Islam L'Islam è una religione monoteista, termine arabo Islam, letteralmente "sottomissione a Dio", si intende, oltre alla religione musulmana fondata da Maometto nel 7° secolo in Arabia, quell'insieme di pratiche sociali, politiche e culturali che a tale religione fanno riferimento. Con circa 1,6 miliardi di fedeli, ossia il 23% della popolazione mondiale, l'Islam è la seconda religione del mondo per consistenza numerica e vanta un tasso di crescita particolarmente significativo. Il 13% dei musulmani vive in Indonesia, che è anche il paese musulmano più popoloso, il 25% nell'Asia meridionale, il 20% in Vicino, Maghreb e Medio Oriente e il 15% nell'Africa subsahariana. Minoranze considerevoli si trovano anche in Cina Russia, Europa e Americhe. L'unicità di Dio L'Islam è l'ultima delle religioni rivelate, dopo ebraismo e cristianesimo. Maometto, che ha ricevuto attraverso l'arcangelo Gabriele il Corano, è l'ultimo, il "sigillo" dei profeti (i musulmani riconoscono tutti i profeti biblici precedenti: anche Gesù è considerato un profeta, ma non il figlio di Dio). Sebbene non abbia una Chiesa gerarchicamente organizzata, l'Islam si è però avvalso nel corso dei secoli di un corpo di dotti (ulama) che hanno interpretato la dottrina. È essenzialmente la parola di Dio, il Corano, a regolamentare la vita del musulmano. Ma con il tempo le norme del Corano non potevano bastare, e a queste si è aggiunta la sunnah, cioè la "tradizione" (letteralmente "modo di vita") che raccoglie i fatti e i detti (ma anche i silenzi) del profeta Maometto, gli hadith. Un accurato lavoro di selezione da parte dei dotti musulmani ha condotto a sei raccolte canoniche di hadith. Lavoro, questo, che è stato svolto attraverso la pratica del consenso (ijma'). La prima comunità Maometto, membro di una potente tribù di Mecca, Quraysh, riceve le prime rivelazioni intorno ai quarant'anni; i primi ad abbracciare l'Islam sono sua moglie Khadija, suo nipote 'Ali, Abu Bakr e 'Umar, futuri califfi (califfato arabo khalīfa, «successore»). Ma la potente aristocrazia Quraysh non vede di buon occhio la predicazione di Maometto, che nel 622, stanco delle insidie degli abitanti di Mecca, lascia la sua città natale, per emigrare (hijra) con i suoi compagni a Medina (antica Yathrìb), dove fonda la prima comunità musulmana: è l'anno 1 della storia islamica. Dopo una serie di battaglie storiche (Badr nel 624; battaglia del fossato nel 627), nel 630 Maometto e i suoi riconquistano Mecca, entrano nella Ka'ba (l'edificio all'interno del quale è custodita la Pietra nera, ritenuta sacra) che ripuliscono dalle divinità politeiste e si muovono verso il Nord. Due anni dopo (632) Maometto, compiuto il pellegrinaggio a Mecca, muore tra le braccia della sua moglie prediletta 'Aysha senza lasciare alcuna indicazione per il suo successore. Sarà proprio sulla questione della successione che la comunità dei credenti conoscerà la prima grande frattura (con la separazione del gruppo detto degli sciiti). 1 L'Islam riconosce uno statuto speciale ai non musulmani ebrei e cristiani (Ahl al-kitab "Gente del libro"), denominati dhimmi ("protetti"): essi non hanno l'obbligo di convertirsi, possono dunque restare nella dar al-Islam ("casa dell'Islam", cioè tutti i territori musulmani) a patto che paghino una tassa (jizya) in cambio della protezione della comunità (anche i musulmani pagano una tassa!). Cosa deve fare un buon musulmano La professione di fede. la shahāda, o "testimonianza" di fede: Ašhadu an lā ilāha illā Allāh - wa ašhadu anna Muḥammadan Rasūl Allāh "Testimonio che non c'è divinità se non Dio (Allàh) e testimonio che Muḥammad è il Suo Messaggero". Per essere valida, la shahāda deve essere recitata con piena comprensione