UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTÁ DI MEDICINA E CHIRURGIA DOTTORATO DI RICERCA IN FISIOLOGIA SETTORE SCIENTIFICO DISCIPLINARE BIO-09 CICLO XXIII Tesi di Dottorato di Ricerca Studio dell’interazione tra le proteine citoscheletriche 4.1R80 e 4.1R135 e la proteina ICln: aspetti molecolari e funzionali. Dottorando: Dott.ssa Chiara Zanoni Matricola: R07659 Tutor: Prof. Giuliano Meyer Dipartimento di Scienze Biomolecolari e Biotecnologie Coordinatore: Prof. Paolo Cavallari Anno Accademico 2009-2010 Indice 1 Riassunto 1 2 Introduzione 5 2.1 La regolazione del volume cellulare 5 2.2 Sensori e modulatori delle variazioni del volume cellulare 8 2.3 L’RVD 17 2.3.1 Meccansimi di trasporto coinvolti nel’RVD 17 2.3.2 La corrente per il Cl- attivata durante l’RVD: ICl,swell 19 2.4 ICln 22 2.4.1 Struttura di ICln 22 2.4.2 La localizzazione e la funzione 28 2.4.3 Interazione di ICln con altre proteine 31 2.5 La proteina 4.1 34 2.5.1 La struttura 34 2.5.2 La funzione e le interazioni 43 3 Scopo del lavoro 47 I 4 Materiali e Metodi 50 4.1 Colture cellulari 50 4.2 Estrazione dell’RNA citoplasmatico 51 4.3 Elettroforesi dell’RNA 53 4.4 Retrotrascrizione (RT) con oligo dT 54 4.5 PCR 54 4.6 Clonaggio del cDNA per la proteina 4.1Rsh e 4.1RII nei vettori, pEYFP-C1, pEYFPN1 56 4.6.1 PCR 58 4.6.2 Elettroforesi del DNA 60 4.6.3 Purificazione dei prodotti di PCR 61 4.6.4 Reazioni di restrizione 61 4.6.5 Purificazione dei prodotti di digestione 63 4.6.6 Ligazione 63 4.7 Mutagenesi del sito di inizio ATG2 presente nel plasmide IRES 4.1 RII 64 4.8 Produzione di batteri competenti 66 4.9 Trasformazione batterica 67 4.10 Miniprep 68 4.11 Maxiprep 69 4.12 Dosaggio acidi nucleici 71 4.13 Trasfezione 71 4.14 FRET, Fluorescence Resonance Energy Transfer 73 4.14.1 Tecnica dell’Acceptor Photobleaching 75 4.14.2 "Sensitized emission" 76 II 4.15 Studi di immunocitochimica 78 4.16 Estrazione proteine totali 79 4.17 Estrazione proteine nucleari e citosoliche 80 4.18 Estrazione proteine totali di membrana 83 4.19 Dodaggio proteico 85 4.20 Coimmunoprecipitazione 85 4.21 Western blot 87 4.22 Esperimenti di patch-clamp 93 4.23 Conte cellulari e curve di crescita 95 4.24 Analisi statistiche 96 5 Risultati 97 5.1 Caratterizzazione delle isoforme di 4.1 espresse in cellule HEK: RT-PCR 97 5.2 Interazione tra ICln e 4.1R 101 5.2.1 Interazione in vivo in cellula. Esperimenti di FRET: interazione tra ICln e 4.1Rsh 101 5.2.2 Studio dell’interazione tra ICln e l’isoforma corta (4.1Rsh) della proteina 4.1 mediante coimmunoprecipitazione. 108 5.2.3 Interazione in vivo in cellula. Esperimenti di FRET: interazione tra ICln e 4.1RII 110 5.2.4 Studio dell’interazione tra ICln e l’isoforma lunga (4.1RII) della proteina 4.1 mediante coimmunoprecipitazione. 112 5.3 Studi di localizzazione subcellulare: nucleo. 115 5.3.1 Studio della localizzazione della proteina 4.1Rsh e di ICln nel nucleo. 115 5.3.2 Studi di immunofluorescenza sulla localizzazione di ICln in cellule HEK 293 Phoenix in cui è overespressa la proteina 4.1Rsh. 120 III 5.3.3 Studi di western blot sui livelli di espressione della proteina ICln in cellule HEK 293 Phoenix transfettate con la proteina 4.1Rsh e sui livelli di espressione totali della proteina 4.1 in cellule transfettate con ICln. 121 5.3.4 Studi di western blot sui livelli di espressione nel nucleo della proteina ICln in cellule HEK 293 Phoenix transfettate con la proteina 4.1Rsh e sui livelli di espressione nucleare della proteina 4.1 in cellule transfettate con ICln. 124 5.3.5 Studio della localizzazione della proteina 4.1RII e di ICln nel compartimento nucleare. 128 5.3.6 Studi di western blot sui livelli di espressione nel nucleo della proteina ICln in cellule HEK 293 Phoenix transfettate con la proteina 4.1RII e sui livelli di espressione nucleare della proteina 4.1 in cellule transfettate con ICln. 131 5.4 Studi di localizzazione subcellulare: membrana. 135 5.4.1 Osservazione delle immagini di FRET della localizzazione in membrana di entrambe la isoforme: 4.1Rsh e 4.1RII. 135 5.4.2 Studi di western blot sui livelli di espressione della proteina 4.1R in membrana in cellule HEK 293 Phoenix co-espresse con la proteina ICln. 138 5.5 4.1R e RVD 140 5.5.1 Studi di western blot sulla localizzazione in membrana della proteina 4.1R sottoposta a uno stimolo ipotonico 141 5.5.2 Significato funzionale dell’interazione tra ICln e 4.1: Esperimenti di patchclamp. 144 5.7 Studi di proliferazione di cellule HEK 293 Phoenix transfettate con 4.1Rsh e ICln. 148 6 Discussione 150 Bibliografia 163 IV V 1 Riassunto ICln riveste un ruolo fondamentale nell’attivazione dell’ICl,swell, la corrente di cloruro attivata dal rigonfiamento cellulare, (Okada et al., 1997). Lo stress ipotonico induce una traslocazione di ICln verso la membrana cellulare che accompagna l’attivazione della corrente ma non è ancora stato chiarito se ICln intervenga come regolatore o se rappresenti uno dei componenti del canale stesso. Oltre ad essere coinvolta nel’RVD (Regulatory Volume Decrease), ICln è coinvolta in numerosi altri processi cellulari come dimostrato dal pattern delle sue interazioni con altre proteine quali proteine coinvolte nello splicing dell’mRNA (Pu et al., 1999) e proteine di adesione (integrine) (Larkin et al., 2004). Di particolare interesse per questo lavoro è l’interazione di ICln con proteine citoscheletriche. E’ noto infatti che l’ICl,swell è modulata dallo stato del citoscheletro actinico (Lang et al., 1998; Moustakas et al., 1998) e ICln lega numerose proteine citoscheletriche tra cui la stessa actina, la miosina e alcune proteine appartenenti alla famiglia delle 4.1, una famiglia di proteine multifunzione coinvolta nella regolazione del citoscheletro, della morfologia cellulare e di membrana e della proliferazione cellulare. E’ già noto che 4.1R e ICln interagiscono: l’interazione è stata appurata tramite le tecniche del doppio ibrido in lievito, di coimmunoprecipitazione e spettrometria di massa (Tang et al. 1998; Figeys et al., 2001). In particolare si è visto che il dominio Cterminale di ICln (aminoacidi dal 103 al 237) lega il dominio di 30 kDa C-terminale (FERM) della proteina 4.1R (80 kDa) (Tang et al., 1998), a livello degli aminocaidi 136-283 (Calinisan et al., 2006). L’utilizzo di queste tecniche, tuttavia, non ha fornito informazioni né sulla sede dell’interazione, né sulla funzione, aspetto di estremo interesse, vista la spiccata multifuzionalità di entrambe le proteine. Su queste basi, in questo lavoro abbiamo studiato in vivo tramite la tecnica del FRET (Fluorescence Resonance Energy Transfer) l’interazione tra ICln e 4.1R umana, per studiarne la localizzazione subcellulare e l’evolversi durante l’ipotonia. Sebbene ICln interagisca con i FERM di tre diverse isoforme di 4.1, l’isoforma R, B e G abbiamo scelto di focalizzarci sull’ isoforma R. 1 Tale isoforma è il prototipo della famiglia ed è la prima per cui è stata riportata l’interazione con ICln (Tang et al., 1998) e quella per cui i siti di interazione sono stati meglio caratterizzati. L’indagine è stata estesa a due tipi di isoforme di 4.1R: una ad alto peso molecolare, (4.1RII variante lunga) e una a basso peso molecolare (4.1Rsh, variante corta), che sono clonate da cellule embrionali umane HEK-293 Phoenix. Entrambe le isoforme sono state inserite in vettori per la FRET (pEYFP-N1 e pEYFP-C1) inoltre abbiamo utilizzato due plasmidi che consentono l’espressione della proteina ICln come proteina di fusione con il fluoroforo CFP all’ N-terminale o al C-terminale. Gli esperimenti di FRET sono stati condotti per ogni configurazione possibile per entrambe le isoforme dando risultati molto diversi a seconda delle coppie donatore-accettore utilizzate, suggerendo che l’organizzazione spaziale del complesso 4.1R-ICln sembra essere piuttosto rigidamente orientata nello spazio; tuttavia possiamo dire che il segnale di FRET più forte l’abbiamo verificato tra la 4.1Rsh e ICln. Questi esperimenti sono stati affiancati da esperimenti di immunoprecipitazione in cui sono stati utilizzati gli stessi plasmidi in cui sono inserite le due isoforme della 4.1R (YFP-N1 4.1Rsh o YFP-C1 4.1Rsh; YFP-N1 4.1RII o YFP-C1 4.1RII) utilizzate per gli esperimenti di FRET e la proteina ICln a cui era legato un Flag-tag all’estremità C-terminale. Tali esperimenti hanno evidenziato che entrambe le isoforme 4.1Rsh e 4.1RII interagiscono con ICln. Inoltre i dati di FRET (utilizzando sia la metodica dell’Acceptor Photobleaching che della Sensitized emission) indicano che, perlomeno per l’isoforma corta con il YFP fuso all’Nterminale della 4.1Rsh (YFP-4.1Rsh) l’ipotonia aumenta i valori di efficienza di FRET e quindi presumibilmente l’interazione tra 4.1Rsh e ICln. Gli esperimenti sulla interazione sono stati affiancati dallo studio dell’influenza reciproca delle due proteine sulla loro localizzazione subcellulare. I distretti cellulari su cui abbiamo focalizzato la nostra attenzione sono il nucleo e la membrana. L’osservazione delle immagini di microscopia confocale ottenute per gli esperimenti di FRET, gli studi di immunofluorescenza e i western blot hanno evidenziato che quando la 4.1Rsh è co-espressa con ICln il segnale di entrambe diminuisce notevolmente nel nucleo. Analogamente alla 4.1Rsh gli esperimenti di western blot 2 ci hanno indicato che quando la proteina 4.1RII e ICln sono co-espresse il loro segnale nel nucleo diminuisce notevolmente. Gli studi di localizzazione effettuati sulla membrana hanno dimostrato inoltre che quando è overespressa ICln il segnale in membrana di entrambe le isoforme della proteina 4.1R diminuisce significativamente. Per capire il significato funzionale dell’interazione ICln-4.1R nella regolazione della corrente per il cloruro ICl,swell abbiamo allestito esperimenti di patch clamp in configurazione whole cell in cellule HEK per studiare l’effetto della over-espressione delle due varianti da splicing della 4.1R, 4.1Rsh e 4.1RII sulla corrente attivata dallo swelling; inoltre abbiamo effettuato studi di western blot sulla localizzazione in membrana della proteina 4.1R sottoposta ad uno stimolo ipotonico. Dagli esperimenti di western blot è emerso che l’isoforma lunga diminuisce significativamente in membrana dopo che è stata sottoposta a stimolo ipotonico mentre l’isoforma corta ha solo una tendenza alla diminuzione che non risulta però significativa. Per quanto riguarda l’aspetto funzionale dagli esperimenti di patchclamp abbiamo verificato che le due isoforme 4.1Rsh e 4.1RII sembrano avere un effetto diverso sulla corrente di cloruro attivata durante l’ipotonia. L’isoforma corta determina un aumento significativo della ICl,swell a diversi potenziali (+ 100mV, +80, mV +60 mV e a –100mV, -80mV e -60 mV) rispetto alla condizione di controllo, mentre per l’isoforma lunga non abbiamo misurato alcun effetto sulla corrente. E’ possibile ipotizzare che la diversa azione della 4.1RII e della 4.1Rsh, sulla corrente ICl,swell possa dipendere dalla presenza della regione unica U1, l’unica regione che differenzia la 4.1Rsh da 4.1RII. Infine abbiamo iniziato una serie di esperimenti volti a valutare se l’overespressione di ICln potesse alterare la proliferazione di cellule over-esprimenti 4.1R. In questa fase di studio abbiamo scelto di focalizzare la nostra attenzione sull’isoforma corta (4.1Rsh) della proteina 4.1R e in futuro approfondiremo questo studio anche per l’isoforma lunga (4.1RII). Ciò che abbiamo osservato è che nella condizione in cui le cellule sono co-transfettate con 4.1Rsh e ICln i valori a 48h e a 72h sono significativamente maggiori rispetto alla condizione di controllo (cellule 3 transfettate con YFP-4.1Rsh). In conclusione possiamo dire che entrambe le isoforme 4.1Rsh e 4.1RII interagiscono con ICln; per quanto riguarda l’isoforma corta abbiamo verificato che l’interazione con la 4.1Rsh aumenta in ipotonia e tale isoforma ha un effetto diverso sulla corrente rispetto alla 4.1RII in quanto determina un aumento della ICl,swell a diversi potenziali. Questo differente comportamento delle due isoforme potrebbe essere dovuto a diversi fattori. Per quanto riguarda la localizzazione le due proteine sembrano influenzare reciprocamente la loro localizzazione subcellulare e probabilmente anche la loro funzione in quanto per entrambe le proteine le differenti funzioni che svolgono in cellula sono state correlate alle localizzazione (Calinisan et al., 2006; Fürst et al., 2006). 4 2 Introduzione 2.1 La regolazione del volume cellulare La membrana plasmatica delle cellule animali è, di norma, permeabile all’acqua e dotata di bassa rigidità; l’acqua si muove essenzialmente attraverso un processo diffusivo garantito dalla differenza di osmolarità tra ambiente intracellulare ed extracellulare (Lang et al., 1998). Le cellule, oltre a mantenere un volume costante in condizioni basali, sono in grado di controbilanciare le perturbazioni del proprio volume, che potrebbero alterare lo stato fisiologico della cellula causando gravi danni e perfino indurre degenerazione cellulare. I cambiamenti del volume influenzano numerosi processi cellulari quali i trasporti ionici (Lang et al., 2007), la maturazione degli eritrociti, la proliferazione e la morte cellulare, il differenziamento, l’espressione genica l’ipertrofia e l’apoptosi (Lang et al., 1998a). La migrazione cellulare e i cambiamenti della forma della cellula richiedono un adattamento del volume cellulare (Lang et al., 1998a). Le variazioni di volume quindi influenzano il metabolismo cellulare (Lang et al., 1989) e questo fenomeno è particolarmente evidente nel fegato, dove lo swelling della cellula è accompagnato da un aumento della sintesi proteica e del glicogeno mentre lo shrinkage cellulare provoca degradazione proteica e del glicogeno (Häussinger et al., 1996; Häussinger et al., 1998). Le variazioni del volume si possono verificare sia in condizioni fisiologiche, come durante il differenziamento e la divisione cellulare (Hoffman & Simonsen, 1989), che patologiche, per squilibrio osmotico tra comparto intracellulare ed extracellulare causato da un allontanamento dalla normale condizione di isoosmolarità, pari a 308 mOsm nei mammiferi, oppure in seguito all’esposizione delle cellule a soluzioni extracellulari ipotoniche o ipertoniche. Anche in condizioni fisiologiche alcune cellule sono sottoposte a mezzi cellulari anisosmotici o ad osmolarità variabile, ad esempio, le cellule epiteliali intestinali e le 5 cellule del sangue che attraversano i capillari intestinali sono esposte ad ipotonicità, dopo eccessiva introduzione di H2O. Sempre in condizioni fisiologiche, l’anisosmoticità tra compartimento intra- ed extracellulare può derivare da alterazioni della composizione del citoplasma, a causa di attività di trasporto che alterano la concentrazione intracellulare d’acqua o di soluti osmoticamente attivi. Questa situazione si realizza tipicamente in epiteli assorbenti o secernenti, in concomitanza con fenomeni di trasporto a carico degli enterociti, delle cellule tubulari renali o degli epatociti, in relazione all’uptake attivo di soluti, quali zuccheri od aminoacidi, a carico delle cellule ghiandolari, in relazione a secrezione di fluido o elettroliti. Infine come abbiamo già visto anche eventi metabolici possono condurre ad un rapido aumento nel contenuto cellulare di soluti organici, questo può avvenire nel muscolo scheletrico durante l’esercizio, negli epatociti durante la glicogenolisi, negli adipociti durante la lipolisi (Hoffmann et al., 2009). Inoltre, perturbazioni osmotiche si osservano durante la mitosi o la proliferazione cellulare, il differenziamento cellulare e l’azione ormonale (Hoffmann & Simonsen, 1989). Numerose sono anche le condizioni patologiche in cui si registra squilibrio osmotico. Tra queste si trovano ipossia/ischemia (Okada et al., 1997), iponatremia (che insorge quando le funzioni ormonali e renali sono sbilanciate), ipotermia (con l’inibizione della pompa Na+K+ATPasi), incremento della concentrazione extracellulare di K+, acidosi/diabete intracellulare: in tutti questi casi si verifica swelling cellulare, mentre lo shrinkage della cellula avviene ad esempio durante ipernatremia (dovuta da eccessivo riassorbimento di Na+ o perdita di acqua), riduzione della concentrazione di K+ intracellulare iperglicemia e alcalosi (Lang et al., 1998); (Hoffmann et al., 2009). Cambiamenti nell’equilibrio osmotico tra i compartimenti intra- ed extracellulare possono causare gravi danni alle cellule, poiché la permeabilità delle membrane cellulari all’acqua è sufficientemente alta da permettere un rapido movimento di questa. Si è evoluto, quindi, un meccanismo regolatorio ubiquitario, che prende il nome di regolazione del volume cellulare, basato sul fine controllo dei trasporti ionici finemente controllati (Gschwentner et al., 1995). 6 In condizioni di ipotonicità extracellulare o ipertonicità intracellulare si crea un flusso di acqua verso il citoplasma che provoca rigonfiamento della cellula, mentre l’ipertonicità extracellulare o l’ipotonicità intracellulare portano all’uscita di acqua dalla cellula e quindi ad una riduzione del suo volume. In caso di rigonfiamento le cellule attivano un meccanismo regolativo chiamato decremento regolatorio del volume (RVD: Regulatory Volume Decrease) che permette un recupero del volume cellulare tramite l’uscita di acqua dalla cellula; mentre in caso di riduzione del volume cellulare il meccanismo attivato dalla cellula è detto incremento regolatorio del volume (RVI: Regulatory Volume Increase) che determina un ingresso di acqua in cellula. Nelle cellule animali, che, differentemente dalle cellule vegetali, sono prive di una parete esterna, l’attivazione dell’RVD è l’unico meccanismo disponibile per preservare le funzioni vitali in seguito a rigonfiamento cellulare (Fürst et al., 2002). Figura 1 Meccanismi di trasporto coinvolti nella regolazione del volume cellulare. RVD = regulatory volume decrease; RVI = regulatory volume increase. Sono indicati sia meccanismi di trasporto + + + + + elettroneutri (cotrasporto K -Cl , cotrasporto K -Na -2Cl , doppio scambio Na /H , Cl /HCO3 ) che + canali ionici per il K e il Cl . 7 2.2 Sensori e modulatori delle variazioni del volume cellulare Tutti i meccanismi sensori dell’osmolarità nelle cellule di mammifero non sono stati fino ad oggi chiariti. In questo paragrafo approfondiremo e focalizzeremo l’attenzione sui diversi sensori e modulatori che intervengono nell’RVD. Possiamo schematizzare i diversi fattori che intervengono in questo meccanismo: a-Recettori e proteine di adesione: comprendono integrine, recettori per fattori di crescita (GFRs), recettori delle citochine e i recettori calcio-sensibili. Le integrine appartengono ad una famiglia altamente conservata di molecole di adesione eterodimeriche che connettono la matrice extracellulare con proteine segnale intracellulari e il citoscheletro. Oltre ad intervenire nella trasduzione del segnale meccano-sensoriale e nel “signaling” dei fattori di crescita (Aplin et al., 1998) ci sono numerose evidenze del loro coinvolgimento come sensori del volume cellulare (Haüssinger et al., 2003) durante lo swelling e lo shrinkage cellulare (Häussinger et al., 2003; Moeckel et al., 2006). Secondo Browe e Baumgarten (Browe & Baumgarten, 2003; Browe & Baumgarten, 2004) lo “strech” delle integrine sarebbe seguito dall’attivazione di una cascata di segnali che coinvolgono FAK; Src, recettori EGF, la PI3K e Rac che portano all’attivazione dei canali VRAC. Anche i recettori per i fattori di crescita vengono attivati dallo swelling cellulare e questo porta all’attivazione di numerosi patways che coinvolgono PI3K-PKB, MEK1/2-ERK1/2 e un flusso di taurina che porta alla regolazione del volume (Franco et al., 2004). b-Canali TRP: i canali TRP (Transient Receptor Potential Channels) sono dei sensori polimodali di una grande varietà di stimoli chimici e fisici (Nilius et al., 2007; Pedersen et al., 2005). I TRP interagiscono con molti elementi coinvolti nell’osmoregolazione tra cui PLCϒ-1 (Van Rossum et al., 2005), PtdIns(4,5)P2, calmodulina, caveolina1 AQP5, numerose proteine scaffold, proteine chinasi e 8 proteine citoscheletriche (Pedersen et al., 2005; Nilius B et al., 2007). Un esempio del loro coivolgimento nell’attivazione dello swelling cellulare lo possiamo osservare nelle cellule epiteliali della ghiandola salivare dove l’interazione TRPV4 e AQP5 è necessaria per l’attivazione indotta dello swelling (Liu et al., 2006). Anche se non è ancora stato del tutto chiarito il ruolo dei TRP nella regolazione del volume, si pensa che essi medino un aumento dell’influsso di calcio in cellula che successivamente stimola l’RVD con l’attivazione di canali di K+ e Cl- Calcio-attivati (Numata et al., 2007). c-Fosfolipasi, Fosfatidilinositoli kinasi e Fosfolipasi C e D: le fosfolipasi (PLA2) idrolizzano i glicerofosfolipidi con conseguente rilascio di acido arachidonico che è un importante regolatore di numerosi meccanismi intracellulari; ad esempio puo’ attivare direttamente meccanismi di trasporto per il K+ e osmoliti organici (Ordway et al., 1991). Anche se non è ancora stato chiarito il meccanismo di regolazione dell’attività della PLA2 dopo stress osmotico, evidenze farmacologiche in cellule EAT hanno dimostrato che il rilascio di acido arachidonico indotto da swelling cellulare e l’RVD implicano l’attivazione delle PLA2 (Thoroed et al., 1997). Durante gli stress osmotici in numerosi lavori è stata osservata una variazione dei livelli di molti fosfatidilinositoli (Sbrissa et al., 2005; Van der Kaay et al., 1999; Hoffmann et al., 2000). In particolare in una grande varietà di cellule dopo stress osmotico si assiste a variazioni importanti dei livelli di PtdIns(4,5)P2: durante lo shrinkage cellulare si osserva una aumento dei livelli di questo fosfoinositide mentre durante lo swelling si verifica una diminuzione (Nielsen et al., 2007). Il mantenimento dell’omeostasi cellulare dei fosfatidilinositoli è garantito dalla fosfainositol fosfato chinasi (PIPKs), PIP fosfatasi, e la fosfolipasi C (PLC) (Oude Weernink et al., 2004; Takenawa et al., 2001); diversi lavori hanno dimostrato come lo stress osmotico generi una regolazione dell’attività di PIPks (Yamamoto et al., 2005), PIP fosfatasi e PLC (Nam et al., 2007) che provoca una variazione dei livelli di PtdIns(4,5)P2. Durante lo stress osmotico i PtdIns(4,5)P2 regolano molti canali ionici e trasportatori (ad esempio NHE1, VRAC, ENaC) (Voets et al., 2007; Suh et al., 2005; 9 Hilgemann et al., 2001) inoltre hanno un ruolo centrale nella riorganizzazione del citoscheletro. Tutti i fosfatidilinositoli fosforilati in posizione 3 sono sintetizzati dalla fosfatidilinositolo 3 chinasi (PI3K), capace di fosforilare l’inositolo in posizione D3 (Toker et al., 1998). Esistono in letteratura vari lavori che collegano l’attività di questo enzima con quella dell’RVDC (Regulatory Volume Decrease Channel; argomento approfondito nel paragrafo successivo). E’ stato ipotizzato per la PI3K un ruolo come sensore del rigonfiamento cellulare, in quanto la fosforilazione del PI in posizione 3 dell’anello, per mezzo della PI3K, dipende fortemente dalla curvatura della membrana, suggerendo che l’attività di questo enzima possa essere regolata dalla deformazione meccanica della membrana stessa in seguito a variazioni del volume (Hubner et al., 1998). Non solo, ma per alcuni PtdIns sono state riportate variazioni a seguito di alterazione dell’equilibrio osmotico cellulare. Infatti, il PtdIns(4,5)P2, maggior regolatore dell'organizzazione dell'F-actina, subisce un decremento in condizioni di cell swelling e al contrario un aumento durante cell shrinkage (Klausen et al., 2006). Si può ipotizzare pertanto il coinvolgimento di tale fosfatidilinositolo nei processi di RVD e di RVI, sebbene sia stato anche riportato che esso non sembra essere implicato nell’attivazione della corrente innescata dallo swelling (Klaussen et al., 2006). Non solo, ma anche l'enzima (PIK-five), deputato alla biosintesi del PtdIns(5)P, introdotto recentemente all'interno della famiglia dei fosfoinositidi, si pensa possa essere coinvolto nelle risposte cellulari allo stress osmotico (Sbrissa et al., 2002). A suffragio di questa ipotesi è il risultato ottenuto da esperimenti in fibroblasti e adipociti 3T3-L1: quando le cellule vengono sottoposte a shock iposmotico, i livelli di PtdIns(5)P diminuiscono (Sbrissa et al., 2002). Il PI(3,5)P2 sembra essere un buon candidato come molecola segnale, poichè in condizioni basali rappresenta solo lo 0,2% dei PtdIns totali di membrana e quindi piccole variazioni nella sua concentrazione potrebbero costituire un segnale inequivocabile per la cellula. Recentemente è stato scoperto che la concentrazione 10 di questo lipide aumenta in seguito a stress iperosmotico in cellule di Saccharomyces cerevisiae (Dove et al., 1997) e si ritiene che possa svolgere un ruolo importante nella regolazione del volume cellulare (Rudge et al., 2004). Al contrario, in cellule di scimmia Cos-7 è lo stress iposmotico che stimola la sintesi di PtdIns(3,5)P2, catalizzata dalla PtdIns3P 5-OH chinasi (Dove et al., 1997). Anche il PtdIns(3,4,5)P3 è stato messo in relazione agli stress osmotici: la sua concentrazione in membrana infatti aumenta in seguito a stimolazione con mezzo ipotonico (Feranchak et al., 1999). d I livelli di calcio intracellulare: i livelli di calcio intracellulare sembrano influenzare in modo variabile l’RVD. In alcuni tipi cellulari, tra cui cellule epiteliali intestinali, cellule SiHa (human cervical cancer cells), e le cellule epiteliali della cornea (MacLeod et al., 1999; Shen et al., 2001; Uchida et al., 1993) il rigonfiamento cellulare provoca un aumento della concentrazione di calcio intracellulare mentre in altri citotipi questo parametro rimane invariato. L’aumento di calcio è dovuto sia all’ingresso di calcio dall’esterno –via SAC (Strech activated channels), VOC (Voltage operated canne), SOC (store-operated Ca2+ channel) e lo scambiatore Na+/Ca+ sia al rilascio dagli stores intracellulari (Hazama et al., 1990). Si ritiene che questo fenomeno possa sostenere l’RVD in diversi modi: stimolando i canali del K + attivati dal Ca2+, determinando il rimodellamento del citoscheletro o promuovendo l’esocitosi di osmoliti (McCarty &O’Neil, 1992). Prove indirette indicano che il calcio è estruso dalla cellula durante l’RVD, attraverso la Ca2+/cationi polivalenti (CaR). Quest’ultimo determina un aumento del cAMP intracellulare proteina G-mediato e alla conseguente attivazione/facilitazione dell’RVDC (Okada et al., 2006). e pH intra ed extracellulare: nelle cellule di Ehrlich l’RVD è rallentato in presenza di soluzioni extracellulari a pH acido. Le variazioni di pH extra- e intra-cellulare in conseguenza di uno stress ipotonico modulano la corrente di K + volume-sensible, modificando il numero di canali e anche le proprietà conduttive degli stessi (Duprat 11 et al., 1997). La maggior parte delle cellule risponde al rigonfiamento con un acidificazione intracellulare che puo’ influenzare il metabolismo, quindi la concentrazione dei metaboliti e che determina la protonazione degli aminoacidi carichi negativamente implicati nel bilancio osmotico dell’RVD (Hoffmann & Dunham, 1995). Le alterazioni del pH possono anche influire sulla selettività di alcuni canali ionici. f Protein chinasi e “small GTPasi”: eventi fosforilativi possono essere da un lato attivatori diretti dei canali coinvolti nell’RVD e dall’altro possono influenzare l’attività e la conformazione di altre proteine coinvolte nel processo, come ad esempio proteine citoscheletriche. In differenti citotipi la protein chinasi C (PKC) può avere effetti stimolanti, inibenti o neutri sui canali attivati dal rigonfiamento. Lo stress osmotico può attivare inoltre alcune tirosin chinasi (come Pyk2, Fak, Lck o Syk) e MAP chinasi; quest’ultime prevalentemente in una fase più tardiva della regolazione del volume (Hoffmann et al., 2009). Anche le proteine che legano il GTP sono coinvolte nell’RVD e un ruolo piuttosto importante sembra essere svolto dalla famiglia delle Rho-GTPasi e dai loro effettori, che influenzano la riorganizzazione del citoscheletro di actina (Tamma et al., 2007; Nilius et al., 2001). In alcuni tipi cellulari è necessaria una fosforilazione da parte delle chinasi Ca2+/calmodulina dipendenti per determinare l’attivazione dei canali per il K+ e per il Cl- coinvolti nell’RVD (Jakab et al., 2002). Infine, anche la PI3K sembra essere importante per l’attivazione dei canali RVDC come già discusso nel paragrafo precedente. g-Il citoscheletro: un ruolo fondamentale nella modulazione dell’RVD sembra essere svolto dal citoscheletro, infatti in una grande varietà di citotipi il rigonfiamento determina il rimodellamento del citoscheletro. Inoltre si è osservato che in molti tipi cellulari l’RVD è inibito dalle citocalasine, che impediscono la polimerizzazione dell’actina (Lang et al., 1998; Moustakas et al., 1998) e in generale si ritiene che qualunque tipo di inibizione della riorganizzazione del citoscheletro actinico, sia 12 importante per l’attivazione degli RVDC. Sebbene i meccanismi che legano riarrangiamento del citoscheletro e attivazione dei canali non siano ancora chiariti del tutto, nella maggior parte dei tipi cellulari studiati (anche se non in tutti), lo swelling cellulare è associato a una globale riduzione del contenuto di F-actina (Pedersen et al., 1999). E’ stato anche proposto è che l’induzione della ICl,swell richieda la depolimerizzazione di alcuni pull di actina (come quella periferica) ma non di altri (come quelli di F-actina perinucleare) (Klausen et al., 2006) Il citoscheletro di actina è di fondamentale importanza per la generazione e il mantenimento della morfologia cellulare, per l’endocitosi e l’esocitosi, per la motilità e la divisione cellulare (Stossel et al., 1984), per il controllo dell’azione di diversi ormoni (Hall et al., 1984) e per la localizzazione specifica di proteine integrali nella membrana plasmatica (Bennett & Lambert, 1991). Tanti monomeri globulari (actina G), ciascuno dei quali è costituto da un unico polipeptide del peso molecolare di circa 42 kDa, formano polimeri, che a loro volta costituiscono i filamenti di actina. In condizioni fisiologiche l’actina G polimerizza spontaneamente a costituire filamenti lunghi e rigidi di alcuni mm di lunghezza senza che il processo richieda energia esterna (Pollard & Cooper, 1986). L’assemblaggio e il disassemblaggio dei filamenti di actina, così come la loro organizzazione in strutture funzionali più complesse, sono regolati da numerose proteine che legano l’actina (ABP: Actin Binding Proteins), come la gelsolina, la profilina e la cofilina, che si legano alle estremità dei filamenti di actina, impedendo l’aggiunta di nuove subunità alle estremità neoformate e stabilizzando il filamento di actina stesso. In cellule umane di melanoma è stato ben dimostrato il coivolgimento delle ABP nell’RVD, la loro assenza porta infatti all’inibizione dell’RVD tramite l’inattivazione dei canali per il potassio attivati in seguito al rigonfiamento (Jakab et al., 2002). L’actina filamentosa (F-actina), molto concentrata a livello submembranario, sembra essere un buon candidato tra quelli che potrebbero mediare un controllo nella regolazione del volume cellulare e nelle variazioni morfologiche ad esso connesse (Mitchinson & Cramer, 1994): il rigonfiamento cellulare porta infatti ad un rimodellamento del network di actina presente al di sotto della membrana 13 plasmatica. Mediante l’utilizzo di metodiche biochimiche si è potuto evidenziare come, nel complesso, la struttura dell’actina filamentosa venga disorganizzata durante il rigonfiamento, processo a cui fa seguito una riorganizzazione citoscheletrica che coincide temporalmente con l’RVD (Cornet et al., 1993; Hallows et al., 1996; Mills et al., 1994) e che comporta anche la formazione di segmenti di Factina, sotto forma di spikes, localizzati al di sotto della membrana plasmatica (Tamma et al., 2007; Nilius et al., 2007). La riorganizzazione del citoscheletro actinico che coincide con il cambiamento del volume cellulare sembrerebbe rivestire un ruolo cruciale nel corso dell’RVD, modulando l’attivazione di diversi meccanismi di trasporto (Kleinzeller & Ziyah, 1990; Mills et al., 1994; Hoffman, 1997; Cantiello, 1997). Tuttavia non si è ancora compreso pienamente il meccanismo alla base di questi processi. Si ritiene che il citoscheletro possa essere coinvolto nella regolazione del volume cellulare in vari modi: potrebbe funzionare da sensore del volume trasducendo la deformazione meccanica della membrana, indotta dal rigonfiamento, ai meccanismi di regolazione del volume cellulare (Jakab et al., 2002). E’ stato infatti suggerito che il network di filamenti di actina potrebbe conferire alle invaginazioni presenti normalmente a livello della membrana plasmatica una resistenza meccanica alla deformazione; durante il rigonfiamento queste invaginazioni si distenderebbero, rimodellando in tal modo il citoscheletro e attivando l’RVD (Okada et al., 1997); potrebbe modificare direttamente l’attività dei canali RVDC e dei trasportatori coinvolti nell’RVD, modulando la funzionalità di questi trasportatori, oltre a garantirne la localizzazione in specifiche regioni della membrana. E’ stato dimostrato che il citoscheletro può regolare alcuni canali del Na+ in cellule epiteliali (Cantiello et al.,1991), la pompa Na+/K+ ATPasi (Nelson & Hammerton, 1989; Cantiello et al., 14 1997), l’antiporto Na+/H+ (Smith et al., 1991; Watson et al., 1992), lo scambiatore Cl-/HCO3- (Drenckhahn et al., 1985), il cotrasporto Na+K+-2Cl- (Jorgensen et al., 1984), i canali del Ca2+ nei neuroni (Johnson & Byerly, 1993; Rosenmund & Westbrook, 1993), alcuni canali del Cltra cui quelli responsabili della ICl,swell e il canale anionico CFTR (Prat et al., 1995); potrebbe modulare le vie di attivazione e di conseguenza le concentrazioni di messaggeri secondari coinvolti nella trasduzione del segnale durante l’RVD. A tal proposito l’actina sembrerebbe funzionare come un magazzino intracellulare di Ca2+, rilasciato in seguito a depolimerizzazione dell’F-actina; inoltre il suo rimodellamento è strettamente correlato all’ attivazione di numerosi secondi messaggeri tra cui small GTPasi (Rho- Rac -cdc42) MAPkinasi e FAk kinasi, per cui è riportato un ruolo nell’attivazione della ICl,swell. l’actina submembranaria potrebbe inoltre essere considerata come una vera e propria barriera fisica per la diffusione, impedendo il flusso di acqua che si attiva per osmosi, soprattutto nelle cellule dotate di microvilli (Jakab et al., 2002); potrebbe regolare l’esocitosi di osmoliti organici e probabilmente di ATP (Shuba et al., 2000; Van der Wijk et al., 2000); il rimodellamento del citoscheletro potrebbe creare gradienti osmotici locali, che potrebbero favorire o impedire lo spostamento di acqua, e generare forze meccaniche promuovendo l’interazione tra actina e miosina (Jakab et al., 2002); le proprietà elettrosmotiche dell’actina sembrerebbero influenzare la conduzione dei segnali elettrici nel compartimento intracellulare; una spiegazione alternativa attribuirebbe all’actina la regolazione dell’inserzione o meno in membrana dei trasportatori contenuti in vescicole. La riorganizzazione dell’actina osservata durante i 15 cambiamenti del volume cellulare sarebbe cruciale per l’attivazione e/o inserzione dei trasportatori in membrana. Questo processo potrebbe essere mediato da proteine che, tramite il legame all’actina, vanno a regolare la polimerizzazione e l’organizzazione strutturale della stessa. Almeno per quanto riguarda l’attivazione della corrente ICl,swell non sembra però essere implicata l’inserzione di canali per fusione di vescicole con la membrana plasmatica. In esperimenti di patch-clamp in configurazione whole-cell non si osserva, inoltre, un incremento della capacità della membrana (Ross et al., 1994; Jakab et al., 2002); un’ultima ipotesi sostiene che l’effetto dell’actina sia mediato da proteine ad essa legate appartenenti alla famiglia delle proteine ERM (Ezrin/Radixin/Moesin) o delle ABP (Actin Binding Proteins). Le proteine ERM, in seguito ad interazione dei loro domini PH (Pleckstrin Homology) con i fosfatidilinositoli di membrana (PtdIns o PI) permettono l’interazione indiretta tra l’actina e la membrana plasmatica. L’idrolisi del PtdIns(4,5) ad opera della fosfolipasi C (PLC), porta ad una depolimerizzazione dell’actina e ad un rilascio delle ABP; un aumento di PtdIns(4,5), invece, induce la polimerizzazione. L’idrolisi del PtdIns(4,5) porta alla formazione di due secondi messaggeri: il diacilglicerolo (DAG) e il PtdIns(1,4,5) entrambi coinvolti nella regolazione del citoscheletro. Le ERM potrebbero quindi essere molto importanti nell’accoppiamento tra l’actina citoscheletrica e la membrana (inclusi i meccanismi di trasporto) e probabilmente nel processo dell’RVD in quanto è già stato dimostrato che sono influenzate dale perturbazioni osmotiche (Ciano-Oliveira et al., 2005; Rasmussen et al., 2008) 16 2.3 L’RVD Le strategie usate per controbilanciare il rigonfiamento cellulare variano nei diversi organismi, tessuti e tipi cellulari. Molti organismi unicellulari costruiscono una parete cellulare per proteggersi da stress osmotici. Negli eucarioti invece l’attivazione dell’RVD è l’unica difesa disponibile, poiché le loro cellule non possono sostenere un’elevata pressione idrostatica. I meccanismi messi in atto durante l’RVD hanno il compito di diminuire l’osmolarità intracellulare, avverrà cosi’ per osmosi, una fuoriuscita di acqua dalla cellula, in modo da controbilanciare l’acquisto iniziale e far recuperare alla cellula stessa il volume originario. Figura 2. 