Elaborazione grafica dell’anticorpo legato all’emoagglutinina (IRB - USI) focus sulla ricerca USI - Istituto di ricerca in biomedicina (IRB) 10 Influenza addio? La speranza in un anticorpo firmato IRB L’obiettivo è la creazione di un vaccino antinfluenzale universale. La strada è ancora lunga, ma un primo fondamentale passo è stato fatto all’Istituto di ricerca in biomedicina (IRB) dell’USI. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Science, ha permesso d’identificare un anticorpo in grado di bloccare tutti i virus responsabili dell’influenza di tipo A, dall’influenza aviaria alla spagnola. «Il vero problema dell’influenza è nella biologia di questo virus, nel fatto che cambia ogni anno; il nostro obiettivo è sviluppare un anticorpo o un vaccino universale in grado di neutralizzare tutti i virus dell’influenza, attuali e futuri; così avremmo risolto il problema una volta per tutte.» Prof. Antonio Lanzavecchia (IRB - USI) Istituto di ricerca in biomedicina (IRB) - USI C’è un copione che si ripete ogni anno, puntuale: con l’autun- L’Istituto ha iniziato la sua attività nel 2000 con l’obiettivo no, arriva anche la nuova influenza stagionale, seguita dai soliti inviti e di migliorare la comprensione dell’immunologia umana. In questi raccomandazioni a procurarsi il nuovo vaccino. Un tamtam mediatico anni, sotto la direzione del prof. Antonio Lanzavecchia, ha saputo dagli effetti contrastanti che può sfociare in una sorta di psicosi colletti- attirare un numero crescente di ricercatori, promuovendo la ricerca va se accompagnato da un allarme pandemia, come accaduto nel 2009 in ambiti che vanno dagli aspetti cellulari e funzionali della risposta con la cosiddetta ‘influenza suina’, quando addirittura furono preparati immunitaria, ai meccanismi molecolari d’infiammazione due vaccini, uno per l’influenza pandemica e uno per la stagionale. Un e d’immunità innata e acquisita, dallo studio dei meccanismi di base copione che si ripete, e che al momento è l’unico possibile, visto che della biologia cellulare alla struttura delle proteine. In pochi anni, non esiste un vaccino buono per tutti i virus influenzali. La comunità l’IRB, che collabora anche con l’Istituto Oncologico della Svizzera scientifica lavora da decenni su questo fronte, ma nessuno fino ad oggi italiana, è riuscito ad affermarsi come uno dei migliori centri di aveva ottenuto un risultato come quello arrivato dall’IRB, dal gruppo del ricerca in immunologia a livello internazionale. Con l’intento prof. Lanzavecchia, che ha isolato un anticorpo capace di neutralizzare di migliorare la sua integrazione nel mondo universitario svizzero, tutti i virus influenzali di tipo A, fra i quali il virus dell’aviaria e il celebre e favorire un processo di consolidamento delle fonti di finanziamen- H1N1 responsabile della terribile spagnola del 1918, e della più recen- to, dal 2010 l’Istituto è affiliato all’Università della Svizzera italiana. te influenza suina. Nomi giunti agli onori della cronaca che potrebbero web: www.irb.ch in futuro restare solo un ricordo. Se la sperimentazione dell’anticorpo sull’uomo dovesse confermare i risultati ottenuti, l’obiettivo di un vaccino antinfluenzale universale non sarebbe più così lontano. USI - Istituto di ricerca in biomedicina (IRB) Dal superanticorpo al vaccino universale, una strada che passa dalla Svizzera italiana L’influenza è una malattia respiratoria da prendere seriamen- te, soprattutto per i rischi e le complicanze che può portare in persone anziane o bambini, malati cronici o con un sistema immunitario indebolito. Non ci sono farmaci, se non quelli usati per alleviarne i sintomi, e la sua eterogeneità è sorprendente: esistono migliaia e migliaia di virus influenzali, organizzati, nel caso dei virus di tipo A, essenzialmente in sedici diversi sottotipi, di questi solo alcuni, come l’H1 o l’H3, sono specifici le caratteristiche desiderate, un superanticorpo estremamente raro. Il risultato, ottenuto grazie ai finanziamenti giunti soprattutto dall’European Research Council e dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, è il frutto della collaborazione con un’altra realtà svizzera, la Humabs BioMed SA (Dr. Davide Corti) di Bellinzona, e il National Institute for Medical Research (Prof. John Skehel) di Londra, prestigioso centro di ricerca internazionale. Come spiega Lanzavecchia, non sappiamo ancora se l’anticorpo isolato sarà quello che porrà la parola ‘fine’ al problema dell’influenza, il cammino verso un vaccino capace di indurre questa specifica risposta immunitaria è tutt’altro che semplice. dell’uomo. Fra le caratteristiche chiave del