Interazioni tra farmaci La caffeina

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Interazioni tra farmaci
La caffeina
Alessandro Nobili e Silvio Garattini
Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” - Milano
Il caso
Una ragazza di 35 anni durante un corso di ginnastica aerobica, che praticava da molti anni, ha
improvvisamente manifestato i sintomi di un collasso cardiocircolatorio mentre eseguiva alcuni
esercizi di flessione sulle braccia e sulle gambe. La ragazza non stava assumendo alcun farmaco,
ma da circa una settimana prendeva tre volte al giorno un integratore alimentare per la riduzione
del peso corporeo, contenente 15 mg di efedrina e 40 mg di caffeina. Al momento del ricovero in
ospedale la ragazza presentava valori di pressione arteriosa di 110/38 mmHg, una frequenza
cardiaca di 104 battiti al minuto, edema polmonare e segni di un infarto al miocardio, evidenziato
dall’elettrocardiogramma e dai livelli plasmatici degli enzimi cardiaci. Il collasso è stato attribuito
dai medici all’assunzione concomitante dell’integratore contenente efedrina e caffeina, che
avrebbero causato un’eccessiva stimolazione adrenergica, che a sua volta avrebbe innescato la
crisi cardiaca con infarto del miocardio e edema polmonare.
In letteratura sono riportati diversi casi di eventi avversi cardiovascolari e cerebrovascolari, spesso
gravi, conseguenti alla contemporanea assunzione di alcaloidi dell’efredra e della caffeina.
L’efedra è una fonte naturale di efedrina e pseudoefedrina, principi attivi utilizzati in numerosi
preparati dimagranti, integratori alimentari e decongestionanti nasali. La sua assunzione dovrebbe
generalmente essere evitata in associazione alla caffeina e se si stanno assumendo prodotti o
bevande ricche di caffeina. Infatti quest’ultima sarebbe in grado di aumentare gli effetti dei derivati
dell’efedra sul sistema ortosimpatico, aumentando il rischio di effetti collaterali soprattutto a livello
cardiovascolare, come tachicardia, ipertensione arteriosa, emorragie intracraniche e aritmie
cardiache, spesso fatali. Le interazioni della caffeina con l’efedra e i suoi derivati sono le uniche ad
essere associate ad eventi avversi gravi dal punto di vista clinico. Infatti, nonostante dal punto di
vista teorico siano possibili numerose interazioni della caffeina con altre sostanze e diversi farmaci,
soprattutto se attivi sul sistema nervoso centrale, per la maggior parte di esse non ci sono in
evidenze a sostegno della loro rilevanza clinica, anche se tali interazioni potrebbero comunque
rappresentare un rischio nei forti consumatori abituali di bevande contenenti caffeina, soprattutto in
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concomitanza di significative e improvvise variazioni variazioni nelle abitudini di consumo di
questi prodotti.
La caffeina
La caffeina, o 1,3,7-trimetilxantina, è un alcaloide di origine vegetale presente nelle foglie, nei semi
e nei frutti di numerose piante e viene normalmente assunta attraverso la dieta dal consumo di caffè,
di tè e di numerose bibite analcoliche. In tabella 1 è riassunta schematicamente la concentrazione di
caffeina contenuta nelle principali bevande. La caffeina assunta attraverso queste bevande è senza
dubbio il principale e più diffuso stimolante del sistema nervoso centrale con molteplici effetti
sull’organismo, che si manifestano in modo diverso in relazione alla quantità assunta e che possono
andare da un leggero aumento della pressione arteriosa, alla tachicardia, all’aumento
dell’eccitabilità, all’insonnia, all’aumento della diuresi e della motilità gastrointestinale. La
popolarità della caffeina è di fatto legata alle sue proprietà stimolanti ed eccitanti, che si
manifestano generalmente con la diminuzione del senso di fatica e con l’incremento della capacità
produttiva e un maggior resistenza allo sforzo psico-fisico.
