DIARIO
GIOVEDÌ 27 GENNAIO 2011
DI REPUBBLICA
■ 44
Spesso gli uomini di governo raccontano falsità
ai cittadini. Quello che cambia da paese a paese
è la diversa reazione dell’opinione pubblica
BUGIE
Quando il potere mente
e pretende l’impunità
ALEXANDER STILLE
LIBRI
ALEXANDRE
KOYRÉ
Sulla
menzogna
politica
Lindau 2010
STEFANO
RODOTÀ
La vita
e le regole
Feltrinelli
2009
ERASMO DA
ROTTERDAM
L’educazione
del principe
cristiano
Edizioni di
Pagina 2009
ANDREA
TAGLIAPIETRA
Filosofia
della bugia
Bruno
Mondadori
2008
NORBERTO
BOBBIO
Il futuro della
democrazia
Einaudi 2005
LUIGI
STURZO
La politica e la
menzogna
Rubbettino
2004
JONATHAN
SWIFT
L’arte della
menzogna
politica
Ibis 2004
GIORGIO
BOCCA
Piccolo
Cesare
Feltrinelli 2003
ROSARIO
VILLARI
Elogio della
dissimulazion
Laterza 2003
ELIAS
CANETTI
Massa e
potere
Adelphi 1981
tati Uniti e Italia hanno
atteggiamenti molto diversi, a quanto pare, di
fronte alle menzogne
degli uomini politici.
Negli Stati Uniti, il Presidente
Richard Nixon è stato costretto a
dimettersi perché aveva mentito
nello scandalo del Watergate, anche se non è mai stato dimostrato
che Nixon sapesse in anticipo del
furto commesso nella sede del
Partito Democratico, evento che
fece scattare le indagini. Il Presidente Bill Clinton è scampato per
un paio di voti all’impeachment
perché aveva mentito davanti agli
investigatori sul suo rapporto
sentimentale con la stagista Monica Lewinsky.
In Italia, le bugie del Presidente
del Consiglio Silvio Berlusconi sono ormai innumerevoli, fino allo
scandalo attuale, il cosiddetto
Rubygate, in cui nega di aver pagato per prestazioni sessuali e di
aver esercitato pressioni sulla polizia per far rilasciare la ragazza
marocchina minorenne.
L’atteggiamento americano
nei confronti del mentire è complesso e a volte contraddittorio.
Le bugie hanno comunque sempre svolto un certo ruolo nella vita pubblica americana.
Alla fine dell’Ottocento gli Stati
Uniti hanno mosso guerra alla
Spagna sulla base di un episodio
volutamente gonfiato, se non addirittura inventato: l’esplosione
della nave americana Maine nel
porto dell’Avana, che, si venne poi
a sapere, fu un incidente del tutto
casuale e non un atto di guerra.
Eppure gli Americani sono andati
in guerra ripetendo lo slogan “Remember the Maine”, impossessandosi intanto dei territori di varie colonie spagnole. Più recentemente Lyndon Johnson ha giustificato l’intensificazione dell’intervento americano nel Vietnam
sulla base di una serie di attacchi
sottomarini nel Golfo del Tonchino. Quando fece il suo discorso
pubblico sulla necessità di mandare più truppe nel Vietnam,
Johnson pensava davvero che gli
attacchi fossero avvenuti. Ma dopo aver saputo che i rapporti iniziali erano sbagliati, il presidente
non rettificò quello che sapeva essere una versione falsa dell’episodio. Durante la Guerra Fredda i
presidenti americani e i loro consiglieri hanno giustificato l’uso
dell’inganno e della semplificazione e perfino della menzogna
sostenendo che giusti fini giustificassero mezzi discutibili. Così il
pubblico americano ha perdonato Ronald Reagan nell’affare IranContras, dove l’amministrazione
aveva mentito ripetutamente sul
programma illegale di vendere ar-
S
Vietnam
Ragione di stato
Il presidente Johnson
dovette rinunciare
a ricandidarsi nel ’68
perché era stato
sbugiardato su
alcuni episodi della
guerra in Vietnam
Negli Stati Uniti si
distingue chiaramente
tra le menzogne dette
per “ragione di stato”
e quelle che servono
esclusivamente per
vantaggi personali
mi all’Iran dell’Ayatollah per poi
usare i profitti per aiutare i Contras dell’America centrale.
