε/εσθαι 'π$ τiν ^Ελλ?δα, οjτος Pνiρ φρασθε$ς Ξ)ρξην δακρ/σαντα εlρετο τ?δεX «nΩ βασιλεG, Pς πολλ@ν cλλaλων κεχωρισµ)να 'ργ?σαο νGν τε κα$ pλDγ0ω πρAτερονX µακαρDσας γEρ σεωυτ@ν δακρ/εις». ^Ο δM εsπεX « ΕσSλθε γ?ρ µε λογισ?µενον κατοικτTραι Pς βραχtς εlη d πuς cνθρ[πινος βDος, ε< το/των γε 'Aντων τοσο/των οHδε$ς 'ς eκατοστ@ν vτος περι)σται». ^Ο δM cµεDβετο λ)γωνX «wΕτερα το/του παρE τiν ζAην πεπAνθαµεν ο<κτρAτερα. Εν γEρ οxτω βραχ)ϊ βD0ω οHδε$ς οxτω zνθρωπος 'gν εHδαDµων π)φυκε, ο{τε το/των ο{τε τIν zλλων, τ0I οH παραστaσεται πολλ?κις κα$ οHκ$ Wπαξ τεθν?ναι βο/λεσθαι µuλλον | ζ[ειν. ΑQ τε γEρ συµφορα$ προσπDπτουσαι κα$ αV νοGσοι συνταρ?σσουσαι κα$ βραχtν 'Aντα µακρ@ν δοκ)ειν εsναι ποιεGσι τ@ν βDον. Οxτω d µMν θ?νατος µοχθηρSς 'ο/σης τSς ζAης καταφυγi αVρετωτ?τη τ0I cνθρ[π0ω γ)γονεX d δM θε@ς γλυκtν γε/σας τ@ν α<Iνα φθονερ@ς 'ν αHτ0I εbρDσκεται '[ν». Ξ)ρξης δM cµεDβετο λ)γωνX « Αρτ?βανε, βιοτSς µ)ν νυν cνθρωπηDης π)ρι, 'ο/σης τοια/της οQην περ σt διαιρ)αι εsναι, παυσ[µεθα, µηδM κακIν µεµνε[µεθα χρηστE vχοντες πρaγµατα 'ν χερσD». 480 a.C.: Le Termopili Nel 485 a.C., morto Dario I, divenne imperatore Serse, che riprese il progetto paterno di invadere e conquistare la Grecia. Nel 480, costruito un ponte di barche sull’Ellesponto, fece passare il suo sterminato esercito in Tracia e Macedonia, mentre la flotta lo seguiva costeggiando. Fra le città greche furono soprattutto Sparta e Atene a lottare contro i Persiani, la prima con i suoi formidabili guerrieri, la seconda con le sue veloci navi da guerra. Il primo scontro fu terrestre e si svolse alla Termopili (Porte calde), uno stretto passaggio fra i contrafforti del monte Eta in Tessaglia e il mare del golfo Malìaco, che allora sbarrava la via di accesso alla Grecia centrale. Qui i Greci decisero di attendere l’esercito invasore di Serse nell’estate del 480 a.C. 202 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici 51 * La battaglia delle Termopili: il sacrificio di Leonida (I) Το"σι δ& 'ν Θερµοπ.λ0ησι 'ο2σι 3Ελλ5νων πρ7τον µ&ν 9 µ:ντις Μεγιστ>ης, 'σιδ@ν 'ς τA Bρ:, Cφρασε τFν µGλλοντα Cσεσθαι Iµα Jο" σφι θ:νατον, 'πK δ& καK αMτNµολοι Oσαν οB 'ξαγγε>λαντες τ7ν ΠερσGων τRν περ>οδονS οTτοι µ&ν Cτι νυκτFς 'σ5µηναν, τρ>τοι δ& οB VµεροσκNποι καταδραµNντες WπF τ7ν Xκρων Yδη διαφαινο.σης VµGρης. [Ενθα2τα 'βουλε.οντο οB ]Ελληνες, κα> σφεων 'σχ>ζοντο αB γν7µαιS οB µ&ν γAρ οMκ Cων τRν τ:ξιν 'κλιπε"ν, οB δ& WντGτεινον. ΜετA δ& το2το διακριθGντες οB µ&ν Wπαλλ:σσοντο καK διασκεδασθGντες κατA πNλις `καστοι 'τρGποντο, οB δ& αMτ7ν Iµα Λεων>δ0η µGνειν αMτο2 παρεσκευ:δατο. ΛGγεται δ& καK bς αMτNς σφεας WπGπεµψε Λεων>δης, µR WπNλωνται κηδNµενοςS αMτd7 δ& καK ΣπαρτιητGων το"σι παρεο2σι οMκ Cχειν εMπρεπGως 'κλιπε"ν τRν τ:ξιν 'ς τRν Oλθον φυλ:ξοντες Wρχ5ν1. Τα.τ0η καK µgλλον τRν γνhµην πλε"στNς εiµι2 Λεων>δην, 'πε>τε 0Yσθετο τοkς συµµ:χους 'Nντας Wπροθ.µους καK οMκ 'θGλοντας συνδιακινδυνε.ειν, κελε2σα> σφεας Wπαλλ:σσεσθαι, αMτd7 δ& WπιGναι οM καλ7ς CχεινS µGνοντι δ& αMτο2 κλGος µGγα 'λε>πετο, καK V Σπ:ρτης εMδαιµον>η οMκ 'ξηλε>φετο. 1. 'κλιπε"ν ... Wρχ5ν: “abbandonare il posto per difendere il quale (τRν = ν; φυλ:ξοντες è part. fut. con valore finale) erano espressamente (Wρχ5ν, avv. ‘inizialmente’, cioè come motivazione iniziale) 52 * venuti” . - 2. Τα.τ0η ... εiµι: “Su questo punto sono pienamente (πλε"στος ha valore avverbiale) di questo avviso e anzi penso che...”. La battaglia delle Termopili: il sacrificio di Leonida (II) [ΕκGχρητο γAρ mπF τnς Πυθ>ης το"σι Σπαρτι5τ0ησι χρεωµGνοισι περK το2 πολGµου το.του αMτ>κα κατ’ WρχAς 'γειροµGνου, p Λακεδα>µονα Wν:στατον γενGσθαι mπF τ7ν βαρβ:ρων, p τFν βασιλGα σφGων WπολGσθαι. Τα2τα δG σφι 'ν Cπεσι qξαµGτροισι χρdg λGγοντα rδεS 3Υµ"ν δ’, t Σπ:ρτης οiκ5τορες εMρυχNροιο1, p µGγα Xστυ 'ρικυδ&ς mπ’ Wνδρ:σι Περσεuδ0ησι πGρθεται2, p τF µ&ν οMχ>, Wφ’ 3ΗρακλGους δ& γενGθλης πενθ5σει βασιλn φθ>µενον Λακεδα>µονος οwρος3S οM γAρ τFν τα.ρων σχ5σει µGνος οMδ& λεNντων Wντιβ>ηνS ΖηνFς γAρ Cχει µGνος4S οMδG ` φηµι σχ5σεσθαι, πρKν τ7νδ’ `τερον διA π:ντα δ:σηται5. Τα2τ: τε δR 'πιλεγNµενον Λεων>δην καK βουλNµενον κλGος καταθGσθαι µο.νων ΣπαρτιητGων, WποπGµψαι τοkς συµµ:χους µgλλον p γνhµ0η διενειχθGντας ο|τω WκNσµως ο}χεσθαι τοkς οiχοµGνους. 1. εMρυχNροιο: “dalle ampie contrade”. - 2. p µGγα ... πGρθεται: o una grande gloriosissima città sarà distrutta (πGρθεται è presente profetico, quindi da rendere con un futuro in italiano) da uomini che discendono da Perseo” (Perse, capostipite ed eponimo dei Persiani, era considerato dai Greci figlio di Perseo). - 3. p τF µ&ν ... οwρος: “oppure no, ma la terra (οwρος è propriamente il ‘confine’, da cui il ter- ritorio) di Lacedemone piangerà morto (φθ>µενον) un re della stirpe di Eracle” (i due re spartani appartenevano alle famiglie degli Agiadi e degli Euripontidi, che con gli Eraclidi si vantavano discendere direttamente da Eracle); Lacedemone era figlio di Zeus e di Taigeta, e si era unito a Sparta, figlia di Eurota. - 4. οM γAρ ... µGνος: “non fermerà l’invasore (Wντιβ>ην) né la forza dei tori né dei leoni: ha la Erodoto ● 203 forza di Zeus”. - 5. οHδ# ... δLσηται: “e dico che non si arresterà, prima di avere straziato completamente 53 * (διD πLντα) o uno o l’altra” (‘una delle due cose’, cioè o il re o la città). La battaglia delle Termopili: il sacrificio di Leonida (III) Ο! µ#ν νυν σ'µµαχοι ο! ,ποπεµπ/µενοι ο0χοντ/ τε ,πι/ντες κα4 5πε6θοντο Λεων6δ;η, Θεσπι#ες δ? κα4 ΘηβαAοι κατ#µειναν µοBνοι παρD Λακεδαιµον6οισι. Το'των δ? ΘηβαAοι µ?ν ,#κοντες Gµενον κα4 οH βουλ/µενοι (κατεAχε γLρ σφεας Λεων6δης 5ν NµOρων λ/γPω ποιε'µενος), Θεσπι#ες δ? Rκ/ντες µLλιστα, οS οHκ Gφασαν ,πολιπ/ντες Λεων6δην κα4 τοTς µετ’ αHτοB ,παλλLξεσθαι, ,λλD καταµε6ναντες συναπ#θανονW 5στρατOγεε δ? αHτXν ∆ηµ/φιλος ∆ιαδρ/µεω. Ξ#ρξης δ? 5πε4 [λ6ου ,νατε6λαντος σπονδDς 5ποιOσατο, 5πισχ\ν χρ/νον 5ς ,γορ]ς κου µLλιστα πληθ^ρην1 πρ/σοδον 5ποι#ετοW κα4 γDρ 5π#σταλτο 5ξ `ΕπιLλτεω2 οcτωW ,πd γDρ τοB eρεος [ κατLβασις συντοµωτ#ρη τ# 5στι κα4 βραχ'τερος N χXρος πολλdν f περ [ περ6οδ/ς τε κα4 ,νLβασις. Οg τε δh βLρβαροι ο! ,µφ4 Ξ#ρξην προσOισαν κα4 ο! ,µφ4 Λεων6δην iΕλληνες, jς τhν 5π4 θανLτPω Gξοδον ποιε'µενοι3, fδη πολλPX µlλλον m κατ’ ,ρχDς 5πεξOισαν 5ς τd εHρ'τερον τοB αHχ#νος. 1. 5ς ... πληθ^ρην: “fino al riempimento del mercato” (cioè l’ora in cui il mercato si riempie, vale a dire tra le 10 e le 12). - 2. 5ξ `ΕπιLλτεω: ecco l’infame, Efialte, che sarà eternato proprio per il suo ignobile 54 * tradimento (5π#σταλτο è ppf. passivo da 5πιστ#λλω). - 3. jς ... ποιε'µενοι: “sapendo di uscire incontro alla morte” (esempio di jς subiettivo). La battaglia delle Termopili: il sacrificio di Leonida (IV) nΕπιπτον πλOθεϊ πολλο4 τXν βαρβLρωνW eπισθε γDρ ο! [γεµ/νες τXν τελ#ων Gχοντες µLστιγας 5ρρLπιζον πLντα qνδρα, αrε4 5ς τd πρ/σω 5ποτρ'νοντες. Πολλο4 µ?ν δh 5σ#πιπτον αHτXν 5ς τhν θLλασσαν κα4 διεφθε6ροντο, πολλPX δ’ Gτι πλ#ονες κατεπατ#οντο ζωο4 tπ’ ,λλOλωνW uν δ? λ/γος οHδε4ς τοB ,πολλυµ#νου. iΑτε γDρ 5πιστLµενοι τdν µ#λλοντL σφι Gσεσθαι θLνατον 5κ τXν περιι/ντων τd eρος, ,πεδε6κνυντο w^µης xσον εyχον µ#γιστον 5ς τοTς βαρβLρους, παραχρε^µενο6 τε κα4 ,τ#οντες. ∆/ρατα µ#ν νυν τοAσι πλ#οσι αHτXν τηνικαBτα fδη 5τ'γχανε κατεηγ/τα, ο! δ? τοAσι ξ6φεσι διεργLζοντο τοTς Π#ρσας. Κα4 Λεων6δης τε 5ν το'τPω τPX π/νPω π6πτει ,νhρ γεν/µενος qριστος, κα4 {τεροι µετ’ αHτοB |νοµαστο4 Σπαρτιητ#ων, τXν 5γ\ jς ,νδρXν ,ξ6ων γενοµ#νων 5πυθ/µην τD οHν/µατα, 5πυθ/µην δ? κα4 ~πLντων τXν τριηκοσ6ων. 204 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici Tucidide Le informazioni sulla vita di Tucidide sono piuttosto scarne. Nato ad Atene fra il 460 a.C. e il 454 a.C., partecipò come stratego alla guerra del Peloponneso (424), ma non riuscì a impedire l’assedio posto ad Anfipoli dallo spartano Brasida. Forse per questo fu esiliato, ma altri contestano questa notizia. Anche della morte si sa poco: Plutarco la colloca in Tracia, Didimo ad Atene, Timeo in Italia, in una anno tra il 402 a.C. e il 399 a.C. L’opera di Tucidide ricevette dalla tradizione il titolo generico di Storie e la suddivisione in 8 libri. L’argomento è la guerra del Peloponneso, scoppiata nel 431 a.C., di cui Tucidide descrive accuratamente gli avvenimenti fino al 411, l’anno del colpo di stato dei Quattrocento, che impose in città un governo oligarchico, poi mitigatosi in quello più moderato dei Cinquemila. La narrazione si interrompe all’improvviso, dopo aver riferito della condanna a morte di Alcibiade e delle manovre del satrapo persiano Tissaferne. Uno studioso, Luciano Canfora, ha ipotizzato che Senofonte fosse in possesso degli scritti di Tucidide e abbia fatto confluire le ultime pagine dello storico, morto improvvisamente, all’inizio della sua opera, le Elleniche. Tucidide è il vero padre della storia, il creatore del metodo storiografico, basato sull’analisi delle fonti e sull’interpretazione dei fatti. Gli eventi storici sono frutto esclusivo dell’azione degli uomini. La divinità è esclusa. L’unico limite all’agire umano è dato dalla Tyche, il caso, quell’imponderabile che Machiavelli chiamerà Fortuna. Compito dello storico, in ogni caso, non è soltanto l’esposizione e l’analisi dei fatti, ma fornirne una chiave interpretativa universale. In questo senso Tucidide si può considerare il fondatore della filosofia della storia. La comprensione delle dinamiche profonde dell’agire dell’uomo, alla luce della sua stessa natura, è utile nell’immediato, ma soprattutto per il futuro, perché è il solo mezzo per evitare di ricadere negli errori fatti in passato. Il distacco dalla storiografia erodotea è profondo. Con metodo scientifico Tucidide analizza l’eziologia della malattia dell’umanità: la sete di dominio e quello che ne è lo strumento, la guerra. Distingue le cause profonde da quelle prossime (i pretesti), ricostruisce puntigliosamente gli eventi per fornirne la chiave di comprensione. La guerra non è mai vista come un’impresa epica: essa risponde alla legge di natura, che porta il forte a dominare sul debole. Nell’agire della politica dominano la forza, l’utilità e la paura, e non c’è spazio per l’etica. La sola forma di ingiustizia è quella data dall’abuso della propria forza, non dai comportamenti che si potrebbero giudicare tali alla luce dei valori etici. La drammatica conclusione del V libro, il Dialogo dei Meli e degli Ateniesi, è la sceneggiatura di questi concetti. Di qui l’esigenza di un potere forte, ampio, che costringa gli uomini all’obbedienza, e in cambio della loro libertà assicuri protezione, sicurezza interna ed esterna, possibilità di sviluppo economico, prosperità. Questo potere è l’impero di Minosse o quello di Atene, quello di Agamennone o quello di Sparta o di Persia. “V’è, secondo l’interpretazione tucididea della storia, una legge nel mondo, questa, che l’uomo è nemico dell’uomo, che l’uomo, quando ha la Tucidide ● 207 forza, costringe l’altro uomo: nella lotta di tutti contro tutti è il disordine del mondo e la miseria dei singoli. Su da questo disordine s’alzano gli imperi, che, pur adeguandosi alla legge della storia, attenuano il disordine. Su dagli imperi che possono aver origine da forza fortuita, s’alzano gli imperi moderati, e son questi meritevoli di lode” (A. Maddalena). Lo stile di Tucidide è teso, asciutto, essenziale. Le figure retoriche più usate sono la variatio e l’antitesi. Alieno dal ricorso a qualunque tipo di effetto drammatico, sa comunque creare un suo pathos particolare, di grande efficacia. 55 * L’esordio dell’opera: fin dal primo momento mi fu chiaro che questa sarebbe stata la guerra più grande mai combattuta Θουκυδ%δης (Αθηνα-ος ξυν/γραψε τ5ν π7λεµον τ:ν Πελοποννησ%ων κα> (Αθηνα%ων, @ς Aπολ/µησαν πρ5ς BλλCλους, BρξDµενος εEθFς καθισταµ/νου κα> Aλπ%σας1 µ/γαν τε Iσεσθαι κα> BξιολογJτατον τ:ν προγεγενηµ/νων, τεκµαιρ7µενος Kτι BκµDζοντ/ς τε N M σαν Aς αEτ5ν Bµφ7τεροι παρασκευMP τMP πDσMη κα> τ5 Qλλο RΕλληνικ5ν Tρ:ν ξυνιστDµενον πρ5ς Uκατ/ρους, τ5 µVν εEθWς, τ5 δV κα> διανοοWµενον. Κ%νησις γZρ α[τη µεγ%στη δ\ το-ς ]Ελλησιν Aγ/νετο κα> µ/ρει τιν> τ:ν βαρβDρων, @ς δV ε_πε-ν2 κα> Aπ> πλε-στον BνθρJπων. ΤZ γZρ πρ5 αEτ:ν κα> τZ Iτι παλα%τερα3 σαφ:ς µVν εcρε-ν διZ χρ7νου πλPθος BδWνατα Nν, Aκ δV τεκµηρ%ων eν Aπ> µακρ7τατον σκοποfντ% µοι πιστεfσαι ξυµβα%νει4 οE µεγDλα νοµ%ζω γεν/σθαι οhτε κατZ τοFς πολ/µους οhτε Aς τZ Qλλα5. 1. Aλπ%σας: “prevedendo”. - 2. @ς δV ε_πε-ν: “che è come dire”. - 3. ΤZ... παλα%τερα: “Gli avvenimenti precedenti e quelli ancora più antichi”. - 4. Aκ ... 56 ** ξυµβα%νει: “ma dagli indizi a cui mi capita, analizzandoli a fondo, di prestar fede”. - 5. οhτε ... Qλλα: “né per le guerre né per il resto”. Un tempo la Grecia, sottoposta a continue invasioni, non aveva insediamenti stabili, né vi era possibilità di coltivare i campi o di intrattenere rapporti commerciali: le regioni più fertili erano inevitabilmente le più esposte alle razzie o a conflitti interni Φα%νεται γZρ k νfν RΕλλZς καλουµ/νη οE πDλαι βεβα%ως ο_κουµ/νη1, BλλZ µεταναστDσεις τε οlσαι τZ πρ7τερα κα> mnαδ%ως oκαστοι τ\ν Uαυτ:ν2 Bπολε%ποντες, βιαζ7µενοι cπ7 τινων α_ε> πλει7νων3. ΤPς γZρ Aµπορ%ας οEκ οhσης, οEδ’ AπιµειγνWντες Bδε:ς BλλCλοις οhτε κατZ γPν οhτε διZ θαλDσσης, νεµ7µενο% τε τZ αcτ:ν oκαστοι Kσον BποζPν κα> περιουσ%αν χρηµDτων οEκ Iχοντες οEδV γPν φυτεWοντες, Qδηλον qν Tπ7τε τις Aπελθrν κα> Bτειχ%στων sµα tντων Qλλος BφαιρCσεται, τPς τε καθ’ kµ/ραν Bναγκα%ου τροφPς πανταχοf uν kγοWµενοι Aπικρατε-ν, οE χαλεπ:ς Bπαν%σταντο, κα> δι’ αEτ5 οhτε µεγ/θει π7λεων vσχυον οhτε τMP QλλMη παρασκευMP. ΜDλιστα δV τPς γPς k Bρ%στη4 α_ε> τZς µεταβολZς τ:ν ο_κητ7ρων εxχεν, y τε νfν Θεσσαλ%α καλουµ/νη κα> Βοιωτ%α ΠελοποννCσου τε τZ πολλZ πλ\ν (Αρκαδ%ας, τPς τε Qλλης Kσα Nν κρDτιστα. ∆ιZ γZρ Bρετ\ν γPς α| τε δυνDµεις τισ> µε%ζους Aγγιγν7µεναι στDσεις Aνεπο%ουν5, Aξ eν Aφθε%ροντο, κα> sµα cπ5 BλλοφWλων µ}λλον AπεβουλεWοντο. 208 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici Discorso sul metodo 59 ** Gli uomini accettano le storie che si tramandano, anche quelle che riguardano il proprio paese, senza sottoporle a vaglio critico. Ne è un esempio la storia dei tirannicidi, Armodio e Aristogitone, che andò diversamente da come si racconta Τ! µ#ν ο&ν παλαι! τοια,τα η.ρον1, χαλεπ! 4ντα παντ5 6ξ8ς τεκµηρ;<ω πιστε,σαι. ΟA γ!ρ Cνθρωποι τ!ς Eκο!ς τFν προγεγενηµGνων, κα5 Hν IπιχJρια σφ;σιν LM, Nµο;ως Eβασαν;στως παρ’ EλλQλων δGχονται. SΑθηνα;ων γο,ν τU πλ8θος VΙππαρχον οXονται Yφ’ ZΑρµοδ;ου κα5 SΑριστογε;τονος τ\ραννον 4ντα Eποθανε]ν, κα5 ο^κ Xσασιν _τι ZΙππ;ας µ#ν πρεσβ\τατος `ν Mρχε τFν Πεισιστρbτου υAGων, VΙππαρχος δ# κα5 ΘεσσαλUς Eδελφο5 Mσαν α^το,, YποτοπQσαντες δG τι Iκε;νLη τL8 dµGρ<α κα5 παραχρ8µα ZΑρµeδιος κα5 SΑριστογε;των Iκ τFν ξυνειδeτων σφ;σιν ZΙππ;<α µεµην,σθαι το, µ#ν EπGσχοντο fς προειδeτος, βουλeµενοι δ# πρ5ν ξυλληφθ8ναι δρbσαντGς τι κα5 κινδυνε,σαι, τ<F ZΙππbρχ<ω περιτυχeντες περ5 τU Λεωκeρειον καλο\µενον τiν Παναθηναϊκiν ποµπiν διακοσµο,ντι EπGκτειναν. Πολλ! δ# κα5 Cλλα kτι κα5 ν,ν 4ντα κα5 ο^ χρeν<ω Eµνηστο\µενα κα5 οA Cλλοι VΕλληνες ο^κ mρθFς οXονται [...]. Οpτως Eταλα;πωρος το]ς πολλο]ς d ζQτησις τ8ς Eληθε;ας, κα5 Iπ5 τ! 6το]µα µrλλον τρGπονται. 1. Τ! ... η.ρον: “Tali trovai dunque i fatti antichi”, la cui ricostruzione è complicata, perché “era diffici- 60 ** le prestar fede a qualunque indizio capitasse (uno dopo l’altro)”. La storia non ha niente a che vedere con la poesia o con le narrazioni volte solo a dilettare l’uditorio, e chi guarderà ai fatti troverà che questa guerra è la più grande che ci sia mai stata SΕκ δ# τFν εsρηµGνων τεκµηρ;ων _µως τοια,τα Cν τις νοµ;ζων µbλιστα t δι8λθον ο^χ uµαρτbνοι1, κα5 οvτε fς ποιητα5 YµνQκασι περ5 α^τFν Iπ5 τU µε]ζον κοσµο,ντες µrλλον πιστε\ων, οvτε fς λογογρbφοι ξυνGθεσαν Iπ5 τU προσαγωγeτερον τL8 Eκροbσει H EληθGστερον, 4ντα EνεξGλεγκτα κα5 τ! πολλ! YπU χρeνου α^τFν Eπ;στως Iπ5 τU µυθFδες Iκνενικηκeτα, ηYρ8σθαι δ# dγησbµενος Iκ τFν Iπιφανεστbτων σηµε;ων fς παλαι! εwναι EποχρJντως. Κα5 N πeλεµος ο.τος, κα;περ τFν EνθρJπων, Iν <y µ#ν zν πολεµFσι, τUν παρeντα αsε5 µGγιστον κρινeντων, παυσαµGνων δ# τ! Eρχα]α µrλλον θαυµαζeντων, Eπ’ α^τFν τFν kργων σκοπο,σι δηλJσει _µως µε;ζων γεγενηµGνος α^τFν. 1. SΕκ ... uµαρτbνοι: “Non sbaglierebbe tuttavia chi (_µως Cν τις... ο^χ uµαρτbνοι), per gli indizi ora detti, pensasse pressappoco tali (τοια,τα µbλιστα) i fatti che ho esposto (t δι8λθον)”. Tucidide afferma che, sebbene rimanga incerta una ricostruzione storica di eventi lontani nel tempo, gli elementi da lui esposti appaiono comunque più probanti dei raccon- 210 ● ti sia dei poeti, che nel loro canto hanno abbellito o ingigantito i fatti (Iπ5 ... κοσµο,ντες), sia dei logografi, che puntano più al diletto dell’ascolto che alla ricerca della verità (προσαγωγeτερον ... EληθGστερον) e non si sono preoccupati di distinguere gli indizi attendibili da quelli falsi. Sezione seconda - Autori e percorsi antologici 61 ** Il metodo storico seguito da Tucidide non mira a compiacere chi ascolta, ma a fornire un insegnamento che sia utile per sempre Κα" #σα µ&ν λ)γ+ω ε.πον1 2καστοι 6 µ7λλοντες πολεµ9σειν 6 :ν α;τ+< =δη @ντες, χαλεπCν τDν EκρGβειαν α;τDν τ<ν λεχθ7ντων διαµνηµονεJσαι Kν :µοG τε Lν α;τCς =κουσα κα" τοNς Oλλοθ7ν ποθεν :µο" Eπαγγ7λλουσινP Qς δ’ Sν :δ)κουν :µο" 2καστοι περ" τ<ν αTε" παρ)ντων τU δ7οντα µVλιστ’ εTπεNν2, :χοµ7ν+ω #τι :γγXτατα τYς ξυµπVσης γν[µης τ<ν Eληθ<ς λεχθ7ντων, ο\τως ε]ρηται. ΤU δ’ `ργα τ<ν πραχθ7ντων :ν τ+< πολ7µ+ω ο;κ :κ τοJ παρατυχ)ντος3 πυνθαν)µενος bξGωσα γρVφειν, ο;δ’ Qς :µο" :δ)κει, Eλλ’ οdς τε α;τCς παρYν κα" παρU τ<ν Oλλων #σον δυνατCν EκριβεG+α περ" eκVστου :πεξελθ[ν. fΕπιπ)νως δ& ηhρGσκετο4, δι)τι οj παρ)ντες τοNς `ργοις eκVστοις ο; τα;τU περ" τ<ν α;τ<ν `λεγον, Eλλ’ Qς eκατ7ρων τις ε;νοGας 6 µν9µης `χοι. Κα" :ς µ&ν Eκρ)ασιν ]σως τC µD µυθ<δες α;τ<ν Eτερπ7στερον φανεNταιP #σοι δ& βουλ9σονται τ<ν τε γενοµ7νων τC σαφ&ς σκοπεNν κα" τ<ν µελλ)ντων ποτ& αkθις κατU τC Eνθρ[πινον τοιοXτων κα" παραπλησGων `σεσθαι, lφ7λιµα κρGνειν α;τU EρκοXντως 2ξει. ΚτYµV τε :ς αTε" µmλλον 6 Eγ[νισµα :ς τC παραχρYµα EκοXειν ξXγκειται. 1. #σα µ&ν λ)γ+ω ε.πον: in antitesi con il successivo ΤU δ’ `ργα. - 2. Qς δ’ Sν ... εTπεNν: “ma come mi sembrava (:δ)κουν :µο") che ciascuno avrebbe potuto dire (Sν ... εTπεNν) ciò che doveva (τU δ7οντα) in relazione alle circostanze che via via (αTε") si presentavano”.- 3. :κ τοJ παρατυχ)ντος: “dal primo che capitava”. - 4. fΕπιπ)νως δ& ηhρGσκετο: “La ricerca era faticosa”, perché i testimoni a uno stesso fatto ne davano versioni diverse. 5. τC µD µυθ<δες: “la mancanza di elementi favolosi” renderà forse meno gradevole all’ascolto la sua narrazione. Discorso sul metodo 62 ** Gli ambasciatori ateniesi, convocati a Sparta, sostengono la liceità del loro comportamento nei riguardi degli alleati, richiamandosi, tra l’altro, alla legge naturale, che vede da sempre il più debole dominato dal più forte «oΥµεNς γοJν, q Λακεδαιµ)νιοι, τUς :ν τsY Πελοπονν9σ+ω π)λεις :π" τC hµNν lφ7λιµον καταστησVµενοι :ξηγεNσθεP κα" εT τ)τε hποµεGναντες διU παντCς Eπ9χθεσθε :ν τsY uγεµονG+α1, vσπερ uµεNς, εk ]σµεν µD Sν wσσον hµmς λυπηροxς γενοµ7νους τοNς ξυµµVχοις κα" Eναγκασθ7ντας Sν 6 Oρχειν :γκρατ<ς 6 α;τοxς κινδυνεXειν. Ο\τως ο;δ’ uµεNς θαυµαστCν ο;δ&ν πεποι9καµεν ο;δ’ EπC τοJ EνθρωπεGου τρ)που, εT Eρχ9ν τε διδοµ7νην :δεξVµεθα κα" ταXτην µD EνεNµεν hπC τρι<ν τ<ν µεγGστων νικηθ7ντες, τιµYς κα" δ7ους κα" lφελGας, ο;δ’ αk πρ<τοι τοJ τοιοXτου hπVρξαντες, Eλλ’ αTε" καθεστ<τος τCν zσσω hπC τοJ δυνατωτ7ρου κατεGργεσθαι, OξιοG τε {µα νοµGζοντες ε.ναι κα" hµNν δοκοJντες, µ7χρι ο} τU ξυµφ7ροντα λογιζ)µενοι τ+< δικαG+ω λ)γ+ω νJν χρYσθε, ~ν ο;δεGς πω παρατυχCν TσχXι τι κτ9σασθαι προθε"ς τοJ µD πλ7ον `χειν EπετρVπετο. fΕπαινεNσθαG τε Oξιοι οτινες χρησVµενοι τsY EνθρωπεG+α φXσει, vστε eτ7ρων Oρχειν δικαι)τεροι 6 κατU τDν hπVρχουσαν δXναµιν γ7νωνται. Αλλους γ’ Sν οkν οT)µεθα τU uµ7τερα λαβ)ντας δεNξαι Sν µVλιστα ε] τι µετριVζοµενP uµNν δ& κα" :κ τοJ :πιεικοJς EδοξGα τC πλ7ον 6 `παινος ο;κ εTκ)τως περι7στη». Tucidide ● 211 1. εl ... 