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Vibrazioni ed energia solare: le eco batterie
L'università inglese di Bolton ha costruito una fibra ibrida che utilizza fotovoltaico e pzt per generare corrente elettrica. In Italia
all'avanguardia Wisepower
Scritto da Luca Dello Iacovo il 15 novembre 2010 alle 8:50 | 0 commenti
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23/02/2014 20:58
Photo: imec
Cellulari. Notebook. Sensori. Tablet. Lettori mp3. Un prototipo dell’università inglese di Bolton è in grado di utilizzare attraverso
una fibra ibrida tre fonti (solare, eolica e della pioggia) per alimentare i dispositivi portatili. Impiega materiali fotovoltaici e
piezoelettrici (il “pzt”, piombo zirconato titanato) che convertono le vibrazioni in energia elettrica: può generare fino a un watt per
una superficie di materiale 20×20 centimetri.
Il progetto riceverà finanziamenti per un miliardo di sterline (circa 1,1 miliardi di euro) dal “Knowledge Centre for Materials
Chemistry”, un centro di ricerca multidisciplinare per studi avanzati sui materiali. Ridurre la scala, migliorare l’efficienza energetica,
garantire la robustezza sono le principali sfide per lo sviluppo di minibatterie capaci di contribuire alla ricarica di piccoli dispositivi, o
assicurarla integralmente. Come nella telefonia mobile. Nokia, per esempio, ha presentato di recente un brevetto per un sistema
piezoelettrico che aiuta a allungare l’autonomia di un cellulare: le vibrazioni generate durante il trasporto vengono convertite in
corrente elettrica, come accade con alcuni modelli di orologi da polso.
Sono dispositivi per l’“energy harvesting”, la “raccolta” (harvest, in inglese, significa mietere) di energia dall’ambiente. Tra i pionieri
nel finanziamento e nello sviluppo di applicazioni commerciali, Boeing, Powercast, Advanced Cerametrics.
Un settore di frontiera è lo sviluppo di reti intelligenti: per esempio, sensori wireless per il monitoraggio di parametri
ambientali, come la temperatura, dove ogni dispositivo può contare sull’alimentazione attraverso tecnologie piezoelettriche.
E, all’orizzonte, le nanotecnologie permetteranno di costruire batterie grandi quanto un granello di polvere. Una frontiera sui cui
lavora l‘italiana Wisepower, fondata dal laboratorio Nips (Noise in physical system) dell’università di Perugia, che ha partecipato
all’esposizione di Shanghai. Entro l’anno prevede di lanciare un prototipo su scala centimetrica. La tecnologia, già brevettata, utilizza
piccole barre con un magnete ad un’estremità: semplificando, sono simili a trampolini. Oscillano se colpite da vibrazioni, ma non
ritornano in posizione orizzontale per l’azione di un altro magnete sullo stesso piano della barra. “Sono due le principali linee di ricerca:
l’innovazione dei materiali con maggiore potere piezoelettrico e lo studio delle proprietà dinamiche”, osserva Luca Gammaitoni,
amministratore delegato di Wisepower e direttore del Nips.
Secondo l’analisi di iRap l’anno scorso il valore stimato dell’industria piezoelettrica nel mondo ha raggiunto 6,6 miliardi di
dollari: la previsione è che raddoppi in quattro anni. Al momento, quasi la metà del giro d’affari globale (49%) è generata da
micromotori e attuatori con vasti campi di applicazione: informatica, robotica, ingegneria biologica, automotive, risparmio energetico.
Una fetta del 42% spetta alle tecnologie per l’ottica. E il 9% deriva da un insieme di sistemi eterogenee (minipompe idrauliche,
cartucce di inchiostro, iniettori di carburante). Di recente StMicroelectronics ha lanciato una generazione di mems (sistemi
microelettromeccanici) a basso consumo energetico.
A dare impulso alla tecnologia che vede il colosso franco-svizzero all’avanguardia sono stati i laboratori italiani di Castelletto
della St: è lì che sono stati progettati i mems installati in smartphone e console di videogiochi in grado di rilevare i movimenti.
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