PREMESSA Gli estrogeni, i più studiati tra gli ormoni steroidei, regolano svariate funzioni fisiologiche. Nell’organismo femminile gli estrogeni sono coinvolti nello sviluppo e nel mantenimento delle caratteristiche sessuali sia primarie, quindi legate alla riproduzione, sia secondarie, associate allo sviluppo della mammella, alla distribuzione dei peli e del tessuto adiposo, alla statura e alla struttura ossea. Gli estrogeni sono prodotti in misura minore anche nell’organismo maschile, dove sono coinvolti nel processo di maturazione degli spermatozoi. Inoltre, essi si trovano in diversi tessuti non-riproduttivi che comprendono cuore, muscoli, ossa, fegato e in particolar modo il cervello (Cui et al., 2013). L’azione degli estrogeni è mediata dai recettori α e β che agiscono come fattori trascrizionali regolando l’espressione genica, ma sono anche responsabili dell’attivazione rapida di cascate di segnalazione intracellulari. Gli effetti del 17β-estradiolo (E2), il più potente estrogeno circolante, sul Sistema Nervoso comprendono la regolazione della neurogenesi, il rimodellamento delle strutture sinaptiche e l’inibizione della cascata di reazioni che portano all’apoptosi. Inoltre, gli estrogeni regolano l’omeostasi del Ca 2+, l’espressione genica locale e l’attività di alcune proteine chinasi. Sebbene i meccanismi alla base di questi effetti non siano ancora del tutto chiari, è ormai noto che questi ormoni hanno un ruolo fondamentale nelle funzioni del Sistema Nervoso Centrale. In entrambi i sessi, gli estrogeni agiscono in regioni specifiche correlate a funzioni cognitive superiori come l’apprendimento, la memoria e le emozioni (Srivastava et al., 2013). L’obiettivo di questo lavoro di tesi è quello di definire, sulla base della recente letteratura, il ruolo ed i meccanismi molecolari alla base degli effetti neurotrofici degli estrogeni, valutando il loro possibile coinvolgimento nella neuroprotezione del Sistema Nervoso Centrale, in particolar modo nel decorso di patologie neurodegenerative quali il morbo di Parkinson, il morbo di Alzheimer e la corea di Huntington. 1 CAPITOLO 1: GLI ORMONI ESTROGENI 1.1 Natura e sintesi degli estrogeni Gli estrogeni (C18) appartengono alla famiglia degli ormoni steroidei, un vasto gruppo di ormoni lipofilici derivati da un unico precursore comune, il colesterolo, e caratterizzati da una struttura a quattro anelli idrocarburici condensati (Silverthorn, 2013). Gli estrogeni vengono da sempre considerati gli “ormoni delle donne”, perché giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo e nel mantenimento dei caratteri femminili. Ci sono tre forme di estrogeni: il principale e più potente estrogeno circolante è il 17β-estradiolo (E2), mentre estriolo (E3) e estrone (E1) sono presenti in concentrazioni minori (Fig. 1). Figura 1: Struttura degli ormoni estrogeni (modificata da http://farm5.static.flickr.com/4033/4541152676_4983053bbd.jpg). Le ovaie rappresentano il principale sito di sintesi di E2 nelle femmine che, dalla fine della pubertà fino all’inizio della menopausa, viene rilasciato ciclicamente ad elevati livelli e agisce come diretto responsabile dell’ovulazione durante il ciclo mestruale. Tuttavia, E2 è sintetizzato in quantità ridotte anche a livello di tessuti extra-gonadici come la corteccia delle 2 ghiandole surrenali, il fegato, il tessuto adiposo e il cervello. E1 è presente principalmente dopo la menopausa e viene sintetizzato nel tessuto adiposo, mentre E3 è sintetizzato a partire da E1 nella placenta durante la gravidanza (Cui et al., 2013). Gli estrogeni sono sintetizzati tutti a partire dal colesterolo: i loro precursori immediati sono l'androstendione e/o il testosterone. La reazione finale prevede l’aromatizzazione dell’anello fenolico ed è catalizzata dal complesso enzimatico monoossigenasi (aromatasi P450) che utilizza come co-substrati NADPH e ossigeno molecolare (Fig. 2). L’enzima aromatasi è un membro della superfamiglia dei citocromi P450 ed è ampiamente espresso in entrambi i sessi (Cui et al., 2013). Figura 2: Catena biosintetica degli ormoni steroidei (http://lem.ch.unito.it/didattica/infochimica/2006_Steroidi_Anabolizzanti_Androgeni/biosintesi.html). 