Le strade dell`antica Roma Nell`antica Roma una fitta rete

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Le strade dell’antica Roma
Nell’antica Roma una fitta rete di strade percorreva i suoi domini, territori vasti e
dislocati in tutte le terre allora conosciute.
Era un sistema di grande importanza per amministrare i territori conquistati, ma anche
per affermare il proprio potere politico, economico e culturale.
I reperti archeologici e le fonti storiche assicurano che la conquista dei territori e la
costruzione delle strade sono avvenute contemporaneamente, ma si può facilmente
dedurre che costituissero esse stesse la testimonianza della conquista.
È stato calcolato che le strade costruite dai Romani si estendessero in Europa, Asia e
Africa per circa centomila chilometri e che fossero controllate e curate dall’esercito e
dalle maestranze romane
La qualità di tali opere è indiscutibile, visto che solo le grandi strade costruite nel secolo
scorso furono concepite prevalentemente come rettilinee, con ponti e gallerie che
evitano curve e tornanti, come quelle romane.
Le strade romane avevano nomi derivanti dai materiali che vi circolavano, come la via
Salaria, utile al trasporto del sale, o l’Argentea, su cui avveniva il trasporto dell’argento
(in Spagna).
Altre ricordavano il luogo dove venivano costruite, o la città alla quale si giungeva
da Roma, come la Ostiense.
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Ma la maggior parte di esse portava il nome di colui che ne aveva favorito la
costruzione: la via Appia, da Appio Claudio Cieco, la via Flaminia, da Caio Flaminio, la
via Emilia, da M. Emilio Lepido.
Le strade romane erano costruite con criteri rigorosi e materiali di diversa natura.
Innanzi tutto si disegnava il tracciato e si definivano gli argini, si sgomberava la parte
su cui si sarebbe costruita la strada: si disboscavano i terreni, si incalanavano le acque o
si deviavano i torrenti. Seguiva, poi, un profondo scavo dove si sovrapponevano
quattro “strati” di materiali. Fu per questo che la via veniva chiamata via strata, da cui
l’italiano strada, il tedesco Strasse, l’inglese street, l'olandese straat.
Il primo strato, lo statumen, era quello di base, fatto di grandi blocchi e sollevato dal
fondo almeno di 30 cm; su di esso la ruderatio, di altezza pari allo statumen, era
costituita da pietre tonde congiunte con calce; veniva sovrapposto a questo uno strato di
ghiaia sminuzzata grossolanamente e spianata con un grande rullo; infine il
pavimentum, il rivestimento di pietra basaltica durissima, praticamente indistruttibile.
La parte centrale della carreggiata era a “ schiena d’asino”, per facilitare lo scolo delle
acque verso i margini e i marciapiedi, dove il deflusso veniva raccolto in canaletti e
cunicoli.
Una strada romana era larga mediamente 4 - 6 metri per consentire a due carri che si
incrociavano di procedere senza problemi. I marciapiedi erano di terra battuta o
lastricati, larghi da 3 a 10 metri per ogni parte. Ponti e viadotti permettevano di superare
fossati e corsi d'acqua. Abbreviando i percorsi, essi evitavano di percorrere curve fatte
sia in salita sia in discesa in opposte direzioni.
Il percorso, se interrotto da fiumi o depressioni del terreno, si articolava in ponti o
viadotti che li superavano evitando tortuose salite e discese.
I viadotti erano imponenti terrapieni sorretti da immensi muri, a volte perforati da archi
alla base. Sulla via Appia, il viadotto vicino ad Ariccia del II secolo a.C., lungo 231
metri e alto 13 metri, viene percorso ancora oggi.
Per superare gli ostacoli, in alternativa ai viadotti, i Romani tagliavano la roccia, e
la strada, come nelle "tagliate etrusche", si incuneava stretta tra due pareti rocciose.
Molte strade alpine e la via danubiana rappresentano esempi di tale soluzione costruttiva.