Eppure la concezione dell’onestà e della credibilità dei nostri
presidenti rimane un valore importante. Il presidente Dwight Eisenhower pensò perfino di dimettersi quando fu colto ad aver
mentito dopo la caduta di un aereo-spia in territorio sovietico. I
presidenti che hanno mentito a
danno della collettività hanno pagato un caro prezzo: le bugie sulla
guerra in Vietnam hanno gravemente compromesso la presidenza di Johnson, spingendolo a
non presentarsi come candidato
nel 1968. Come le menzogne di
Bush hanno contribuito a spingere il suo tasso di approvazione a livelli bassissimi verso la fine del
suo mandato.
Gli americani fanno una grossa
distinzione tra bugie raccontate
per ragioni di stato e bugie dette
per puro vantaggio personale. Gli
americani non hanno mai seriamente pensato di punire George
W. Bush perché aveva mentito
sulla presenza di armi di distruzione di massa in Iraq e le ragioni
dell’invasione. Invece Nixon è caduto non solo perché aveva mentito, ma anche perché tutta l’operazione Watergate non aveva al-
SILLABARIO
BUGIE
HANNAH ARENDT
difficile che esista una figura politica che abbia più probabilità di destare un giustificato
sospetto di colui il quale per professione dice
la verità e ha scoperto qualche felice coincidenza tra
verità e interesse. Il bugiardo, al contrario, non necessita di tali dubbi adattamenti per apparire sulla
scena politica; egli ha il grande vantaggio di essere
sempre, per così dire, già al centro di essa. Egli è un
attore per natura; dice ciò che non è perché vuole
che le cose siano differenti da ciò che sono, e cioè
vuole cambiare il mondo. Egli trae vantaggio dall’innegabile affinità esistente tra la nostra capacità
di agire, di cambiare la realtà, e questa nostra misteriosa facoltà che ci consente di dire “il sole splende” quando sta piovendo a dirotto (…). Dove tutti
mentono riguardo ad ogni cosa importante, colui
che dice la verità, la sappia o no, ha iniziato ad agire.
È
cuna giustificazione nella salvaguardia del bene pubblico, ma
aveva l’unico scopo di favorire
Nixon nella sua campagna elettorale del 1972. Invece nel caso Clinton-Lewinsky la grande maggioranza degli americani perdonò il
presidente perché capì che le sue
menzogne erano basate su ragioni puramente private: non è mai
venuto fuori nessun atto pubblico
che dimostrava che Clinton fosse
stato influenzato dal suo rapporto con la Lewinsky. Perciò, malgrado quasi tutti i deputati e senatori repubblicani fossero determinati a far fuori il presidente, il
tasso di approvazione di Clinton
rimase sempre piuttosto alto anche nei momenti più bui dello
scandalo.
Gli italiani fanno fatica a capire
(nel caso Berlusconi) che il privato può sconfinare facilmente con
il pubblico e sembrano non distinguere tra bugie dovute a qualche “ragione di stato” e quelle per
puro tornaconto personale. Molti cittadini si rifiutano di considerare altro che “spazzatura” episodi squallidi e comportamenti poco etici, fatti puramente privati
che dovrebbero rimanere dietro
le porte chiuse del “privato”. Ma
ne trascurano le conseguenze
pubbliche: per esempio che alcune delle ragazze presenti ai festini
del presidente sono state portate
da un imprenditore, Gianpaolo
Tarantini, il quale sperava di ottenere – e otteneva – appalti governativi. Nel caso di Ruby il pubblico e il privato, l’immorale e il lecito sono tutti intrecciati: il presidente del Consiglio, dopo aver ricevuto una telefonata di allarme
da una prostituta brasiliana, ha
interrotto un viaggio di stato in
Francia ed è intervenuto ripetutamente con la polizia di Milano. Ha
raccontato delle bugie invocando
ragioni di stato, accennando la
parentela di Ruby con il presidente egiziano Mubarak per ragioni
puramente personali: per tirar
fuori dalle mani degli investigatori una ragazza minorenne che
avrebbe potuto raccontare aspetti pericolosi della vita del premier.