del suo significato e in totale sincerità di intenti. Essa è sufficiente, da sola, a sancire l'adesione all'Islam di chi la pronuncia. Questa formula è l'atto legale con cui si abbraccia la religione musulmana (che non ha riti di iniziazione, come il battesimo) e contiene l'essenza dell'Islam; infatti credere solo parzialmente alla shahada equivale a essere eretici. Oltre alla professione di fede il musulmano deve compiere: la preghiera (salat), l'elemosina rituale (zakat), il pellegrinaggio a Mecca (hajj) e il digiuno (sawm) nel mese di Ramadan. Sono questi i fondamenti dell'Islam, i suoi "pilastri" (arkan). La preghiera rituale (la ṣalāt). Cinque volte al giorno ha luogo la preghiera: all'alba, a mezzogiorno, nel pomeriggio, al tramonto e nella notte (attualmente con i ritmi pressanti della vita moderna sono rari i musulmani che fanno le cinque preghiere). Prima di pregare, il fedele deve purificarsi, deve cioè compiere abluzioni; generalmente ogni moschea è provvista di una fontana nel cortile (in assenza d'acqua, il fedele può 'lavarsi' con la sabbia, fatto non raro nel deserto!). Una volta purificato, il musulmano può compiere la preghiera (una serie di genuflessioni e prosternazioni), volgendosi verso Mecca: una nicchia all'interno della moschea indica la direzione (qibla). Il muezzin è l'addetto a compiere l'adhan, cioè l'invito alla preghiera che viene fatto dall'alto del minareto della moschea. La preghiera di mezzogiorno del venerdì (giorno di riposo) deve essere fatta in comune nella moschea; in tale occasione prima della salat si svolge la khutba, una sorta di predica compiuta dal khatib ("colui che fa la predica"). Altre preghiere da fare in comune sono quelle in occasione delle grandi feste musulmane: la festa dei sacrifici nel mese di Dhu'l-Hijja e quella della fine del digiuno al termine del mese di Ramadan (la più sentita per tutti i musulmani). L'elemosina rituale l(a zakāt). L'elemosina è una tassa, regolata dalla legge, che il musulmano è tenuto a pagare su alcuni beni (prodotti dei campi, bestiame, oro, argento, mercanzie varie). Beneficiari di tale tassa sono prima di tutto i poveri, i bisognosi e altre categorie, come per esempio persone che potrebbero essere d'aiuto alla comunità dei credenti; oppure coloro che combattono per l'Islam. Il pellegrinaggio a Mecca (Ḥajj). Deve essere compiuto almeno una volta nella vita del credente, che ne abbia le possibilità economiche. Questo rituale, già presente 2 nella Penisola Arabica nel 7° secolo, è stato 'islamizzato' da Maometto che ne fece uno dei pilastri dell'Islam. I principali luoghi del pellegrinaggio sono la moschea di Mecca che contiene la Ka'ba, l'edificio cubico dove è conservata la Pietra nera, sacra già prima dell'Islam. Le cerimonie del pellegrinaggio sono lunghe e particolarmente complesse. Tutta l'area di Mecca è sacra e haram per i non musulmani, è cioè vietato loro l'accesso. I doveri più noti Il digiuno nel mese di Ramadan. Un importante dovere cui attenersi è l'astensione dal mangiare, bere, fumare, avere rapporti sessuali dall'alba al tramonto durante il Ramadan. Dal digiuno sono esentati i bambini, i vecchi, i malati e i viaggiatori che però devono poi recuperare in altro periodo. A questo proposito bisogna ricordare che il calendario islamico è lunare, il Ramadan può capitare cioè sia in periodi freddi sia caldi. Al tramonto il muezzin, dopo una serie di formule in lode a Dio, invita i credenti a interrompere il digiuno. Questo mese è per i musulmani una festa: generalmente nelle case si preparano i cibi più buoni e ricercati, dolci e bevande invitanti. È un mese dedicato a Dio: si cerca infatti di non litigare, di non mentire, insomma di comportarsi nel modo