Effetti farmacologici ed utilizzi terapeutici della caffeina
a) Sistema nervoso centrale
L’effetto stimolante della caffeina sul sistema nervoso centrale si manifesta in diversi modi:
diminuendo la fatica, aumentando lo stato di vigilanza e la capacità lavorativa e stimolando il centro
midollare del respiro. Quest’ultima azione è molto importante poiché ha permesso alla caffeina di
essere utilizzata in alcuni stati patofisiologici come l’apnea della prematurità, che rappresenta una
delle complicazioni più frequenti dei nati prematuri, nei soggetti con respiro di Cheyene-Stokes o
nei casi di depressione respiratoria indotta da oppioidi. In questi casi, la caffeina è in grado di
aumentare la sensibilità dei centri del respiro midollari all’azione stimolatoria della CO2 e di
incrementare il volume della respirazione minuto. Nel trattamento dell’apnea della prematurità la
caffeina ha dimostrato un’efficacia analoga alla teofillina, causando però minori effetti collaterali e
senza presentare lo svantaggio di dover monitorare in maniera continuativa i livelli plasmatici del
farmaco.
Per la sua azione di stimolante del sistema nervoso centrale la caffeina è inoltre presente in
numerosi composti analgesici; sembra infatti possedere proprietà analgesiche intrinseche in grado di
modulare la componente affettiva del dolore e di attivare le vie centrali noradrenergiche, che
costituiscono un sistema endogeno di soppressione del dolore. Per questo motivo sono disponibili
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sul mercato numerose specialità medicinali ad attività analgesica, alcune delle quali in vendita come
farmaci da banco, contenenti caffeina in associazione a principi attivi come paracetamolo, acido
acetilsalicilico, propifenazone ed ergotamina (tabella 1).
b) Effetti cardiovascolari
Gli effetti della caffeina sul sistema cardiovascolare sono dovuti all’aumento del rilascio di
epinefrina e norepinefrina da parte della midollare del surrene e al prolungamento del loro effetto
mediante l’inibizione della fosfodiesterasi dell'AMP (adenosin-monofostato) ciclico. L’AMP ciclico
è infatti un prodotto cellulare, che viene sintetizzato all’interno della cellula in risposta agli stimoli
di alcuni ormoni come l’adrenalina, che non sono in grado di attraversare la membrana cellulare e
che si legano per questo motivo a recettori di membrana innescando una cascata di eventi che
determinano la risposta cellulare. L’AMP ciclico svolge la funzione di secondo messaggero,
essendo coinvolto nei meccanismi di trasduzione del segnale e la sua inattivazione avviene
principalmente ad opera delle fosfodiesterasi, che lo convertono nella forma “aciclica”, bloccando
la risposta cellulare alla stimolazione adrenergica. Le fosfodiesterasi sono però inibite dalla caffeina
che determina così un aumento dei livelli intracellulari di AMP ciclico e prolunga gli effetti
cellulari generati dalle catecolamine. Gli effetti cardiovascolari della caffeina dipendono in primo
luogo dal dosaggio utilizzato, dalle condizioni di salute del soggetto e dalla eventuale passata
esposizione a composti xantinici; infatti nel consumatore abituale si instaurano fenomeni di
tolleranza che compensano gli effetti cardiovascolari della caffeina rendendoli di scarsa importanza
clinica. Secondo i dati disponibili numerosi individui che consumano regolarmente caffeina
sviluppano una tolleranza completa a molti dei suoi effetti farmacologici già dopo pochi giorni di
assunzione.
c) Effetti renali e gastrointestinali
La caffeina possiede inoltre effetti diuretici probabilmente dovuti ad un’azione diretta a livello dei
tubuli renali e all’aumento della velocità di escrezione di ioni sodio e cloruri.