2.3.1 Meccansimi di trasporto coinvolti nel’RVD Durante l’RVD si attivano diversi meccanismi di trasporto (Fig. 1) che determinano l’uscita dalla cellula di sostanze osmoticamente (Fig. 2) attive: KCl, osmoliti organici e, per osmosi, di acqua. Questo meccanismo, opponendosi all’incremento delle dimensioni cellulari, riporta il volume alle condizioni iniziali. I meccanismi di trasporto attivati durante l’RVD in diversi tipi di cellule, possono essere (Hoffmann e Simonsen, 1989): conduttanze separate per K+e Cl-: sono i principali sistemi di trasporto attivo durante l’RVD (linfociti, cellule endoteliali, fibroblasti, cellule dell’intestino, cellule MDCK e cellule del tubulo convoluto prossimale) (McCarty & O’Neil, 1992; Lang et al., 1998). Tra i canali del K+ clonati fino ad oggi, un ruolo nella 17 regolazione del volume è stato attribuito a Kv1.3, Kv1.5 e a minK (Lang et al., 1998; Stutzin et al., 2006; Hoffmann et al, 2009). Molti studi hanno stabilito che il canale anionico attivato dal rigonfiamento è aselettivo e permette il passaggio non solo di Cl-, ma anche di HCO3-, anioni organici e osmoliti organici neutri; l’identità molecolare di questo canale non è stata però ancora individuata ed è tuttora fonte di acceso dibattito; cotrasporto elettroneutro K+-Cl-: è il sistema di trasporto utilizzato più di frequente, oltre ai canali ionici, per l’efflusso di KCl; sembra essere attivato preferenzialmente in seguito a rigonfiamento isoosmotico (McCarty & O’Neil, 1992; Hoffmann et al., 2009); scambiatori K+/H+ e Cl-/ HCO3- funzionalmente accoppiati tra loro: alcune cellule come i globuli rossi di Amphiuma perdono KCl utilizzando questo meccanismo; l’H+ e l’HCO3- entrati in cellula si combinano formando CO2, che diffondendo all’esterno, non risulta osmoticamente attiva (Hoffmann & Simonsen, 1989; Lang et al., 1998; Hoffmann et al., 2009); efflussi diffusionali di anioni organici come la taurina, il sorbitolo e l’inositolo. Quest’ultimo fenomeno risulta essere particolarmente importante, in quanto esistono casi in cui la concentrazione di Cl- è ridotta e può raggiungere l’equilibrio prima che il processo di RVD sia completato. Numerose sono le prove a sostegno del fatto che l’efflusso di questi osmoliti si realizzi comunque attraverso gli stessi canali anionici attivati durante l’RVD (Hoffmann et al., 2009). E’ stato inoltre dimostrato che, durante il rigonfiamento, la cellula va incontro ad acidosi dovuta all’inibizione del trasportatore Na+/H+ e alla conseguente riduzione dell’uscita di ioni H+ dal citoplasma all’ambiente extracellulare (MacLeod & Hamilton, 1996). Il principale meccanismo coinvolto nell’RVD prevede la contemporanea attivazione dei canali ionici per K+ e Cl-. Studi condotti in cellule MDCK (Paulmichl et al., 1996) hanno evidenziato che in seguito all’esposizione delle cellule ad un mezzo ipotonico, si osserva inizialmente l’attivazione di canali per il K+ con conseguente 18 iperpolarizzazione del potenziale di membrana. La successiva attivazione dei canali per il cloruro fa sì che a questa iperpolarizzazione seguisse una depolarizzazione. A dimostrazione dell’importanza della conduttanza per il Cl- nell’omeostasi del volume cellulare vi è il fatto che essa è presente in tutte le cellule di mammifero (Burton et al., 1997). E’ stato inoltre provato che l’inibizione della corrente per il Cl ha come conseguenza l’incapacità della cellula di regolare il proprio volume. 2.3.2 La corrente per il Cl- attivata durante l’RVD: ICl,swell Quando una cellula è esposta ad una soluzione extracellulare ipotonica, si attiva una corrente anionica determinata dal rigonfiamento cellulare denominata ICl,swell (Ritter et al., 2003). Esperimenti di tipo elettrofisiologico non hanno permesso una caratterizzazione biofisica univoca in tutte le cellule di un singolo canale per il cloruro coinvolto nella regolazione del volume cellulare, ma sono stati osservati diversi canali per il cloruro, variabili a seconda dei tipi cellulari esaminati e delle condizioni sperimentali adottate. Per spiegare l’eterogeneità riscontrata sono state formulate due ipotesi: la prima è che diversi tipi cellulari esprimano diversi tipi di RVDC (Regulatory Volume Decrease Channels/Currents), la seconda è che questi canali siano formati da un differente assemblaggio di subunità identiche. I diversi fenotipi dipenderebbero dal numero di subunità assemblate a costituire il canale funzionale in una data situazione. Maggiore importanza è stata rivolta a questa ultima ipotesi in quanto potrebbe giustificare la grande varietà di fenotipi osservati (Fürst et al., 2002). Esperimenti di patch-clamp in configurazione whole-cell hanno mostrato che la corrente ICl,swell, mediata da questi canali, possiede le seguenti caratteristiche: rettificazione uscente (Okada, 1997); veloce cinetica di attivazione (<1ms) (Lang et al., 1998); lenta inattivazione tempo dipendente a potenziali di +40 mV o superiori (Ackerman et al., 1994). Anche l’entità dell’inattivazione è variabile a seconda del tipo cellulare e può inoltre essere modulata da differenti fattori quali: il pH e la presenza di cationi bivalenti nel mezzo extracellulare. E’ stato proposto che, a 19 livello di singolo canale, questa inattivazione sia dovuta ad un progressivo decremento nel numero di canali attivi (Okada, 1997); Ca2+ indipendenza; indipendenza dal voltaggio (Lang et al., 1998); selettività prevalentemente anionica (SCN->I->Br->Cl->F->Gluconato) (Hoffmann et al., 2009); inibizione ad opera dei comuni bloccanti di canali anionici (SITS, NPPB, DIDS), ma anche tramite nucleotidi (cAMP, cGMP, ATP) (Tsumura at al., 1996) ed analoghi nucleosidici (AZT e acyclovir), che inibiscono in modo voltaggio indipendente la ICl,swell (Meyer & Korbmacher, 1996; Gshwentner et al., 1995); la possibilità di consentire il passaggio di osmoliti, anioni organici: esistono prove sostanziali che questo canale medi il trasporto di aminoacidi, quali taurina, glutammato, glutammina e glicina (Jackson & Strange, 1993; Jackson et al., 1995). Attivazione, regolazione e modulazione dell’ICl,swell L’attivazione di ICl,swell, come ampiamente riportato in letteratura, non sembra essere legata all’inserzione di canali in membrana in seguito ad esocitosi, in quanto non è stato osservato un aumento della capacità della membrana in coincidenza con l’attivazione della corrente. La conduttanza sembrerebbe aumentare per effetto dell’attivazione di canali preesistenti (Graf et al., 1995; Meyer & Korbmacher, 1996). L’applicazione di “stretch” alla membrana non induce l’attivazione del canale; è pertanto verosimile quindi che l’attivazione richieda l’intervento di secondi messaggeri. Si sa, però, che l’attivazione della corrente del Cl- non richiede calcio extracellulare e non è influenzata in modo apprezzabile dal calcio intracellulare (Ackerman et al., 1994), a differenza di quanto osservato per i canali del K+ coinvolti nell’RVD. Negli ultimi anni è stato investigato anche il ruolo di altri secondi messaggeri come Mg++, cAMP, G-protein come cdc42 e Rac, PKC, PKI, ma ad oggi 20 non è ancora emerso un quadro univoco sul ruolo di questi fattori nell’RVD. Il ruolo di altri secondi messaggeri (Mg++, cAMP, G-protein) non è ancora stato chiarito. Nel caso della PKC ci sono numerosi pareri controversi: la PKC sembra infatti svolgere un ruolo attivatorio o inibitorio a seconda del tipo cellulare considerato (Jakab et al., 2001). In miociti di cane ad esempio, l’attivazione della PKC provoca una stimolazione degli RVDC (Du et al., 1999), mentre in cellule HeLa i canali RVDC non sono modulati da fosforilazioni della PKC (Jakab et al., 2001). Un'altra chinasi che sembra evere un ruolo importante è la PI3K, visto che la sua inibizione si traduce in una inibizione dell’attivazione della ICl,swell (Yamamoto et al., 2009; Yamamoto et al., 2008). Recentemente è anche emerso un ruolo per small GTpasi della famiglia Rho, come Cdc42 e Rac (Klausen et al., 2006; Tamma et al., 2007) che sono coinvolte nella regolazione della ICl,swell. Tuttavia, la modulazione di tale corrente da parte del pathway delle Rho GTPasi e del citoscheletro actinico è piuttosto complessa e controversa. Per quanto riguarda la regolazione dei RVDCs da parte delle small GTPasi, si ritiene che l’attivazione di tali canali indotta dallo swelling richieda che la via di signalling associata alle Rho GTPasi sia funzionale, ma non che ci sia una un’attivazione di tali proteine (Cartone t al., 2002). In altre parole, è stato proposto che in generale questa via abbia un effetto facilitante sulla corrente, ma che non sia sufficiente di per sé ad attivare i canali (Klausen et al., 2006). Un altro fattore importante è il citoscheletro: sia l’inibizione della polimerizzazione dell’actina, così come il suo “disassemblamento” blocano l’attivazione del canale. (Jakab et al., 2001). E’ stato di recente proposto che più che lo stato di polimerizzazione dell’actina in generale, siano i diversi pools cellulari di F-actina (corticale, associata alle fibre da stress, perinucleare) ad essere coinvolti nella regolazione dei RVDCs, probabilmente con effetti diversi (Klausen et al., 2007; Wang et al., 2005). L’attivazione di ICl,swell non dipende da variazioni dell’osmolarità, è quindi possibile che il canale, o una sua proteina accessoria, siano sensibili all’aumento del volume cellulare. E’ stata avanzata un’ipotesi secondo la quale, in seguito a rigonfiamento 21 cellulare, la membrana, espandendosi, perderebbe una serie di invaginazioni multiple, portando al riarrangiamento di interazioni tra citoscheletro di F actina, proteine di membrana, canali del Cl- e proteine accessorie con funzione di “sensori” del volume; questo riarrangiamento condurrebbe all’attivazione del canale (Okada, 1997). 2.4 ICln ICln è una proteina multifunzionale, clonata nel 1992 (Paulmichl et al., 1992) dalle cellule epiteliali MDCK (Madine Darby Canine Kidney), e altamente conservata lungo la scala evolutiva. Essa è ubiquitariamente espressa in tutte le cellule ed è fondamentale per la loro sopravvivenza. Infatti, il knockout di ICln effettuato in nematode, topo e linee cellulari è letale, a dimostrazione del fatto che il suo ruolo è essenziale per la vitalità dell’embrione già negli stadi precoci (Pu et al., 2000). Il gene umano di tale proteina è localizzato sul cromosoma 11q13.5-14.1 ed è controllato da un promotore attivo costitutivamente (Scandella et al., 2000), come spesso succede per le proteine a funzione house-keeping. ICln sembra ricoprire svariati ruoli notevolmente diversi tra loro, tra i quali quello di maggior rilievo, a cui è stata primariamente associata, è il coinvolgimento nei meccanismi di regolazione del volume cellulare e nell’attivazione dell’ICl,swell. Nel corso degli anni, tuttavia, nuove importanti funzioni sono state ricondotte alla proteina, via via che nuovi partners proteici venivano identificati. 2.4.1 Struttura di ICln L’isoforma canina di ICln è formata da 235 amminoacidi prevalentemente acidi (pI=3,8) e con un peso molecolare predetto sulla base della sequenza primaria di 26,5 kDa. Tuttavia, in elettroforesi su gel di poliacrilammide, condotta in condizioni denaturanti, la proteina migra con una massa apparente di circa 37 kDa. Una simile discrepanza non è dovuta a modificazioni post-traduzionali, dal momento che ICln delle cellule eucariotiche, ICln espressa in batterio ed ICln sintetizzata in vitro in 22 lisato di reticolociti di coniglio migrano alla medesima altezza (Buyse et al., 1996; Fürst et al., 2000). E’ plausibile che il ritardo elettroforetico sia dovuto alla forte acidità della proteina. Struttura primaria La struttura primaria di ICln presenta tre regioni interessanti, denominate Acidic Domains (AD1, AD2 e AD3); si tratta di porzioni di proteina di lunghezze variabili dai 7 ai 20 residui, a seconda della specie, e composte prevalentemente da amminoacidi acidi (Fig. 3). E’ ipotizzato che tali domini svolgano un ruolo nelle interazioni con altre proteine (Emma et al., 1998), come con JBP1 e 4.1. Figura 3 Struttura primaria di ICln in cellule MDCK. In giallo sono evidenziati tre Acidic Domains (AD1, AD2, AD3) e in azzurro la sequenza GXGXG, potenziale sito di interazione con i nucleotidi (Paulmichl et al., 1992). Mediante esperimenti di mutagenesi è stato possibile identificare nella sequenza aminoacidica di ICln un potenziale sito di legame per i nucleotidi costituito da tre residui di glicina alternati ad altri amminoacidi (GxGxGx, regione che si estende dall’amminoacido 49 all’amminoacido 53 dell’isoforma canina (Fig.3)). 23 Struttura terziaria Una delle ipotesi sul legame tra ICln e i canali attivati dallo swelling è che ICln rappresenti il canale stesso o una sua parte (Paulmichl et al., 1996). In accordo con questa ipotesi e sulla base della sua sequenza aminoacidica, è stata proposta nel 1992 un modello tridimensionale per la proteina ICln inserita in membrana costituita da un foglietto β composto di quattro putativi filamenti β antiparalleli (Paulmichl et al., 1992). Secondo quest’ipotesi, si potrebbe formare un omodimero composto da due molecole di ICln (Fig. 4), le quali, apponendo i rispettivi foglietti β uno contro l’altro, darebbero luogo ad un canale che attraversa il bilayer lipidico. In base a questo modello sia l’estremità C-terminale sia quella N-terminale si affacciano sul lato citoplasmatico. Tale struttura ipotetica è stata modellizzata attraverso strumenti bioinformatici. Figura 4 Visualizzazione laterale e dall’alto dell’ipotetico omodimero di ICln. Le catene delle due molecole sono distinte per colore. Sulla base di questo modello 3D la sequenza GxGxGx di legame per i nucleotidi, verrebbe a trovarsi in prossimità dell’imboccatura esterna del putativo canale. Mutando tale sequenza da GxGxGx a AxGxGx o AxAxAx si riduce notevolmente la capacità dei nucleotidi di inibire la corrente mediata da ICln (Paulmichl et al., 1992). 24 Ad oggi il modello appena descritto non è stato validato tramite esperimenti cristallografia o Risonanza Magnetica Nucleare (NMR). Tuttavia è stato possibile risolvere la struttura dei primi 159 aminoacidi di ICln MDCK in forma idrosolubile, dato comunque di estremo interesse visto che la proteina ha una localizzazione prevalentemente citoplasmatica (Krapivinsky et al., 1994). Esperimenti di Risonanza Magnetica Nucleare (NMR) hanno permesso di risalire alla struttura tridimensionale di ICln in forma idrosolubile e hanno rivelato che la parte N-terminale di ICln è organizzata in un PH-domain (Fürst et al., 2005; Schedlbauer et al., 2003). Figura 5 Struttura NMR di ICln156 solubile in acqua. a) sovrapposizione di 15 strutture finali di ICln con relativa rappresentazione a “ribbon plot”; il loop tra β6 e β7 è in color magenta, i β-sheets sono in ciano, e l’α-elica è in rosso. Domini PH Il dominio PH (Pleckstrin Homology) è un modulo di 100-120 residui aminoacidici appartenente a diverse proteine, tra cui anche ICln. E’ stato descritto per la prima volta nel 1993 da Haslam (Haslam et al., 1993; Mayer et al., 1993) come un motivo che si ripete due volte nella plecstrina, una proteina solubile presente solo in cellule ematopoietiche, dove è una delle proteine più abbondanti ( 1% delle proteine totali) e costituisce il principale substrato della protein chinasi C. I domini PH sono stati evidenziati in centinaia di proteine coinvolte nel traffico vescicolare, nel riarrangiamento del citoscheletro e nella trasduzione del segnale in cellula (Lemmon et al., 2002), come le fosfolipasi, le proteine regolate dalle GTPasi, 25 le proteine chinasi, le proteine citoscheletriche e le proteine oncogeniche, dal lievito ai mammiferi. Il sequenziamento del genoma umano ha mostrato 252 proteine umane diverse contenenti almeno un PH-domain, rendendolo così l’undicesimo dominio più comune nell’uomo (Lemmon et al., 2002). Grazie all’utilizzo della cristallografia e della NMR, la struttura di questi domini PH è stata risolta e oggi si conoscono almeno 13 differenti tipi di struttura (Yoon et al., 1994). In ogni dominio PH il core strutturale è formato da sette filamenti , organizzati in due foglietti antiparalleli affacciati l’uno contro l’altro a formare uno stretto barile, seguiti da un’-elica C-terminale che si accosta all’estremità superiore del barile, in posizione trasversale rispetto ad esso (Fig. 6). Un foglietto è formato da quattro βstrands (β1-β4), l’altro solo da tre (β5-β7). A due angoli i foglietti sono molto vicini tra loro, mentre agli altri due angoli i due foglietti sono alla massima distanza. Figura 6. Topologia dei domini PH. Si possono osservare anche tre Variable Loops (VL). La parte inferiore è delimitata dai loops 1/2, 3/4 e 6/7, denominati “Variable Loops”, rispettivamente VL1, VL2 e VL3, i quali sono di lunghezza variabile a seconda della proteina ed in alcuni casi possono contenere strutture secondarie o addirittura interi domini (Blomberg et al., 1997). L’alta variabilità di questi loops, sia per lunghezza sia per composizione aminoacidica, insieme con la loro accessibilità spaziale, è coerente con l’ipotesi che essi costituiscano un sito di legame per eventuali ligandi (Lemmon et al., 2002). 26 Il dominio PH di ICln Per risolvere la struttura di ICln per NMR, si è ricorsi all’utilizzo di un mutante tronco (ICln-T477) comprendente solo i primi 159 amminoacidi della proteina, dal momento che la coda C-terminale di ICln WT (Wild Type), dotata di grande mobilità, rendeva difficile compiere l’assegnazione delle risonanze. La topologia di ICln-T477, determinata attraverso NMR, corrisponde ad un PHdomain (Fürst et al., 2005; Schedlbauer 2003). Il dominio PH di ICln condivide la medesima struttura dei PH-domains canonici: un barile composto di filamenti e sovrastato da un’-elica trasversale. All’interno dei domini PH, appartenenti alle diverse proteine, l’omologia di sequenza è molto bassa, dal 7% fino al 30% nei casi migliori (per ICln è solo del 4%), mentre la struttura tridimensionale è molto ben conservata, suggerendo così che nel determinare la funzione di una proteina può essere molto più importante la struttura tridimensionale piuttosto che la sequenza aminoacidica (Lemmon et al., 2001). Funzioni dei domini PH Per i pochi domini PH di cui è stata dimostrata la funzione, si sa che alcuni di essi sono responsabili della traslocazione di proteine presso la membrana tramite associazione diretta con specifici fosfoinositidi (Lemmon et al., 2000) come il PtdIns (3,4,5) e il PtdIns (4,5). Tuttavia questa potrebbe non essere l’unica funzione poichè solo una piccola frazione dei domini PH, circa il 10%, mostra tale proprietà. Nel restante 90% l’affinità verso i fosfoinositidi è bassa e meno specifica, suggerendo così la possibilità che, per lo meno in alcuni casi, questo dominio metta in atto strategie mirate ad aumentare l’affinità verso i fosfoinositidi, ad esempio tramite la formazione di oligomeri, oppure che realizzi interazioni con altri ligandi, proteici o meno (Lemmon et al., 2000). Una seconda funzione che sembra essere comune a questo tipo di domini è di mediare le interazione proteina-proteina, che giustifica la loro presenza in proteine coinvolte in vie di signalling (Hemmings et al., 1993; Baltimore et al., 1993). Il PH domain è inoltre presente in molte proteine legate al citoscheletro, tra cui la Beta-spectrina e le 4.1 (Saarikangas et al., 2010). 27 2.4.2 La localizzazione e la funzione -Localizzazione La proteina ICln è espressa in modo ubiquitario ed ha un alto grado di omologia nelle diverse specie, a tal punto che l’espressione in oociti di Xenopus delle proteine provenienti dalle differenti specie genera correnti molto simili (Gschwentner et al., 1999). A livello subcellulare ICln è prevalentemente distribuita nel citosol in forma solubile (circa 90%), mentre per il restante 10% è localizzata nella membrana plasmatica. Condizioni di stress ipotonico possono portare, tuttavia, alla traslocazione reversibile di ICln dal citoplasma verso la membrana. In particolare, nei fibroblasti NIH3T3 (Ritter et al., 2003), la riduzione dell’osmolarità extracellulare porta alla traslocazione di ICln dal citosol alla frazione microsomiale, così come nelle cellule cardiache di embrione di razza (Musch et al., 1997) e in miociti cardiaci di ratto (Musch et al., 1998). La traslocazione è stata dimostrata anche in vivo in cellule HEK-293 tramite esperimenti di FRET (Rodighiero et al., 2008; Ritter et al., 2003). Inoltre, trattando i microsomi con il detergente Triton X-100, ICln si solubilizza. Questo ci permette di ipotizzare l’esistenza di una seppur debole interazione tra la proteina e il doppio strato lipidico, a conferma della possibilità di una traslocazione reversibile di ICln verso la membrana plasmatica (Mush et al., 1998). E’ stato anche proposto, (Paulmichl et al., 1992; Ritter et al., 2003) che la traslocazione porti ad una vera e proria inserzione di ICln nel bilayer lipidico, ipotesi supportata dal fatto che la ricostituzione della proteina purificati in bilayer lipidici artificiale genera una corrente elettrica (Fürst et al., 2000). -Funzioni Sebbene la proteina sia stata clonata ormai da molti anni, le sue funzioni non sono ancora state chiaramente definite e il quadro delle sue attività e andato ampliandosi nel corso degli anni. Un metodo molto utile per studiare la funzione delle proteine è realizzare il KnockOut (KO) del gene esprimente la proteina endogena in esame; tuttavia i tentativi di 28 creare animali KO per ICln sono falliti, in quanto il Knock-Out è letale in uno stato embrionale molto precoce, suggerendo che questa proteina possa avere un ruolo indispensabile per la vitalità e la funzione della cellula (Pu et al., 2000). La prima funzione associata ad ICln è stata nel RVD: si ritiene infatti che giochi un ruolo fondamentale nell’ attivazione della corrente ICl,swell. L’importanza di ICln nella regolazione del volume cellulare è stata dimostrata mediante esperimenti con oligodeossinucleotidi antisenso complementari alla porzione iniziale della regione codificante per ICln (Gschwentner et al., 1995) e con anticorpi monoclonali anti-ICln (Krapivinsky et al., 1994), che determinano la soppressione di ICl,swell. In accordo con questi dati, come si è già detto, l’espressione di ICln in oociti di Xenopus oltre che in altri tipi cellulari porta all’attivazione di una corrente con caratteristiche riconducibili a ICl,swell (Paulmichl et al., 1992; Gschwentner et al., 1994). L’insieme di questi dati ha indotto a supporre che fosse proprio ICln l’entità molecolare attraverso cui si origina ICl,swell, e che la traslocazione di ICln verso la membrana coincidesse con la sua inserzione in forma di dimero, forse in configurazione “beta-barrel”, nella membrana plasmatica funzionando come canale oppure che permettesse l’attivazione di un canale anionico preesistente, di cui ICln sarebbe un potenziale regolatore (Buyse et al., 1996; Ritter et al., 2003; Strange et al., 1998). Per verificare la correttezza di una di queste due ipotesi, ICln purificata è stata ricostituita in membrane artificiali microscopiche (mediante esperimenti di tip-dip) e macroscopiche. Tali esperimenti hanno consentito di dimostrare che la proteina è effettivamente in grado di traslocare spontaneamente dalla soluzione alla membrana lipidica generando una corrente ionica (Fürst et al., 2000; Strange et al., 1998). Tuttavia la relazione tra canale e ICln è ancora oggetto di discussione. Il pattern d’interazioni proteiche di ICln suggerisce che la proteina, oltre al ruolo di regolazione del volume cellulare, svolga altre funzioni, non direttamente legate alla permeazione degli ioni. Più precisamente, è stato proposto,e per lo meno in alcuni casi dimostrato, un suo coinvolgimento: 29 -nella regolazione della morfologia cellulare (Krapivinsky et al., 1998) soprattutto in virtù della sua interazione con molecole citoscheletriche come actina, miosina, e JBP1; -nello splicing dell’RNA (Pu et al., 1999); -nell’attivazione delle piastrine (Larkin et al., 2004) e nell’angiogenesi (Li et al., 2004). Tra le suddette funzioni quella meglio caratterizzata è quella legata allo splicing dell’RNA. Sembra infatti che ICln, insieme ad altre due proteine, MEP50 e JBP1 (di cui si discuterà nel paragrafo successivo), entri a far parte del metilosoma, un complesso proteico che ha il ruolo di metilare le proteine Sm in modo da favorire la loro associazione con gli U snRNAs e la formazione delle snRNPs (Ribonucleoproteine) (Friesen et al., 2001). La metilazione delle proteine Sm da parte del metilosoma ne regola l’assemblaggio e quindi la funzionalità. Una quadro riassuntivo delle funzioni proposte per ICln è riassunto nella figura 7. Figura 7 Funzioni di ICln proposte. 1) l’interazione con il citoscheletro durante la regolazione del volume cellulare può essere coinvolta nella trasduzione del segnale, nella traslocazione di ICln verso la membrana cellulare o nella regolazione di un canale ionico; 2) canale ionico o regolatore di un canale ionico; 3) coordinazione dell’assemblaggio di piccole ribonucleoproteine ricche di uridina mediante il complesso survival of motor neurons (SMN) sequestrando e dirigendo le proteine Sm o LSm al metilosoma; 4) potenziale funzione nella degradazione dell’mRNA; 5) ICln può 30 indirettamente regolare i livelli di espressione dell’mRNA o della proteina tramite i pathways 3) e 4). (Tratto da Fürst et al., 2006). 2.4.3 Interazione di ICln con altre proteine Poiché ICln si trova al centro di una complessa rete di interazioni proteiche (Fürst et al., 2006), è di grande interesse identificare e caratterizzare le molecole con cui essa interagisce e comprendere come tali legami potrebbero regolare il suo ruolo sia nel citosol, sia a livello della membrana cellulare. Vediamo di seguito le varie proteine con cui si è vista interagire, che qui sono state raggruppate in base alla funzione: 1-Proteine coinvolte nello splicing dell’mRNA E’ stata scoperta la presenza di ICln nel metilosoma, un insieme funzionale di proteine deputato alla metilazione di alcune proteine dello spliceosoma, il complesso di proteine ed RNA il cui compito è partecipare al processo di splicing dell’RNA messaggero (mRNA), cioè alla rimozione degli introni dal pre-mRNA a formare l’mRNA maturo (Friesen et al., 2001; Meister et al., 2001; Friesen et al., 2002) - MEP50 Questa proteina, il cui peso molecolare è tra i 45 e i 50 kDa, fa parte del complesso del metilosoma insieme a JBP1 e ad ICln (Friesen et al., 2001; Friesen et al 2002; Meister et al 2001), con cui sembra però interagire indirettamente. Sono dirette invece le sue interazioni con JBP1 e, mediante i WD repeats che MEP50 contiene, con le proteine dello spliceosoma SmB, SmD2, SmD3, SmE (Friesen et al., 2001). - JBP1 Inizialmente non identificata e chiamata IBP72 (ICln Binding Protein, PM=72 kDa), si è visto che il suo legame con ICln è mediato dall’Acidic Domain 3 (gli ultimi 29 aa in ICln di ratto) (Krapivinsky et al., 1999; Emma et al., 1998). In seguito, è stata identificata e denominata JBP1 (Janus Binding Protein 1) o PRMT5 (Protein arginine Methyltransferase 5), omologa della proteina Skb1 di lievito (Krapivinsky et al., 1999), la quale lega le PAK-like chinasi ed è implicata nella regolazione della 31 morfologia e del ciclo cellulare (Gilbreth et al., 1998). Più recentemente si è osservato che essa interagisce con le proteine Sm nei loro domini ricchi di arginina e di glicina (RG domains) e, dei tre componenti del metilosoma, è quello responsabile della metilazione delle proteine Sm (Friesen et al., 2001). - Proteine Sm In diverse occasioni sono state evidenziate interazioni di ICln con proteine Sm, in particolar modo con SmD1, SmD2, SmD3, SmB/B’, SmX5, SmE, SmG (Friesen et al., 2001; Figeys et al., 2001; Schmarda et al., 2001). E’ stato proposto che ICln sequestri le proteine Sm appena sintetizzate e le diriga verso il metilosoma (Friesen et al., 2001; Friesen et al., 2002; Gilbreth et al., 1998). Non solo, ma recentemente è stato scoperto che anche LSm4, una proteina coinvolta nello splicing e nella degradazione dell’mRNA, è in grado di interagire con una forma tronca di ICln (ICln159) (Fürst et al 2005). 2-Proteine del citoscheletro Miosina Si è riscontrata l’associazione di ICln con una proteina di 17 kDa. E’ stata identificata come l’isoforma non muscolare della catena leggera della miosina ed il legame non risulta mediato da alcuno degli Acidic Domains di ICln di ratto (Emma et al., 1998). Actina Inizialmente questa proteina è stata identificata come actina mediante esperimenti di immunoblotting e di immunoprecipitazione (Krapiwinsky et al., 1994). La possibilità di un’interazione tra ICln e l’actina è stata confermata tramite saggi di doppio ibrido (Schwartz et al., 1997) e di elettroforesi bidimensionale (Li et al., 1999), con cui è stato provato un legame con l’F-actina. L’interazione è stata confermata con esperimenti di immunoprecipitazione in cellue renali CD8 (Tamma et al., 2006). 