5γεµον8:α: “se allora (si riferisce al momento storico immediatamente successivo alla conclusione della seconda guerra persiana) perseverando nell’egemonia foste divenuti odiosi”, protasi di un periodo ipotetico dell’irrealtà, la cui apodosi è data dalle due frasi dipendenti, con participi predicativi accompa- 63 ** gnati dalla particella }ν, che conferisce valore irreale) da ε~ σµεν, “sappiamo bene che sareste stati non meno duri con i vostri alleati (µ4 }ν ... το2ς ξυµµBχοις) e costretti o (p) a dominare con la forza (yρχειν \γκρατ<ς) o a esporre a rischio voi stessi (p αhτοiς κινδυνε9ειν)”. La lega delio-attica, nata dalla libera volontà degli alleati, finisce ben presto per trasformarsi in un impero degli Ateniesi Παραλαβ%ντες δ+ ο- .Αθηνα2οι τ4ν 5γεµον8αν το9τ:ω τ:< τρ%π:ω >κ%ντων τ<ν ξυµµBχων διD τE Παυσαν8ου µ2σος, Hταξαν Iς τε Hδει παρJχειν τ<ν π%λεων χρKµατα πρEς τEν βBρβαρον καL Mς ναNς1P πρ%σχηµα γDρ Qν Rµ9νεσθαι Sν Hπαθον, δTηοNντας τ4ν βασιλJως χUραν. ΚαL XΕλληνοταµ8αι2 τ%τε πρ<τον .Αθηνα8οις κατJστη RρχK, ο[ \δJχοντο τEν φ%ρονP ο^τω γDρ _νοµBσθη τ<ν χρηµBτων 5 φορB. `Ην δ’ c πρ<τος φ%ρος ταχθεLς τετρακ%σια τBλαντα3 καL >ξKκοντα. Ταµιε2%ν τε ∆gλος Qν αhτο2ς, καL α- ξ9νοδοι \ς τE -ερEν \γ8γνοντο. XΗγο9µενοι δ+ αhτον%µων τE πρ<τον τ<ν ξυµµBχων καL RπE κοιν<ν ξυν%δων βουλευ%ντων τοσBδε \πgλθον πολJµ:ω τε καL διαχειρ8σει πραγµBτων µεταξi τοNδε τοN πολJµου καL τοN ΜηδικοN, M \γJνετο πρ%ς τε τEν βBρβαρον αhτο2ς καL πρEς τοiς σφετJρους ξυµµBχους νεωτερ8ζοντας καL Πελοποννησ8ων τοiς αlεL προστυγχBνοντας \ν >κBστ:ω. 1. Iς τε Hδει ... ναNς: “quali città dovessero fornire denaro e quali invece navi per la guerra contro il barbaro”. - 2. XΕλληνοταµ8αι: gli Ellenòtami, i tesorieri dei Greci, erano dieci magistrati annuali, incaricati della riscossione e dell’impiego del tributo degli alleati. - 3. τBλαντα: per avere un’idea della grandezza di questa cifra, basti pensare che un talento 64 ** equivaleva a 6.000 dracme e che la paga giornaliera di un operaio che lavorava sull’acropoli nell’età di Pericle, quindi trent’anni dopo, era di circa mezza dracma (quindi con un talento si pagavano dodicimila giornate di lavoro, e il tributo ammontava a 460 talenti all’anno). Tucidide spiega i motivi che lo hanno indotto a esaminare i cinquant’anni di storia ateniese, che vanno dalla fine della seconda guerra persiana allo scoppio della guerra del Peloponneso. Ricordi i primi successi della lega delio-attica ed espone anche quella che possiamo chiamare la dottrina della “sovranità limitata” mΕγραψα δ+ αhτD καL τ4ν \κβολ4ν τοN λ%γου \ποιησBµην διD τ%δε, oτι το2ς πρE \µοN Iπασιν \κλιπ+ς τοNτο Qν τE χωρ8ον καL p τD πρE τ<ν Μηδικ<ν XΕλληνικD ξυνετ8θεσαν p αhτD τD ΜηδικBP το9των δ+ oσπερ καL qψατο \ν τTg .ΑττικTg ξυγγραφTg XΕλλBνικος1, βραχJως τε καL το2ς χρ%νοις οhκ Rκριβ<ς \πεµνKσθη. rΑµα δ+ καL τgς Rρχgς Rπ%δειξιν Hχει τgς τ<ν .Αθηνα8ων \ν οs:ω τρ%π:ω κατJστη. Πρ<τον µ+ν .Ηι%να τ4ν \πL Στρυµ%νι ΜKδων \χ%ντων πολιορκ8:α εuλον καL vνδραπ%δισαν, Κ8µωνος τοN ΜιλτιBδου στρατηγοNντος. mΕπειτα ΣκNρον τ4ν \ν τ:< Αlγα8:ω νgσον, wν :xκουν ∆%λοπες, vνδραπ%δισαν καL :xκισαν αhτο8. ΠρEς δ+ Κρυστ8ους αhτο2ς yνευ τ<ν yλλων ΕhβοJων π%λεµος \γJνετο, καL χρ%ν:ω ξυνJβησαν καθ’ cµολογ8αν. Ναξ8οις δ+ Rποστ{σι µετD ταNτα \πολJµησαν καL πολιορκ8:α παρεστKσαντο, πρUτη τε α^τη π%λις ξυµµαχLς παρD τE καθεστηκEς \δουλUθη2, Hπειτα δ+ καL τ<ν yλλων |ς >κBστTη ξυνJβη. 212 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici 1. kΕλλ2νικος: Ellanico, autore di una storia dell’Attica, che non ci è pervenuta, era di Mitilene, nell’isola di Lesbo. - 2. Ναξ#οις ... @δουλgθη: il tentativo di Nasso di sganciarsi dalla lega delio-attica avvenne nel 470, quindi soli otto anni dopo la sua costituzione. La repressione, operata da Cimone, porta all’assoggettamento (@δουλgθη), cioè alla 65 ** perdita della libertà politica (in tal senso, il verbo ha un significato diverso rispetto al precedente νδραπ;δισαν, che indica la riduzione in schiavitù degli abitanti). Si noti la forza dell’espressione παρB τV καθεστηκVς, “contro quello che era stato stabilito (i patti)”. Della loro condizione di inferiorità furono responsabili gli alleati stessi Α!τ#αι δ' (λλαι τε +σαν τ.ν /ποστ2σεων κα5 µ7γισται α9 τ.ν φ;ρων κα5 νε.ν =κδειαι κα5 λιποστρ2τιον ε> τ?ω @γ7νετοA ο9 γBρ CΑθηναFοι /κριβ.ς =πρασσον κα5 λυπηρο5 +σαν οJκ ε!ωθ;σιν οJδ' βουλοµ7νοις ταλαιπωρεFν προσ2γοντες τBς /ν2γκας. LΗσαν δ7 πως κα5 (λλως ο9 CΑθηναFοι οJκ7τι Nµο#ως @ν OδονPQ (ρχοντες, κα5 οTτε ξυνεστρ2τευον /πV τοW >σου X?2δι;ν τε προσ2γεσθαι +ν αJτοFς τοYς /φισταµ7νους. ZΩν αJτο5 α>τιοι @γ7νοντο ο9 ξ\µµαχοιA διB γBρ τ]ν /π;κνησιν τα\την τ.ν στρατει.ν ο9 πλε#ους αJτ.ν, ^να µ] /π’ ο>κου `σι, χρaµατα @τ2ξαντο /ντ5 τ.ν νε.ν τV 9κνο\µενον /ν2λωµα φ7ρειν, κα5 τοFς µ'ν CΑθηνα#οις ηTξετο τV ναυτικVν /πV τQς δαπ2νης bν @κεFνοι ξυµφ7ροιεν, αJτο5 δ7, Nπ;τε /ποσταFεν, /παρ2σκευοι κα5 (πειροι @ς τVν π;λεµον καθ#σταντο. 66 ** Pericle interviene nell’assemblea degli Ateniesi e consiglia di non cedere alle pressioni degli Spartani: non è facile che gli uomini facciano la guerra con lo stesso ardore con cui la dichiarano Κα5 παρελθdν ΠερικλQς N Ξανθ#ππου, /ν]ρ κατ’ @κεFνον τVν χρ;νον πρ.τος CΑθηνα#ων, λ7γειν τε κα5 πρ2σσειν δυνατgτατος, παρPaνει τοι2δεA «ΤQς µ'ν γνgµης, ` CΑθηναFοι, α!ε5 τQς αJτQς =χοµαι, µ] ε>κειν Πελοποννησ#οις, κα#περ ε!δdς τοYς /νθρgπους οJ τPQ αJτPQ jργPQ /ναπειθοµ7νους τε πολεµεFν κα5 @ν τ?. =ργ?ω πρ2σσοντας, πρVς δ' τBς ξυµφορBς κα5 τBς γνgµας τρεποµ7νους. kΟρ. δ' κα5 νWν NµοFα κα5 παραπλaσια ξυµβουλευτ7α µοι mντα, κα5 τοYς /ναπειθοµ7νους nµ.ν δικαι. τοFς κοινPQ δ;ξασιν, oν (ρα τι κα5 σφαλλgµεθα, βοηθεFν, o µηδ' κατορθοWντας τQς ξυν7σεως µεταποιεFσθαι. CΕνδ7χεται γBρ τBς ξυµφορBς τ.ν πραγµ2των οJχ qσσον /µαθ.ς χωρQσαι o κα5 τBς διανο#ας τοW /νθρgπουA δι’ rπερ κα5 τ]ν τ\χην, rσα sν παρB λ;γον ξυµβPQ, ε!gθαµεν α!τιtσθαι». 67 ** Pericle: vincerà la guerra chi ha il dominio del mare; così, se ci invaderanno, noi con rapide incursioni della flotta infliggeremo loro gravissimi danni, perché il Peloponneso è l’unica terra di cui dispongono «Κα5 τB µ'ν Πελοποννησ#ων =µοιγε τοιαWτα κα5 παραπλaσια δοκεF εvναι, τB δ' Oµ7τερα το\των τε wνπερ @κε#νοις @µεµψ2µην /πηλλ2χθαι κα5 (λλα οJκ /πV τοW >σου µεγ2λα =χειν. yΗν τε @π5 τ]ν χgραν Oµ.ν πεζPQ >ωσιν, OµεFς @π5 τ]ν @κε#νων πλευσο\µεθα, κα5 οJκ7τι @κ τοW Nµο#ου =σται Πελοποννaσου τε µ7ρος τι τµηθQναι κα5 τ]ν CΑττικ]ν {πασανA ο9 µ'ν γBρ οJχ |ξουσιν (λλην /ντιλαβεFν /µαχε#, OµFν δ’ @στ5 γQ πολλ] κα5 @ν νaσοις κα5 κατ’ }πειρονA µ7γα γBρ τV τQς θαλ2σσης κρ2τος. Σκ7ψασθε δ7A ε! γBρ +µεν νησι.ται, τ#νες sν /ληπτ;τεροι +σαν; Κα5 νWν χρ] rτι @γγ\τατα το\του διανοηθ7ντας τ]ν µ'ν γQν κα5 ο!κ#ας /φεFναι, τQς δ' θαλ2σσης κα5 π;λεως φυλακ]ν =χειν, κα5 Πελοποννησ#οις nπ'ρ αJτ.ν jργισθ7ντας πολλ?. πλ7οσι µ] διαµ2χεσθαι». Tucidide ● 213 Senofonte Senofonte può essere considerato il primo scrittore poligrafo e forse anche l’inventore del genere biografico e del resoconto diaristico. Come letterato si occupò di molti argomenti, spaziando in campi diversi, ma sempre con una disinvoltura pari alla sua vita movimentata. Nato ad Atene intorno al 430, da famiglia di elevata condizione sociale, ebbe un’educazione tradizionale per le persone del suo status, e fu anche allievo di Socrate, che ricorderà poi in alcuni scritti con particolare ammirazione. Pochissimo ci è noto della sua attività politica giovanile, ma può essere utile riflettere sul fatto che la prima parte della sua vita coincise esattamente con la guerra del Peloponneso, iniziata nel 431 e conclusa nel 404, ed è probabile che, come molti altri giovani di buona famiglia, abbia avuto anche lui simpatie oligarchiche e sia stato forse al servizio dei Trenta macchiandosi di reati di sangue, motivo per cui non poté beneficiare dell’amnistia generale quando, nel 403, fu restaurata la democrazia. Iniziò di fatto allora il suo esilio da Atene. Nel 401 si arruolò come mercenario nell’esercito di Ciro il Giovane, che stava preparando una spedizione per detronizzare il fratello Artaserse. Fu un’impresa sfortunata e disastrosa: Ciro rimase ucciso nella pur vittoriosa battaglia di Cunassa e a quel punto Senofonte, come racconta lui stesso nell’Anabasi, assunse il comando del contingente greco rimasto abbandonato nel cuore della Mesopotamia e ne guidò la risalita verso nord fino al Mar Nero, dove poi lo consegnò al generale spartano Tibrone. La spedizione di Ciro era sostenuta da Sparta, la città cui Senofonte rimase strettamente legato anche negli anni seguenti. Seguì il suo amico, il re Agesilao, nella sua impresa in Asia minore e fu al suo fianco nella battaglia di Coronea contro una coalizione di città greche, fra cui Atene (394). Sparta gli dimostrò la propria riconoscenza donandogli una proprietà a Scillunte, in Elide, non lontano da Olimpia, dove Senofonte si dedicò intensamente all’attività letteraria (diventando anche un topos tradizionale negli scritti consolatori sull’esilio, e cioè che si può trarre profitto dalla condizione di esule per arricchire lo spirito o acquisire, come Senofonte, fama imperitura attraverso lo studio e la scrittura). Dopo la battaglia di Leuttra del 371, in cui i Tebani di Epaminonda e Pelopida sconfissero gli Spartani e li sostituirono nell’egemonia sulla Grecia, Senofonte fu costretto a riparare nella più sicura città di Corinto. Il riavvicinamento fra Sparta e Atene ebbe come conseguenza la revoca dell’esilio, ma non sappiamo se Senofonte abbia mai fatto ritorno alla patria d’origine: sappiamo invece che suo figlio Grillo morì combattendo a Mantinea contro i Tebani nel 362. Non ci sono notizie sicure sull’anno della morte, avvenuta forse a Corinto poco tempo dopo. Senofonte, come dicevamo, trattò temi e generi letterari diversi e ne creò anche di nuovi, come la biografia e il resoconto diaristico. A quest’ultimo genere, nuovo nella concezione, appartiene una delle sue opere più famose, l’Anabasi, cioè “La risalita”, “La marcia verso nord”. Vi si narra il drammatico Senofonte ● 227 ritorno in patria del contingente mercenario greco dopo la morte di Ciro il Giovane a Cunassa, con l’aggiunta di peripezie da racconto epico e di riflessioni personali, che conferiscono all’opera anche una connotazione autobiografica. La forma diaristica fa pensare che il testo sia stato costruito su appunti stesi giorno per giorno direttamente sul campo. La fama di storico Senofonte al deve soprattutto alle Elleniche, un’opera in sette libri, che racconta gli eventi accaduti in Grecia tra l’autunno del 411 e l’estate del 362 (battaglia di Mantinea). I primi due libri concludono la trattazione della guerra del Peloponneso partendo dall’anno in cui si era arrestata l’opera di Tucidide. Di genere innovativo è invece la Ciropedia, che espone in otto libri la biografia di Ciro il Grande, lasciando ampio spazio a particolari da romanzo storico-pedagogico. Non mancano anche arbitrarie ricostruzioni degli avvenimenti, che lasciano intravedere come il fine dello scritto fosse l’indicazione di un modello di monarchia illuminata, che potesse costituire un riferimento anche per una nuova organizzazione della Grecia, una volta tramontate le città-stato. Di dichiarata tendenza filospartana sono l’Agesilao, un’operetta che descrive imprese e virtù del grande re spartano, e la Costituzione degli Spartani, dove si idealizza tale modello costituzionale e se ne celebra l’illuminato artefice, Licurgo. L’interesse per Atene ritorna invece nei Poroi (cioè ‘le entrate’ dello stato ateniese): Senofonte rivolge ai concittadini l’invito a sfruttare al meglio le proprie risorse in un clima di pace e giustizia. Il tema della monarchia illuminata ritorna nel Gerone, un dialogo immaginato tra il tiranno siracusano e il celebre poeta lirico Simonide di Ceo, che ha per oggetto il confronto tra la vita rischiosa del sovrano e quella serena del comune cittadino. Senofonte dedicò alcuni scritti anche all’antico e non dimenticato maestro, Socrate (Memorabili di Socrate, Apologia di Socrate, Simposio, Economico), dove si forniscono gli aspetti più immediatamente comprensibili del pensiero socratico e si dà un’immagine dell’ambiente che circondava il filosofo. Con gli scritti platonici questi testi costituiscono la più genuina testimonianza sulla figura e il pensiero di Socrate, anche se ci sono evidenti discrepanze. Tra le opere minori annoveriamo l’Ipparchico (che si occupa dell’impiego della cavalleria in pace e in guerra), il trattato Sull’equitazione (che dà istruzioni sul modo corretto di allevare i cavalli) e il Cinegetico (sull’arte della caccia e sull’allevamento dei cani di varie razze). Lingua e stile L’opera di Senofonte fu particolarmente apprezzata dagli antichi per la purezza dello stile, tanto che lo scrittore venne considerato un modello di atticismo. Diogene Laerzio (II 57) lo definisce ‘Musa attica’ per la dolcezza e la linearità della lingua, il lessico bizantino Suda lo chiama ‘ape attica’. Cicerone, che tradusse l’Economico, lo loda a più riprese per il suo stile, in particolare per il suo leniore sono (De oratore XIV, 58); Tacito (Dialogus de oratoribus, 31) 228 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici lo apprezza per la iocunditas. A cinque secoli di distanza, la seconda sofistica ne elogiò la limpidezza dello stile e le scuole di retorica ne fecero oggetto di studio. In realtà, a dispetto del giudizio degli antichi, la lingua di Senofonte presenta tratti (come l’abbondanza di termini tecnici relativi a diversi ambiti semantici), che anticipano in parte la koinè ellenistica, cioè la lingua comune che si parlerà e scriverà nel vasto mondo creato dalle conquiste di Alessandro Magno. La resa di Atene (404 a.C.) Dopo le guerre persiane Atene conobbe un periodo di crescente prosperità e grandezza, durante il quale promosse la Lega delio-attica, che riunì numerose città, specie della costa asiatica e delle isole egee: per Atene, che ne deteneva l’egemonia, fu la premessa per la costruzione di un vasto impero politico ed economico. Lo scontro con Sparta divenne inevitabile e fu promosso da Pericle, il grande statista ateniese. Le ostilità scoppiarono nel 431, quando un esercito di Spartani e alleati invasero l’Attica: li guidava il re Archidamo. Due anni dopo scoppiò in Atene una terribile pestilenza, che trasse a morte anche Pericle. Dopo alterne vicende, una pace effimera conclusa nel 421 (la pace di Nicia) e una ancor più drammatica ripresa della guerra, nell’anno 405 la flotta ateniese fu brutalmente sconfitta a Egospotami. L’anno seguente, dopo ventisette anni di guerra e decine di migliaia di morti, Atene dovette arrendersi agli Spartani. 96 * L’annuncio in Atene della disfatta di Egospotami Εν δ$ τα'ς Αθ+ναις τ-ς Παρ0λου 4φικοµ8νης νυκτ:ς ;λ8γετο > συµφορ0, καA οBµωγD ;κ τοE ΠειραιFς διG τFν µακρFν τειχFν εBς Iστυ δι-κεν, J Kτερος τLF Mτ8ρLω παραγγ8λλωνP Qστ’ ;κεSνης τ-ς νυκτ:ς οTδεAς ;κοιµ+θη, οT µUνον τοVς 4πολωλUτας πενθοEντες, 4λλG πολV µWλλον Xτι αTτοA MαυτοYς, πεSσεσθαι1 νοµSζοντες ο\α ;ποSησαν ΜηλSους τε ΛακεδαιµονSων 4ποSκους _ντας, κρατ+σαντες πολιορκSLα, καA `Ιστιαι8ας καA ΣκιωναSους καA ΤορωναSους καA ΑBγιν+τας καA Iλλους πολλοVς τFν `Ελλ+νων2. Τf- δ’ gστεραSLα ;κκλησSαν ;ποSησαν, ;ν fh Xδοξε τοYς τε λιµ8νας 4ποχFσαι πλDν Mν:ς καA τG τεSχη εTτρεπSζειν καA φυλακGς ;φιστ0ναι καA τjλλα π0ντα kς εBς πολιορκSαν παρασκευ0ζειν τDν πUλιν. 1. πεSσεσθαι: infinito futuro di π0σχω. - 2. ο\α ... `Ελλ+νων: gli Ateniesi ripensano alla brutalità con cui avevano trattato gli abitanti delle isole e delle città qui menzionate. L’episodio più celebre riguarda la repressione operata a Melo, nel 416/5, di cui parla a lungo anche Tucidide nel finale del V libro, quando tutti i maschi adulti furono trucidati e donne e bambini ridotti in schiavitù. Senofonte ● 229 97 * Il vincitore di Egospotami, Lisandro, arriva con la flotta davanti al Pireo, mentre Atene è abbandonata dagli alleati Λ!σανδρος δ’ *κ το- .Ελλησπ3ντου ναυσ5 διακοσ7αις 8φικ3µενος ε<ς Λ=σβον κατεσκευ?σατο τ?ς τε @λλας π3λεις *ν αAτBC κα5 ΜυτιλEνηνF ε<ς δG τH *π5 ΘρJ?κης χωρ7α Mπεµψε δ=κα τριEρεις Mχοντα OΕτε3νικον, Qς τH *κεR π?ντα πρSς Λακεδαιµον7ους µετ=στησεν. ΕAθVς δG κα5 W @λλη .ΕλλHς 8φειστEκει OΑθηνα7ων µετH τYν ναυµαχ7αν πλYν Σαµ7ωνF ο[τοι δG σφαγHς τ]ν γνωρ7µων ποιEσαντες κατεRχον τYν π3λιν. Λ!σανδρος δG µετH τα-τα Mπεµψε πρSς ^Αγ7ν τε ε<ς ∆εκ=λειαν κα5 ε<ς Λακεδα7µονα `τι προσπλεR σVν διακοσ7αις ναυσ7. Λακεδαιµ3νιοι δ’ *ξBCσαν πανδηµε5 κα5 οb @λλοι ΠελοποννEσιοι πλYν OΑργε7ων, παραγγε7λαντος το- dτ=ρου Λακεδαιµον7ων βασιλ=ως Παυσαν7ου. OΕπε5 δ’ eπαντες Wθρο7σθησαν, 8ναλαβfν αAτοVς πρSς τYν π3λιν *στρατοπ=δευσεν *ν τBC OΑκαδηµε7Jα. Λ!σανδρος δG 8φικ3µενος ε<ς Αgγιναν 8π=δωκε τYν π3λιν Α<γινEταις, `σους *δ!νατο πλε7στους αAτ]ν hθρο7σας, iς δ’ αjτως κα5 Μηλ7οις κα5 τοRς @λλοις `σοι τCς αkτ]ν *στ=ροντο. ΜετH δG το-το δBηlσας ΣαλαµRνα iρµ7σατο πρSς τSν Πειραιm ναυσ5 πεντEκοντα κα5 dκατ3ν, κα5 τH πλοRα εnργε το- εgσπλου. 98 * Gli Ateniesi, assediati per terra e per mare, ormai stremati dalla fame, chiedono agli Spartani di trattare Οb δ’ OΑθηναRοι πολιορκο!µενοι κατH γCν κα5 κατH θ?λατταν pπ3ρουν τ7 χρY ποιεRν, οjτε νε]ν οjτε συµµ?χων αAτοRς qντων οjτε σ7του [...]. ∆ιH τα-τα τοVς 8τ7µους *πιτ7µους ποιEσαντες *καρτ=ρουν, κα5 8ποθνBησκ3ντων *ν τBC π3λει λιµJ] πολλ]ν1 οA διελ=γοντο περ5 διαλλαγCς. OΕπε5 δG παντελ]ς uδη v σRτος2 *πελελο7πει, Mπεµψαν πρ=σβεις παρ’ ^Αγιν, βουλ3µενοι σ!µµαχοι εnναι Λακεδαιµον7οις Mχοντες τH τε7χη3 κα5 τSν Πειραιm, κα5 *π5 το!τοις4 συνθEκας ποιεRσθαι. .Ο δG αAτοVς ε<ς Λακεδα7µονα *κ=λευεν <=ναιF οA γHρ εnναι κ!ριος αAτ3ς5. OΕπε5 δ’ 8πEγγειλαν οb πρ=σβεις τα-τα τοRς OΑθηνα7οις, Mπεµψαν αAτοVς ε<ς Λακεδα7µονα. Οb δ’ *πε5 {σαν *ν Σελλασ7Jα κα5 *π!θοντο οb Mφοροι αAτ]ν | Mλεγον, qντα ο}?περ κα5 πρSς ^Αγιν, αAτ3θεν αAτοVς *κ=λευον 8πι=ναι, κα5 εg τι δ=ονται ε<ρEνης, κ?λλιον ~κειν βουλευσαµ=νους6. Οb δG πρ=σβεις *πε5 κον οgκαδε κα5 8πEγγειλαν τα-τα ε<ς τYν π3λιν, 8θυµ7α *ν=πεσε πmσινF Jοντο γHρ 8νδραποδισθEσεσθαι, κα5 ως ν π=µπωσιν dτ=ρους πρ=σβεις, πολλοVς τJ] λιµJ] 8πολεRσθαι. 1. 8ποθνBησκ3ντων ... πολλ]ν: genitivo assoluto con valore concessivo. - 2. v σRτος: “i viveri”. - 3. Mχοντες... τε7χη: “mantenendo le mura”. - 4. *π5 το!τοις: “a queste condizioni”. - 5. οA ... αAτ3ς: i re di Sparta non erano competenti nelle scelte di pace o 99 * di guerra e quindi Agide non è personalmente in grado di decidere nulla. - 6. κ?λλιον ... βουλευσαµ=νους: “di ritornare con una proposta migliore”. Teràmene viene inviato prima da Lisandro e poi a Sparta, per trattare sulla richiesta spartana di abbattere le Lunghe mura Περ5 δG τ]ν τειχ]ν τCς καθαιρ=σεως οAδε5ς *βο!λετο συµβουλε!εινF OΑρχ=στρατος γHρ ε<πfν *ν τBC βουλBC Λακεδαιµον7οις κρ?τιστον εnναι *φ’ ο}ς 230 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici προυκαλο'ντο ε+ρ,νην ποιε/σθαι, 3δ5θη6 προυκαλο'ντο δ7 τ8ν µακρ8ν τειχ8ν 3π; δ5κα σταδ<ους καθελε/ν >κατ5ρου6 3γ5νετο δ7 ψ,φισµα µB 3ξε/ναι περ; τοDτων συµβουλεDειν. ΤοιοDτων δ7 Iντων, Θηραµ5νης εKπεν 3ν 3κκλησ<Lα Mτι ε+ βοDλονται αNτOν π5µψαι παρP ΛDσανδρον, ε+δRς Sξει Λακεδαιµον<ους πTτερον 3ξανδραποδ<σασθαι τBν πTλιν βουλTµενοι Uντ5χουσι περ; τ8ν τειχ8ν V π<στεως Wνεκα. Πεµφθε;ς δ7 δι5τριβε παρP ΛυσYνδρLω τρε/ς µZνας κα; πλε<ω, 3πιτηρ8ν [πTτε \Αθηνα/οι ^µελλον διP τO 3πιλελοιπ5ναι τOν σ/τον _παντα M τι τις λ5γοι [µολογ,σειν. \Επε; δ7 aκε τετYρτLω µην<, Uπ,γγειλεν 3ν 3κκλησ<Lα Mτι αNτOν ΛDσανδρος τ5ως µ7ν κατ5χοι, εKτα κελεDοι ε+ς Λακεδα<µονα +5ναι6 οN γPρ εKναι κDριος bν 3ρωτL8το cπ’ αNτο', UλλP τοeς 3φTρους. ΜετP τα'τα ghρ5θη πρεσβευτBς ε+ς Λακεδα<µονα αNτοκρYτωρ δ5κατος αNτTς. 