Ci sono inoltre evidenze che a livello del tratto gastrointestinale la caffeina produce un incremento
della secrezione di acido cloridrico e di pepsina e sembra aumentare la motilità del tratto
gastrointestinale.
d) Dipendenza fisica e sintomi da sospensione
Dipendenza fisica e sintomi da sospensione sono documentati in numerosi casi segnalati in
letteratura e da studi sperimentali. Sintomi da sospensione importanti sono descritti sia in seguito
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all’utilizzo di bassi dosaggi di caffeina (100 mg/die) sia dopo l’assunzione di questo alcaloide per
brevi periodi, anche solo 3 giorni. E’ opportuno tuttavia sottolineare che la gravità dei sintomi è
strettamente dipendente dalla quantità di caffeina assunta e la maggior parte degli effetti riportati
sono riferiti all’utilizzo di dosaggi molto elevati di caffeina, tali da essere considerati di abuso.
Gli effetti da sospensione più comunemente riportati sono la cefalea, sonnolenza, il senso di fatica,
l’irrequietezza e l’ansia, mentre più raramente sono riportati tremori, rigidità muscolare e
confusione mentale.
Interazioni con la caffeina
Come conseguenza della grande popolarità delle bevande contenenti caffeina, il suo consumo è
generalmente ritenuto privo di rischi e l’assunzione per lunghi periodi non è ritenuta di interesse
medico. Tuttavia sono possibili effetti tossici della caffeina riconducibili ad un aumento della sua
azione farmacologica (Tabella 2).
Gli effetti indesiderati più gravi riguardano il sistema nervoso centrale e includono: convulsioni e
delirio, mentre i sintomi che coinvolgono il sistema cardiocircolatorio variano da un moderato
incremento della frequenza cardiaca sino ad aritmie cardiache anche gravi.
Nonostante insorgano normalmente fenomeni di tolleranza agli effetti farmacologici della caffeina,
ciò può non accadere in occasione di un consumo elevato di caffeina o in seguito ad interazioni di
tipo farmacocinetico con farmaci responsabili dell’inibizione del metabolismo della caffeina,
normalmente mediato dal citocromo P450 (CYP1A2), che comporta un aumento delle
concentrazioni plasmatiche della caffeina stessa.
La maggior parte delle interazioni che coinvolgono la caffeina avvengono a livello del CYP1A2 e la
loro conoscenza proviene principalmente da studi di laboratorio che hanno valutato l’affinità per
questo citocromo di numerosi farmaci che agiscono da substrato o da inibitori (consultare il sito
http://medicine.iupui.edu/flockhart) e che potrebbero quindi, da un punto di vista teorico, causare un
aumento significativo delle concentrazioni plasmatiche della caffeina stessa.
Alcune interazioni sono state anche studiate dal punto di vista cinetico su volontari sani, utilizzando
il farmaco ai dosaggi normalmente impiegati in clinica, ma il significato clinico di molte di queste
interazioni non è tuttavia ancora noto. Sono numerosi infatti i farmaci che sono in grado di inibire il
CYP1A2: tra questi troviamo alcuni inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (in
particolare la fluvoxamina), la mexiletina, alcuni chinoloni, gli psoraleni e i contraccettivi orali, tutti
farmaci che sono in grado di aumentare significativamente le concentrazioni plasmatiche e il tempo
di emivita della caffeina (tabella 2).