migliore. Anche i musulmani meno osservanti generalmente rispettano il digiuno. La fine del mese si festeggia con l'uccisione di un montone, che viene sgozzato facendo uscire il sangue secondo il rituale di macellazione islamica, molto simile a quello ebraico: si tratta della piccola festa o 'id al-fitr. Il jihad. Il termine jihad, che viene abitualmente tradotto con "guerra santa" (da cui la resa sbagliata al femminile, la jihad), letteralmente significa "sforzo". Il jihad, inteso come espansione e difesa dell'Islam, non è un obbligo individuale, come per esempio la preghiera, è invece un obbligo per la comunità (è sufficiente che un certo numero di musulmani lo esegua; solo in caso di attacco l'obbligo diventa individuale). La shari'a Dal significato letterale di "la diritta via", la shari'a indica la legge dell'Islam e disciplina l'intera attività umana, prescrivendo come compiere la preghiera, ma anche quale somma prelevare dal bottino conquistato in guerra. Ogni aspetto, dunque, della vita pubblica e privata si basa sulla legge religiosa. Interpretare le fonti della legge Sono quattro le fonti da cui la legge ricava i suoi contenuti: Corano, sunnah, ijma' ("consenso della comunità", inteso però non nel senso del consenso di tutta la comunità, ma di un corpo di esperti), principio analogico (qiyas); quest'ultimo comporta che, quando non si sia trovata la soluzione nelle tre fonti precedenti, si passa alla deduzione per analogia, che tuttavia non è un'indiscriminata applicazione di un criterio personale. Il lavoro degli studiosi di diritto, che devono interpretare le fonti, prevede anche l'ijtihad ("sforzo interpretativo"; le radici di questo 3 termine sono le stesse di jihad), che però si considera essersi concluso nel 10° secolo e al quale è stato poi preferito il procedimento del taqlid("imitazione"). Il corpus del diritto islamico è stato codificato nei trattati di fiqh. Ma non è il singolo credente a consultarli o a prendere decisioni su questioni complicate: in questi casi si consulta un esperto di diritto, il mufti, cui si chiede un parere giuridico (fatwa). È importante capire che il mufti non emana nuove leggi (solo Dio può legiferare), ma spiega o meglio rende applicabili le prescrizioni dei trattati. La maggioranza dei musulmani (oltre l'80%) si riconosce nell'ortodossia sunnita. Hanno assunto il nome di sunniti in opposizione agli sciiti e ai kharigiti, per affermare che essi soli sono i seguaci della vera tradizione, cioè della sunnah. Quattro mogli Il Corano consente a un uomo di sposare fino a quattro mogli, ma solo se può assicurare loro le stesse condizioni economiche e affettive. Il matrimonio non è un sacramento, ma è un vero e proprio contratto dal punto di vista giuridico: dinnanzi a un giudice e a due testimoni lo sposo e un rappresentante (wali) della sposa (che deve essere consenziente) si incontrano e redigono un contratto, dove si stabilisce la dote (spesso in oro) che lo sposo deve versare alla moglie. È lecito un matrimonio tra un musulmano e una non musulmana (cristiana o ebrea), ma non il contrario. Il Corano prevede anche il divorzio. Che cosa è il Corano e quali sono i temi trattati Il Corano altro non è che la parola di Dio rivelata dall’Arcangelo Gabriele al Profeta Maometto fedelmente trascritta. Da quel momento non è mai stata apportata nessuna modifica ai 114 capitoli dette anche - Sure. Gli argomenti trattati riguardano la vita di ogni essere umano: la saggezza, il culto, la legge ma soprattutto il rapporto tra Dio e tutti i suoi figli: il genere umano tutto. Che cosa pensano i Musulmani di Gesù? I Musulmani rispettano e onorano Gesù e aspettano la sua seconda venuta. Lo considerano uno dei più grandi messaggeri divini. Un