Percorso D - Zanichelli online per la scuola

unità D1
l’europa tra assolutismo e liberalismo
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percorso
Sintesi dell’unità D1
1.1L’assolutismo
Nel XIII secolo i sovrani europei resero il proprio potere autonomo da quello dell’imperatore e nel
XIV secolo lo resero assoluto, limitando quello dei feudatari e delle assemblee dei rappresentanti
della nobiltà, del clero e della borghesia cittadina. I sovrani esercitavano il potere attraverso la burocrazia, mentre l’esercito permanente aveva sostituito le milizie feudali. I fondamenti teorici
dell’assolutismo furono posti nel Cinquecento dallo scrittore francese Jean Bodin nell’opera Sei libri sullo Stato, ma il termine cominciò a essere adoperato solo alla fine del Settecento.
1.4Le guerre di Luigi XIV
Le imprese militari di Luigi XIV non furono fortunate: egli cercò inutilmente d’imporre con le armi
il predominio della Francia in Europa. Le aspirazioni espansionistiche del Re Sole suscitarono forti
preoccupazioni in Europa e nel 1686 si formò contro di lui un’alleanza, la Lega di Augusta, che comprendeva la Spagna, l’Austria, l’Olanda e la Svezia. Si combatté una lunga guerra, che si concluse
con la pace di Rijswijk (1697), con la quale la Francia dovette rinunciare al tentativo di conquistare
il predominio nel continente.
1.5, 1.6Il regime parlamentare inglese
Mentre in Francia trionfava l’assolutismo, in Gran Bretagna si affermava definitivamente il regime
parlamentare. Nel parlamento si fronteggiavano due partiti, i whigs (che possono essere associati ai
liberali) e i tories (conservatori). Per impedire che la monarchia inglese si trasformasse in una monarchia cattolica, whigs e tories invocarono l’intervento dell’olandese Guglielmo d’Orange, che nel
1689 salì al trono a conclusione di quella che fu definita «pacifica e gloriosa rivoluzione». Dopo il
1714 la Gran Bretagna fu governata dalla dinastia degli Hannover, di origine tedesca: il disinteresse
per l’attività di governo mostrato da Giorgio I e Giorgio II diede maggiori poteri al governo, che in
quegli anni cercò anche d’influire sulle elezioni, per avere un parlamento disposto a sostenerne
l’azione. L’ascesa al trono di Giorgio III, nel 1760, pose fine al governo dei whigs. A partire da questo sovrano la dinastia degli Hannover divenne definitivamente inglese. In quegli anni il maggior
rappresentante del liberalismo fu il filosofo John Locke, il quale sostenne che gli uomini si garantiscono il godimento dei diritti naturali (alla vita, alla proprietà, alla libertà e all’uguaglianza), formando un «unico corpo politico», cioè uno Stato che nasce per un accordo tra i cittadini. Locke fu
anche un sostenitore della tolleranza in materia di libertà religiosa.
1.7L’assolutismo russo di Pietro il Grande
L’assolutismo fu lo strumento di cui si servì lo zar Pietro il Grande per modernizzare ed europeizzare la Russia, sull’esempio dei paesi economicamente più progrediti. Egli limitò fortemente il potere
dei nobili, i boiari, e fondò San Pietroburgo, dove trasferì la capitale. In questo modo la sede dello
zar si avvicinava maggiormente all’Europa. In politica estera Pietro il Grande cercò di conquistare
uno sbocco sul mar Baltico e sul mar Nero, combattendo rispettivamente contro la Svezia e contro
l’Impero turco. I progetti ambiziosi dello zar richiedevano una pesante pressione fiscale, che ricadeIdee per insegnare la storia con
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Sintesi
L’assolutismo si affermò anzitutto in Francia e trovò un simbolo nella reggia che Luigi XIV fece
costruire a Versailles. Luigi XIV assunse per sé la guida politica del regno, giovandosi della collaborazione di consigli che si occupavano degli affari correnti e di un gran consiglio, con la funzione di
corte suprema della giustizia. Il re lasciò mano libera al suo ministro, Jean‑Baptiste Colbert, in materia di politica economica e finanziaria. Sostenitore del mercantilismo, Colbert attuò una politica
protezionistica di sostegno alla manifattura nazionale e fondò una compagnia per il commercio con
i paesi d’oltreoceano: la Compagnia francese delle Indie orientali. Tuttavia, l’economia francese si
basò fondamentalmente sull’agricoltura, dove continuarono a persistere elementi di feudalesimo.