virus influenzale c’è dunque la sua grande variabilità e adattabilità, per questo le difese messe a punto contro un certo virus non sono più efficaci per il virus dell’anno successiProf. Antonio Lanzavecchia (IRB - USI) vo e la composizione del vaccino dev’essere sempre aggiornata. Questa grande variabilità limita l’efficacia del nostro sistema immunitario: per bloccare l’infezione virale gli anticorpi devono colpire una particolare proteina del virus, l’emoagglutinina, la quale permette al virus di legarsi alle cellule dell’organismo colpito; è questa proteina che riesce a mutare ed evolversi rendendo il virus immune alla risposta anticorpale. Prof. Antonio Lanzavecchia «Il vaccino universale è un progetto ambizioso e richiederà ancora anni di lavoro; servono tecnologie e metodi d’indagine nuovi.» Com’è possibile dunque rompere un sistema così efficiente? “L’idea – racconta Lanzavecchia – è stata quella di cercare un anticorpo che fosse in grado di neutralizzare tutti i virus influenzali, e trovare, grazie a tale anticorpo, quello che noi definiamo il ‘tallone d’Achille’ del virus influenzale, cioè una struttura conservata in tutti i virus”. Un compito ambizioso, che ha richiesto la creazione di nuovi strumenti d’indagine, ma che alla fine ha portato all’identificazione di uno specifico anticorpo, denominato F16, in grado di bloccare tutti i virus influenzali di tipo A, fra cui quello dell’aviaria, della spagnola e della suina. Dopo aver isolato gli anticorpi dalle cellule responsabili delle loro produzione, le plasmacellule, presenti nel sangue nei giorni successivi a un’infezione virale, “siamo riusciti – continua Lanzavecchia – a prelevare e coltivare queste cellule singolarmente, a tenerle in vita per alcuni giorni e misurare gli anticorpi prodotti, identificando le plasmacellule produttrici dell’anticorpo che c’interessava; in particolare, abbiamo preso i due virus più distanti e ci siamo chiesti se non esistesse una cellula capace di produrre un anticorpo n. 10 - 2011 . 10 in grado di riconoscerli.” I ricercatori hanno analizzato più di centomila di queste cellule fino a quando non sono riusciti a isolare un anticorpo con Al momento, sono due le strade possibili: la prima è quella di usa- re l’anticorpo isolato come farmaco, produrlo in grandi quantità e somministrarlo a scopo preventivo o terapeutico a pazienti con gravi infezione da virus influenzale. La seconda via è quella di utilizzare i dati raccolti sulla struttura conservata nelle migliaia di virus studiati, per progettare un nuovo vaccino che sia in grado di proteggere da tutti i virus influenzali. “La nostra speranza – dice Lanzavecchia – è che questo anticorpo possa essere sviluppato dal punto di vista clinico in un farmaco per la cura e la profilassi dell’influenza; a questo proposito, un compito importante sarà quello affidato alla Humabs, una società spin-off dell’Istituto fondata negli Stati Uniti e oggi con sede a Bellinzona. Il suo compito sarà proprio quello di sviluppare a livello preclinico l’anticorpo, cercando poi una Big Pharma che sia in grado di sostenere il suo sviluppo clinico e la sua commercializzazione”. Ma le ricerche condotte all’IRB sul sistema immunitario e sui meccanismi di difesa dell’organismo non si limitano all’influenza, lo sviluppo di nuove tecniche e metodologie d’indagine ha permesso di studiare la risposta immunitaria rispetto anche ad altri virus. “Stiamo perseguendo un’idea, semplice ma promettente – conclude Lanzavecchia – che è quella d’isolare gli anticorpi che neutralizzano un virus, usare questi anticorpi per identificare le molecole bersaglio sul virus, e da queste molecole ricavare un vaccino, chiudendo così, in un certo senso, il cerchio: partiamo dall’anticorpo neutralizzante, grazie all’anticorpo identifichiamo le molecole riconosciute e poi usiamo queste molecole come vaccino per indurre lo stesso tipo di anticorpo; abbiamo chiamato questo processo ‘analytic vaccinology’. Grazie a questo approccio stiamo facendo grandi progressi e spero di poter raccontare presto un’altra bella storia.” Per saperne di più ascolta il podcast su www.ideatorio.usi.ch Università della Svizzera italiana Istituto di ricerca in biomedicina Grafica, immagini e testi sono a cura di [email protected] Traduzione a cura della prof.ssa Simona Cain Polli Università Institute for Svizzera Biomedicine Le schede Focus sulla ricerca, immagini e podcast della Research in sono scaricabili dal sito www.ideatorio.usi.ch Referente: Prof. Antonio Lanzavecchia Direttore Istituto di ricerca in biomedicina via Vela, 6 CH-6500, Bellinzona tel: +41 91 820 0310 email: [email protected]