32 4.1R A seguito di esperimenti di doppio ibrido, la parte C-terminale di ICln umana (aa 103-237) risulta in grado di legare l’isoforma eritroide della proteina 4.1 (4.1R), anche detta Banda 4.1, sugli amminoacidi 162-280, corrispondenti a parte del dominio FERM (Tang et al., 1998). Di recente è stato inoltre riportato che ICln è capace anche di legare altri membri della famiglia delle 4.1: la 4.1B e presumibilmente anche la 4.1G e la 4.1N (Calinisan et al., 2006). Tale interazione, su cui è stato incentrato il mio lavoro di dottorato, verrà discussa più ampliamente nel paragrafo successivo, interamente dedicato alle proteine 4.1, ne verranno approfonditi il ruolo e le funzioni 3) Proteine di membrana: le integrine Le integrine sono molecole eterotrimeriche di adesione cellulare composte da subunità α e β, attraverso cui mediano l’adesione cellula-cellula e cellula-matrice e coordinano i segnali bidirezionali che attraversano la membrana plasmatica. Recentemente è stato dimostrato un coinvolgimento delle integrine nella regolazione dell’osmosi e dei movimenti degli ioni attraverso le membrane cellulari, in particolare controllano il flusso del calcio, del potassio e del cloro sia direttamente (Davis et al., 2002; Haussinger et al., 2003) sia indirettamente (Ritter et al., 2003; Browe et al., 2003; McPhee et al., 1998; Shakibaei et al., 2003; Vom et al., 2003). L’integrina αIIbβ3, specifica per le piastrine, è la più studiata ed è stata utilizzata come modello per la ricerca di eventuali ligandi con cui interagiscono tali proteine (Larkin et al., 2004) tra di esse è compresa anche ICln. Dal momento che l’inibizione della ICl,swell attraverso l’Acyclovir induce l’inibizione delle integrine e dell’aggregazione piastrinica, è stato proposto che ICln svolga un ruolo rilevante negli eventi di attivazione delle piastrine (Larkin et al., 2004). 33 2.5 La proteina 4.1 2.5.1 La struttura I membri della famiglia delle proteine adattatrici 4.1 sono espressi in numerosi tessuti, inclusi molti epiteli dove probabilmente rivestono un importante ruolo nel mantenimento dell’architettura e della polarità della cellula e nel controllo della proliferazione cellulare. Il primo membro della famiglia della proteina 4.1 ad essere individuato è stata la proteina 4.1 R (chiamata anche banda 4.1), una proteina strutturale multifunzionale di 80 kDa, individuata inizialmente a livello della membrana degli eritrociti umani, dove stabilizza il citoscheletro submembranario di actina-spectrina. Per tale motivo inizialmente si è pensato che i membri della superfamiglia della proteina 4.1 rivestissero un ruolo esclusivamente strutturale. I membri della famiglia della proteina 4.1 sono stati individuati, in seguito, in molti tipi cellulari di organismi metazoi, concentrati soprattutto a livello del nucleo e delle giunzioni cellulari. Tali proteine costituiscono dei complessi multimolecolari con proteine transmembrana e proteine associate alla membrana, importanti per la stabilità strutturale e la trasduzione del segnale nei siti di contatto tra le cellule (Calinisan et al., 2006; Diakowski et al., 2006). L’importanza del ruolo strutturale e funzionale della proteina 4.1 deriva dall’osservazione che una drastica riduzione o la perdita dell’espressione della proteina determina una diminuzione dei livelli di espressione e la dislocazione di proteine transmembrana e proteine associate alla membrana, che normalmente interagiscono con la proteina 4.1 (Nunomura et al., 2009). Nell’uomo sono stati individuati quattro geni che codificano per quattro distinte isoforme della proteina 4.1, che prendono il nome dal tessuto in cui sono state isolate. Questi geni sono altamente complessi: sono localizzati su differenti cromosomi e presentano diversi patterns di espressione (Kim et al., 1998; Parra et al., 1998; Peters et al., 1998), contengono diversi esoni e possiedono più di un sito di inizio per la trascrizione; l’mRNA subisce quindi splicing alternativo generando 34 delle varianti che differiscono per la presenza o meno di alcuni domini e che hanno peso variabile (ciò è dovuto, molto probabilmente, anche a modificazioni posttraduzionali quali glicosilazione e fosforilazione). La superfamiglia delle 4.1 include la proteina 4.1R (spesso denominata EPB41: erythrocyte membrane protein band 4.1), per la quale sono generate un gran numero di varianti con regolazione tessuto-specifica e sviluppo-specifica (Conboy et al., 1993); la proteina 4.1N (EBP41-like 1); la proteina 4.1G (EBP41L2); la proteina 4.1B (EBP41L3) (Walensky et al., 1999). 4.1 R (Red blood cell) è espressa soprattutto nei tessuti emopoietici, polmone, fegato, sistema olfattivo e nel cervello: nel lobo caudato e occipitale, nel putamen e identificata in modo specifico nelle cellule granulari del cervelletto e nel giro dentato. Questa proteina è localizzata a principalmente livello nucleare e della membrana plasmatica (Conboy et al., 1987; Walensky et al., 1998; Salomao et al., 2008). 4.1N (Neurons) mostra un alto livello di espressione in tutti i neuroni del cervello ed è localizzata a livello delle sinapsi. È debolmente espressa anche a livello del polmone, placenta, muscolo scheletrico, pancreas, cuore e rene (Walensky et al., 1999). La proteina 4.1 stabilizza la plasticità della membrana neuronale grazie alle interazioni actina-spectrina, con i canali integrali di membrana e le guanilato chinasi associate alla membrana (Ramez et al., 2003). 4.1N è espressa in quasi tutti i neuroni centrali e periferici nei mammiferi ed è stata identificata nei neuroni embrionali nelle fasi precoci della differenziazione post mitotica. Le zone di contatto sinaptico sono arricchite di questo omologo (Wallensky et al., 1999). 4.1G (General distribution) è presente in quasi tutti i tessuti dell’organismo (ad eccezione del rene) e in particolare nel cervello: nell’ippocampo e nel cervelletto; nel testicolo, con localizzazione a livello citoplasmatico e perinucleare (Parra et al., 1998). 4.1B (Brain) è localizzata nelle popoloazioni neuronali nel cervello di topo, specialmente nelle cellule del Purkinje del cervelletto, nelle cellule piramidali 35 della regione ippocampale, nei nuclei talamici e nel bulbo olfattivo (Parra et al., 2000). Inoltre è stata trovata nel cuore, nei polmoni, nei reni, nell’intestino e nei testicoli. Le diverse isoforme che costituiscono la superfamiglia di proteine 4.1 sono formate da quattro domini strutturali conservati tra le diverse isoforme (Fig.8): all’Nterminale presentano un dominio FERM (4.1 ezrin-radixin-moesin) di 30 kDa, che media il legame con molte altre proteine, tale dominio è considerato il dominio “firma” della famiglia; un dominio idrofilico di 16 kDa che possiede un sito di fosforilazione da parte della PKC; un dominio SAB (spectrin/actin binding domain) di 10 kDa, presente nei geni per 4.1 di tutti i vertebrati (Hoover et al., 2000) e un dominio di 22-24 kDa al C-terminale (CTD); gli ultimi due domini citati possono interagire con proteine transmembrana. Figura 8 Organizzazione dei domini delle proteine 4.1. L’allineamento delle proteine 4.1 mostra la presenza di tre domini conservati (FERM, SAB e CTD), indicati con sfumature di grigio e di tre regioni uniche (U1, U2, U3), indicate dai riquadri bianchi. I numeri riportati nei riquadri si riferiscono alla percentuale di identità dei domini conservati delle proteine 4.1G, 4.1B e 4.1N con i corrispondenti domini della 4.1R. La rappresentazione della 4.1R mostra una sola regione U3 che è espressa unicamente nei tessuti epiteliali. Si può notare che il dominio SAB non è conservato nella 4.1N (Calinisan et al., 2006). Diversamente dalle proteine 4.1R, 4.1G e 4.1B, la 4.1N è incapace di formare un complesso ternario con spectrina e actina a causa del ridotto grado di conservazione del suo dominio SAB. 36 Nei quattro membri della famiglia 4.1 le regioni con più alta omologia sono i domini FERM, SAB e il dominio CTD. Ciò suggerisce che le proteine 4.1 condividono alcune funzioni comuni, sono infatti proteine adattatrici associate alla membrana; mentre la presenza di regioni caratteristiche per ogni 4.1, disseminate tra i domini conservati, può conferire specifiche proprietà ad ognuna di esse (Gascard et al, 2000). Figura 9. Schema della struttura delle proteine 4.1. I diversi domini sono evidenziati: CTD carboxyl terminal domain; FERM - 4.1-ezrin-radixin-moesin domain, SABD -spectrin-actin-binding domain. Sono inoltre evidenziate le proteine che interagiscono con la proteina 4.1 (Diakowski et al., 2006). Nell’approfondire le funzioni dei diversi domini farò riferimento soprattutto alla proteina 4.1R, che oltre a rappresentare un prototipo per la famiglia è anche quella che è stata oggetto di studio per il mio progetto di dottorato. Il dominio FERM Il dominio FERM è situato all’estremità N terminale ed è codificato dagli esoni 4 e 12 del gene per la 4.1R; è responsabile del legame della proteina 4.1R con altre proteine come ad esempio la glicoforina C, la proteina p55 e la calmodulina (Diakowski et al., 2006). Il dominio FERM è costituito da tre differenti lobi (N-lobe, α-lobe e C-lobe) ognuno dei quali contiene una regione specifica per il legame con la membrana o per una proteina associata alla membrana (Han et al., 2000). Il lobo N che contiene il sito di legame per la proteina banda 3 è formato da due foglietti β double-stranded collegati da un α-elica; i foglietti β avvolgono parzialmente l’ α elica. Il lobo α contiene il sito di legame con la glicoforina C ed è organizzato da 4 αeliche organizzate come uno stretto pacchetto. Infine il lobo C contiene il sito di legame per la p55, la calmodulina, i PS e la regione di legame per i PIP2; questo lobo 37 è caratterizzato da due foglietti β e da un α-elica, una struttura tipica dei domini PH (Diakowski et al., 2006). Nella regione centrale del dominio, vicino al punto in cui i tre lobi si congiungono, ci sono due regioni separate, adibite al legame con la calmodulina (CaM). Una di queste è composta da una -elica è ed è Ca2+ insensibile; per quanto riguarda la seconda regione, la presenza di Ca2+ accresce il suo legame con CaM. Il legame della 4.1 alla calmodulina porta ad alcune modificazioni nella disposizione/conformazione dei tre lobi, ne consegue un indebolimento del legame della proteina 4.1 ad altre proteine che interagiscono con essa. Ad esempio in presenza di Ca2+ la calmodulina riduce l’affinità della proteina 4.1R per il complesso actina-spectrina e questo fa diminuire la stabilità meccanica della membrana (Nunomura et al ., 2006). Tale struttura, nella quale i tre lobi legano tre proteine associate alla membrana, e la presenza del sito di legame della calmodulina, permettono al dominio FERM di interagire con le proteine di membrana e di regolare in modo dinamico la forma cellulare in risposta a cambiamenti intracellulari di Ca2+. B Figura 10 A Immagine cristallografica del dominio FERM (Diakowski et al., 2006); B Diagramma di Ribbon in cui in verde sono evidenziatele α-eliche, in blu i β-sheets e in giallo i loop (Han et al., 2000) è possibile inoltre distinguere i tre lobi (N-lobe, α-lobe e C-lobe). Tra il dominio FERM e il dominio SABD è presente un dominio di 16 KDa (regione U2) che non ha un’attività di legame con altre proteine ma presenta due residui di 38 Serina (312 e 331) che possono essere fosforilati dalla proteina chinasi A e C (Manno et al., 2005). Il dominio SAB Il dominio SAB è un dominio di 10 KDa codificato dagli esoni 13, 16 e 17 del gene per la 4.1R. Tale dominio media l’interazione tra spectrina e actina (Correas et al., 1986), inoltre lega U2AF35 e l’importina α una proteina necessaria per l’import della proteina 4.1R nel nucleo (Gascard et al., 1999; Luque 2003). La sequenza consenso minima che è necessaria per l’interazione con spectrina e actina è una sequenza di 21 aminoacidi codificata dall’esone 16 (Diakowski et al., 2006). La formazione del complesso ternario composto da 4.1R, spectrina e actina regola la resistenza meccanica e l’elasticità della membrana degli eritrociti (Conboy et al. 1998). Questo dominio contiene inoltre residui quali Serina467 e Tirosina418 che possono essere fosforilati da diverse chinasi (Manno et al., 2005). La struttura primaria di questo dominio è altamente conservata in molti vertebrati ad eccezione della 4.1N che è differente e non lega la spectrina e l’actina (Gimm et al., 2002). Il dominio CTD Il dominio CTD, di 22/24 kDa, è codificato dagli esoni 18-21 della 4.1R; i 2 kDa di differenza tra la proteina 4.1Ra e 4.1Rb sono il risultato di una conversione da asparagina Asn 502 a Asp502 che avviene durante l’invecchiamento degli eritrociti (Inaba et al., 1992). Tale dominio interagisce con diverse proteine fra cui recettori di membrana, tight junction proteins e la proteina nucleare NuMA associata all’apparato mitotico (Calinisan et al., 2006). I domini variabili Oltre ai tre domini altamente conservati, le proteine appartenenti a questa famiglia contengono le regioni U1, U2 e U3, disseminate tra i domini conservati, che agiscono da modulatori delle interazioni mediate dalla proteina 4.1 attraverso i domini conservati e possono conferire specifiche funzioni a ciascuna proteina 4.1. 39 Figura 11 Schema della struttura delle proteine 4.1. I diversi domini sono evidenziati. E’ stato dimostrato che la regione unica U1 (non presente in tutte le isoforme di 4.1R) modula la traslocazione nel nucleo della proteina 4.1R (Luque et al., 1999). Questa regione inoltre interagisce con la proteina calmodulina in maniera strettamente calcio-dipendente e con le proteine associate al centrosoma (Gascard et al., 2006). La regione unica U1 presenta inoltre un sito di fosforilazione per la chinasi ciclina dipendente cdc2 il cui livello di fosforilazione varia durante il ciclo cellulare (Calinisan et al., 2006). La presenza o meno della regione U1 permette di dividere le proteine 4.1R in due sotto gruppi: isoforme ad alto peso molecolare e isoforme a basso peso. Per quanto riguarda le regioni uniche U2 e U3, non sono ancora stati identificati i partners di legame. La regione unica U2 contiene un residuo chiave di serina che rappresenta il substrato primario per la proteina chinasi C (PKC) fosforilazione dipendente (Calinisan et al., 2006). La fosforilazione di tale serina porta ad una diminuzione dell’interazione di 4.1R con la proteina transmembrana glicoforina C e con spectrina e actina (Gascard et al., 2006). Data la conservazione di questo residuo di serina e dei circostanti aminoacidi in tutte le proteine 4.1, è ipotizzato che la fosforilazione dipendente da PKC giochi un ruolo chiave nella regolazione della funzione di 4.1G, 4.1N e 4.1B e 4.1R. Nel corso degli anni sono state identificate numerose isoforme, 7 isoforme principali più 11 varianti, della proteina 4.1R, espresse sia in eritrociti che in cellule non eritrocitarie (Parra et al., 1998). Queste isoforme variano nelle dimensioni e 40 mostrano differenze strutturali e funzionali notevoli, e spesso più isoforme sono espresse all’interno di uno stesso tipo cellulare. La grande eterogeneità delle isoforme di 4.1 (Fig. 11) è generata dal complesso splicing alternativo del pre–mRNA di 4.1, dall’uso differente di due siti d’inizio per la traduzione e da modificazioni post-traduzionali delle proteine 4.1 (Conboy et al., 1998). In particolare l’utilizzo di due siti alternativi “splice acceptor” all’estremità 5’ dell’esone 2 genera due popolazioni di RNA di 4.1R: una che include un AUG a monte (AUG–1) e codifica per isoforme di 4.1R ad alto peso molecolare (135 KD) e un’altra che salta AUG–1 e codifica 4.1R a partire da un AUG a valle (AUG-2) situato nell’esone 4 che genera isoforme a basso peso molecolare (80 KD) (Gascard et al., 1998). In pratica le isoforme ad alto o basso peso molecolare differiscono per la presenza o meno della regione U1. A) 41 B) Figura 12 Sono mostrate alcune delle isoforme esistenti di 4.1R. In figura A è riportata l’organizzazione in esoni del gene umano per la 4.1R delle isoforme prodotte dal sito di inizio trasduzione AUG-1 (isoforme lunghe). All’inizio della figura è rappresentato l’mRNA della 4.1R con gli esoni alternativi, gli esono costitutivi e gli esoni non codificati. I due siti di inizio trasduzione AUG1 e AUG2 sono situati all’esone 2 e all’esone 4 rispettivamente. In B sono rappresentate le isoforme mancanti l’AUG-1, quindi le isoforme corte (Gascard et al., 1998). Recenti studi hanno dimostrato che l’mRNA della 4.1R che contiene l’AUG1 responsabile della sintesi dell’isoforma lunga (135 kDa), all’interno della sequenza tra i due siti di inizio della trascrizione (AUG 1 e AUG 2) presenta un elemento IRES che permette l’uso di un sito interno e quindi la sintesi dell’isoforma corta della 4.1 (80kDa). L’elemento IRES divide la sintesi del secondo cistrone in due sistemi bicistronici e quindi la sintesi dell’isoforma corta della proteina 4.1R dall’mRNA dell’isoforma lunga anche a splicing già avvenuto (Lospitao et al., 2008). 42 2.5.2 La funzione e le interazioni La proteina 4.1R, insieme alla spectrina, conferisce supporto ed elasticità alle membrane delle cellule animali. Queste due proteine si sono evolute negli organismi animali per consentire alle cellule di resistere agli stress dovuti ai movimenti e per organizzare le complesse strutture che coordinano le funzioni cellulari nei tessuti (Bennet et al., 2001). Spectrina e 4.1R formano le connessioni tra citoscheletro citoplasmatico e membrana plasmatica, organizzano la trasmissione funzionale di segnali complessi, conferiscono elasticità e capacità di resistenza a differenti strutture di membrana, rafforzano l’adesione cellulare (Bennet et al., 2001). Le cellule del sangue, in particolare i globuli rossi, necessitano di alcune proteine per far fronte allo stress che subiscono durante la circolazione. Le cellule muscolari, sottoposte a ripetute contrazioni, e i neuroni, la cui necessità di trasmissione dei segnali comporta specifiche organizzazioni e microstrutture, sono esempi di tipi cellulari in cui spectrina e proteina 4.1R sono abbondanti. Sembra anche che la proteina 4.1R, così come altri membri della stessa superfamiglia (in particolare la 4.1B), rivestano anche un importante ruolo nella soppressione dei tumori e nella regolazione della proliferazione cellulare (Gutman et al., 2000; Robb et al., 2003; Kuns et al., 2005). Pertanto sebbene alla famiglia delle proteine 4.1 inizialmente era stato attribuito un ruolo esclusivamente strutturale nelle cellule, ad oggi ci sono numerose evidenze del loro coinvolgimento in numerose altre funzioni cellulari tra cui: partecipano al mantenimento della polarità della cellula (Lamb et al., 1998); intervengono nel controllo della divisione cellulare (Correas et al., 1991; PerezFerreiro et al., 2004) in quanto partecipano alla formazione del fuso mitotico e dei poli del fuso interagendo con i microtubuli mitotici (Huang et al., 2004); intervengono nel mantenimento del volume cellulare in risposta a stress osmotico (Tang et al., 1998); hanno un ruolo importante nella proliferazione (Jiang et al., 2005); 43 inoltre intervengono nella morfogenesi cellulare e nella regolazione di alcuni fattori di trascrizione nel nucleo, dal momento che intervengono nelle maggiori vie di trasduzione del segnale (Scoles et al., 1998). Sembra inoltre che alcune isoforme di 4.1 espresse in eritroblasti possano contribuire in maniera significativa alla funzione e all’architettura nucleare e centrosomale (Calinisan et al., 2006). Le 4.1 R giocano un ruolo molto importante per il centrosoma in quanto contribuiscono al mantenimento dell’organizzazione radiale dei microtubuli (Perez-ferreiro et al., 2004). Una delle principali funzioni della proteina 4.1R è quella di congiungere i tetrametri di spectrina e di ancorare i componenti del citoscheletro (Conboy et al., 1993; Lue et al., 1994), in particolare stabilendo delle interazioni orizzontali tra gli oligomeri di spectrina e i filamenti di actina (Gascard et al., 2000). Queste proteine, tramite specifici domini, interagiscono con numerosi partners: scambiatore anionico AE (Banda 3) mediante il dominio FERM (esone 5); Glicoforina C (legame ad una superficie carica negativamente di Asp e Glu e carica positivamente di Lys e Arg, mediante il dominio FERM (esone 8); richiesto PtdIns(4) come cofattore perché possa avvenire l’interazione); Ca2+-calmodulina chinasi (CASK); Fosfatidilinositolo 4-fosfato (PtdIns(4)); Fosfatidilinositolo 4,5-bifosfato (PtdIns(4,5)); Human discs-large (hDlg) (multidomain scaffolding protein con tre domini PDZ; un dominio SH3 e un dominio guanilate kinase-like (GUK), è una MAGUK, richiesta per il controllo della crescita e della polarità delle cellule epiteliali); p55 (è una proteina che appartiene a proteine del citoscheletro e di segnale associate alla membrana (MAGUK), presenta un sito di legame HOOK domain); ICln; Ca2+-calmodulina (regola il legame della 4.1 a proteine di membrana e del citoscheletro); 44 CD44; Spectrina; Actina; Fosfatidilserina; NCP (Neurexin / CASPR/ Paranodin); CIF3-p44 (subunità del fattore eucariotico 3 di inizio della traduzione, costitutivamente espressa in molti tessuti, interagisce con la porzione Cterminale); NuMA (Nuclear Mitotic Apparatus Protein); CPAP (Centrosome Protein). Sebbene la 4.1R sia localizzata nella membrane delle cellule nucleate e degli eritociti anucleati, molte cellule che possiedono un nucleo presentano appunto una localizzazione nucleare di questa proteina. Una delle funzioni nucleari di questa proteina potrebbe dipendere dalla sua capacità di legare fattori di splicing e regolare così il processamento dell’RNA (Lallena et al., 1998; De Carcer et al., 1995; Krauss et al., 1997); un altro studio indica che la proteina 4.1 regola la formazione del fuso mitotico (Mattagajasingh et al., 1999): il dominio C-terminale della 4.1R lega la proteina NuMA, che forma un complesso molecolare con la dineina, essenziale per la formazione del fuso mitotico. L’overespressione della 4.1R causa, però, un’errata localizzazione della proteina NuMA e, di conseguenza, morte cellulare. La proteina 4.1R, perciò, è importante non solo a livello della membrana per l’organizzazione del citoscheletro, ma anche nel nucleo. Esperimenti di Knock-Out sono stati utili per comprendere la funzione dei geni codificanti per le 4.1; in particolare il KO del gene 4.1R ha dimostrato l’importanza di questa isoforma in alcune regioni del cervello, nel giro dentato dell’ippocampo e nelle cellule granulari del cervelletto, dove c’è una forte espressione dell’mRNA di tale proteina. Topi mancanti della 4.1R presentano difetti neurocomportamentali tipici di disfunzioni cerebrali, riguardanti l’equilibrio, la coordinazione e la memoria (Walensky et al., 1999). 45 Notevole attenzione è stata rivolta allo studio di mutazioni delle proteine del citoscheletro, alla base di malattie genetiche ereditarie. In particolare, la proteina 4.1R è mutata nell’ellissocitosi ereditaria (HE), caratterizzata da un’anormale forma degli eritrociti (Conboy et al., 1993); in una forma di HE, con una specifica delezione del dominio SAB, i difetti eritrocitari sono identici a quelli causati da una completa assenza della proteina 4.1 (Conboy et al., 1990; Marchesi et al., 1990), a dimostrazione dell’importanza del dominio SAB per una corretta funzione della 4.1 negli eritrociti. In un’altra famiglia di HE, invece, la mancanza di uno specifico sito di binding del dominio FERM non provoca sintomi correlati alla mancanza della 4.1, indicando che questo sito non è di fondamentale importanza per la funzione della 4.1R, che potrebbe, altrimenti, essere svolta da paraloghi della 4.1 in tessuti non eritroidi (Jons et al., 1992; Conboy et al., 1993). Mutazioni della proteina in esame sono state ritrovate anche in Drosophila melanogaster e Mus musculus. 46 3 Scopo del lavoro ICln riveste un ruolo fondamentale nell’attivazione dell’ICl,swell, la corrente di cloruro attivata dal rigonfiamento cellulare, (Okada et al., 1997). Lo stress ipotonico induce una traslocazione di ICln verso la membrana cellulare che accompagna l’attivazione della corrente ma non è ancora stato chiarito se ICln intervenga come regolatore o se rappresenti uno dei componenti del canale stesso. Oltre ad essere coinvolta nel’RVD, ICln è coinvolta in numerosi altri processi cellulari come dimostrato dal pattern delle sue interazioni con altre proteine quali proteine coinvolte nello splicing dell’mRNA (Pu et al., 1999) e proteine di adesione (integrine) (Larkin et al., 2004). Di particolare interesse per questo lavoro è l’interazione di ICln con proteine citoscheletriche. E’ noto infatti che l’ICl,swell è modulata dallo stato del citoscheletro actinico (Lang et al., 1998; Moustakas et al., 1998) e ICln lega numerose proteine citoscheletriche tra cui la stessa actina, la miosina e alcune proteine appartenenti alla famiglia delle 4.1, una famiglia di proteine multifunzione coinvolta nella regolazione del citoscheletro, della morfologia cellulare e di membrana e della proliferazione cellulare. E’ già noto che 4.1R e ICln interagiscono: l’interazione è stata appurata tramite le tecniche del doppio ibrido in lievito, di coimmunoprecipitazione e spettrometria di massa (Tang et al. 1998; Figeys et al., 2001). In particolare si è visto che il dominio Cterminale di ICln (aminoacidi dal 103 al 237) lega il lobo C del dominio di 30 kDa (FERM) della proteina 4.1R (80 kDa) (Tang et al., 1998), a livello degli aminocaidi 136-283 (Calinisan et al., 2006). L’utilizzo di queste tecniche, tuttavia, non ha fornito informazioni né sulla sede dell’interazione, né sulla funzione, aspetto di estremo interesse, vista la spiccata multifuzionalità di entrambe le proteine. In particolare, vista l’importanza di ICln per l’RVD, l’interazione suggerisce un possibile ruolo, fin’ora non noto, anche per 4.1 nella regolazione del volume cellulare, come possibile componente del pathway di signalling e/o elemento chiave per la riorganizzazione del citoscheletro indotta dall’ipotonia. Un altro possibile 47 ruolo per la 4.1 nasce dalla considerazione che garantisce, tra le altre funzioni, anche il mantenimento dell’associazione tra proteine di membrana e il citoscheletro di spectrina/actina sottostante. Dato che la 4.1 è in grado di legare sia l’actina che ICln attraverso due specifici e distinti siti di legame, tale proteina potrebbe agire come un adattatore proteico che collega lo scheletro actina–spectrina a ICln, favorendone la traslocazione e il suo ancoraggio alla membrana e l’attivazione della ICl,swell. Il citoscheletro è, infatti, uno dei candidati per la trasduzione del segnale durante la regolazione del volume cellulare. E’ infatti noto che l’organizzazione citoscheletrica è alterata dalle variazioni di volume (Tamma G. et al, 2007) e molte proteine trasportatrici regolate dal volume e rispettivi regolatori mostrano interazioni funzionali con il citoscheletro (Pedersen et al, 2001). Lo studio delle interazioni tra ICln e proteine associate al citoscheleto potrebbe chiarire il meccanismo di trasduzione del segnale che porta dal rigonfiamento cellulare all’attivazione delle conduttanze di membrana responsabili del RVD. Su queste basi, il primo scopo di questo lavoro è stato di studiare in vivo tramite la tecnica del FRET (Fluorescence Resonance Energy Transfer) l’interazione tra ICln e 4.1R umana, per studiarne la localizzazione subcellulare e l’evolversi durante l’ipotonia. Sebbene ICln interagisca con i FERM di tre diverse isoforme di 4.1, l’isoforma R, B e G abbiamo scelto di focalizzarci sull’ isoforma R. Tale isoforma è il prototipo della famiglia ed è la prima per cui è stata riportata l’interazione con ICln (Tange et al., 1998) e quella per cui i siti di interazione sono stati meglio caratterizzati. L’indagine è stata estesa a due tipi di isoforme di 4.1R: una ad alto peso molecolare, (4.1R long variante lunga) e una a basso peso molecolare (4.1Rsh, variante corta), che sono state clonate da cellule embrionali umane HEK-293 Phoenix. Gli esperimenti sulla interazione sono stati affiancati dallo studio dell’influenza reciproca delle due proteine sulla loro localizzazione subcellulare. Infine per capire il significato funzionale dell’interazione ICln-4.1R nella regolazione della corrente per il cloruro ICl,swell abbiamo allestito esperimenti di patch clamp in 48 configurazione whole cell in cellule HEK per studiare l’effetto della over-espressione delle due varianti da splicing della 4.1R sulla corrente attivata dallo swelling. 49 4 Materiali e Metodi 4.1 Colture cellulari Gli esperimenti sono stati condotti su cellule HEK 293 Phoenix e HEK 293 T (Human Epithelial Kidney). Le cellule sono state fatte crescere a 37°C, in presenza di 5% CO 2 in un terreno minimo MEM (Minimum Essential Medium, M5650, Sigma) complementato con l’aggiunta di siero bovino fetale (FBS, 14-801F, Lonza) al 10%, di L-glutammina 2 mM, penicillina 280 µM streptomicina 144 µM e 1 mM di acido piruvico. Le cellule sono seminate in piastre petri e successivamente sottoposte ad eventuali passaggi di tripsinizzazione. Lavorando sotto cappa a flusso laminare in condizioni di sterilità, una volta raggiunto l’80-90% di confluenza si preleva il terreno dalle piastre petri e le cellule vengono lavate con PBS (Phosphate Buffered Saline) al fine di rimuovere il terreno residuo per evitare l’inibizione dell’azione della tripsina da parte delle proteine contenute nel siero. Una volta rimosso il PBS, viene aggiunto PBS contenente 0,05% tripsina-EDTA si lascia agire l’enzima per qualche minuto, fino a quando le cellule non si staccano dal fondo della piastra. Per bloccare l’effetto della tripsina si aggiunge un volume opportuno (variabile in base al volume delle petri in cui le cellule sono coltivate) di terreno. Le cellule vengono poi seminate nuovamente in altre piastre di volume variabile a seconda del tipo di esperimento da condurre. 50 Composizione del terreno: Minimun Essential Medium 435 ml (M5650 Sigma) FBS 10% 50 ml L-glutammina 200 mM 5 ml Penicillina 100 U/ml 5ml Streptomicina 0,1 mg/ml 5 ml Acido piruvico 100 mM 5 ml Composizione del PBS 1X: NaCl 136,89 mM KCl 2,69 mM Na2HPO4 3,21 mM KH2PO4 1,47 mM NaOH 1,00 mM pH 7,4 4.2 Estrazione dell’RNA citoplasmatico L’estrazione dell’RNA è stata effettuata utilizzando un kit della Qiagen (RNeasy Maxi Kit), seguendo un protocollo che ha consentito di estrarre solo RNA citoplasmatico che nelle cellule animali rappresenta l’85% dell’RNA totale cellulare. L’RNA veniva estratto da una piastra di cellule HEK 293 T a confluenza. 51 Tutte le soluzioni utilizzate venivano precedentemente trattate con 0,1% DEPC, un potente, anche se non assoluto, inibitore di RNAsi. - La lisi cellulare avveniva direttamente nella Petri aggiungendo 1 ml di Buffer RLN a 4 °C. Questo buffer conteneva Nonidet® P-40 che lisa la membrana cellulare. - Le cellule lisate venivano staccate con una spatola dalla Petri, messe in un tubo Eppendorf e incubate in ghiaccio per 5 minuti. - Il lisato era centrifugato a 4 °C per 5 minuti a 300-500 x g per rimuovere i nuclei che restano intatti durante la lisi cellulare, il surnatante era trasferito in una Falcon da 15 ml Rnase-free. - Venivano poi aggiunti 4 ml di Buffer RLT e 2.8 ml d’etanolo (96-100%) al lisato. Il buffer RLT contiene guanidina isotiocianato, che inibisce le RNAsi citoplasmatiche. Il buffer e l’etanolo erano aggiunti al surnatante per rendere ottimale il legame dell’RNA alla membrana di una colonna cromatografica (fornita con il kit). - La miscela veniva quindi posta in questa colonna che era posizionata in una Falcon da centrifuga da 15 ml e centrifugata per 5 minuti a 3000-5000 x g. L’eluito era eliminato. L’RNA con dimensioni superiori a 200 bp restava legato alla colonna. - Seguiva la fase di lavaggio in cui 4 ml di Buffer RW1 erano aggiunti alla Rneasy column che era centrifugata per 5 minuti a 3000-5000 x g. In seguito erano aggiunti 2,5 ml di Buffer RPE alla RNeasy column che era poi centrifugata per 2 minuti a 3000-5000 x g. La procedura era ripetuta una seconda volta. - Per l’eluizione 350 μl d’acqua RNasi free erano aggiunti direttamente sulla membrana della spin-column. Dopo 1 minuto la colonna era centrifugata per 3 minuti a 3000-5000 x g. 52 Composizione buffer RLN 50 mM TrisCl, pH 8.0 140 mM NaCl 1,5 mM MgCl2 0,5% (v/v) Nonidet® P-40 (1,06 g/ml) Prima dell’utilizzo il Buffer RLN viene raffreddato e mantenuto a 4 °C. 4.3 Elettroforesi dell’RNA Preparazione del gel 1% 0,5 g d’agarosio erano sciolti in 50 ml di TAE. La miscela era scaldata finché l’agarosio non si fosse sciolto completamente, dopodichè venivano aggiunti 0,3 μl di bromuro d’etidio. La miscela era versata in un’opportuna vaschetta, inserito il pettine per i pozzetti e lasciata raffreddare. Preparazione del campione Veniva preparata una miscela costitutita da: 4 μl RNA 4 μl Formaldeide 1,6 μl Sample Buffer 6X La miscela era scaldata a 65 °C per 10 minuti. Il campione era poi caricato su gel e fatto correre a 120 V per 30 minuti. 