La giustizia privata nella patria del diritto

UNITÀ
LE RADICI DELLA CRISI. I GRACCHI
STO
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La giustizia privata nella patria del diritto
La giustizia popolare disponeva di parecchie armi che permettevano di manifestare a un reo la disapprovazione
della collettività, perseguendolo pubblicamente con sarcasmi; l’autore di
questo tipo di messe alla gogna era sia
il querelante stesso, sia l’intera collet-
tività. Si poteva recitare un carmen famosum per distruggere la reputazione
dell’accusato, cantare in pubblico dei
cantica1 che lo definissero senza possibilità di equivoco; si poteva affiggere in
un luogo pubblico un libellus2 anonimo
sul suo conto. […] Infine, e soprattutto, gli si poteva fare un convicium, cioè
perseguitarlo per la strada con un “accompagnamento” di sarcasmi ritualizzati, o addirittura coprirlo di oscenità,
o anche denudarlo per suo scorno pubblico; tutto questo fracasso poteva anche non essere diretto contro la persona del colpevole, ma avvenire davanti
alla sua casa, alla sua taberna o davanti alla statio dove faceva i suoi affari
(spesso, infatti, l’individuo così bersagliato era un debitore recalcitrante).
Sin dalla fine della repubblica, quasi
tutto questo folklore cadde sotto i colpi di leggi che reprimevano il reato
privato di iniuria; il regime augusteo
accentuò ulteriormente la repressione
di tali comportamenti, poiché essi potevano servire anche per manifestazioni di opposizione politica, potevano
avere per bersaglio persone appartenenti ai primi due ordini dello Stato e,
più in generale, essi dimostravano
una mancanza di passività nei governati; forse, anche, venivano considerati vecchiotti, sorpassati, ridicoli, dato
che, ormai, l’epoca dei giudici pubblici
e delle procedure formali era succeduta a quella delle collettività e delle
manifestazioni rituali.
Eppure due cose sopravvissero: la proscriptio libelli e, con alcune riserve, il
convicium (letteralmente significa clamore, insulto). Quando un debitore recalcitrante, pur condannato, si ostina
a non pagare, il suo patrimonio viene
posto pubblicamente all’asta e dei manifesti o libelli vengono affissi per rendere noto il sequestro; a Roma, un luogo d’affissione deputato era la colonna
di Menio, presso la basilica Porcia, al
1.Componimenti in versi, in questo caso di natura beffarda.
2.Foglio che veniva affisso sui muri in modo da
portare l’opinione pubblica a conoscenza di
determinati fatti o accuse.
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LABORATORIO
Il dibattimento nel corso di un
processo, bassorilievo. Roma,
Antiquarium del Palatino. In
primo piano si notano i due
segretari impegnati nella verbalizzazione del processo.
DOCUMENTI e STORIOGRAFIA
In una società consolidata e ben definita,
i rapporti tra i suoi membri sono regolamentati dalle leggi che prevedono diritti
e doveri. Tuttavia, ai margini del diritto,
molto spesso la società stessa dà vita a
una sorta di giustizia parallela, non codificata per iscritto ma ben nota all’opinione pubblica. Nel passaggio che segue,
Paul Veyne, approfondendo l’analisi sul
folclore nella Roma antica, individua diversi casi attraverso i quali la giustizia
popolare si imponeva, anche contrapponendosi a quella ufficiale. Per lo più si
tratta di pratiche che vedevano coinvolta
l’intera opinione pubblica, unita nel giudizio morale ma allo stesso tempo nella
condanna e, persino, nell’esecuzione della pena che proprio la collettività stabiliva come punizione.