100 * Le dure condizioni di pace fissate da Sparta ΛDσανδρος δ7 το/ς 3φTροις ^πεµψεν Uγγελο'ντα µετ’ iλλων Λακεδαιµον<ων \Αριστοτ5λην, φυγYδα \Αθηνα/ον Iντα, Mτι Uποκρ<ναιτο Θηραµ5νει 3κε<νους κυρ<ους εKναι ε+ρ,νης κα; πολ5µου. Θηραµ5νης δ7 κα; οj iλλοι πρ5σβεις 3πε; kσαν 3ν Σελλασ<Lα, 3ρωτmµενοι δ7 3π; τ<νι λTγLω Sκοιεν, εKπον Mτι αNτοκρYτορες περ; ε+ρ,νης, µετP τα'τα οj ^φοροι καλε/ν 3κ5λευον αNτοDς. \Επε; δ’ aκον, 3κκλησ<αν 3πο<ησαν, 3ν ga Uντ5λεγον Κορ<νθιοι κα; Θηβα/οι µYλιστα, πολλο; δ7 κα; iλλοι τ8ν oΕλλ,νων, µB σπ5νδεσθαι \Αθηνα<οις, Uλλ’ 3ξαιρε/ν. ΛακεδαιµTνιοι δ7 οNκ ^φασαν πTλιν oΕλλην<δα Uνδραποδιε/ν µ5γα UγαθOν ε+ργασµ5νην 3ν το/ς µεγ<στοις κινδDνοις γενοµ5νοις τgZ oΕλλYδι, Uλλ’ 3ποιο'ντο ε+ρ,νην 3φ’ Lb τY τε µακρP τε<χη κα; τOν Πειραιp καθελTντας κα; τPς να'ς πλBν δmδεκα παραδTντας κα; τοeς φυγYδας καθ5ντας τOν αNτOν 3χθρOν κα; φ<λον νοµ<ζοντας Λακεδαιµον<οις Wπεσθαι κα; κατP γZν κα; κατP θYλατταν Mποι rν hγ8νται. 101 * 101. Gli Spartani abbattono le Lunghe mura Θηραµ5νης δ7 κα; οj σeν αNτL8 πρ5σβεις 3παν5φερον τα'τα ε+ς τPς \Αθ,νας. Ε+σιTντας δ’ αNτοeς Iχλος περιεχε/το πολDς, φοβοDµενοι µB iπρακτοι Sκοιεν6 οN γPρ ^τι 3νεχmρει µ5λλειν διP τO πλZθος τ8ν Uπολλυµ5νων τL8 λιµL8. ΤgZ δ7 cστερα<Lα Uπ,γγελλον οj πρ5σβεις 3φ’ οtς οj ΛακεδαιµTνιοι ποιο/ντο τBν ε+ρ,νην6 προηγTρει δ7 αNτ8ν Θηραµ5νης, λ5γων uς χρB πε<θεσθαι Λακεδαιµον<οις κα; τP τε<χη περιαιρε/ν. \ΑντειπTντων δ5 τινων αNτL8, πολe δ7 πλειTνων συνεπαινεσYντων, ^δοξε δ5χεσθαι τBν ε+ρ,νην. ΜετP δ7 τα'τα ΛDσανδρTς τε κατ5πλει ε+ς τOν Πειραιp κα; οj φυγYδες κατgZσαν κα; τP τε<χη κατ5σκαπτον cπ’ αNλητρ<δων πολλgZ προθυµ<Lα, νοµ<ζοντες 3κε<νην τBν hµ5ραν τgZ oΕλλYδι iρχειν τZς 3λευθερ<ας. La resa di Atene (404 a.C.) Senofonte ● 231 Lisia Figlio di Cefalo, un facoltoso imprenditore siracusano che Pericle aveva convinto a trasferire la sua attività imprenditoriale di fabbricante di armi, scudi in particolare, al Pireo, Lisia nacque in un anno imprecisato tra il 458 e il 436. Viveva ad Atene con il padre e due fratelli, Polemarco ed Eutidemo: giuridicamente erano metèci, cioè stranieri privi di diritti politici, che avevano il permesso di risiedere in città dietro corresponsione di una tassa annua, il µετο$κιον. L’agiatezza e la cultura del suo ambiente famigliare sono evidenziate da Platone, che ambientò la Repubblica proprio nella casa di Cefalo al Pireo, alla presenza di tutti e tre i suoi figli, anche se solo il maggiore, Polemarco, interviene nella discussione. Morto il padre, Lisia soggiornò per qualche tempo in Calabria, nella colonia panellenica di Turi, dedotta da Pericle, nel 444/3, sul sito dell’antica Sibari: qui ebbe modo di seguire le lezioni del retore siracusano Tisia. Tornato ad Atene intorno al 412, si dedicò verosimilmente alla retorica, come pare potersi dedurre dal discorso sull’amore composto da Lisia, che Fedro espone nell’omonimo dialogo platonico (Fedro 230 e - 234 c). Pochi anni dopo la tragedia si abbatté sulla sua famiglia: conclusa la guerra del Peloponneso con la sconfitta di Atene (404 a.C.), i Trenta tiranni, in un drammatico clima di illegalità e di soprusi, accusarono di cospirazione Lisia e il fratello Polemarco. Lisia riuscì a fuggire a Megara, mentre il fratello fu ucciso. Tutti i suoi beni furono confiscati, ma ciò non gli impedì di aiutare la causa dei fuoriusciti democratici. Rientrò in Atene al seguito di Trasibùlo, che volle compensarne i meriti con la concessione della cittadinanza ateniese, ma la proposta, che pure era stata ratificata in un primo tempo dal Consiglio, fu poi respinta per un vizio formale. Lisia non poté neppure rientrare in possesso dei beni confiscati alla sua famiglia, nonostante il processo intentato contro Eratostene, l’uccisore del fratello Polemarco: ottenne solo l’ (σοτ*λεια (‘uguaglianza fiscale’), che, in fatto di tasse, lo equiparava a un cittadino di pieno diritto. Le difficoltà finanziarie lo indussero a dedicarsi all’attività di logografo, l’arte di scrivere discorsi giudiziari per i clienti, nell’ambito della quale divenne assai noto per il numero (oltre 400) e la qualità dei discorsi composti, ottenendo un successo destinato a durare nel tempo. Morì intorno al 380 a.C. Della sua ampia e varia produzione (che comprendeva manuali di retorica, esercitazioni di tipo sofistico, lettere, per lo più di contenuto erotico, e un numero notevole di discorsi), ci sono giunte 34 orazioni, assieme a un centinaio di frammenti e 172 titoli. Solo due non appartengono al genere giudiziario: l’Epitafio per i caduti della guerra di Corinto (395-386 a.C.), di discussa autenticità, e l’Olimpico, composto per i giochi Olimpici forse del 384 a.C., di cui possediamo soltanto l’inizio. Lisia ● 247 Epitafio per i caduti della guerra di Corinto Ogni anno si teneva ad Atene una cerimonia solenne in onore dei caduti in guerra, nel corso della quale i resti dei soldati venivano tumulati al Ceramico. Dopo la sepoltura, toccava a una personalità, scelta per i suoi meriti e la sua reputazione, pronunciare un discorso solenne, un epitáphios lógos. Nella sezione dedicata a Tucidide, a partire da p. 214, abbiamo riportato il discorso pronunciato da Pericle nel corso della cerimonia per i primi caduti della guerra del Peloponneso (431 a.C.). Non sappiamo in che anno fosse pronunciato questo discorso, perché la guerra tra Atene e Corinto durò dal 394 al 386 a.C. Qualche studioso ha negato o avanzato perplessità sull’autenticità dell’attribuzione a Lisia, per motivi soprattutto stilistici. 138 ** Non basterebbe un tempo infinito, per preparare un discorso adeguato al valore degli uomini che sono qui sepolti Ε! µ#ν %γο(µην ο*+ν τε ε.ναι, 2 3νδρες ο7 παρ+ντες 9π: τ;<δε τ;< τ=φ;ω, λ+γ;ω δηλ<σαι τBν τ<ν 9νθ=δε κειµEνων Fνδρ<ν FρετGν, 9µεµψ=µην Iν τοJς 9παγγεKλασιν 9π’ αMτοJς 9ξ OλKγων %µερ<ν λEγεινP 9πειδB δ# πQσιν FνθρRποις S πQς χρ+νος οMχ 7κανUς λ+γον Vσον παρασκευ=σαι τοJς το(των Xργοις, διY τοZτο κα: % π+λις µοι δοκεJ, προνοουµEνη τ<ν 9νθ=δε λεγ+ντων, 9ξ OλKγου τBν πρ+σταξιν ποιεJσθαι, %γουµEνη ο[τως Iν µ=λιστα συγγνRµης αMτο\ς παρY τ<ν Fκουσ=ντων τυγχ=νειν. ^Οµως δ# S µ#ν λ+γος µοι περ: το(των, S δ’ Fγ`ν οM πρUς τY το(των Xργα FλλY πρUς το\ς πρ+τερον 9π’ αMτοJς ε!ρηκ+τας. Τοσα(την γYρ FφθονKαν παρεσκε(ασεν % το(των FρετB κα: τοJς ποιεJν δυναµEνοις κα: τοJς ε!πεJν βουληθεJσιν, cστε καλY µ#ν πολλY τοJς προτEροις περ: αMτ<ν ε!ρdσθαι, πολλY δ# κα: 9κεKνοις παραλελεJφθαι, 7κανY δ# κα: τοJς 9πιγιγνοµEνοις 9ξεJναι ε!πεJνP οeτε γYρ γdς 3πειροι οeτε θαλ=ττης οMδεµιQς, πανταχfd δ# κα: παρY πQσιν FνθρRποις ο7 τY αgτ<ν πενθοZντες κακY τYς το(των FρετYς gµνοZσι. 139 ** I nostri antenati si sono sempre battuti in difesa della giustizia: lo riprovano, tra l’altro, la loro origine, perché erano autoctoni e non si insediarono in Attica prevaricando su popolazioni preesistenti, e l’idea che la libertà di tutti sia il miglior fondamento della concordia ΠολλY µ#ν οiν gπdρχε τοJς %µετEροις προγ+νοις µι;Q γνRµfη χρωµEνοις περ: τοZ δικαKου διαµ=χεσθαι. ^Η τε γYρ FρχB τοZ βKου δικαKαP οM γ=ρ, cσπερ ο7 πολλοK, πανταχ+θεν συνειλεγµEνοι κα: kτEρους 9κβαλ+ντες τBν FλλοτρKαν ;lκησαν, Fλλ’ αMτ+χθονες mντες τBν αMτBν 9κEκτηντο µητEρα κα: πατρKδα. Πρ<τοι δ# κα: µ+νοι 9ν 9κεKν;ω τ;< χρ+ν;ω 9κβαλ+ντες τYς παρY σφKσιν αMτοJς δυναστεKας δηµοκρατKαν κατεστGσαντο, %γο(µενοι τBν π=ντων 9λευθερKαν Sµ+νοιαν ε.ναι µεγKστην, κοινYς δ’ FλλGλοις τYς 9κ τ<ν κινδ(νων 9λπKδας ποιGσαντες 9λευθEραις ταJς ψυχαJς 9πολιτε(οντο, ν+µ;ω το\ς Fγαθο\ς τιµ<ντες κα: το\ς κακο\ς κολ=ζοντες, %γησ=µενοι θηρKων µ#ν Xργον ε.ναι gπ’ FλλGλων βK;α κρατεJσθαι, FνθρRποις δ# προσGκειν ν+µ;ω µ#ν SρKσαι τU δKκαιον, λ+γ;ω δ# πεJσαι, Xργ;ω δ# το(τοις gπηρετεJν, gπU ν+µου µ#ν βασιλευοµEνους, gπU λ+γου δ# διδασκοµEνους. 248 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici 140 * La seconda guerra persiana Μετ# τα%τα δ' Ξ)ρξης . τ/ς 0Ασ3ας βασιλε7ς, καταφρον=σας µ'ν τ/ς ?ΕλλAδος, Bψευσµ)νος δ' τ/ς Bλπ3δος, FτιµαζHµενος δ' τIJ γεγενηµ)νIω, FχθHµενος δ' τO/ συµφορIP, QργιζHµενος δ' τοRς αSτ3οις, FπαθTς δ’ Vν κακJν καW Xπειρος FνδρJν FγαθJν, δεκAτIω Yτει παρασκευασAµενος διακοσ3αις µ'ν καW χιλ3αις ναυσWν Fφ3κετο, τ/ς δ' πεζ/ς στρατιPς οZτως Xπειρον τ[ πλ/θος \γεν, ]στε καW τ# Yθνη τ# µετ’ α^το% Fκολουθ=σαντα πολ_ `ν Yργον εaη καταλ)ξαιb c δ' µ)γιστον σηµεRον το% πλ=θουςb Bξ[ν γ#ρ α^τIJ χιλ3αις ναυσW διαβιβAσαι κατ# τ[ στενHτατον το% ?ΕλλησπHντου τTν πεζTν στρατι#ν Bκ τ/ς 0Ασ3ας εSς τTν Ε^ρdπην, ο^κ eθ)λησεν, fγο7µενος τTν διατριβTν αgτIJ πολλTν Yσεσθαιb Fλλ’ gπεριδhν καW τ# φ7σει πεφυκHτα καW τ# θεRα πρAγµατα καW τ#ς Fνθρωπ3νας διανο3ας .δ[ν µ'ν δι# τ/ς θαλAττης Bποι=σατο, πλο%ν δ' δι# τ/ς γ/ς eνAγκασε γεν)σθαι, ζε7ξας µ'ν τ[ν ?Ελλ=σποντον, διορ7ξας δ' τ[ν iΑθω, gφισταµ)νου ο^δενHς, Fλλ# τJν µ'ν FκHντων gπακουHντων, τJν δ' jκHντων προδιδHντων. 141 * Le battaglie dell’Artemisio e delle Termopili 0ΑθηναRοι δ’ οZτω διακειµ)νης τ/ς ?ΕλλAδος α^τοW µ'ν εSς τ#ς να%ς BµβAντες Bπ’ 0Αρτεµ3σιον Bβο=θησαν, ΛακεδαιµHνιοι δ' καW τJν συµµAχων Yνιοι εSς Θερµοπ7λας Fπ=ντησαν, fγο7µενοι δι# τTν στενHτητα τJν χωρ3ων τTν πAροδον οnο3 τ’ Yσεσθαι διαφυλAξαι.1 Γενοµ)νου δ' το% κινδ7νου κατ# τ[ν α^τ[ν χρHνον 0ΑθηναRοι µ'ν Bν3κων τO/ ναυµαχ3Iα, ΛακεδαιµHνιοι δ), ο^ ταRς ψυχαRς BνδεεRς γενHµενοι, Fλλ# το% πλ=θους ψευσθ)ντες καW οqς φυλAξειν Irοντο καW πρ[ς οqς κινδυνε7σειν Yµελλον, διεφθAρησαν ο^χ fττηθ)ντες τJν Bναντ3ων, Fλλ’ FποθανHντες οsπερ BτAχθησαν µAχεσθαι. 1. fγο7µενοι ... οnο3 τ’ Yσεσθαι: “pensando che... sarebbero stati in grado di...”. Epitafio per i caduti della guerra di Corinto Olimpico Anche questo, come il precedente, è un discorso epidittico, vale a dire celebrativo, pronunciato in occasione di determinate ricorrenze o circostanze. Purtroppo ci è giunto frammentario. Fu tenuto, forse nel 384 a.C., in occasione del grande raduno panellenico (παν=γυρις) che si teneva ogni quattro anni ad Olimpia. 142 * Tra le grandi benemerenze di Eracle c’è anche l’istituzione dei giochi olimpici iΑλλων τε πολλJν καW καλJν Yργων tνεκα, u Xνδρες, Xξιον ?Ηρακλ)ους µεµν/σθαι, καW wτι τHνδε τ[ν FγJνα πρJτος συν=γειρε δι’ εxνοιαν τ/ς ?ΕλλAδος. Lisia ● 249 Εν µ$ν γ&ρ τ)* τ+ως χρ/ν)ω 0λλοτρ3ως α5 π/λεις πρ9ς 0λλ:λας δι+κειντο= >πειδ? δ$ >κε@νος τοAς τυρCννους Dπαυσε καF τοAς Gβρ3ζοντας >κJλυσεν, 0γ*να µ$ν σωµCτων >πο3ησε, φιλοτιµ3αν δ$ πλοNτου, γνJµης δ’ >π3δειξιν >ν τ)* καλλ3στ)ω τQς RΕλλCδος, Sνα τοNτων TπCντων Uνεκα εVς τ9 αWτ9 συν+λθωµεν, τ& µ$ν Yψ/µενοι, τ& δ’ 0κουσ/µενοι= [γ:σατο γ&ρ τ9ν >νθCδε σNλλογον 0ρχ?ν γεν:σεσθαι το@ς \Ελλησι τQς πρ9ς 0λλ:λους φιλ3ας. Εκε@νος µ$ν ο^ν τα_θ’ Gφηγ:σατο, >γ` δ$ aκω οW µικρολογησ/µενος οWδ$ περF τ*ν YνοµCτων µαχοNµενος. 143 * Dobbiamo smettere una buona volta di continuare a far guerra tra noi e prendere a modello i nostri antenati Ωστε %ξιον τ*ν µ,ν πρ*ς 0λλ2λους π4λεµον καταθ8σθαι, τ:; δ’ α>τ:; γν@µ:η χρωµ8νους τ;ς σωτηρDας 0ντ8χεσθαι, καE περE µ,ν τFν παρεληλυθ4των αGσχHνεσθαι, περE δ, τFν µελλ4ντων Iσεσθαι δεδι8ναι, καE πρ*ς τοJς προγ4νους KµιλλLσθαι, οM τοJς µ,ν βαρβOρους PποDησαν τ;ς 0λλοτρDας PπιθυµοQντας τ;ς σφετ8ρας α>τFν στερεSσθαι, τοJς δ, τυρOννους PξελOσαντες κοινTν Uπασι τTν PλευθερDαν κατ8στησαν. ΘαυµOζω δ, ΛακεδαιµονDους πOντων µOλιστα, τDνι ποτ, γν@µ:η χρ@µενοι καοµ8νην τTν ZΕλλOδα περιορFσιν, \γεµ4νες ]ντες τFν ZΕλλ2νων ο>κ 0δDκως, καE δι^ τTν Iµφυτον 0ρετTν καE δι^ τTν τFν πρ*ς τ*ν π4λεµον Pπιστ2µην, µ4νοι δ, οGκοQντες 0π4ρθητοι καE 0τεDχιστοι καE 0στασDαστοι καE 02ττητοι καE τρ4ποις 0εE τοSς α>τοSς χρ@µενοι_ `ν aνεκα PλπEς 0θOνατον τTν PλευθερDαν α>τοJς κεκτ;σθαι, καE Pν τοSς παρεληλυθ4σι κινδHνοις σωτ;ρας γενοµ8νους τ;ς ZΕλλOδος περE τFν µελλ4ντων προορLσθαι. Olimpico Dalle orazioni giudiziarie Le orazioni lisiane (tra le più note ricordiamo Contro Eratostene, Contro Eratostene per Eufileto, Contro i mercanti di grano, Contro Simone, Per Mantiteo, Contro Agorato, Per l’invalido, Per l’olivo sacro) costituiscono un documento prezioso per ricostruire la vita quotidiana dell’Atene del V sec. a.C., anche nei risvolti più intimi. Lo stile di Lisia, è asciutto, essenziale, rapido, lucidissimo, teso a informare: la narrazione presenta una folla di personaggi “veri”, con le loro ambizioni, ingenuità, incongruenze, debolezze, meschinità, stupori. Lisia si cala perfettamente nella psicologia del cliente (bθοποιDα), ponendo la sua capacità dialettica e la sua competenza giuridica a servizio del buon risultato della causa, ma adattandole alla condizione sociale e culturale, diciamo pure caratteriale, del personaggio che deve prendere la parola davanti ai giudici. Chi parla deve essere anzitutto credibile, deve destare simpatia umana, per poter impressionare favorevolmente i giudici e trarli dalla sua parte. E questa era la specialità di Lisia. 250 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici 144 * Sono innocente! Κα" µ$ ζητε)τε το+των .τι µε0ζους π0στεις5 ο6 γ8ρ :ν .χοιµι ε<πε)ν =λλ’ @1 τα+τας, Cς ο6δEν ε<ς τοFτον προ6νοGθην2. KΑγανακτN δ’, O βουλG, ε< δι8 πQρνην κα" δο+λην =νθρωπον περ" τNν µεγ0στων3 ε<ς κ0νδυνον καθSστηκα, τ0 κακTν πUποτε τ$ν πQλιν @ α6τTν τοFτον ε<ργασµSνος4, @ ε<ς τ0να τNν πολιτNν WτιοFν XξαµαρτNν5; Ο6δEν γ8ρ .µοιγS6 Xστι τοιοFτον πεπραγµSνον, ^λλ’ ^λογUτατον π_ντων κινδυνε+ω πολ` µε0ζω συµφορ8ν XµαυτbN δι8 το+τους XπαγαγSσθαι7. ΠρTς οeν πα0δων κα" γυναικNν κα" θεNν τNν τQδε τT χωρ0ον XχQντων fκετε+ω gµhς κα" ^ντιβολN, XλεGσατS µε, κα" µ$ περι0δητε8 Xπ" το+τbω γενQµενον, µηδE ^νηκSστbω συµφορbh περιβ_λητε5 ο6 γ8ρ =ξιος οjτ’ Xγk φε+γειν τ$ν XµαυτοF9, οjτε οmτος τοσα+την δ0κην παρ’ XµοF λαβε)ν gπEρ nν10 φησιν pδικqσθαι, ο6κ pδικηµSνος. 1. =λλ’ @: nisi. - 2. Cς ... προ6νοGθην: propos. dichiarativa; “che nulla feci con premeditazione contro costui”. - 3. περ" τNν µεγ0στων: neutro; i beni più grandi sono la patria e gli averi, perché la causa in discussione riguarda un tentato omicidio, delitto che prevedeva per il condannato l’esilio perpetuo e la confica dei beni. - 4. ε<ργασµSνος: con doppio accusativo, della persona e della cosa. - 5. @ ε<ς ... XξαµαρτNν: “o quale cittadino ho mai danneggiato in qualcosa (WτιοFν, neutro da Wστισ-οFν, ‘in qua- lunque cosa’)?”. - 6. .µοιγS: dativo d’agente. - 7. ^λογUτατον ... XπαγαγSσθαι: “senza una ragione al mondo corro il rischio, a causa di costoro, di tirarmi addosso una sventura ben più grave” (s’intende di quella che mi sarei procurato da solo danneggiando il prossimo). - 8. µ$ περι0δητε: “non permettete”, seguito dal part. predicativo γενQµενον, “che io finisca in balia di costui (Xπ" το+τbω)”. - 9. τ$ν XµαυτοF: sott. γ$ν. - 10. gπEρ nν: “per torti che”. Per approfondire L’organizzazione giudiziaria ateniese In Atene ogni cittadino maschio maggiorenne e libero godeva dell’<σονοµ0α (uguaglianza di fronte alla legge) e dell’<σηγορ0α (uguale libertà di espressione di fronte all’ Xκκλησ0α), ed esercitava non solo il suo diritto di voto, ma anche, a turno, la funzione di giudice e magistrato. L’Elièa – che in origine era la stessa Assemblea riunita in funzione giudicante – era il tribunale popolare di Atene: istituito da Solone con funzioni di corte d’appello, divenne con la riforma di Efialte il più importante organo giudiziario ateniese. I suoi membri erano sorteggiati annualmente in numero di seimila: requisiti fondamentali era che avessero compiuto trent’anni e non avessero debiti nei confronti della polis. Si procedeva poi a una suddivisione per sorteggio in dieci sezioni giudicanti, che si occupavano di cause pubbliche e private. La legge ateniese non distingueva tra codice civile e codice penale: solamente i casi di omicidio doloso e premeditato erano assegnati al giudizio dell’Areòpago. I giudici erano semplici cittadini (<διUται) estratti a sorte, privi di preparazione tecnico-giuridica e attratti dai due oboli erogati per decisione di Pericle (più tardi saranno portati a tre) a compenso delle prestazioni. Per questo, più che con l’argomentazione tecnico-giuridica, i logografi, vale a dire coloro che a pagamento scrivevano i discorsi che i convenuti dovevano pronunciare al processo, puntavano a persuadere i giudici facendo leva sull’emotività, non rinunciando nemmeno a interpretare in modo ambiguo o distorto le leggi. Lisia ● 251 Un’azione giudiziaria si distingueva in privata (δ=κη), intentata cioè da un querelante in difesa dei propri interessi, o pubblica (γραφ9), che qualunque cittadino poteva promuovere contro chiunque violasse a suo giudizio gli interessi della città. Non esisteva la figura del Pubblico Ministero e prima di andare a processo (WγXν) le parti dovevano sottoporre le prove al vaglio dell’arconte, che assegnava la causa al tribunale competente. Contestualmente al deposito della citazione d’accusa l’accusatore era tenuto anche a indicare la pena (τ=µηµα), che riteneva adeguata al crimine denunciato. Non esisteva la figura dell’avvocato difensore, per cui i convenuti pronunciavano direttamente i loro discorsi, precedentemente stesi dal logografo. L’esposizione era intervallata dall’escussione dei testimoni, dalla lettura di documenti a favore o a carico, dalla citazione delle leggi pertinenti al caso in questione. La prima orazione poteva durare oltre mezz’ora (il tempo era calcolato da una clessidra ad acqua, che l’addetto provvedeva a bloccare durante l’esposizione dei testimoni o la lettura delle leggi); era ammesso il diritto di replica, ma non poteva superare i dieci minuti. I giudici esaminavano le prove ed emettevano con un voto il loro giudizio. In caso di condanna, iniziava la seconda fase del processo: l’imputato, ormai dichiarato colpevole, doveva controproporre la pena (Wντιτ=µηµα). A questo punto il tribunale emetteva la sentenza definitiva (queste due fasi si vedono chiaramente nell’Apologia di Socrate di Platone). Le pene erano ovviamente molto diverse a seconda dei reati e potevano essere di tipo pecuniario (da una semplice multa alla confisca dei beni) o corporale (dalla flagellazione alla morte). Era prevista anche la condanna all’esilio. La testimonianza degli schiavi era considerata valida solo se ottenuta mediante tortura (che era invece vietata nei confronti dei cittadini liberi). In caso di condanna a morte, mentre i cittadini liberi potevano talvolta evitarla andando in esilio e rinunciando al possesso del proprio patrimonio, l’esecuzione degli schiavi poteva avvenire anche in forma crudele. Le donne di condizione libera e i bambini non godevano dei privilegi sanciti per i cittadini maschi che erano i soli a poter concedere il patronato a forestieri, metèci o schiavi, che volessero intraprendere un’azione legale. Un simile sistema giudiziario impedì la nascita della dottrina giuridica e del diritto, che sarà invece tra i più alti meriti di Roma, ma fece anche proliferare la mala genia dei ‘sicofanti’, ricattatori di professione – chiunque poteva denunciare un cittadino come reo di gravi offese contro la religione, la morale, lo Stato. Se a ciò si aggiungono la pratica della tortura nei confronti degli schiavi e l’inadeguatezza dei giudici, si capisce come la giustizia fosse per larghi aspetti decisamente carente. Eppure, pur con i limiti ricordati, le leggi e i tribunali garantivano alla polis l’andamento della propria vita quotidiana, la tutela della proprietà privata, la salvaguardia dell’economia. 145 ** Non riducetemi in miseria togliendomi il sussidio di invalidità: è il mio unico introito Εµο$ γ&ρ ( µ)ν πατ.ρ κατ0λιπεν ο4δ0ν, τ.ν δ) µητ0ρα τελευτ9σασαν π0παυµαι τρ0φων τρ=τον >τος τουτ=, πα@δες δ0 µοι οAπω εBσ$ν οC µε θεραπεEσουσι. Τ0χνην δ) κ0κτηµαι βραχ0α δυναµ0νην Jφελε@ν1, Lν α4τMς µ)ν Nδη χαλεπOς PργQζοµαι, τMν διαδεξTµενον δ’ α4τ.