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L’entità di queste interazioni potrebbe avere implicazioni più importanti dal punto di vista clinico
nel caso in cui il farmaco che agisce da inibitore del metabolismo della caffeina sia esso stesso
substrato dello stesso citocromo. In questo caso, l’interazione a livello del CYP1A2 comporterebbe
un aumento degli effetti tossici del farmaco stesso, come è per esempio il caso dell’interazione con
la clozapina e la teofillina. Infatti, questi due farmaci sono metabolizzati in larga parte dal CYP1A2
e l’assunzione di abbondanti dosi di caffeina, equivalenti a 5-10 tazzine di caffè, potrebbe
aumentare oltre ai livelli ematici della stessa caffeina, anche quelli di questi farmaci, esponendo il
paziente al rischio di andare incontro ai loro effetti collaterali. Sono ad esempio riportati in
letteratura due casi di pazienti che in seguito ad interazione della caffeina con la clozapina hanno
sviluppato in un caso una tachicardia sopraventricolare e nell’altro, riferito ad un soggetto
schizofrenico, l’esacerbazione di episodi di psicosi acuta. Gli eventi, in entrambi i pazienti, sono
stati attribuiti all’inibizione competitiva del metabolismo della caffeina a livello del CYP1A2, che
avrebbe in un caso determinato un aumento del rilascio di catecolamine e dei livelli plasmatici di
clozapina, con conseguente tachicardia, mentre nell’altro l’interazione avrebbe provocato un
aumento delle concentrazioni di caffeina tale da indurre una eccessiva stimolazione centrale, in
grado di contrastare l’azione antipsicotica della clozapina. L’attribuzione di questi eventi
all’interazione tra il farmaco e la caffeina è stata inoltre rafforzata dall’evidenza che, alla
sospensione dell’assunzione di caffè, si è riscontrato un miglioramento significativo dei sintomi
avversi in entrambi i casi. L’interazione più probabile con la clozapina comporta comunque un
significativo aumento delle concentrazioni plasmatiche del farmaco, confermata da studi condotti su
soggetti schizofrenici nei quali la sospensione dell’assunzione di caffeina attraverso la dieta ha
mostrato una diminuzione del 45-80% dei livelli plasmatici dell’antipsicotico.
La caffeina può infine provocare interazioni anche a livello dell’escrezione renale, come nel caso
dell’interazione con il litio. Nei forti consumatori di bevande a base di caffeina sono infatti riportati
casi di incremento delle concentrazione plasmatiche del litio intorno al 25-30% in seguito alla
brusca sospensione della loro assunzione. Il litio è infatti eliminato prevalentemente a livello renale
e la sua farmacocinetica è fortemente influenzata da tutti quei fattori che possono modulare la
diuresi. Ciò sarebbe confermato da alcuni casi di pazienti in terapia di mantenimento con litio che
hanno manifestato la comparsa di tremori in seguito alla improvvisa sospensione nell’assunzione di
caffè, che avrebbe provocato una riduzione significativa della diuresi e di conseguenza una
riduzione nell’eliminazione renale del litio stesso.
Conclusioni
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Nonostante la maggior parte delle evidenze sulle interazioni con la caffeina siano basate su dati di
laboratorio o su segnalazione di singoli casi clinici, i pazienti che abitualmente fanno largo uso di
bevande contenenti caffeina dovrebbero evitare brusche variazioni nelle loro abitudini, soprattutto
se in trattamento con farmaci che condividono la stessa via metabolica della caffeina. Questo
consentirebbe di evitare che fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche del farmaco o della
caffeina stessa possano provocare effetti indesiderati.
Ciò dovrebbe essere consigliato soprattutto a quei pazienti, come ad esempio quelli con disturbi
psichiatrici, tra i quali è noto vi sia un largo consumo/abuso di bevande contenenti caffeina e nei
quali potrebbe verificarsi una diminuzione dell’efficacia dell’antipsicotico o un aumento del rischio
di effetti indesiderati, in seguito a brusche variazioni nelle abitudini di consumo delle bevande
contenenti caffeina.
Particolare attenzione dovrebbe inoltre essere posta al consumo di preparati dimagranti o stimolanti
contenenti derivati dell’efedra, soprattutto se utilizzati in soggetti che presentano fattori di rischio
per l’insorgenza di aritmie cardiache o di altri eventi cardiovascolari maggiori.
Bibliografia essenziale
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Tabella 1 – Contenuto di caffeina nelle principali bevande e specialità medicinali antalgiche
Caffè decaffeinato
< 5 mg in tazzina da 30 ml
Caffè espresso
30 – 50 mg in tazzina da 30 ml
Caffè americano
85 mg in tazza da 200 ml
Caffè solubile
75 mg in tazza da 200 ml
Tè
50 mg in tazza da 200 ml
Cioccolata
5 – 35 mg in tavoletta da 50 g
Bibite
< 50 mg in bicchiere 250 ml
Bibite energetiche
< 80 mg in bicchiere 250 ml
Specialità analgesiche
25 mg/cpr – 100 mg/cpr o supposta
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Tabella 2 – Principali interazioni tra caffeina e farmaci.