VOLUME
DOCUMENTI e STORIOGRAFIA
I
DALLA PREISTORIA ALLA REPUBBLICA ROMANA
punto che “arenarsi sullo scoglio della
Colonna” voleva dire “fare bancarotta”; a Pozzuoli, i libelli venivano affissi
su un portico pubblico e a Pompei
[…], secondo la testimonianza delle
tavolette pompeiane portate alla luce
una dozzina di anni fa. Pratica “razionale” senza dubbio, poiché era un bene
provocare un gran concorso di offerenti, ma con la quale si metteva alla gogna il nome del debitore insolvibile, lo
si esponeva alla pubblica vergogna.
[…] Quanto al convicium, esso restò in
vigore sotto l’impero e i giuristi si
sforzarono solo di segnalarne i limiti:
niente parole e gesti contrari alla decenza pubblica.
Altre manifestazioni pubbliche avevano lo scopo di andare contro qualcuno, di mettere un tiranno di fronte
alle proprie responsabilità. Basta citare i testi: “È vietato rifugiarsi ai
piedi delle statue o delle immagini
dei principi per ingiuriare gli altri”,
poiché le leggi provvedono alla sicurezza delle persone; “è altrettanto
proibito far sì che qualcuno risulti infame o odioso, indossando abiti di
lutto, stracci, non tagliandosi la barba o i capelli, o, ancora, componendo, affiggendo o cantando versi che
feriscono il pudore”. Si sa che gli accusati si lasciavano crescere i capelli
come quelli che portavano il lutto e
come quelli che andavano per mare,
che non se li tagliavano (senza dubbio, una volta giunti felicemente in
porto, essi consacravano la loro chioma agli dei). Barba, capelli lunghi e
stracci sono sicuramente degli espe-
dienti di accusati che cercavano di
commuovere l’opinione pubblica per
volgerla in proprio favore.
Tutte queste manifestazioni erano
pubbliche, nel senso che un individuo
prendeva la massa a testimone; ma
c’erano manifestazioni in cui la massa stessa premeva su un individuo o
gli esprimeva la sua disapprovazione.
«Un senatore si lamentò di essere
stato colpito, a Siena, in un assembramento, con l’assenso dei magistrati di quella colonia; e l’oltraggio
non si era fermato lì: egli era stato
circondato con canti funebri – lui vivo –, con lamentazioni, con tutto
l’apparato dei funerali, con invettive
e oltraggi»3.
Anche i morti potevano essere insultati; i loro funerali venivano ingiuriati e i
• Che cosa si intende con l’espressione “giustizia popolare”?
LABORATORIO
Fonte: P. Veyne, La società romana, Editori
Laterza, Roma-Bari, 1990.
3.Tacito, Historiae, IV, 45.
Cantina romana con anfore contenenti vino. Roma, Museo della civiltà romana.
COMPRENSIONE E RIFLESSIONE
• Che cos’erano il convicium e la proscriptio libelli?
• Per quale motivo in età imperiale alcune manifestazioni di
giustizia popolare furono proibite?
• Perché gli accusati talvolta cercavano di avere un aspetto
trascurato?
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giureconsulti avevano previsto che in
un caso simile il reato di ingiuria
avrebbe creato un’obbligazione a favore dell’erede; essi ci insegnano in questa occasione che l’insulto consisteva
nel trattenere il cadavere, nell’impedire che il corteo funebre raggiungesse
la tomba suburbana. Il che illustra a
meraviglia un fatterello riportato da
Svetonio: la plebe di Pollenzo aveva
bloccato sul foro i funerali di un ufficiale, finché non ebbe estorto agli eredi,
con quest’atto violento, del denaro destinato a uno spettacolo di gladiatori.
PASSATO E PRESENTE
• L’usanza di affiggere in un luogo preciso fogli di denuncia
contro qualche personaggio pubblico non è del tutto scomparsa. A Roma, ad esempio, si usa ancora lasciare iscrizioni
di questo genere sotto una statua che si trova ai piedi di palazzo Braschi, famoso edificio del centro storico. Fai una piccola ricerca per scoprire di che cosa si tratta e riassumi la
storia di questa tipica abitudine dei Romani.