53 4.4 Retrotrascrizione (RT) con oligo dT Veniva effettuata utilizzando un kit Invitrogen (Superscript III). Era inizialmente preparata una miscela la cui composizione era: Oligo dT (50 mM)* 1 μl dNTP (10 mM)* 1 μl RNA 11 μl Questa miscela veniva preparata in una Eppendorf che era scaldata a 65 °C per 5 minuti (per denaturare eventuali strutture secondarie formate dall’RNA) e successivamente lasciata in ghiaccio per 1 minuto (per evitare, data l’elevata temperatura, di inattivare la trascrittasi inversa). Per la vera e propria reazione di retrotrascrizione venivano aggiunti ad ogni Eppendorf 7 μl della seguente miscela: Buffer 5X 4 μl DTT 0,1M 1 μl RNAse OUT 1 μl SuperScript III 1 μl Seguiva una fase di incubazione a 50 °C per 50 minuti (retrotrascrizione) ed una di incubazione a 70 °C per 15 minuti (inattivazione della trascrittasi). 4.5 PCR PCR con Taq Bioline. Una prima serie di reazioni è stata condotta per individuare quale isoforma di RNA codificante per la proteina 4.1 fosse presente in cellule HEK. 54 Miscela di reazione per PCR (volume finale 50 μl) H2O 36,5 μl Buffer 10X 5 μl MgCl2 (50mM) 2 μl dNTP (100 mM) Bio Taq 1 μl 0,5 μl Primer senso (50 μM) 1 μl Primer antisenso (50 μM) 1 μl Diversi primers sono stati disegnati per le differenti isoforme di 4.1: R, G, B. Primers per isoforma R: Senso: ATGCACTGTAAGGTTTCTTTGTTGG Tm: 49 °C Antisenso: CAGTCTGAAAAACGTGTGATGT Tm: 46 °C Dimensioni frammento atteso :735 bp o 840 bp, a seconda delle varianti da splicing. Primers per isoforma G: Senso: GTGCAGTGTAAAGTGACCCTCT Tm: 50 °C Antisenso: GAAGCAAGCCTGTAGAAAGTATGAT Tm: 49 °C Dimensioni frammento atteso: 845 bp. Primers per isoforma B: Senso: AAAAGCATGCAGTGGAAAGTGATAC Tm: 49 °C Antisenso: TAAAAGTAGTCTGAAAAATGTATGTGC Tm: 46 °C 55 Dimensioni del frammento atteso: 852 bp. Protocollo PCR 95 °C 5 min denaturazione iniziale 95 °C 45 s denaturazione X °C 45 s X 35 72 °C 1 min 30 s 72 °C 5 min X = 46 °C per isoforma B e R X = 49 °C per isoforma G annealing allungamento allungamento finale 4.6 Clonaggio del cDNA per la proteina 4.1Rsh e 4.1RII nei vettori, pEYFP-C1, pEYFP-N1 e pIRES2-EGFP Il cDNA esprimente le due varianti da splicing 4.1Rsh e 4.1RII della proteina 4.1R è stato clonato nel vettore YFP sia in posizione N–terminale rispetto alla YFP nel pEYFP-N1 (Clontech) che in posizione C–terminale nel pEYFP-C1 (Clontech) e nel vettore pIRES2-EGFP. 56 Figura 13 Mappe del vettore pEYFP-N1 e pEYFP-C1 in cui è evidenziato: 1- il multiple cloning site (MCS) che contiene diversi siti di restrizione unici del vettore e rappresenta il punto in cui viene inserito il cDNA; 2- l’EYFP sequenza codificante per la proteina fluorescente localizzata in 3’ rispetto all’MCS per pEYFP-N1 e in 5’ rispetto al MCS per pEYFP-C1; 3- l’origine di replicazione SV40 e un gene r che conferisce resistenza alla neomicina (Neo ) per la selezione (usando il G418) delle cellule transfettate stabilmente. Un promotore batterico a monte (P) conferisce resistenza alla kanamicina r (Kan ) in E. Coli. Il vettore fornisce anche una origine di replicazione pUC19 per la propagazione in E.Coli e una origine f1 per la produzione di DNA a singola elica. Figura 14 Mappa del vettore pIRES2-EGFPin cui è evidenziato: 1- il multiple cloning site (MCS) che contiene diversi siti di restrizione unici del vettore e rappresenta il punto in cui viene inserito il cDNA; 2- la sequenza IRES (Internal Ribosome Entry Site) tra il MCS e la regione EGFP (Enhanced Green Fluorescent Protein) corrispondente alla regione codificante per la proteina GFP. Questo permette alle cellule di produrre da un singolo mRNA bicistronico la proteina di interesse (ICln) e la proteina GFP come proteine separate ; 3- l’origine di replicazione SV40 e un gene che conferisce resistenza r alla neomicina (Neo ) per la selezione (usando il G418) delle cellule transfettate stabilmente. Un r promotore batterico a monte (P) conferisce resistenza alla kanamicina (Kan ) in E. Coli. Il vettore fornisce anche una origine di replicazione pUC per la propagazione in E.Coli e una origine f1 per la produzione di DNA a singola elica. 57 4.6.1 PCR Per il clonaggio delle varianti dell’isoforma 4.1R è stata utilizzata una Taq (Advantage) dotata di maggiore attività proofreading rispetto ad una Taq convenzionale. I primers, specifici per le due varianti della proteina 4.1R, sono stati disegnati in modo da possedere una sequenza di basi (18-24) che si appaia in modo specifico alla sequenza codificante per la proteina, una sequenza riconosciuta da uno specifico enzima di restrizione (Xho I nel caso del primer senso e Pst I nel caso dell’antisenso). Sono stati utilizzati primers per l’inserimento del cDNA delle due varianti della 4.1R nei vettori pEYFP-C1 e pEYFP-N1. Primer utilizzati per l’isoforma 4.1Rsh: Primers per YFP-N1 Senso: TAG GAC TCG AGA TGC ACT GTA AGG TTT CTT TGT TG Tm 58 °C Antisenso: CAAGGAATTCTCTCATCAGCAATCTCGGTCTC Tm 42 °C Primers per YFP-C1 Senso: TAG GAC TCG AGG TAT GCA CTG TAA GGT TTC TTT GTT G Tm 59 °C Antisenso: CAA GGA ATT CTC ACT CAT CAG CAA TCT CGG TCT C Tm 59 °C Primer utilizzati per l’isoforma 4.1RII: Primers per YFP-N1 Senso : CAAGCTCGAGATGACAACAGAGAAGAGTTTAGTGAC Antisenso: CAAGGAATTCTCTCATCAGCAATCTCGGTCTC 58 Tm=42 Tm=41.9°C Primers per YFP-C1 Senso: CAAGCTCGAGCAATGACAACAGAGAAGAGTTTAGTGAC Tm=46.4°C Antisenso: CAAGGAATTCTCACTCATCAGCAATCTCGGTCTC Tm=48°C Per l’inserimento dell’isoforma corta 4.1Rsh e dell’isoforma lunga 4.1RII nel vettore pIRES2-EGFP abbiamo utilizzato i primers per YFP-C1 (specifici per le due isoforme) precedentemente utilizzati per l’inserimento nel vettore pEYFP-C1. Miscela di reazione per PCR (volume finale 50 µl) H2O 40,5 µl Buffer 10X 5 µl dNTP (10 mM ) 1 µl Primer senso (50 µM) 1 µl Primer antisenso (50 µM) 1 µl Pfu polimerasi (…U/µl) 0,5 µl DNA pSTBlue1-4.1Rsh ( e RII) (3,5 ng/µl) 1 µl Protocollo PCR 95 °C 1 min predenaturazione 95 °C 30 sec denaturazione 55 °C 45 sec 72 °C 3 min allungamento 72 °C 5 min allungamento finale x 32 cicli annealing 59 4.6.2 Elettroforesi del DNA Preparazione gel all’ 1% (w/v) Alla fine della reazione di PCR è stata eseguita la corsa elettroforetica su gel di agarosio per tutte le miscele. Il gel è stato preparato sciogliendo 0,4 g di agarosio in polvere in 40 ml di tampone TAE (Tris Acetato EDTA) 0.5X. Dopo aver scaldato la miscela nel microonde, finché l’agarosio non è sciolto completamente, vengono aggiunti circa 0.3 μl di bromuro d’etidio 10 µg/µl. La miscela viene versata in un’opportuna vaschetta, viene inserito il pettine per i pozzetti e si attendono circa 30 min per la solidificazione. Preparazione campione Al DNA viene aggiunto un appropriato volume di Loading dye 6X in modo che la sua concentrazione finale nella miscela sia 1X. Nei pozzetti del gel sono caricati 6 μl di miscela (5µl DNA + 1 µl Loadyng dye) e 7/8µl di marker di corsa DNA ladder 1kb oppure 15 µl di mass ruler DNA ladder mix (Fermentas) per la quantificazione del peso molecolare e della quantità del campione. Il gel viene ricoperto di TAE 0,5X e sottoposto ad un voltaggio costante di 100 V per circa 20 min. Terminata la corsa si osserva il gel al transilluminatore a raggi UV. Loading dye 6X 0,2% Blu di bromofenolo, 0,2% xilene cyanol FF, 60% glicerolo, 60 mM EDTA 60 TAE 1X: 40 mM Tris base 20 mM sodio acetato 1 mM EDTA Il tampone è stato portato a pH 8 con acido acetico. 4.6.3 Purificazione dei prodotti di PCR E’ stato utilizzato il PCR purification kit della Qiagen per purificare i frammenti di DNA dalla PCR. Protocollo: Sono stati uniti i prodotti delle due PCR mantenendo divisi gli N dai C. Vengono aggiunti 5 volumi di Buffer PB (contenuto nel kit) per ogni volume del campione di PCR e si mescola con cura. La miscela viene caricata con una pipetta in una spin column QIAquick e centrifugata per 1 min. a 13000 rpm. Il flowthrough è eliminato e la colonnina viene rimessa nel tubo. Vengono aggiunti 0,75 ml di Buffer PE (contenuto nel kit) alla colonna e si procede a centrifugazione per 1 min. Il flowthrough è eliminato ed è ripetuta una seconda centrifugazione per 1 min. La spin column è quindi inserita in un’eppendorf pulita da 1,5 ml. Per eluire il DNA,sono aggiunti 30 µl di acqua milliQ nel centro della colonna QIAquick. Viene quindi atteso un minuto e in seguito essa viene sottoposta a centrifugazione per 1 min. 4.6.4 Reazioni di restrizione In passato i clonaggi della 4.1 si sono rivelati difficili, quindi prima di aggiungere gli enzimi si è proceduto a riscaldare a 65°C per 3 minuti il DNA per aiutare risolvere eventuali strutture secondarie, poi abbiamo riportato la temperatura a 37°C e 61 abbiamo aggiunto il buffer e gli enzimi. La reazione è stata lasciata per 16 ore circa a 37°C, per assicurarsi che il DNA fosse digerito completamente, in caso contrario si avrebbero delle gravi difficoltà per la ligazione. Miscela di restrizione per i frammenti di DNA: DNA purificato (vedi paragrafo precedente) 28 µl H2O MilliQ 1 µl Buffer Y + TANGO 10X 8 µl XHO I (10U/ µl) 1.5 µl ECO RI (10U/ µl) 1.5 µl sono stati aggiunti dopo denaturazione del DNA in acqua a 65 °C per 3 min Miscela di restrizione per il plasmide YFP –N: pEYFP–N1 (3,26 µg/ µl) 1 µl H2O MilliQ 36 µl Buffer Y + TANGO 10X 10 µl XHO I (10U/ µl) 1.5 µl ECO RI (10U/ µl) 1.5 µl sono stati aggiunti dopo denaturazione del DNA in acqua a 65 °C per 3 min Miscela di restrizione per il plasmide YFP – C: pEYFP–C1 (2,56 µg/ µl) 1,5 µl H2O MilliQ 36 µl Buffer Y + TANGO 10X 10 µl XHO I (10U/ µl) 1.5 µl ECO RI (10U/ µl) 1.5 µl 62 sono stati aggiunti dopo denaturazione del DNA in acqua a 65 °C per 3 min 4.6.5 Purificazione dei prodotti di digestione E’ stato utilizzato il MIN ELUTE REACTION CLEANUP kit per purificare i prodotti della digestione. Protocollo: Vengono aggiunti 300 µl di Buffer ERC (contenuto nel kit) per ogni volume di reazione, mescolando con cura. La miscela viene caricata con una pipetta nella parte superiore di una spin column e centrifugata per 1min. a 13000rpm. Il flowthrough è eliminato e la colonnina viene rimessa nel tubo. Vengono aggiunti 750 µl di Buffer PE alla colonna e si procede a centrifugazione per 1 min. a 13000 rpm. Il flowthrough è eliminato ed è ripetuta una seconda centrifugazione per 1 min. sempre alla massima velocità (13000 rpm). La spin column è quindi inserita in un’eppendorf pulita da 1,5 ml. Per eluire il DNA sono aggiunti nel centro della colonna 30 µl di H2O milliQ per i plasmidi e 10 µl di H2O milliQ per i frammenti. Viene quindi atteso un minuto e in seguito essa è sottoposta a centrifugazione per 1 min. 4.6.6 Ligazione Per la ligazione (effettuata con il Fast Ligation kit ver2.1 della Takara) sono state allestite 3 diverse reazioni con diversi rapporti molari plasmide/frammento e una reazione di controllo, con il solo plasmide, per la valutazione del “background” dato dal vettore vuoto richiuso: 63 1:2 1:1 2:1 Ø Frammento 106 ng 53 ng 26 ng _ Plasmide 120 ng 120 ng 120 ng 120 ng Tris/ MgCl2 X µl X µl X µl X µl Volume finale 6 µl 6 µl 6 µl 6 µl Dove Ø = controllo con il plasmide vuoto Protocollo: Si incubano plasmide, frammento e buffer Tris/ MgCl2 (Tris 100 mM, MgCl 2 5 mM, pH 7,6) a 65 °C per 3 min per denaturare eventuali strutture secondarie Si scende a 25 °C e si aggiungono 6 µl di T4 DNA ligasi mix (contenente buffer, ligasi e ATP) e 0,5 µl di ATP 2 mM Si imposta un gradiente di temperatura - 25 °C per 5 min - 24 °C per 15 min - 22 °C per 25 min - 18 °C per 30 min - 16 °C per 1 ora Per la trasformazione sono stati utilizzati 9 µl di ogni miscela di ligazione 1 4.7 Mutagenesi del sito di inizio ATG2 presente nel plasmide IRES 4.1 RII Per eliminare il secondo sito di inizio trascrizione ATG2 nel cDNA della sequenza 4.1RII nel vettore plasmidico pIRES-4.1RII abbiamo effettuato una mutagenesi sito specifica. I primers, specifici sono stati disegnati in modo da possedere una 64 sequenza di basi (18-24) che si appaia in modo specifico alla sequenza codificante per la proteina ma che portano una variazione di una base che deve essere al centro della sequenza dei primer. Primer utilizzati: Senso: CACAGGAACGTGCACTGCAAGGTTTCTTTGTTGG Tm=79.2°C Antisenso: GGTTAGTCTTTTGTGTCCTTGCACGTGACGTTCC Miscela di reazione per PCR (volume finale 50 µl) H2O 40 µl Buffer 10X 5 µl dNTP (10 mM ) 1 µl Primer senso (50 µM) 1 µl Primer antisenso (50 µM) 1 µl Pfu polimerasi (…U/µl) 1 µl DNA pIRES 4.1 RII (40ng/µl) 1 µl Protocollo PCR 95 °C 30 sec predenaturazione 95 °C 30 sec denaturazione 55 °C 1 min 68 °C 8 mine 15 sec min x 16 cicli annealing allungamento Digestione con Dpn1 Terminata la PCR alla mix viene aggiunto 1 µl dell’enzima di restrizione Dpn1. Questo enzima va a tagliare e a degradare il DNA metilato, cioè lo stampo che deriva dal DNA genomico dei batteri. La mix con Dpn1 viene incubata 1h RT. Per la trasformazione vengono utilizzati 10 µl della miscela proveniente dalla PCR. 65 4.8 Produzione di batteri competenti Per procedere con la trasformazione batterica è stato necessario rendere i batteri in grado di assumere il plasmide. -sono stati versati 5 ml di terreno di coltura liquido LB in una Falcon a cui successivamente sono stati aggiunti i batteri XL1Blue, conservati a -80°C, grattandoli con un‟ansa sterile dal glicerolato; -la Falcon è stata poi incubata a 37°C overnight; - il giorno successivo sono stati prelevati 2 ml di coltura che sono stati aggiunti a 200 ml di terreno LB; la coltura è stata fatta crescere fino ad ottenere una densità ottica pari a circa 0,7; -i batteri sono trasferiti in provette sterili da centrifuga, lasciati in ghiaccio 30 minuti e poi centrifugati a 3000 rpm con rotore swing out per 15 minuti a 4° C. Il sovranatante viene eliminato e il pellet risospeso delicatamente in 2 ml (per 200 ml di coltura di partenza) di buffer RF1 freddo. Sono stati poi raccolti gli 8 ml totali in una provetta sterile da centrifuga da 15 ml, lasciati in ghiaccio per 30 minuti e centrifugati a 3000 g per 10 minuti a 4° C e risospesi in 2 ml di buffer RF2. -sono state quindi aliquotate frazioni da 100 l in eppendorf sterili, immediatamente congelate in azoto liquido e tenute a- 80° C fino al momento della trasformazione. Soluzioni: RbCl Acetato di RF1 RF2 0.1 M 10 mM potassio 60 M KOAc CaCl2 10 M 75 mM glicerolo 15% (v/v) 15% (v/v) MOPS pH 10 mM pH 5.8 con acetico 66 acido pH 6.8 con NaOH sterilizzazione per filtrazione. Preparazione delle piastre e del terreno di crescita per E.Coli Per la preparazione delle piastre su cui far crescere E. coli sono stati sciolti in acqua 20g/l di LB (Luria Broth- Sigma L-3522) + 15 g/l di agar per batteri e sono stati autoclavati per 20 minuti a 120°C. Una volta raggiunta una temperatura di circa 50ºC è stato aggiunto sotto cappa sterile l'antibiotico (kanamicina 30 g/ml nel caso dei vettori utilizzati per il FRET o ampicillina 100 g/ml per i vettori pET e pFLAG) e la soluzione è stata versata in piastre Petri sterili (circa 30 ml per piastra). Successivamente, dopo la solidificazione dell'agar, le piastre sono state conservate a 4°C in camera fredda fino al momento dell’utilizzo. Nel caso del terreno liquido, 20 g di LB sono stati sciolti in 1 l d'acqua bidistillata e autoclavati. 4.9 Trasformazione batterica La trasformazione batterica consiste nell’inserire DNA esogeno in cellule riceventi. Affinché ciò avvenga occorre rendere competenti i batteri. Nel corso del mio stage ho utilizzato batteri precedentemente resi competenti con la tecnica del calcio cloruro e tenuti congelati a 80°C (per preservare la competenza) fino al momento della trasformazione. Protocollo della trasformazione: Un’aliquota da 100 µl di batteri competenti XL1–Blue è stata rimossa dal freezer e messa immediatamente in ghiaccio per 5 min. Una volta accertato che le cellule fossero scongelate si procede con l’aggiunta di 1 µl di DNA plasmidico alle cellule; si può miscelare delicatamente utilizzando il puntale. L’eppendorf viene lasciata in ghiaccio per 15 min. 67 In seguito si sottopongono i batteri ad uno shock termico portandoli da 4 °C a 42 °C per 45 secondi e infine lasciati per 2 min. in ghiaccio. Vengono aggiunti 250 µl di LB addizionato con glucosio 20 mM e si lasciano riposare i batteri a 37 °C per circa 60 min, in modo tale che i batteri che hanno acquisito il DNA plasmidico abbiano il tempo di produrre l’enzima necessario per distruggere la kanamicina del terreno. Infine vengono piastrati su una piastra petri di LB agar contenente l’antibiotico per la selezione dei cloni trasformati con DNA plasmidico. Dopo aver atteso che il liquido fosse completamente assorbito, si procedeva a invertire la piastra ed a incubare overnight a 37 °C. 4.10 Miniprep Dopo l’incubazione si prelevano dalla piastra i cloni con uno stuzzicadenti sterile e si inoculano in 2 ml di terreno liquido LB contenente kanamicina 30 µg/ml. Le colture vengono lasciate a 37°C, in agitazione, per circa 16 ore. Si procede quindi con l’estrazione plasmidica, secondo il seguente protocollo: Si prelevano 1,5 ml da ogni tubo di microbiologia e si mettono in una eppendorf da 2ml Si centrifuga per 10 min a 10000 rpm. Il surnatante viene scartato. Viene risospeso il pellet in 100 µl di soluzione I fredda e viene tenuto 5 min a temperatura ambiente. Si aggiungono 200 µl di soluzione II , la cui funzione è quella di portare alla lisi cellulare e alla denaturazione controllata di proteine e DNA genomico. Si mescola delicatamente per inversione e si lascia agire per 5 min a temperatura ambiente Si aggiungono 150 µl di soluzione III, la cui funzione è quella di far precipitare le proteine e neutralizzare il pH acido della soluzione II, interrompendo quindi la reazione di denaturazione. Si mescola delicatamente e si lascia agire 5 min in ghiaccio. Si centrifuga per 15 min a 13000 rpm. 68 Si trasferiscono 400 µl di surnatante, che dovrebbe contenere il plasmide, in una nuova eppendorf. Il DNA plasmidico viene precipitato in etanolo. Si aggiunge 1 ml di etanolo 100% e si vortexa. Il DNA in etanolo viene quindi posto per 20 min a –80 °C, per facilitare la sua precipitazione. Si centrifuga per 30 min a 13000 rpm; e il surnatante viene eliminato. Si lava il pellet con 750 µl di etanolo 70% freddo. Si centrifuga per 5 min a 13000 rpm. Si lascia asciugare il pellet per 10 min ed infine si risospende in 20 µl di H 2O milliQ. Al termine dell’estrazione, i DNA plasmidici sono stati controllati tramite analisi di restrizione e corsa su gel di agarosio. Miscela di digestione Plasmide 5 µl Buffer Y + TANGO 10X 4 µl XHO I 1 µl ECO RI 1 µl H2O MilliQ 4 µl soluzione 1 soluzione 2 soluzione 3 50 mM glucosio 0.2 N NaOH 3 M KOAc 25 mM Tris pH 8 0.1% SDS 1.5% acido acetico glaciale 10 mM EDTA pH 4.8 4.11 Maxiprep Per amplificare i plasmidi d’interesse (YFP–N e YFP–C) siamo partiti inoculando un singolo clone di una piastra contenente batteri trasformati col plasmide d’interesse in 1 ml di terreno LB addizionato dell’antibiotico kanamicina 30 µg/ml. 69 Il pre-inoculo è stato fatto crescere per 7/8 ore a 37 °C in agitazione e quindi diluito in 250 ml di LB + antibiotico e fatto crescere overnight a 37 °C con agitazione. La mattina le cellule batteriche sono state raccolte in un provettone da 250 ml e centrifugate a 3500 x g, 45 min a 4 °C. Si è proceduti all’estrazione del DNA plasmidico utilizzando il kit della Nucleobond. Protocollo: Il pellet contenuto nei provettoni viene risospeso in 12 ml di buffer S1 freddo. Si aggiungono 12 ml di buffer S2 a temperatura ambiente e si agita con cautela il provettone 6-8 volte. Si aspettano poi 5 min a temperatura ambiente. Si aggiungono 12 ml di buffer S3 freddo, è il buffer di neutralizzazione: riporta il PH neutro e rinatura. Si agita nuovamente il provettone 6-8 volte e poi si aspettano 5 min in ghiaccio. Il lisato viene chiarificato per filtrazione su carta e applicato alla colonna contenente (per legare gli acidi nucleici), pre-equilibrata con 6 ml di buffer N2. Si procede lavando la colonna con 18 ml di Buffer N3. L’operazione viene ripetuta una seconda volta. Il DNA plasmidico viene eluito con 15 ml di Buffer N5. Per far precipitare il DNA si aggiungono 10 ml di isopropanolo e si agita utilizzando un vortex. Si procede a centrifugare con una ultracentrifuga a 15000xg per 30 min a 4°C. Il DNA eluito è lavato con etanolo al 70% a 4 °C, per eliminare residui di sale e in seguito centrifugato a 12000 rpm per 10 min a 4 °C. Una volta che il DNA si è asciugato, si procede a risospendere in 200 µl di H2O milliQ. Tutti i buffer sono forniti dal produttore del kit. 70 Il DNA plasmidico estratto, è stato quindi dosato con uno spettrofotometro, controllato tramite analisi di restrizione e mandato a sequenziare (servizio sequenziamento esterno Cogentech, Campus IFOM-IEO). 4.12 Dosaggio acidi nucleici Si usa una cuvetta di quarzo ( trasparente agli UV ), che viene riempita con 350 µl di TE: (Tris 10 mM, EDTA 1 mM, pH 7,5. Viene effettuata una prima lettura allo spettrofotometro del solo TE per fare il bianco: il valore letto verrà sottratto dalla lettura fatta in presenza del DNA. Successivamente ai 350 µl di TE si aggiungono 5 µl di plasmide direttamente in provetta, si rimescola e si misura il valore di assorbanza a cui verrà sottratto quello del bianco. La lettura viene effettuata a due diverse lunghezze d’onda: 260 nm (per il DNA) e 280 nm (per misurare la concentrazione delle proteine). Il rapporto tra le letture alle due diverse lunghezze d’onda ci dà un indice della qualità della preparazione del DNA. Una preparazione ottimale di DNA plasmidico deve avere deve avere un rapporto di circa 1,9. Il calcolo viene effettuato sapendo che, per un cammino ottico pari ad 1 cm , una soluzione acquosa di DNA a pH 7–7,5 ad una concentrazione di 50ng/µl ha un’assorbanza pari a 1. La formula utilizzata è la seguente: [DNA] µg /µl = A260 X 0,05 (µg /µl) x 350/5 4.13 Trasfezione La transfezione consiste nel trasferimento di molecole di DNA esogeno in cellule riceventi. Il DNA, una volta transfettato, viene mantenuto per un limitato periodo di tempo come DNA extra-crosomiale e il prodotto della sua espressione si mantiene stabile per un determinato periodo, in genere due o tre giorni (transfezione transiente). Per la transfezione è stato sfruttato il metodo del PEI (polietilenimmina), una molecola carrier nel cui scheletro sono presenti gruppi 71 amminici facilmente protonabili. A pH neutro essa è dotata di una elevata carica cationica, che permette di legare il DNA con alta efficienza; questo consente al DNA di entrare per endocitosi in cellula grazie al legame con i proteoglicani cellulari. Inoltre il PEI garantisce che i complessi formatisi non vengano poi degradati dalla cellula. Il giorno della transfezione (il giorno successivo alla semina delle cellule) vengono preparate due diverse miscele A e B: la prima composta da DNA e NaCl 150 mM (tamponato con HEPES 10mM, pH 7,4) e la seconda contenente PEI (jetPEI, Euroclone) e NaCl 150 mM, Hepes 10 mM, pH 7. Dopo aver lasciato a temperatura ambiente per 5 minuti, il contenuto delle due Eppendorf è unito, mescolato e lasciato a temperatura ambiente per 15 minuti. Al termine, la miscela di transfezione è stata aggiunta goccia a goccia in ciascuna piastra. A distanza di 7-8 ore dalla transfezione, il terreno è stato sostituito con terreno completo fresco. Composizione delle mix (per la transfezione in piastre da 3 cm): Mix A NaCl 150 mM + Hepes DNA (0,5 µg/µl) Volume totale Mix A 10 mM, pH 7,4 4 µl (2 µg) 46 µl 50 µl Mix B NaCl 150 mM + Hepes PEI Volume totale Mix B 10 mM, pH 7 4 µl 46 µl 50 µl Mix Totale Volume Mix Totale 100 µl 72 Composizione delle mix (per la transfezione in piastre da 10 cm): Mix A NaCl 150 mM + Hepes DNA (0,5 µg/µl) Volume totale Mix A 10 mM, pH 7,4 30 µl (15 µg) 220 µl 250 µl Mix B NaCl 150 mM + Hepes PEI Volume totale Mix B 10 mM, pH 7 30 µl 220 µl 250 µl Mix Totale Volume Mix Totale 500 µl 4.14 FRET, Fluorescence Resonance Energy Transfer Il FRET è una nanotecnologia che può fornire informazioni sulle interazioni proteinaproteina. La tecnica del FRET è basata sul trasferimento di energia tra due fluorofori che sono detti donatore e accettore. Tale processo si verifica quando il fluoroforo donatore, eccitato da luce ad una lunghezza d’onda appropriata trasferisce parte dell’energia al fluoroforo accettore attraverso un’interazione di tipo dipolo-dipolo. Una delle condizioni fondamentali affinché ci sia FRET è che i due fluorofori siano a distanza di pochi nanometri (non oltre 10 nm). 73 Figura 15 Modello schematico della FRET. Nel pannello superiore della figura il donatore (in azzurro) viene eccitato ma la distanza dall'accettore (in giallo) non consente il passaggio di energia tra le due molecole. Nel pannello inferiore il donatore viene eccitato ed emette energia che riesce ad eccitare l'accettore grazie alla stretta vicinanza tra i due fluorofori. Per generare FRET, accettore e donatore devono avere specifiche caratteristiche. Una di queste è che lo spettro d’emissione del donatore abbia sufficiente sovrapposizione con lo spettro di eccitazione dell’accettore. I due fluorofori da noi utilizzati nell’esperimento sono due proteine derivate dalla GFP (Green Fluorescence Protein). Noi abbiamo utilizzato come donatore una variante blu, CFP (Cyan Fluorescence Protein) e come accettore una variante gialla, YFP (Yellow Fluorescence Protein). CFP/YFP è la coppia di fluorofori più utilizzata nel FRET per studiare le interazioni proteina–proteina. Per studiare l’interazione tra due proteine, donatore e accettore vengono fusi all’estremità delle proteine di interesse e le rispettive proteine di fusione vengono over-espresse in cellula. Le sequenze proteiche di interesse possono essere inserite o all’estremità amino–terminale o all’estremità carbossi - terminale delle proteine fluorescenti. Solo se le due proteine interagiranno direttamente, donatore e accettore si troveranno sufficientemente vicini da permettere il trasferimento di energia e generare un segnale di FRET. Nel nostro esperimento la proteina ICln è stata coniugata al donatore CFP (fornitoci da Prof Hannes Università di Salisburgo) mentre la proteina 4.1 è stata coniugata all’accettore YFP. 74 4.14.1 Tecnica dell’Acceptor Photobleaching Una delle tecniche per misurare l’efficienza del FRET è l’ “acceptor photobleaching” (Kenworthy AK, 2001). Il metodo si basa sul seguente principio: l’energia trasferita dal donatore all’accettore è ridotta o eliminata quando l’accettore è sottoposto a “bleaching”, ovvero alla distruzione delle molecole dell’accettore, eccitando con un laser a potenza massima per un tempo opportuno. Questo metodo prevede pertanto tre fasi: Acquisizione dell’immagine del donatore Photobleaching dell’accettore Nuova acquisizione dell’immagine del donatore Il FRET viene poi calcolato utilizzando il software Image J sulla base della variazione d’intensità di fluorescenza del donatore secondo la seguente formula: FRET Eff = Dpost - Dpre/ Dpost Dove per Dpost si intende l’intensità di fluorescenza del donatore (CFP) dopo l’“acceptor photobleaching” e per Dpre l’intensità di fluorescenza di CFP prima dell’“acceptor photobleaching” nell’area sottoposta a photobleaching. Per intensità di fluorescenza si intende la somma delle intensità di fluorescenza dei singoli pixel nella regione sottoposta a bleaching. Sono stati considerati per il calcolo solo quei pixels che, sia nell’immagine del donatore che nell’immagine dell’accettore, superano una certa soglia di intensità di fluorescenza (20 su 255) Nel nostro esperimento per l’acquisizione dell’immagine del donatore è stato usato il microscopio confocale Leica TCS SP2 AOBS dotato di laser Argon. Per l’eccitazione del donatore è stata utilizzata la linea a 458 nm , mentre per l’eccitazione e il photobleaching dell’accettore è stata utilizzata la linea a 514 nm. Le rispettive finestre di emissione sono state impostate in modo da minimizzare il cross – talk tra i canali CFP e YFP, rispettivamente a 465–505 nm e 525–600 nm. Le immagini sono state acquisite a zoom 2 e alla risoluzione di 512x512 (line average 2, 8 bit), posizionando il fuoco in un piano centrale sull’asse z della cellula. Per il 75 photobleaching, dopo aver posto lo zoom a 10X e portato la risoluzione a 1024x1024, sono state effettuate 3 diverse scansioni con il laser al 100% di potenza. Per gli esperimenti di FRET, la sera prima della trasfezione le cellule sono state piastrate in una petri da 3,5 cm di diametro con il fondo in vetro, a una concentrazione di circa 1,5x105 cellule/ml (2 ml per petri). Gli esperimenti di FRET sono stati effettuati a 24 ore dalla trasfezione delle cellule HEK-293. Le cellule, tenute in terreno MEM, sono state lavate con la soluzione isotonica e tenute in questa stessa soluzione per almeno 5 minuti prima di procedere alla acquisizione delle immagini. Per ogni petri, dopo avere acquisito le immagini necessarie su più cellule in isotonica, la soluzione è stata cambiata con una ipotonica, in cui le cellule sono rimaste per 10 minuti, prima di procedere alla acquisizioni delle immagini su nuove cellule. 4.14.2 "Sensitized emission" Per verificare una variazione dell’interazione nel tempo tra la proteina ICln e la proteina 4.1 in ipotonia abbiamo utilizzato la tecnica della Sensitized emission. Tutte le immagini sono state acquisite a temperatura ambiente mediante microscopio invertito Leica DM-IRE2 (TCS SP2 AOBS scanhead), dotato di un laser argon e di un obiettivo di immersione a olio 63X. CFP è stato eccitato con un raggio laser di 458 nm e la finestra di emissione è stata settata a 465-505 nm; YFP è stato eccitato con un raggio laser di 514 nm e la finestra di emissione è stata settata a 525-600 nm. In entrambi i casi le immagini sono state acquisite con una risoluzione di 512x512, line average 2, 8 bit. La "sensitized emission" (Fsen) è stata calcolata come descritto in van Rheenen et al. Van RJ et al., 2004). L’entità del cross-talk tra l'accettore ed il donatore è stata stimata attraverso i parametri α, γ, δ e β. Questi fattori di correzione sono definiti come: M Dy M DAy M IAy M DAy M Dy M IAy 76 Le y indicano che la fluorescenza misurata è determinata dai campioni che esprimono solo YFP mediante gli stessi parametri di acquisizione usati negli altri esperimenti. M IAc M Dc Le c indicano che la fluorescenza misurata è determinata dai campioni che esprimono solo CFP mediante gli stessi parametri di acquisizione usati negli altri esperimenti. Le M rappresentano la fluorescenza (sottratta del background) misurata nelle regioni d'interesse (ROI) ottenuta nei seguenti modi: MD = eccitazione del donatore + emissione del donatore; MIA = eccitazione del donatore + emissione dell'accettore; MDA = eccitazione dell'accettore + emissione dell'accettore Il valore della "sensitized emission" (Fsen) è stato ottenuto dalla seguente formula: Fsen M IA M D M DA 1 (iii) Gli indici di N-FRET sono stati calcolati in accordo con Xia e Liu (Xia et al., 2001) nelle regioni di interesse (ROIs), utilizzando la seguente formula: 77 NFRET Fsen M D M DA (iv) Le immagini relative all'N-FRET sono state ricavate applicando l'equazione (iv) direttamente alle immagini di FRET, ottenute eccitando il donatore e raccogliendo l’emissione dell’accettore. Soluzione isotonica: NaCl 90 mM, KCl 5 mM, CaCl2 2 mM, MgCl2 2 mM, glucosio 5 mM, HEPES 10 mM, mannitolo 90 mM, pH 7,4. Soluzione ipotonica: NaCl 90 mM, KCl 5 mM, CaCl2 2 mM, MgCl2 2 mM, glucosio 5 mM, HEPES 10 mM, mannitolo 10 mM, pH 7,4. 