Principio attivo interagente
Chinoloni e Fluorochinoloni
(acido pipemidico,
ciprofloxacina, enoxacina,
grapefloxacina, norfloxacina,
ofloxacina)
Contraccettivi orali
Moderata
Aumento degli effetti
cardiovascolari e centrali della
caffeina (tremore, tachicardia,
ipertensione, insonnia)
Inibizione del
metabolismo della
caffeina, mediato dal
citocromo P4501A2
Comportamento
clinico
Evitare variazioni
nell'utilizzo abituale di
caffeina in corso di
terapia, per evitare
fluttuazioni delle
concentrazioni
plasmatiche
dell’antipsicotico
Evitare un consumo
eccessivo di caffeina e
monitorare l’insorgenza
di effetti collaterali
Moderata
Aumento della stimolazione
centrale da parte della caffeina
Efedra e derivati
(fenilpropanolamina,
pseudoefedrina)
Maggiore
Evitare un consumo
eccessivo di caffeina e
monitorare l’insorgenza
di effetti collaterali
Evitare la
cosomministarzione
Inibitori selettivi della
ricaptazione della serotonina
- SSRI (fluvoxamina)
Moderata
Moderata
Inibizione del
metabolismo della
caffeina, mediato dal
citocromo P4501A2
Riduzione della clearance
renale del litio
Monitorare la pressione
sanguigna e i segni di
tossicità da caffeina
Litio
Mexiletina
Moderata
Aumento degli effetti
simpaticomimetici dell'efedra
(tachicardia, ipotensione,
emorragia intracraniale,
aritmia cardiaca)
aumento degli effetti
cardiovascolari e centrali della
caffeina (tremore, tachicardia,
ipertensione, insonnia)
Aumento del rischio di
tossicità da litio (astenia,
tremore, sete eccessiva,
confusione)
Aumento degli effetti
cardiovascolari e centrali della
caffeina (tremore, tachicardia,
ipertensione, insonnia)
Inibizione del
metabolismo della
caffeina, mediato dal
citocromo P4501A2
stimolazione adrenergica
additiva
Inibizione del
metabolismo della
caffeina, mediato dal
citocromo P4501A2
Psoraleni
Moderata
evitare la rapida
eliminazione di
bevende o medicinali
contenenti caffeina,
perché ciò potrebbe
causare eccessivi effetti
collaterali da caffeina
(tremore, nausea,
vertigini, cefalea)
Monitorare la pressione
sanguigna e i segni di
tossicità da caffeina
Teofillina
Moderata
Verapamil
Moderata
Antipsicoti (clozapina,
olanzapina)
Rilevanza
clinica
Moderata
Effetti clinici
Meccanismo
Aumento del rischio di
tossicità da antipsicotico
(sedazione, convulsioni,
ipotensione)
Inibizione del
metabolismo
dell’antipsicotico mediato
dal citocromo P4501A2
aumento degli effetti
cardiovascolari e centrali della
caffeina (tremore, tachicardia,
ipertensione, insonnia)
Aumento del rischio di
tossicità da teofillina (nausea,
vomito, palpitazioni,
convulsioni)
Inibizione del
metabolismo della
caffeina, mediato dal
citocromo P4501A2
riduzione del metabolismo
della teofillina
aumento degli effetti
cardiovascolari e centrali della
caffeina (tremore, tachicardia,
ipertensione, insonnia)
Inibizione del
metabolismo della
caffeina, mediato dal
citocromo P4501A2
-8-
Monitorare i sintomi di
tossicità da litio
Evitare se possibile il
consumo di caffeina; in
caso contrario evitare
variazioni nell'utilizzo
abituale di caffeina e in
presenza di effetti
avversi da teofillina
ridurre il dosaggio di
caffeina
Monitorare la pressione
sanguigna e i segni di
tossicità da caffeina
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