PANORAMA – 13 Luglio 2006 – pag. 126 SANITA’ LA PROVENIENZA DEI MEDICINALI BIOEQUIVALENTI INDOVINA COSA C’E’ NEL FARMACO L’80% per cento dei principi attivi venduti in Europa per produrre generici vengono da Cina e India. Concorrenza lecita, certo. Ma esiste un problema di controlli: quei paesi non sono tenuti a osservare la certificazione europea di qualità. E non è possibile effettuare controlli a sorpresa nelle loro aziende. di ELISA MANACORDA L’analgesico? E’ made in India. Nella compressa di antibiotico, invece, batte un cuore cinese. E’ una delle tante facce della globalizzazione. “Circa l’80% per cento dei principi attivi acquistati per produrre farmaci generici in Europa provengono da paesi asiatici. E in Italia la percentuale è analoga” spiega Gian Mario Baccalini, Presidente dell’Aschimfarma, Associazione delle principali aziende italiane produttrici di principi attivi farmaceutici, riunite a Roma nei giorni scorsi. Una realtà che riguarda prevalentemente i farmaci fotocopia, ma che vale anche, in misura minore, per i prodotti firmati. Un’invasione dall’Oriente che è solo all’inizio. L’ultimo rapporto della CPA, Associazione dei produttori chimico-farmaceutici generici, prevede che nei prossimi cinque anni l’India triplicherà la propria presenza anche sul mercato statunitense. E’ a livello mondiale l’accoppiata con la Cina dovrebbe nel 2010 arrivare a coprire un terzo del mercato planetario. A soffrire dell’avanzata asiatica sarà soprattutto la produzione latina. Appena due anni fa l’Italia e la Spagna avevano insieme una quota del 15,3 per cento del mercato mondiale dei principi attivi farmaceutici, scesa al 13,6 l’anno scorso. Le proiezioni dicono che nel 2010 si scenderà al 9,5 per cento. Niente di male, si tratta di concorrenza. “Ma va garantita la qualità del prodotto, dunque la salute dei consumatori” sottolinea Nello Martini, Direttore dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Il principio attivo è la materia prima di un medicinale, intorno alla quale ruotano tutti gli altri ingredienti. E’ la sostanza responsabile dell’azione curativa. Dunque deve essere efficace, stabile nel tempo, tollerabile, sicuro. Basta una minima impurità, un inquinamento infinitesimale dovuto, per esempio, all’uso di un’apparecchiatura non del tutto sterile durante la produzione, per rendere un farmaco inefficace o, nella peggiore delle ipotesi, tossico. “Il problema è che tutt’oggi gli stabilimenti indiani e cinesi, a differenza di quelli italiani ed europei, non sono obbligati a esibire un certificato Gmp, che sta per good manufacturing practices, e attesta il rispetto delle norme di produzione” avverte Baccalini. In Italia la certificazione Gmp viene concessa in seguito ai controlli degli ispettori dell’AIFA, che verificano non solo la qualità del prodotto, ma anche il rispetto dell’ambiente o la salvaguardia della salute dei dipendenti. I PIU’ RICHIESTI I 10 farmaci generici più diffusi in Italia e la loro percentuale sul totale delle vendite (tra parentesi l’equivalente di marca) Nimesulide * 13% (Aulin) A COSA SERVE: farmaco ad attività antinfiammatoria e antireumatica di tipo non steroideo Ceftriaxone * 7% (Rocefin e altri) A COSA SERVE: antibiotico in infenzioni da batteri Gram-negativi Ticlopidina * 7% (Tiklid) A COSA SERVE: antiaggregante piastrinico per la prevenzione di attacchi ischemici Atenololo * 5% (Atenol, Tenomax, Tenormin....) A COSA SERVE: farmaco antipertensivo Ranitidina * (Ranidil) A COSA SERVE: antiulcera 5% Amoxillina * 5% (Augmentin) A COSA SERVE: antibiotico battericida appartenente al gruppo delle penicilline semisintetiche. Furosemide * 4% (Fluss 40, Furosemide, Lasitone, Lasix....) A COSA SERVE: diuretico Enalapril 4% (Converten, Enapren, Naprilene) A COSA SERVE: ace-inibitore contro l’ipertensione Gabapentin * 3% (Neurontin, Aclonium) A COSA SERVE: trattamento del dolore Gliclazide * 2% (Diabrezide) A COSA SERVE: farmaco per il diabete mellito non insulino-dipendente Altri (84) * Principio attivo 45% PERCORSO A TAPPE Dallo studio della molecola alla farmacia Ricerca La strada che va dai laboratori di ricerca alla farmacia è lunga e complessa (alla fine solo 1 molecola su 10 mila arriva sul mercato). Nella prima fase, migliaia di molecole vengono “scremate” attraverso test preliminari effettuati in