Elettronica ed
elettrotecnica
1. Storia dell’elettricità
Le prime testimonianze storiche dei fenomeni legati all’elettricità sono attribuibili a due filosofi: Talete di Mileto (VI sec. a.C.) notò che una resina fossile, l’ambra (in greco élektron), se strofinata, attira particelle leggere; Aristotele (IV sec.
a.C.) constatò che per attrito possono prodursi fenomeni luminosi e studiò le
proprietà magnetiche del ferro. In generale, per tutta l’antichità e durante il Medioevo si ritenevano questi fenomeni frutto di pratiche magiche.
Dal Settecento in poi si svilupparono gli studi di elettrostatica e si cominciò a studiare anche l’elettricità atmosferica: nel 1750 un americano, Benjamin Franklin,
inventò il parafulmine.
Luigi Galvani (1737-1798), medico bolognese, eseguì alcune sperimentazioni con
le rane, che gli fecero ipotizzare l’esistenza di un’attività elettrica nei tessuti animali.
Alessandro Volta, nel 1799, costruì la prima pila, un generatore di corrente: in tal
modo spiegò che le contrazioni della rana erano dovute all’archetto bimetallico
che la toccava, provocando, appunto, una “corrente elettrica”, e non a una corrente già presente nel tessuto della rana.
Nel 1860 Antonio Pacinotti, con uno speciale “anello”, riuscì a ottenere una corrente continua indotta: nacque la dinamo, una macchina elettrica molto pratica
e di buon rendimento.
Nel 1882, a New York, Thomas Edison installò la prima centrale elettrica urbana; nel 1883 curò l’allestimento della centrale elettrica di Milano, la prima in
Europa e la seconda nel mondo.
Dalla fine del XIX secolo, ai generatori di corrente continua (dinamo) si affiancarono quelli a corrente alternata (alternatori), più semplici e adatti ad alimentare
le lampade per l’illuminazione di edifici e strade. II motore a corrente alternata
mise a disposizione dell’industria uno strumento assai più semplice e pratico,
rispetto alla macchina a vapore, per muovere le macchine. Ancor oggi l’energia
elettrica è quella più comoda da usare.
2. Natura dell’elettricità: la teoria elettronica
La chimica ci insegna che la materia è costituita da piccole particelle (molecole),
a loro volta composte da atomi. Ogni atomo possiede un nucleo, formato da un
certo numero di protoni (particelle con carica positiva) e di neutroni (particelle
prive di carica).
Attorno al nucleo, disposte su vari gusci, ruotano vorticosamente piccolissime
particelle, gli elettroni, che hanno carica negativa. In normali condizioni di equilibrio, nell’atomo protoni ed elettroni sono presenti in ugual numero; se, però, interviene una causa esterna (forza elettromotrice), gli elettroni più esterni e lontani
dal nucleo tendono ad allontanarsi, passando da un atomo all’altro: si crea, così,
all’interno dei corpi conduttori, un flusso di elettroni chiamato corrente elettrica.
La corrente elettrica è un flusso di elettroni che percorre un conduttore.
Affinché ciò possa verificarsi occorre che le cariche elettriche siano sollecitate da
un campo elettrico, cioè che alle estremità del conduttore si verifichi una differenza
di potenziale.
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Benjamin Franklin,
inventore del parafulmine,
raffigurato in un dipinto del XIX secolo.
Antonio Pacinotti con il modello
di dinamo da lui inventato.
+
+
+
+
Modello di atomo:
i protoni sono indicati
con il segno + (carica positiva)
e gli elettroni
con il segno ­­­­– (carica negativa).
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3. Conduttori e isolanti
Possiamo distinguere materiali in cui le cariche possono muoversi liberamente e altri in
cui le cariche non possono circolare o lo fanno con grande difficoltà. I primi si chiamano
conduttori, gli altri isolanti. Sono buoni conduttori dell’elettricità, per esempio, i metalli,
gli organismi viventi, l’acqua; sono isolanti la plastica, la gomma, il vetro, il legno.
4. Gli effetti della corrente elettrica
I fenomeni elettrici sono stati studiati e, in parte, dimostrati, analizzando gli effetti che
provocano, utilizzati anche nelle apparecchiature tecniche. Vediamo i più importanti.
a. Effetto termico
Mentre fluisce in un conduttore, la corrente elettrica incontra una resistenza: l’attrito, provocato
dal passaggio degli elettroni all’interno del materiale, genera un effetto termico, che si manifesta
con la produzione di calore.