In realtà, anche mentire per ragioni di stato si è quasi sempre rivelato un grave errore: dal Vietnam all’Iran-Contras alla guerra
in Iraq, le bugie hanno solo aiutato a giustificare politiche con fondamenta molto fragili che non
avrebbero retto a un esame più serio delle loro ragioni. La trasparenza ha spesso salvato vite umane, forse milioni. Rispettare la verità, la legge, l’opinione pubblica
non è questione di puro moralismo, e non è una questione solamente americana.
Gli autori
IL SILLABARIO di Hannah Arendt è tratto da
Verità e politica (Bollati Boringhieri). Tra gli ultimi libri di Alexander Stille dedicati al nostro
paese, Citizen Berlusconi. Il cavalier miracolo
(Garzanti). Carlo Galli, professore di Storia delle dottrine politiche a Bologna, è autore del saggio Perché ancora destra e sinistra (Laterza).
I Diari online
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© RIPRODUZIONE RISERVATA
Repubblica Nazionale
Immanuel Kant
Friedrich Nietzsche
Norberto Bobbio
La menzogna danneggia
l’umanità, in quanto annienta
la fonte stessa del diritto
Il mentitore si serve
delle parole per far apparire
l’irreale come reale
Per vivere una democrazia
deve bandire la strategia
della simulazione e dell’inganno
Sul presunto diritto di mentire per amore dell’umanità, 1797
Verità e menzogna in senso extramorale, 1873
Elogio della mitezza e altri scritti morali, 1998
NERONE
IL PRINCIPE
L’URSS
WATERGATE
OGGI
Nel 64 un incendio
devasta Roma. Nerone
per sviare i sospetti
accusa i cristiani e ne
ordina la persecuzione
Il principe di Machiavelli
può ricorrere alla
menzogna per “ragion
di Stato” e per motivi
di realismo politico
Stalin usa la menzogna
come propaganda. Sarà
Krusciov a denunciare
nel 1956 i processi farsa
e i crimini del regime
Nixon, accusato
di spionaggio politico
dal “Washington Post”,
cerca inizialmente di
insabbiare lo scandalo
Il Rubygate e gli ultimi
scandali riaccendono
la discussione sul valore
della verità nella politica
delle nostre democrazie
■ 45
Le tappe
Come è cambiato il modo di falsificare la realtà Oggi si fabbricano favole per i cittadini-spettatori
GLI INGANNI
LA VERITÀ
DELLA POLITICA MEDIATICA
FILIPPO CECCARELLI
CARLO GALLI
embra di ricordare che nella fatidica primavera del
1992 una dozzina di politici accettarono di sottoporsi
alla macchina della verità. C’erano negli studi di ReteA un giornalista, un medico in camice bianco e una
sedia dotata di fili, cinghiette e sensori che restituivano al
pubblico le reazioni dei malcapitati, appartenenti a una categoria ritenuta pregiudizialmente bugiarda.
Il programma ebbe scarso successo. Così come, sul piano
dell’inventiva propagandistica, non ha mai troppo funzionato accusare il presidente del Consiglio di turno raffigurandolo su poster, magliette e cartelli con il naso lungo di Pinocchio.
Tutti Pinocchi, infatti, equivale a nessun vero Pinocchio. E
questo per dire con rassegnato scoramento che in Italia ci si
aspetta che i potenti si facciano strada con le bugie. "Ci fanno
marciare i treni", è l’allegra formula; come se tale spinta motoria fosse inscritta nel codice inesorabile del comando.