La via Flaminia attraversava e attraversa ancora oggi una delle poche gallerie costruite
dai Romani. Si tratta della galleria del Furlo, nelle Marche, fatta costruire da
Vespasiano. Le strade divenivano viali alberati quando si avvicinavano alla città,
e lungo questi viali venivano edificati templi, sepolcri, statue, ville.
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La via Appia, la regina delle grandi vie consolari.
Roma, chiusa dalle mura serviane, era già una grande metropoli nel IV sec. a.C., quando
si preparava a sottomettere l'Italia, agli albori della Repubblica. Si rendeva necessario,
perciò, dotarsi di strade attraverso cui raggiungere anche luoghi molto lontani dall’urbe.
Fino a quel momento Roma era collegata a Ostia dalla via Ostiense, ad Ascoli dalla via
Salaria, a Capua dalla via Latina. Tutte e tre erano però sentieri polverosi, senza nessuna
cura.
La prima strada romana, la via Appia, fu fatta costruire da Appio Claudio Cieco, un
politico e letterato romano, dell’antica gens Claudia. Egli aveva un’accentuata
ammirazione per la civiltà greca e per questo tendeva ad avvicinare a essa il mondo
romano, convinto che per Roma avrebbe significato arricchirsi. Interessato alla filosofia
e alla letteratura, si dedicò all’attività letteraria, nonostante questa fosse considerata
indegna di un cittadino romano
Appio Claudio fece costruire anche il primo acquedotto che si estendeva lungo lo stesso
tracciato della via Appia. Utilizzò per primo il metodo del lastricato, che fu poi
applicato a tutte le strade romane.
Le strade romane erano attrezzate soprattutto per consentire ai cittadini di fare lunghi
viaggi in poco tempo. Mappe di marmo che ritraevano il tracciato delle strade romane
erano esposte nel Foro, a Roma. Su di esse erano segnalate i nomi delle città che le
strade toccavano, il nome dei fari, le fonti e i posti di ristoro. Chi doveva partire bastava
che nello stesso foro acquistasse un itinerarium, una sottomappa su pergamena, e
poteva avviarsi verso la meta prescelta.
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Lungo gli itinerari principali furono costruite le tabernae, locande dove ci si poteva
fermare per dormire o mangiare, delle fontane, dei mutatio, cioè dei posti dove il
tabellarius, il postino, poteva cambiare cavallo per conservare la stessa velocità per
tutto il percorso.
Plinio racconta che si potevano percorrere anche 200 miglia al giorno, quasi 350 km,
sulle strade romane. Tiberio percorse a questa velocità la strada per giungere dal fratello
malato in Germania.
Lungo le strade romane vi era anche la “segnaletica stradale”: pietre miliari, miliaria,
situate lungo la via ad ogni miglio, costituite da un tronco di colonna o di pilastro, che
specificavano le miglia percorse e quelle che ancora dovevano esserlo per giungere alla
meta.
La via Appia collegava Roma a Brindisi, il più importante porto per la Grecia e
l’Oriente. L’Appia è senza dubbio la più famosa strada romana che si è conservata
bene fino ai nostri giorni per lunghi tratti. I Romani la soprannominavano regina
viarum, regina della vie.
I lavori per la sua costruzione iniziarono nel 312 a.C, e si protrassero fino al 190 a.C.
Nel 71 a.C., 6000 schiavi si ribellarono guidati dal famoso Spartaco (Spartacus), dopo
la cattura e la morte del quale tutti i ribelli furono presi prigionieri e crocifissi lungo
la stessa strada fino a Pompei.
Durante il governo dell’imperatore Augusto la strada fu restaurata e ampliata. Altri
interventi di restauro avvennero ad opera di Vespasiano, Traiano e Adriano.
Caduto l’impero romano, la strada, poco usata, decadde per la mancanza di
manutenzione.
Dimenticata per secoli, fu riscoperta durante il Rinascimento. Ampi tratti della via Appia
vengono percorsi ancora oggi dalla automobili.
Sul tratto più vicino a Roma vi sono numerose tombe e catacombe cristiane, mentre
sul tratto cittadino dell’Appia Antica sono state realizzate dall’“aristocrazia romana”
negli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso straordinarie e lussuose ville.
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