Diversi apparecchi elettrodomestici (ferro da stiro, asciugacapelli, stufa elettrica) basano il loro principio di funzionamento proprio su questo effetto. Infatti, aumentando la resistenza all’interno del
conduttore si aumenta la produzione di calore, fino a rendere incandescente il conduttore stesso.
Dal 2009, progressivamente,
l’Unione europea ha messo al
bando le vecchie lampadine a
incandescenza, che consumano
molta elettricità.
b. Effetto luminoso
Aumentando la resistenza nel conduttore, oltre al calore si genera luce: questo fenomeno era
sfruttato, ad esempio, nei filamenti delle lampade a incandescenza, che sono molto luminose, ma
consumano una gran quantità di energia, per cui oggi sono state abbandonate.
c. Effetto chimico
La corrente elettrica può generarsi anche entro soluzioni chimiche (pila) ed essere immagazzinata chimicamente (accumulatori). Può provocare anche reazioni chimiche utilizzabili dall’industria, soprattutto per unire o separare metalli.
Nuova lampada
a basso consumo energetico.
d. Effetto magnetico
Consiste nella possibilità di generare, per mezzo di una corrente elettrica, fenomeni simili a quelli
provocati dai magneti, cioè di creare un campo magnetico. Le applicazioni tecniche di questo fenomeno sono numerose: si hanno nei generatori, nei motori elettrici, negli elettromagneti, ecc.
e. Effetto fisiologico
L’ effetto fisiologico si riferisce all’azione che l’elettricità compie su un organismo vivente. In alcuni
casi tale effetto provoca danni assai gravi, sotto forma di violente contrazioni dei muscoli, fino al
collasso cardiocircolatorio.
Per questo motivo è opportuno prendere le dovute precauzioni nei confronti delle apparecchiature
elettriche in ambiente domestico, scolastico e di lavoro, e imparare a difendersi dai fulmini.
Dinamo di una bicicletta.
5. La corrente continua e la corrente alternata
La corrente elettrica si manifesta con evidenza in natura, attraverso i fulmini ed altri fenomeni. La tecnologia ha reso disponibili generatori di corrente (chimici o meccanici) con
cui possiamo regolare a nostro piacimento il tipo di corrente elettrica. Ad esempio, nei
generatori chimici (pile) e nella dinamo (generatore meccanico) abbiamo la produzione di
corrente continua (c.c.), perché i poli (negativo e positivo) rimangono sempre gli stessi e gli
elettroni fluiscono, attraverso il conduttore, sempre nello stesso senso. Negli alternatori,
invece, si ha una continua inversione di polarità, per cui gli elettroni si muovono alternativamente in un senso e nell’altro, dando origine a una corrente alternata (c.a.).
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Faretto a led,
per illuminotecnica teatrale.
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6. Il circuito elettrico
Le apparecchiature elettriche funzionano solo se collegate all’impianto elettrico, che consiste in una serie di fili conduttori
uniti a formare un circuito. II circuito elettrico è un sistema che comprende almeno tre elementi fondamentali: il generatore,
i fili conduttori e l’utilizzatore. Quasi sempre è presente anche un interruttore, elemento non indispensabile, ma utile per
attivare e disattivare il circuito stesso. Vediamo, più da vicino, le parti costitutive e come funziona un circuito elettrico.
1. II generatore
II generatore è una macchina che
riceve energia (meccanica o chimica) dall’esterno (o la produce, come
una pila) e la trasforma in energia
elettrica. Produce una forza che
spinge gli elettroni lungo il circuito.
lampadina
(utilizzatore)
filo
conduttore
2. I fili conduttori
I fili conduttori hanno la funzione di
consentire il trasporto di energia dal
generatore all’utilizzatore: gli elettroni, spinti dalla forza del generatore,
vanno verso l’utilizzatore passando
attraverso un filo (di solito metallico),
per poi tornare al generatore stesso. I conduttori sono dimensionati in
funzione della quantità di corrente
che li attraversa.