4.15 Studi di immunocitochimica Le cellule sono state seminate su un vetrino copri oggetto quadrato (2x2 cm 2), precedentemente deposto sul fondo di ciascuna petri da 3 cm. 24 ore dopo la semina le cellule (al 50-70% di confluenza) sono state transfettate con il plasmide pEYFP-C1 4.1Rsh e come controllo con il plasmide pEYFP vuoto. Dopo 24h dalla transfezione: si lavano le cellule due volte in PBS 1X con 2 ml per togliere gli eventuali residui di terreno; si fissano le cellule aggiungendo in ogni pozzetto 1 ml di formaldeide al 3% in PBS per 10 minuti a temperatura ambiente; successivamente si effettuano tre lavaggi con 2 ml di PBS con glicina 0,1 M. Per permettere la permeabilizzazione delle membrane e quindi l’ingresso dell’anticorpo primario in cellula, si aggiunge in ciascuna petri 1 ml di PBS 78 addizionato di MgCl2 3mM e Triton 0,1% per 3 minuti a 4°C. Questo processo è necessario per gli anticorpi che riconoscono proteine intracellulari o proteine di membrana con epitopi intracellulari. Dopo permeabilizzazione si lavano i vetrini 3 volte con PBS. Per ridurre un eventuale legame aspecifico dell’anticorpo, le cellule sono esposte 1 ora a temperatura ambiente ad una soluzione di blocco contenente BSA al 3%. La BSA compete con l’anticorpo per i siti di legame. Terminato il blocco le cellule vengono incubate con anticorpo primario anti-ICln diluito 1:100 in PBS contenente BSA 0,1% over-night a 4°C. Dopo l’incubazione con anticorpo primario si lavano le cellule tre volte con PBS per 5 minuti. Successivamente vengono esposte all’anticorpo secondario anti-rabbit diluito 1:400 in PBS contenente BSA 0,1%, coniugato a Cy5, molecola con un massimo d’eccitazione a λ=650 nm (rosso) ed un massimo di emissione a λ=670 nm (rosso lontano) per un'ora a temperatura ambiente. Da questo momento si procede lavorando al buio in quanto gli anticorpi secondari sono fotosensibili. Si effettuano tre lavaggi in PBS. I vetrini sono stati montati rovesciati su un vetro porta oggetto, in glicerolo 90% addizionato di DABCO (1,4- diazabicyclo[2.2.2]octane), come agente antifading. Successivamente i vetrini sono contornati con smalto per evitare l’essicazione all’esposizione all’aria. Infine sono osservati al microscopio confocale Leica (TCS SP2 AOBS), con un obbiettivo 40X a immersione e le immagini sono state acquisite con il software in dotazione della Leica, con una risoluzione 1024x1024 (8 bit), zoom 1X, con i seguenti parametri di eccitazione/emissione: per il Cy5 è stata usata la linea laser 633nm per l’eccitazione e l’emissione è stata raccolta a 640-720; per il YFP è stata usata la linea laser a 514nm per l’eccitazione e l’emissione è stata raccolta nella finestra 525-590 nm. 4.16 Estrazione proteine totali A 24 ore dalla transfezione: si toglie il terreno dalla piastra petri da 3 cm; 79 si effettua un lavaggio con 1 ml di PBS 1X; si aggiunge 1 ml di PBS 1X; le cellule vengono staccate utilizzando uno scraper e poi raccolte in Eppendorf; la Eppendorf viene centrifugata per 10 minuti a 230 g a 4°C; il sovranatante viene eliminato. Il pellet di cellule viene lisato in 70 µl di Buffer di Lisi (addizionato di inibitori delle proteasi). Successivamente si procede ad un ciclo di congelamento in azoto liquido e scongelamento, per favorire la lisi delle cellule, seguito da una centrifugata per 5 minuti a 4500 g a 4°C per eliminare i debris cellulari. Dal sovranatante così ottenuto vengono prelevati 5 µl che serviranno per i dosaggi proteici. Il resto viene conservato a -80°C fino al momento dell’utilizzo. Composizione del Buffer di Lisi: Tris-HCl 20 mM NaCl 150 mM EDTA 1 mM NP40 1% pH 7 4.17 Estrazione proteine nucleari e citosoliche A 24h dalla transfezione si effettua un lavaggio in PBS 1X della Petri da 10. Successivamente si aggiunge 1 ml di PBS, le cellule vengono staccate utilizzando uno scraper e poi raccolte in Epperdorf. Si centrifuga a 230 G a 4°C per 10 minuti; il sovranatante viene eliminato e il pellet di cellule viene risospeso in 200 µl di Sucrose Buffer con NP-40; si incuba in ghiaccio per 5 min per lisare le cellule; 80 si effettua una centrifugata a 1500 g per 5 min per pellettare i nuclei. Si trasferisce il sovranatante (frazione citoplasmatica) in una nuova Eppendorf. Dal sovranatante così ottenuto vengono prelevati 5 µl che serviranno per i dosaggi delle proteine citoplasmatiche. Il resto viene conservato a -80°C fino al momento dell’utilizzo;Il pellet (frazione nucleare) invece viene risospeso delicatamente in 1 ml di Sucrose Buffer senza NP-40; si effettua poi una centrifugata per pellettare i nuclei a 1500 g per 5 min e si elimina il sovranatante; si risospendono i nuclei in 50 μl di Low Salt Buffer e poi si aggiungono 10 µl di High Salt Buffer e si agita delicatamente; si continua ad aggiungere 10 µl di High Salt Buffer fino al raggiungimento del volume totale (50 μl) oppure fino a quando i nuclei iniziano a rompersi e la viscosità del campione aumenta. I campioni vengono poi incubati su una piattaforma rotante a 4°C per 20 min e successivamente centrifugati a 13000 g per 15 min. Il sovranatante è la frazione solubile nucleare, viene prelevato e trasferito in una nuova Eppendorf. Dal sovranatante così ottenuto vengono prelevati 5 µl che serviranno per i dosaggi proteici. Il resto viene conservato a -80°C fino al momento dell’utilizzo. Composizione del Sucrose Buffer With NP-40: Sucrose Buffer W/O NP-40 1 ml NP-40 (igepal) 5 µl 81 Composizione del Sucrose Buffer W/O NP-40: Sucrose 1M 3,2 ml CaCl2 0,1 M 300 µl MgAc 1M 20 µl EDTA 250 mM 4 µl DTT 100 mM 100 µl PMSF 100 mM 50 µl H2O 6,326 ml Composizione del Low Salt Buffer: HEPES ph 7,9 1M Glicerolo 200 µl 2,5 ml MgCl2 1M 15 µl KCl 1M 200 µl EDTA 250 mM 8 µl DTT 100 mM 100 µl PMSF 100 mM 50 µl H2O 6,927 ml 82 Composizione del High Salt Buffer: HEPES pH 7,9 1M Glicerolo 200 µl 2,5 ml MgCl2 1M 15 µl KCl 3M 2,67 ml EDTA 250 mM 8 µl DTT 100 mM 100 µl PMSF 100 mM 50 µl H2O 4,357 ml 4.18 Estrazione proteine totali di membrana A 24h dalla transfezione si effettua un lavaggio in PBS 1X della Petri da 10. Successivamente si aggiunge 1 ml di PBS, le cellule vengono staccate utilizzando uno scraper e poi raccolte in Epperdorf. Si centrifuga a 1000g per 10 min a 4°C. Si trasferisce il sovranatante (frazione citoplasmatica) in una nuova Eppendorf. Dal sovranatante così ottenuto vengono prelevati 5 µl che serviranno per i dosaggi delle proteine citoplasmatiche. Il resto viene conservato a -80°C fino al momento dell’utilizzo; il pellet (frazione di membrana) invece viene risospeso delicatamente in500ul di Buffer Fosfato (addizionato con inibitori delle proteasi). Successivamente si procede a tre cicli di congelamento in azoto liquido e scongelamento e con una siringa da insulina si siringa il campione 30-40 volte, per favorire la lisi delle cellule 83 Si aggiunge 1 ml di soluzione di saccarosio in ciascun campione. Si centrifuga a 1000g per 10 min a 4°C. Al termine della centrifugata si raccoglie il sovranatante lo si trasferisce in una nuova eppendorf e si elimina il pellet. Il sovranatante viene centrifugato a 1000g per 30 min a 4°C Il pellet che si è formato viene lavato risospendendolo per 2 volte in 1ml di PBS, mescolando bene per inversione e infine centrifugando a 1000g per 10 min a 4°C. Si elimina il sovranatante e si riso spende il pellet in Buffer di lisi (addizionato di inibitori delle proteasi). Dal sovranatante così ottenuto vengono prelevati 5 µl che serviranno per i dosaggi proteici. Il resto viene conservato a -80°C fino al momento dell’utilizzo. Soluzioni Buffer Fosfato NaH2PO4 8.3 mM Na2HPO4 11.6mM pH=7.3 Soluzione di saccarosio 0.5M in 0.02M Tris Buffer pH=7.3 Composizione del Buffer di Lisi: Tris-HCl 20 mM NaCl 150 mM EDTA 1 mM NP40 1% pH 7 84 4.19 Dodaggio proteico Per misurare la concentrazione delle proteine viene utilizzato il metodo di Bradford (1979). Tale sistema consiste nell’impiego di un colorante costituito da una soluzione acida di Comassie Brillant Blue G-250 (Sigma) contenuto in un reattivo formato da acido fosforico ed etanolo (Biorad Protein Assay kit). Il colorante anionico si lega alle proteine causando una variazione di colore che è possibile rilevare attraverso una variazione di assorbanza quantificabile a 595 nm. Per il dosaggio servono 1 ml di reattivo diluito 1:5 in cui viene aggiunto il campione. Il dosaggio delle proteine viene misurato allo spettrofotometro; per risalire dal valore di assorbanza alla concentrazione, è necessario allestire una retta di taratura, servendosi di diluizioni seriali di albumina da siero bovino a concentrazioni note. La quantificazione dei campioni avviene leggendo l’assorbanza a λ=595 nm. Dopo essere risalita alla concentrazione proteica è possibile preparare i campioni per effettuare la corsa elettroforetica. 4.20 Coimmunoprecipitazione Per effettuare gli esperimenti di coimmunoprecipitazione abbiamo co-transfettato per ogni caso di interesse tre petri da 10: pFLAG human ICln pEYFP-N1 4.1Rsh pEYFP-C1 4.1Rsh pFLAG BAP pFLAG human ICln pEYFP-N1 4.1Rsh controllo pEYFP-C1 4.1Rsh controllo pEYFP-N1 4.1 RII pEYFP-C1 4.1RII pFLAG BAP pEYFP-N1 4.1RII controllo pEYFP-C1 4.1RII controllo 85 A 24h dalla transfezione si effettua un lavaggio in PBS 1X delle Petri da 10. Successivamente si aggiunge 1 ml di PBS, le cellule vengono staccate utilizzando uno scraper e poi raccolte in Falcon. Si centrifuga a 1000g per 10 min a 4°C. Si elimina il sovranatante e il pellet viene risospeso (per 3 petri da 10) in 3 ml di Buffer di lisi (addizionato con inibitori delle proteasi). Successivamente si procede a congelare in azoto liquido e scongelare per favorire la lisi delle cellule. Si centrifuga a 1000g per 5 minuti a 4°C per eliminare i debris. Successivamente si aliquota il sovranatante in Eppendorf. I lisati vengono dosati con metodo Bradford Si utilizza una resina, l’α – FLAG M2 Affinity Gel (Sigma), costituita da anticorpi monoclonali α – FLAG coniugati ad agarosio. La resina viene preparata seguendo le istruzioni del produttore. Si usano 100μl totali di resina che vengono centrifugati a 5000 rpm per 5 minuti per eliminare il sovranatante (glicerolo). Prima di procedere la resina viene avvinata con il buffer di lisi e nuovamente pellettata e separata dal surnatante; quindi viene aggiunta ad un volume di campione corrispondente a 5 mg di proteine totali, secondo il dosaggio ottenuto col metodo Bradford, e viene lasciata in incubazione a 4°C per 2 ore. Al termine dell’incubazione la resina viene nuovamente centrifugata a 1000 g per 5 minuti per separare il Flow-through (contenente tutte le proteine non legate alla resina) dalla resina stessa. Questa viene poi lavata due volte con wash buffer e nuovamente separata per centrifugazione. Sucessivamente la resina viene trasferita in colonnine (Biorad) che trattengono la resina ma lasciano passare la soluzione. La resina viene quindi lavata ulteriormente con 500 μl di wash buffer per 4 volte, si procede quindi con un ultimo lavaggio con PBS e infine vengono fatte quattro eluizioni sequenziali con 40 μl di flag peptide 130 μg/ml. 86 Buffer di lisi: Tris HCl 25 mM NaCl 150mM Glicerolo 10% Triton X100 0.5% Buffer di lavaggio: Tris HCl 25 mM NaCl 150mM Glicerolo 10% Triton X100 0.1% 4.21 Western blot Elettroforesi SDS PAGE L'elettroforesi su gel di poliacrilammide (PAA) viene condotta in condizioni denaturanti (SDS-PAGE), utilizzando un metodo di tipo discontinuo, così chiamato per le differenze di concentrazione e di pH esistenti tra running gel e stacking gel. La corsa viene effettuata in presenza di sodiododecilsolfato (SDS) e di βmercaptoetanolo. L’SDS è un detergente anionico in grado di legarsi alle proteine, provocandone la denaturazione. In queste condizioni le proteine assumono una carica negativa che consente loro di migrare verso il polo positivo, pertanto la separazione avviene solo in funzione del peso molecolare.I gel di poliacrilammide per l’SDS-PAGE: sono formati da due fasi distinte, il "running" gel, che permette la separazione delle proteine sulla base del loro peso molecolare, e lo "stacking" gel, che impacca le proteine sul fronte di corsa. Nei western blot relativi ai livelli di espressione totale di ICln sono caricati 10 µg di proteine per campione, mentre negli esperimenti relativi alla separazione nucleo citosol per i campioni dei nuclei vengono caricati 20 µg, mentre per il citosol 10 µg. Prima di caricare i campioni, ai 87 preparati è aggiunto Sample Buffer 4X in modo da risultare in concentrazione finale 1X. I campioni sono immediatamente denaturati attraverso bollitura per 3 minuti, quindi centrifugati per pochi secondi ad alta velocità e caricati nei pozzetti del gel. I campioni e il marker (Page ruler Prestained Protein Ladder, Fermentas, SM0671) sono fatti correre in un gel per elettroforesi SDS-PAGE (13% acrilammide). La corsa è effettuata a voltaggio costante di 120 V. Soluzioni: Sample Buffer 4X Tris-HCl pH 6,8 Buffer di corsa 1X 240 mM Tris-base 25 mM SDS 8% (w/v) Glicina 200 mM Glicerolo 40% (w/v) SDS 0,1% Blue di bromo fenolo 0,008% (w/v) pH 8,3 β-mercaptoetanolo 2,5% (w/v) Stacking gel 4% Running gel 13% Miscela di acrilammide bisacrilammide (30% e 0,8%) H2O bi-distillata 0,87 ml 6,5 ml 4,07 ml 4,52 ml 0,5 M Tris-HCl pH 6,8 1,67 ml - 1,5 M Tris-HCl pH 8,8 - 3,75 ml 10% SDS 66,7 µl 150 µl 10% APS 33,3 µl 75 µl 6,7 µl 7,5 µl 6,72 ml 15 ml Temed Volume finale 88 Trasferimento Al termine della corsa elettroforetica si elimina lo Stacking Gel e si trasferiscono le proteine del Running Gel su una membrana di PVDF (polyvinylidene fluoride) per mezzo di un elettroblotter. Si pre-equilibrano nel Buffer di Trasferimento la membrana pretrattata (45 secondi in metanolo, lavate in acqua per due minuti), il gel, due fogli di carta da filtro 3M e due spugnette. La membrana viene poi posta a contatto con il gel. Membrana e gel vengono messi tra i due fogli di carta da filtro e il tutto poi posizionato tra le due spugnette (verificando la mancanza di bolle d'aria che potrebbero compromettere il trasferimento). Dopo aver immerso il tutto nel Buffer di Trasferimento, il trasferimento avviene tra due elettrodi di platino (con membrana rivolta all'anodo), con voltaggio di 80V per 120 minuti a 4°C. Al termine del trasferimento, il gel è colorato con Blue di Coomassie R-205 (Sigma) 0,4% per 20 minuti e poi decolorato per 2 ore con acido acetico al 10% in agitazione rotante per controllare l’esito della corsa. La membrana invece viene sciacquata in TBST (Tween 0.1%) per eliminare i residui di buffer di trasferimento. Composizione del Buffer di Trasferimento: Metanolo 10% Tris base 48 mM Glicina 39 mM Blocco e incubazione con anticorpo primario e secondario La membrana è messa a contatto con una soluzione di bloccaggio TBST addizionato a polvere di latte 5% per un'ora a temperatura ambiente o over night a 4° C (a seconda della proteina) in agitazione in modo di andare a saturare i siti aspecifici della membrana cui potrebbe andare a legarsi l'anticorpo. Successivamente la membrana è incubata con l'anticorpo primario specifico diluito in TBST e polvere di latte 5%. Al termine la membrana incubata con anti-ICln viene lavata con TBST addizionato a polvere di latte al 5% per tre volte 10 min, mentre le membrane 89 incubate con anti-GAPDH, anti-Laminina, anti-4.1, anti-Na+ K+ ATPasi, anti GFP, anti Flag e anti-caderina vengono lavate con TBST. La membrana viene quindi incubata in agitazione orbitante un'ora con una soluzione 1:20000/10000 dell'anticorpo secondario corrispondente coniugato a perossidasi di rafano (HRP), diluito in TBST addizionato con polvere di latte al 5%. Infine si susseguono tre lavaggi da 10 minuti e due da 5 ciascuno in TBST. Combinazione proteina–blocco-anticorpo primario–anticorpo secondario: Proteina Blocco Anticorpo Primario Anticorpo secondario ICln 1 h RT milk 5% TBS-T Anti-ICln (1:1000) O/N Anti-rabbit 4° (1:20000) (Pierce) 4.1 1 h RT milk 5% TBS-T Anti-4.1R (1:1000) O/N Anti-goat 4° (Santa Cruz) GFP 1 h RT milk 5% TBS-T Laminina 1 h RT milk 5% TBS-T Flag Caderina (1:10000) Anti.GFP (1:1000) O/N Anti-rabbit (1:20000) 4° (Pierce) Anti-laminina A/C Anti-rabbit (1:1000) O/N 4 ° (1:20000) (Santa Cruz) (Pierce) O/N 4 °C milk 5% TBS- Anti-Flag (1:2000) 1hRT Anti mouse T (Sigma) (1:10000) (Pierce) 1 h RT milk 5% TBS-T Anti-caderina O/N 4°C Anti-rabbit (1:1000) (1:20000) (Pierce) Na+ K+ ATPasi O/N 4 °C milk 5% TBS- Anti-Na+ K+ ATPasi 1hRT Anti T mouse (1:20000) (Pierce) (1:20000) (Millipore) GAPDH 1 h RT milk 5% TBS-T Anti-GAPDH (1:10000) Anti mouse (1:10000) (Pierce) 90 Composizione del TBST: Tris-HCl 15 mM NaCl 150 mM Tween 0,1% pH 8,8 Sviluppo Il kit utilizzato per lo sviluppo è il kit per chemioluminescenza Immobilon della Millipore. La membrana viene ricoperta per circa 3 minuti con una soluzione contenente Luminol, un substrato della perossidasi che, quando viene ossidato in presenza di H2O2 e in condizioni alcaline, passa ad uno stato eccitato. Il decadimento dello stato eccitato allo stato fondamentale avviene per un’emissione di luce che, in seguito a brevi esposizioni (fino a 1 ora circa), può impressionare un film per autoradiografia sensibile alla luce blu. Stripping Dopo lo sviluppo le membrane incubate con un anticorpo prima di essere incubate nuovamente con un anticorpo primario devono essere strippate per eliminare i residui di anticorpo legato alla membrana. Si effettua un lavaggio veloce (1 minuto) in acqua di soluzione; si lava per 1 minuto con soluzione di Stripping; si lava con soluzione di Stripping per 40 min; si effettuano due lavaggi da 5 minuti in acqua da soluzione; si equilibra la membrana in TBST 0,1%. Si effettua uno sviluppo di controllo per verificare che tutto l’anticorpo non sia più legato. La membrana viene messa a contatto con una soluzione di bloccaggio TBST addizionato a polvere di latte 5% per un'ora, a temperatura ambiente e in 91 agitazione, poi si prosegue l’incubazione della membrana con anticorpo primario e secondario specifici. Soluzione di Stripping: Glicina 0,05 Moli SDS 1% pH 2,2 – 2,3 (con HCl) Colorazione Amido black di membrane in PVDF Al termine del western blot le membrane vengono messe a colorare con una soluzione di Amido Black staining solution (Biorad) in agitazione per tre minuti. Successivamente vengono lavate velocemente con H20 di soluzione, poi vengono messe in contatto con la soluzione Destain solution per 3 min sempre in agitazione per decolorare. La membrana è fatta asciugare all’aria per qualche minuto. Amido Black staining solution: Metanolo 45% Acido acetico 10% H2O 45% Aggiungere poi 0,1% di Amido Black (Biorad). Destain solution: Metanolo 90% Acido acetico 2% H2O 8% 92 4.22 Esperimenti di patch-clamp Per misurare la corrente di Cl- indotta dal rigonfiamento cellulare, è stato utilizzato il metodo del patch-clamp in configurazione whole-cell che permette, mettendo in comunicazione la soluzione interna dell’elettrodo con il citoplasma, di effettuare misure delle correnti che attraversano i canali ionici di tutta la membrana plasmatica di una singola cellula. L’apparato strumentale utilizzato per gli esperimenti di patch-clamp, era costituito da: gabbia di Faraday, tavolo antivibrante, microscopio invertito, amplificatore da patch-clamp [Axopatch 200 Axon Instruments], e relativo holder, micromanipolatore, sistema di perfusione, convertitore analogico-digitale e computer per immagazzinamento e analisi dati (programma Pulse Heka, Germania). Tutte le misure erano effettuate con una frequenza di campionamento di 20 kHz e filtrate a 5 kHz con un filtro Bessel a 8 poli. Un sistema di perfusione, permetteva di immettere ad una velocità di circa 5 ml/min una determinata soluzione nel bagno il cui volume era di circa 300 l. La soluzione contenuta nel bagno era messa a terra con l’ausilio di un elettrodo ad Ag/AgCl. Le pipette da patch-clamp erano preparate a partire da capillari in borosilicato (BRAND, diametro esterno di 1,55 mm, diametro interno di 1,15 mm) con un puller orizzontale (Sutter Instrument CO Made in U.S.A.Model P-87 Flaming/Brown Micropipette Puller) ed in modo tale che avessero una resistenza di circa 4-8 M. Il protocollo sperimentale utilizzato nel corso degli esperimenti prevedeva che il sigillo fosse realizzato in soluzione ipertonica. Sempre in soluzione ipertonica, applicando un’ulteriore suzione, si passava alla configurazione whole-cell. A questo punto si eseguiva un protocollo “I/V” che prevedeva l’invio, alla cellula, di impulsi di potenziale della durata di 500 ms da –100 a + 100 mV, con incrementi di 20 mV e da un potenziale di holding di 0 mV. Successivamente veniva sostituita la soluzione esterna con la soluzione ipotonica e l’incremento della corrente era registrato con un protocollo “sweeps +40 mV”. 93 Nel corso di tale protocollo, da un potenziale di holding di 0 mV, veniva inviato alla cellula, ogni 30 secondi e per 400 ms, uno step di potenziale di 40 mV. Dopo 5’ dall’inizio della sostituzione, si eseguiva nuovamente un “I/V”, di seguito altri 8’ con “step +40 mV” ed infine un ultimo protocollo “I/V”. Soluzioni utilizzate per gli esperimenti di patch-clamp Le soluzioni di perfusione del bagno (extracellulare) e della pipetta (intracellulare), la cui composizione è riportata nelle tabelle 1, 2 e 3, sono state opportunamente scelte per permettere la misura delle correnti di Cl-. 1)SOLUZIONE PER ELETTRODO CsCl2 125 mM MgCl2 5 mM EGTA 11 mM HEPES 10 mM Raffinosio 50 mM MgATP pH 7.2 osmolarità 340 mOsm 2 mM pH 7.4 2)SOLUZIONE IPERTONICA NaCl 125 mM MgCl2 2,5 mM CaCl2 2,5 mM HEPES 10 mM Mannitolo 100 mM osmolarità 390 mOsm 94 3)SOLUZIONE IPOTONICA NaCl 125 mM pH 7.4 MgCl2 2,5 mM osmolarità 270 mOsm CaCl2 2,5 mM HEPES 10 mM 4.23 Conte cellulari e curve di crescita I saggi di conta cellulare sono stati effettuati per i test di proliferazione. Per i test di proliferazione le cellule sono sono state transfettate in petri da 3 e il giorno successivo seminate in quantità 5 104 cellule / ml in multiwell da 24. Ad ogni conta viene eseguito il seguente protocollo: Prelevare il contenuto di 3 pozzetti e tenerlo in una provetta falcon in ghiaccio Lavare i 3 pozzetti con 500 μl di PBS1X e aggiungerlo alla provetta falcon in ghiaccio Mettere in ogni pozzetto 100 μl di tripsina e aspettare il distacco delle cellule dal fondo dei pozzetti Stoppare la tripsina con 900 μl di terreno fresco per ogni pozzetto Raccogliere il tutto nella falcon in ghiaccio Pellettare a 1500 rpm per 10 minuti a 4°C Eliminare il sovranatante e risospendere il pellet in 50 μl di terreno fresco Prelevare 20 μl a cui vengono aggiunti 20 μl di Trypan Blue (0.4% in PBS) Tenere 5 minuti in ghiaccio ed effettuare la conta al microscopio utilizzando la cameretta di burker 95 Le cellule che sono visivamente blu non sono vitali, le altre sì. Questo succede perché il Trypan Blue contiene un fluorocromo carico negativamente: nelle cellule con membrana integra non può entrare, ma può entrare laddove la membrana cellulare è frammentata, ovvero nelle cellule danneggiate. 4.24 Analisi statistiche I dati sperimentali di patch clamp sono stati espressi come media aritmetica più o meno l’errore standard (SEM). I dati ottenuti sono stati analizzati attraverso il test Anova (post test Bonferroni) utilizzando il programma PRISM. Per quanto riguarda l'analisi statistica dei dati degli esperimenti di FRET e di Western Blot, tutti i risultati sono stati espressi come media ± errore standard. È stato applicato il test T di Student per dati non appaiati. Le differenze tra i dati sono assunte come statisticamente significative quando p < 0,05. 96 5 Risultati 5.1 Caratterizzazione delle isoforme di 4.1 espresse in cellule HEK: RT-PCR e clonaggio delle isoforme AUG-1 e AUG-2 di 4.1R Prima di procedere per individuare le isoforme della proteina 4.1 presenti nelle cellule HEK 293 Phoenix abbiamo realizzato una RT-PCR sull’RNA totale. Questa procedura permette di avere un arricchimento in mRNA in quanto consente di eliminare, nel corso del processo d’isolamento, l’RNA con lunghezza minore di 200 nucleotidi (come il 5,8 S rRNA, 5 S rRNA e i tRNA che possono rappresentare fino al 15-20% dell’RNA totale). Inoltre, volendo evitare di isolare RNA non maturo (che non ha subito ancora il processo di splicing o lo ha subito parzialmente) è stato eseguito un protocollo che consente l’estrazione del solo RNA citoplasmatico (permettendo di preservare l’integrità dei nuclei). Prima di procedere con la retrotrascrizione la qualità dell’RNA è stata controllata mediante elettroforesi (figura 16). 28 S 18 S Figura 16 Elettroforesi su gel di agarosio all’1% (w/v) in TAE dell’RNA estratto da cellule HEK 293T. Sono evidenti due bande nettamente distinte corrispondenti alle bande dell’RNA ribosomiale 18 S e 28 S. Il cDNA è stato sottoposto a una prima PCR per caratterizzare quali isoforme della 4.1 (R, G, B) fossero presenti nelle cellule HEK 293T da cui era stato estratto l’RNA. Sono stati utilizzati quindi i primers specifici per ciascuna isoforma. In parallelo sono state condotte diverse reazioni di controllo. Una prima reazione di controllo era 97 condotta su un campione di RNA cui non era stata aggiunta la trascrittasi inversa per, un’eventuale contaminazione da DNA genomico (che comunque poteva essere esclusa anche sulla base della grandezza del frammento amplificato, dato che i primers erano stati disegnati in modo che fossero complementari a regioni esoniche distinte). Altre reazioni di controllo sono state allestite in modo da escludere una qualsiasi contaminazione da DNA esogeno al momento della PCR. Alle miscele di reazione complete non veniva, in tal caso, aggiunto il c-DNA (-R, -G, -B in figura 17). M |- RT | R | -R | G | -G | B | -B Figura 17 Elettroforesi su gel di agarosio all’1% (w/v) in TAE dei prodotti della PCR condotta per determinare quale isoforma di 4.1 fosse presente in cellule HEK 293T. Ordine di caricamento: M > Marker: Mass Ruler DNA Ladder low Range (MBI Fermentas), RT > controllo (no trascrittasi inversa), R > isoforma R, -R > controllo (no sDNA), G > isoforma G, -G > controllo (no sDNA), B > isoforma B e -B > controllo (no sDNA). Dall’elettroforesi, avendo ottenuto per le diverse isoforme singole bande dell’altezza attesa, è risultato evidente che tutte le tre isoforme erano presenti nelle cellule HEK 293T. Per clonare i cDNA corrispondenti a isoforme ad alto (che utilizzano l’ATG-1) e basso (che utilizzano l’ATG-2) peso molecolare della 4.1R abbiamo eseguito due diverse PCR ciascuna con un diverso primer senso specifico per uno dei due possibili siti di inizio della trascrizione, (ATG-1, primer senso 1 in figura 18 o ATG-2, primer senso 2 in figura 18), e lo stesso primer antisenso (figura 18). I primer (vedi materiali e metodi) contenevano anche le sequenze di restrizione necessarie per il clonaggio nei vettori per il FRET, EYFP-N1 e –C1. 98 A) B) kb 2500 2000 1500 M | primer 1 | pprimer 2 Figura 18 A) E’ riportato uno schema della sequenza della 4.1R. Sono evidenziati domini altamente conservati nella famiglia della proteina 4.1 e i punti di innesco dei primers disegnati per determinare quali varianti da splicing fossero presenti. B) Elettroforesi su gel di agarosio all’1% (w/v) in TAE delle PCR eseguite con le coppie di primers riportati; M=marker. Come mostrato in figura 18, in entrambe le PCR l’amplificato corrispondeva ad un'unica banda, probabilmente la variante più rappresentata in questo tipo cellulare. Le due varianti da splicing della 4.1R corrispondono alla variante 4.1R135 (isoforma lunga, 4.1RII) e alla variante 4.180 (isoforma corta, 4.1Rsh) (Gascard et al., 1998) che differiscono per la lunghezza delle 3’-UTR non amplificate nel corso della reazione di PCR. 99 A) B) Figura 19 Sono mostrate alcune delle isoforme esistenti di 4.1R. In figura A è riportata l’organizzazione in esoni del gene umano per la 4.1R delle isoforme prodotte dal sito di inizio trasduzione AUG-1 (isoforme lunghe). All’inizio della figura è rappresentato l’mRNA della 4.1R con gli esoni alternativi, gli esono costitutivi e gli esoni non codificati. I due siti di inizio trasduzione AUG1 e 100 AUG2 sono situati all’esone 2 e all’esone 4 rispettivamente. In B sono rappresentate le isoforme mancanti l’AUG-1, quindi le isoforme corte (Gascard et al., 1998). 5.2 Interazione tra ICln e 4.1R Dopo aver clonato per RT-PCR da cellule HEK-293 le due isoforme della proteina 4.1R (4.1Rsh e 4.1RII) abbiamo allestito esperimenti di FRET (Fluorescence Resonance Energy Transfer, vedi sessione “Materiali e metodi”) per analizzare in vivo il fenomeno d’interazione tra la proteina ICln e la 4.1R (in particolare per la due isoforme 4.1RII e 4.1Rsh) e per cercare di chiarire se tale interazione gioca un ruolo nella traslocazione di pICln dal citosol alla membrana e nell’attivazione dei canali RVDC. 5.2.1 Interazione in vivo in cellula. Esperimenti di FRET: interazione tra ICln e 4.1Rsh Per studiare in vivo l’interazione tra la proteina ICln e la proteina 4.1R abbiamo allestito esperimenti di FRET utilizzando la metodica dell’ Acceptor photobleaching ampiamente utilizzata in letteratura (Rodighiero et al., 2008). Tale tecnica consente di valutare la variazione dell’intensità di emissione del donatore ECFP (Enhanced Cyan Fluorescence Protein) dopo bleaching del fuoroforo accettore YFP (Enhanced Yellow Fluorescence Protein), ottenuto illuminando una regione del preparato con un laser ad elevata potenza. Questi esperimenti sono stati condotti in vivo su cellule transfettate con plasmidi che consentono l’espressione di proteine di fusione aventi il fluoroforo CFP in N- o C-terminale rispetto a ICln ed inizialmente con il fluoroforo YFP in N- terminale rispetto alla proteina 4.1Rsh. Gli esperimenti sono stati condotti stimolando le cellule per 10 minuti con soluzione isotonica (controllo) o con soluzione ipotonica (rispetto al mezzo intracellulare) per studiare l’interazione tra le due proteine anche in presenza di uno di uno stress osmotico. 101 Interazione tra ICln e YFP-4.1Rshort: “Acceptor photobleaching” Inizialmente gli esperimenti di FRET sono stati condotti per queste possibili coppie: pEYFP C1 4.1Rsh – pECFP N1 ICln pEYFP C1 4.1Rsh – pECFP C1 ICln pEYFP C1 4.1Rsh – pECFP (controllo) Il vettore pECFP-C1 ha il cDNA codificante per ICln a valle della sequenza nucleotidica codificante per il fluoroforo CFP (CFP ICln) e il vettore pECFP-N1 ha il cDNA codificante per ICln a monte della sequenza nucleotidica codificante per il fluoroforo CFP (ICln-CFP); il vettore pEYFP-C1 ha il cDNA per la 4.1 a valle della sequenza nucleotidica codificante per il fluoroforo YFP (YFP 4.1Rsh). Gli esperimenti sono stati condotti per ogni combinazione sia in soluzione isotonica che ipotonica. Inizialmente sono stati condotti esperimenti di controllo necessari per valutare il segnale di fondo, ossia l’efficienza di FRET dovuta all’interazione aspecifica e casuale tra i due fluorofori in cellula. Nel corso di questi esperimenti le cellule sono state transfettate con il vettore vuoto pECFP, esprimente il solo CFP, ed il vettore pEYFPC1-4.1. Dopo aver effettuato gli esperimenti di controllo abbiamo allestito gli esperimenti di FRET per ogni coppia precedentemente illustrata (YFP-4.1Rsh + CFPICln e YFP-4.1Rsh + ICln-CFP). 102 A B * C # D Figura 20 Esperimenti di FRET (acceptor photobleaching) condotti in cellule HEK 293 Phoenix transfettate con YFP-4.1Rsh e CFP-ICln o ICln-CFP. A) Esempio di immagini ottenute durante un esperimento. In giallo è evidenziato il segnale emesso dalla molecola YFP, in azzurro quello emesso dal CFP. I pannelli a sinistra si riferiscono al segnale misurato prima del photobleaching dell’accettore (YFP), i pannelli a destra si riferiscono all’intensità di fluorescenza rilevata dopo photobleaching dell’accettore. Nel pannello più a destra (contrassegnato dal simbolo #) è riportata la figura rappresentante l’efficienza di FRET calcolato nella stessa cellula. B) Immagine rappresentativa del controllo negativo in cellule transfettate con YFP-4.1Rsh e CFP (vettore senza l’inserto). C) Istogrammi relativi all’analisi statistica (relativa a più cellule acquisite in tre preparazioni indipendenti) dei valori di efficienza di FRET misurati in isotonicità e ipotonicità in cellule esprimenti ICln-CFP + YFP-4.1Rsh e CFP+YFP-4.1Rsh (controllo). D) Analisi statistica (relativa a più cellule acquisite in tre preparazioni indipendenti) dei valori di efficienza di FRET misurati in isotonicità e ipotonicità in cellule esprimenti CFP-ICln + YFP-4.1Rsh e CFP + YFP-4.1Rsh (controllo). In figura 20 è riportata una immagine esemplificativa di un esperimento di FRET e l’analisi statistica dei valori ottenuti. Negli esperimenti di controllo condotti overesprimendo nelle cellule CFP non legato ad ICln e YFP-4.1Rsh è stata rilevata un’efficienza di FRET pari a 2.5 1.0% (n=30) (figura 20). 103 Dalle immagini di FRET sembrerebbe che la sede principale dell’interazione tra le due proteine è il compartimento citosolico. Per la coppia YFP-4.1Rsh + ICln-CFP dall’analisi statistica abbiamo misurato un’efficienza di FRET significativamente più alta rispetto ai controlli sia quando le cellule sono in soluzione iso-osmotica (YFP-4.1Rsh + ICln-CFP: 5.60 ± 0.68, n=29 vs YFP-4.1Rsh + CFP: 2.5 ± 0.80 n=30) che quando sono poste in soluzione ipoosmotica (YFP-4.1Rsh + ICln-CFP: 4.59 ± 1.44, n=16 vs YFP-4.1Rsh + CFP: 0.99± 0.89 n=22). Per quanto concerne la coppia YFP-4.1Rsh + CFP-ICln (istogramma figura 20 D) abbiamo misurato un valore di FRET più alto rispetto a quello misurato negli esperimenti in cui ICln ha il CFP posto all’estremità C-terminale sia in isotonia (11.3 ± 1.1 n=28) che in ipotonia (15.07 ± 1.17 n=20); questi valori inoltre sono significativamente maggiori rispetto alle condizioni di controllo (rispettivamente 2.50 ± 0.8 n=30 in isotonia e 0.99 ± 0.89 n=20 in ipotonia). Inoltre è interessante notare che per questa coppia dopo stimolo ipotonico abbiamo misurato un aumento significativo dell’efficienza di FRET rispetto alla condizione isotonica suggerendo che l’interazione tra ICln e la 4.1Rsh aumenta quando le cellule sono sottoposte a uno stimolo ipotonico. Per valutare l’aumento dell’interazione tra le due proteine, in ipotonicità, abbiamo deciso di utilizzare un’altro tipo di valutazione dell’efficienza FRET che ci permettesse a differenza dell’Acceptor Photobleaching di effettuare misure ripetute su una stessa cellula. Interazione tra ICln e YFP 4.1Rshort ‘Sensitized emission’ La metodica della Sensitized emission consente di arrivare al calcolo di un indice di N-FRET a partire da quello di FRET, ottenuto eccitando il donatore e misurando l’emissione dell’accettore. Tale valore viene corretto introducendo una serie di parametri di correzione, che consentono di eliminare gli eventuali errori derivanti dalla sovrapposizione degli spettri dei due dettagliatamente nella sezione "Materiali e metodi". 