Perfino di De Gasperi, su cui è aperto un processo di beatificazione, è stato scritto che simulava svenimenti per cacciarsi fuori da situazioni imbarazzanti. E addirittura Pertini,
che nella coscienza laica resta un campione di onestà, disertò
un Meeting di Cl accampando la slogatura di un caviglia che
pare fosse sanissima. Per entrambi, il ricorso al dato fisico della malattia costituisce il limite estremo e più accettabile dell’insincerità.
a politica non è lo spazio né della Verità né della
Menzogna. Non deve ospitare un Assoluto da custodire a ogni costo, né un Vuoto radicale di senso,
in cui tutto è possibile; né un Bene né un Male. Perché spesso l’uno si rovescia nell’altro.
Un’illustre tradizione che, in età moderna, nasce in parte da Machiavelli e dalla Ragion di Stato, collega la politica
al Male e teorizza anche la liceità, per il potente, di mentire; il potere politico è segreto, le sue vie e le sue ragioni sono nascoste al popolo, a cui la vera finalità dell’agire politico — la potenza — non va rivelata; anzi, la si deve schermare, dissimulare, rappresentare falsamente come fosse
orientata al Bene. Il potere è opaco, e tale deve rimanere;
non può essere indagato né criticato, perché trascende la
comprensione della gente comune, dei cittadini.
La modernità politica si è affermata attraverso la lotta illuministica contro gli arcana imperii, contro il combinarsi di segreto, dissimulazione, menzogna, a cui ha opposto
la luce della ragione pubblica, capace di indagare e rischiarare quelle tenebre. E ciò è avvenuto in nome della Libertà; che è anche la libertà dei cittadini di non essere ingannati dal potere, e di vivere in uno spazio politico trasparente, pubblico e condiviso.
Ciò non significa che la menzogna non abiti la politica
S
ALLEGORIE
Due allegorie della menzogna. Qui sopra, di
Giovanni Bellini, in alto di Salvator Rosa.
Qui sotto: il cavallo di Troia in una illustrazione
del XV secolo
L
De Gasperi e Pertini
Nuovi segreti
Nel passato si registrano episodi su questo tema
anche se avevano caratteristiche molto diverse
De Gasperi, ad esempio, pare simulasse svenimenti
mentre Pertini finse la slogatura di una caviglia
La tendenza a nascondere le cose non riguarda solo
le tirannie ma ha contagiato anche le democrazie
Mistificare assume una rilevanza pubblica
perché nessuno può più esercitare il diritto di critica
Per tutti gli altri grandi la bugia era da ritenersi una sorta di
disfunzione professionale: meglio non farsi beccare, ma che
ci volete, è così. A tale proposito i democristiani elaborarono
tesori di teoretica e di casistica giostrando tra peccati e reati
con il soccorso della dottrina, a partire dagli obiettivi secondo una specie di marketing dell’anima, dei magheggi e della
ragion di Stato. Così ad Andreotti si fa risalire la fondamentale e subito abusata distinzione tra bugie ed omissioni; mentre Cossiga, che già apparteneva a una generazione meno
spaventata dall’ipotesi di finire nel fuoco della Geenna, si presentò un giorno alla Commissione Inquirente che doveva decidere se giudicarlo o meno, comunque proponendosi per
l’eventuale redazione di "un trattatello sull’uso della menzogna in politica". Là dove l’allusione acculturata a un genere
letterario cinque e seicentesco faceva l’occhietto a una pratica di "bugiarderie" – per dirla non a caso con il linguaggio mafioso - che certo trascendeva l’impegno dei cattolici in politica.
Alle Botteghe Oscure, d’altra parte, più che trattati e trattatelli vigeva l’originario assioma della verità, che sempre era
rivoluzionaria, e poi quell’altro, già più pratico, del partito
che aveva sempre ragione. Inutile dire che sull’altare del dogma non solo furono spacciate una miriade di balle, ma vennero anche compiuti fin troppi sacrifici umani.