Circuito elettrico
pila
(generatore)
1
Analogie fra circuito elettrico e circuito idraulico
B
B
2
a P b
A
c
2
dislivello
(differenza di
potenziale)
valvola
flusso dell’acqua
pompa
4. L’interruttore
Un circuito elettrico può essere
chiuso o aperto. Nel circuito chiuso
vi è continuità metallica lungo tutto
il circuito e la corrente può circolare. Nel circuito aperto non esiste la
continuità metallica fra le due estremità del circuito, per cui la corrente
non può circolare. L’interruttore ha
proprio il compito di aprire e chiudere il circuito a nostro piacimento.
Circuito idraulico
1
A
interruttore
3. L’apparecchio utilizzatore
L’utilizzatore è l’elemento che riceve energia elettrica attraverso i
conduttori e la trasforma in un’altra
forma di energia, richiesta dall’impiego previsto (luminoso, termico,
meccanico).
flusso di elettroni
causato dalla differenza
di potenziale
elettroni
polo negativo
polo positivo
conduttore
generatore di corrente
polo
polo
flusso di
elettroni
conduttore
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Possiamo capire meglio come funziona un circuito elettrico mettendolo a
confronto con un circuito idraulico, che distribuisce l’acqua nelle nostre
case.
Il modello idraulico è costituito da uno stantuffo (1), paragonabile al generatore del circuito elettrico, da due tubi (rispettivamente A di andata e
B di ritorno), paragonabili ai due conduttori elettrici, dai rubinetti c e d,
paragonabili ai contatti a e b della presa P, e dalla ventola idraulica (2),
paragonabile all’utilizzatore (2) (lampada, televisore, frigorifero, ecc.).
Se mettiamo in funzione i circuiti osserviamo che:
a. Lo stantuffo (1), quando viene azionato, aumenta la pressione dell’acqua; analogamente il generatore (1) innalza il valore del potenziale
dell’elettricità prodotta: questo potenziale si chiama tensione.
b. La tensione arriva sino ai contatti a e b della presa P della nostra casa,
come l’acqua arriva ai rubinetti c e d, ma se alla presa non è collegato
nessun apparecchio (2), o se i rubinetti sono chiusi, non avviene nulla.
c. Quando, però, colleghiamo un utilizzatore 2 alla presa P, o apriamo i
rubinetti del modello idraulico, si chiude il circuito e attraverso l’utilizzatore 2 scorre una corrente elettrica, come attraverso la ventola (2)
scorre una corrente d’acqua.
d. La corrente d’acqua fa girare la ventola (l’elica di una nave o la ruota di
un mulino), che può produrre un lavoro; analogamente la corrente elettrica fa girare il motore dell’elettrodomestico, fa funzionare il televisore,
o accende la lampadina.
La tensione e la corrente sono, quindi, due cose ben distinte e diverse.
La tensione che è presente nelle nostre case ha un valore di 220 Volt, la
corrente, invece, può variare di molto.
Mediante il conduttore di ritorno, gli elettroni mobili, una volta attraversato l’utilizzatore, tornano al generatore, per essere di nuovo immessi nel
circuito.
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7. Elementi elettrici e loro simboli (secondo le Norme UNI)
Nella pratica tecnica, per indicare gli elementi di un circuito elettrico si usano appositi simboli (per lo più riconducibili
a semplici figure geometriche). Osserviamo, come esempio, la rappresentazione schematica di un comune circuito
elettrico (chiuso e aperto) secondo la normativa UNI, di validità internazionale
SIMBOLI
lampadina
polo positivo
pila
circuito chiuso
interruttore
circuito aperto
polo negativo
8. Le grandezze elettriche
Numerose sono le grandezze (e le relative unità di misura) che entrano in gioco nei fenomeni collegati con l’elettricità:
le più importanti, da conoscere e da non confondere tra loro, sono: intensità, tensione e resistenza.
Per le applicazioni tecnologiche nelle macchine elettriche, che compiono un lavoro, è opportuno chiarire anche il concetto di potenza.
Intensità (I)
Si definisce intensità di corrente, in un conduttore, la
quantità di carica elettrica che attraversa, nell’unità di
tempo (1 secondo), una sezione del circuito.
Tale grandezza, rilevata con amperometro o galvanometro, è
indicata con I; la sua unita di misura è l’ampere (A), in onore
dello scienziato francese André-Marie Ampère.