ν οAπω δEναµαι κτ9σασθαι. ΠρTσοδος δ0 µοι ο4κ >στιν 252 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici Isocrate La vita di Isocrate fu lunghissima. Nato ad Atene nel 436 a.C., quando signore della città era Pericle, si lascerà morire per inanizione, quasi centenario, all’indomani della battaglia di Cheronea (338). Vide la luce all’apice della potenza di Atene, chiuse gli occhi quando il lento tramonto della città si era ormai concluso. Di famiglia agiata, figlio di un imprenditore che dirigeva un’avviata fabbrica di flauti, ebbe un’educazione raffinata e tra i suoi maestri ci furono Prodico di Ceo e il retore Teramene, l’oligarchico moderato. Aveva quasi quarant’anni quando Socrate fu processato e condannato: l’aveva frequentato nella prima sua giovinezza, non ne aveva mai subito il fascino. Era stato invece attratto dalla personalità di un uomo agli antipodi di Socrate, Gorgia di Lentini, il retore, il sofista. Andò anche in Tessaglia per seguirne le lezioni. Aveva un fisico prestante, rafforzato anche dalla ginnastica e dalla pratica del cavalcare, in cui eccelleva. Aveva invece deboli le corde vocali e fioca la voce. Il che gli impedì una brillante carriera politica, ma non di alzarsi per prendere la parola, in momenti terribili, in difesa di Teramene, accusato dai Trenta tiranni. Fu lo stesso vecchio maestro a salvargli probabilmente la vita, ordinandogli di desistere. Le peggiorate condizioni economiche della famiglia all’indomani del tracollo ateniese nella guerra del Peloponneso e la tragica parentesi oligarchica, costrinsero Isocrate a dedicarsi all’attività di logografo, cioè di scrittore di discorsi giudiziari a pagamento, una professione abbastanza redditizia, che svolse per una decina d’anni. Ci restano di questo periodo e di questa attività sei orazioni (Contro Eutinoo, Contro Callimaco, Trapezitico, Eginetico, Sulla biga, Contro Lochite). Nel 392 fondò ad Atene una scuola di retorica, che acquistò in breve grande rinomanza. Tra i suoi moltissimi discepoli spiccano i nomi di Eforo, Teopompo, Iperìde. Nel 390 scrisse il discorso Contro i sofisti, in cui espone il manifesto programmatico del suo insegnamento: Isocrate si contrappone ai sofisti, ossia ai filosofi come Platone e i postsocratici in genere, e agli oratori politici: criticati per il loro astrattismo i primi, rimproverati per il tecnicismo eccessivo gli altri. Per Isocrate l’eloquenza è una dote innata, una predisposizione che il maestro deve disciplinare e affinare. Altri due scritti, l’Encomio di Elena e il Busiride, testimoniano l’ambiente della scuola: si tratta di due brevi “elogi paradossali” ispirati all’antico maestro, Gorgia, prove di bravura in cui si tesse la lode di chi non può essere oggetto di ammirazione, come Elena, l’adultera, o il feroce re egiziano Busiride. Seguirono esortazioni e trattatelli morali, tutti di ambientazione cipriota: A Demonìco, A Nicocle (un manuale del buon sovrano), Nicocle, Evàgora (elogio funebre del padre di Nicocle, baluardo della resistenza antipersiana nell’isola). Si coglie qui il primo manifestarsi delle sue future e nette posizioni politiche: da una parte la Grecia, che deve trovare quell’unità che non ha mai avuto ed è ormai indispensabile, e dall’altra il mondo persiano, il naturale nemico dei Greci e della loro civiltà. La sua influenza politica ed ideologica era affidata alla stesura di pamphlet, uno strumento che faceva conoscere le sue idee anche al di fuori di Atene. Nel 380 Isocrate ● 263 pubblica il Panegirico, un’allocuzione ai Greci immaginati in adunanza solenne ad Olimpia: vi si sostiene la necessità dell’unità e della concordia in funzione antipersiana, sotto la leadership di Atene, in nome della grandezza del suo passato. Fautore del nuovo imperialismo ateniese, collaborò alla nascita della II Lega Attica. Compose in questo periodo il Plataico, l’Archidamo, l’Areopagitico. Scoppiata la guerra sociale (357-55), che segnerà la sconfitta della sua visione politica, scrisse il discorso Sulla pace, sostenendo la necessità di un accordo con gli alleati ribelli della seconda lega marittima. Deve intanto difendersi da un attacco giudiziario (356): un certo Megaclìde, cui era stata imposta una trierarchia, cioè l’armamento e la manutenzione di una trireme, sostenne che tale liturgia spettava ad Isocrate, che era più ricco di lui, dichiarandosi disposto, in caso di rifiuto, allo scambio dei beni (antidosis). Isocrate perse la causa. Scrisse allora, anche per difendersi da speculazioni e calunnie, il discorso Sullo scambio dei beni, un’arringa giudiziaria fittizia, che è anche la più lunga delle sue opere: vi è l’apologia della sua vita e della sua opera di maestro. Nel 355 l’oratore esplicitamente iniziò a proporre una Lega panellenica capeggiata dal re di Macedonia, Filippo II, in funzione antipersiana: ci voleva una personalità esterna, terza rispetto alle rivalità insanabili dei Greci, e Filippo gli pareva in grado di spegnere quelle continue conflittualità. Entrò così in aperto contrasto con le posizioni del partito antimacedone, capitanato da Demostene. Nel 346 compose il Filippo, invitando il sovrano a proporsi come arbitro disinteressato della politica greca e a far proprie le finalità che Isocrate aveva precedentemente espresso nel Panegirico. Seguirono una prima lettera a Filippo e una seconda, brevissima, al figlio Alessandro. L’ultimo grande discorso, il Panatenaico, fu composto nel 339, a novantasette anni, ed è un inno alla grandezza di Atene e alla sua costituzione in contrapposizione alla miope ed egoistica politica di Sparta e alle sue istituzioni, immeritatamente celebrate. L’anno dopo, 338, nella piana di Cheronea, Ateniesi e Tebani si scontrarono con Filippo II, soccombendo tragicamente. Il progetto isocrateo era fallito. Dopo aver scritto una seconda lettera a Filippo, esortandolo ancora una volta a porsi alla guida della Grecia, ormai non più in grado di contrastare il suo volere, e a muovere contro i Persiani, scelse il suicidio per inanizione. Morì dopo due settimane di agonia. Aveva intuito dove stava andando la storia, aveva cercato di anticiparla nei suoi disegni, anche correndo il rischio concreto di passare per traditore, ma aveva perduto tutte le sue battaglie. Il suo rivale, Demostene, fu lasciato in vita da Filippo, che non infierì sui vinti. In questo il sovrano fu isocrateo. Isocrate aveva lavorato per una federazione e i suoi avversari avevano portato invece allo scontro fatale, che segnò di fatto la fine della libertà delle poleis greche. La sua idea, quella della grecità unita e concorde contro il naturale nemico persiano, che già era nei piani di Filippo, sarà di lì a poco realizzata da Alessandro il Grande. Lo stile La raffinatissima tecnica letteraria inventata da Isocrate esercitò grande influenza già sui contemporanei. La sua pagina è talmente perfetta, nell’ar264 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici chitettura dei periodi e nell’armonia delle parti, da apparire monotona, a volte perfino fredda. È come un grande architetto che crea un edificio in cui si riconosce totalmente e poi lo riproduce uguale, senza un brivido, uno scatto, una variazione, un momento di pathos. Anche in questo è agli antipodi del suo rivale politico, Demostene. Isocrate non cerca la varietà, l’originalità stilistica, l’effetto: il suo obiettivo è l’armonia. Per questo metteva la sua prosa in rivalità con le composizioni poetiche. Un’ attenzione quasi maniacale è riservata alla costruzione del periodo e alla rispondenza ritmica delle parti. Non è difficile scomporre questi periodi, generalmente ampi, seguendone gli elementi accessori (i γ!ρ, i µ%ν e i δ%, gli ο) µ*νον ... ,λλ! κα0, gli 1στε, e così via), che scandiscono le singole frasi (o gli iniziali δ5λον, τεκµ6ριον, ecc.). Isocrate ha creato la retorica e la prosa d’arte, i cui ultimi epigoni sono da ricercare, forse, anche a nostri giorni, in certa manierata eloquenza accademica. Encomio di Elena L’Encomio di Elena è un breve “elogio paradossale”, ispirato all’insegnamento dell’antico maestro, Gorgia. Una pirotecnica prova di bravura, in cui si tesse la lode di chi giammai potrebbe essere oggetto di ammirazione, come Elena, l’adultera che abbandonò il marito Menelao e la figlioletta Ermione per seguire Paride a Troia, e che diventa per Isocrate la benefattrice della Grecia. 169 * Tèseo rimase affascinato e vinto alla vista di Elena Κα0 πρ:τον µ%ν Θησε=ς, ? λεγ*µενος µ%ν ΑAγBως, γενοµBνος δ’ Eκ Ποσειδ:νος1, AδHν α)τIν οJπω µ%ν ,κµKζουσαν, Nδη δ% τ:ν Oλλων διαφBρουσαν2, τοσοRτον Sττ6θη τοR κKλλους, ? κρατεUν τ:ν Oλλων εAθισµBνος3, 1σθ’, Wπαρχο=σης α)τY: κα0 πατρZδος µεγZστης κα0 βασιλεZας ,σφαλεστKτης4, SγησKµενος ο)κ Oξιον ε^ναι ζ5ν Eπ0 τοUς παροRσιν ,γαθοUς Oνευ τ5ς πρ_ς EκεZνην οAκει*τητος5, EπειδI παρ! τ:ν κυρZων6 ο)χ οb*ς τ’ cν α)τIν λαβεUν, ,λλ’ EπBµενον τ6ν τε τ5ς παιδ_ς SλικZαν κα0 τ_ν χρησµ_ν τ_ν παρ! τ5ς ΠυθZας, WπεριδHν τIν ,ρχIν τIν ΤυνδKρεω κα0 καταφρον6σας τ5ς efµης τ5ς ΚKστορος κα0 Πολυδε=κους κα0 πKντων τ:ν Eν ΛακεδαZµονι δειν:ν hλιγωρ6σας, βZYα λαβHν α)τIν εAς iΑφιδναν τ5ς jΑττικ5ς κατBθετο, κα0 τοσα=την χKριν kσχεν ΠειρZθYω τY: µετασχ*ντι τ5ς lρπαγ5ς 1στε, βουληθBντος α)τοR µνηστεRσαι Κ*ρην τIν ∆ι_ς κα0 ∆6µητρος, κα0 παρακαλοRντος Eπ0 τIν εAς nΑιδου κατKβασιν, EπειδI συµβουλε=ων ο)χ οb*ς τ’ cν ,ποτρBπειν, προδ6λου τ5ς συµφορoς οJσης, pµως α)τY: συνηκολο=θησεν, νοµZζων hφεZλειν τοRτον τ_ν kρανον, µηδεν_ς ,ποστ5ναι τ:ν Wπ_ ΠειρZθου προσταχθBντων ,νθ’ qν EκεUνος α)τY: συνεκινδ=νευσεν. 1. ? ... Ποσειδ:νος: Teseo era considerato figlio di Egeo, ma in realtà era nato da Posidone, perché sua madre Etra sarebbe stata sedotta dal dio nell’isola di Sferia. Tutto il passo, come si può vedere, è un unico ampio periodo ed è un tipico esempio dello stile iso- crateo. - 2. τ:ν ... διαφBρουσαν: Elena, pur giovanissima (“non ancora nel fiore dell’età”, οJπω ,κµKζουσαν) è già la più bella (διαφBρειν nel valore intransitivo, seguito dal genitivo ablativale, di ‘distinguersi’ per superiorità). - 3. ? ... εAθι- Isocrate ● 265 214 ** Pace e guerra non sono in assoluto un bene e un male: dipende dalle situazioni e in ogni caso si deve guardare all’esito Κατηγορο'σιν δ, τινες το' πολ,µου κα4 διεξ,ρχονται τ7ν 8πιστ9αν α:το', τεκµηρ9οις <λλοις τε πολλο=ς χρ>µενοι κα4 µ?λιστα το=ς περ4 @µAς γεγενηµ,νοις, κα4 θαυµ?ζουσιν εD τινες οEτω χαλεπGH κα4 παραβJλGω πρ?γµατι πιστεKειν 8ξιο'σιν. MΕγO δP πολλοQς µPν οRδα διS τTν πJλεµον µεγ?λην ε:δαιµον9αν κτησαµ,νους, πολλοQς δP τUς VπαρχοKσης 8ποστερηθ,ντας διS τ7ν εWρXνην. Ο:δPν γSρ τHν τοιοKτων Zστ4ν 8ποτJµως ο[τε κακTν ο[τ’ 8γαθJν, 8λλ’ ]ς ^ν χρXσητα9 τις το=ς πρ?γµασιν κα4 το=ς καιρο=ς, οEτως 8ν?γκη κα4 τT τ,λος Zκβα9νειν Zξ α:τHν. Χρ7 δP τοQς µPν ε` πρ?ττοντας τUς εWρXνης Zπιθυµε=νa Zν ταKτbη γSρ τbU καταστ?σει πλε=στον <ν τις χρJνον τS παρJντα διαφυλ?ξειενa τοQς δP δυστυχο'ντας τGH πολ,µGω προσ,χειν τTν νο'νa Zκ γSρ τUς ταραχUς κα4 τUς καινουργ9ας θAττον ^ν µεταβολUς τKχοιεν. 215 ** Chi muore per la patria acquista gloria immortale dΗν µPν Zθ,λωµεν 8ποθνbXσκειν VπPρ τHν δικα9ων, ο: µJνον ε:δοκιµXσοµεν, 8λλS κα4 τTν Zπ9λοιπον χρJνον 8σφαλHς @µ=ν Zξ,σται ζUνa εW δP φοβησJµεθα τοQς κινδKνους, εWς πολλSς ταραχSς καταστXσοµεν @µAς α:τοKς. Παρακαλ,σαντες ο`ν 8λλXλους 8ποδHµεν τS τροφε=α τbU πατρ9δι, κα4 µ7 περι9δωµεν Vβρισθε=σαν τ7ν Λακεδα9µονα κα4 καταφρονηθε=σαν, µηδP ψευσθUναι ποιXσωµεν τHν Zλπ9δων τοQς ε[νους @µ=ν iντας, µηδP περ4 πλε9ονος φανHµεν ποιοKµενοι τT ζUν το' παρS πAσιν 8νθρ>ποις ε:δοκιµε=ν, Zνθυµηθ,ντες jτι κ?λλιJν Zστιν 8ντ4 θνητο' σ>µατος 8θ?νατον δJξαν 8ντικαταλλ?ξασθαι, κα4 ψυχUς, kν ο:χ lξοµεν mλ9γων ZτHν, πρ9ασθαι τοιαKτην ε[κλειαν, k π?ντα τTν αWHνα το=ς Zξ @µHν γενοµ,νοις παραµενε=, πολQ µAλλον n µικρο' χρJνου γλιχοµ,νους µεγ?λαις αWσχKναις @µAς α:τοQς περιβαλε=ν. Archidamo Areopagitico Tra le più celebri orazioni di Isocrate, l’Areopagitico fu composta nel 357 circa: vi si propugna l’esigenza di abbandonare la democrazia radicale, e i suoi molti fallimenti, e di ripristinare il modello costituzionale promosso da Solone e ripreso da Clistene. Perché ciò avvenga, si devono ridare autorevolezza e autorità al consesso dell’Areòpago, facendone il centro istituzionalmente preposto a garantire un governo stabile alla città e a provvedere alla formazione e alla direzione morale dei cittadini, condizioni irrinunciabili per assicurare sicurezza, prosperità economica e benessere. 284 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici 216 ** Sono le città che si credono più prospere a prendere le risoluzioni peggiori Πολλο#ς %µ'ν ο)µαι θαυµ.ζειν 1ντιν. ποτε γν5µην 7χων περ; σωτηρ=ας τ>ν πρ?σοδον Aποιησ.µην, Cσπερ τDς π?λεως Aν κινδFνοις οGσης H σφαλερ'ς αJτKD τ'ν πραγµ.των καθεστηκ?των, Lλλ’ οJ πλε=ους µNν τριOρεις H διακοσ=ας κεκτηµPνης, εQρOνην δN κα; τR περ; τ>ν χ5ραν LγοFσης, κα; τ'ν κατR θ.λατταν LρχοFσης, 7τι δN συµµ.χους AχοFσης πολλο#ς µNν το#ς Sτο=µως TµUν, Vν τι δPKη, βοηθOσοντας, πολ# δN πλε=ους το#ς τRς συντ.ξεις %ποτελοYντας κα; τZ προσταττ?µενον ποιοYντας[ \ν %παρχ?ντων Tµ]ς µNν ^ν τις φOσειεν εQκZς ε)ναι θαρρεUν _ς π?ρρω τ'ν κινδFνων `ντας, τοUς δ’ AχθροUς τοUς TµετPροις προσOκειν δεδιPναι κα; βουλεFεσθαι περ; τDς α%τ'ν σωτηρ=ας. bΥµεUς µNν οdν ο)δ’ eτι τοFτfω χρ5µενοι τf' λογισµf' κα; τDς AµDς προσ?δου καταφρονεUτε κα; π]σαν Aλπ=ζετε τ>ν bΕλλ.δα ταFτKη τKD δυν.µει κατασχOσειν[ Aγh δN δι’ αJτR ταYτα τυγχ.νω δεδι5ς. bΟρ' γRρ τ'ν π?λεων τRς ^ριστα πρ.ττειν οQοµPνας κ.κιστα βουλευοµPνας κα; τRς µ.λιστα θαρροFσας εQς πλε=στους κινδFνους καθισταµPνας. 217 ** Gli eventi accaduti in passato ad Atene e a Sparta devono indurci ad attenta meditazione sulla repentinità dei cambiamenti nella vita degli Stati bΗµεUς τε Lναστ.του µNν τDς π?λεως %πZ τ'ν βαρβ.ρων γεγενηµPνης διR τZ δεδιPναι κα; προσPχειν τZν νοYν τοUς πρ.γµασιν AπρωτεFσαµεν τ'ν bΕλλOνων, Aπειδ> δ’ LνυπPρβλητον k f Oθηµεν τ>ν δFναµιν 7χειν, παρR µικρZν Vλθοµεν AξανδραποδισθDναι[ Λακεδαιµ?νιο= τε τZ µNν παλαιZν Aκ φαFλων κα; ταπειν'ν π?λεων nρµηθPντες διR τZ σωφρ?νως ζDν κα; στρατιωτικ'ς κατPσχον Πελοπ?ννησον, µετR δN ταYτα µεUζον φρονOσαντες τοY δPοντος κα; λαβ?ντες κα; τ>ν κατR γDν κα; τ>ν κατR θ.λατταν LρχOν, εQς το#ς αJτο#ς κινδFνους κατPστησαν TµUν. oΟστις οdν εQδhς τοσαFτας µεταβολRς γεγενηµPνας κα; τηλικαFτας δυν.µεις οpτω ταχPως Lναιρεθε=σας πιστεFει τοUς παροYσι, λ=αν Lν?ητ?ς Aστιν, ^λλως τε κα; τDς µNν π?λεως Tµ'ν πολ# καταδεPστερον νYν πραττοFσης H κατ’ AκεUνον τZν χρ?νον, τοY δN µ=σους τοY τ'ν bΕλλOνων κα; τDς 7χθρας τDς πρZς βασιλPα π.λιν LνακεκαινισµPνης, q τ?τε κατεπολPµησεν Tµ]ς. rΑπορ' δN π?τερον %πολ.βω µηδNν µPλειν %µUν τ'ν κοιν'ν πραγµ.των, H φροντ=ζειν µNν αJτ'ν, εQς τοYτο δ’ Lναισθησ=ας 1κειν, Cστε λανθ.νειν %µ]ς εQς eσην ταραχ>ν T π?λις καθPστηκεν. 218 ** La costituzione è l’anima della città bΑπ.σης τDς bΕλλ.δος %πZ τ>ν π?λιν Tµ'ν %ποπεσοFσης κα; µετR τ>ν Κ?νωνος ναυµαχ=αν κα; µετR τ>ν ΤιµοθPου στρατηγ=αν, οJδPνα χρ?νον τRς εJτυχ=ας κατασχεUν vδυνOθηµεν, LλλR ταχPως διεσκαριφησ.µεθα κα; διελFσαµεν αJτ.ς. Πολιτε=αν γRρ τ>ν wρθ'ς xν τοUς πρ.γµασι χρησοµPνην οGτ’ 7χοµεν οGτε καλ'ς ζητοYµεν. Κα=τοι τRς εJπραγ=ας yπαντες zσµεν κα; παραγιγνοµPνας κα; παραµενοFσας οJ τοUς τR τε=χη κ.λλιστα κα; µPγιστα περιβεβληµPνοις, οJδN τοUς µετR πλε=στων Lνθρ5πων εQς τZν αJτZν τ?πον συνηθροισµPνοις, LλλR τοUς ^ριστα κα; σωφρονPστατα τ>ν α%τ'ν π?λιν διοικοYσιν. {Εστι γRρ ψυχ> π?λεως οJδNν }τερον H πολιτε=α, τοσαFτην 7χουσα δFναµιν eσην περ Aν σ5µατι φρ?νησις. Αpτη Isocrate ● 285 γ!ρ #στιν ( βουλευοµ/νη περ2 3π!ντων κα2 τ7 µ8ν 9γαθ7 διαφυλ!ττουσα, τ7ς δ8 συµφορ7ς διαφε?γουσα. Τα?τBη κα2 τοCς νDµους κα2 τοCς EFτορας κα2 τοCς GδιHτας 9ναγκαIDν #στιν JµοιοKσθαι κα2 πρ!ττειν οLτως Mκ!στους οNαν περ Oν τα?την Pχωσιν. 219 ** Per la salvezza di Atene bisogna ripristinare la costituzione democratica di Solone e Clistene ΕSρTσκω γ7ρ τα?την µDνην1 Oν γενοµ/νην κα2 τVν µελλDντων κινδ?νων 9ποτροπXν κα2 τVν παρDντων κακVν 9παλλαγFν, Yν #θελFσωµεν #κεTνην τXν δηµοκρατTαν 9ναλαβεIν, Zν ΣDλων µ8ν J δηµοτικHτατος γενDµενος #νοµοθ/τησε, Κλεισθ/νης δ’ J τοCς τυρ!ννους #κβαλ^ν κα2 τ_ν δ`µον καταγαγ^ν π!λιν #ξ 9ρχ`ς κατ/στησεν. bΗς οdκ Oν εLροιµεν οeτε δηµοτικωτ/ραν οeτε τB` πDλει µfλλον συµφ/ρουσαν. ΤεκµFριον δ8 µ/γιστονg οh µ8ν γ7ρ #κεTνBη χρHµενοι, πολλ7 κα2 καλ7 διαπραξ!µενοι κα2 παρ7 πfσιν 9νθρHποις εdδοκιµFσαντες, παρ’ MκDντων τVν iΕλλFνων τXν (γεµονTαν Pλαβονg οh δ8 τ`ς νKν παρο?σης #πιθυµFσαντες, Sπ_ π!ντων µισηθ/ντες κα2 πολλ7 κα2 δειν7 παθDντες, µικρ_ν 9π/λιπον τοK µX ταIς #σχ!ταις συµφοραIς περιπεσεIν. 1. µDνην: è sottinteso il sostantivo πολιτεTαν. 220 ** Le due specie di uguaglianza Οh κατ’ #κεIνον τ_ν χρDνον τXν πDλιν διοικοKντες κατεστFσαντο πολιτεTαν οdκ kνDµατι µ8ν τlV κοινοτ!τlω κα2 πραοτ!τlω προσαγορευοµ/νην, #π2 δ8 τVν πρ!ξεων οd τοια?την τοIς #ντυγχ!νουσι φαινοµ/νην, οdδ’ Z τοKτον τ_ν τρDπον #παTδευε τοCς πολTτας mσθ’ (γεIσθαι τXν µ8ν 9κολασTαν δηµοκρατTαν, τXν δ8 παρανοµTαν #λευθερTαν, τXν δ8 παρρησTαν GσονοµTαν, τXν δ’ #ξουσTαν τοK ταKτα ποιεIν εdδαιµονTαν, 9λλ7 µισοKσα κα2 κολ!ζουσα τοCς τοιο?τους βελτTους κα2 σωφρονεστ/ρους oπαντας τοCς πολTτας #ποTησεν. Μ/γιστον δ’ αdτοIς συνεβ!λετο πρ_ς τ_ καλVς οGκεIν τXν πDλιν, qτι δυοIν GσοτFτοιν νοµιζοµ/ναιν εrναι, κα2 τ`ς µ8ν ταdτ_ν oπασιν 9πονεµο?σης, τ`ς δ8 τ_ προσ`κον Mκ!στοις, οdκ sγνDουν τXν χρησιµωτ/ραν, 9λλ7 τXν µ8ν τVν αdτVν 9ξιοKσαν τοCς χρηστοCς κα2 τοCς πονηροCς 9πεδοκTµαζον tς οd δικαTαν οuσαν, τXν δ8 κατ7 τXν 9ξTαν vκαστον τιµVσαν κα2 κολ!ζουσαν προBηροKντο κα2 δι7 τα?της lwκουν τXν πDλιν, οdκ #ξ 3π!ντων τ7ς 9ρχ7ς κληροKντες, 9λλ7 τοCς βελτTστους κα2 τοCς hκανωτ!τους #φ’ vκαστον τVν Pργων προκρTνοντες. Τοιο?τους γ7ρ xλπιζον Pσεσθαι κα2 τοCς yλλους, οzοT περ Oν {σιν οh τVν πραγµ!των #πιστατοKντες. 221 ** Integrità e senso dello Stato dei nostri antenati Α}τιον δ’ ~ν τοK ταKτα1 τοIς πολλοIς 9ρ/σκειν κα2 µX περιµαχFτους εrναι τ7ς 9ρχ!ς, qτι µεµαθηκDτες ~σαν #ργ!ζεσθαι κα2 φεTδεσθαι, κα2 µX τVν µ8ν οGκεTων 9µελεIν, τοIς δ’ 9λλοτρTοις #πιβουλε?ειν, µηδ’ #κ τVν δηµοσTων τ7 σφ/τερ’ αdτVν διοικεIν, 9λλ’ #κ τVν Mκ!στοις SπαρχDντων, ε} ποτε δεFσειε, τοIς κοινοIς #παρκεIν, µηδ’ 9κριβ/στερον εGδ/ναι τ7ς #κ τVν 9ρχεTων προσDδους Y τ7ς #κ τVν GδTων γιγνοµ/νας αSτοIς. ΟLτω δ’ 9πεTχοντο σφDδρα τVν τ`ς πDλεως, mστε 286 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici χαλεπ%τερον *ν +ν +κε-νοις το0ς χρ1νοις ε2ρε0ν το3ς βουλοµ7νους 8ρχειν 9 ν:ν το3ς µηδ=ν δεοµ7νους> ο? γAρ +µπορ-αν, CλλA λειτουργ-αν +ν1µιζον εEναι τFν τGν κοινGν +πιµ7λειαν, ο?δ’ CπI τJς πρ%της Kµ7ρας +σκ1πουν +λθ1ντες εN τι λJµµα παραλελο-πασιν οO πρ1τερον 8ρχοντες, CλλA πολ3 µPλλον εN τινος πρQγµατος κατηµελRκασιν τGν τ7λος Sχειν κατεπειγ1ντων. 1. τα:τα: riferimento è all’ordinamento politico-istituzionale dell’Atene del bel tempo andato, e in particolare al fatto che le cariche pubbliche non fossero 222 ** attribuite per sorteggio, ma alle personalità più specchiate e fedeli alla costituzione. I nostri antenati avevano grande rispetto delle tradizioni religiose ΚαW πρGτον µ=ν τA περW το3ς θεοXς – +ντε:θεν γAρ 8ρχεσθαι δ-καιον – ο?κ CνωµQλως ο?δ’ CτQκτως οZτ’ +θερQπευον οZτ’ [ργ-αζον> ο?δ’ \π1τε µ=ν δ1ξειεν α?το0ς, τριακοσ-ους βο:ς Sπεµπον, \π1τε δ= τXχοιεν, τAς πατρ-ους θυσ-ας +ξ7λειπον> ο?δ= τAς µ=ν +πιθ7τους ^ορτQς, α_ς ^στ-ασ-ς τις προσε-η, µεγαλοπρεπGς *γον, +ν δ= το0ς `γιωτQτοις τGν OερGν CπI µισθωµQτων Sθυον> Cλλ’ +κε0νο µ1νον +τRρουν, aπως µηδ=ν µRτε τGν πατρ-ων καταλXσουσιν µRτ’ Sξω τGν νοµιζοµ7νων προσθRσουσιν. Ο? γAρ +ν τα0ς πολυτελε-αις +ν1µιζον εEναι τFν ε?σ7βειαν, Cλλ’ +ν τcG µηδ=ν κινε0ν dν α?το0ς οO πρ1γονοι παρ7δοσαν. ΚαW γQρ τοι καW τA παρA τGν θεGν ο?κ +µπλRκτως ο?δ= ταραχωδGς α?το0ς συν7βαινεν, Cλλ’ ε?κα-ρως καW πρIς τFν +ργασ-αν τJς χ%ρας καW πρIς τFν συγκοµιδFν τGν καρπGν. 223 ** Concordia e spirito di solidarietà tra gli antichi Ateniesi Παραπλησ-ως δ= το0ς εfρηµ7νοις καW τA πρIς σφPς α?το3ς διc%κουν. Ο? γAρ µ1νον περW τGν κοινGν hµον1ουν, CλλA καW περW τIν Nδιον β-ον τοσαXτην +ποιο:ντο πρ1νοιαν CλλRλων aσην περ χρF το3ς εi φρονο:ντας καW πατρ-δος κοινωνο:ντας. Οj τε γAρ πεν7στεροι τGν πολιτGν τοσο:τον Cπε0χον το: φθονε0ν το0ς πλε-ω κεκτηµ7νοις, kσθ’ \µο-ως +κRδοντο τGν οNκων τGν µεγQλων kσπερ τGν σφετ7ρων α?τGν, KγοXµενοι τFν +κε-νων ε?δαιµον-αν α2το0ς ε?πορ-αν 2πQρχειν> οj τε τAς ο?σ-ας Sχοντες ο?χ aπως 2περε%ρων το3ς καταδε7στερον πρQττοντας, Cλλ’ 2πολαµβQνοντες αfσχXνην α2το0ς εEναι τFν τGν πολιτGν Cπορ-αν +πRµυνον τα0ς +νδε-αις, το0ς µ=ν γεωργ-ας +πW µετρ-αις µισθ%σεσιν παραδιδ1ντες, το3ς δ= κατ’ +µπορ-αν +κπ7µποντες, το0ς δ’ εfς τAς 8λλας +ργασ-ας CφορµFν παρ7χοντες. 224 ** I nostri antenati si preoccupavano vivamente della temperanza e affidarono al Consiglio dell’Areòpago il compito di vigilare sul buon ordine morale dei cittadini lΙσως nν οiν τις +πιτιµRσειεν το0ς εfρηµ7νοις, aτι τAς µ=ν πρQξεις +παινG τAς +ν +κε-νοις το0ς χρ1νοις γιγνοµ7νας, τAς δ’ αfτ-ας ο? φρQζω δι’ oς οpτω καλGς καW τA πρIς σφPς α?το3ς εEχον καW τFν π1λιν διc%κουν. qΕγs δ’ οEµαι µ=ν εfρηκ7ναι τι καW τοιο:τον, ο? µFν Cλλ’ Sτι πλε-ω καW σαφ7στερον πειρQσοµαι διαλεχθJναι περW α?τGν. qΕκε0νοι γAρ ο?κ +ν µ=ν τα0ς παιδε-αις πολλο3ς το3ς +πιστατο:ντας εEχον, +πειδF δ’ εfς 8νδρας δοκιµασθε0εν, +ξJν α?το0ς ποιε0ν a τι βουληθε0εν, Cλλ’ +ν ταXταις τα0ς Cκµα0ς πλε-ονος +πιµελε-ας +τXγχανον 9 πα0δες tντες. Οpτω γAρ Isocrate ● 287 µ"ν ο% πρ(γονοι σφ(δρα περ0 τ2ν σωφροσ4νην 6σπο4δαζον, 9στε τ2ν 6ξ ;Αρε=ου π?