104 fluorofori, come descritto Nei nostri esperimenti le cellule sono state precedentemente co-transfettate in modo transiente con YFP-4.1Rsh e CFP-ICln e a 24h dalla trasfezione abbiamo poi acquisito le immagini di tali cellule, al microscopio confocale previo il mantenimento per almeno 5 minuti in soluzione isotonica. La soluzione extracellulare è stata quindi sostituita con quella ipotonica e sono state acquisite nuovamente le immagini a diversi intervalli di tempo fino a 20 minuti dalla sostituzione. In parallelo sono stati allestiti due controlli transfettando le cellule con il solo YFP-4.1Rsh o CFP-ICln da solo, la cui analisi permette di ricavare i valori dei parametri di correzione da utilizzare per il calcolo della N-FRET (vedi sezione materiali e metodi). Inoltre per valutare l’efficienza del trasferimento energetico dovuta all’interazione aspecifica e casuale tra i due fluorofori abbiamo allestito esperimenti in cui abbiamo transfettato le cellule con YFP-4.1Rsh e il vettore vuoto pECFP, esprimente il solo CFP. A B NFRET HEK T YFP-4.1sh + CFP-ICln ** 0.5 NFRET 0.4 0.3 ns 0.2 10 C FP FP hy po hy pe rC -IC C FP 10 hy po hy pe rC FP -IC ln ln 0.1 Figura 21 A) Immagini di N-FRET (ottenute come decritto nella sezione materiali e metodi) relative a cellule HEK 293 Phoenix co-transfetttate con pEYFP-C1-4.1Rsh + pECFP-C1-ICln in basso, e con pEYFPC1-4.1Rsh + CFP (controllo negativo). B) Analisi statistica, mediante il test T di Student, a dati appaiati, dei valori ricavati dall'analisi di N-FRET. Le differenze tra i dati sono assunte come statisticamente significative quando p 0,05. L'analisi statistica dei dati di N-FRET nelle due condizioni è riportata in figura 21 B. Nel caso delle cellule di controllo (transfetatte con YFP 4.1Rsh e CFP vuoto) si osserva che il valore di N-FRET è basso sia in isotonia (0.18 ± 0.10 n=9) che dopo lo 105 stimolo ipotonico (0.20 ± 0.009 n=9). Quando le cellule over-esprimono YFP-4.1Rsh e CFP-ICln già in isotonia il valore di N-FRET è significativamente diverso dal controllo (0.40 ± 0.012 n=15) inoltre aumenta significativamente quando si passa in condizioni ipotoniche (0.47 ± 0.013 n=15), dopo 10 minuti dalla sostituzione. N-FRET HEK T YFP-4.1sh + CFP-ICln normalized N-FRET HEK T YFP-4.1sh + CFP-ICln * 0.50 1.2 NFRET norm NFRET 0.45 0.40 0.35 0.30 1.1 1.0 0.9 -5 0 5 10 15 20 time in hypo (min) 25 -5 0 5 10 Figura 22 Immagine relativa al time course del segnale di N-FRET calcolato in cellule co-transfettate con YFP-4.1Rsh e CFP-ICln. Il segnale aumenta in modo significativo già a partire da 2.5 minuti dopo la sostituzione con soluzione ipotonica; tale aumento si mantiene costante nei tempi successivi (t= 5, 10, 15, 20 minuti dopo sostituzione con soluzione ipotonica). * p< 0.05 con t di Student Il “time course” del segnale di N-FRET calcolato in cellule transfettate con YFP4.1Rsh e CFP-ICln (fig. 22) indica che l’aumento è significativo già a partire da 2,5 minuti dopo lo stimolo ipotonico (0.46 ± 0.013 n=8 vs 0.42 ± 0.02 n=8 in isotonia). L’N-FRET risulta essere significativamente maggiore rispetto alla condizione di controllo anche per i tempi successivi fino a 20 minuti dopo la sostituzione con soluzione ipotonica (N-FRET: 5 min> 0.47 ± 0.012 n=8; 10 min> 0.47 ± 0.014 n=8; 15 min> 0.46± 0.012 n=8; 20 min> 0.46± 0.012 n=8). Interazione tra ICln e 4.1Rshort-YFP Abbiamo allestito un’ulteriore serie di esperimenti di FRET utilizzando la tecnica dell’Acceptor photobleaching per studiare l’interazione tra ICln e pEYFP-N1 4.1Rsh. In questa configurazione il fluoroforo YFP è stato posto all’estremità C-terminale della proteina 4.1Rsh. 106 15 time in hypo(min) 20 25 Analogamente a quanto visto per YFP-4.1Rsh, le coppie accettore/donatore saggiate sono state le seguenti: pEYFP-N1-4.1Rsh – pECFP-N1-ICln pEYFP-N1-4.1Rsh – pECFP-C1-ICln pEYFP-N1-4.1Rsh – pECFP (controllo) A B 4.1short-YFP + CFP-ICln 4.1short-YFP + ICln-CFP ICln-CFP + 4.1sh-YFP 20 CFP-ICln + 4.1sh-YFP 20 ns ns p<0.05 10 ICln 5 0 -5 p<0.05 ICln contr n=29 ISO n=30 contr n=16 CFP + 4.1sh-YFP (control) 15 FRETeff FRETeff 15 10 HYPO -5 ICln contr n=29 ISO CFP + 4.1sh-YFP (control) ns ICln 5 0 n=22 ns n=30 contr n=16 n=22 HYPO Figura 23 Esperimenti di FRET (acceptor photobleaching) condotti in cellule HEK 293 Phoenix transfettate con 4.1Rsh-YFP e ICln-CFP o CFP-ICln. A) Analisi statistica (relativa a più cellule acquisite in tre preparazioni indipendenti) dei valori di efficienza di FRET misurati in isotonicità e ipotonicità. in cellule esprimenti ICln-CFP + 4.1Rsh-YFP e CFP + 4.1Rsh-YFP (controllo B) Istogrammi relativi all’efficienza di FRET misurata in cellule esprimenti CFP-ICln+ 4.1Rsh-YFP e CFP+ 4.1Rsh-YFP (controllo). Dall’analisi statistica risulta che solo nella condizione ICln-CFP (ma non in quella CFP-ICln) i valori erano significativamente diversi dal controllo con solo CFP. Inoltre, anche in questa condizione, i valori di FRETeff erano significativamente più bassi rispetto a quelli ottenuti quando il YFP era fuso all’estremità N-t di 4.1 (isotonia: 4.1Rsh-YFP + ICln-CFP 1.93 ± 0.25, n=12; ipotonia: 1.71 ± 0.14 n=12) e poco distanti da quelli dei controlli. Infine, non abbiamo riscontrato un aumento significativo passando dall’isotonia all’ipotonia. Questo suggerisce che l’efficienza della FRET è molto sensibile alla posizione in cui si trova il fluoroforo e che l’interazione tra le due proteine è ridotta quando il YFP è posto all’estremità C-t. Per indagare su questo punto e verificare l’effettiva interazione tra 4.1Rsh e ICln, visti i bassi valori di FRETeff, abbiamo affiancato esperimenti di coimmunoprecipitazione agli esperimenti di FRET. 107 5.2.2 Studio dell’interazione tra ICln e l’isoforma corta (4.1Rsh) della proteina 4.1 mediante coimmunoprecipitazione. Con questa tecnica abbiamo investigato l’interazione della proteina 4.1Rsh con il fluoroforo fuso al N- o C terminale (gli stessi costrutti utilizzati per gli esperimenti di FRET) e la proteina ICln a cui era legato un Flag-tag all’etremità C-terminale. Le cellule sono state co-transfettate con la 4.1Rsh (YFP-4.1Rsh o 4.1Rsh-YFP) e pFlagICln. Abbiamo inoltre allestito un controllo transfettando le cellule con la proteina 4.1Rsh (con il YFP al N- o al C-terminale) e pFlag-BAP (Sigma), Bovine Alkaline Peroxidase, che si presuppone non interagire con 4.1. A 24h dalla trasfezione le cellule sono state raccolte e lisate. Il lisato è stato successivamente incubato con una una resina, l’α – FLAG M2 Affinity Gel (Sigma), costituita da anticorpi monoclonali α – FLAG coniugati ad agarosio. Le proteine con un tag FLAG si legano alla resina e con esse le proteine a loro legate. L’eluizione è stata effettuata per competizione in presenza di un eccesso di un peptide Flag purificato (Sigma). Riassumendo, i nostri casi sperimentali sono stati i seguenti: -YFP-4.1Rsh + Flag-ICln -YFP-4.1Rsh + Flag-Bap (controllo) e -4.1Rsh-YFP + Flag-ICln -4.1Rsh-YFP + Flag-Bap (controllo). I lisati (Lys in figura 24) e gli eluati (tre eluizoni successive, E2, E3 ed E1) sono stati controllati mediante Western Blot per la presenza negli eluati di ICln (mediante anticorpi anti-FLAG) e 4.1 (mediante anticorpi anti 4.1 o anti GFP). In Figura 24 possiamo osservare la lastra autoradiografica, risultante dallo sviluppo del segnale di chemioluminescenza, relativo alla membrana incubata con anti-4.1, anti GFP e anti-flag. 108 A B Figura 24 Western relativo all’immunoprecipitazione della proteina YFP-4.1Rsh (pannello A) o 4.1Rsh-YFP (pannello B con Flag-ICln), utilizzando una resina coniugata ad agarosio. Le membrane sono state incubate con anti-4.1 che riconosce la proteina 4.1, con l’anti-GFP che riconosce la proteina YFP fusa alla proteina 4.1 e l’anti-Flag che riconosce il FLAG fuso alla proteina ICln. In entrambi i casi la condizione di controllo è stata ottenuta co-transfettando con 4.1Rsh + FLAG-BAP anziché FLAG-ICln. In entrambi i pannelli: Lys =lisato E2, E3, E1 = eluati successivi. La banda relativa alla 4.1Rsh è all’altezza di circa 130 kDa mentre la banda relativa ad ICln è a circa 37 kDa. Nel pannello A della figura 24 osserviamo le lastre autoradiografiche relative al Western Blot dell’immunoprecipitazione della proteina YFP-4.1Rsh e Flag-ICln e relativo controllo YFP-4.1Rsh e Flag-BAP. Nella prima corsia è stato caricato il lisato di controllo (dell’immunoprecipitazione YFP-4.1Rsh + Flag-BAP) e possiamo osservare la presenza di un segnale sia con l’anti-4.1 che con l’anti-GFP (che prova la presenza della YFP-4.1Rsh nel lisato di partenza) e con l’anti-Flag (che prova la presenza della FLAG-BAP, il plasmide di controllo nel lisato di partenza). Nella seconda, nella terza e nella quarta corsia abbiamo caricato 3 eluati successivi di questa immunoprecipitazione (E2, E3, E1). Abbiamo caricato diversi eluati in quanto non sapevamo con quale eluizione le nostre proteine si sarebbero staccate dalla resina. Per queste corsie abbiamo osservato un segnale solo con l’anti-FLAG; questo ci indica che negli eluati non è presente la YFP-4.1Rsh ma solo la proteina Flag-BAP di controllo, come atteso. Nella quinta corsia abbiamo caricato il lisato 109 dell’immunoprecipitazione YFP-4.1Rsh + Flag-ICln. E’ possibile osservare come sia presente un segnale con tutti e tre gli anticorpi; questo ci indica la presenza nei lisati di partenza di entrambe le proteine di nostro interesse la proteina YFP-4.1Rsh e la proteina FLAG-ICln. Nelle rimanenti corsie (sesta, settima e ottava) abbiamo caricato gli eluati. In questi abbiamo osservato un segnale con l’anti-4.1, con l’antiGFP e anti-Flag. I primi due ci indicano la presenza della proteina YFP-4.1Rsh negli eluati mentre il segnale con l’anti-FLAG ci indica la co-presenza della proteina ICln. Questo risultato conferma i dati di FRET e dimostra che la proteina 4.1Rsh con il fluoroforo posto all’estremità N-terminale lega la proteina ICln fusa con FLAG. L’immunoprecipitazione è stata effettuata anche per la proteina 4.1Rsh-YFP (Figura 24, pannello B) + Flag-ICln. Come per la proteina YFP-4.1Rsh (YFP al N-terminale della 4.1Rsh) anche quando il fluoroforo è fuso all’estremità C-terminale della 4.1Rsh abbiamo osservato che la 4.1Rsh coimmunoprecipita con la proteina ICln con il tag FLAG. Questi esperimenti ci indicano che la proteina 4.1Rsh in fusione con il YFP o all’N- o al C-terminale interagisce con ICln. E’ pertanto ipotizzabile che il basso segnale di FRETeff misurato per la 4.1Rsh-YFP non sia dovuto al fatto che le due proteine non interagiscono ma sia determinato dal fatto che il fluoforo posto al Cterminale della 4.1Rsh non è la configurazione ottimale affinchè avvenga il trasferimento energetico tra YFP e CFP. 5.2.3 Interazione in vivo in cellula. Esperimenti di FRET: interazione tra ICln e 4.1RII In parallelo allo studio dell’interazione tra la proteina 4.1Rsh e la proteina ICln abbiamo effettuato esperimenti di FRET per verificare l’interazione tra l’isoforma lunga (4.1RII) e ICln in vivo utilizzando, come per l’isoforma corta, la tecnica dell’Acceptor Photobleaching; gli esperimenti sono stati effettuati, anche in questo caso, sia in condizioni isotoniche che dopo stimolo ipotonico. Gli esperimenti di FRET sono stati condotti per queste possibili coppie: pEYFP C1 4.1RII – pECFP N1 ICln pEYFP C1 4.1RII – pECFP C1 ICln 110 pEYFP C1 4.1RII – pECFP (controllo) e pEYFP N1 4.1RII – pECFP N1 ICln pEYFP N1 4.1RII – pECFP C1 ICln pEYFP N1 4.1RII – pECFP (controllo) A B C YFP-4.1long + ICln-CFP ICln-CFP + YFP-4.1long 20 CFP + YFP-4.1long (control) FRETeff 15 10 ns 0 contr ICln n=15 n=24 n=15 ISO n=18 HYPO E 4.1long-YFP + ICln-CFP 4.1long-YFP + CFP-ICln 20 ICln-CFP + 4.1long-YFP CFP-ICln + 4.1long-YFP 20 15 10 5 ns p<0.05 ICln contr n=27 n=25 ICln -5 ISO 10 5 contr 0 n=26 CFP + 4.1lunga-YFP (control) 15 CFP + 4.1long-YFP (control) FRETeff FRETeff contr ICln -5 D p<0.05 5 0 n=19 -5 HYPO ns ICln n=15 ISO ns contr ICln contr n=25 n=12 n=19 HYPO Figura 25 A) Esperimenti di FRET (accetor photobleaching) condotti in cellule HEK 293 Phoenix transfettate con YFP-4.1RII (4.1R-long in figura) o 4.1RII-YFP e CFP-ICln o ICln-CFP. Esempio di immagini ottenute durante un esperimento con cellule transfettate con CFP-ICln + 4.1RII-YFP (a 111 sinistra) o con CFP + 4.1RII-YFP (controllo negativo), a destra. In giallo è evidenziato il segnale emesso dal YFP, in azzurro quello emesso dal CFP. B) C) Analisi statistica (relativa a più cellule acquisite in tre preparazioni indipendenti) dei valori di efficienza di FRET (FRETeff) misurati in isotonia e ipotonia. Sono riportati gli istogrammi raffiguranti l’efficienza di FRET misurata in cellule esprimenti (pannello B) CFP-ICln+YFP-4.1RII e CFP+YFP-4.1RII (controllo) in isotonia e in ipotonia. Il pannello C) si riferisce a cellule esprimenti ICln-CFP + YFP-4.1RII e CFP+YFP-4.1RII (controllo) per entrambe le condizioni sperimentali. D) si riferisce a cellule esprimenti CFP-ICln + 4.1RII-YFP e i relativi controlli (4.1RII-YFP + CFP) nel pannello E) abbiamo invece riportato l’analisi statistica dell’efficienza di FRET misurata in cellule esprimenti ICln-CFP+ 4.1RII-YFP. *p<0.05 con t student Dall’analisi statistica abbiamo verificato che in ipotonia per la coppia 4.1RII-YFP + CFP-ICln (figura 25 D) l’efficienza di FRET misurata pur essendo statisticamente maggiore (2.03 ± 0.46 n=34) rispetto alla condizione di controllo (0.40 ± 0.62 n=19) è molto basso (e non risulta infatti significativo se viene applicato il test AnovaBonferroni a una via). Per le altre coppie sperimentali (figura 25 B, C, E) l’efficienza di FRET misurata è bassa e non risulta statisticamente differente rispetto alla condizione di controllo; in un caso sperimentale YFP-4.1RII + ICln-CFP in ipotonia l’efficienza di FRET è cosi’ bassa (0.31 ± 0.34 n=15) da risultare essere significativamente inferiore (solo con il T di student, ma non con Anova-Bonferroni) rispetto al suo controllo (1.96 ± 0.61 n=18). 5.2.4 Studio dell’interazione tra ICln e l’isoforma lunga (4.1RII) della proteina 4.1 mediante coimmunoprecipitazione. Per l’isoforma lunga non abbiamo di fatto misurato un efficienza di FRET significativa in nessuna configurazione testata. Per verificare se la bassa o nulla FRETeff riflettesse effettivamente una mancanza di interazione, in parallelo agli esperimenti di FRET abbiamo allestito esperimenti di coimmunoprecipitazione, come per la 4.1Rsh. Analogamente a quanto visto per 4.1Rsh i nostri casi sperimentali sono stati: -YFP-4.1RII + Flag-ICln -YFP-4.1RII + Flag-Bap (controllo) e -4.1RII-YFP + Flag-ICln -4.1RII-YFP + Flag-Bap (controllo). 112 A B Figura 26 Western relativo all’immunoprecipitazione della proteina YFP-4.1RII (pannello A) o 4.1RIIYFP (pannello B) con Flag-ICln mediante anticorpo anti-FLAG coniugato ad una resina di sefarosio. Il controllo è stato effettuato con cellule co-transfettate con YFP-4.1RII+ Flag-BAP anziche FLAG-ICln, Le membrane sono state incubate con anti-4.1 che riconosce la proteina 4.1, con l’anti-GFP che riconosce la proteina YFP fusa alla proteina 4.1 e l’anti-Flag che riconosce il FLAG fuso alla proteina ICln. In entrambi i pannelli Lys = lisato di cellule co-transfettate con YFP-4.1RII+ Flag ICln; E2, E3, E1= eluati successivi. La banda relativa alla 4.1RII è all’altezza di circa 170 kDa mentre la banda relativa ad ICln è a circa 37 kDa. Come si può osservare dalle lastre (figura 26), sia per quanto riguarda YFP-4.1RII che la proteina 4.1RII-YFP è presente un segnale negli eluati della proteina 4.1RII solo quando siamo in co-transfezione con FLAG-ICln ma non in caso di co-transfezione con FLAG-BAP (controllo negativo); con l’anticorpo anti-Flag in questi eluati abbiamo osservato anche un segnale della proteina FLAG-ICln o FLAG-BAP che ci conferma la presenza negli eluati delle proteine riconosciute dall’antiFLAG della resina. Questi esperimenti dimostrano pertanto che sia YFP-4.1RII che e 4.1RII-YFP interagiscono con ICln. Il basso segnale di FRET misurato negli esperimenti di Acceptor Photobleaching potrebbe quindi essere dovuto ad esempio all’interferenza del dominio U1 (presente nell’isoforma lunga della proteina 4.1) sulla vicinanza tra i due fluorofori YFP (fuso alla proteina 4.1 all’estremità N- o C-terminale) e il CFP 113 (fuso all’estremità N- o C-terminale della proteina ICln) e non a una mancanza di interazione tra le due proteine. Dagli esperimenti di immunopecipitazione sono emersi anche altre osservazioni interessanti. Dal western blot in figura 26 si vede che per la 4.1RII-YFP negli eluati è presente anche una banda più bassa (circa 130 kDa, in figura 26) che viene riconosciuta sia dall’anti-4.1 che dall’anti-GFP e che potrebbe rappresentare la banda relativa all’isoforma corta (4.1Rsh) in fusione con il YFP. E’ stato infatti recetemente riportato (Lospitao et al., 2008) che è presente una sequenza IRES tra ATG1 e l’ATG2 dell’ORF delle 4.1R ad alto peso molecolare che può causare la traduzione anche di isoforme corte dall’overespressione di isoforme lunghe. Per studiare cosa avvennise nelle nostre condizioni sperimentali quando overesprimiamo la 4.1RII in fusione con YFP, abbiamo effettuato esperimenti di western blot sui lisati totali di cellule trasfettate con YFP-4.1Rsh, YFP-4.1RII, 4.1RshYFP e 4.1RII-YFP. Figura 27 Western blot relativo al segnale identificato dall’anticorpo anti-4.1 nei lisati totali di cellule transfettate nella prima corsia con pEYFPC1-4.1Rsh, nella seconda corsia con pEYFPC1-4.1RII, nella terza corsia pEYFP-N1-4.1Rsh (4.1Rsh-YFP) e nella quarta con pEYFP-N1-4.1RII (4.1RII-YFP). Questi esperimenti confermano che soprattutto con la 4.1RII con il YFP fuso all’estremità C-t è evidenziabile una seconda banda, alla stessa altezza della 4.1RshYFP. Non abbiamo invece riscontrato la presenza significativa di una seconda banda, quando il YFP era fuso all’estremità C-t di 4.1RII suggerendo che la presenza di un 114 tag voluminoso come la YFP all’etremità N-t potrebbe inibire l’utilizzo della sequenza interna IRES. Gli esperimenti di FRET per la 4.1Rsh e per la 4.1RII sono stati effettuati anche su HEK 293 T (una linea cellulare simile alle Phoenix e utilizzata per gli esperimenti di patch-clamp) ottenendo risultati del tutto paragonabili (dati non riportati) ai risultati ottenuti su HEK 293 Phoenix. 5.3 Studi di localizzazione subcellulare: nucleo. Le immagini di microscopia confocale ottenute per gli esperimenti di FRET hanno fornito alcune osservazioni interessanti circa la localizzazione delle due proteine in esame. Due sono i distretti cellulari su cui abbiamo concentrato la nostra attenzione: il nucleo e la membrana cellulare 5.3.1 Studio della localizzazione della proteina 4.1Rsh e di ICln nel nucleo. Un esempio delle immagini ottenute co-transfettando le cellule con YFP-4.1Rsh è riportato nell figura 28. A) 115 B) Figura 28 A) Nelle tre immagini in alto è riportata l’acquisizione al microscopio confocale di cellule HEK-293 Phoenix transfettate contemporaneamente con YFP–4.1Rsh e CFP (senza ICln), sulla destra, un ingrandimento della localizzazione di 4.1Rsh in queste condizioni (In giallo l’acquisizione nel canale del YFP, in blu quella relativa al CFP). Nelle tre immagini in basso B) sono riportate le rispettive acquisizioni al confocale (in giallo YFP, in blu CFP) di cellule HEK-293 Phoenix transfettate con YFP-4.1Rsh e CFP-ICln (con un ingrandimento sulla destra della localizzazione di 4.1Rsh in queste condizioni). Le frecce in bianco indicano le cellule in cui il segnale di ICln nel nucleo è minore rispetto a quello presente nel citoplasma. Come mostrato in figura 28, la 4.1Rsh over-espressa localizza sia nel citosol sia, in minor misura, in membrana dove è particolarmente evidente nelle regioni di contatto tra cellula e cellula. In molte cellule il segnale è evidente anche nel nucleo. Ciò è in accordo con quanto riportato in letteratura (Conboy et al., 1998). Come è possibile osservare in figura 28 B quando la 4.1Rsh è co-espressa con la proteina CFP-ICln il segnale nucleare della 4.1Rsh rispetto alla condizione di controllo diminuisce notevolmente (figura A). 116 A B C D Figura 29 In A e B è riportata l’acquisizione al microscopio confocale di cellule HEK 293 Phoenix transfettate con CFP–ICln e il vettore YFP vuoto (A) o CFP–ICln + YFP-4.1Rsh (B). Nel pannello C e B è confrontata l’acquisizione al microscopio confocale di cellule HEK–293 transfettate con solo il CFP (D) o con CFP–ICln (C). Anche ICln subisce cambiamenti nella localizzazione quando è over–espressa insieme a 4.1 sh: anche in questo caso c’è, in media, una riduzione del segnale nel nucleo rispetto a quello citosolico (fig 29). Over–esprimendo CFP-C1–ICln da solo o insieme al vettore pEYFP-C vuoto, si vede che la proteina è presente sia nel nucleo che nel citosol, spesso con un rapporto del segnale nucleo-citoplasma a favore del nucleo (figura 29 A e 29 C). E’ possibile che il segnale di ICln (proteina citosolubile di piccole dimensioni nel nucleo sia almeno in parte una conseguenza dell’over–espressione in fusione con il CFP, in quanto è noto che le GFP, quando sono over- espresse, vanno anche nel nucleo anche se in condizioni fisiologiche non sono proteine nucleari. Tuttavia, comparando una cellula che esprime CFP–ICln con una cellula che esprime solo CFP, si può notare un maggior rapporto del segnale nucleo/citoplasma nel primo caso: ciò suggerisce che ICln abbia effettivamente localizzazione anche nucleare, indipendentemente da possibili artefatti dipendenti dalla sua over-espressione come proteina di fusione con la CFP. In accordo con tale ipotesi, anche esperimenti di immunofluorescenza in alcuni casi hanno evidenziato un segnale anche a livello del nucleo (Krapivinsky et 117 al., 1994). La localizzazione nucleare di ICln endogena (non in over-espressione) è del resto evidenziabile anche mediante western blot, come mostrato nei paragrafi successivi. Quest’analisi qualitativa è stata accompagnata da un analisi quantitativa. Abbiamo calcolato infatti il rapporto dell’intensità di fluorescenza nel nucleo rispetto all’intensità di fluorescenza nel citosol, misurate come valori di fluorescenza media in ROI (region of interest) selezionate nei distretti cellulari di interesse di una stessa cellula. ** Figura 30 Istogrammi relativi all’analisi statistica del rapporto tra l’intensita di fluorescenza del fluoroforo CFP nel nucleo rispetto al citosol per ogni condizione saggiata negli esperimenti di FRET: YFP-4.1Rsh + CFP-ICln, YFP-4.1Rsh + ICln-CFP, CFP-ICln + YFP e YFP-4.1Rsh + CFP. N si riferisce al numero di cellule analizzate. 118 Figura 31 Istogrammi relativi all’analisi statistica del rapporto tra l’intensita di fluorescenza nel nucleo rispetto al citosol del fluoroforo YFP per ogni condizione saggiata negli esperimenti di FRET: YFP-4.1Rsh +CFP-ICln, YFP-4.1Rsh + ICln-CFP, CFP-ICln + YFP e YFP-4.1Rsh + CFP. N si riferisce al numero di cellule analizzate. Dall’analisi statistica (figure 30 e 31) abbiamo verificato una diminuzione significativa del segnale di ICln (CFP-ICln e ICln-CFP) nel nucleo quando è coespressa con la proteina YFP-4.1Rsh (Fnucleo/Fcitosol= 0.64 ± 0.05 con CFP-ICln n= 38, e Fnucleo/Fcitosol= 0.60 ± 0.04 per ICln-CFP n= 28) rispetto alle condizioni di controllo (CFP-ICln + YFP = 1.44 ± 0.02 n= 34). Il valore di Fnu/Fcyt di CFP-ICln resta sempre significativamente diverso dal valore del solo CFP, sia in presenza che in assenza di 4.1, suggerendo che la risposta è propria della proteina ICln non dovuta al CFP a cui è fusa (YFP-4.1Rsh + CFP= 1.14 ± 0.01 n= 31). Analogamente se consideriamo l’intensità di fluorescenza valutata per il canale del YFP abbiamo verificato una diminuzione del segnale della YFP-4.1Rsh nel nucleo quando è co-espressa con CFPICln o ICln-CFP (CFP-ICln= 0.06 ± 0.02 n=38; ICln-CFP= 0.06 ± 0.008 n=28 ) rispetto alle condizioni di controllo, in assenza di ICln (YFP-4.1Rsh + CFP= 0.60 ± 0.007 n=28). L’analisi conferma anche che la sua ripartizione tra nucleo e citosol differisce da quella del solo YFP (CFP-ICln + YFP= 1.44 ± 0.027 n=34). 119 5.3.2 Studi di immunofluorescenza sulla localizzazione di ICln in cellule HEK 293 Phoenix in cui è overespressa la proteina 4.1Rsh L’effetto dell’isoforma corta sulla localizzazione nucleare di ICln potrebbe riflettere un evento fisiologico oppure, almeno in parte, potrebbe essere dovuto alla overespressione in grande quantità delle due proteine e alla formazione di un complesso stabile 4.1–ICln che inibisce la diffusione di ICln (e apparentemente anche alla 4.1Rsh) nel nucleo. Per approfondire questo aspetto abbiamo deciso di allestire esperimenti di immunofluorescenza per verificare se questo fenomeno avvenisse anche per la proteina ICln endogena. Le cellule sono state transfettate col plasmide pEYFP-C1-4.1Rsh e a 24h dalla transfezione le cellule sono state fissate e la localizzazione di ICln endogena valutata mediante anticorpo anti-ICln seguito da anticorpo secondario (anti-rabbit) coniugato a Cy5. I campioni sono stati osservati al microscopio confocale. A B C D) Figura 32 Immagini di Immunofluorescenza su cellule HEK 293 Phoenix acquisite al microscopio confocale. Nella figura A osserviamo, in rosso, l’immagine acquisita nel canale del Cy5, corrispondente ad ICln (anticorpo primario anti-ICln diluito 1:100 e anticorpo secondario anti-rabbit coniugato a cy5 diluito 1:400 in PBS contenente BSA 0,1%). Le frecce indicano le cellule positive alla 120 trasfezione per 4.1Rsh. L’immagine B mostra invece l’acquisizione nel canale del YFP. In questa immagine possiamo visualizzare in giallo le cellule che over-esprimono la 4.1Rsh. L’immagine C è data dalla sovrapposizione delle prime due acquisizioni; D Ingrandimento delle immagini precedenti. Nel riquadro possiamo osservare le cellule che over-esprimono la proteina 4.1Rsh (in giallo) ed in cui si osserva una diminuzione della proteina ICln endogena (rosso) nel nucleo rispetto alle cellule prive di un segnale visibile per la YFP-4.1Rsh. Nelle immagini acquisite al microscopio confocale possiamo osservare in rosso il segnale della proteina ICln mentre in giallo la proteina YFP-4.1Rsh over-espressa. Nella figura 32 la prima acquisizione ci mostra che ICln endogena ha una localizzazione sia citoplasmatica che nucleare, in accordo con la letteratura (Krapivinsky et al, 1994). Le frecce indicano le cellule positive alla transfezione con YFP-4.1Rsh, dove si può notare che il segnale nucleare di ICln è minore rispetto alle cellule in cui non si riscontra una visibile over-espressione della YFP-4.1Rsh. 4.1Rsh over-espressa localizza sia nel citosol sia in membrana. In molte cellule il segnale è evidente anche nel nucleo e ciò è in accordo con quanto riportato in letteratura (Conboy et al., 1998). Se sovrapponiamo le due immagini, si osserva come le cellule che presentano una diminuzione nucleare di ICln, siano quelle positive alla transfezione e che quindi over-esprimono l’ isoforma corta di 4.1. Questi risultati confermano i dati ottenuti dalle immagini degli esperimenti di FRET e supportano l’ipotesi che la proteina 4.1Rsh influenzi la localizzazione di ICln. 5.3.3 Studi di western blot sui livelli di espressione della proteina ICln in cellule HEK 293 Phoenix transfettate con la proteina 4.1Rsh e sui livelli di espressione totali della proteina 4.1 in cellule transfettate con ICln. Parallelamente agli esperimenti di immunofluorescenza abbiamo allestito esperimenti di western blot per confermare il dato su ICln endogena. Prima di effettuare studi di localizzazione tramite Western blot sulla distribuzione della proteina ICln e della proteina 4.1Rsh nei compartimenti subcellulari abbiamo voluto verificare se l’over-espressione della proteina 4.1Rsh influenzasse solo la distribuzione di ICln in cellula (come visto negli esperimenti di immunocitochimica) e/o influenzasse anche il suo livello di espressione; e viceversa se l’espressione della 121 proteina ICln influenzasse i livelli totali di espressione della 4.1Rsh. Sono stati quindi effettuati esperimenti di western blot su preparati di proteine totali. Per la prima serie di western blot, le cellule HEK 293 Phoenix sono state transfettate con pEYFP-C1-4.1Rsh o con il vettore pEYFP-C1 senza inserto (controllo). La membrana è stata incubata con anti-ICln e successivamente con l’anticorpo secondario specifico, coniugato ad HRP. In figura 33 sono riportati i risultati di questi esperimenti. A) B) Figura 33 A) Western blot relativo ai livelli di espressione di ICln in preparati di proteine totali di cellule HEK 293 Phoenix transfettate con pEYFP-C1-4.1Rsh o con pEYFP (controllo). La membrana è stata incubata con anticorpo primario anti-ICln (1:1000) e anticorpo secondario anti-rabbit (1:10000). L’immagine è rappresentativa di 4 esperimenti. B) Istogrammi relativi all’analisi densitometrica del segnale di ICln in cellule transfettate con pEYFP-C1-4.1Rsh e con pEYFP (controllo) normalizzato per il segnale della GAPDH negli stessi campioni (test: ρ value>0,05). Al fine di valutare la significatività dell'esperimento, è stata condotta un’analisi densitometrica delle bande. L’istogramma riportato in figura 33 rappresenta l’analisi densitometrica usando il software ImageJ (Version 1.37, National Institutes of Health, USA) condotta sul segnale della proteina ICln opportunamente normalizzato per il segnale della GAPDH (YFP-4.1Rsh =1,74 ± 0,54 n=4; YFP= 1,79 ± 0,74 n=4) in modo da tener conto di eventuali differenze dovute ad errori o imprecisioni nel caricamento. Dall’analisi statistica dell’analisi densitometrica possiamo affermare che la quantità totale di ICln non varia nelle cellule che overesprimono la proteina 4.1Rsh rispetto al controllo. 122 Come accennato in precedenza, abbiamo effettuato anche una seconda serie di western blot per verificare un possibile effetto della proteina ICln sulla quantità totale della proteina 4.1. Le cellule sono state transfettate con il vettore plasmidico pECFP-C1 ICln o con pCFP C1 senza inserto (controllo). A 24h dalla transfezione le cellule sono state raccolte e lisate con lo stesso protocollo utilizzato negli esperimenti precedenti. A) B) Figura 34 A) Western blot relativo ai livelli di espressione della proteina 4.1 in preparati di proteine totali di cellule HEK 293 Phoenix transfettate con pECFP-C1 ICln o con pECFP. La membrana è stata incubata con anticorpo primario anti-4.1 (1:1000) e anticorpo secondario anti-goat (1:10000). L’immagine è rappresentativa di 4 esperimenti. B) Istogrammi relativi all’analisi densitometrica del segnale di 4.1 in cellule transfettate con pECFP-C1 ICln e con pECFP (controllo) normalizzato per il segnale della tubulina negli stessi campioni (test: ρ value>0,05). Nei western sono visibili due bande, ad altezza di circa 135 kDa (banda A) e 80 kD (banda B), come atteso per le isoforme ad alto (4.1R135) e basso (4.1R80) peso molecolare di 4.1 (Gascard et al., 1998). Per l’analisi densitometrica delle bande abbiamo normalizzato il segnale della proteina 4.1 rispetto al segnale della tubulina (marker interno). Dall’analisi statistica (CFP=0,93 ± 0,14 n=4; CFP-C1-ICln=0,99 ± 0.27 n=3) risulta che la quantità totale di 4.1, così come quella delle singole bande (135 kDa e 80 kDa) non varia nelle cellule che over-esprimono la proteina ICln rispetto al controllo. 