Resistenza (R)
La resistenza elettrica è una grandezza che interviene nei
fenomeni di passaggio di corrente all’interno di un conduttore:
corrisponde, in linea di massima, alla difficoltà che la corrente
incontra nel fluire attraverso un corpo.
Diversi fattori influiscono sul valore della resistenza: la natura
del materiale (ogni materiale presenta una sua resistenza
specifica o resistività), la lunghezza e la sezione del conduttore.
L’unità di misura della resistenza elettrica è l’ohm (Ω).
Tensione (V)
La tensione (o differenza di potenziale) esprime la differenza
di potenziale che esiste tra due corpi o tra due punti di
un conduttore, cioè la forza con cui gli elettroni vengono
spinti attraverso il conduttore.
L’unità di misura della tensione, rilevata dal voltmetro, è il
volt (V) in onore di Alessandro Volta. In genere, la tensione
di corrente utilizzata nelle nostre case corrisponde a 220 V
mentre nelle industrie è di 380 V. II livello della tensione può
essere innalzato o abbassato, a seconda delle necessità,
mediante il trasformatore di tensione.
Potenza elettrica (P)
La potenza elettrica (P) esprime il prodotto della tensione
per l’intensità della corrente: P = V•I
La potenza rappresenta, quindi, l’energia disponibile ai morsetti di
un circuito nell’unità di tempo. La sua unità di misura è il watt (W).
La legge di OHM
Le tre grandezze elettriche principali (intensità, tensione e resistenza) sono legate da
una relazione di fondamentale importanza, rappresentata dalla legge di Ohm, dal nome
dello scienziato che l’ha definita.
La differenza di potenziale o tensione (V) agli estremi di un conduttore, percorso
da corrente elettrica, è uguale al prodotto dell’intensità di corrente (I) per la
resistenza (R). La formula corrispondente è la seguente: V = I•R
L’intensità di corrente che passa in un circuito è, quindi direttamente proporzionale alla
tensione e inversamente proporzionale alla resistenza che si manifesta nel circuito
stesso.
In pratica, in un circuito percorso da corrente elettrica si determina un aumento
dell’intensità di corrente quando aumenta la tensione e diminuisce la resistenza,
mantenendosi l’analogia con l’impianto idraulico.
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Legge di OHM
V = I•R
Da questa formula diretta si ricavano
le altre due formule inverse:
I= V
R
R= V
I
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Collegamenti di resistenze
II collegamento in serie
Collegamento in serie di resistenze (resistori)
A sinistra lo schema grafico convenzionale e a destra il modello didattico. Inserendo un tester e modificando il numero e il tipo di resistori, possiamo constatare i
rapporti di variazione nella tensione, nell’intensità e nella resistenza.
Più resistori sono collegati in serie quando
sono connessi uno dopo l’altro, in modo
da essere attraversati dalla medesima corrente. L’intensità risulta essere uguale per tutti i resistori e la resistenza totale è data dalla
somma delle singole resistenze.
La tensione si ripartisce proporzionalmente
alla resistenza dei singoli elementi.
In questo tipo di collegamento si verifica il fatto
che, se si guasta un utilizzatore (ad esempio
una lampada), si interrompe il circuito e nemmeno gli altri utilizzatori possono funzionare.
II collegamento in parallelo
Collegamento in parallelo di resistori
A sinistra lo schema grafico convenzionale e a destra il modello. Inserendo un tester e modificando il numero e il tipo di resistori, possiamo constatare i rapporti di
variazione nella tensione, nell’intensità e nella resistenza.
Più resistori sono, invece, collegati in parallelo se hanno tutti gli estremi in comune.
In tal caso vengono attraversati dalla stessa
tensione e percorsi da intensità di corrente inversamente proporzionali alle loro resistenze.
Questo tipo di collegamento presenta il vantaggio di poter rendere indipendenti accensione e spegnimento di ogni apparecchio, anche
in caso di guasti: per questo motivo gli impianti di illuminazione domestica e industriale
sono realizzati con collegamenti in parallelo.