laboratorio. Questa selezione porta a individuare il principio attivo migliore del gruppo. Screening farmacologico Una serie di test in vitro indica se la sostanza scelta ha attività terapeutica, e verso quali patologie. Ai test in provetta seguono quelli sugli animali. Successivamente l’azienda chiede l’autorizzazione all’autorità regolatoria per passare alla fase I, e brevetta la molecola. Sperimentazione La fase 1 avviene su pochi volontari sani, per verificare che la sostanza non sia pericolosa. La fase 2 coinvolge più individui, malati, per stabilire dose minima efficace e durata del trattamento. La terza fase, su pazienti, è la sperimentazione randomizzata per verificare se la nuova molecola è davvero più efficace rispetto a quelle già esistenti. Fasi della produzione/Finissaggio L’azienda presenta un dossier all’autorità regolatoria per l’approvazione. Può produrre i componenti del farmaco nei suoi stabilimenti o acquistarli. In tal caso deve scegliere un fornitore di principi attivi che dia garanzie di affidabilità. La sostanza deve essere poi lavorata secondo processi di micronizzazione, setacciatura o macinazione. Questi possono essere fatti dalla ditta che produrrà il farmaco finito, o dall’azienda che ha prodotto il principio attivo, o da un’azienda terza specializzata. Confezione o packaging Il principio attivo viene miscelato con gli eccipienti (amido, lattosio, glucosio....) che facilitano stabilità, conservazione, somministrazione e assorbimento del prodotto. A seconda della formulazione, il farmaco viene confezionato in blister (compresse, capsule) bustine (granulati) o flaconi (liquidi). Nella scatola viene inserito il “bugiardino”. Prima di uscire dallo stabilimento, il direttore tecnico effettua un controllo per garantire che quel lotto sia conforme alle specifiche. “In Italia ci sono 133 impianti di produzione di principi attivi: 69 (quasi il 52 per cento) in Lombardia, ma ve ne sono anche in Piemonte e Lazio. Nel 2005 sono stati tutti ispezionati e certificati” continua Martini. L’Italia esporta materie prime e semilavorati farmaceutici in paesi come gli Stati Uniti. “Ebbene, se la mia azienda vuole vendere principi attivi sul mercato americano, deve sottostare ai controlli degli ispettori della FDA, che verificano se il mio prodotto è all’altezza dei loro standard e se il mio impianto rispetta le leggi antinquinamento, che in Europa sono più severe che in Cina” afferma Francesco De Santis, Presidente dell’Italfarmaco. Al contrario, le Imprese indiane o cinesi che vendono in Europa devono semplicemente esibire un attestato di idoneità rilasciato dalle autorità locali. Non è ancora previsto che l’Emea, l’Ente europeo che regola il mercato dei farmaci, possa condurre ispezioni a sorpresa negli stabilimenti asiatici. “Quando si tratta di farmaci, io non mi fido delle certificazioni locali. Il fatto che l’Emea non ha una rete di ispettori efficiente. Soprattutto, risponde alla direzione dell’Industria, non a quella della Sanità pubblica, dunque più portata a tutelare gli interessi delle aziende che quelli dei consumatori” avverte Silvio Garattini dell’Istituto Mario Negri di Milano. Quali sono allora i rischi per i pazienti? In passato, in Germania ci sono stati casi di principi attivi importati dall’India la cui impurità è stata accertata da laboratori di ricerca. “Uno studio pubblicato sul Journal of pharmaceutical and biomedical analysis nel 2004 ha messo a confronto la qualità delle compresse del principio attivo clopidogrel con 18 copie generiche provenienti da India e Uruguay” racconta Alberto Mangia della Chemical Pharmaceutical Generic Association. Ebbene nessuna delle copie è risultata avere purezza analoga all’originale e, in nove casi il principio attivo era sottodosato. Analoga sorpresa quando si è proceduto al confronto tra l’antibiotico Ceftriaxone e 34 copie generiche: “Gli standard qualitativi europei e americani sono risultati violati in 18 occasioni, per problemi di sterilità e impurezze” scrivono sul Journal of Chemotherapy due ricercatori dell’Università di Birmingham. Confronto con gli altri paesi __________________________________________ Diffusione di farmaci generici nel mondo nell’aprile 2005 (i dati mensili sono indicativi per tutto l’anno) Austria Belgio Canada Danimarca Francia Germania Gran Bretagna