γου βουλ2ν 6πBστησαν 6πιµελεCσθαι τEς εGκοσµ=ας, Iς οGχ οK(ν τ’ Mν µετασχεCν πλ2ν τοCς καλ"ς γεγον(σιν κα0 πολλ2ν Nρετ2ν 6ν τO" β=Oω κα0 σωφροσ4νην 6νδεδειγµBνοις, 9στ’ εPκ(τως αGτ2ν διενεγκεCν τ"ν 6ν τοCς QΕλλησι συνεδρ=ων. 225 ** I nostri antenati ponevano particolare attenzione all’educazione dei giovani TΑπ?ντων µUν οVν 6φρ(ντιζον τ"ν πολιτ"ν, µ?λιστα δU τ"ν νεωτBρων. TΕWρων γXρ τοYς τηλικο4τους ταραχωδBστατα διακειµBνους κα0 πλε=στων γBµοντας 6πιθυµι"ν, κα0 τXς ψυχXς αGτ"ν µ?λιστα παιδευθEναι δεοµBνας 6πιµελε=αις καλ"ν 6πιτηδευµ?των κα0 π(νοις δονXς [χουσιν\ 6ν µ(νοις γXρ ]ν το4τοις 6µµεCναι τοYς 6λευθBρως τεθραµµBνους κα0 µBγα φρονεCν εPθισµBνους. QΑπαντας µUν οVν 6π0 τXς αGτXς ^γειν διατριβXς οGχ οK(ν τ’ Mν, Nνωµ?λως τX περ0 τ_ν β=ον [χοντας\ `ς δU πρ_ς τ2ν οGσ=αν aρµοττεν, οbτως cκ?στοις προσBταττον. ΤοYς µUν γXρ eποδεBστερον πρ?ττοντας 6π0 τXς γεωργ=ας κα0 τXς 6µπορ=ας [τρεπον, εPδ(τες τXς Nπορ=ας µUν διX τXς Nργ=ας γιγνοµBνας, τXς δU κακουργ=ας διX τXς Nπορ=ας\ Nναιροfντες οVν τ2ν Nρχ2ν τ"ν κακ"ν Nπαλλ?ξειν Ogοντο κα0 τ"ν ^λλων hµαρτηµ?των τ"ν µετ’ 6κε=νην γιγνοµBνων. ΤοYς δU β=ον %καν_ν κεκτηµBνους περ= τε τ2ν %ππικ2ν κα0 τX γυµν?σια κα0 τX κυνηγBσια κα0 τ2ν φιλοσοφ=αν iν?γκασαν διατρ=βειν, jρ"ντες 6κ το4των τοYς µUν διαφBροντας γιγνοµBνους, τοYς δU τ"ν πλε=στων κακ"ν NπεχοµBνους. 226 ** Io critico i regimi oligarchici e sopraffattori ed elogio quelli basati sull’uguaglianza e sulla democrazia kΕπειτα κNκεCθεν lO?διον γν"ναι τ2ν 6µ2ν δι?νοιαν\ 6ν γXρ τοCς πλε=στοις τ"ν λ(γων τ"ν εPρηµBνων eπ’ 6µοf φανmσοµαι ταCς µUν nλιγαρχ=αις κα0 ταCς πλεονεξ=αις 6πιτιµ"ν, τXς δ’ Pσ(τητας κα0 τXς δηµοκρατ=ας 6παιν"ν, οG π?σας, NλλX τXς καλ"ς καθεστηκυ=ας, οGδ’ `ς [τυχον, NλλX δικα=ως κα0 λ(γον 6χ(ντως. Οpδα γXρ το4ς τε προγ(νους τοYς µετBρους 6ν τα4τqη τqE καταστ?σει πολY τ"ν ^λλων διενεγκ(ντας κα0 Λακεδαιµον=ους διX τοfτο κ?λλιστα πολιτευοµBνους, sτι µ?λιστα δηµοκρατο4µενοι τυγχ?νουσιν. ;Εν γXρ τqE τ"ν Nρχ(ντων α%ρBσει κα0 τO" β=Oω τO" καθ’ µBραν κα0 τοCς ^λλοις 6πιτηδε4µασιν tδοιµεν ]ν παρ’ αGτοCς τXς Pσ(τητας κα0 τXς jµοι(τητας µuλλον v παρX τοCς ^λλοις Pσχυο4σας\ οKς α% µUν nλιγαρχ=αι πολεµοfσιν, ο% δU καλ"ς δηµοκρατο4µενοι χρWµενοι διατελοfσιν. 227 ** Se vogliamo risollevarci dalle lacerazioni sociali e dalle difficoltà economiche che ci affliggono, dobbiamo prendere a modello i nostri antenati kΕτι δU πρ_ς το4τοις eπ_ µUν 6κε=νης τEς εGταξ=ας οbτως 6παιδε4θησαν ο% πολCται πρ_ς Nρετmν, 9στε σφuς µUν αGτοYς µ2 λυπεCν, τοYς δ’ εPς τ2ν χWραν 6µβ?λλοντας wπαντας µαχ(µενοι νικuν. TΗµεCς δU τοGναντ=ον\ Nλλmλοις µUν γXρ κακX παρBχοντες οGδεµ=αν µBραν διαλε=ποµεν, τ"ν δU περ0 τ_ν π(λεµον οbτω κατηµελmκαµεν, 9στ’ οGδ’ εPς τXς 6ξετ?σεις PBναι τολµ"µεν vν µ2 λαµβ?νωµεν Nργ4ριον. Τ_ δU µBγιστον\ τ(τε µUν οGδε0ς Mν τ"ν πολιτ"ν 6νδε2ς τ"ν Nναγκα=ων, οGδU προσαιτ"ν τοYς 6ντυγχ?νοντας τ2ν π(λιν κατqmσχυνεν, νfν δU πλε=ους εPσ0ν 288 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici ο! σπαν&ζοντες τ+ν ,χ.ντων0 ο1ς 2ξι.ν ,στιν πολλ6ν συγγν9µην <χειν, ε> µηδ@ν τ+ν κοιν+ν φροντ&ζουσιν, DλλE τοFτο σκοποFσιν Gπ.θεν τ6ν DεI παροFσαν JµKραν διLξουσιν. NΕγP µ@ν οQν JγοRµενος, Sν µιµησ9µεθα τοTς προγ.νους, καI τ+ν κακ+ν JµUς τοRτων DπαλλαγVσεσθαι καI σωτWρας οX µ.νον τWς π.λεως, DλλE καI τ+ν YΕλλVνων ZπLντων γενVσεσθαι, τVν τε πρ.σοδον ,ποιησLµην καI τοTς λ.γους ε[ρηκα τοRτους0 \µε]ς δ@ πLντα λογισLµενοι ταFτα χειροτονε]θ’ _ τι `ν \µ]ν δοκaW µLλιστα συµφKρειν τaW π.λει. Areopagitico Sulla pace In questo scritto, composto nel 356, mentre si sta concludendo la guerra sociale, Isocrate sostiene la necessità di uno stabile accordo tra Atene e gli alleati ribelli della seconda lega marittima, dimostrando, con argomentazioni appassionate e convincenti, come la guerra sia sempre nemica del bene, fonte di lutti e di infinite miserie, mentre nel regno della pace ci sono le condizioni per il benessere e il progresso dell’umanità. 228 ** Assurdo comportamento degli Ateniesi: negli affari personali cercate il consiglio delle persone più sagge di voi, ma quando si tratta del bene della città prestate ascolto ai peggiori consiglieri ΘαυµLζω δ@ τ+ν τε πρεσβυτKρων, ε> µηκKτι µνηµονεRουσιν, καI τ+ν νεωτKρων, ε> µηδενdς Dκηκ.ασιν, _τι διE µ@ν τοTς παραινοFντας DντKχεσθαι τWς ε>ρVνης οXδ@ν π9ποτε κακdν ,πLθοµεν, διE δ@ τοTς efαδ&ως τdν π.λεµον α!ρουµKνους πολλα]ς gδη καI µεγLλαις συµφορα]ς περιεπKσοµεν. hΩν Jµε]ς οXδεµ&αν ποιοRµεθα µνε&αν, Dλλ’ jτο&µως <χοµεν, µηδ@ν ε>ς τοkµπροσθεν Jµ]ν αXτο]ς πρLττοντες, τριVρεις πληροFν καI χρηµLτων ε>σφορEς ποιε]σθαι καI βοηθε]ν καI πολεµε]ν ο1ς `ν τRχωµεν, lσπερ ,ν Dλλοτρ&fα τaW π.λει κινδυνεRοντες. ΤοRτων δ’ α[τι.ν ,στιν _τι, προσWκον \µUς Gµο&ως \π@ρ τ+ν κοιν+ν lσπερ \π@ρ τ+ν >δ&ων σπουδLζειν, οX τ6ν αXτ6ν γν9µην <χετε περI αXτ+ν, Dλλ’ _ταν µ@ν \π@ρ τ+ν >δ&ων βουλεRησθε, ζητε]τε συµβοRλους τοTς 2µεινον φρονοFντας \µ+ν αXτ+ν, _ταν δ’ \π@ρ τWς π.λεως ,κκλησιLζητε, το]ς µ@ν τοιοRτοις Dπιστε]τε καI φθονε]τε, τοTς δ@ πονηροτLτους τ+ν ,πI τd βWµα παρι.ντων Dσκε]τε καI νοµ&ζετε δηµοτικωτKρους εnναι τοTς µεθRοντας τ+ν νηφ.ντων καI τοTς νοFν οXκ <χοντας τ+ν εQ φρονοRντων καI τοTς τE τWς π.λεως διανεµοµKνους τ+ν ,κ τWς >δ&ας οXσ&ας \µ]ν λειτουργοRντων. oΩστ’ 2ξιον θαυµLζειν, ε[ τις ,λπ&ζει τ6ν π.λιν τοιοRτοις συµβοRλοις χρωµKνην ,πI τd βKλτιον ,πιδ9σειν. Isocrate ● 289 Platone Platone nacque ad Atene da nobile famiglia nel 427 a.C. Suo padre, Aristòne, vantava discendenza da Codro, l’ultimo e mitico re di Atene, mentre la madre, Perittìone, proveniva da una famiglia anticamente imparentata con Solone. Aveva due fratelli, Adimanto e Glaucone (che compaiono come interlocutori di Socrate nella Repubblica) e una sorella, Potone, il cui figlio, Speusippo, succederà allo zio nella direzione della scuola da lui fondata, l’Accademia. Ricevuta l’educazione tradizionale, incentrata sulla grammatica, la ginnastica e la musica, si dedicò inizialmente alla pittura e alla poesia, in particolare quella drammatica, componendo tragedie, che avrebbe in seguito personalmente bruciato. Iniziato alla filosofia da Cràtilo, a vent’anni incontrò Socrate, di cui divenne discepolo assiduo e fedele. Nel 404 Sparta vinse la guerra del Peloponneso e instaurò in Atene un governo oligarchico, capeggiato da quelli che in seguito sarebbero stati chiamati i Trenta Tiranni. Di questo governo erano membri influenti Carmide, zio materno di Platone, e l’estremista Crizia, cugino della madre, che lo spinse a impegnarsi in politica. Ma fu esperienza brevissima e drammaticamente deludente. Delusione e sfiducia gli procurò anche la democrazia restaurata, che nel 399 mandò a morte Socrate. Platone ne fu profondamente scosso: con altri amici e discepoli di Socrate si rifugiò a Megara presso Euclide, un altro allievo di Socrate. Secondo una tradizione poco attendibile avrebbe compiuto anche vari viaggi, andando a Cirene, dove avrebbe conosciuto il matematico Teodoro, a Creta e in Egitto. È certo invece che a questi anni risalgono i suoi primi dialoghi, i cosiddetti socratici, perché intesi a esaltare la memoria del maestro e a propagandarne le dottrine (Apologia di Socrate, Lachète, Càrmide, Ippia I e II, Critòne, Eutìfrone, Protagora, Gorgia e primo libro della Repubblica). Dopo un primo deludente viaggio a Siracusa (388) dal tiranno Dionisio I il Vecchio, durante il quale ebbe modo di stringere in Italia meridionale rapporti con i pitagorici Archìta di Taranto e Timeo di Locri, e di apprendere la dottrina di Filolao, acquistò ad Atene il giardino dedicato all’eroe Academo e vi fondò l’ Accademia , una specie di università in cui si insegnavano varie discipline scientifiche e si discuteva di arte e di filosofia, il tutto in funzione della politica, trattata non solo da un punto di vista teorico, ma anche pratico, come dimostrano i non pochi legislatori e uomini di stato che, dopo aver frequentato la scuola, svolsero efficace azione di governo nelle rispettive città. Tra il 387 e il 366 Platone compose la gran parte delle sue opere, dialoghi celeberrimi come il Menone, il Cràtilo, il Simposio, il Fedone, il Fedro, gli altri nove libri della Repubblica, il Parmenide e il Teeteto. Nel 367/6 ritornò a Siracusa dove, morto Dionisio il Vecchio, gli era successo il figlio Dionisio II il Giovane. L’invito gli era giunto dallo zio di quest’ultimo, Dione, che desiderava che il giovane tiranno apprendesse la filosofia. Ma anche questa seconda missione siciliana fallì miseramente e due anni dopo, nel 365, Platone rientrò ad Atene, dove riprese la sua attività di maestro e di scrittore, componendo il Sofista e il Politico, che interruppe per un terzo viaggio in Sicilia nel 296 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici 361. Lo attraeva sempre l’idea di realizzare in Dionisio il modello del sovrano illuminato. Ma fu un ennesimo fallimento e pochi mesi dopo Platone tornò a occuparsi dell’Accademia. Le sue ultime opere sono il Timeo, il Crizia, il Filebo e le Leggi, che furono edite postume da Filippo di Opunte. Morì, ottantunenne, nel 347. Sullo stile di Platone, altrove definito “maestro di perfettissimo scrivere”, piace riportare questo giudizio di Giacomo Leopardi (Zibaldone 641-643, 10 febbraio 1821): La novità della filosofia di Platone, domandava la novità delle parole in quella medesima lingua greca, sì ricca per ogni capo, e segnatamente nelle materie filosofiche tanto familiari alla Grecia da lunghissimo tempo. E Platone inventava nuove parole, e tali, che in quella stessa lingua, così pieghevole, e trattabile; così non solamente ricca, ma feconda; così avvezza alle novità delle parole; così facile così suscettibile così spontaneamente adattabile alla formazione di nuove voci, riuscivano strane, assurde e ridicole ai volgari, al comune, alla gente che considera l’effetto, cioè la novità della voce, e non pesa la cagione, cioè la novità delle cose, e delle speculazioni. [...] E queste e altre tali parole le formava Platone, certo non più lodato per la sapienza di quello che fosse per la purità ed eleganza della favella Attica, e dello stile, e per tutti i pregi della eloquenza, della elocuzione, e del bello scrivere e dire. Processo e morte di Socrate Nel 399 la ritrovata democrazia ateniese desiderò liberarsi di una scomoda presenza, chiamando il settantenne Socrate a rispondere in processo dell’accusa di empietà (γραφ$ %σεβε)ας): il vecchio maestro era accusato di non credere agli Dei in cui credeva la città, di introdurre nuove divinità e di corrompere i giovani (Platone ne dà conto nel primo dei quattro dialoghi “socratici”, l’Eutifrone). Sosteneva l’accusa un giovane sconosciuto al vecchio maestro, Meleto figlio di Meleto, del demo di Pitto, un prestanome che agiva per conto di due potenti politici, Anito e Licone. La procedura prevedeva che l’accusatore formulasse anche la richiesta di pena (τ)µηµα), e Meleto chiede che le colpe di Socrate siano punite con la morte. Tribunale competente il Consiglio dei Cinquecento. Nel processo attico non esistono, salvo casi particolari, le figure del pubblico ministero e dell’avvocato difensore, e i convenuti devono prendere personalmente la parola. Parla per prima l’accusa. Interviene poi la difesa. I tempi sono rigorosamente scanditi da una clessidra ad acqua, che si ferma solo quando c’è l’escussione di testimoni o citazioni di leggi. Quindi i giudici emettono la prima sentenza, quella che determina l’innocenza o la colpevolezza dell’imputato. ln questo secondo caso il condannato è chiamato a proporre per sé una contropena (%ντιτ)µηµα), che logicamente è inferiore, ma non troppo lontana da quella richiesta dall’accusa. A questo punto i giudici emettono la seconda e definitiva sentenza. Il secondo dei dialoghi socratici, l’Apologia di Socrate, presenta il discorso tenuto da Platone ● 297 Socrate davanti ai giudici, prima e dopo la condanna. La prima sentenza vide il filosofo soccombere con 281 voti sfavorevoli, ma questa maggioranza aumentò a 360 quando Socrate, dopo avere proposto come pena adeguata alle sue colpe di essere mantenuto a spese della città nel Pritaneo come benemerito, si dichiarò disposto a pagare, su insistenza e prestito degli amici, una multa di trenta mine d’argento. Il terzo dialogo, il Critone, presenta Socrate in carcere. Il suo coetaneo e amico Critone si reca da lui all’alba per farlo evadere: ha corrotto le guardie, tutto è a posto... Ma il filosofo rifiuta: alle leggi dello stato, che lo hanno nutrito ed educato, deve rispetto e ubbidienza, più ancora che ai suoi genitori. E se mentre sta fuggendo gli si facessero incontro, gli direbbero di sentirsi offese dal suo comportamento, perché non sono state loro a condannarlo, ma l’ingiustizia degli uomini. L’ultimo dialogo, il Fedone, descrive l’ultima giornata di Socrate e le sue ultime parole, ed è tra i testi simbolo della letteratura occidentale. 243 ** Non so che impressione vi abbiano fatto i miei accusatori con i loro discorsi abilissimi, ma menzogneri: da me, al contrario, udrete solo parole semplici, ma vere Οτι µ%ν 'µε)ς, , -νδρες 0Αθηνα)οι, πεπ7νθατε 'π8 τ9ν :µ9ν κατηγ7ρων, ο>κ ο?δα@ :γA δ’ οCν καD α>τ8ς 'π’ α>τ9ν EλGγου :µαυτοI :πελαθ7µην1, οKτω πιθαν9ς Lλεγον. ΚαGτοι OληθPς γε, Qς Lπος εRπε)ν2, ο>δ%ν εRρTκασιν. ΜWλιστα δ% α>τ9ν Xν :θαYµασα τ9ν πολλ9ν Zν :ψεYσαντο3, τοIτο :ν ]Z Lλεγον Qς χρ_ν 'µ`ς ε>λαβε)σθαι µb 'π’ :µοI :ξαπατηθ_τε Qς δεινοI dντος λPγειν4. Τ8 γgρ µb αRσχυνθ_ναι hτι α>τGκα 'π’ :µοI :ξελεγχθTσονται Lργ]ω, :πειδgν µηδ’ iπωστιοIν φαGνωµαι δειν8ς λPγειν, τοIτ7 µοι Lδοξεν α>τ9ν Oναισχυντ7τατον ε?ναι, εR µb -ρα δειν8ν καλοIσιν οkτοι λPγειν τ8ν τOληθ_ λPγοντα5@ εR µ%ν γgρ τοIτο λPγουσιν, iµολογοGην mν Lγωγε, ο> κατg τοYτους, ε?ναι nTτωρ. Οkτοι µ%ν οCν, oσπερ :γA λPγω, p τι q ο>δ%ν Oληθ%ς6 εRρTκασιν, 'µε)ς δP µου OκοYσεσθε π`σαν τbν OλTθειαν, ο> µPντοι, µg ∆Gα, , -νδρες 0Αθηνα)οι, κεκαλλιεπηµPνους γε λ7γους, oσπερ οt τοYτων, nTµασG τε καD Eν7µασιν ο>δ% κεκοσµηµPνους, Oλλ’ OκοYσεσθε εRκu_ λεγ7µενα το)ς :πιτυχοIσιν Eν7µασιν. 1. EλGγου ... :πελαθ7µην: “per poco mi dimenticai di me stesso” (:πελαθ7µην è ind. aoristo di :πιλανθWνοµαι, il latino obliviscor). - 2. Qς ... εRπε)ν: “per così dire”, inf. assoluto. - 3. τ9ν ... :ψεYσαντο: “delle loro molte menzogne” (con attra- 244 * zione del relativo). - 4. Qς ... λPγειν: “perché sarei abile a parlare” (esempio di Qς subiettivo con genitivo assoluto). - 5. εR µb ... λPγοντα: “a meno che non chiamino abile a parlare chi dice la verità”. - 6. p τι ... Oληθ%ς: “poco o nulla di vero”. Vecchi e nuovi accusatori (I) Πρ9τον µ%ν οCν δGκαι7ς εRµι OπολογTσασθαι, , -νδρες 0Αθηνα)οι, πρ8ς τg πρ9τW µου ψευδ_ κατηγορηµPνα καD τοwς πρxτους κατηγ7ρους, Lπειτα δ% πρ8ς τg Kστερον καD τοwς 'στPρους. 0ΕµοI γgρ πολλοD κατTγοροι γεγ7νασι πρ8ς 'µ`ς καD πWλαι πολλg pδη Lτη καD ο>δ%ν Oληθ%ς λPγοντες, οzς :γA µ`λλον φοβοIµαι q τοwς OµφD {Ανυτον1, καGπερ dντας καD τοYτους δεινοYς2@ Oλλ’ :κε)νοι δειν7τεροι, , -νδρες, ο| 'µ9ν τοwς πολλοwς :κ παGδων παραλαµβWνοντες Lπειθ7ν τε καD 298 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici κατηγ%ρουν *µο, µ-λλον ο/δ1ν 2ληθ4ς, 7ς 8στιν τις Σωκρ=της σοφ?ς 2ν@ρ, τ= τε µετ4ωρα φροντιστBς καC τD Eπ? γGς π=ντα 2νεζητηκIς καC τ?ν Jττω λ%γον κρεKττω ποιLν. 1. τοZς 2µφC [Ανυτον: “Anito e i suoi”; Anito, un potente uomo politico, è indicato come il vero artefice dell’accusa depositata contro Socrate dal giovane 245 * Meleto. - 2. καKπερ ... δεινοVς: proposizione concessiva. I miei vecchi accusatori sono i più pericolosi (II) ΟOτοι, P Qνδρες RΑθηναTοι, οU ταVτην τBν φ@µην κατασκεδ=σαντες, οU δεινοK εWσKν µου κατ@γοροιX οU γDρ 2κοVοντες Yγο,νται τοZς τα,τα ζητο,ντας ο/δ1 θεοZς νοµKζειν. [Επειτ= εWσιν οOτοι οU κατ@γοροι πολλοC καC πολZν χρ%νον ^δη κατηγορηκ%τες, 8τι δ1 καC *ν ταVτ_η τ_G YλικK`α λ4γοντες πρ?ς Eµ-ς, *ν _a bν µ=λιστα *πιστεVσατε1, παTδες dντες 8νιοι EµLν καC µειρ=κια, 2τεχνLς *ρ@µην κατηγορο,ντες 2πολογουµ4νου ο/δεν%ς2. 1. bν µ=λιστα *πιστεVσατε: “avreste potuto più facilmente prestar fede”. - 2. *ρ@µην ... ο/δεν%ς: “e 246 ** mi accusavano in contumacia, senza che ci fosse nessuno a difendermi”. Qualcosa di simile all’accusa che mi muove Meleto l’avete già vista a teatro, nella commedia di Aristofane (Le nuvole) RΑναλ=βωµεν οgν *ξ 2ρχGς τKς Y κατηγορKα *στCν *ξ aς Y *µB διαβολB1 γ4γονεν, _a δB καC πιστεVων Μ4λητ%ς µε *γρ=ψατο τBν γραφBν ταVτην2. ΕkενX τK δB λ4γοντες δι4βαλλον οU διαβ=λλοντες; mΩσπερ οgν κατηγ%ρων τBν 2ντωµοσKαν δεT 2ναγνLναι α/τLνX «Σωκρ=της 2δικεT καC περιεργ=ζεται ζητLν τ= τε Eπ? γGς καC ο/ρ=νια καC τ?ν Jττω λ%γον κρεKττω ποιLν καC Qλλους τα/τD τα,τα διδ=σκων». ΤοιαVτη τKς *στινX τα,τα γDρ rωρ-τε καC α/τοC *ν τ_G RΑριστοφ=νους κωµ`ωδK`α, Σωκρ=τη τινD *κεT περιφερ%µενον, φ=σκοντ= τε 2εροβατεTν καC Qλλην πολλBν φλυαρKαν φλυαρο,ντα, sν *γI ο/δ1ν οtτε µ4γα οtτε µικρ?ν π4ρι3 *παvω. ΚαC ο/χ 7ς 2τιµ=ζων λ4γω τBν τοιαVτην *πιστ@µην4, εy τις περC τLν τοιοVτων σοφ%ς *στιν – µ@ πως *γI Eπ? Μελ@του τοσαVτας δKκας φεVγοιµι5 – 2λλD γDρ *µοC τοVτων, P Qνδρες RΑθηναTοι, ο/δ1ν µ4τεστιν. 1. Y *µB διαβολB: “la calunnia contro di me” (il ‘diavolo’ è il Calunniatore per eccellenza). - 2. µε ... ταVτην: “mi intentò questo processo”. - 3. sν ... π4ρι: anastrofe; “delle quali cose io niente, né molto né poco, mi intendo (*παvω)”. - 4. ο/χ 7ς ... 247 ** *πιστ@µην: “non parlo quasi disprezzando tale scienza”, ammesso che qualcuno sia sapiente di (εy τις ... *στιν) - 5. µ@ ... φεVγοιµι: “che io non abbia in qualche modo a essere imputato da Meleto di così gravi reati” (ottativo deprecativo). La sapienza di Socrate ΚαC yσως µ1ν δ%ξω τισCν EµLν παKζειν1X εg µ4ντοι yστε, π-σαν EµTν τBν 2λ@θειαν *ρL. RΕγI γ=ρ, P Qνδρες RΑθηναTοι, δι’ ο/δ1ν 2λλ’ } διD σοφKαν τινD το,το τ? dνοµα 8σχηκα. ΠοKαν δB σοφKαν ταVτην; Jπερ *στCν yσως 2νθρωπKνη σοφKαX τ`L dντι γDρ κινδυνεVω ταVτην εkναι σοφ%ς2. ΟOτοι δ1 τ=χ’ Qν, ος Qρτι 8λεγον, µεKζω Platone ● 299 τιν# $ κατ’ (νθρωπον σοφ0αν σοφο1 ε3εν3, $ ο6κ 7χω τ0 λ:γω< ο6 γ#ρ δ> 7γωγε α6τ>ν ?π0σταµαι, Aλλ’ Bστις φησ1 ψεFδετα0 τε κα1 ?π1 διαβολHI τHI ?µHI λ:γει. Κα0 µοι, L (νδρες MΑθηναOοι, µ> θορυβQσητε, µηδ’ ?#ν δRξω4 τι UµOν µ:γα λ:γειν< ο6 γ#ρ ?µVν ?ρW τVν λRγον Xν Yν λ:γω, Aλλ’ εZς AξιRχρεων UµOν τVν λ:γοντα Aνο0σω. ΤIς γ#ρ ?µIς, εZ δQ τ0ς ?στιν σοφ0α κα1 ο\α, µ]ρτυρα UµOν παρ:ξοµαι τVν θεVν τVν ?ν ∆ελφοOς. ΧαιρεφWντα γ#ρ `στε που. Οbτος ?µRς τε cταOρος dν ?κ ν:ου κα1 UµWν τeW πλQθει cταOρRς τε κα1 συν:φυγε τ>ν φυγ>ν ταFτην κα1 µεθ’ UµWν κατIλθε5. Κα1 `στε δ> οgος dν ΧαιρεφWν, hς σφοδρVς ?φ’ Bτι iρµQσειεν6. Κα1 δQ ποτε κα1 εZς ∆ελφοkς ?λθlν ?τRλµησε τοmτο µαντεFσασθαι - κα0, Bπερ λ:γω, µ> θορυβεOτε, L (νδρες - oρετο γ#ρ δ> ε` τις ?µοm ε`η σοφpτερος. MΑνεOλεν οqν r Πυθ0α µηδ:να σοφpτερον ε3ναι. Κα1 τοFτων π:ρι i AδελφVς UµOν α6τοm οUτοσ1 µαρτυρQσει, ?πειδ> ?κεOνος τετελεFτηκεν. 1. `σως ... πα0ζειν: “forse darò a qualcuno di voi l’impressione di scherzare” (δRξω = videbor). - 2. τeW ντι ... σοφRς: “in realtà rischio di essere sapiente in questa”, cioè nella sapienza umana (Aνθρωπ0νη). - 3. τ]χ’ (ν ... ε3εν: “potrebbero forse essere (τ]χ’ (ν... ε3εν) sapienti di una sapienza superiore a quella di un uomo”. - 4. δRξω: qui è congiuntivo aoristo (protasi di periodo ipotetico dell’eventualità, la cui apodosi è µ> θορυβQσητε). - 5. 248 * UµWν τeW πλQθει ... κατIλθε: Socrate ricorda come Cherefonte, che era mancato da poco, fosse stato un sincero democratico e come avesse subito l’esilio durante il regime dei Trenta e come fosse ritornato in città assieme ai fuoriusciti democratici. - 6. hς σφοδρVς ... iρµQσειεν: “come fosse risoluto in qualunque cosa intraprendesse” (interrogativa indiretta con ottativo obliquo). Che intendeva dire il Dio dicendo che ero il più sapiente degli uomini? Σκ:ψασθε δ> uν vνεκα ταmτα λ:γω< µ:λλω γ#ρ Uµwς διδ]ξειν Bθεν µοι r διαβολ> γ:γονεν1. Ταmτα γ#ρ ?γl AκοFσας ?νεθυµοFµην οUτωσ0< «Τ0 ποτε λ:γει i θεRς, κα1 τ0 ποτε αZν0ττεται; MΕγl γ#ρ δ> ο|τε µ:γα ο|τε σµικρVν σFνοιδα ?µαυτeW σοφVς }ν< τ0 οqν ποτε λ:γει φ]σκων ?µ~ σοφpτατον ε3ναι; Ο6 γ#ρ δQπου ψεFδετα0 γε< ο6 γ#ρ θ:µις α6τeW». Κα1 πολkν µ~ν χρRνον πRρουν τ0 ποτε λ:γει< 7πειτα µRγις π]νυ ?π1 ζQτησιν α6τοm τοιαFτην τιν# ?τραπRµην. Ηλθον ?