Collegamenti di pile
II collegamento in serie
Più elementi di pila possono essere collegati in serie, mettendo a contatto il polo negativo di un elemento con quello positivo
del seguente e così via: in tal modo si ottiene
una batteria di pile, la cui tensione (o forza
elettromotrice) totale corrisponde alla somma
delle forze elettromotrici di ogni pila, mentre
l’intensità I si mantiene costante, uguale a
quella fornita da ogni singola pila. La formula
generale è: Vt = V1+V2+V3
II collegamento in parallelo
II collegamento di pile in parallelo si ottiene unendo tra loro i poli negativi con i poli
negativi e i poli positivi con i positivi.
In questo caso la forza elettromotrice totale
è costante e corrisponde a quella del singolo elemento, mentre l’intensità di corrente I è
uguale alla somma delle singole intensità, secondo la formula:
It = I1+I2+I3
Nel collegamento in parallelo è necessario
che tutte le pile abbiano la stessa forza elettromotrice, onde evitare che si creino delle
correnti interne che consumerebbero il materiale in poco tempo.
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Collegamento in serie di pile
A sinistra lo schema grafico convenzionale e a destra il modello didattico. Se il
resistore è ad alta resistenza può succedere che la corrente non circoli. Se la resistenza è troppo bassa rispetto alla tensione e all’intensità, il resistore può fondersi
(vedi l’effetto sui fusibili).
Collegamento in parallelo di pile
A sinistra lo schema grafico convenzionale e a destra il modello. Inserendo un
tester e modificando il numero e il tipo di pile, possiamo constatare gli effetti sul
resistore.
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9. Applicazioni industriali dell’elettricità
Princìpi e leggi dell’elettricità trovano frequenti applicazioni nelle moderne tecnologie per le macchine industriali, i
trasporti, le comunicazioni, ma anche per gli elettrodomestici. L’elettricità è anche alla base dell’elettronica, presente
nella maggior parte delle apparecchiature che usiamo quotidianamente: dall’automobile al televisore, dal lettore audio al telefonino, dal computer alla lavatrice.
Osserviamo, sinteticamente, quali aspetti dell’elettrologia ritroviamo nelle varie applicazioni industriali.
a. L’elettrostatica studia i fenomeni
relativi a cariche elettriche in quiete.
b. L’elettrodinamica studia il moto dei
corpi materiali elettricamente carichi.
c. L’elettromagnetismo studia le interazioni fra i campi elettrici e magnetici.
d. L’elettrochimica studia le interazioni fra energia elettrica e chimica.
e. L’elettronica studia il moto degli
elettroni, la produzione di elettricità e
la sua utilizzazione nei circuiti.
f. L’illuminotecnica si occupa delle
applicazioni della legge di Joule, per
produrre radiazioni luminose nelle
lampade, ecc.
g. L’elettroacustica si occupa della
riproduzione di suoni, per mezzo di
apparecchiature elettriche ed elettroniche.
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h. L’elettrocardiografia registra e interpreta l’attività elettrica del cuore.
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i. L’elettroencefalografia registra ed
interpreta l’attività elettrica del cervello.
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10. Gli elettrodomesici
La tecnologia degli elettrodomestici è assai complessa, in molti casi, ma le funzioni principali sono sempre legate al
lavoro generato da un motore elettrico (più o meno potente), cui sono collegati attrezzi di vario genere, forma e dimensione. Al termine del loro ciclo di utilizzo, gli elettrodomestici vanno conferiti alle isole ecologiche per la raccolta
di rifiuti ingombranti. Osserviamo brevemente alcuni di essi:
guarnizioni plastiche
magnetiche
cella del congelatore
a. Frigorifero
serpentina di
espansione
dell’evaporazione
zona di
evaporazione
sportello
congelatore
cella frigorifera
accumulatore
alette di
raffreddamento
vaschetta di
recupero del
congelatore
zona di
condensazione
serpentina
del condensatore
termostato e
interruttore
luce interna
vaschetta
della frutta
isolante
termico
piedino di
livellamento
gocciolatoio
interno
valvola di
espansione
elettrovalvola entrata
acqua
vaschette per detersivo,
ammorbidente e
candeggiante
sistema a
pioggia
direzione flusso
liquido refrigerante
gruppo motore
e compressore
b. Lavatrice
scarico
acqua programmatore
cinghia di
trasmissione
cestello
rotante
vasca di
lavaggio
sportello
(oblò)
piedino di
livellamento
resistenza
(tra vasca e cestello)
pompa di
scarico
circuito di
riutilizzo
acqua
filtro
blocchi di
appesantimento
motore molla di
ammortizzatore
sospensione
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Si compone di un contenitore, con pareti isolanti, nel quale si pongono i cibi da conservare,
e di un piccolo compressore comandato da un
motore elettrico. Sulle pareti interne del contenitore vi sono delle serpentine metalliche, nelle quali scorre il fluido freddo, che mantiene
bassa la temperatura. Il fluido delle serpentine
(ammoniaca, biossido di carbonio, ecc.), allo
stato gassoso, viene dapprima compresso dal
motore e passa poi in un condensatore nel
quale si raffredda fino a diventare liquido. Il liquido viene successivamente lasciato espandere bruscamente, in modo da farlo tornare
allo stato di gas. Quest’ultimo processo avviene con assorbimento del calore dall’ambiente
e con la conseguente produzione del freddo.