Italia* Olanda Portogallo Rep.Ceca Svezia Ungheria Vendita farmaci di marca Vendita generici unita’ (in milioni) unità (in milioni) 183 231 130 76 2.800 1.550 1.000 1.600 259 258 240 148 334 23,5 20 50 31 382 500 500 65 126 16 130 21 125 Valore in percentuale dei generici 12,8 8,7 38,5 40,8 13,6 32,3 50 4,1 48,6 6,2 54,2 14,2 37,4 * In Italia, a maggio 2006, la percentuale di generici rispetto alla spesa farmaceutica complessiva è passata dal 2,3% al 3,51% In Italia, oltre ai grandi tedeschi come Ratiopharm e Stada, o gli israeliani della Teva, il mercato dei generici è diviso tra piccoli produttori nazionali e grandi multinazionali che ai farmaci con marchio affiancano una linea di produzione a prezzi più bassi. Ma sapere quale quota di materia prima venga importata dai paesi asiatici è praticamente impossibile: alla richiesta di informazioni molte multinazionali non rispondono. A difendere la categoria dei farmaci equivalenti è Roberto Teruzzi, Presidente dell’Assogenerici. “In Italia non più del 20 per cento dei principi attivi proviene dall’Asia” afferma “Il punto, semmai, è che con l’attuale tendenza alla riduzione dei prezzi dei farmaci, l’Europa, e dunque anche l’Italia, sta aprendo le porte all’arrivo massiccio di aziende indiane che, con i loro costi di produzione inferiori, possono vendere i loro farmaci direttamente nel nostro Paese”. Prima ad arrivare in Italia è stata la Ranbaxy, qualche anno fa al centro di polemiche per la richiesta da parte dell’Oms di ritirare dal mercato i suoi farmaci generici antiaids, a causa di discrepanze nella bioequivalenza. Anche nei medicinali di marca comunque si possono trovare principi attivi indiani o cinesi. “In genere le multinazionali producono la materia prima in proprio “ spiega Karim Bitar, Presidente e Amministratore Delegato della Eli Lilly Italia “ma non per tutti è così. Nel nostro caso, proviene dall’Asia circa il 5 per cento del totale”. Dalla Sanofi-Aventis fanno sapere che “al 99 per cento la produzione è interna, ma non possiamo escludere che una minima parte dei principi attivi venga dalla Cina”. “Esiste una quota di principi attivi importati dall’Asia, però le aziende devono essere in grado di controllarne la qualità” aggiunge Sergio Maria Liberatore, Amministratore Delegato della Schering. Generico o di marca ______________ Che cosa c’è da sapere • • • I generici sono la copia di un farmaco originale messo a punto da un’industria che lo ha brevettato. Scaduto il brevetto, il farmaco può essere prodotto da un’azienda autorizzata e venduto con il nome del principio attivo. L’importante è che sia rispettata la bioequivalenza: il principio attivo del generico deve avere la stessa composizione qualitativa e quantitativa del medicinale di riferimento. Deve inoltre avere la stessa forma (compresse, capsule, sciroppi.....) e le stesse indicazioni terapeutiche. In quanto farmaco “essenzialmente simile”, comunque, l’azione del generico nell’organismo può discostarsi da quella dell’originale del 15-20 per cento: entro questo limite la variabilità nell’efficacia è considerata accettabile. A determinare le differenze è anche la scelta degli eccipienti, che rendono stabile il principio attivo, ne facilitano l’assorbimento e lo proteggono da sbalzi di temperatura o umidità, e insieme ne aumentano il volume per consentire la preparazione di compresse (o di qualunque altra forma) di dimensioni pratiche. Caratteristiche chimiche e purezza sono controllate dall’Istituto Superiore di Sanità, l’immissione in commercio è autorizzata dal Ministero della Salute, sulla base di una documentazione che ne attesta la bioequivalenza. Dunque, in assenza di regole comuni, a garantire della buona qualità del principio attivo è la stessa multinazionale, che sceglie di servirsi dai fornitori che ritiene più adeguati. Una sorta di autocertificazione. Che a molti non appare sufficiente. “Chiediamo che l’Europa armonizzi la normativa relativa alle Gmp in tutti i Paesi, e consenta l’importazione solo di quei principi attivi certificati con ispezioni delle autorità europee e internazionali” sottolinea Baccalini. Non solo: tra le richieste del settore c’è anche un sistema di tracciabilità del principio attivo, in modo che ogni consumatore possa sapere cosa contiene quella determinata compressa. E scegliere di conseguenza.