Sotto Luigi XIV il gallicanesimo e il giansenismo contribuirono a dare al clero francese un atteggiamento di maggiore autonomia da Roma. Ma tutti i francesi, anche gli ugonotti, che fino a quel momento avevano professato il calvinismo, furono costretti, con l’editto di Fontainebleau (1685), ad
accettare il cattolicesimo.
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1.1, 1.2, 1.3L’assolutismo in Francia
percorso
D
unità D2
le guerre della prima metà del settecento
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.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Data . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . va soprattutto sui contadini. La Russia rimase un paese agricolo, dove i contadini, che rappresentavano la maggior parte della popolazione, vivevano in condizioni molto difficili.
1.8Lo scontro tra l’Austria e l’Impero ottomano
Nella seconda metà del secolo l’Austria arrestò l’avanzata degli Ottomani, che erano giunti alle
porte di Vienna. Nel 1683, anche grazie all’intervento del re di Polonia Giovanni Sobieski, essi furono sconfitti e respinti nella battaglia di Kahlenberg. In quel momento l’Impero ottomano aveva
raggiunto il limite massimo della sua espansione in Europa.
Sintesi dell’unità D2
2.1Le cause delle guerre di successione
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Sintesi
Tutte le potenze europee aspiravano a mantenere l’equilibrio. Nel 1700, alla morte del re di Spagna
Carlo II, si aprì in Europa un periodo di conflitti che furono chiamati le tre guerre di successione,
perché vennero combattute per decidere la successione al trono di Spagna, di Polonia e d’Austria.
Le dinastie europee volevano impedire che sui troni vacanti salissero membri di dinastie avversarie.
In questo modo, infatti, sarebbe stato turbato l’equilibrio tra gli stati europei.
2.1La guerra di successione spagnola
La prima guerra di successione fu quella spagnola (1702) ed ebbe uno svolgimento complesso. In un
primo tempo fu favorevole al pretendente austriaco, Carlo d’Asburgo, ma, a causa della morte
dell’imperatore d’Austria, Carlo ottenne anche il titolo di imperatore. Gli alleati, dunque, per evitare un eccessivo rafforzamento degli Asburgo, lo abbandonarono. Carlo fu costretto a rinunciare al
trono di Spagna, rimanendo imperatore d’Austria con il nome di Carlo VI. I troni di Spagna e
dell’Impero, in questo modo, rimasero separati, ma l’imperatore ottenne i Paesi Bassi, il Milanese e
il Napoletano. Ebbe così fine il predominio spagnolo in Italia.
2.2, 2.3, 2.4La guerra di successione polacca
La seconda guerra, per la successione al trono di Polonia, fu combattuta in Italia e vide Austria e
Russia contrapporsi a Francia, Spagna e al regno di Sardegna. A conclusione della guerra il trono di
Polonia andò ad Augusto III di Sassonia, il candidato sostenuto da Austria e Russia. In Italia il Milanese restò all’Austria, mentre nel Napoletano nacque un regno indipendente, governato da Carlo
III di Borbone. La prima e la seconda guerra di successione, pur non riguardando l’Italia, ebbero
conseguenze rilevanti sull’assetto politico‑territoriale italiano.