Gli alimenti che sono posti nel frigorifero vengono in tal modo conservati, mantenendoli a
una temperatura di poco superiore agli zero
gradi o fino a -21 °C (congelatore), regolata
con un termostato.
Il lavaggio si esegue mediante operazioni a temperature diverse e con durate variabili.
Chiuso lo sportello, la lavatrice carica il cestello con
acqua e detergente, effettua alternativamente giri in
senso orario ed antiorario, in modo da impregnare
completamente i vestiti. Eseguito il lavaggio, la lavatrice scarica completamente l’acqua presente nel cestello e passa alla fase di centrifuga, in cui il cestello
gira molto velocemente per strizzare i capi e togliere
la maggior quantità di acqua possibile che impregna
ancora i vestiti. Completato il ciclo di lavaggio, è possibile aprire lo sportello ed estrarre i capi pronti per
essere stesi o asciugati da un asciugatore.
Di solito la lavatrice è dotata di ammortizzatori di sostegno nei quattro angoli inferiori e di molle che equilibrano
la vasca sospesa all’interno, per compensare le vibrazioni causate dalla velocità di rotazione della centrifuga.
è opportuno scegliere lavatrici di classe A (o meglio
ancora A+). Preferire programmi di lavaggio a basse
temperature (30-60 °C). Le lavatrici dell’ultima generazione, prima di eseguire un lavaggio, sono in grado
di pesare la biancheria, di dosare la giusta quantità di
acqua e di detersivo, e addirittura di scegliere il numero di giri di centrifuga più adatto al tipo di fibra: quindi
massima efficienza, sicurezza, risparmio di energia e
tutela dell’ambiente.
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11. L’elettronica
Mentre l’elettrotecnica si occupa della produzione, del trasporto e dell’utilizzazione dell’energia elettrica, l’elettronica trova impiego
nelle comunicazioni e nell’elaborazione delle
informazioni. Il confine tra le due scienze non
è molto netto. L’elettronica, che si fonda sul
comportamento dell’elettrone nel vuoto, ha cominciato ad avere spazio e sviluppo autonomo
solo dopo l’invenzione del telefono, del telegrafo e, soprattutto, della radio.
Si cominciò infatti a parlare di elettronica verso la fine del XIX secolo, quando fu possibile
regolare e controllare un flusso di elettroni tra
due elettrodi, all’interno di un tubo di vetro
sotto vuoto: era stata inventata la valvola, in
cui, con una piccola potenza elettrica, applicata
a una griglia interna, si poteva controllare una
potenza molto maggiore ai morsetti di anodo e
catodo (diodo, cioè a due elementi).
La valvola venne usata, inizialmente, come rilevatore nelle radio. Negli anni successivi, furono progettate e costruite molte apparecchiature dotate di valvole, che erano, però, grosse
e ingombranti, creavano problemi di surriscaldamento (effetto termoionico) e, dopo un certo
uso, si esaurivano.
Nel 1906, l’americano De Forest mise a punto il
triodo, a tre elementi, con l’inserimento di una
griglia regolabile con una manopola. Il triodo
era capace di funzionare come amplificatore di
un segnale elettrico e oscillatore: esso consentì
l’inizio delle radiotrasmissioni a lunga distanza.
Nel 1947, in sostituzione delle valvole, fu inventato il transistor che segna la nascita dell’elettronica “allo stato solido”, liberata dai problemi creati dalla precedente tecnologia del
vuoto.
