Scenario macroeconomico Le banche centrali in balia di un mercato fuori controllo Gli effetti delle politiche monetarie in atto di Alberto Berrini Le previsioni di crescita mondiale per il 2015 indicano negli Stati Uniti l’unica area di vero sviluppo e individuano nell’Europa l’area economica occidentale di maggior debolezza. Dunque le politiche monetarie in atto o previste sulle due sponde dell’Atlantico sembrano coerenti con tale scenario macroeconomico. Una FED (Banca Centrale americana) che azzera il suo sforzo espansivo favorendo il rafforzamento del dollaro. (Meno “stampo” una moneta, più ne aumenta il prezzo). La BCE (Banca Centrale Europea) che finalmente attua il QE (Quantitative Easing) ossia una politica monetaria espansiva non convenzionale in quanto la creazione di liquidità si attua attraverso l’acquisto sul mercato di ogni tipo di titoli, ma in particolare di Titoli di Stato. In questo modo non solo si attenua la pressione (ossia la necessità di finanziamento) sui debiti pubblici europei, ma si contribuisce in modo determinante all’indebolimento dell’euro, favorendo la crescita dell’economia europea facilitando le sue esportazioni. Dunque tutto ok, ossia nessuna complicazione deriva da tale politiche monetarie? Non proprio, poiché bisogna considerare gli effetti globali di tali politiche, e in particolare come esse impattano sulle strategie e sull’operare dei mercati finanziari. L’esempio più recente è rappresentato dall’aumento repentino e vistoso (+ 20%) del franco svizzero (in rapporto all’euro) in previsione del QE europeo. Il balzo del franco ha infatti provocato uno tsunami mondiale con il fallimento di varie società di brokeraggio (dagli USA fino alla Nuova Zelanda) e ha causato perdite per 100/150 milioni di dollari a testa per le più grandi banche del mondo. Dunque questa vicenda è emblematica per capire “come gira il mondo sempre più globalizzato”. La Banca Centrale svizzera ha ritenuto di non essere più in grado di difendere il tetto al cambio franco-euro che essa stessa aveva imposto a fronte della crisi europea del 2011. E ciò a causa dell’afflusso sui conti svizzeri dei capitali in fuga dall’euro in procinto di svalutarsi. Come ha sottolineato il Prof. Onado alla base di quanto successo al franco svizzero “c’è il potenziale destabilizzante dei movimenti di capitale a breve in un mondo interconnesso, ma con politiche monetarie non coordinate fra loro per effetto degli inevitabili sfasamenti dei cicli delle loro economie”. In altre parole mercati finanziari ancora sostanzialmente deregolamentati (e perciò fragili) possono interferire in modo destabilizzante, creando effetti collaterali non desiderati, su politiche attuate per coerenti obiettivi economici. E le Banche Centrali, che spesso sono costrette ad operare in ordine sparso, non possono che essere in balia di un mercato che, anche per le sue dimensioni, è sempre più fuori controllo.