3 L’espressione tessuto-specifica dell’aromatasi dipende da tre fattori: i meccanismi di splicing alternativo, i promotori tessuto-specifici e i fattori di trascrizione. Il gene CYP19 codifica per l’aromatasi nell’uomo e comprende una regione codificante al 3’ e una regione regolativa al 5’ (Fig. 3). La regione codificante contiene nove esoni (II-X). La regione regolativa, invece, contiene 10 promotori regolati in maniera tessuto-specifica da ormoni, citochine o sistemi di secondi messaggeri, oltre ad altri fattori: ad esempio, nelle ovaie l’espressione del gene dell’aromatasi è regolata dall’ormone follicolo stimolante (FSH), mentre nel tessuto adiposo è regolata dai glucocorticoidi. La sintesi tessuto-specifica degli estrogeni da parte dell’aromatasi è coerente con i diversi effetti di questi ormoni sull’organismo (Cui et al., 2013). In aggiunta alla regolazione a livello trascrizionale, l’attività dell’aromatasi può essere modificata post-traduzionalmente, ad esempio attraverso la fosforilazione Ca 2+-dipendente o chinasi-dipendente. Queste modificazioni hanno effetto in un intervallo di tempo di pochi minuti, molto minore rispetto alle risposte trascrizionali, e sembrano avere un ruolo fondamentale nel cervello (Cui et al., 2013). Gli estrogeni sintetizzati in siti extra-gonadici agiscono principalmente in loco e funzionano come fattori paracrini e/o intracrini per regolare funzioni specifiche importanti per tutta la fisiologia femminile. Nelle ovaie l’aromatasi è espressa soltanto nelle cellule del corpo luteo e della granulosa, mentre nelle gonadi maschili l’enzima è ampiamente distribuito in testicoli e ghiandole accessorie, e produce l’E2 necessario per la normale spermatogenesi, maturazione e motilità degli spermatozoi (Carreau et al., 2008). 4 Figura 3: Rappresentazione schematica del gene umano CYP19. La regione regolativa (~93 kb) contiene diversi promotori tessuto-specifici che subiscono successivamente processi di splicing alternativo. La regione codificante (~30 kb) è identica in tutti i tessuti, contiene gli esoni II-X e codifica per l’enzima aromatasi (modificata da Cui et al., 2013). 1.2 Recettori per gli estrogeni La maggior parte degli effetti mediati dal 17β-estradiolo richiede l’interazione con specifici recettori per gli estrogeni (ERs, Estrogen Receptors), quindi l’espressione e la localizzazione di queste proteine sono di fondamentale interesse. 1.2.1 Struttura Ad oggi si conoscono due sottotipi di recettori per gli estrogeni, ERα e ERβ, codificati da due geni diversi (ESR1 e ESR2, rispettivamente) presenti su distinti cromosomi (locus 6q25.1 e locus 14q23-24.1, rispettivamente) (Fiocchetti et al., 2012). Gli ERs contengono domini funzionali distinti e evolutivamente molto conservati. In particolare, questi recettori sono composti da sei regioni: A/B, C, D e E/F. Il dominio A/B all’N-terminale rappresenta la regione strutturalmente più variabile sia per lunghezza che per sequenza, e conferisce la specificità d’azione a ciascun recettore. Questo dominio comprende 5 una funzione di attivazione trascrizionale (AF-1, Activation Function-1) che stimola la trascrizione di geni bersaglio in modo indipendente dal ligando. A/B presenta diversi siti di fosforilazione ed è bersaglio della via di segnalazione mediata dalle MAPK, indicando un meccanismo di comunicazione crociata tra la trasduzione innescata dai fattori di crescita e quella degli ormoni steroidei. La regione C, la più altamente conservata, rappresenta il dominio di legame al DNA (DBD, DNA Binding Domain) su specifiche sequenze consenso (EREs, Estrogen Responsive Elements) e partecipa alla formazione del dimero del recettore. Il dominio D è una regione di collegamento, che consente la flessibilità necessaria alla proteina per il contatto tra il dominio C ed E/F. La regione E/F contiene il dominio di legame al ligando (LBD, Ligand Binding Domain) e un secondo dominio di trans-attivazione ligandodipendente, noto come AF-2 (Activation Function-2), capace di reclutare i cofattori trascrizionali. Il dominio LBD contiene anche la sequenza segnale NLS (Nuclear Localization Signal) per la traslocazione nucleare e favorisce il legame con le proteine chaperonine (Fig. 4) (Fiocchetti et al., 2012). 6 Figura 4: Domini strutturali dei membri della superfamiglia dei recettori nucleari e struttura dei dimeri α e β dei recettori per gli estrogeni. DBD: dominio di legame al DNA formato da due strutture a dita di zinco. LBD: dominio di legame al ligando, contiene le sequenze di legame per la traslocazione nucleare (NLS) e per le proteine dello shock termico (Hsp); inoltre è responsabile della dimerizzazione del recettore (modificata da http://nrresource.org/). 