La possibilità di utilizzare questi componenti,
di ingombro molto ridotto, ha spinto alla realizzazione di circuiti stampati, su una lastra di
materiale plastico, che hanno sostituito i complessi e ingombranti fasci di cavi di collegamento. Il miglioramento delle tecnologie di miniaturizzazione ha portato a realizzare i circuiti
integrati, dove centinaia di componenti vengono realizzati in un’unica piastrina di silicio
puro, un metallo semiconduttore assai diffuso.
Questa tecnologia ha reso possibile la realizzazione del microchip, il circuito integrato, inventato da Federico Faggin nel 1971, che sta alla
base dei moderni personal computer e di tutti i
computer “nascosti” anche negli strumenti che
usiamo quotidianamente.
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Gruppo di valvole termoioniche degli anni ‘50 del XX secolo.
Triodo di De Forest, 1907.
Modello del primo transistor, 1947.
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12. I componenti elettronici
I componenti elettronici possono essere attivi (a, b, c) o passivi (d, e, f, g). I principali sono:
a. Diodo: componente attivo che si
realizza unendo un semiconduttore
di tipo positivo con un semiconduttore di tipo negativo. Esso possiede
due terminali e permette il passaggio della corrente in un unico senso,
funzionando, così, come interruttore, che consente il passaggio o il
blocco della corrente in un circuito.
d. Condensatore:
componente passivo,
formato da due conduttori metallici separati da
materiale isolante (carta, ceramica, plastica o
aria), detto dielettrico. Il
dielettrico ha il compito
di trattenere le cariche
che riceve, cedendole successivamente in
modo continuo e assicurando, così, un flusso di corrente regolare
e controllato, anche
in presenza di sbalzi
nell’alimentazione.
b. Transistor: è il componente attivo fondamentale di quasi tutti i circuiti. È composto
da tre parti principali: l’emettitore, il collettore e la base, con tre terminali (elettrodi)
corrispondenti alle tre parti. Il suo funzionamento è quello di un amplificatore: il segnale elettrico che entra in uno dei suoi elettrodi
viene moltiplicato per un certo fattore, prima
di essere riemesso dagli altri due elettrodi.
e. Induttanza o induttore:
la creazione di un campo magnetico e il flusso di
corrente in un circuito si influenzano reciprocamente.
L’induttanza, componente
passivo costituito da una
bobina di filo di rame avvolta intorno a un nucleo
di ferro, magnetizzandosi
al passaggio di corrente alternata produce una forza
elettromotrice indotta, che
contrasta la variazione di
corrente, creando una impedenza. Le induttanze si
usano, quindi, nei circuiti
elettronici, per bloccare la
corrente alternata e lasciar
passare quella continua.
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c. Circuito integrato: riunisce su un’unica piastrina di silicio di alcuni millimetri
di lato migliaia di transistor, diodi, resistenze, condensatori, ecc. Il circuito integrato presenta il vantaggio di un basso
costo di produzione, ridotte dimensioni,
notevole velocità di funzionamento e
alta affidabilità: per questo è la soluzione ideale per i circuiti dei computer.
f. Trasformatore:
componente passivo, che ha il
compito di trasferire potenza elettrica da un circuito a corrente alternata a un altro circuito, variandone
la tensione. Risulta costituito da
due avvolgimenti in rame, isolati
tra loro, posti attorno a un unico
nucleo di ferro laminato (materiale
magnetico).
Uno dei due avvolgimenti, collegato a un generatore di corrente
alternata, trasferisce la corrente
nell’altro per effetto dell’induzione
elettromagnetica. Se il numero
delle spire del primo avvolgimento
è minore di quello del secondo, in
quest’ultimo si avrà una tensione
maggiore (trasformatore in salita);
altrimenti la tensione sarà minore
(trasformatore in discesa).
g. Resistenze o resistori:
Le resistenze sono componenti passivi e distribuiscono in modo controllato
la corrente, a resistenza e
tensione voluta, al punto
giusto del circuito. Materialmente il resistore è un
cilindretto fatto di grafite e
resine mescolate con argilla refrattaria; alle estremità
vengono inseriti due terminali in rame. Calcolata la
resistenza effettiva, si colora l’involucro secondo le
indicazioni del codice IEC,
per cui si ha visivamente
il valore della resistenza e
della relativa tolleranza.
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