2.5La guerra di successione austriaca
La guerra di successione austriaca, per il trono imperiale, ebbe un carattere diverso dalle precedenti. Il titolo era stato lasciato a Maria Teresa, figlia di Carlo VI, il quale, nel 1713, aveva emanato una
prammatica sanzione, che riconosceva anche alle figlie il diritto di salire al trono. La Prussia, sostenuta dalla Francia, si era opposta: in realtà, il re di Prussia Federico II voleva cogliere l’occasione
per conquistare la Slesia e alla fine del conflitto riuscì ad annettersela. Maria Teresa, grazie alla morte di Carlo VII, suo rivale poté infine diventare imperatrice. La situazione fra Prussia e Austria rimase comunque tesa.
2.5La guerra dei Sette anni e le colonie
Maria Teresa cercò di riprendere la Slesia con la guerra dei Sette anni, che si combatté dal 1756 al
1763, appoggiata dalla Francia, dalla Russia e, in seguito, anche dalla Spagna. La Gran Bretagna si
schierò al fianco della Prussia. Nel 1762 la Russia si ritirò e questo evento portò, nel 1763, alla pace
di Hubertsburg. Nel corso del conflitto la Gran Bretagna tolse alla Francia le colonie che aveva in
India e una parte di quelle che possedeva nell’America del nord. Inoltre, anche se non erano stati
ottenuti vantaggi territoriali, l’immagine della Prussia sullo scenario europeo ne uscì rafforzata, grazie alla forza militare dimostrata.
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unità D3
una rivoluzione nella cultura
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.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Data . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . D
percorso
Sintesi dell’unità D3
3.2L’Illuminismo
Nel 1784 il filosofo tedesco Immanuel Kant definì l’Illuminismo «l’uscita dell’uomo dalla minorità».
Gli illuministi si proposero di scoprire la verità e di comunicarla al maggior numero di persone possibile. Il più importante frutto della loro attività culturale può essere perciò considerata l’Encyclopédie, apparsa nel 1751, un’opera in 28 volumi, coordinata da D’Alembert e Diderot. Gli illuministi ebbero un atteggiamento critico verso la religione; i loro maggiori rappresentanti si batterono per una visione del mondo fondata sulla tolleranza e sulla pace, perché solo in queste condizioni
l’umanità poteva progredire.
Inoltre, gli illuministi non ebbero bisogno del sostegno economico dei sovrani, perché l’Encyclopédie si rivelò una impresa imprenditoriale di successo: in questo modo l’attività culturale iniziò a trovare i propri mezzi di finanziamento nel mercato del libro. Le idee degli illuministi furono
diffuse in molti paesi europei dalla massoneria, una società segreta.
3.2, 3.3Il laicismo e Voltaire
Il pensiero illuministico fu sostenitore del laicismo. Alcuni illuministi furono atei, altri credettero in
Dio, ma non nella sua rivelazione agli uomini: furono perciò deisti, non fedeli di una Chiesa. Tra gli
illuministi ricordiamo Voltaire, deista, che ebbe una complessa visione del mondo: si batté per la
tolleranza e per la pace e s’impegnò in numerose battaglie civili. Voltaire fu anche uno dei maggiori
rappresentanti della storiografia illuministica: gli eroi delle sue opere storiche non furono solo i re, i
ministri o i condottieri, ma anche tutti coloro che avevano contribuito al progresso dei «costumi»
(della filosofia, delle lettere, delle arti, del commercio ecc.). Fu il primo a cominciare la narrazione
storiografica dal periodo medievale, rompendo con l’impostazione tradizionale che faceva partire
la storia dalla creazione dell’uomo.
3.4L’Encyclopédie e la scienza
L’Encyclopédie dedicò ampio spazio alla scienza e alla tecnica, che gli illuministi consideravano
fondamentali per combattere coloro che approfittavano della «credulità dei popoli». Uno dei due
curatori dell’Encyclopédie, D’Alembert, era un fisico; l’altro, Denis Diderot, era scrittore e scienziato e introdusse il concetto di trasformazione nelle scienze naturali.
Secondo Diderot la fede serviva a risparmiare all’uomo la fatica di pensare, mentre il filosofo
concepiva la libera riflessione come unico strumento adatto per la comprensione della specie
umana.