π0 τινα τWν δοκοFντων σοφWν ε3ναι, hς ?νταmθα ε`περ που ?λ:γξων2 τV µαντεOον κα1 AποφανWν τeW χρησµeW Bτι «ΟUτοσ1 ?µοm σοφpτερRς ?στι, σk δ’ ?µ~ 7φησθα». 1. Bθεν ... γ:γονεν: “da dove è nata la calunnia contro di me”. - 2. hς ... ?λ:γξων: esempio di hς subiettivo con il participio (qui futuro): “convinto che 249 ** qui, più che da qualunque altra parte (‘se mai da altra parte’; που = alicubi), avrei confutato (smentito) l’oracolo”. Ecco in che cosa sono più sapiente degli altri: io so di non sapere ∆ιασκοπWν οqν τοmτον - νRµατι γ#ρ ο6δ~ν δ:οµαι λ:γειν, dν δ: τις τWν πολιτικWν, πρVς Xν ?γl σκοπWν τοιοmτRν τι 7παθον, L (νδρες MΑθηναOοι, κα1 διαλεγRµενος α6τeW – 7δοξ: µοι οbτος i Aν>ρ δοκεOν µ~ν ε3ναι σοφVς (λλοις τε πολλοOς Aνθρpποις κα1 µ]λιστα cαυτeW, ε3ναι δ’ ο|< κ(πειτα ?πειρpµην α6τeW δεικνFναι Bτι ο`οιτο µ~ν ε3ναι σοφRς, ε`η δ’ ο|. MΕντεmθεν οqν τοFτeω τε AπηχθRµην κα1 πολλοOς τWν παρRντων< πρVς ?µαυτVν δ’ οqν Aπιlν ?λογιζRµην Bτι τοFτου µ~ν 300 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici το" #νθρ'που *γ, σοφ'τερ0ς ε2µι5 κινδυνε8ει µ9ν γ:ρ ;µ<ν ο=δ>τερος ο=δ9ν καλAν κ#γαθAν ε2δ>ναι, #λλ’ οDτος µ9ν οEεταF τι ε2δ>ναι ο=κ ε2δ'ς, *γ, δ>, Gσπερ οHν ο=κ οIδα, ο=δ9 οEοµαι5 Jοικα γο"ν το8του γε σµικρK< τινι α=τK< το8τKω σοφ'τερος εIναι, Nτι O µP οIδα ο=δ9 οEοµαι ε2δ>ναι. 250 ** Un uomo buono non può essere danneggiato da uno cattivo ΜP θορυβεTτε, U Vνδρες WΑθηναTοι, #λλ’ *µµεFνατ> µοι οZς *δε[θην \µ<ν, µP θορυβεTν *φ’ οZς ]ν λ>γω #λλ’ #κο8ειν5 κα^ γ_ρ, `ς *γ, οIµαι, aν[σεσθε #κο8οντες. Μ>λλω γ:ρ οHν Vττα \µTν *ρεTν κα^ Vλλα *φ’ οZς Eσως βο[σεσθε5 #λλ: µηδαµ<ς ποιεTτε το"το. ΕH γ:ρ Eστε, *_ν µε #ποκτεFνητε τοιο"τον cντα οZον *γ, λ>γω, ο=κ *µ9 µεFζω βλ_ψετε f \µgς α=το8ς5 *µ9 µ9ν γ:ρ ο=δ9ν ]ν βλ_ψειεν οhτε Μ>λητος οhτε iΑνυτος - ο=δ9 γ:ρ ]ν δ8ναιτο - ο= γ:ρ οEοµαι θεµιτAν εIναι #µεFνονι #νδρ^ \πA χεFρονος βλ_πτεσθαι. WΑποκτεFνειε µεντ]ν Eσως f *ξελ_σειεν f #τιµ'σειεν5 #λλ: τα"τα οDτος µ9ν Eσως οEεται κα^ Vλλος τFς που µεγ_λα κακ_, *γ, δ’ ο=κ οEοµαι, #λλ: πολl µgλλον ποιεTν O ο\τοσ^ ν"ν ποιεT, Vνδρα #δFκως *πιχειρεTν #ποκτειν8ναι. Ν"ν οHν, U Vνδρες WΑθηναTοι, πολλο" δ>ω *γ, \π9ρ *µαυτο" #πολογεTσθαι, Gς τις ]ν οEοιτο, #λλ: \π9ρ \µ<ν, µ[ τι *ξαµ_ρτητε περ^ τPν το" θεο" δ0σιν \µTν *µο" καταψηφισ_µενοι. 251 ** Non sono stato mai maestro di nessuno WΕγ, δ9 διδ_σκαλος µ9ν ο=δενAς π'ποτ’ *γεν0µην5 ε2 δ> τFς µου λ>γοντος κα^ τ: *µαυτο" πρ_ττοντος *πιθυµοT #κο8ειν, εEτε νε'τερος εEτε πρεσβ8τερος, ο=δεν^ π'ποτε *φθ0νησα1, ο=δ9 χρ[µατα µ9ν λαµβ_νων διαλ>γοµαι2, µP λαµβ_νων δ9 οh, #λλ’ pµοFως κα^ πλουσFKω κα^ π>νητι παρ>χω *µαυτAν *ρωτgν, κα^ *_ν τις βο8ληται #ποκριν0µενος #κο8ειν qν ]ν λ>γω. Κα^ το8των *γ, εEτε τις χρηστAς γFγνεται εEτε µ[, ο=κ ]ν δικαFως τPν α2τFαν \π>χοιµι, qν µ[τε \πεσχ0µην µηδεν^ µηδ9ν π'ποτε µ_θηµα µ[τε *δFδαξα5 ε2 δ> τFς φησι παρ’ *µο" π'ποτ> τι µαθεTν f #κο"σαι 2δFKα Nτι µP κα^ οs Vλλοι π_ντες, εH Eστε Nτι ο=κ #ληθt λ>γει. 1. ο=δεν^ ... *φθ0νησα: “non l’ho mai rifiutato a nessuno”. - 2. διαλ>γοµαι: il verbo socratico per eccellenza: “dialogo”. Jorge Luis Borges Del grande scrittore, poeta e intellettuale argentino (Buenos Aires 1899 - Ginevra 1986) piace qui riportare questa breve pagina, densa di significati, nella traduzione dallo spagnolo di Domenico Porzio. Il principio Due greci stanno conversando: Socrate e Parmenide, forse. Conviene che non si sappiano mai i loro nomi; la storia sarà così più misteriosa e più tranquilla. Il tema del dialogo è astratto. Talora alludono a miti nei quali entrambi non credono. Platone ● 301 Le ragioni che adducono possono abbondare in errori e non hanno uno scopo. Non polemizzano e non vogliono né persuadere né essere persuasi, non pensano né a vincere né a perdere. Sono d’accordo su una sola cosa: sanno che la discussione è la non impossibile via per giungere a una verità. Liberi dal mito e dalla metafora, pensano o cercano di pensare. Non sapremo mai i loro nomi. Questa conversazione fra due sconosciuti in un luogo della Grecia è il fatto capitale della storia. Hanno dimenticato la preghiera e la magia. 252 ** Due ipotesi sulla morte ∆υο#ν γ&ρ θ)τερ,ν -στιν τ0 τεθν)ναι2 3 γ&ρ ο4ον µηδ8ν ε9ναι µηδ8 α:σθησιν µηδεµ;αν µηδεν0ς =χειν τ0ν τεθνε?τα, 3 κατ& τ& λεγ,µενα µεταβολD τις τυγχ)νει οEσα καF µετο;κησις τGH ψυχGH τοJ τ,που τοJ -νθLνδε εMς Nλλον τ,πον. ΚαF ε:τε δQ µηδεµ;α α:σθησ;ς -στιν Rλλ’ ο4ον Tπνος -πειδ)ν τις καθεUδων µηδ’ Wναρ µηδ8ν XρYZ, θαυµ)σιον κLρδος [ν ε:η X θ)νατος - -γ] γ&ρ [ν ο9µαι, ε: τινα -κλεξ)µενον δLοι ταUτην τQν νUκτα, -ν G_ οTτω κατLδαρθεν `στε µηδ8 Wναρ Mδε#ν, καF τ&ς Nλλας νUκτας τε καF aµLρας τ&ς τοJ β;ου τοJ bαυτοJ RντιπαραθLντα ταUτGη τGH νυκτF δLοι σκεψ)µενον εMπε#ν π,σας Nµεινον καF cδιον aµLρας καF νUκτας ταUτης τHς νυκτ0ς βεβ;ωκεν -ν τY? bαυτοJ β;Yω, ο9µαι [ν µQ dτι Mδιeτην τιν), Rλλ& τ0ν µLγαν βασιλLα εfαριθµDτους [ν εgρε#ν αfτ0ν ταUτας πρ0ς τ&ς Nλλας aµLρας καF νUκτας - εM οEν τοιοJτον X θ)νατ,ς -στιν, κLρδος =γωγε λLγω2 καF γ&ρ οfδ8ν πλε;ων X πZς χρ,νος φα;νεται οTτω δQ ε9ναι 3 µ;α νUξ. ΕM δ’ αE ο4ον RποδηµHσα; -στιν X θ)νατος -νθLνδε εMς Nλλον τ,πον, καF RληθH -στιν τ& λεγ,µενα, jς Nρα -κε# εMσι π)ντες οk τεθνε?τες, τ; µε#ζον Rγαθ0ν τοUτου ε:η Nν, m Nνδρες δικαστα;; 253 ** Nell’Ade sarà possibile incontrare i veri giudici ΕM τις Rφικ,µενος εMς oΑιδου, RπαλλαγεFς τουτωνF τ?ν φασκ,ντων δικαστ?ν ε9ναι, εgρDσει τοqς jς Rληθ?ς δικαστ)ς, οrπερ καF λLγονται -κε# δικ)ζειν, Μ;νως τε καF tΡαδ)µανθυς καF ΑMακ0ς καF Τριπτ,λεµος καF Nλλοι dσοι τ?ν aµιθLων δ;καιοι -γLνοντο -ν τY? bαυτ?ν β;Yω, wρα φαUλη [ν ε:η a Rποδηµ;α; xΗ αE zΟρφε# συγγενLσθαι καF Μουσα;Yω καF tΗσι,δYω καF tΟµDρYω -πF π,σYω Nν τις δLξαιτ’ [ν gµ?ν; zΕγ] µ8ν γ&ρ πολλ)κις -θLλω τεθν)ναι, εM ταJτ’ =στιν RληθH. zΕπεF =µοιγε καF αfτY? θαυµαστQ [ν ε:η a διατριβQ αfτ,θι, Xπ,τε -ντUχοιµι ΠαλαµDδει καF Α:αντι τY? Τελαµ?νος καF ε: τις Nλλος τ?ν παλαι?ν δι& κρ;σιν Nδικον τLθνηκεν, Rντιπαραβ)λλοντι τ& -µαυτοJ π)θη πρ0ς τ& -κε;νων – jς -γ] ο9µαι, οfκ [ν Rηδ8ς ε:η – καF δQ τ0 µLγιστον, τοqς -κε# -ξετ)ζοντα καF -ρευν?ντα `σπερ τοqς -νταJθα δι)γειν, τ;ς αfτ?ν σοφ,ς -στιν καF τ;ς ο:εται µLν, =στιν δ’ ο~. zΕπF π,σYω δ’ Nν τις, m Nνδρες δικαστα;, δLξαιτο -ξετ)σαι τ0ν -πF Τρο;αν Rγαγ,ντα τQν πολλQν στρατι&ν 3 zΟδυσσLα 3 Σ;συφον 3 Nλλους µυρ;ους Nν τις ε:ποι καF Nνδρας καF γυνα#κας, ο4ς -κε# διαλLγεσθαι καF συνε#ναι καF -ξετ)ζειν RµDχανον [ν ε:η εfδαιµον;ας; Π)ντως οf δDπου τοUτου γε νεκα οk -κε# Rποκτε;νουσι2 τ) τε γ&ρ Nλλα εfδαιµονLστερο; εMσιν οk -κε# τ?ν -νθ)δε, καF δη τ0ν λοιπ0ν χρ,νον Rθ)νατο; εMσιν, ε:περ γε τ& λεγ,µενα RληθH. 302 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici 316 ** Pochissimi sono coloro che si applicano alla filosofia in modo degno Π!νσµικρον δ* τι, -φην 0γ2, 3 4Αδε7µαντε, λε7πεται τ;ν κατ’ =ξ7αν ?µιλο@ντων φιλοσοφ7Bα, C που EπF φυγGς καταληφθJν γενναKον καL εM τεθραµµNνον Oθος, =πορ7Bα τ;ν διαφθερο@ντων κατP φ@σιν µεKναν 0π’ αQτRG, S 0ν σµικρBT πUλει Vταν µεγ!λη ψυχY φυRG καL =τιµ!σασα τP τGς πUλεως Eπερ7δRηZ βραχ\ δN πο@ τι καL =π’ ]λλης τNχνης δικα7ως =τιµ!σαν εQφυJς 0π’ αQτYν ^ν -λθοι. Εaη δ’ ^ν καL ? τοb cµετNρου dτα7ρου Θε!γους χαλινFς οfος κατασχεKνZ καL γPρ Θε!γει τP µJν ]λλα π!ντα παρεσκε@ασται πρFς τF 0κπεσεKν φιλοσοφ7ας, c δJ τοb σ2µατος νοσοτροφ7α =πε7ργουσα αQτFν τ;ν πολιτικ;ν κατNχει. ΤF δ’ cµNτερον οQκ ]ξιον λNγειν, τF δαιµUνιον σηµεKονZ S γ!ρ πο@ τινι ]λλBω S οQδενL τ;ν -µπροσθεν γNγονεν. ΚαL το@των δY τ;ν iλ7γων οj γενUµενοι καL γευσ!µενοι kς cδ\ καL µακ!ριον τF κτGµα, καL τ;ν πολλ;ν αM jκαν;ς lδUντες τYν µαν7αν, καL Vτι οQδεLς οQδJν EγιJς kς -πος εlπεKν περL τP τ;ν πUλεων πρ!ττει οQδ’ -στι σ@µµαχος µεθ’ Vτου τις lmν 0πL τYν τB; δικα7Bω βο*θειαν σB2ζοιτ’ ]ν, =λλ’ oσπερ εlς θηρ7α ]νθρωπος 0µπεσ2ν, οpτε συναδικεKν 0θNλων οpτε jκανFς qν εfς πTσιν =γρ7οις =ντNχειν, πρ7ν τι τYν πUλιν S φ7λους iνGσαι προαπολUµενος =νωφελYς αEτB; τε καL τοKς ]λλοις ^ν γNνοιτο. Repubblica Leggi «Le Leggi non sono soltanto il più lungo degli scritti di Platone; esse contengono anche il suo ultimo e più maturo pensiero sui temi che più gli erano stati a cuore per tutta la vita: etica, educazione, giurisprudenza. I servizi resi da Platone nella pedagogia, in particolare, sono stati in genere sottovalutati e si trascurata la trattazione esauriente che il filosofo le dedica in quella che lui stesso considerava probabilmente la più importante delle sue opere. E, ancora, si è deformata, nei tempi moderni, la sua teologia, perché il decimo libro delle Leggi è l’unico luogo in cui essa viene esposta sistematicamente. Tale trascuratezza di un’opera così nobile trova forse la sua spiegazione in due considerazioni. Primo: le leggi sono esigenti con il lettore più di ogni altro scritto platonico. L’elemento drammatico vi è ridotto al minimo; se non si presta attenzione alla materia, c’è ben poco nella veste di quest’opera che attragga. Lo scritto è a tutti i fini un monologo, interrotto soltanto da formule di assenso o da richieste di ulteriori schiarimenti. Secondo: l’intento generale è esclusivamente pratico, e non invoglia il lettore cui la metafisica e la scienza interessano più che la morale e la politica. Più di ogni altra opera di Platone, le leggi stanno in diretta relazione con la vita politica dell’età in cui furono composte e si propongono di venire incontro a un bisogno profondamente sentito» (A. E. Taylor, Platone. L’uomo e l’opera, London 1949, trad. it. Firenze 1968). 332 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici 317 ** Lo smodato amore di sé è rovinoso Π!ντων δ& µ(γιστον κακ/ν 0νθρ3ποις το6ς πολλο6ς 8µφυτον ;ν τα6ς ψυχα6ς ;στιν, ο? π@ς αAτB/ συγγν3µην 8χων 0ποφυγDν οEδεµGαν µηχαν@ταιH τοIτο δ’ 8στιν K λ(γουσιν Lς φGλος αAτB/ π@ς Mνθρωπος φNσει τ( ;στιν καO Pρθ/ς 8χει τQ δε6ν εRναι τοιοIτον. ΤQ δ& 0ληθεGBα γε π!ντων Uµαρτηµ!των διV τDν σφWδρα XαυτοI φιλGαν αYτιον Xκ!στBω γGγνεται Xκ!στοτε. ΤυφλοIται γVρ περO τQ φιλοNµενον Z φιλ/ν, [στε τV δGκαια καO τV 0γαθV καO τV καλV κακ/ς κρGνει, τQ αAτοI πρQ τοI 0ληθοIς 0εO τιµ@ν δε6ν \γοNµενοςH ο]τε γVρ XαυτQν ο]τε τV XαυτοI χρD τWν γε µ(γαν Mνδρα ;σWµενον στ(ργειν, 0λλV τV δGκαια, ;!ντε παρ’ αAτB/ ;!ντε παρ’ MλλBω µ@λλον πραττWµενα τυγχ!ν^η. _Εκ ταEτοI δ& Uµαρτaµατος τοNτου καO τQ τDν 0µαθGαν τDν παρ’ αAτB/ δοκε6ν σοφGαν εRναι γ(γονε π@σινH bθεν οEκ εcδWτες Lς 8πος εcπε6ν οEδ(ν, οcWµεθα τV π!ντα εcδ(ναι, οEκ ;πιτρ(ποντες δ& Mλλοις d µD ;πιστ!µεθα πρ!ττειν, 0ναγκαζWµεθα Uµαρτ!νειν αEτοO πρ!ττοντες. ∆ιQ π!ντα Mνθρωπον χρD φεNγειν τQ σφWδρα φιλε6ν αAτWν, τQν δ’ XαυτοI βελτGω δι3κειν 0εG, µηδεµGαν αcσχNνην ;πO τB/ τοιοNτBω πρWσθεν ποιοNµενον. 318 ** Le pene da riservare agli omicidi hΑν Mρα τις αEτWχειρ µ&ν κτεGν^η ;λεNθερον, τQ δ& πεπραγµ(νον 0προβουλεNτως Pργ^j τινι γ(νηται πραχθ(ν, τV µ&ν Mλλα, καθ!περ Mνευ θυµοI κτεGναντι προσjκ(ν τBω π!σχειν, πασχ(τω, δNο δ’ ;ξ 0ν!γκης 8τη φευγ(τω κολ!ζων τQν αAτοI θυµWν. lΟ δ& θυµB/ µ(ν, µετ’ ;πιβουλjς δ& κτεGνας τV µ&ν Mλλα κατV τQν πρWσθεν αn, τρGα δ& 8τη, καθ!περ oτερος 8φευγεν τV δNο, φευγ(τω, µεγ(θει θυµοI πλεGω τιµωρηθεOς χρWνον. ΚαθWδου δ& π(ρι τοNτοις qδε 8στω. ΧαλεπQν µ&ν 0κριβ/ς νοµοθετε6νH 8στι γVρ bτε τοNτοιν Z τB/ νWµBω ταχθεOς χαλεπ3τερος \µερ3τερος Mν, Z δ& \µερ3τερος χαλεπ3τερος sν εYη, καO τV περO τQν φWνον 0γριωτ(ρως sν πρ!ξειεν, Z δ& \µερωτ(ρωςH Lς δ& τQ πολt κατV τV νIν εcρηµ(να συµβαGνει γιγνWµενα. ΤοNτων οnν π!ντων ;πιγν3µονας εRναι χρD νοµοφNλακας, ;πειδVν δ& Z χρWνος 8λθ^η τjς φυγjς Xκατ(ρBω, π(µπειν αEτ/ν δικαστVς δ3δεκα ;πO τοtς bρους τjς χ3ρας, ;σκεµµ(νους ;ν τB/ χρWνBω τοNτBω τVς τ/ν φυγWντων πρ!ξεις 8τι σαφ(στερον, καO τjς αcδοIς τε π(ρι καO καταδοχjς τοNτων δικαστVς γGγνεσθαι, τοtς δ& αn το6ς δικασθε6σιν AπQ τ/ν τοιοNτων 0ρχWντων ;µµ(νειν. _ΕVν δ’ αnθGς ποτε κατελθuν ZπWτερος αEτο6ν \ττηθεOς Pργ^j πρ!ξ^η ταEτQν τοIτο, φυγuν µηκ(τι κατ(λθ^η, κατελθuν δ(, κατV τDν τοI ξ(νου Mφιξιν ταNτ^η πασχ(τω. Leggi Lettere Le Lettere (pervenute in numero di 13) sono state a lungo ritenute scritti spurii, ma una approfondita analisi storica e filologica ha dimostrato l’autenticità almeno di alcune, e soprattutto della più importante e significativa, la VII. Platone vi ricostrui- Platone ● 333 sce la storia della sua vocazione filosofica, ispirata dall’insegnamento e dalla morte di Socrate, e dalla scelta di fondare uno stato fondato sulla giustizia. La lettera espone anche la concezione della filosofia come ricerca inesausta, che non può concludersi in un sistema o comunque in una “dottrina”, ma deve essere continuamente rinnovata per mantenere il suo significato. Queste posizioni istruiscono a non interpretare mai in senso letterale gli scritti di Platone, a partire dalla dottrina delle idee e dalle concezioni politiche della Repubblica, che non sono conclusioni, ma vie da esplorare. 319 ** Dopo la caduta dei Trenta tiranni e il processo a Socrate, capii quanto fosse difficile partecipare alla vita politica restando onesti (I) Χρ"ν$ω δ' ο) πολλ$, µετ0πεσε τ2 τ,ν τρι4κοντ4 τε κα7 π8σα 9 τ"τε πολιτε:α; π4λιν δ' βραδ=τερον µ0ν, ε?λκεν δ0 µε @µως 9 περ7 τB πρ4ττειν τ2 κοιν2 κα7 πολιτικ2 Cπιθυµ:α. GΗν οIν κα7 Cν Cκε:νοις Jτε τεταραγµ0νοις πολλ2 γιγν"µενα J τις Lν δυσχερ4νειεν, κα7 ο)δ0ν τι θαυµαστBν Nν τιµωρ:ας Cχθρ,ν γ:γνεσθα: τινOν τισιν µε:ζους Cν µεταβολαQς; κα:τοι πολλRS γε CχρTσαντο οU τ"τε κατελθ"ντες Cπιεικε:$α. Κατ2 δ0 τινα τ=χην αI τBν XταQρον 9µ,ν Σωκρ4τη τοZτον δυναστε=οντ0ς τινες ε[σ4γουσιν ε[ς δικαστTριον, \νοσιωτ4την α[τ:αν Cπιβαλ"ντες κα7 π4ντων ]κιστα Σωκρ4τει προσTκουσαν; ^ς \σεβS γ2ρ οU µ'ν ε[σTγαγον, οU δ' κατεψηφ:σαντο κα7 \π0κτειναν τBν τ"τε τSς \νοσ:ου \γωγSς ο)κ CθελTσαντα µετασχεQν περ7 aνα τ,ν τ"τε φευγ"ντων φ:λων, @τε φε=γοντες Cδυστ=χουν α)το:. 3 *** Dopo la caduta dei Trenta tiranni e il processo a Socrate, capii quanto fosse difficile partecipare alla vita politica restando onesti (II) ΣκοποZντι δT µοι ταZτ4 τε κα7 τοbς \νθρOπους τοbς πρ4ττοντας τ2 πολιτικ4, κα7 τοbς ν"µους γε κα7 cθη, @σ$ω µ8λλον διεσκ"πουν 9λικ:ας τε ε[ς τB πρ"σθε προ=βαινον, τοσο=τ$ω χαλεπOτερον Cφα:νετο dρθ,ς εeνα: µοι τ2 πολιτικ2 διοικεQν; οfτε γ2ρ gνευ φ:λων \νδρ,ν κα7 Xτα:ρων πιστ,ν ο?"ν τ’ εeναι πρ4ττειν οjς οfθ’ kπ4ρχοντας Nν εkρεQν ε)πετ0ς, ο) γ2ρ cτι Cν τοQς τ,ν πατ0ρων lθεσιν κα7 Cπιτηδε=µασιν 9 π"λις 9µ,ν δι$ωκεQτο, καινο=ς τε gλλους \δ=νατον Nν κτ8σθαι µετ4 τινος m$αστOνης - τ4 τε τ,ν ν"µων γρ4µµατα κα7 cθη διεφθε:ρετο κα7 Cπεδ:δου θαυµαστBν @σον, nστε µε, τB πρ,τον πολλSς µεστBν oντα pρµSς Cπ7 τB πρ4ττειν τ2 κοιν4, βλ0ποντα ε[ς ταZτα κα7 φερ"µενα pρ,ντα π4ντRη π4ντως, τελευτ,ντα [λιγγι8ν, κα7 τοZ µ'ν σκοπεQν µq \ποστSναι µT ποτε gµεινον Lν γ:γνοιτο περ: τε α)τ2 ταZτα κα7 δq κα7 περ7 τqν π8σαν πολιτε:αν, τοZ δ' πρ4ττειν αI περιµ0νειν \ε7 καιρο=ς, τελευτ,ντα δ' νοSσαι περ7 πασ,ν τ,ν νZν π"λεων @τι κακ,ς σ=µπασαι πολιτε=ονται - τ2 γ2ρ τ,ν ν"µων α)ταQς σχεδBν \νι4τως cχοντ4 Cστιν gνευ παρασκευSς θαυµαστSς τινος µετ2 τ=χης - λ0γειν τε rναγκ4σθην, Cπαιν,ν τqν dρθqν φιλοσοφ:αν, ^ς Cκ τα=της cστιν τ4 τε πολιτικ2 δ:καια κα7 τ2 τ,ν [διωτ,ν π4ντα κατιδεQν; κακ,ν οIν ο) λTξειν τ2 \νθρOπινα γ0νη, πρ7ν Lν t τB τ,ν φιλοσοφο=ντων dρθ,ς γε κα7 \ληθ,ς γ0νος ε[ς \ρχ2ς cλθRη τ2ς πολιτικ2ς t τB τ,ν δυναστευ"ντων Cν ταQς π"λεσιν cκ τινος µο:ρας θε:ας oντως φιλοσοφTσRη. 334 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici Demostene Quando Plutarco accosta a Demostene la figura di Cicerone, troviamo che la coppia sia quasi scontata, perché si tratta dei due più grandi oratori del mondo greco e latino. La veemenza e la lucida passionalità delle orazioni con cui l’ateniese attaccava il suo grande nemico, la Macedonia di Filippo II, sono le stesse che Cicerone, sessantaduenne, impiegò contro Antonio nei discorsi che già in antico ebbero il nome di Filippiche. Ma, come vedremo, i motivi in realtà sono altri. Demostene nasce ad Atene nello stesso anno, 384, che vede i natali a Stagira di Aristotele. Costretto all’attività di logografo (scrittore di discorsi giudiziari) dalla disonestà dei suoi tutori (il padre era un imprenditore, morto quando Demostene aveva quattro anni), che avevano dissipato il patrimonio di famiglia, Demostene ebbe modo di segnalarsi per le sue qualità e di esordire ancor giovane sulla scena politica. Nel 360 sostenne una trierachia, cioè l’armamento e il mantenimento di una trireme, a dimostrazione che le disavventure economiche erano solo un ricordo. Fin da subito intuì la pericolosità di Filippo II e lo attaccò nelle tre orazioni Olintiache e nelle quattro Filippiche. La disfatta di Cheronea, che nel 338 travolse Ateniesi e Tebani, segnò la fine di questo scontro. Il partito di Demostene ne usciva sconfitto, ma non domo. Il re macedone non aveva infierito né sulla città né sui suoi più accesi nemici: meglio lasciarli lì a godere dell’insuccesso della loro politica, conquistando semmai i favori dei cittadini che vedevano la sua clemenza. Calcoli raffinati, ma sbagliati. Il partito nazionalista antimacedone, capeggiato da Demostene, da Licurgo e da Iperìde, riconquistò ben presto i favori popolari. Ma era politica di piccolo cabotaggio. Nel frattempo Filippo II era stato assassinato e Alessandro, suo figlio, aveva assunto il regno, poco più che ventenne. Tebe alzò la testa e fu schiacciata con estrema durezza. Demostene consigliava prudenza, Iperìde lo considerava troppo tiepido. Dopo qualche anno di convivenza, la situazione tra i due precipitò nel 324, quando Arpalo, tesoriere infedele di Alessandro, giunse ad Atene con un immenso tesoro, dicendosi disposto, in cambio di protezione, a mettere ingenti risorse a disposizione dei patrioti ateniesi per la lotta contro il re. Iperìde era pronto ed entusiasta, Demostene reagì con freddezza, facendo arrestare Arpalo e proponendo di consegnarlo ad Alessandro. Il clima si fece incandescente. Una notte la metà del tesoro, che doveva essere trasportato sull’acropoli, si volatilizzò: sdegno generale, sospetti e accuse su Demostene, trascinato in un’azione giudiziaria in cui Iperìde fu tra gli accusatori, contribuendo alla condanna dell’antico alleato e amico. Non potendo pagare l’ingentissima multa di cinquanta talenti inflittagli dal tribunale, Demostene finì in carcere. Pochi giorni ed evase riparando a Trezene. Erano i primi mesi del 323. Licurgo era morto da poco e Iperìde, rimasto capo assoluto del partito nazionalista, avviò la rivolta avvalendosi della collaborazione di un abile generale, Leostene, che era rientrato dalle campagne in Asia e aveva messo insieme un piccolo esercito mercenario. Mentre erano in corso i preparativi, a metà giugno Alessandro moriva, inopinatamente, a Babilonia. Iperìde e Leostene accelerarono, raccogliendo la disponibilità di alleati in Grecia centrale e settentrionale. Demostene, che da subito aveva appoggiato l’iniziativa, fu richiamato dall’esi336 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici lio. I primi tempi videro grandi successi della lega guidata da Leostene: il reggente di Macedonia, Antipatro, fu battuto ad Eraclea Trachinia e chiuso nella fortezza di Lamia. Ma durante l’assedio Leostene fu colpito e ucciso. Era l’aprile del 322. La situazione precipitava. Iperìde pronunciò la sua celebre orazione funebre in onore di Leostene e dei caduti di Lamia (che ci è pervenuta intera), ultima voce dell’indipendenza ellenica. Mentre la lega si sfasciava, Antipatro sguinzagliò gli sgherri a caccia dei suoi più accesi nemici. Demostene si suicidò col veleno nel santuario di Posidone a Calauria, Iperìde fu catturato e messo a morte tra orribili torture. Era il mese di Pianepsione (ottobre-novembre) di quello stesso, fatale, 322. Demostene pagava la lotta sostenuta per l’indipendenza di Atene e per la libertà, come il suo futuro compagno plutarcheo, Cicerone, pagherà con la vita la difesa degli ideali repubblicani. Entrambi politicamente perdenti, ma grandi nella dimensione del sacrificio estremo in difesa della libertà. Per questo, soprattutto, Plutarco li accomuna. Di Demostene ci sono pervenute sessantuno orazioni, che si suddividono in gruppi tematici: i discorsi assembleari (orazioni I-XVII), i discorsi giudiziari (orazioni XVIII-XXVI), i discorsi privati (ben 32 orazioni, dalla XXVII alla LIX) e infine due discorsi epidittici (LX e LXI), considerati peraltro spuri. Sul suo stile è illuminante il giudizio di Plutarco nel Confronto tra Demostene e Cicerone (1, 2-4): “Demostene impiegò nell’oratoria tutte le facoltà che aveva avuto dalla natura o si era procurato con l’esercizio; così superò in efficacia e potenza di parola quanti si misurarono con lui nei dibattiti politici e giudiziari, in splendore e grandiosità di stile gli oratori epidittici, in precisione e artificio i retori. [...] Lo stile di Demostene, privo di qualunque abbellimento e piacevolezza esteriore, tutto serrato e teso a conferire potenza e serietà al discorso, non odora di chiuso [...] ma vi si sente quella che fu detta l’asprezza e la cupezza del suo carattere”. 