123 5.3.4 Studi di western blot sui livelli di espressione nel nucleo della proteina ICln in cellule HEK 293 Phoenix transfettate con la proteina 4.1Rsh e sui livelli di espressione nucleare della proteina 4.1 in cellule transfettate con ICln. Dopo aver verificato che non ci fossero variazione nei livelli di espressione di ICln, in overespressione per la 4.1 e della 4.1 in overespressione per ICln abbiamo allestito due serie sperimentali di studi di localizzazione nucleare per entrambe le proteine. Sono stati quindi effettuati due serie di western blot speculari: 1) su frazioni citosoliche e nucleari, per indagare la distribuzione in questi due compartimenti subcellulari di ICln in overespressione per la YFP-4.1Rsh; 2) su frazioni separate di citosol e nuclei, per indagare la distribuzione in questi due compartimenti della 4.1Rsh in overespressione per CFP-C1-ICln. Nel primo caso le cellule sono state transfettate con il vettore plasmidico pEYFP-C14.1Rsh (scelto perché già utilizzato negli esperimenti di immunofluorescenza) o con pEYFP-C1 senza inserto (controllo). A 24h dalla transfezione le cellule sono state raccolte e abbiamo separato le proteine nucleari dalle proteine citosoliche; tutte le frazioni nucleari di campioni diversi sono poi state caricate su uno stesso gel per l’analisi densitometrica. Lo stesso si è fatto per le relative frazioni citosoliche. A) B) Figura 35 – A) Western blot effettuato sulle preparazioni proteiche nucleari (lastra in alto) e le corrispondenti frazioni citosoliche (lastra in basso) di cellule HEK 293 Phoenix. In entrambi i western 124 blot nelle prime tre corsie sono stati caricati i campioni provenienti dalle cellule di controllo (transfettate con pEYFP) mentre nelle ultime 3 corsie i campioni provenienti dalle cellule transfettate con la proteina YFP-4.1Rsh. Le membrane sono state incubate entrambe con anticorpo primario antiICln (1:1000) e anticorpo secondario anti-rabbit (1:10000). B) Istogrammi relativi all’analisi densitometrica del segnale nucleare di ICln normalizzato per il segnale citosolico di ICln (t test p< 0.05). L’immagine 35 è rappresentativa di 7 campioni indipendenti. Nella prima lastra della figura 35 possiamo osservare una diminuzione del segnale nel nucleo della proteina ICln in cellule transfettate con la proteina 4.1Rsh (ultime tre corsie). Per l’analisi densitometrica delle bande abbiamo normalizzato il segnale della proteina ICln nucleare rispetto al segnale citosolico. L’analisi statistica conferma che quando è overespressa la proteina 4.1Rsh il segnale di ICln nel nucleo diminuisce significativamente rispetto alla condizione di controllo. Per poter effettuare una analisi statistica del segnale nucleare di ICln, inizialmente avevamo scelto come fattore di normalizzazione per il caricamento la proteina laminina, una proteina sub-membranaria nucleare. Figura 36 Western blot relativo alla membrana degli estratti proteici nucleari. Abbiamo utilizzato l’anticorpo primario anti-laminina diluito in TBST 1:1000 e successivamente l’anticorpo secondario anti-rabbit 1:20000 diluito in TBST. Nelle prime tre corsie abbiamo i campioni delle cellule di controllo mentre nelle restanti corsie abbiamo caricato i campioni delle cellule transfettate col plasmide pEYFP-C1 4.1Rsh. Dalla lastra in figura 36 è possibile tuttavia notare un forte aumento del segnale della laminina nei campioni corrispondenti alle cellule transfettate con 4.1Rsh rispetto ai controlli. La proteina laminina sembra quindi essere up-regolata dalla 4.1Rsh, come confermato dall’analisi densitometrica (YFP= 0.082 ± 0.03, YFP4.1Rsh= 0.244 ± 0.027, n=3). Abbiamo pertanto preferito non utilizzare la laminina nel dubbio che non fosse un valido fattore di normalizzazione interno. La 125 normalizzazione è stata fatta fatta sia rispetto al segnale di ICln citosolico (vedi sopra) che rispetto al segnale originato dalla colorazione della membrana in PVFD con il metodo dell’amido Black, che è un indice della quantità proteica totale trasferita su membrana. Per calcolare questo valore di normalizzazione abbiamo considerato il segnale dell’intera corsia. A) B Figura 37 A) (In basso) Membrana in PVDF colorata con Amido Black. Per normalizzare il segnale di ICln è stata considerata l’intensità corrispondente all’intera corsia sulla membrana in PVDF. B) Istogrammi relativi all’analisi densitometrica del segnale nucleare (A in alto) di ICln normalizzato per il segnale della membrana colorata con Amido Black (t test: ρ value < 0,01). Il risultato di questa analisi è riportato nell’istogramma in figura 37 B (YFP-4.1Rsh= 0,67 ± 0,062 n=7; YFP= 1,43 ± 0,16 n=7). Anche con questo secondo tipo di analisi densitometrica si osserva una diminuzione significativa nella quantità della proteina ICln nel nucleo nelle cellule che over-esprimono la 4.1Rsh rispetto al controllo, confermando i dati ottenuti dalle immagini di FRET e di immunofluorescenza. Nella seconda serie sperimentale abbiamo voluto verificare cosa succedeva alla distribuzione nucleo/citosol della proteina 4.1Rsh, overespressa con un vettore pIRES-4.1Rsh che ci permette di seguire esclusivamente questa isoforma via western blot, quando overesprimiamo la porteina ICln. Il vettore bicistronico pIRES, che esprime EGFP e 4.1 come proteine separate (vedi materiali metodi) permette sia di overesprimere la proteina senza tag aggiuntivi, che potrebbero interferire con 126 il suo funzionamento, che di monitorare l’efficienza di trasfezione ad un microscopio a fluorescenza. Le cellule sono state co-transfettate con il vettore pIRES-4.1Rsh e pECFP-C1-ICln e con pECFP-C1 senza inserto (controllo). A 48h dalla transfezione le cellule sono state raccolte e abbiamo separato le proteine nucleari dalle proteine citosoliche. Per ogni campione sono stati caricati 20 µg di proteine della frazione nucleare. A) B) Figura 38 – A) Western blot effettuato sulle preparazioni proteiche nucleari (lastra in alto) di cellule HEK 293 Phoenix. In entrambi i western blot nelle prime quattro corsie sono stati caricati i campioni provenienti dalle cellule transfettate con pECFP-C1-ICln mentre nelle ultime 4 corsie i campioni provenienti dalle cellule di controllo (transfettate con pECFP) (tutte le cellule sono in cotrasfezione con pIRES 2EGFP-4.1Rsh). B) Istogrammi relativi all’analisi densitometrica del segnale di 4.1Rsh in cellule transfettate con pECFP-C1 ICln e con pECFP (controllo) normalizzato per il segnale della laminina negli stessi campioni (test: ρ value<0,05). La lastra in figura 38 mostra una diminuzione del segnale della proteina 4.1Rsh nelle frazioni nucleari di cellule transfettate con CFP-ICln (prime quattro corsie). Tale dato è stato confermato dall’analisi statistica dell’analisi densitometrica effettuata sul segnale delle bande della proteina 4.1Rsh (CFP-C1-ICln = 0.36 ± 0.08 n=4; CFP = 1.7 4 ± 0.41, n=4) normalizzato per il segnale della laminina (nostro marker interno). Per accertarci della qualità della procedura di separazione nucleo/citosol utilizzata per questi esperimenti, abbiamo caricato nuovamente i campioni provenienti dalle separazioni nucleo/citosol e incubato le membrane con un anticorpo diretto verso una proteina prevalentemente citosolica quale la GAPDH (Glyceraldehyde 3phosphate dehydrogenase) e dopo avere sottoposto le membrane ad un protocollo 127 di “stripping” le abbiamo incubate nuovamente con un anticorpo anti-laminina ampliamente utilizzata come marker del nucleo (Grunewald et al., 2007). Per ogni campione sono stati caricati 10 µg di proteine. Figura 39 Immagine relativa a Western blot di arricchimento. Nella lastra autoradiografica in alto osserviamo il segnale della laminina solo nelle frazioni nucleari, mentre nella lastra in basso è presente il segnale della GAPDH solo nelle frazioni citosoliche. Nelle lastre autoradiografiche della figura 39 possiamo osservare che nelle prime sei corsie dove sono stati caricati i campioni provenienti dalle frazioni citosoliche è presente il segnale per la GAPDH, marker del citosol ma non il segnale della laminina invece presente nelle ultime sei corsie dove sono stati caricati gli estratti nucleari. Ciò conferma che la contaminazione tra le due frazioni durante la separazione è estramemante ridotta. 5.3.5 Studio della localizzazione della proteina 4.1RII e di ICln nel compartimento nucleare. Come per l’isoforma corta, abbiamo analizzato le immagini provenienti dagli esperimenti di FRET delle cellule transfettate con la proteina YFP-4.1RII e CFP-ICln per valutare i rapporti nucleo/citosol delle due proteine. 128 A) 4.1RII + CFP 4.1RII + CFP ICln B) CFP ICln + YFP CFP ICln + YFP 4.1RII Figura 40 Nelle due immagini in alto A) è riportata l’acquisizione al microscopio confocale di cellule HEK-293 Phoenix transfettate contemporaneamente con YFP–4.1RII e CFP (senza ICln), (a sinistra), e sulla destra l’immagine relativa a cellule transfettate contemporaneamente con YFP–4.1RII e CFPICln. Nelle due immagini in basso B) a sinistra è riportata l’acquisizione al microscopio confocale di cellule HEK-293 Phoenix transfettate contemporaneamente con YFP e CFP-ICln e a destra l’immagine di cellule HEK-293 Phoenix transfettate con YFP-4.1Rsh e CFP-ICln (In giallo l’acquisizione nel canale del YFP, in blu quella relativa al CFP). Come riportato in figura 40, la proteina 4.1RII in fusione con il fluoroforo YFP localizza prevalentemente nel citosol e in membrana ma il segnale nucleare è estremamente basso; sia in presenza sia in assenza di ICln. Per quanto riguarda la proteina ICln dall’immagine 40 B osserviamo che sembra esserci solo una debole riduzione del suo segnale nucleare in presenza della proteina 4.1RII rispetto alla condizione di controllo. L’analisi quantitativa del rapporto dell’intensità di fluorescenza tra Fnucleo/Fcitosol per entrambi i canali di acquisizione (CFP e YFP) 129 conferma la bassa presenza nucleare di YFP-4.1RII, che non viene influenzata dalla over-espressione di ICln. Figura 41 Istogrammi relativi all’analisi statistica dei rapporti Intensita di fluorescenza nel nucleo/ citosol (Fnucleo/Fcitosol) del fluoroforo CFP (a sinistra) e YFP (a destra) (per ogni condizione saggiata negli esperimenti di FRET): YFP-4.1RII +CFP-ICln, YFP-4.1RII + ICln-CFP, CFP-ICln + YFP e YFP-4.1RII + CFP. Per quanto riguarda ICln il risultato dell’analisi è ambiguo: si ha una diminuizione significativa di Fnucleo/Fcitosol solo nel caso di CFP-ICln (Fnucleo/Fcitosol=1.00 ± 0.06 n=28) rispetto al controllo con YFP senza la 4.1 (Fnucleo/Fcitosol =1.44 ± 0.027 n=34). Per ICln-CFP non abbiamo osservato una riduzione significativa del segnale nel nucleo. Per verificare la presenza di 4.1 nel nucleo anche in assenza di over-espressione abbiamo effettuato esperimenti di Western blot per studiare la presenza delle 4.1R endogene in frazioni nucleari e citplasmatiche di HEK 293 Phoenix. 130 Figura 42 Immagine relativa alla lastra autoradiografica del western blot relativo ad una separazione nucleo/citosol di cellule HEK 293 Phoenix (sono stati caricati 40 ug di proteine in entrambe le corsie). Il wetern è stato eseguito utilizzando anti-4.1 come anticorpo primario. Nella lastra in figura 42 osserviamo nella frazione nucleare e in quella citosolica la presenza di entrambe le isoforme della proteina 4.1R ad alto (circa135 kDa) e basso (circa 80 kDa) peso molecolare presenti in questo tipo cellulare. 5.3.6 Studi di western blot sui livelli di espressione nel nucleo della proteina ICln in cellule HEK 293 Phoenix transfettate con la proteina 4.1RII e sui livelli di espressione nucleare della proteina 4.1 in cellule transfettate con ICln. Per effettuare gli esperimenti di localizzazione dell’isoforma lunga abbiamo scelto di over-esprimere la 4.1RII tramite un vettore IRES che ci permette di esprimere la proteina 4.1 separata dalla proteina GFP (mentre la GFP ci permette di valutare l’efficienza di transfezione). Prima di effettuare gli esperimenti di localizzazione abbiamo deciso di silenziare per mutagenesi sito specifica il secondo sito di inizio trascrizione ATG2 presente nella sequenza di tale isoforma per evitare che quando over-esprimiamo la 4.1RII venga in contemporanea prodotta la 4.1Rsh. Figura 43 Organizzazione in esoni del gene umano per la 4.1R. 131 Figura 44 Lastra riguardante l’overespressione in cellula delle due isoforme 4.1Rsh (prima corsia) e 4.1RII (seconda corsia) (overespresse in un vettore IRES) e l’isoforma 4.1RII mutata nell’ATG2 (terza corsia). Come si può vedere dalla lastra in figura 44 nella prima corsia dove abbiamo caricato 10 µg del lisato totale di cellule transfettate con pIRES-4.1Rsh c’è una banda all’altezza di circa 80 kDa, come atteso nella seconda corsia abbiamo caricato il lisato totale di cellule transfettate con pIRES-4.1RII, in questa corsia vediamo la presenza di una banda alta a 135 kDa corrispondente all’isoforma lunga (come atteso) e una seconda banda più bassa che presumibilmente corrisponde alla 4.1Rsh che viene prodotta tramite l’utilizzo della sequenza IRES presente tra ATG1 e ATG2, come riportato anche da altri (Lospitao et al., 2008). A riprova di questa ipotesi, nel lisato di cellule transfettate con il vettore pIRES-4.1RII ATG2 mut, in cui l’ATG2 è stato mutato in GTG, la banda a 80 kDa non è più visibile, indicando che non viene più prodotta la 4.1Rsh ma solo l’isoforma lunga. Come per l’isoforma corta per effettuare studi di localizzazione subcellulare nel nucleo e nel citosol per le proteine ICln e 4.1RII abbiamo allestito due serie sperimentali di western blot: 1) su frazioni separate di citosol e nuclei, per indagare la distribuzione di ICln in questi due compartimenti quando è over-espressa la 4.1RII ATG2 mut. 2) su frazioni separate di citosol e nuclei, per indagare la distribuzione della 4.1RII quando è over-espressa la proteina CFP-C1 ICln. I risultati ottenuti per la prima serie sperimentale sono riportati in figura 45. 132 A) B) Figura 45 A) Western blot effettuato sulle preparazioni proteiche nucleari (lastra in alto) e le corrispondenti frazioni citosoliche (lastra in basso) di cellule HEK 293 Phoenix. In entrambi i western blot nelle prime quattro corsie sono stati caricati i campioni provenienti dalle cellule di controllo (transfettate con pIRES-GFP) mentre nelle ultime quattro corsie i campioni provenienti dalle cellule transfettate con la proteina pIRES 4.1RII ATG2mut. Per ogni campione sono stati caricati 20 µg di proteine della frazione nucleare e 10 µg della frazione citosolica Le membrane sono state incubate entrambe con anticorpo primario anti-ICln. B) Istogrammi relativi all’analisi densitometrica del segnale nucleare di ICln normalizzato per il segnale citosolico di ICln (t test: ρ value < 0,05). Nella prima lastra in alto mostrata della figura 45 possiamo osservare una diminuzione del segnale nel nucleo della proteina ICln in cellule transfettate con la proteina 4.1RII (con ATG2 mutato) (ultime quattro corsie); l’osservazione è confermata dall’analisi densitometrica delle bande effettuata normalizzando il segnale di ICln nucleare rispetto al segnale citosolico. Quando è over-espressa la proteina 4.1RII ATG2mut il segnale di ICln nel nucleo (pIRES-4.1RII ATG2mut= 0,17 ± 0,04) diminuisce significativamente rispetto alla condizione di controllo (pIRES2EGFP= 0,43 ± 0,07). Come per i Western blot in cui abbiamo over-espresso l’isoforma corta il segnale di ICln nel nucleo è stato normalizzato anche per il segnale originato dalla colorazione della membrana in PVFD con il metodo dell’amido Black (fig. 46). 133 A) B) ICln nucleo/membrana Figura 46 A) (In basso) Membrana in PVDF colorata con Amido Black. Per normalizzare il segnale di ICln è stata considerata l’intensità corrispondente all’intera corsia sulla membrana in PVDF. B) Istogrammi relativi all’analisi densitometrica del segnale nucleare (A in alto) di ICln normalizzato per il segnale della membrana colorata con Amido Black (t test: ρ value < 0,01). Anche in questo caso si osserva una diminuzione significativa nella frazione nucleare di ICln quando overesprimiamo la 4.1ATG2 mut (pIRES-2EGFP= 0,34 ± 0,03; pIRES4.1RII ATG2 mut= 0,13 ± 0,03). Nella seconda serie sperimentale abbiamo voluto verificare la distribuzione nucleo/citosol della proteina 4.1RIIATG2 mut overespressa con un vettore IRES in co-espressione per la proteina ICln espressa come proteina di fusione con il CFP posto alla sua estremità C-terminale. Analogamente a quanto fatto per 4.1Rsh, abbiamo scelto di lavorare in overespressione della proteina 4.1RII ATG2 mut per assicurarci di studiare l’effetto della proteina ICln in modo specifico per questa isoforma. 134 A) B) Figura 47 A) Western blot effettuato sulle preparazioni proteiche nucleari (lastra in alto) di cellule HEK 293 Phoenix. Nelle prime quattro corsie sono stati caricati i campioni provenienti dalle cellule transfettate con pECFP-C1 (controllo) mentre nelle ultime 4 corsie i campioni provenienti dalle cellule transfettate con pECFP-C1 ICln (tutte le cellule sono in co-transfezione con pIRES-4.1RIIATG2 mut). Inoltre è riportata la lastra riguardante il segnale della laminina nelle stesse estrazioni nucleari. Per ogni campione sono stati caricati 40 µg di proteine della frazione nucleare. B) Istogrammi relativi all’analisi densitometrica del segnale di 4.1RIIATG2mut in cellule transfettate con pECFP-C1-ICln e con pECFP (controllo) normalizzato per il segnale della laminina negli stessi campioni (test: ρ value< 0,05). Il segnale della proteina 4.1RII è stato normalizzato per il segnale della laminina. Dall’analisi statistica abbiamo verificato che in presenza di ICln il segnale nel nucleo della proteina 4.1RII diminuisce significativamente rispetto alla condizione di controllo (CFP= 0,70 ± 0,22; CFP-ICln= 0,027 ± 0,004) come avviene per l’isoforma corta. 5.4 Studi di localizzazione subcellulare: membrana. 5.4.1 Osservazione delle immagini di FRET della localizzazione in membrana di entrambe la isoforme: 4.1Rsh e 4.1RII. Oltre agli gli studi di localizzazione nucleare abbiamo analizzato la localizzazione in membrana della proteina 4.1R in presenza di ICln (Diakowski et al., 2006). Entrambe le isoforme 4.1Rsh e 4.1RII hanno l’esone 5 che codifica per una regione importante per il legame con la membrana (Gascard et al., 1998). 135 A) CFP+4.1Rsh B) CFP-ICln+4.1Rsh Figura 48 Nell’immagine A) è riportata l’acquisizione al microscopio confocale di cellule HEK-293 Phoenix co-transfettate con YFP–4.1Rsh e CFP (senza ICln) come indicato dalla freccia si osserva un segnale della 4.1Rsh in membrana, l’immagine B) è relativa a cellule transfettate contemporaneamente con YFP–4.1Rsh e CFP-ICln. In questa immagine si nota come il segnale in membrana della 4.1Rsh diminuisce notevolmente. Figura 49 Immagini acquisite al microscopio confocale del segnale relativo al YFP (eccitazione 514 nm, finestra di acquisizione 525-600 nm, immagini A e B) e del CFP (eccitazione 485 nm, finestra di acquisizione 465-505 nm,immagini C e D) di cellule HEK–293 Phoenix transfettate con 4.1Rsh-YFP e CFP (A e C) o 4.1Rsh e CFP-ICln (B e D). Le immagini sono state ottenute come ”Max Projection” di 50 136 (A) o 40 (B) sezioni confocali delle cellule. Nell’immagine in A sono visibili numerosi filopodi, che sono invece meno evidenti e ridotti nelle cellule in B, in cui è over-espressa anche ICln. Dalle immagini della 4.1 in overespressione ottenute durante gli esperimenti di FRET riportate in figura 48 osserviamo nell’immagine A che il segnale della 4.1Rsh quando è co-transfettata con il CFP (vuoto) è presente nel nucleo, nel citoplasma e in membrana (freccia bianca) mentre quando la 4.1Rsh è coespressa con ICln il suo segnale in membrana diminuisce visibilmente. Inoltre abbiamo notato (figura 49 A) che over–esprimendo 4.1Rsh le cellule hanno la tendenza ad aumentare notevolmente il numero di filopodi emessi. Questo fenomeno sembra essere inibito dalla cotransfezione con ICln (figura 49 B). La presenza di ICln sembra, quindi, influenzare la localizzazione in membrana dell’isoforma corta della proteina 4.1Rsh. Lo stesso fenomeno è presente anche nel caso dell’isoforma lunga (Fig 50). A) 4.1RII + CFP B) 4.1RII + CFP ICln Figura 50 Nell’immagine A) è riportata l’acquisizione al microscopio confocale di cellule HEK-293 Phoenix co-transfettate con YFP–4.1RII e CFP (senza ICln) come indicato dalla freccia si osserva un segnale della 4.1RII in membrana, l’immagine B) è relativa a cellule transfettate contemporaneamente con YFP–4.1RII e CFP-ICln. In questa immagine si nota come il segnale in membrana della 4.1RII diminuisce notevolmente in presenza di ICln. Osservando le immagini di FRET possiamo vedere che l’isoforma lunga quando la proteina 4.1 è espressa con il CFP (controllo) localizza sia nel citosol che in membrana dove è particolarmente evidente nelle regioni di contatto tra cellula e cellula, mentre quando viene co-espressa con ICln il segnale in membrana diminuisce notevolmente. Abbiamo inoltre notato (figura 51) che come per la 137 proteina 4.1Rsh over–esprimendo 4.1RII le cellule hanno la tendenza ad aumentare il numero di filopodi emessi. Questo fenomeno come abbiamo già osservato per l’altra isoforma sembra essere inibito dalla cotransfezione con ICln (figura 51 B). Figura 51 Immagini acquisite al microscopio confocale del segnale relativo al YFP (eccitazione 514 nm, finestra di acquisizione 525-600 nm) e del CFP (eccitazione 485 nm, finestra di acquisizione 465505 nm,immagini C e D) di cellule HEK–293 Phoenix transfettate con YFP–4.1RII e CFP (A e C) o YFP– 4.1RII e CFP-ICln (B e D). Le immagini sono state ottenute come ”Max Projection” di 50 (A) o 40 (B) sezioni confocali delle cellule. Nell’immagine in A sono visibili numerosi filopodi, che sono invece meno evidenti e ridotti nelle cellule in B, in cui è over-espresso anche ICln. 5.4.2 Studi di western blot sui livelli di espressione della proteina 4.1R in membrana in cellule HEK 293 Phoenix co-espresse con la proteina ICln. Dall’osservazione delle immagini in over-espressione di YFP-4.1RII e di YFP-4.1Rsh abbiamo visto che entrambe le isoforme della proteina 4.1 (4.1Rsh e 4.1RII) in presenza di ICln tendono a diminuire il loro segnale in membrana. Per confermare quest’osservazione abbiamo effettuato esperimenti di western blot sulla 4.1R endogena in frazioni di membrane totali. Le cellule (HEK-293 Phoenix) sono state transfettate con pCFP-C1-ICln o con il solo CFP (controllo). A 24h dalla trasfezione le cellule sono state raccolte e abbiamo membrane/citosol. 138 effettuato una separazione Figura 52 A) Western blot effettuato sulle preparazioni di membrana di cellule transfettate con CFPC-ICln o il solo CFP; A e B si riferiscono alla banda alta e alla banda bassa della proteina 4.1 endogena. E’ mostrata la lastra riguardante il segnale della caderina per cui abbiamo normalizzato il segnale della 4.1. Per ogni campione sono stati caricati 40 µg di proteine. B) C) D) Analisi densitometrica del segnale di membrana della 4.1R endogena (pannello B somma della bande A+B, pannello C segnale della banda bassa e pannello D segnale della banda alta) di cellule transfettate con pECFP-C1 ICln e con pECFP (controllo) normalizzato per il segnale della caderina (test: ρ value<0,05). La lastra in alto in figura 52 A mostra il segnale della proteina 4.1 endogena nelle frazioni di membrana derivanti da cellule transfettate con CFP-C1-ICln (prime quattro corsie) e CFP (ultime quattro). Possiamo osservare la presenza di due bande una a circa 135 kDa corrispondente all’isoforma lunga della proteina 4.1 (4.1RII) banda A e una più bassa a circa 80 kDa corrispondente all’isoforma corta della 4.1R (4.1Rsh) banda B. In presenza di ICln entrambi i segnali (banda A e banda B) della proteina 4.1 diminuiscono notevolmente. Il dato è stato confermato dall’analisi densitometrica, effettuata normalizzando il segnale della proteina 4.1R per il segnale della caderina (proteina marker di membrana). L’over-espressione con ICln causa una diminuzione significativa del segnale di membrana di entrambe le isoforme di 4.1R (per la 4.1Rsh> CFP-C1 ICln= 0.39 ± 0.13 rispetto alla condizione di controllo 4.1Rsh> CFP= 1.28 ± 0.21, per la 4.1RII> CFP-C1 ICln 0.26 ± 0.07 vs 139 controllo 4.1RII> CFP= 1.21 ± 0.22). Questo dato conferma quanto osservato nelle immagini di 4.1R over-espressa in fusione con YFP. La qualita delle preparazioni di membrane totali è stata controllata mediante western blot utilizzando anticorpi specifici per marker citosolici (GAPDH) o di membrana (Caderina). Figura 53 Immagine relativa a Western blot di arricchimento. Nella lastra autoradiografica in alto osserviamo il segnale della GAPDH solo nelle preparazioni citosoliche, mentre nella lastra in basso è presente il segnale della caderina solo nelle estrazioni di membrana. Per ogni campione sono stati caricati 20 µg di proteine sia per le frazioni di membrana che per i citosol. Come mostrato in figura 53 possiamo osservare che il segnale per la GAPDH, marker del citosol è presente solo nelle frazioni citosoliche mentre la caderina è fortemente arricchita nell frazioni di membrana. 5.5 4.1R e RVD E’ noto che la proteina ICln è coinvolta nella regolazione del volume cellulare e in ipotonia la proteina trasloca dal citosol alla membrana (Musch et al., 1997). Durante l’RVD (Decremento regolatorio del volume cellulare) (Fürst et al., 2002) anche il citoscheletro subisce numerosi riarrangiamenti (Rasmussen et al., 2008). Ci siamo pertanto chiesti quale fosse il comportamento della 4.1R sottoposta ad uno stress ipotonico, visto che è una proteina adattatrice associata alla membrana che connette elementi del citoscheletro a proteine associate alla membrana (Gascard et al., 2000). In particolare, ci siamo soffermati su due aspetti principali: 1) poiché un aumento della espressione di ICln sembra causare una diminuzione della frazione di membrana di 4.1R, abbiamo voluto verificare se ci fossero alterazioni nella quantità di di 4.1R in membrana indotte dall’ipotonia. 140 2) Abbiamo voluto verificare quale fosse l’effetto dell’over-espressione delle due isoforme di 4.1R sull’attivazione della ICl,swell. 5.5.1 Studi di western blot sulla localizzazione in membrana della proteina 4.1R sottoposta a uno stimolo ipotonico Per indagare sul primo punto, abbiamo allestito esperimenti di western blot per verificare l’effetto dello stress osmotico sulla presenza della 4.1R in membrana. Gli esperimenti sono stati effettuati sia utilizzando cellule non trasfettate, seguendo le 4.1R endogene, sia su cellule transfettate con 4.1Rsh o 4.1RII, per studiare il comportamento delle singole varianti. In entrambi i casi, per massimizzare gli effetti di uno shock osmotico le cellule (HEK293 Phoenix) sono state trattate con una soluzione ipotonica o lievemente ipertonica (condizione di controllo) per 5 minuti, prima di procedere con la separazione membrane totali/citosol. Figura 54 A) Western relativo al segnale in membrana della proteina 4.1 endogena in preparati di frazioni di membrana di cellule trattate con soluzione ipotonica (prime 4 corsie) o con soluzione 141 + + ipertonica. La lastra in basso rappresenta il segnale della Na K ATPasi negli stessi campioni. Per ogni campione sono stati caricati 70 µg di proteine. B) C) Istogrammi relativi all’analisi densitometrica del segnale in membrana della 4.1RII (B) e del segnale della 4.1Rsh (C) di cellule trattate con soluzione + + ipotonica o soluzione ipertonica normalizzato per il segnale della Na K ATPasi negli stessi campioni (test: ρ value<0,05). I risultati relativi alle 4.1R endogene sono riportati in figura 54. L’analisi densitometrica è stata effettuata sui segnali della banda alta (relativa alla 4.1RII) e della banda bassa (4.1Rsh) separatamente, normalizzandoli per quello della Na+-K+ATPasi. Dall’analisi statistica (figura 54 B C) risulta che il segnale in membrana della proteina 4.1RII (IPO= 0,10 ± 0,03) diminuisce significativamente in ipotonia rispetto alla condizione di controllo (IPO=0,46 ± 0,13). L’isoforma corta invece ha una tendenza alla diminuzione in condizioni ipotoniche (IPO= 0,25 ±0,089) ma dall’analisi statistica non risulta essere significativa (IPER=0,62 ± 0,25). Gli stessi esperimenti di western blot sono stati effettuati anche su cellule precedentemente transfettate con pIRES-4.1RII ATG2mut o con pIRES-4.1Rsh. Dopo 48h dalla trasfezione le cellule sono state trattate con soluzione ipotonica o ipertonica prima di procedere con la separazione membrane/citosol. Figura 55 A) Western blot relativo al segnale in membrana della proteina 4.1RII in preparati di frazioni di membrane totali di cellule HEK-293 Phoenix transfettate con pIRES-4.1RIIATG2mut e trattate con soluzione ipotonica (prime 4 corsie) o con soluzione ipertonica (ultime quattro). A destra 142 è riportato l’istogramma relativo all’analisi densitometrica del segnale della 4.1RII normalizzato per + + la Na K ATPasi. Per ogni campione sono stati caricati 50 µg di proteine delle frazioni di membrana B) Western relativo al segnale in membrana della proteina 4.1Rsh in preparati di frazioni di membrana di cellule transfettate con pIRES-4.1Rsh e trattate con soluzione ipotonica o con soluzione ipertonica. A destra è riportato l’istogramma relativo all’analisi densitometrica del segnale in membrana della + + 4.1Rsh normalizzato per la Na K ATPasi (T test: ns = ρ value>0,05, * = p<0.05). Analogamente a quanto riscontrato per le 4.1R endogene, dall’analisi densitometrica di questi western blot (figura 55) è emerso che, l’isoforma lunga della proteina 4.1R diminuisce significativamente (IPO= 0,53 ± 0,07; IPER= 1,10 ± 0,1) in membrana dopo che è stata sottoposta a stimolo ipotonico, mentre l’isoforma corta ha solo una tendenza a diminuire ma non risulta significativa (IPO= 0,437 ± 0,10; IPER= 0,62 ± 0,14). In parallelo a questi studi abbiamo effettuato esperimenti di colocalizzazione, al momento da considerarsi solo preliminari. Per queste prove abbiamo transfettato transientemente cellule HEK 293 Phoenix con YFP-C-4.1Rsh + CFPmem (proteina di membrana) o con YFP-C-4.1RII + CFPmem. A 24h dalla trasfezione abbiamo acquisito le immagini delle cellule al microscopio confocale, previo il mantenimento per almeno 5 minuti in soluzione ipertonica. Infine, la soluzione extracellulare è stata sostituita con quella ipotonica e sono state acquisite nuovamente le immagini a 5 e a 10 minuti dalla sostituzione. In parallelo abbiamo allestito dei controlli transfettando le cellule con CFPmem + YFPmem due proteine di membrana non funzionalmente interessate nell’ipotonia che permettono di valutare aspetti aspecifici dovuti allo stress ipotonico. La quantificazione della colocalizzazione è stata calcolata utilizzando due indici di colocalizzazione: PC (coefficiente di Pearson) che tiene conto della media dell’intensità dei pixel per ognuno dei due canali, CFP e YFP, a cui è sottratta l’intensità dei pixel iniziale; l’intervallo del coefficiente di Pearson va da -1 a 1 dove un valore di -1 indica la totale mancanza di sovrapposizione tra i pixel dell’immagine mentre 1 indica la perfetta sovrapposizione dei pixel nell’immagine e OC (coefficiente di overlapping), che a differenza del PC non sottrae l’intensità dei pixel iniziale; il valore che si ottiene è in un intervallo tra 0 e 1. L’analisi statistica è stata 143 fatta sulla variazione percentuale dei coefficienti di colocalizzazione(ΔPC% o ΔOC%) indotta dall’ipotonia rispetto a alla condizione di ipertonia. I primi dati ottenuti nell’ambito di un singolo esperimento, e pertanto da considerarsi solo preliminari, sembrano in accordo con gli esperimeinti di western blot. Sia nei controlli (CFPmem + YFPmem) che nei campioni trasfettati con 4.1, gli indici di colocalizzazione sono diminuiti dopo stimolazione ipotonica. Tuttavia la diminuzione del coefficiente PC ottenuto per le cellule transfettate con CFPmem + YFP-C-4.1Rsh o YFP-C-4.1RII (ΔPC%= -16,2 % ± 3.3 %, n=5 e ΔPC%=-17% ± 3.1 %, n=3 rispettivamente) è significativamente maggiore rispetto ai controlli (CFPmem + YFPmem: ΔPC%= -5.3 % ± 1.7 %, n=5). Nel caso del coefficiente OC, la diminuzione è risultata diversa dal controllo nel caso della isoforma lunga (CFPmem + YFP C-4.1RII ΔOC%= -14.1 % ± 2.0 %, n=3 vs CFPmem + YFPmem: ΔOC%= -4.2 % ± 3.1, n=5), ma non per la corta (CFPmem + YFP-C-4.1Rsh: ΔPC%=-11 % ± 3.2 %, n=5). Sia gli esperimenti di colocalizzazione che gli esperimenti di Western blot suggeriscono che entrambe le isoforme tendono a diminuire in membrana dopo uno stimolo ipotonico e che tale tendenza è più marcata per la 4.1RII. 5.5.2 Significato funzionale dell’interazione tra ICln e 4.1: Esperimenti di patchclamp. Al fine di analizzare le conseguenze funzionali dell’interazione tra le proteine ICln e la 4.1R, e il ruolo svolto nella modulazione della corrente per il cloruro ICl,swell attivata durante il rigonfiamento cellulare, sono stati condotti esperimenti di patchclamp in configurazione whole-cell. Le cellule HEK 293T sono state transfettate con le sequenze codificanti per le due varianti da splicing della 4.1R, 4.1RII ATG2 mut (variante lunga) e 4.1Rsh (variante corta), clonate nel vettore pIRES-2-EGFP, che consente la contemporanea espressione della proteina d’interesse e della GFP, per selezionare le cellule transfettate. Inoltre sono stati condotti esperimenti di controllo su cellule transfettate con il vettore vuoto pIRES-2-EGFP. 144 Le cellule erano inizialmente incubate in una soluzione ipertonica; dopo avere raggiunto la configurazione whole-cell, la stabilità del sigillo veniva controllata per circa 2 minuti al termine dei quali veniva registrata la corrente imponendo gradini di potenziale della durata di 500 ms che variavano da -100 mV a +100 mV (protocollo I-V) con un intervallo di 20 mV. In un secondo tempo la soluzione del bagno in cui erano mantenute le cellule era sostituita con una soluzione ipotonica per determinare gli effetti indotti dal rigonfiamento cellulare sull’attivazione nel tempo e sull’entità della corrente. Dopo l’aggiunta della soluzione ipotonica la corrente era misurata per 10 minuti, facendo delle registrazioni con il protocollo I-V ad intervalli di tempo di 2 minuti e 30 secondi. Nei grafici di figura 56 sono riportate le relazioni densità di corrente-voltaggio registrate in cellule HEK 293T. La capacità di membrana non variava in modo significativo nel corso dell’esperimento (anche dopo esposizione alla soluzione ipotonica). Nelle cellule di controllo, transfettate con il vettore pIRES-2-EGFP-EGFP (nel cui multiple clonig site è stato inserito l’ORF della EGFP), (Figura 56) si osserva, dopo la sostituzione con la soluzione ipotonica, l’attivazione di una corrente per il cloruro che presenta una rettificazione uscente, come atteso per la ICl,swell. Sebbene la curva corrente-voltaggio della corrente dopo 10 minuti dalla sostituzione con soluzione ipotonica non sia statisticamente differente dalla corrente registrata in ipertonica (Anova a due via, Bonferroni post-Test); a +80 mV e a + 100 mV la densità di corrente (+25.31 ± 14.76 pA/pF (n=6) e +33.9 ± 19.82 pA/pF (n=6), rispettivamente) è statisticamente maggiore (p<0.05, T student) rispetto alla densità di corrente misurata a +80 mV e +100 mV in soluzione ipertonica (4.34 ± 1.06 pA/pF (n=7) e 5.38 ± 1.33 pA/pF (n=7), rispettivamente). 