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Sintesi
Il liberalismo e l’Illuminismo segnarono un rinnovamento del pensiero e dell’azione politica, che
ebbe conseguenze rivoluzionarie. La patria del liberalismo fu l’Inghilterra, dove visse l’olandese
Bernard de Mandeville, che mise in rilievo l’importanza dell’operosità, affermando che un paese
può raggiungere il benessere anche in una società che non è virtuosa, purché i suoi abitanti siano
operosi. Un altro grande rappresentante del liberalismo fu l’inglese John Locke, il quale sostenne
che gli uomini si garantiscono il godimento dei diritti naturali (alla vita, alla proprietà, alla libertà e
all’uguaglianza), formando un «unico corpo politico», cioè uno Stato che nasce per un accordo tra i
cittadini. Locke fu anche un sostenitore della tolleranza in materia di libertà religiosa.
Il francese Charles‑Louis de Secondat barone di Montesquieu, ispirandosi alla società inglese,
celebrò la monarchia costituzionale, fondata sulla divisione dei poteri, esecutivo, legislativo e giudiziario. Egli affermava che le leggi dovevano adattarsi alle caratteristiche di ogni popolo e che queste
erano influenzate dal clima e dall’estensione territoriale.
Diversamente da Montesquieu, il filosofo francese Jean‑Jacques Rousseau sostenne che la società ideale era esistita solo nello stato di natura, prima che la nascita della proprietà privata desse
origine alle disuguaglianze. Nel 1762 Rousseau pubblicò un’opera intitolata Il contratto sociale, in
cui sostenne che occorreva fondare la società su un libero accordo fra tutti i suoi membri, che avrebbero trasferito i propri diritti naturali alla comunità secondo un «contratto». Nell’opera di Rousseau si possono scorgere i princìpi fondamentali della democrazia diretta, contrapposta a quella rappresentativa, tipica del modello inglese.
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3.1, 3.2Locke, Montesquieu e Rousseau
percorso
D
unità D4
l’assolutismo illuminato e le riforme
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.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Data . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.5L’Illuminismo italiano
Gli illuministi italiani affrontarono questioni teoriche, come il milanese Cesare Beccaria, che
nell’opera Dei delitti e delle pene condannò la pena di morte e la tortura e il napoletano Gaetano
Filangieri, che si occupò dei princìpi della legislazione. Altri, invece, furono funzionari, come Pietro
Verri, o ministri, come Giuseppe Palmieri. L’organo di stampa degli illuministi settentrionali fu «Il
Caffè», fondato dai fratelli Verri (Pietro e Alessandro). L’Illuminismo nel meridione ebbe sorti diverse rispetto all’Italia settentrionale: il movimento riformatore del regno di Napoli fu, infatti, caratterizzato dall’impossibilità di realizzare le molte cose che vennero dette e scritte. Questa realtà
provocò un forte malcontento fra gli intellettuali del Mezzogiorno, di cui Filangieri fu il maggiore
portavoce.
3.6Il cosmopolitismo
Nei secoli precedenti tra gli intellettuali italiani era molto diffuso il cosmopolitismo: non avendo
una patria, essi si sentivano cittadini dell’Europa, dove erano tenuti in gran conto, nelle corti, come
rappresentanti della cultura italiana. Nel Settecento nacque una nuova forma di cosmopolitismo,
che univa gli intellettuali di ogni paese, in nome delle idee dell’Illuminismo.
3.7I progressi scientifici
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Sintesi
Con l’inglese Isaac Newton, che seguì il cammino già tracciato da Galileo e Copernico, si affermò
definitivamente il pensiero scientifico. A questa affermazione contribuirono i naturalisti, come il
francese Georges Buffon, il quale sostenne che la storia della natura, diversamente da quella umana, consente di avere una visione dell’intero universo. Newton non si pose contro la religione rivelata: non si chiedeva perché esistessero le leggi naturali, ma come funzionassero. La visione scientifica
del mondo cominciò ad avere un’ampia diffusione con gli illuministi, grazie all’Encyclopédie. Furono compiuti grandi progressi anche nella chimica e nella fisica, dove si verificò la scoperta dell’elettricità. Essi giovarono anche al miglioramento della vita quotidiana: l’illuminazione a gas, per esempio, cambiò la vita notturna delle città.