322 ** Criticare è facile e alla portata di tutti, mentre al politico spetta il compito di avanzare proposte concrete Τ! µ#ν ο&ν 'πιτιµ+ν ,σως φ1σαι τις 3ν 456διον κα9 παντ!ς ε;ναι, τ! δ’ >π#ρ τ@ν παρAντων B τι δεC πρ6ττειν DποφαEνεσθαι, τοGτ’ ε;ναι συµβοJλου1. NΕγQ δ’ οRκ Dγνο@ µSν, T Uνδρες NΑθηναCοι, τοGθ’, Bτι πολλ6κις >µεCς οR τοXς αYτEους, DλλZ τοXς >στ6τους περ9 τ@ν πραγµ6των εYπAντας 'ν [ργ\] ποιεCσθε2, Uν τι µ_ κατZ γν`µην 'κβ\]3b οR µ_ν ο;µαι δεCν τ_ν YδEαν Dσφ6λειαν σκοποGνθ’ >ποστεEλασθαι περ9 cν >µCν συµφSρειν dγοGµαι4. Φηµ9 δ_ διχ\] βοηθητSον ε;ναι τοCς πρ6γµασιν >µCν, τ5@ τε τZς πAλεις τοCς NΟλυνθEοις σ5`ζειν κα9 τοXς τοGτο ποι1σοντας στρατι`τας 'κπSµπειν, κα9 τ5@ τ_ν 'κεEνου χ`ραν κακ@ς ποιεCν κα9 τρι1ρεσι κα9 στρατι`ταις jτSροιςb εY δ# θατSρου τοJτων [λιγωρ1σετε, [κν@ µ_ µ6ταιος dµCν d στρατεEα γSνηται. Ε,τε γZρ >µ@ν τ_ν 'κεEνου κακ@ς ποιοJντων, >ποµεEνας τοGτ’ kΟλυνθον παραστ1σεται, 45αδEως 'π9 τ_ν οYκεEαν 'λθQν DµυνεCταιb ε,τε βοηθησ6ντων µAνον >µ@ν εYς kΟλυνθον, DκινδJνως lρ@ν mχοντα τZ ο,κοι, προσκαθεδεCται κα9 προσεδρεJσει τοCς πρ6γµασι, περιSσται τ5@ χρAν5ω τ@ν πολιορκουµSνων. Demostene ● 337 331 ** Filippo mira alla sopraffazione e al dominio, non alla pace, alla tranquillità, alla giustizia Τ! δ#ποτε; )Οτι πρ-ς πλεονεξ!αν, ο4µαι, κα7 τ- π8νθ’ ;φ’ α;τ=> ποι#σασθαι το@ς λογισµο@ς Bξετ8ζων, κα7 οEχ7 πρ-ς εGρ#νην οEδ’ Iσυχ!αν οEδK δ!καιον οEδLν, ε4δε τοMτ’ Nρθ>ς, Oτι τPQ µKν IµετLρ=α πRλει κα7 τοSς Tθεσι τοSς IµετLροις οEδKν Uν Bνδε!ξαιτο τοσοMτον οEδK ποι#σειεν, ;φ’ οV πεισθLντες ;µεSς τQς Gδ!ας Wνεκ’ Xφελε!ας τ>ν Yλλων τινZς [Ελλ#νων Bκε!ν=ω προοSσθε, ]λλZ κα7 τοM δικα!ου λRγον ποιο^µενοι, κα7 τ_ν προσοMσαν ]δοξ!αν τ=> πρ8γµατι φε^γοντες, κα7 π8νθ’ ` προσ#κει προορaµενοι, bµο!ως Bναντιaσεσθε, Yν τι τοιοMτ’ BπιχειρPQ πρ8ττειν, cσπερ Uν εG πολεµοMντες τ^χοιτε. 332 ** Abbiamo consentito a Filippo di diventare un gigante )Οτι µKν δ_ µLγας Bκ µικροM κα7 ταπεινοM τ- κατ’ ]ρχZς Φ!λιππος ηfξηται, κα7 ]π!στως κα7 στασιαστικ>ς gχουσι πρ-ς α;το@ς οh )Ελληνες, κα7 Oτι πολλ=> παραδοξRτερον iν τοσοMτον αEτ-ν Bξ Bκε!νου γενLσθαι j νMν, Oθ’ οkτω πολλZ προε!ληφε, κα7 τZ λοιπZ ;φ’ α;τ=> ποι#σασθαι, κα7 π8νθ’ Oσα τοιαMτ’ Uν gχοιµι διεξελθεSν, παραλε!ψω. mΑλλ’ bρ> συγκεχωρηκRτας oπαντας ]νθρaπους, ]φ’ ;µ>ν ]ρξαµLνους, αEτ=>, ;πKρ οV τ-ν Yλλον oπαντα χρRνον π8ντες οh πRλεµοι γεγRνασιν οh [Ελληνικο!. Τ! οpν Bστι τοMτο; Τ- ποιεSν O τι βο^λεται, κα7 καθ’ Wν’ ο;τωσ7 περικRπτειν κα7 λωποδυτεSν τ>ν [Ελλ#νων, κα7 καταδουλοMσθαι τZς πRλεις BπιRντα. Κα!τοι προστ8ται µKν ;µεSς sβδοµ#κοντ’ gτη κα7 τρ!α τ>ν [Ελλ#νων BγLνεσθε, προστ8ται δK τρι8κονθ’ sν-ς δLοντα ΛακεδαιµRνιοιu vσχυσαν δL τι κα7 ΘηβαSοι τουτουσ7 το@ς τελευτα!ους χρRνους µετZ τ_ν Bν Λε^κτροις µ8χην. mΑλλ’ Oµως οfθ’ ;µSν οfτε Θηβα!οις οfτε Λακεδαιµον!οις οEδεπaποτ’, x Yνδρες mΑθηναSοι, συνεχωρ#θη τοMθ’ ;π- τ>ν [Ελλ#νων, ποιεSν O τι βο^λοισθε. 333 ** In una situazione quanto mai difficile, prendo la parola per darvi consigli utili [Ορ> µLν, x Yνδρες mΑθηναSοι, τZ παρRντα πρ8γµατα πολλ_ν δυσκολ!αν gχοντα κα7 ταραχ_ν οE µRνον τ=> πολλZ προεSσθαι κα7 µηδKν ε4ναι προfργου περ7 αEτ>ν εp λLγειν, ]λλZ κα7 περ7 τ>ν ;πολο!πων κατZ ταEτZ µηδK καθ’ yν τ- συµφLρον π8ντας IγεSσθαι, ]λλZ τοSς µKν zδ!, τοSς δ’ sτLρως δοκεSν. ∆υσκRλου δ’ |ντος φ^σει κα7 χαλεποM τοM βουλε^εσθαι, gτι πολλ=> χαλεπaτερον ;µεSς αEτπεποι#κατ’, x Yνδρες mΑθηναSοιu οh µKν γZρ Yλλοι π8ντες Yνθρωποι πρ- τ>ν πραγµ8των εGaθασι χρQσθαι τ=> βουλε^εσθαι, ;µεSς δK µετZ τZ πρ8γµατα. mΕκ δK το^του συµβα!νει παρZ π8ντα τ-ν χρRνον }ν ο4δ’ Bγa, τ-ν µKν ο~ς Uν µ8ρτητ’ Bπιτιµ>ντα εEδοκιµεSν κα7 δοκεSν εp λLγειν, τZ δK πρ8γµατα κα7 περ7 ν βουλε^εσθ’ Bκφε^γειν ;µς. ΟE µ_ν ]λλZ κα!περ το^των οkτως BχRντων οvοµαι κα7 πεπεικς Bµαυτ-ν ]νLστηκα, Uν Bθελ#σητε τοM θορυβεSν κα7 φιλονικεSν ]ποστ8ντες ]κο^ειν, zς ;πKρ πRλεως βουλευοµLνοις κα7 τηλικο^των πραγµ8των προσ#κει, Wξειν κα7 λLγειν κα7 συµβουλε^ειν δι’ ν κα7 τZ παρRντ’ gσται βελτ!ω κα7 τZ προειµLνα σωθ#σεται. Demostene ● 341 334 ** Se le mie previsioni si sono rivelate esatte, non è per una particolare abilità, ma perché, nel valutare le situazioni, guardo esclusivamente all’interesse della città Τα"τα το%νυν (πανθ’, -σα φα%νοµαι β3λτιον τ5ν 6λλων προορ5ν, ο9δ’ ε<ς µ%αν, > 6νδρες ?ΑθηναBοι, οCτε δεινDτητ’ οCτ’ Eλαζονε%αν Gπανο%σω, ο9δH προσποιIσοµαι δι’ ο9δHν 6λλο γιγνKσκειν καM προαισθNνεσθαι πλOν δι’ Pν QµBν εRπω, δSοT Uν µ3ν, > 6νδρες ?ΑθηναBοι, δι’ ε9τυχ%αν, Wν συµπNσης GγX τYς Gν EνθρKποις οCσης δεινDτητος καM σοφ%ας Zρ5 κρατο"σανT [τερον δ3, προBκα τ\ πρNγµατα κρ%νω καM λογ%ζοµαι, καM ο9δHν λYµµ’ ]ν ο9δεMς ^χοι πρ_ς ο`ς GγX πεπολ%τευµαι καM λ3γω δεBξαι προσηρτηµ3νον. ?Ορθ_ν οdν, - τι 6ν ποτ’ Eπ’ α9τ5ν QπNρχeη τ5ν πραγµNτων, τ_ συµφ3ρον φα%νετα% µοι. fΟταν δ’ GπM θNτερ’ gσπερ ε<ς τρυτNνην EργSριον προσεν3γκeης, οRχεται φ3ρον καM καθε%λκυκε τ_ν λογισµ_ν Gφ’ αQτD, καM ο9κ ]ν ^τ’ hρθ5ς ο9δ’ Qγι5ς Z το"το ποιIσας περM ο9δεν_ς λογ%σαιτο. Sulla corona Nel 336, due anni dopo la disfatta di Cheronea, un certo Ctesifonte propose di conferire a Demostene una corona per le sue benemerenze verso la patria. La bulé aveva approvato il decreto, ma quando arrivò davanti all’assemblea popolare Eschine lo impugnò, accusando di illegalità (γραφO παρανDµων) il proponente. Tecnicamente e giuridicamente le argomentazioni di Eschine reggevano, ma la motivazione era evidentemente politica: sostenitore delle posizioni filomacedoni, Eschine negava che Demostene avesse mai operato nell’interesse della città e voleva sfruttare la circostanza per far condannare dal popolo la politica del rivale. La resa dei conti avverrà però solo sei anni dopo, nel 330. Le cause di un simile ritardo sono forse da ricercare nell’instabilità della situazione generale della Grecia e della Macedonia, essendo quelli gli anni in cui Alessandro era impegnato in Asia e la reggenza nelle mani di Antipatro. Comunque sia, il processo si tenne davanti al tribunale dell’Elièa all’indomani della vittoria di Antipatro sugli spartani guidati dal re Agide III. Eschine pronunciò la sua orazione d’accusa, Contro Ctesifonte, che ci è integralmente pervenuta; Demostene si difese con l’orazione Sulla corona, un autentico capolavoro di eloquenza. Lo scontro era politico, più che giudiziario, come si capisce, e i giudici popolari votarono a favore di Demostene e della lotta contro i Macedoni. Ctesifonte fu assolto. Eschine non ottenne nemmeno un quinto dei voti a favore e fu condannato a una multa di 1.000 dracme. La condanna lo lasciava disarmato di fronte ai suoi avversari, ma la pena per lui più grande era vedersi così abbandonato e tradito dagli Ateniesi. Decise allora di lasciare per sempre Atene, andando in esilio volontario. 335 ** Preghiera agli Dei perché rendano i giudici benevoli e imparziali Πρ5τον µ3ν, > 6νδρες ?ΑθηναBοι, τοBς θεοBς εCχοµαι πjσι καM πNσαις, -σην εCνοιαν ^χων GγX διατελ5 τeY τε πDλει καM πjσιν QµBν, τοσαSτην QπNρξαι µοι παρ’ 342 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici µ"ν ε%ς τουτον* τ+ν ,γ"να, 0πειθ’ 5περ 7στ* µ9λισθ’ π;ρ µ"ν κα* τ=ς µετ>ρας ε?σεβεAας τε κα* δCξης, τοFτο παραστ=σαι τοGς θεοGς µHν, µI τ+ν ,ντAδικον σJµβουλον ποιKσασθαι περ* τοF π"ς ,κοJειν µLς 7µοF δεH (σχ>τλιον γOρ Pν εQη τοFτC γε), ,λλO τοGς νCµους κα* τ+ν 5ρκον, 7ν ST πρ+ς Uπασι τοHς Vλλοις δικαAοις κα* τοFτο γ>γραπται, τ+ WµοAως ,µφοHν ,κρο9σασθαι. ΤοFτο δ’ 7στ*ν ο? µCνον τ+ µI προκατεγνωκ>ναι µηδ>ν, ο?δ; τ+ τIν ε\νοιαν Qσην ,ποδοFναι, ,λλO τ+ κα* τ]= τ9ξει κα* τ]= ,πολογASα, ^ς βεβοJληται κα* προ]Kρηται τ"ν ,γωνιζοµ>νων `καστος, οaτως 7Lσαι χρKσασθαι. 336 ** Esaminando i fatti successivi alla pace di Filocrate (346 a.C.), apprenderete chi, tra me ed Eschine, agì nell’interesse della città e chi invece a favore di Filippo (I) bΕπειδI τοAνυν 7ποιKσατο τIν ε%ρKνην d πCλις, 7νταFθα π9λιν σκ>ψασθε τA dµ"ν fκ9τερος προεAλετο πρ9ττεινg κα* γOρ 7κ τοJτων εQσεσθε τAς hν W ΦιλAππSω π9ντα συναγωνιζCµενος, κα* τAς W πρ9ττων π;ρ µ"ν κα* τ+ τ]= πCλει συµφ>ρον ζητ"ν. bΕγj µ;ν τοAνυν 0γραψα βουλεJων ,ποπλεHν τIν ταχAστην τοGς πρ>σβεις 7π* τοGς τCπους 7ν οkς Pν lντα ΦAλιππον πυνθ9νωνται, κα* τοGς 5ρκους ,πολαµβ9νεινg οmτοι δ’ ο?δ; γρ9ψαντος 7µοF ταFτα ποιεHν nθ>λησαν. ΤA δ; τοFτ’ 7δJνατο, o Vνδρες bΑθηναHοι; bΕγj διδ9ξω. ΦιλAππSω µ;ν hν συµφ>ρον ^ς πλεHστον τ+ν µεταξG χρCνον γεν>σθαι τ"ν 5ρκων, µHν δ’ ^ς 7λ9χιστον. ∆ιO τA; sΟτι µεHς µ;ν ο?κ ,φ’ uς vµCσαθ’ dµ>ρας µCνον, ,λλ’ ,φ’ uς nλπAσατε τIν ε%ρKνην 0σεσθαι, π9σας 7ξελJσατε τOς παρασκευOς τOς τοF πολ>µου, W δ; τοFτ’ 7κ παντ+ς τοF χρCνου µ9λιστ’ 7πραγµατεJετο, νοµAζων, 5περ hν ,ληθ>ς, 5σα τ=ς πCλεως προλ9βοι πρ+ τοF τοGς 5ρκους ,ποδοFναι, π9ντα ταFτα βεβαAως `ξεινg ο?δ>να γOρ τIν ε%ρKνην λJσειν τοJτων εwνεκα. 337 ** Esaminando i fatti successivi alla pace di Filocrate (346 a.C.), apprenderete chi, tra me ed Eschine, agì nell’interesse della città e chi invece a favore di Filippo (II) xΑγj προορyµενος, Vνδρες bΑθηναHοι, κα* λογιζCµενος τ+ ψKφισµα τοFτο γρ9φω, πλεHν 7π* τοGς τCπους 7ν οkς Pν ]h ΦAλιππος κα* τοGς 5ρκους τIν ταχAστην ,πολαµβ9νειν, wν’ 7χCντων τ"ν ΘρSακ"ν, τ"ν µετ>ρων συµµ9χων, ταFτα τO χωρA’ { νFν οmτος δι>συρε, τ+ Σ>ρριον κα* τ+ Μυρτην+ν κα* τIν bΕργAσκην, οaτω γAγνοινθ’ ο~ 5ρκοι, κα* µI προλαβjν 7κεHνος τοGς 7πικαAρους τ"ν τCπων κJριος τ=ς ΘρS9κης κατασταAη, µηδ; πολλ"ν µ;ν χρηµ9των πολλ"ν δ; στρατιωτ"ν ε?πορKσας 7κ τοJτων SαδAως τοHς λοιποHς 7πιχειροAη πρ9γµασιν. Ετα τοFτο µ;ν ο?χ* λ>γει τ+ ψKφισµ’ ο?δ’ ,ναγιγνyσκειg ε% δ; βουλεJων 7γj προσ9γειν τοGς πρ>σβεις Sµην δεHν, τοFτC µου διαβ9λλει. bΑλλO τA 7χρ=ν µε ποιεHν; ΜI προσ9γειν γρ9ψαι τοGς 7π* τοFθ’ κοντας, wν’ µHν διαλεχθ"σιν; Η θ>αν µI κατανεHµαι τ+ν ,ρχιτ>κτον’ α?τοHς κελεFσαι; bΑλλ’ 7ν τοHν δυοHν βολοHν 7θεyρουν Vν, ε% µI τοFτ’ 7γρ9φη. ΤO µικρO συµφ>ροντα τ=ς πCλεως 0δει µε φυλ9ττειν, τO δ’ 5λα, σπερ οmτοι, πεπρακ>ναι; Ο? δKπου. Demostene ● 343 Eschine Eschine apparve sulla scena politica ateniese nel 348 a.C., poco dopo la conquista di Olinto da parte di Filippo II di Macedonia. Aveva tutte le carte in regola per riscuotere ammirazione e consenso: prestanza fisica, voce potente e armoniosa, eloquenza facile e brillante, cui avevano giovato anche le giovanili esperienze come attore tragico. A ciò univa anche una buona cultura letteraria e solide cognizioni di diritto, apprese nell’esercizio di cariche amministrative. Era stato segretario della Bulé dei Cinquecento, e lì aveva potuto acquisire anche una notevole esperienza degli uomini e delle situazioni. La scena politica era allora dominata da Demostene, temperamento e visione ideologica opposti a quelli di Eschine. Uno scontro tra giganti. La resa dei conti avvenne nel 330, epilogo di una vicenda iniziata sei anni prima, nel 336, due anni dopo la disfatta di Cheronea, quando un certo Ctesifonte aveva proposto di conferire a Demostene una corona per le sue benemerenze verso la patria. La bulé aveva approvato il decreto, ma quando arrivò davanti all’assemblea popolare Eschine lo impugnò, accusando di illegalità il proponente. Tecnicamente e giuridicamente le argomentazioni di Eschine reggevano, ma la motivazione era evidentemente politica: sostenitore delle posizioni filomacedoni, Eschine negava che Demostene avesse mai operato nell’interesse della città e voleva sfruttare quella situazione per far condannare dal popolo la politica del rivale, che aveva portato Atene al disastro. Il dibattimento si tenne sei anni dopo, e non sapremo mai le cause di un simile ritardo (anche se è ipotizzabile che fossero dovute all’instabilità della situazione generale della Grecia e della Macedonia, essendo quelli gli anni in cui Alessandro era impegnato in Asia e la reggenza nelle mani di Antipatro). Comunque sia, il processo si tenne davanti al tribunale dell’Elièa all’indomani della vittoria di Antipatro sugli spartani guidati dal re Agide III. Eschine pronunciò la sua orazione d’accusa, Contro Ctesifonte, che ci è integralmente pervenuta; Demostene si difese con l’orazione Sulla corona, un autentico capolavoro di eloquenza. Lo scontro era politico, più che giudiziario, come si capisce, e i giudici popolari votarono a favore di Demostene e della lotta contro i Macedoni. Ctesifonte fu assolto. Eschine non ottenne nemmeno un quinto dei voti a favore e fu condannato a una multa di 1.000 dracme. La condanna lo lasciava disarmato di fronte ai suoi avversari, ma la pena per lui più grande era vedersi così abbandonato e tradito dagli Ateniesi. Decise allora di lasciare per sempre Atene, andando in esilio volontario. La sua lotta era durata diciotto anni: la sua visione politica era stata sicuramente realistica, come lo era quella di Isocrate, ma aveva di fronte un gigante come Demostene. Lo scontro era inevitabile perché esprimevano posizioni inconciliabili: uno dei due doveva soccombere, ma avevano ragione entrambi. 352 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici 363 ** Ecco da chi discende Demostene! Το"τ$ω πατ(ρ µ+ν -ν ∆ηµοσθ2νης 4 Παιανιε"ς, 9ν(ρ :λε"θερος< ο= γ?ρ δεA ψε"δεσθαι< τ? δ’ 9πD τEς µητρDς καG τοH πIππου τοH πρDς µητρDς πKς Lχει α=τ$K, :γN φρIσω. Γ"λων -ν :κ Κεραµ2ων. ΟTτος προδοUς τοAς πολεµVοις Ν"µφαιον τD :ν τ$K ΠXντ$ω, τXτε τEς πXλεως :χο"σης τD χωρVον τοHτο, φυγ?ς 9π’ εYσαγγελVας :κ τEς πXλεως :γ2νετο θανIτου καταγνωσθ2ντος α=τοH, τ(ν κρVσιν ο=χ ZποµεVνας, καG 9φικνεAται εYς ΒXσπορον κ9κεA λαµβIνει δωρε?ν παρ? τKν τυρIννων τοUς ]νοµασµ2νους Κ^πους, καG γαµεA γυναAκα πλουσVαν µ+ν ν( ∆Vα καG χρυσVον :πιφεροµ2νην πολ", Σκ"θιν δ+ τD γ2νος, :ξ aς α=τ$K γVγνονται θυγατ2ρες δ"ο, bς :κεAνος δεHρο µετ? πολλKν χρηµIτων 9ποστεVλας, συν$cκισε τ(ν µ+ν dτ2ραν 4τ$ωδ^ποτε, eνα µ( πολλοAς 9πεχθIνωµαι1, τ(ν δ’ dτ2ραν Lγηµε παριδNν τοUς τEς πXλεως νXµους ∆ηµοσθ2νης 4 Παιανιε"ς, :ξ aς ZµAν 4 περVεργος καG συκοφIντης γεγ2νηται ∆ηµοσθ2νης2. Ο=κοHν 9πD µ+ν τοH πIππου πολ2µιος hν εiη τ$K δ^µ$ω, θIνατον γ?ρ α=τοH τKν προγXνων κατ2γνωτε, τ? δ’ 9πD τEς µητρDς Σκ"θης βIρβαρος dλληνVζων τkE φωνkE3. 1. 4τ$ωδ^ποτε ... 9πεχθIνωµαι: “che non nomino, per non attirami l’odio di molti”. - 2. 4 περVεργος ... ∆ηµοσθ2νης: “quell’imbroglione e sicofante di 364 ** Demostene”. - 3. βIρβαρος ... φωνkE: “un barbaro che parla greco”. Un tempo c’era più serietà e il nome della virtù aveva il suo valore ΕY τις Zµnς :ρωτ^σειε, πXτερον ZµAν :νδοξοτ2ρα δοκεA o πXλις εpναι :πG τKν νυνG καιρKν q :πG τKν προγXνων, rπαντες hν 4µολογ^σαιτε, :πG τKν προγXνων. sΑνδρες δ+ πXτερον τXτε 9µεVνους -σαν q νυνV; ΤXτε µ+ν διαφ2ροντες, νυνG δ+ πολλ$K καταδε2στεροι. ∆ωρεαG δ+ καG στ2φανοι καG κηρ"γµατα καG σιτ^σεις :ν πρυτανεV$ω πXτερα τXτε -σαν πλεVους q νυνV; ΤXτε µ+ν -ν σπIνια τ? καλ? παρ’ oµAν, καG τD τEς 9ρετEς vνοµα τVµιον< νυνG δ+ καταπ2πλυται τD πρnγµα, καG τD στεφανοHν :ξ Lθους, 9λλ’ ο=κ :κ προνοVας ποιεAσθε. Ο=κ οwν xτοπον οZτωσG διαλογιζοµ2νοις, τ?ς µ+ν δωρε?ς νυνG πλεVους εpναι, τ? δ+ πρIγµατα τ? τEς πXλεως τXτε µnλλον Yσχ"ειν, καG τοUς xνδρας νHν µ+ν χεVρους εpναι, τXτε δ’ 9µεVνους; 365 ** Confronto tra Demostene e i grandi ateniesi del passato ΠXτερον ZµAν 9µεVνων 9ν(ρ εpναι δοκεA ΘεµιστοκλEς 4 στρατηγ^σας zτε τkE περG ΣαλαµAνα ναυµαχV$α τDν Π2ρσην :νικnτε, q ∆ηµοσθ2νης 4 νυνG τ(ν τIξιν λιπcν; ΜιλτιIδης δ+ 4 τ(ν :ν ΜαραθKνι µIχην τοUς βαρβIρους νικ^σας, q οTτος; sΕτι δ’ ο| 9πD Φυλ(ς φε"γοντα τDν δEµον καταγαγXντες; ~ΑριστεVδης δ’ 4 δVκαιος :πικαλο"µενος, 4 τ(ν 9νXµοιον Lχων :πωνυµVαν ∆ηµοσθ2νει; ~Αλλ’ Lγωγε µ? τοUς θεοUς τοUς ~ΟλυµπVους ο=δ’ :ν ταAς α=ταAς oµ2ραις xξιον oγοHµαι µεµνEσθαι τοH θηρVου το"του κ9κεVνων τKν 9νδρKν. ~ΕπιδειξIτω τοVνυν ∆ηµοσθ2νης :ν τ$K dαυτοH λXγ$ω εi που γ2γραπταV τινα το"των τKν 9νδρKν στεφανKσαι. ~ΑχIριστος xρ’ -ν 4 δEµος; Οκ, 9λλ? µεγαλXφρων, κ9κεAνοV γε ο| µ( τετιµηµ2νοι τEς πXλεως xξιοι< ο= γ?ρ $οντο δεAν :ν τοAς γρIµµασι τιµnσθαι, 9λλ’ :ν τkE µν^µkη τKν εw πεπονθXτων, 9π’ :κεVνου τοH χρXνου µ2χρι τEσδε τEς oµ2ρας 9θIνατος οwσα διαµ2νει. Eschine ● 357 Aristotele Se Platone è l’anima della Grecia, Aristotele ne è il genio. Proviamo a pensare alla storia del nostro mondo senza di loro. Pensiamo a un Occidente senza Aristotele. Il ragazzo di Stagira (nella Calcidica, dove nacque, figlio di un medico della corte macedone, nel 384) è uno dei pochi di cui si può dire che abbia cambiato il mondo. Che fosse un genio lo intuì subito il suo maestro, Platone, che aveva già settant’anni quando vide per la prima volta alla sua scuola quel giovane brillante, di soli diciassette anni. Quando morì il maestro, nel 347, Aristotele lasciò Atene e, dopo un soggiorno a Lesbo, in compagnia del suo allievo e amico Teofrasto, fu chiamato nel 343 a Pella, per occuparsi dell’educazione del giovane figlio di Filippo II, Alessandro. Nel 335 tornò ad Atene e vi fondò la sua scuola, in un ginnasio pubblico sul colle del Licabetto, chiamato Liceo perché il luogo era sacro ad Apollo Licio. Qui tenne le sue lezioni, che abbracciavano varie discipline, sia di ordine scientifico (fisica, geometria, astronomia, zoologia), sia di carattere più prettamente filosofico, ma con particolare riguardo a tematiche di ordine pratico (etica, politica) o retorico (logica, retorica, poetica). Morto Alessandro, il partito antimacedone lo costrinse di fatto a lasciare Atene. Aristotele si ritirò a Calcide, nell’isola Eubea, dove l’anno dopo, nel 322, a 62 anni, morì di malattia. Scrisse moltissimo, ma bisogna distinguere tra gli scritti acroamatici o esoterici (riservati ai suoi allievi, sotto forma di libri di testo o forse come appunti, a partire dai quali Aristotele teneva le proprie lezioni) e quelli essoterici (destinati al pubblico, che sono andati perduti e conosciamo solo attraverso testimonianze e citazioni indirette). Non possiamo qui ricostruire le vicende che portarono quei testi a scomparire e a riapparire nel corso dei secoli e in luoghi diversi: gli Arabi incontrarono Aristotele in Siria e lo tradussero e commentarono, diffondendone la conoscenza dalla Persia alla Spagna (Avicenna e Averroè erano rispettivamente persiano e spagnolo) e infine riportandolo in Occidente attraverso traduzioni latine dall’arabo, integrato anche con fonti greche. San Tommaso ne fece il perno della sua Summa theologiae, per Dante era il maestro di color che sanno, e se la sua visione astronomica è totalmente superata dopo le scoperte di Copernico, Galileo, Newton, non altrettanto si può dire della logica, che esercitò la sua influenza anche nella prima metà del XX secolo su teorici del valore di Russell e Wittgenstein. 387 ** Tutti gli uomini, per natura, aspirano al conoscere Π!ντες &νθρωποι το- ε.δ0ναι 2ρ0γονται φ5σει. Σηµε;ον δ’ = τ>ν α.σθ?σεων @γ!πησιςA καC γDρ χωρCς τFς χρεGας @γαπ>νται δι’ αHτ!ς, καC µ!λιστα τ>ν &λλων = διD τ>ν 2µµ!των. ΟH γDρ µLνον Mνα πρ!ττωµεν @λλD καC µηθNν µ0λλοντες πρ!ττειν τO PρQν αRρο5µεθα @ντC π!ντων Sς ε.πε;ν τ>ν &λλων. ΑUτιον δ’ Vτι µ!λιστα ποιε; γνωρGζειν =µQς αXτη τ>ν α.σθ?σεων καC πολλDς δηλο; διαφορ!