Però questo non significa affatto che Berlinguer o Moro
fossero dei bugiardi, e anzi in entrambi i casi ci sono testimonianze secondo cui arrossivano – ciò che forse contribuisce a
fare della loro morte l’ultimo evento autenticamente catartico della vicenda repubblicana. Se non proprio ingannevole,
Mani Pulite sembra al contrario una purificazione incompiuta, o a metà. In questo senso neppure Craxi era un bugiardo – anche se De Mita, che nel 1987 si vide rimangiare la promessa di una staffetta a Palazzo Chigi, avrebbe qualcosa da
obiettare.
Il problema semmai è che tramontate le ideologie, sono rimaste le bugie, per giunta degradate e fatte volgari: «Mi ha
detto: cerca di passare per pazza – confida Ruby – racconta
cazzate, io ti sarò sempre vicino». E anche la macchina della
verità ha la spina staccata.
moderna. E non solo perché spesso i politici mentono; ma
per il motivo più radicale che anche la politica moderna si
è creduta portatrice di Verità — di una Verità di liberazione contro l’antica oppressione — , e che in nome delle sue
certezze assolute si è sentita legittimata a ogni comportamento — la menzogna, ma anche ben di più — per difenderle e affermarle: la spietatezza dei totalitarismi novecenteschi ne è testimonianza. Ma anche senza entrare negli inferni totalitari — in cui Verità e Menzogna si rovesciano continuamente l’una nell’altra — la menzogna ha contagiato perfino le democrazie: la politica moderna ha un
nucleo di segreto — la difesa dello Stato, la sua potenza —
a cui, nonostante sia in contraddizione con la democrazia,
non sa rinunciare, anche a costo della menzogna di Stato,
della falsa rappresentazione del reale. Lo si è visto nel contesto imperiale degli Usa — che dal Vietnam all’Iraq hanno mentito per giustificare le loro guerre — e anche nel più
modesto spazio italiano, in cui la politica degli omissis rispondeva alla medesima logica di salvaguardia, attraverso la menzogna, del presunto Bene superiore dello Stato.
La tragedia della politica sta proprio qui: nella dialettica fra
segreto del potere e libertà dei cittadini.
L’età contemporanea ci mostra che la Menzogna si sposa alla politica anche nel fabbricare mediaticamente un
mondo di favola e nell’elargirlo a platee di cittadini ridotti
a spettatori, che non possono esercitare il diritto di critica,
di fare domande, di avere risposte; è Menzogna anche l’illusionismo che trasforma il discorso pubblico in una fiction. Ma oggi la cronaca ci rivela un nuovo rapporto fra politica e menzogna; quello delle bugie private, a proposito
di reprensibili comportamenti personali, che assumono
rilevanza politica proprio perché la politica è stata identificata con un uomo, un corpo, una vicenda personale.
Questa privatizzazione della Menzogna, con effetti pubblici, unisce al tragico il farsesco; ma viola ugualmente l’unica Verità a cui la politica democratica possa aspirare:
quella che nasce in una comunità politica dal libero confronto di cittadini liberi dall’inganno e dalla manipolazione.
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LIBRI
LORELLA
CEDRONI
Menzogna
e potere
nella filosofia
occidentale
Le Lettere
2010
NICCOLÒ
MACHIAVELLI
Il principe
Bur 2008
MARIA
BETTETINI
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di verità
Einaudi 2004
JEREMY
CAMPBELL
La grande
bugia
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AGOSTINO
Sulla bugia
Bompiani
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GEORGES
BATAILLE
L’aldilà
del serio
e altri saggi
Guida 2000
VLADIMIR
JANKÉLÉVITCH
La menzogna
e il malinteso
Raffaello
Cortina 2000
ERRICO
BUONANNO
Sarà vero
La menzogna
al potere
Einaudi 2009
GIACCHÈ
VLADIMIRO
La fabbrica
del falso
DeriveAppro
di 2008
I.KANT
B.CONSTANT
La verità e
la menzogna
Bruno
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