Sintesi dell’unità D4
4.1, 4.2, 4.3L’assolutismo illuminato in Prussia, Russia e Austria
L’influenza della nuova cultura fu sentita da alcuni sovrani, definiti illuminati, come Federico II di
Prussia, Caterina II di Russia e soprattutto Maria Teresa d’Austria e suo figlio, Giuseppe II. In Prussia l’attività intellettuale fu vista soprattutto come sostegno all’azione politica, che nei fatti era slegata da essa; in Russia non ebbe grande influenza sull’attività di governo. La più efficace politica riformatrice, rivolta all’ammodernamento dell’amministrazione e alla limitazione del potere della
Chiesa, venne attuata da Maria Teresa d’Austria. Giuseppe II continuò la politica della madre: la
sua originale linea di governo venne definita giuseppinismo e fu caratterizzata da un’impronta antiecclesiastica. Nel 1787 l’imperatore fece approvare un nuovo codice penale, con cui vennero abolite la tortura e la pena di morte, e che rese tutti i cittadini uguali davanti alla legge. Le riforme di
Giuseppe II suscitarono malcontento fra le file della nobiltà, costretta a pagare le imposte dovute
alla formazione di un catasto.
4.4, 4.5Le riforme in Italia
In Italia le riforme furono attuate soprattutto in Lombardia e in Toscana, regioni che erano sotto il
dominio o sotto l’influenza dell’impero austriaco. La Lombardia venne governata dagli imperatori
austriaci con la stessa politica riformatrice attuata in Austria. Furono rinnovati, infatti, l’apparato
amministrativo e quello produttivo. Venne inoltre compilato un catasto, che rendeva più efficace
l’imposizione fiscale e venne limitato il potere della Chiesa. In Toscana l’azione riformatrice fu promossa dal granduca Pietro Leopoldo I (il futuro imperatore Leopoldo II). Nel regno di Napoli i
tentativi compiuti da Carlo III di Borbone e dal ministro Bernardo Tanucci diedero scarsi risultati, a
causa della forza della feudalità. Nel 1759 Carlo III venne chiamato al trono di Spagna e il regno di
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unità D5
le rivoluzioni demografica, agricola, industriale e il capitalismo finanziario
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.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Data . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Napoli rimase praticamente nelle mani di Tanucci. La sua azione politica fu rivolta essenzialmente a
limitare il potere della Chiesa nel regno. L’economia del Mezzogiorno era fondata sull’agricoltura,
ma le tecniche erano ancora molto arretrate. Inoltre, la maggior parte delle risorse del regno veniva
assorbita da Napoli, in cui la popolazione aveva raggiunto un livello decisamente sproporzionato
rispetto alle province.
D
percorso
Sintesi dell’unità D5
5.3, 5.4La rivoluzione agricola
Il termine «rivoluzione» è stato adoperato anche per l’incremento della produzione agricola, ottenuto grazie alle recinzioni delle terre (enclosures), che resero più vantaggiosi gli investimenti in
agricoltura. Per il Settecento esso si riferisce all’impiego delle macchine e di nuovi mezzi di coltivazione. Si diffusero anche le colture della patata e del mais. Gli agronomi iniziarono lo studio scientifico dell’agricoltura e i fisiocrati, come François Quesnay, teorizzarono lo sviluppo del capitalismo
agrario e chiesero la libertà di commercio.
5.5Le banche e il capitalismo finanziario
Nel corso del Settecento rimase viva l’impressione destata da due crisi finanziarie che si verificarono in Francia e in Inghilterra nel 1720. La prima fu provocata dall’attività del banchiere di origine
scozzese John Law; la seconda da una serie di speculazioni borsistiche sulle azioni della britannica
South Sea Company. Il ricordo del crollo del valore di queste azioni e di quelle della Compagnia del
Mississippi di John Law rimase vivo in tutto il Settecento.