145 A) B) 60 iper GFP ipo 2.5' GFP ipo 5' GFP ipo 7' 30'' GFP ipo 10' GFP *** d(pA/pF) 50 * 40 30 20 10 -125 -100 -75 -50 -25 25 50 75 -10 ) 100 125 V(mV) -20 -30 Figura 56 Corrente ICl,swell generata in cellule HEK 293T transfettate con il vettore pIRES-2-EGFP. A) Tracciati di corrente registrati con il protocollo I-V in presenza di una soluzione ipertonica e 10’ dopo la sostituzione con la soluzione extracellulare ipotonica. B) Relazione d/V: in ordinata sono riporati i valori della corrente normalizzata per la capacità di membrana (densità di corrente, espressa in pA/pF) e in ascissa il potenziale imposto nel corso dell’esperimento, espresso in mV). La corrente è stata registrata in soluzione ipertonica e a diversi tempi dalla sostituzione con la soluzione ipotonica). I dati sono riportati come medie ± S.E.M. *= p<0.05 rispetto al controllo (t test p<0.05). Nelle cellule transfettate con il plasmide codificante per la proteina 4.1RIIATG2mut (pIRES-2-EGFP-4.1RII ATG2 mut) la corrente registrata in presenza di soluzioni ipertoniche, così come in ipotonia non è differente dalla corrente registrata in cellule transfettate con il vettore vuoto (figura 57). In presenza di soluzioni ipertoniche la densità di corrente è pari a +7.44 ± 2.35 pA/pF (n=8) e a 4.98 ± 1.66 pA/pF (n=8) a + e –100 mV rispettivamente ed è + 23.55 ± 8.75 pA/pF (n=8) e -15.52 ± 5.8 pA/pF (n=8) dopo 10’ dalla sostituzione con la soluzione ipotonica. 146 Nel caso invece di cellule transfettate con il plasmide codificante per la proteina 4.1Rsh (pIRES-2-EGFP-4.1Rsh), già dopo 5’ dalla sostituzione con soluzione ipotonica a +100 mV abbiamo registrato una corrente +48.82 ± 14.49 pA/pF (n=6) significativamente maggiore rispetto quella misurata in condizione di controllo 7.09 ± 0.85 pA/pF (n=6). Dopo 10’ la sostituzione con la soluzione ipotonica abbiamo notato un incremento della densità di corrente a + 100mV +80 mV +60 mV e a – 100mV -80mV e -60 mV (densità di corrente a +100 mV è paria a +107.22 ± 25.55 pA/pF (n=6), a +80 mV è pari a +82.46 ± 19.55 pA/pF (n=6), a + 60 mV è pari a +58.33 ± 13.62 pA/pF (n=6), a -100 mV è pari a -64.21 ± 14.02 pA/pF (n=6), a -80 mV 11.78 ± -54.24 pA/pF (n=6) e a -60 mV è pari a -41.16 ± 9.27 pA/pF (n=6)) significativo rispetto al controllo in ipertonia (p<0.05). *** 150 hypo 10' GFP n=8 hypo 10' 4.1sh n=6 hypo 10' 4.1RII ATG2 mut n=8 *** 100 50 pA/pF -150 *** -100 -50 50 100 150 -50 *** ** * -100 mV Figura 57 Correnti ICl,swell in cellule HEK 293T transfettate con il vettore pIRES-2-EGFP (controllo), con il vettore pIRES-2-EGFP 4.1Rsh o con con il vettore pIRES-2-EGFP 4.1RII ATG2 mut. Relazione d/V (densità di corrente, espressa in pA/pF, e voltaggio, espresso in mV) registrata in cellule HEK 293T dopo 10’ dalla sostituzione con soluzione ipotonica (I dati sono riportati come medie ± S.E.M. *=p<0.05; **=p<0.01 ***=p<0.001 (t test). 147 5.7 Studi di proliferazione di cellule HEK 293 Phoenix transfettate con 4.1Rsh e ICln. I dati esposti precedentemente indicano che l’overespressione di ICln determina una alterazione della localizzazione di 4.1R. Poiché la sua maggiore o minore presenza in membrana e nel nucleo è stata messa in relazione all’attività antiproliferativa di 4.1R (Kuns et al., 2005) abbiamo di recente iniziato una serie di esperimenti volti a valutare se l’over-espressione di ICln potesse alterare la proliferazione di cellule over-esprimenti 4.1R. In questa fase di studio abbiamo scelto di focalizzare la nostra attenzione sull’isoforma corta (4.1Rsh) della proteina 4.1R e in futuro approfondiremo questo studio anche per l’isoforma lunga (4.1RII). I test di proliferazione sono stati eseguiti su cellule HEK 293 Phoenix co-transfettate con CFP-ICln e YFP-4.1Rsh o con YFP-4.1Rsh + CFP (controllo). Le cellule a 24 ore dalla trasfezione sono state seminate in pozzetti da 24 (5 104 cellule/pozzetto) e contate al tempo 0 (momento della semina) alle 24h, 48h, 72h dalla semina utilizzando un emocitometro. Il test di esclusione del Trypan blue è stato utilizzato per discriminare le cellule morte dalle vive. * 200 * 150 ns YFP-4.1Rsh YFP-4.1Rsh+CFP-ICln 100 n=4 n=4 n=4 n=4 t= 72 n=4 n=4 t= 48 0 t= 24 50 Figura 58 Istogrammi relativi agli studi di proliferazione di 4 serie sperimentali indipendenti. Per ogni prova indipendente il valore per le cellule transfettate con YFP-4.1Rsh + CFP-ICln è stato calcolato in rapporto percentuale rispetto alla condizione di controllo (cellule transfettate con YFP.4.1Rsh). *p< 0.05 (t test). Dall’analisi statistica (figura 58) risulta che nella condizione in cui le cellule sono cotransfettate con 4.1Rsh e ICln i valori a 48h e a 72h erano significativamente 148 maggiori (alle 48h: 176,72 ± 20,99; alle 72h: 158,26 ± 4,67) rispetto alla condizione di controllo (in cui la cellule sono co-transfettate con YFP-4.1Rsh e CFP vuoto, il valore delle cellule contate è stato posto a 100%). Per assicurarci che la transfezione si sia mantenuta elevata per tutta la durata dell’esperimento abbiamo effettuato un western blot di controllo dell’overespressione di ICln e della 4.1Rsh. Figura 59 Western blot di controllo dell’overespressione di CFP-ICln e della proteina YFP-4.1Rsh. Nella lastra A la membrana è stata incubata con l’anti-4.1 che riconosce la proteina 4.1 endogena e l’overespressa mentre nella lastra B la membrana è stata incubata con l’anti ICln che riconosce sia la proteina ICln endogena che overespressa. Per ogni campione sono stati caricati 5 µg di proteine totali. Nelle lastre autoradiografiche riportate nella figura 59A possiamo osservare che il segnale della proteina 4.1Rsh overespressa al tempo 0 che si mantiene poi costante alle 72h nelle cellule transfettate con YFP-4.1Rsh + CFP (seconda e terza corsia) e YFP-4.1Rsh + CFP-ICln (quinta e sesta corsia) mentre si nota un debole segnale delle proteine 4.1R endogene nelle cellule non transfettate come atteso (si osservano due bande relative alle due isoforme ad alto e basso peso mlecolare (135 kDa e 80 kDa). Viceversa nel pannello B della figura 59 si può osservare un segnale ad una altezza corrispondenete alla proteina di fusione CFP- ICln (intorno ai 50 kDa) al tempo 0h e alle 72h solo nelle cellule transfettate con CFP-ICln + YFP-4.1Rsh (quinta e sesta corsia). In tutte le corsie si nota anche il segnale della proteina ICln endogena a circa 37kDa. 149 6 Discussione Durante l’RVD si attiva una corrente di cloruro denominata ICl,swell e la proteina ICln riveste un ruolo di primaria importanza nella sua attivazione anche se non è ancora stato chiarito se interviene come regolatore del canale o è un componente molecolare del canale stesso (Fürst et al., 2006). La corrente ICl,swell è modulata dallo stato del citoscheletro actinico (Lang et al., 1998; Moustakas et al., 1998) e ICln interagisce con componenti citoscheletriche tra cui l’actina (Krapiwinsky et al., 1994; Emma et al., 1998), la miosina (Emma et al., 1998) e due componenti appartenenti alla famiglia delle 4.1 l’isoforma R e B (Tang et al., 1998; Calinisan et al., 2006), anche se ICln sembra essere in grado di legare la regione FERM di tutte le 4.1 (Gascard et al., 2006). Fino ad oggi l’interazione è stata studiata con diversi metodi tra cui saggio di doppio ibrido in lievito e immunoprecipitazione (Tang et al., 1998) che hanno stabilito che la proteina ICln interagisce con il suo dominio C-terminale (aa dal 103 al 237) e il lobo C del dominio FERM delle 4.1 (Gascard et al., 2006) ma non hanno chiarito il significato di tale interazione. Interazione tra ICln e la 4.1R In questo lavoro abbiamo clonato due isoforme di 4.1R da cellule HEK per studiare la loro interazione con la proteina ICln umana. Abbiamo scelto di focalizzarci sulle isoforme di 4.1R in quanto è la prima per cui è stata individuata l’interazione con ICln e quella per cui le regioni di interazione sono state meglio definite. Inoltre la 4.1R rappresenta il membro più conosciuto e meglio caratterizzato della famiglia, di cui spesso è utilizzata come prototipo. Dell’isoforma R esistono diverse varianti da splicing (Gascard et al., 1998) e di regola molte sono espresse contemporaneamente in un unico tipo cellulare (Gascard et al., 1998). La sintesi delle diverse varianti di 4.1R è stata approfondita soprattutto nei globuli rossi, dove si ritiene che le forme lunghe siano tipiche delle fasi iniziali di sviluppo degli 150 eritrociti (Nunomura et al., 2009), mentre le forme corte sono considerate tipiche degli eritrociti maturi. I dati ad oggi disponibili hanno fin’ora riguardato solo le interazioni di ICln con varianti a basso peso molecolare di 4.1R o singoli domini di 4.1R (Tang et al., 1998; Gascard et al., 1998). Per questo motivo abbiamo voluto includere nel nostro progetto anche varianti ad alto peso molecolare, argomento potenzialmente interessante in quanto correlato al differenziamento cellulare. Le isoforme utilizzate per questo lavoro sono state clonate da cellule umane HEK-293, eseguendo due diverse PCR ciascuna con un diverso primer senso specifico per uno dei due possibili siti di inizio della trascrizione, e lo stesso primer antisenso. Le due isoforme isolate, 4.1RII, isoforma lunga e 4.1Rsh a basso peso molecolare (che presumibilmente rappresentano anche quelle presenti in maggiore quantità nelle cellule) sono risultate identiche se non per la presenza o meno dei primi 209 aminoacidi iniziali corrispondenti alla regione U1, presente solo nelle varianti ad alto peso molecolare e assente nelle varianti corte che iniziano direttamente con la regione FERM. Le due varianti da splicing individuate sono corrispondenti alla 4.1R135, (4.1RII) e alla 4.1R80, (4.1Rsh) che sono tra le varianti da splicing maggiormente espresse anche in altri tipi cellulari (Gascard et al., 1998). Ad esempio, negli eritroblasti la 4.1R135 (4.1RII) risulta essere il 36% delle isoforme la cui trascrizione parte dall’AUG-1 e la 4.1R80 (4.1Rsh) è il 63% delle isoforme prodotte a partire dal secondo AUG di inizio trascrizione (Gascard et al., 1998). Le due isoforme hanno entrambe l’esone 16 che è fondamentale per l’interazione con actina e spectrina (Correas et al., 1986) e per la localizzazione nucleare (Gascard et al., 1999) e l’esone 5 che codifica per una regione responsabile del legame con la membrana (Gascard et al 1998). La presenza di queste regioni è in accordo con la localizzazione che abbiamo riscontrato over-esprimendo le proteine in fusione con il YFP. Gli esperimenti di FRET sono stati condotti per ogni configurazione possibile per entrambe le isoforme (vedi paragrafo 5.2) dando risultati molto diversi a seconda delle coppie donatore-accettore utilizzate, suggerendo che l’organizzazione spaziale del complesso 4.1R-ICln sembra essere piuttosto rigidamente orientata nello spazio. I dati riguardanti l’isoforma corta validano le notizie disponibili sui siti 151 di interazioni tra le due proteine. Per quanto riguarda l’isoforma corta 4.1Rsh, abbiamo visto che quando il CFP si trova all’estremità C-terminale di ICln l’efficienza di FRET diminuisce. Poichè ICln lega la 4.1 con la sua estremità C-terminale (Tang et al., 1998) è possibile che il fluoroforo in questa posizione interferisca con l’interazione tra le due proteine a causa del suo ingombro sterico oppure che posizionare il CFP all’estremità C-t di ICln sia sufficiente ad allontanare donatore e accettore quanto basta per inibire il trasferimento energetico. Analogamente, quando il YFP si trova al C-terminale della 4.1Rsh abbiamo misurato un’ efficienza di FRET molto bassa. A differenza dei saggi di immunoprecipitazione, il FRET risente fortemente della vicinanza tra i fluorofori, che è esattamente il motivo per cui viene utilizzato per discriminare tra interazioni indirette (come ad es. tra proteine facenti parte di uno stesso complesso proteico) e interazioni dirette. I nostri dati di FRET con YFP-4.1Rsh, i saggi di doppio ibrido e, soprattutto, quelli di interazione in vitro, (Tang et al., 1998) indicano che nel caso di 4.1R e ICln si tratta di una interazione diretta. Poiché i dati di immunoprecipitazione confermano che nel nostro caso non si tratta di una assenza di interazione, è probabile che il basso FRETeff con 4.1RshYFP sia soprattutto una conseguenza dell’allontanamento di donatore e accettore. Quando il YFP è fuso all’estremità N-t di 4.1Rsh, viene infatti a trovarsi legato direttamente al FERM, il dominio di interazione di ICln, mentre quando è legato al C-t viene a trovarsi all’estremità opposta. Anche i dati sulla isoforma lunga suggeriscono una rigida organizzazione spaziale del complesso. La FRETeff è infatti risultata nulla per tutte le coppie 4.1-ICln utlizzate, anche quelle in cui è stata utilizzata la variante con il YFP N-t, che nel caso delle variante corta aveva dato un buon segnale di FRETeff. Entrambe le proteine di fusione YFP-4.1RII e 4.1RII-YFP tuttavia coimmunoprecipitano con ICln. Non si può escludere a priori che la perdita del segnale di FRET possa dipendere da una diversa organizzazione del complesso ICln-4.1R (e forse altri parner), in cui le due proteine vengono a trovarsi più distanti. Tuttavia sembra ragionevole attendersi che, così come per la variante corta priva di U1, anche nel caso di 4.1RII l’interazione tra ICln e 4.1R si mantenga diretta. E’ pertanto probabile che la FRETeff rifletta soprattutto una maggiore distanza dei 152 fluorofori. Nel caso di 4.1RII-YFP possono valere le stesse considerazioni già fatte per 4.1Rsh-YFP, che dimostra chiaramente come lo spostamento della YFP al C-t della proteina si traduca in una perdita pressochè totale del segnale di FRET (figura 25). Per quanto riguarda invece YFP-4.1RII, la bassa efficienza di FRET potrebbe dipendere dalla presenza della regione U1, caratterizzante la 4.1RII; il dominio FERM della 4.1RII, interagirebbe con la porzione C-terminale di ICln, ma i due fluorofori YFP (legato a monte della regione U1) e CFP verrebbero distanziati dalla presenza della regione U1, interposta tra fluoroforo e sito di interazione (il FERM). Le due proteine potrebbero interagire, come indica la co-immuoprecipitazione, ma la distanza tra i fluorofori non consentirebbe un trasferimento energetico efficace. E’ possibile che a questo fatto si sommi anche una effettiva ridotta interazione di ICln con l’isoforma lunga. Sebbene non abbiamo effettuato degli esperimenti quantitativi di immunoprecipitazione i saggi di immunoprecipitazione con 4.1RII-YFP forniscono comunque un dato interessante in tal senso. Come già accennato in precedenza, dai western blot di figura 26, è evidente che quando viene overespressa la 4.1RII-YFP viene contemporaneamente espressa l’isoforma corta, che viene riconosciuta sia dall’anti-4.1 (figura 26) che dall’anti-GFP (figura 26), in quanto la proteina prodotta a partire dall’ATG2 presente nell’ORF della 4.1RII-YFP ha anch’essa il YFP fuso al C-terminale. Tale dato è in accordo con quanto riscontrato anche da altri (Lospitao et al., 2008), e si è ipotizzato che possa dipendere dalla presenza di una sequenza IRES tra ATG1 e ATG2, entrambi presenti nell’ORF delle isoforme lunghe. Abbiamo riscontrato che questo tipo di comportamento è molto attenuato (se non assente) nel caso della YFP-4.1RII (fig 26), come se la presenza di un tag C-terminale interferisse con l’utilizzo della sequenza IRES responsabile della traduzione della isoforma corta. Come mostrato nella corsia corrispondente ai lisati cellulari di fig 26 B, la quantità prodotta di isoforma corta resta comunque inferiore rispetto alla lunga. Tuttavia negli eluati della immunoprecipitazione di YFP-4.1RII, con FLAG-ICln, entrambe le isoforme vengono arricchite e compaiono in quantità paragonabile, nonostante l’isoforma corta addirittura non appaia nei lisati di partenza. Questo suggerisce che l’isoforma corta possa rappresentare un 153 competitore più forte della lunga per il legame con ICln, che legherebbe quindi con maggiore affinità. Il problema legato alla produzioni di varianti corte anche overesprimendo i soli ORF delle lunghe non sembrerebbe alterare il quadro ottenuto dagli esperimenti di FRET, né le informazioni riguardo la loro localizzazione. Per quanto riguarda gli esperimenti con YFP-4.1RII infatti, la sintesi di isoforma corta sembra molto bassa se non assente, come già discusso. Inoltre l’eventuale quota di isoforma corta prodotta con l’over-espresione sarebbe comunque priva di YFP e quindi non contribuirebbe né alla localizzazione né alla FRETeff, se non, in questo ultimo caso, competendo con YFP-RII per il legame con ICln. L’immunoprecipitazione ci conferma tuttavia che questa competizione, se esiste, è estremamente ridotta: non ci sono bande all’altezza attesa per 4.1Rsh negli eluati, a differenza di quanto ottenuto con 4.1RII-YFP (fig. 26), in accordo con una bassa o nulla produzione di 4.1Rsh da YFP-4.1RII. Per quanto riguarda 4.1RII-YFP, il risultato ottenuto negli esperimenti di FRET non è presumibilmente alterato dalla simultanea espressione delle due isoforme perché l’efficienza di FRET che abbiamo misurato in cellule transfettate con 4.1Rsh-YFP era già di per sé non significativa. Inoltre le immagini in fluorescenza di 4.1RII-YFP indicano una localizzazione diversa da 4.1Rsh-YFP, dove in genere è presente anche un segnale nucleare (fig. 48), a riprova dell’ipotesi che le due proteine non sono prodotte in uguale quantità e la forma lunga resta comunque predominante. I dati di FRET (utilizzando sia la metodica dell’Acceptor Photobleaching che della Sensitized emission) indicano che, perlomeno per l’isoforma corta con il YFP fuso all’N-terminale della 4.1Rsh (YFP-4.1Rsh) l’ ipotonia aumenta dai valori di efficienza di FRET e quindi presumibilmente l’interazione tra 4.1Rsh e ICln. I dati ottenuti con N-FRET ci dicono inoltre che l’aumento dell’interazione tra ICln e la 4.1Rsh avviene con tempistiche compatibili con la traslocazione di ICln dal citosol alla membrana (Tamma et al., 2007; Ritter et al., 2003; Rodighiero et al., 2008), che viene indotta dall’ipotonia, e con l’attivazione della ICl,swell (fig. 56) (Tamma et al., 2007). In esperimenti di N-FRET è stato dimostrato che la traslocazione di ICln in membrana aumenta significativamente dopo 10 minuti e fino a 20 minuti dallo stimolo 154 ipotonico e negli esperimenti di N-FRET sull’interazione tra ICln e la 4.1Rsh abbiamo visto che dopo uno stimolo ipotonico l’interazione aumenta significativamente già dopo 2 minuti e si mantiene costante fino a 20 minuti dopo la sostituzione con soluzione ipotonica. Ruolo dell’interazione tra ICln e 4.1R nell’ipotonia Dagli esperimenti di FRET abbiamo verificato che l’interazione tra la 4.1Rsh e ICln aumenta in ipotonia. Per valutare se l’interazione tra le due proteine fosse coinvolta nell’attivazione della corrente ICl,swell (Tamma et al., 2007) abbiamo allestito esperimenti di patch-clamp in configurazione whole cell. Da questi esperimenti abbiamo verificato che le due isoforme 4.1R135 e 4.1R80 sembrano avere un effetto diverso sulla corrente di cloruro attivata durante l’ipotonia. L’isoforma corta determina un aumento significativo della ICl,swell a diversi potenziali (+ 100mV, +80mV, +60 mV e a –100mV, -80mV, e -60 mV) rispetto alla condizione di controllo, mentre per l’isoforma lunga non abbiamo misurato alcun effetto sulla corrente. Una differenza nelle funzioni e nel comportamento tra le due varianti di 4.1R è stata riportata anche da altri. Le due isoforme ad esempio hanno affinità di legame diverso per molte proteine di membrana (Nunomura et al., 2009) e questo influisce sulle rispettive funzioni. E’ possibile ipotizzare che la diversa azione della 4.1RII e della 4.1Rsh, sulla corrente ICl,swell possa dipendere dalla presenza della regione unica U1, l’unica regione che differenzia la 4.1Rsh da 4.1RII. Questa regione al pari delle altre regioni U2 e U3, è meno conservata tra le diverse isoforme rispetto ai domini FERM, SAB, CTD e per tale motivo si ritiene che U1, insieme alle altre regioni uniche U2 e U3, possa conferire specifiche funzioni regolatorie ad ogni 4.1. E’ stato dimostrato che U1 modula la traslocazione nucleare di 4.1R (Gascard et al., 1998; Gascard et al., 1999; Luque et al., 1999), interagisce con una proteina centrosomale (Hung et al., 2000) e possiede inoltre un sito di fosforilazione da parte della chinasi ciclina dipendente cdc2 (Huang et al., 2005) inoltre il livello di fosforilazione delle 4.1R ad alto peso molecolare varia durante il ciclo cellulare. Le 4.1R HMW (high molecular weight) inoltre interagiscono con la calmodulina in modo strettamente 155 Ca2+ dipendente a differenza della 4.1Rsh che è CaM Ca2+ indipendente(Leclerc & Vetter, 1998). I dati in nostro possesso non ci permettono di chiarire il meccanismo con cui 4.1Rsh interviene nell’attivazione della corrente. Anche per altre 4.1 è stato riportato un effetto diretto su correnti di Na+ Cl- e K+ (Rivera et al., 2006) con implicazioni importanti per alcune patologie cardiache, come la sindrome del QT lungo (Stagg et al., 2008) e per la conduzione nervosa (Shen et al., 2000; Douyard et al., 2007). Per alcuni casi è stato proposto che 4.1R regolasse l’espressione in membrana di questi sitemi di trasporto (Binda et al., 2002) e/o la loro funzione. Per quanto riguarda la ICl,swell il discorso è complesso in quanto non è ancora stato identificato il canale vero e proprio, canale per cui lo stesso ICln rappresenta un candidato. Una possibilità è che l’ipotonia causi una traslocazione di ICln verso la membrana, dove aumenta l’interazione con 4.1 che ne facilita l’inserzione in membrana (nel caso in cui ICln sia una parte del canale) o la vicinanza con un canale di cui ICln funge da regolatore. Tuttavia, i dati di microscopia e i western blot indicano che un aumento della quantità di ICln determina una diminuzione della presenza in membrana di 4.1 Ciò suggerisce che la traslocazione di ICln verso la regione di membrana porti al legame di 4.1R, causando il suo distacco dalla membrana o inibendone comunque la associazione, un evento che presumibilmente partecipa al riarrangiamento del citoscheletro sottomembranario che accompagna l’attivazione della ICl,swell, e che coincide tra l’altro con un aumento dell’interazione tra ICln e l’actina (Tamma et al, 2007). Il complesso formato tra ICln e 4.1R (e forse anche da altri partner) sembra di fatto sequestrarle entrambe nel citosol, inibendone la presenza negli altri ambiti subcellulari (membrana, per lo meno per quanto riguarda la 4.1R nel nucleo), con possibili conseguenze sulle loro funzioni. E’ probabile che questo rappresenti un evento chiave per la complessa rete di eventi che accoppia lo stimolo ipotonico alla attivazione dei canali RVDC. In questo senso, è possibile che l’effetto della sola variante corta di 4.1 (ma non della lunga) sulla attivazione della corrente sia legato ad un maggior legame di questa isoforma con ICln, come suggerito dagli 156 esperimenti di FRET e di coimmunoprecipitazione. Un effetto maggiore della isoforma corta su ICln è suggerito anche dal fatto che i rapporti nucleo/citosol analizzati dalle immagini di immunofluorescenza indicano che YFP-4.1Rsh sembra avere un impatto maggiore sulla localizzazione nucleare di ICln rispetto alla isoforma lunga (YFP-4.1RII). Anche l’aumento transiente di calcio intracellulare che avviene nelle fasi iniziali dell’RVD (Weskamp et al., 2000; Light et al., 2003) contribuirebbe all’inibizione dell’associazione di 4.1R con la membrana. Il calcio infatti favorisce il distacco di 4.1 dalla membrana, sia legandosi direttamente sia regolando il legame della calmodulina al FERM e, soprattutto alla regione U1, se presente (Diakowski et al., 2006). In effetti gli esperimenti di western blot e di colocalizzazione suggeriscono proprio che l’ipotonia causi una dissociazione della 4.1 dalla membrana, che sembrerebbe più marcata per l’isoforma lunga rispetto alla corta. E’ possibile che questo rifletta la maggiore sensibilità delle isoforme ad alto peso molecolare al calcio. In questo quadro estremamente complesso possiamo affermare che l’interazione tra la proteina ICln e la proteina 4.1R (soprattutto le isoforme corte) è coinvolta nella complessa via di signaling che porta all’attivazione della corrente ICl,swell ma non possiamo ancora stabilire a che livello intervenga in tale pathway. Localizzazione L’isoforma corta della proteina 4.1Rsh localizza nel nucleo, in membrana e nel citosol. Ciò è in accordo con quanto riportato in letteratura (Conboy et al., 1998). Un’analisi comparativa della composizione in esoni del cDNA della 4.1 ha evidenziato che il segnale di localizzazione nucleare è dato dall’ esone 16, che è presente in entrambe le nostre isoforme. L’esone 5 (anch’esso presente nelle nostre isoforme), al contrario, conferisce una localizzazione citosolica in quanto codifica per una sequenza idrofobica e ricca di leucine che è molto simile alla sequenza dei segnali di esportazione dal nucleo. Nel caso di simultanea espressione degli esoni 5 e 16 157 l’effetto della localizzazione nucleare determinata dall’esone 16 sembra predominare sull’effetto inibente indotto dall’espressione dell’esone 5 (Parra et al., 1998). L’isoforma lunga localizza prevalentemente in membrana e nel citosol e la presenza nucleare sembra ridotta (anche se non assente) rispetto alla corta (come dimostrato dalle immagini ottenute con YFP-4.1RII), in accordo con dati presenti in letteratura che indicano che la presenza della regione U1 ostacola l’ingresso nel nucleo dell’isoforma lunga (Luque et al., 1999). Nel nostro lavoro abbiamo visto che quando la 4.1RII è in fusione con il YFP è presente in quantità molto minore nel nucleo rispetto all’isoforma corta. E’ tuttavia vero che i western blot fatti sulla proteina endogena (vedi figura 42) indicano che sia le isoforme lunghe che le corte identificate dal nostro anticorpo (e che quindi contengono presumibimente l’esone 16) localizzano anche nel nucleo, in proporzione non uguale, ma comunque paragonabile. Nel dubbio che la contemporanea presenza della regione U1 e del fluoroforo possa ulteriormente ostacolare l’import nel nucleo di tale proteina gli esperimenti di western blot sulla localizzazione della proteina 4.1RII sono stati effettuati over-esprimendo tale isoforma mendiante un vettore IRES che permette di esprimere la 4.1RII separata dalla GFP. Lavorare in over-espressione per una delle due isoforme ci ha permesso di studiare negli esperimenti di localizzazione il comportamento specifico di una o dell’altra isoforma. Sia l’analisi delle immagini degli esperimenti di FRET che gli esperimenti di western blot hanno dimostrato che quando ICln è in coespressione con la proteina 4.1Rsh diminuisce considerevolemente la quota di 4.1R associata alla membrana, e entrambe diminuiscono nel nucleo. Per quanto riguarda il primo punto è importante sottolineare che le ripercussioni della diminuzione di 4.1 in membrana possono essere estremamente importanti per la cellula. La presenza di 4.1R in questa sede è infatti considerata fondamentale per la corretta struttura e rigidità di membrana, come provato dal fatto che la sua ridotta espressione sia associata ad elliptocitosi, una malattia dei globuli rossi (dove le 4.1R sono particolarmente presenti) che comporta l’indebolimento del citoscheletro submembranario che genera deformazione della morfologia 158 dell’eritrocita, questo comporta fragilità degli eritrociti e l’incapacità di rispondere agli stress meccanici (Gallagher, 2004). Senza arrivare a situazioni estreme come queste, è comunque probabile che una alterazione della distribuzione della 4.1R abbia importanti conseguenze anche sulle vie di signalling associate alla membrana in cui la proteina è coinvolta (Bretscher et al., 2002; Sherman and Gutmann, 2001). E’ possibile che l’inibizione della associazione di 4.1R con la membrana sia una conseguenza diretta dell’interazione tra le due proteine. ICln infatti lega 4.1R in una regione del FERM (la parte C-t) dove legano anche altri fattori critici (come ad esempio la CaM) per la regolazione del suo legame con la membrana (Nunomura et al., 2009), mentre gli altri due lobi del FERM sono quelli che prevalentemente legano altre proteine di membrana, come lo scambiatore anioco e la glicoforina C. A tale proposito è interessante notare che la regione del FERM interessata al legame con ICln è rappresentata da un PH domain, che ICln legherebbe con la sua porzione C-terminale (Gascard et al., 2006). In un complesso di questo tipo il PH domain di 4.1 (importante per il legame con il PIP2 che ne regola l’associazione con la membrana e il citoscheletro (Gascard et al., 2000) verrebbe a trovarsi mascherato o anche solo affiancato dal PH domain di ICln, con possibili importanti conseguenze sul pattern di interazioni della 4.1. Per quanto riguarda la localizzazione nucleare è difficile dire se sia ICln a indurre l’uscita dal nucleo della 4.1Rsh (fungendo da proteina shuttle) o se avvenga l’opposto, anche perché la funzione di ICln nel compartimento nucleare è ancora oscura e poco indagata. ICln oltre ad essere implicata nelle RVD è coinvolta in numerose altre funzioni cellulari. Una di queste si basa sulla sua interazione con PRMT5 (Skb1) (con la regione AD3) e Mep50 (Pu et al., 1999, Friesen et al,. 2001, 2002, Meister et al., 2001) per formare il metilosoma. Sebbene il metilosoma svolga la sua funzione principalmente nel citosol, dove si occupa della metilazione delle proteine Sm (Friesen et al., 2001), l’interazione tra le proteine in questione sembra avvenire anchea livello nucleare. PRMT5 e Mep50 sono due proteine che oltre a partecipare 159 alla formazione del metilosoma sono in grado di traslocare nel nucleo per formare un nuovo complesso con la proteina AJUBA (Hou et al., 2008); tale complesso è reclutato da fattori trascrizionali (SNAIL) e si comporta da repressore trascrizionale per numerosi geni tra cui ad esempio ST7 and NM23; inoltre promuove lo stato tumorale in cellule NIH 3T3 (Pal et al., 2004). PRMT5 interviene inoltre nella regolazione della trascrizione attraverso la metilazione degli istoni (Zhao et al., 2009). Per ICln non è stato ancora chiarita la sua funzione nel nucleo ma come per PRMT5 la sua traslocazione nel nucleo (o nel nostro caso dal nucleo) potrebbe avere importanti conseguenze sulle sue funzioni tra cui la regolazione dello splicing dell’RNA. Infatti è già stato dimostrato che ICln facendo parte del metilosoma va a regolare l’assemblaggio dello spliceosoma (Grimmler et al., 2005). E’ inoltre importante sottolineare che recentemente è stato riportato che PRMT5, la cui funzione è spesso stata associata ad ICln (Guderian et al., 2010) è in grado di legare oltre ad ICln anche varianti di 4.1, come la B (Jiang et al., 2004). Questo suggerisce che PRMT5 possa rappresentare un ulteriore componente del complesso 4.1R-ICln, un aspetto che meriterebbe di essere approfondito. Per quanto riguarda un possibile effetto legato alle funzioni della proteina 4.1, ci sono numerose evidenze del suo coinvolgimento nella regolazione della proliferazione cellulare. La perdita negli stadi precoci della proteina 4.1R è un evento comune nella patogenesi di meningiomi (Robb et al., 2003). In letteratura inoltre ci sono numerosi lavori che hanno dimostrato che la 4.1B e la proteina merlin si comportano come dei regolatori negativi della crescita in diversi tipi di cancro inclusi i meningiomi (Gutman et al., 2000; Kuns et al., 2005). Robb e collaboratori hanno verificato che anche la proteina 4.1R viene inattivata (a livello della proteine e del DNA) come la 4.1B e la proteina merlin nei meningiomi sporadici. La localizzazione delle 4.1 sembra importante per questo aspetto. La proteina 4.1R, 4.1B e merlin si associano con CD44 e si concentrano presso la membrana cellulare durante l’arresto della crescita suggerendo che il segnale regolatorio della crescita ha inizio dalla membrana (Bretscher et al., 2002; Sherman and Gutmann, 2001). Inoltre per la proteina 4.1N è stato dimostrato che la sua 160 traslocazione nel nucleo in PC12 differenziate provoca l’arresto della crescita cellulare (Ye et al., 2000; Calinisan et al., 2006). Nel nostro lavoro abbiamo visto che quando ICln è overespressa 4.1R diminuisce in membrana e nel nucleo facendo di ICln un possibile regolatore negativo di 4.1R contrastandone l’effetto anti-proliferativo. Un legame tra ICln e lo stato proliferativo delle cellule, sebben poco studiato, è già stato proposto. Nel caso delle cellule ECs (Li et al., 2004), è stato infatti riportato che l’overespressione di ICln stimola la proliferazione cellulare, favorendo l’angiogenesi. Tornando a 4.1, i dati, pur preliminari, sull’effetto delle coespressione di ICln con 4.1 (fig 58) sembrano validare questa ipotesi e confermano l’importanza che l’interazione tra le due proteine può avere anche in ambiti diversi dalla regolazione del volume 161 162 Bibliografia ACKERMAN M.J., WICKMAN K.D., CLAPHAM D.E. 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