Musulmano non si riferisce mai a lui chiamandolo semplicemente Gesù, ma aggiungendo sempre le parole la pace sia con lui. Il Corano conferma la sua nascita da una donna vergine (un capitolo del Corano si intitola Maria), e Maria è considerata la donna più pura dell'universo. Come i Musulmani vedono la morte? Come gli Ebrei e i Cristiani, i Musulmani credono che la vita presente sia solo una prova in attesa della vita dopo la morte. I punti fondamentali della fede comprendono: il Giorno del Giudizio, la Resurrezione, il Paradiso e l'Inferno. Quando un Musulmano muore, viene lavato, generalmente da un familiare, avvolto in un lenzuolo candido e sepolto con una semplice preghiera, di preferenza lo stesso giorno del decesso. I Musulmani considerano questo uno dei servizi finali da offrire ai propri cari e un'opportunità per ricordare la brevità della vita su questa terra. Il Profeta riteneva che tre cose possono continuare ad aiutare una persona, anche dopo la morte: 4 la carità che aveva profuso, la conoscenza che aveva trasmesso e le preghiere dette per loro da parte di un figlio giusto. I ministri del culto La figura religiosa più importante è l'imam, che è una guida spirituale (al tempo di Maometto era il capo-carovaniere). In moschea l'imam volta le spalle alla prima fila di fedeli e pronuncia le parole, esegue i gesti rituali che tutte le file ripetono subito dopo. L'imam è designato e pagato dalla comunità, ma la celebrazione del servizio divino può essere affidata anche a un credente della comunità considerato idoneo per la sua esperienza. Questo perché non esiste una casta sacerdotale, né una vera gerarchia ecclesiastica. La civiltà islamica è ricca soprattutto di ulemas o dottori della legge, grandi conoscitori del Corano, della lingua araba, del diritto islamico e delle fonti della religione. Imam e ulemas possono sposarsi. Altre figure religiose sono il marabutto, che può essere un santo venerato dopo la morte o il fondatore di una confraternita o un predicatore dell'islam. Divisioni tra i due principali rami dell'Islam Le divisioni tra sciiti e sunniti risalgono alla morte del fondatore dell’Islam, il profeta Maometto, nel 632 d.c.: la maggioranza di coloro che credono nell’Islam, che oggi noi conosciamo come sunniti e che sono circa l’80 per cento di tutti i musulmani, pensavano che l’eredità religiosa e politica di Maometto dovesse andare ad Abu Bakr, amico e padre della moglie di Maometto. C’era poi una minoranza, oggi la minoranza sciita, che credeva che il successore dovesse essere un consanguineo del profeta: questo gruppo diceva che Maometto aveva consacrato come suo successore Ali, suo cugino e genero. Il gruppo che riuscì a imporsi fu quello dei sunniti, anche se Ali governò per un periodo come quarto califfo, il titolo attribuito ai successori di Maometto. La divisione tra i due rami dell’Islam divenne ancora più forte nel 680 d.c., quando il figlio di Ali Hussein fu ucciso a Karbala, città del moderno Iraq, dai soldati del governo del califfo sunnita. Da quel momento i governanti sunniti continuarono a monopolizzare il potere politico, mentre gli sciiti facevano riferimento al loro imam, i primi 12 dei quali erano discendenti diretti di Ali. Con il passare degli anni le differenze tra i due gruppi sono aumentate e oggi ci sono alcune cose condivise e altre dibattute. Tutti i musulmani sono d’accordo che Allah sia l’unico dio, che Maometto sia il suo messaggero, e che ci siano cinque pilastri rituali dell’Islam, tra cui il Ramadan, il mese di digiuno, e il Corano, il libro sacro. Mentre però i sunniti si basano molto sulla pratica del profeta e sui suoi insegnamenti (la “sunna”), gli sciiti vedono le figure religiose degli ayatollah come riflessi di dio sulla terra, e credono che il dodicesimo e ultimo imam discendente da Maometto sia nascosto e un giorno riapparirà per compiere la volontà divina (questo è il motivo per cui, tra l’altro, il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad in molte riunioni di governo lascia una sedia vuota accanto a sé: per aspettare il ritorno del Mahdi, l’imam nascosto). 