ς. Φ5σει µNν οZν αUσθησιν [χοντα γGγνεται τD ζ\>α, ]κ δN τα5της το;ς µNν αHτ>ν οHκ Aristotele ● 371 γγ"γνεται µν)µη, το-ς δ’ γγ"γνεται. Κα3 δι4 το5το τα5τα φρωνιµ9τερα κα3 µαθητικ<τερα τ=ν µ> δυναµ@νων µνηµονεAειν στ", φρ9νιµα µCν Dνευ το5 µανθEνειν Fσα µ> δυνατ4 τ=ν ψ9φων HκοAειν (οJον µ@λιττα κLν εM τι τοιο5τον Dλλο γ@νος ζO<ων Pστι), µανθEνει δ’ Fσα πρSς τTU µν)µTη κα3 ταAτην Pχει τ>ν αMσθησιν. Costituzione degli Ateniesi La scuola di Aristotele, tra le sue ricerche, ricostruì e analizzò 150 costituzioni di città greche (si sa che ogni città greca costituiva uno stato); un’opera immensa di ricerca e di erudizione storica, sociale e politica, di cui la Costituzione degli Ateniesi è l’unica rimasta (Il testo è stato trovato nel 1890 in un papiro egiziano). Questo scritto, che probabilmente non è di Aristotele (o del solo Aristotele), è il documento di riferimento per la conoscenza delle istituzioni ateniesi e del loro funzionamento: altre fonti (come Plutarco, ad esempio) sono posteriori e assai probabilmente ne dipendono. Ogni informazione e ogni espressione del testo è quindi stata vagliata a fondo; ma la ricerca storica (a parte le preferenze di Aristotele per un regime “mediano”) ne ha sostanzialmente confermato la ricostruzione. 388 ** Solone cancella i debiti e viene sospettato di aver favorito degli amici disonesti e addirittura di essersi arricchito anche lui; ma il fatto non è credibile ΚAριος δC γεν9µενος τ=ν πραγµEτων Σ9λων τ9ν τε δUµον Xλευθ@ρωσε κα3 ν τO= παρ9ντι κα3 εYς τS µ@λλον, κωλAσας δανε"ζειν π3 το-ς σ<µασιν, κα3 ν9µους Pθηκε κα3 χρε=ν Hποκοπ4ς πο"ησε, κα3 τ=ν Yδ"ων κα3 τ=ν δηµοσ"ων, Zς σεισEχθειαν καλο5σιν, [ς HποσεισEµενοι τS βEρος1. ^Εν οJς πειρ=ντα" τινες διαβEλλειν α`τ9νa συν@βη γ4ρ τO= Σ9λωνι µ@λλοντι ποιε-ν τ>ν σεισEχθειαν προειπε-ν τισι τ=ν γνωρ"µων, Pπειθ’ [ς µCν οb δηµοτικο3 λ@γουσι, παραστρατηγηθUναι δι4 τ=ν φ"λων, [ς δ’ οb βουλ9µενοι βλασφηµε-ν, κα3 α`τSν κοινωνε-ν. ∆ανεισEµενοι γ4ρ οdτοι συνεπρ"αντο πολλ>ν χ<ραν, κα3 µετ’ ο` πολe τUς τ=ν χρε=ν HποκοπUς γενοµ@νης πλοAτουν. fΟθεν φασ3 γεν@σθαι τοeς hστερον δοκο5ντας εiναι παλαιοπλοAτους2. Ο` µ>ν Hλλ4 πιθαν<τερος k τ=ν δηµοτικ=ν λ9γος3a ο` γ4ρ εYκSς ν µCν το-ς Dλλοις οhτω µ@τριον γεν@σθαι κα3 κοιν9ν, mστ’ ξSν α`τO= τοeς oτ@ρους pποποιησEµενον τυραννε-ν τUς π9λεως, Hµφοτ@ροις Hπεχθ@σθαι κα3 περ3 πλε"ονος ποι)σασθαι τS καλSν κα3 τ>ν τUς π9λεως σωτηρ"αν q τ>ν αpτο5 πλεονεξ"αν4, ν οhτω δC µικρο-ς κα3 Hναξ"οις καταρρυπα"νειν oαυτ9ν. 1. [ς ... βEρος: “in quanto ne scosse il peso”; Aristotele dà l’etimologia di σεισEχθεια, ‘scuotimento dei pesi’, da σε"ω (scuoto, da cui l’it. sisma, ecc.) e Dχθος (‘peso’, qui reso con βEρος, lt. gravitas). - 2. παλαιοπλοAτους: ‘antichi ricchi’. - 3. k τ=ν 372 ● δηµοτικ=ν λ9γος: “la versione dei democratici”. 4. περ3 πλε"ονος ... πλεονεξ"αν: “considerò il bene e la salvezza della città più dei (q, lat. quam) suoi interessi” (περ3 πλε"ονος ποιε-σθαι, lat. pluris facere). Sezione seconda - Autori e percorsi antologici 396 ** Definizione di tragedia Εστιν ο'ν τραγ+ωδ.α µ.µησις πρ3ξεως σπουδα.ας κα8 τελε.ας µ:γεθος <χο>σης, @δυσµ:ν+ω λAγ+ω χωρ8ς Bκ3στ+ω τCν εDδCν <ν τοEς µορ.οις, δρFντων κα8 οG δι’ Iπαγγελ.ας, δι’ <λ:ου κα8 φAβου περα.νουσα τLν τCν τοιο>των παθηµ3των κ3θαρσιν. Λ:γω δO @δυσµ:νον µOν λAγον τPν Qχοντα RυθµPν κα8 Sρµον.αν κα8 µ:λος, τP δO χωρ8ς τοEς εTδεσι τP διU µ:τρων Qνια µAνον περα.νεσθαι κα8 π3λιν Vτερα διU µ:λους. WΕπε8 δO πρ3ττοντες ποιοXνται τLν µ.µησιν, πρCτον µOν <ξ Iν3γκης Yν εTη τι µAριον τραγ+ωδ.ας Z τ[ς \ψεως κAσµος^ ε_τα µελοποι.α κα8 λ:ξις, <ν το>τοις γUρ ποιοXνται τLν µ.µησιν. 397 ** Le diverse finalità di poesia e storia ΦανερPν δO <κ τCν εDρηµ:νων κα8 aτι οG τP τU γενAµενα λ:γειν, τοXτο ποιητοX Qργον <στ.ν, Iλλ’ οbα Yν γ:νοιτο κα8 τU δυνατU κατU τP εDκPς c τP IναγκαEον. dΟ γUρ fστορικPς κα8 Z ποιητLς οG τ+C c Qµµετρα λ:γειν c gµετρα διαφ:ρουσιν (εTη γUρ Yν τU dΗροδAτου εDς µ:τρα τεθ[ναι κα8 οGδOν jττον Yν εTη fστορ.α τις µετU µ:τρου c gνευ µ:τρων)^ IλλU το>τ+ω διαφ:ρει, τ+C τPν µOν τU γενAµενα λ:γειν, τPν δO οbα Yν γ:νοιτο. ∆ιP κα8 φιλοσοφFτερον κα8 σπουδαιAτερον πο.ησις fστορ.ας <στ.ν^ @ µOν γUρ πο.ησις µmλλον τU καθAλου, @ δ’ fστορ.α τU καθ’ Vκαστον λ:γει. Εστιν δO καθAλου µ:ν, τ+C πο.+ω τU ποEα gττα συµβα.νει λ:γειν c πρ3ττειν κατU τP εDκPς c τP IναγκαEον, οn στοχ3ζεται @ πο.ησις pνAµατα <πιτιθεµ:νη. 398 ** La perfetta tragedia dev’essere mimèsi di casi che destino pietà e terrore WΕπειδL ο'ν δεE τLν σ>νθεσιν ε_ναι τ[ς καλλ.στης τραγ+ωδ.ας µL Sπλ[ν IλλU πεπλεγµ:νην κα8 τα>την φοβερCν κα8 <λεεινCν ε_ναι µιµητικqν (τοXτο γUρ Tδιον τ[ς τοια>της µιµqσεFς <στιν), πρCτον µOν δ[λον aτι οrτε τοsς <πιεικεEς gνδρας δεE µεταβ3λλοντας φα.νεσθαι <ξ εGτυχ.ας εDς δυστυχ.αν, οG γUρ φοβερPν οGδO <λεεινPν τοXτο IλλU µιαρAν <στιν^ οrτε τοsς µοχθηροsς <ξ Iτυχ.ας εDς εGτυχ.αν, Iτραγ+ωδAτατον γUρ τοXτ’ <στ8 π3ντων, οGδOν γUρ Qχει tν δεE, οrτε γUρ φιλ3νθρωπον οrτε <λεεινPν οrτε φοβερAν <στιν^ οGδ’ α' τPν σφAδρα πονηρPν <ξ εGτυχ.ας εDς δυστυχ.αν µεταπ.πτειν^ τP µOν γUρ φιλ3νθρωπον Qχοι Yν @ τοια>τη σ>στασις Iλλ’ οrτε Qλεον οrτε φAβον, Z µOν γUρ περ8 τPν Iν3ξιAν <στιν δυστυχοXντα, Z δO περ8 τPν aµοιον, Qλεος µOν περ8 τPν Iν3ξιον, φAβος δO περ8 τPν aµοιον, vστε οrτε <λεεινPν οrτε φοβερPν Qσται τP συµβαEνον. dΟ µεταξs gρα το>των λοιπAς. Εστι δO τοιοXτος Z µqτε Iρετw[ διαφ:ρων κα8 δικαιοσ>νwη µqτε διU κακ.αν κα8 µοχθηρ.αν µεταβ3λλων εDς τLν δυστυχ.αν IλλU δι’ Sµαρτ.αν τιν3, τCν <ν µεγ3λwη δAξwη \ντων κα8 εGτυχ.+α, οbον ΟDδ.πους κα8 Θυ:στης κα8 οf <κ τCν τοιο>των γενCν <πιφανεEς gνδρες. Poetica 376 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici Etica Nicomachea L’Etica Nicomachea (sintesi o preparazione agli sviluppi degli altri due scritti, l’Etica Eudemea e la Grande Etica) è una delle fondamentali opere di teoria e di analisi dei comportamenti umani. Aristotele, anche qui diversificandosi da Platone, non afferma grandi ideali trascendenti, ma preferisce individuare i principi normativi presenti nei comportamenti comuni. Questi tendono alla felicità, che non sta né nel piacere (sarebbe una felicità animale) né nella pura intelligenza (anche se Aristotele la ritiene il culmine dell’umanità), bensì nella piena realizzazione della natura umana, nelle virtù della conoscenza (dianoetiche) e della pratica (etiche). Una delle tesi più note riguarda la virtù come “giusto mezzo”; importanti l’analisi della giustizia come virtù fondamentale, e quella dell’amicizia, vera solo se fondata sulla comune virtù. 399 ** Tutte le cose tendono al bene, ma nella loro molteplicità hanno molteplici fini Π!σα τ%χνη κα* π!σα µ%θοδος, 2µο3ως δ5 πρ!ξ3ς τε κα* προα3ρεσις, :γαθο< τιν=ς >φ3εσθαι δοκε@A δι= καλCς :πεφDναντο τ:γαθEν, οF πGντ’ >φι%ται. ∆ιαφορK δ% τις φα3νεται τCν τελCνA τK µ5ν γGρ εLσιν >ν%ργειαι, τK δ5 παρ’ αMτKς Nργα τινG. OΩν δ’ εLσ* τ%λη τινK παρK τKς πρGξεις, >ν τοQτοις βελτ3ω π%φυκε τCν >νεργειCν τK Nργα. ΠολλCν δ5 πρGξεων οMσCν κα* τεχνCν κα* >πιστηµCν πολλK γ3νεται κα* τK τ%ληA LατρικTς µ5ν γKρ Uγ3εια, ναυπηγικTς δ5 πλο@ον, στρατηγικTς δ5 ν3κη, οLκονοµικTς δ5 πλο<τος. 400 ** I giovani non sono ascoltatori adatti delle lezioni di politica VΕκαστος δ5 κρ3νει καλCς X γινYσκει, κα* τοQτων >στ*ν :γαθ=ς κριτDς. Καθ’ [καστον µ5ν \ρα 2 πεπαιδευµ%νος, ]πλCς δ’ 2 περ* π!ν πεπαιδευµ%νος. ∆ι= τTς πολιτικTς οMκ Nστιν οLκε@ος :κροατ^ς 2 ν%οςA \πειρος γKρ τCν κατK τ=ν β3ον πρGξεων, ο_ λEγοι δ’ >κ τοQτων κα* περ* τοQτωνA Nτι δ5 το@ς πGθεσιν :κολουθητικ=ς aν µατα3ως :κοQσεται κα* :νωφελCς, >πειδ^ τ= τ%λος >στ*ν οM γνCσις, :λλK πρ!ξις. ∆ιαφ%ρει δ’ οMδ5ν ν%ος τ^ν bλικ3αν c τ= dθος νεαρEςA οM γKρ παρK τ=ν χρEνον b Nλλειψις, :λλK διK τ= κατK πGθος ζTν κα* διYκειν [καστα. Το@ς γKρ τοιοιQτοις :νEητος b γνCσις γ3νεται, καθGπερ το@ς :κρατ%σινA το@ς δ5 κατK λEγον τKς hρ%ξεις ποιουµ%νοις κα* πρGττουσι πολυωφελ5ς iν εjη τ= περ* τοQτων εLδ%ναι. 401 ** Opinioni contrastanti sulla felicità Ο_ πολλο* κα* ο_ χαρ3εντες [...] τ= δ’ εn ζTν κα* τ= εn πρGττειν ταMτ=ν UπολαµβGνουσι τoC εMδαιµονε@νA περ* δ5 τTς εMδαιµον3ας, τ3 >στιν, :µφισβητο<σι κα* οMχ 2µο3ως ο_ πολλο* το@ς σοφο@ς :ποδιδEασιν. Οp µ5ν γKρ τCν >ναργCν τι κα* φανερCν, οqον bδον^ν c πλο<τον c τιµDν, \λλοι δ’ \λλο - πολλGκις δ5 κα* αMτ=ς [τερονA νοσDσας µ5ν γKρ Uγ3ειαν, πενEµενος δ5 πλο<τονA συνειδEτες δ’ rαυτο@ς \γνοιαν τοsς µ%γα τι κα* Uπ5ρ αMτοsς λ%γοντας θαυµGζουσιν. tΕνιοι δ’ ouοντο παρK τK πολλK τα<τα :γαθK \λλο τι καθ’ αUτ= εvναι, w κα* τοQτοις π!σιν αjτιEν >στι το< εvναι :γαθG. Aristotele ● 377 Polibio Polibio è il primo greco che celebra la grandezza di Roma. E non si tratta di un uomo qualunque: suo padre, Licorta, era stratego, cioè comandante in capo della potente lega achea, e Polibio ricoprì nel 169 a.C. il ruolo di ipparco, comandante della cavalleria, secondo in grado solo al padre. Conclusa con la disfatta di Pidna del 168 l’avventura di Perseo, re di Macedonia, i Romani pretesero che la lega achea pagasse la sua neutralità con la consegna di mille nobili ostaggi. Polibio fu tra loro. Nel 166 arrivò a Roma e vi rimase per diciassette anni, frequentando, grazie al favore iniziale di Lucio Emilio Paolo, gli ambienti più importanti ed esclusivi della capitale, dove impressionò per la sua finezza e la sua preparazione culturale. Accolto in casa degli Scipioni, lui, uomo già maturo (era nato a Megalopoli intorno al 203), fece il grande incontro con un ragazzo che non aveva ancora diciotto anni, ma di eccezionali qualità, Scipione Emiliano, cui si legò subito di profonda amicizia, seguendolo poi anche in tutte le sue campagne militari, dalla Spagna all’Africa. Testimone diretto e privilegiato della vita politica romana e delle guerre che portarono all’affermazione di Roma nel Mediterraneo, scrisse un’opera storica di grande respiro, le Storie, che in quaranta libri abbracciano l’arco di tempo che va dal 264 al 146 (dagli eventi che precedettero la prima guerra punica alla presa e distruzione di Cartagine e Corinto). Ne possediamo integri i primi cinque; dei libri fra il sesto, forse il più noto, e il diciottesimo abbiamo ampi estratti; degli ultimi invece c’è pervenuto ben poco (citazioni e brevi excerpta di epoca bizantina). Polibio mostra una sincera ammirazione per il modello costituzionale romano, le sue istituzioni, le personalità, l’organizzazione e la disciplina dell’esercito. Si ispira storiograficamente al pragmatismo di Tucidide, e anche se è tra gli antichi quello che più gli si avvicina, rimane comunque un modello irraggiungibile. Anche il suo linguaggio si potrebbe definire pragmatico, privo com’è di artifici retorici e di richiami alla tradizione, ma rispondente piuttosto a un uso sobrio, tecnico, freddo, che riprende il lessico e gli stilemi della lingua contemporanea (si è parlato anche di “stile da cancelleria”): “Io non ignoro – scrive – che la mia storia ha in sé qualcosa di austero che, per il principio unitario di composizione cui si ispira, può essere apprezzato e gradito da un solo genere di lettori” (IX, 1, 2). Rare dunque le pagine in cui domina il pathos. La più celebre presenta Scipione che, mentre Cartagine viene rasa al suolo, piange turbato sulla sventura dei suoi nemici. “Per lungo tempo stette meditabondo, considerando come il destino delle città, dei popoli e degli imperi possa cambiare, non meno di quello degli uomini, Era accaduto a Troia, all’impero degli Assiri e dei Medi, all’impero dei Persiani e al più grande di tutti, quello macedone”. E il condottiero pronuncia a mezza voce due versi di Omero, quelli famosi del VI dell’Iliade: “Giorno verrà in cui, Ilio distrutta...”. Polibio è lì con lui. A che cosa stai pensando, gli chiede, e Scipione confessa che sta pensando a Roma... 390 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici 431 ** L’utilità della storia Ε! µ#ν το'ς πρ+ ,µ-ν .ναγρ1φουσι τ6ς πρ1ξεις παραλελε'φθαι συν;βαινε τ+ν =π#ρ α>τ?ς τ?ς @στορAας Bπαινον1, Eσως .ναγκα'ον Hν τ+ προτρ;πεσθαι π1ντας πρ+ς τIν αJρεσιν καK παραδοχIν τ-ν τοιοNτων =ποµνηµ1των δι6 τ+ µηδεµAαν Pτοιµοτ;ραν εQναι το'ς .νθρRποις διSρθωσιν τ?ς τ-ν προγεγενηµ;νων πρ1ξεων TπιστUµης2. XΕπεK δ’ ο> τιν#ς ο>δ’ TπK ποσSν, .λλ6 π1ντες3, [ς Bπος ε!πε'ν, .ρχ\? καK τ;λει κ;χρηνται τοNτ]ω, φ1σκοντες .ληθινωτ1την µ#ν εQναι παιδεAαν καK γυµνασAαν πρ+ς τ6ς πολιτικ6ς πρ1ξεις τIν Tκ τ?ς @στορAας µ1θησιν, Tναργεστ1την δ# καK µSνην διδ1σκαλον το^ δNνασθαι τ6ς τ?ς τNχης µεταβολ6ς γενναAως =ποφ;ρειν τIν τ-ν .λλοτρAων περιπετει-ν =πSµνησιν, δ?λον [ς ο>δενK µ#ν _ν δSξαι καθUκειν περK τ-ν καλ-ς καK πολλο'ς ε!ρηµ;νων ταυτολογε'ν, `κιστα δ’ ,µ'ν. Α>τ+ γ6ρ τ+ παρ1δοξον τ-ν πρ1ξεων, =π#ρ bν προ\ηρUµεθα γρ1φειν, @κανSν Tστι προκαλ;σασθαι καK παρορµ?σαι π1ντα καK ν;ον καK πρεσβNτερον πρ+ς τIν Bντευξιν τ?ς πραγµατεAας. 1. Ε! µ#ν ... Bπαινον: protasi di periodo ipotetico dell’irrealtà, la cui apodosi è data da Eσως .ναγκα'ον Hν (‘forse sarebbe necessario’): ‘Se a coloro che prima di noi hanno narrato gli avvenimenti passati fosse capitato di tralasciare l’elogio della storia stessa’. - 2. δι6 τ+ ... TπιστUµης: Polibio 432 ** crede nell’utilità della storia, intesa come conoscenza del passato e delle cause che stanno all’origine degli eventi, al fine di un miglioramento (διSρθωσιν) dell’uomo; τ?ς ... TπιστUµης è secondo termine di paragone. - 3. π1ντες: “tutti gli storici”. Lo storico ha il dovere di essere imparziale XΕν µ#ν οcν τ]- λοιπ]- βA]ω τIν τοιαNτην TπιεAκειαν Eσως ο>κ dν τις Tκβ1λλοι1e καK γ6ρ φιλSφιλον εQναι δε' τ+ν .γαθ+ν dνδρα καK φιλSπατριν καK συµµισε'ν το'ς φAλοις τοfς Tχθροfς καK συναγαπgν τοfς φAλουςe hταν δ# τ+ τ?ς @στορAας Hθος .ναλαµβ1ν\η τις2, Tπιλαθ;σθαι χρI π1ντων τ-ν τοιοNτων3 καK πολλ1κις µ#ν ε>λογε'ν καK κοσµε'ν το'ς µεγAστοις TπαAνοις τοfς TχθροNς, hταν α@ πρ1ξεις .παιτ-σι το^το, πολλ1κις δ’ Tλ;γχειν καK ψ;γειν TπονειδAστως τοfς .ναγκαιοτ1τους, hταν α@ τ-ν Tπιτηδευµ1των jµαρτAαι το^θ’ =ποδεικνNωσιν. kΩσπερ γ6ρ ζ]Rου τ-ν nψεων .φαιρεθεισ-ν .χρειο^ται τ+ hλον, οoτως Tξ @στορAας .ναιρεθεAσης τ?ς .ληθεAας τ+ καταλειπSµενον α>τ?ς .νωφελ#ς γAνεται διUγηµα. ∆ιSπερ οqτε τ-ν φAλων κατηγορε'ν οqτε τοfς Tχθροfς Tπαινε'ν rκνητ;ον, οqτε δ# τοfς α>τοfς ψ;γειν, ποτ# δ’ Tγκωµι1ζειν ε>λαβητ;ον, TπειδI τοfς Tν πρ1γµασιν .ναστρεφοµ;νους οqτ’ ε>στοχε'ν α!εK δυνατ+ν οqθ’ jµαρτ1νειν συνεχ-ς ε!κSς. XΑποστ1ντας οcν τ-ν πραττSντων α>το'ς το'ς πραττοµ;νοις Tφαρµοστ;ον τ6ς πρεποNσας .ποφ1σεις καK διαλUψεις Tν το'ς =ποµνUµασιν. 1. XΕν µ#ν ... Tκβ1λλοι: “Negli altri aspetti della vita non si potrebbe forse criticare una simile parzialità”. - 2. hταν δ# ... τις: “ma quando si assume l’abito dello storico”. - 3. Tπιλαθ;σθαι ... τοιοNτων: “si deve dimenticare tutto questo”; Tπιλαθ;σθαι è inf. aor. medio di Tπιλανθ1νω (che al medio vale il lat. oblivisci). Polibio ● 391 Diodoro Siculo Diodoro Siculo, storico greco di Agirio, in Sicilia (nato agli inizi del I sec. a.C., morì sicuramente dopo il 30 a.C.), compose una storia universale in quaranta libri, con il titolo di Biblioteca storica. Fino a noi ne sono arrivati quindici: i primi cinque, che trattano delle antiche vicende di Mesopotamia (il primo protagonista è il re assiro Nino), Egitto, India, Scizia, Arabia, Grecia ed Europa, e i dieci compresi tra il libro undicesimo e il ventesimo, che illustrano gli avvenimenti tra il 480 e il 301 a.C. Dei libri perduti possediamo comunque riassunti ed estratti di epoca bizantina, soprattutto grazie a Fozio e a Costantino Porfirogenito. La narrazione arrivava fino alle campagne di Cesare in Gallia e alla sua seconda spedizione in Britannia (54 a.C.). Diodoro stesso informa di avere dedicato trent’anni della sua vita alla compilazione di quest’opera, che mantiene ai nostri occhi non pochi meriti, dato che su alcuni eventi resta l’unica fonte a nostra disposizione. Nel proemio sono enunciati gli scopi dell’opera: in primo luogo essere d’utilità a tutti gli uomini, offrendo loro uno strumento di conoscenza di quella comune esperienza umana che è la storia; in secondo luogo abbracciare in un unico sguardo complessivo tutta l’umanità, in una concezione cosmopolita, di chiara matrice stoica, che vede gli uomini, pur nelle loro divisioni culturali, e nelle distanze di tempo e di spazio, agire come cittadini di quell’unica grande città che è il mondo. L’ambizioso progetto si risolve però, come dice il titolo stesso dell’opera, in una biblioteca, vale a dire in una raccolta antologica di fonti, in un repertorio di libri riassunti, corretti o copiati, di altri autori, spesso per noi perduti (come Ecateo, Ctesia, Eforo, Teopompo, il suo conterraneo Timeo di Tauromenio, Duride, Ieronimo di Cardia, Filino, Agatarchide, Polibio, Posidonio, gli annalisti romani Fabio Pittore e Cincio Alimento). Diodoro non ha intenti critici, evita considerazioni o giudizi personali. La lingua usata è la koiné, il greco colloquiale, arricchita talora da squarci classicistici in puro attico. 460 * La storia eterna il ricordo dei grandi uomini Τ!ν προγεγον(των +νδρ!ν - τ!ν β/ων +ναγραφ2 δυσκολ/αν µ8ν παρ9χεται το<ς γρ>φουσιν, @φελε< δ’ οB µετρ/ως τCν κοινCν β/ον1. ΜετG παρρησ/ας γGρ δηλοIσα τG καλ!ς καJ µ2 καλ!ς πραχθ9ντα τοLς µ8ν +γαθοLς κοσµε<, τοLς δ8 πονηροLς ταπεινο< διG τ!ν οMκε/ων Nκ>στοις Oγκωµ/ων τε καJ ψ(γων. QΕστι δ’ S µ8ν Tπαινος, Uς Vν τις εWποι2, Tπαθλον +ρετYς +δ>πανον3, S δ8 ψ(γος τιµωρ/α φαυλ(τητος Vνευ πληγYς. ΚαλCν δ8 το<ς µεταγενεστ9ροις \ποκε<σθαι4, δι(τι β/ον ο^ον Vν τις _ληται ζ!ν5, τοιαbτης +ξιωθdσεται µετG τCν θ>νατον µνdµης6, fνα µ2 περJ τGς τ!ν λιθ/νων µνηµε/ων κατασκευGς σπουδ>ζωσιν7, h καJ τ(πον _να κατ9χει καJ φθορiς jξε/ας τυγχ>νει8, +λλG περJ λ(γον καJ τGς Vλλας +ρετ>ς, αl π>ντmη φοιτ!σι διG τYς φdµης. nΟ δ8 χρ(νος S π>ντα µαρα/νων τVλλα ταbτας +θαν>τους φυλ>ττει, καJ πρεσβbτερος γεν(µενος αBτCς ταbτας ποιε< νεωτ9ρας. 402 ● Sezione seconda - Autori e percorsi antologici SEZIO NE SECO NDA Versioni per autore Esopo Erodoto Tucidide Senofonte Lisia Isocrate Platone Demostene Eschine Iperide Licurgo Aristotele Teofrasto Epicuro Polibio Diodoro Siculo Strabone Anonimo Del sublime Giuseppe Flavio Plutarco Epitteto Appiano Arriano Marco Aurelio Luciano Pausania Dione Cassio Apollodoro Longo Sofista Plotino Porfirio Giamblico Diogene Laerzio Flavio Claudio Giuliano 0001-08 0009-54 0055-95 096-137 138-168 169-242 243-321 322-352 353-367 368-376 377-386 387-412 413-420 421-430 431-459 460-475 476-480 481-486 487-497 498-586 587-604 605-612 613-620 621-629 630-655 656-662 663-668 669-675 676-682 683-689 690-697 698-705 706-714 715-719 Letteratura ebraico-cristiana Antico Testamento Nuovo Testamento Basilio 720-731 732-741 742-747 Se z i one te r z a Temi proposti agli esami di maturità dal 1924 al 2006 Indice degli argomenti sintattici Indice delle parole e delle espressioni greche Indice generale Indice generale ● 587 Indice per argomenti Personaggi e momenti della storia (in ordine cronologico) • L’epopea delle guerre persiane: Maratona Erodoto 44-48; Plutarco 508; Pausania 656 Gabriele D’Annunzio (Maia, vv. 4810-30) Salvatore Quasimodo (Maratona) • L’epopea delle guerre persiane: le Termopili Erodoto 51-54; Lisia 140-141; Isocrate 196, 204-207; Diodoro Siculo 462 Simonide di Ceo (trad. di Salvatore Quasimodo) Costantino Kavafis, Termopile (trad. di Filippo Maria Pontani) • Pericle e l’elogio di Atene Tucidide 68-80 • Alcibiade e la spedizione in Sicilia Tucidide 73-85 • La resa di Atene (404 a.C.) Senofonte 86-91; Plutarco 517-519 • Il ritorno della democrazia in Atene Senofonte 93-95; • Processo e morte di Socrate Platone 243-268 Jorge Luis Borges, Il principio Il discorso di Socrate ai giudici dopo la condanna a morte (Cic., Tusc. I, 41, 97-99) • La costituzione degli Spartani Senofonte 108-116; Plutarco 501-505 • I Trenta tiranni Lisia 157-159, 164 • Filippo II di Macedonia Isocrate 236-238; Demostene 322-323; 329-332, 336-338 • La battaglia di Leuttra Diodoro Siculo 463-465 • La battaglia di Mantinea Diodoro Siculo 469-471 • La battaglia di Cheronea Licurgo 380-384 588 ● Indice generale • Alessandro Magno Diodoro Siculo 475; Plutarco 521-528; Arriano 613-616 • Solone Aristotele 387-389; • Pisistrato Aristotele 390-392; • Pericle Tucidide 81-82; Plutarco 509-516 • Romolo e Remo Diodoro Siculo 461; Strabone 479-480; • I Galli di Brenno occupano Roma Plutarco 529-531 • Annibale Polibio 437-453; Appiano 605-607 • La guerra civile tra Cesare e Pompeo Plutarco 536-542 • Le Idi di marzo del 44 a.C. Plutarco 543-551; Dione Cassio 665-666 • Cleopatra Plutarco 545-547 Temi vari • Il lupo e l’agnello Esopo 5; Fedro, Fabulae I, 1 • Arione di Metimna Erodoto 9-11 • Gige e la moglie di Candaule Erodoto 12-17 • Il logos di Creso e Solone Erodoto 18-32 • L’anello di Policrate Erodoto 33-39 • La storia di Pantea e Abradata Senofonte, 125-128 • Dall’orazione di Lisia, Per l’uccisione di Eratostene Indice generale ● 589