5.6, 5.8, 5.9La rivoluzione industriale
Negli ultimi decenni del Settecento si ebbe la rivoluzione industriale, che consistette principalmente
nel passaggio dalla manifattura all’industria accentrata (cioè alla fabbrica), reso possibile dall’impiego di capitali, dalla costruzione delle macchine e dalla divisione del lavoro. Nacquero le fabbriche e le città industriali, in cui si trasferivano molti contadini in cerca di lavoro. L’invenzione della
macchina a vapore, la sostituzione della legna con il carbone e la lavorazione del ferro diedero un
ulteriore impulso alla rivoluzione industriale.
5.8, 5.9. Le cause del primato inglese nell’industria
La culla della rivoluzione industriale fu l’Inghilterra, per diverse ragioni: l’Impero inglese formava
un grande mercato; in Inghilterra si erano già sviluppati il capitalismo commerciale e quello agrario;
la società inglese, a causa delle sue strutture liberali, era aperta alle innovazioni. L’industria nacque
dalla manifattura tessile e si sviluppò soprattutto nel settore cotoniero. In un primo tempo le fabbriche sorsero lungo i corsi dei fiumi, per utilizzare l’energia idraulica, poi l’invenzione delle macchine
a vapore ne rese possibile una maggiore diffusione, nelle regioni che erano ricche di carbone.
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Sintesi
Nella seconda metà del Settecento la popolazione europea, che era stata decimata dalla peste di
metà Seicento, raggiunse di nuovo livelli molto elevati. Questa volta, diversamente da quanto era
avvenuto in passato, la crescita non fu interrotta da una crisi demografica. Grazie alla scomparsa
della peste e ai progressi compiuti dalla medicina la popolazione continuò ad aumentare, sicché si è
parlato di rivoluzione demografica; questa fu resa possibile anche dai progressi nell’agricoltura e
dallo sviluppo dei traffici, che permetteva di trasportare il frumento lì dove il raccolto era stato scarso. Oltre alle merci, nel corso del Settecento iniziarono a spostarsi anche molte persone: si verificò,
infatti, una forte emigrazione verso le colonie inglesi dell’America del nord. Il trasferimento di uomini fu anche coatto, a causa della tratta degli schiavi dall’Africa all’America.
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5.1, 5.2La rivoluzione demografica
percorso
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le rivoluzioni demografica, agricola, industriale e il capitalismo finanziario
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.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Data . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.7, 5.9, 5.10Le condizioni degli operai
I contadini, trasformatisi in operai, dovettero spesso dedicarsi a un lavoro ancora più duro di quello
che avevano svolto nei campi, e dovettero anche affrontare difficili condizioni di vita, nei sovrappopolati quartieri operai che si andavano formando nelle città. Inoltre, l’utilizzo delle macchine veniva
spesso visto come un artificio, da parte dei proprietari delle fabbriche, per togliere lavoro ai tessitori
e ai filatori. Nel 1779, infatti, a Bolton, uno stabilimento industriale venne attaccato dagli operai e
i macchinari vennero distrutti. Solo con l’intervento dell’esercito fu possibile sedare la rivolta, ma
agitazioni del genere furono frequenti e il movimento dei distruttori delle macchine prese il nome
di luddismo.
5.11Smith, Ricardo e Marx
Adam Smith sostenne l’importanza della divisione del lavoro e dell’iniziativa individuale, stimolata
dall’interesse personale. David Ricardo sottolineò che i protagonisti del progresso economico erano gli imprenditori e sostenne che ogni paese si specializza nella produzione da cui ricava i maggiori
vantaggi. La tesi smithiana che i capitali nascono dal risparmio fu criticata da Karl Marx, il quale
sostenne che la loro accumulazione era stata effettuata con la violenza nei confronti dei contadini,
costretti ad abbandonare le terre e a trasformarsi in proletari. Inoltre, Marx rilevò che la divisione
dei processi lavorativi era, per l’operaio, causa dell’alienazione dal lavoro e motivo di frustrazione
personale.
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Sintesi
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