5 Questa differenza ha portato i sunniti ad accusare gli sciiti di eresia, e gli sciiti ad accusare i sunniti di avere dato vita a sette estreme, come gli wahabiti più intransigenti: tuttavia le due sette dell’Islam non hanno mai dato vita a una guerra delle dimensioni ad esempio della Guerra dei Trent’anni, che tra il 1618 e il 1648 mise le diverse sette cristiane una contro l’altra in Europa. subha o tasbîh: una corona (subha o tasbîh) che sfilano rapidamente tra le loro dita. Ne esistono due tipi principali: quella completa con tre serie di 33 grani, o quella con tre serie di 11 grani. Esse sono separate da due grani più grandi e il tutto è chiuso con grano più grande come un piccolo manico (yad). Questa corona non ha una funzione unica ma può essere utilizzata in diversi modi. Attualmente, la più diffusa è la ripetizione delle tre giaculatorie "Gloria a Dio" (SubHan Allah) - con il senso della sua assoluta trascendenza -, "Lode a Dio" (Al-Hamdu lillah), e "Dio è più grande" (Allahu akbar), trentatré volte o undici volte ciascuna. "Dio possiede i nomi più belli, invocatelo dunque con quei nomi ", dice il Corano (7,180). La tradizione musulmana riporta il detto seguente: "A Dio appartengono novantanove nomi, cento meno uno; perché lui, il Dispari (= l'Unico) ama ciò che è dispari". Secondo un altro detto della tradizione, chi conosce i novantanove nomi di Dio avrà il paradiso. Alcuni Rituali e liturgie Il rimuovere le scarpe nei luoghi sacri, secondo quanto Dio disse a Mosè sul Monte Sinai; Il compiere le abluzioni rituali, o wuḍūʾ, secondo ciò che Dio comandò a Mosè e Aronne; Il prostrarsi con il viso rivolto a terra, o sujūd, così come venne fatto da Gesù, Abramo, Mosè e Giosuè; La Murāqaba o "meditazione", ampiamente praticata da Maometto nei suoi ritiri sul monte Ḥirāʾ; Il dhikr, definito come "ricordo" o "invocazione di Dio" Le importanti verità cristiane che l’Islam nega: Nega la Trinità e la divinità di Gesù, la S. Messa, i Sacramenti Nega che la Madonna sia Madre di Dio (cf. Corano, sura (= capitolo) 5,72 e 5,73) e la scambia con la sorella di Mosè, vissuta ben 1.500 anni prima. Nega il peccato originale e quindi la redenzione di Cristo (sura 4,156-159). Nega, in parte, la bontà e la giustizia di Dio, quando, per esempio, il Corano afferma: "Dio fa errare chi vuole e pone sul retto sentiero chi vuole" (sura 6,39). "Dio perdona a chi gli pare e piace" (sura 4,116). "Abbiamo creato molti uomini per l'inferno” (sura 7,159). Nega il paradiso ai non Musulmani, destinandoli tutti all'inferno. Nega il perdono verso i nemici gridando: "Ammazzateli ovunque li incontrate" (sura 2,191). Parla di guerre sante" ecc. 6 Nega la castità degli uomini e degrada la donna, concedendo a ogni musulmano 4 mogli (sura 4,3) e quante concubine vuole (sura 23,6), e donando a Maometto 12 mogli (sura 33,50-51) e assicurando ad ogni musulmano, in paradiso, ben 5.300 donne! Regole alimentari Sono la modalità quotidiana attraverso cui un musulmano concretizza gli insegnamenti del Corano e di Muhammad. I musulmani possono mangiare e bere quasi tutto, rispettando però tre regole principali: 1. non mangiano la carne di maiale e qualsiasi cibo che contenga i suoi derivati; 2. non bevono bevande alcoliche; 3. non consumano carne che non sia stata macellata in modalità appropriata, cioè halal (lecita). 7