1.2.2 Meccanismi d’azione I recettori per gli estrogeni, come tutti i membri della superfamiglia dei recettori nucleari, sono fattori di trascrizione attivati da ligando. Nel citoplasma delle cellule gli ERs si trovano nello stato monomerico, inattivo, e formano dei complessi multiproteici con le proteine chaperonine Hsp (Heat Shock Proteins). A seguito del legame con E2, le Hsp si dissociano dal recettore, permettendo la formazione del dimero del recettore e la sua traslocazione nel nucleo. Qui il complesso ER-E2 si lega alla sequenza palindromica ERE sul DNA, richiama i coattivatori trascrizionali e avvia la trascrizione genica (Fiocchetti et al., 2012). Sebbene nella maggior parte dei casi ER si leghi come omodimero alle sequenze specifiche ERE, ERα e ERβ possono influenzare l’espressione genica anche attraverso un legame indiretto proteina-proteina con altre classi di fattori di trascrizione, come ad esempio CREB 7 (cAMP Response Element-Binding Protein) o AP-1 (Activation Protein-1) e Sp1 (Stimulating Protein 1) (Fiocchetti et al., 2012). I recettori α e β, inoltre, possono essere localizzati sulla membrana plasmatica in compartimenti specializzati dette caveole oppure in “lipid rafts”. In seguito al legame con E2, gli ERs attivano rapidamente vie di trasduzione del segnale che vengono definite “extranucleari” e portano alla fosforilazione di secondi messaggeri e all’attivazione di differenti proteine chinasi, le cui funzioni si integrano e convergono anch’esse nella trascrizione genica e nella sintesi proteica (Gillies e McArthur, 2010). In aggiunta, studi recenti hanno evidenziato che, in normali condizioni fisiologiche, gli ERs possono essere attivati in un modo indipendente dal legame con E2: diversi fattori inclusi neurotrasmettitori (es. la dopamina), fattori di crescita e attivatori di particolari vie di segnalazione possono interagire con i recettori e promuovere una risposta cellulare. Questo meccanismo E2-indipendente è stato correlato alla fosforilazione dei residui di serina nel dominio A/B di ERα da parte delle chinasi cellulari (Cui et al., 2013). Infine, è stato osservato che E2, indipendentemente dai recettori nucleari classici α e β, influenza direttamente i canali ionici e una classe di recettori associati a proteine G sulla membrana plasmatica. Questi ultimi includono GPR30 (G Protein-coupled Receptor 30), un recettore a sette eliche trans-membrana il cui ruolo nella risposta cellulare ad E2 è ancora dibattuto (McCarthy, 2008). I meccanismi trascrizionali e quelli rapidi di trasduzione del segnale riassunti in Fig. 5, si integrano e convergono al fine di definire la risposta cellulare ad E2. 8 Figura 5: Vie di segnalazione mediate da E2 e ERs. I recettori per gli estrogeni fanno parte di una superfamiglia di fattori di trascrizione attivati da ligando. A seguito del legame con E2, gli ERs dimerizzano e vengono traslocati nel nucleo, dove si associano alle sequenze ERE sul DNA e promuovono la trascrizione. Nella via di segnalazione definita “extra-nucleare”, i recettori associati alla membrana plasmatica possono interagire direttamente con i canali ionici e con altri recettori di membrana, ed avviare vie di trasduzione del segnale che convergono nell’attivazione di sistemi di secondi messaggeri. Infine, diversi fattori, inclusi i fattori di crescita (IGF, Insulin-like Growth Factor) e il neurotrasmettitore dopamina, possono attivare una serie di proteine chinasi che agiscono positivamente sulla trascrizione attraverso la fosforilazione degli ERs sulle sequenze EREs (modificata da Cui et al., 2013). 1.2.3 Distribuzione tissutale ERα e ERβ sono coespressi in molti tessuti, che includono la mammella, il tessuto adiposo e il cervello, tuttavia ogni recettore mostra un pattern di distribuzione tessuto-specifica caratteristico. ERα è espresso principalmente nell’utero, nell’ovaio, nella prostata e nei testicoli, ma è spesso presente a bassi livelli in altri tessuti come ossa, fegato, reni e tessuto adiposo. ERβ, invece, è 9 espresso ad alti livelli nel colon, midollo osseo, endotelio vascolare, polmoni e vescica (Cui et al., 2013). Nel cervello, entrambi gli ERs hanno una distribuzione particolare (Fig. 6). L’mRNA di ERα è diffuso in diverse regioni che comprendono ippocampo, ipotalamo, amigdala e tronco encefalico, ed è spesso associato all’mRNA di ERβ. ERβ, invece, ha una distribuzione più ristretta ed è particolarmente abbondante nell'ippocampo e in specifici nuclei ipotalamici, quali nuclei sopraottico e paraventricolare (PVN) (Gillies e McArthur, 2010). La distribuzione caratteristica dei recettori per gli estrogeni nel SNC sottolinea l’importanza fondamentale di questi ormoni non solo nelle funzioni legate alla riproduzione, ma anche nel mantenimento dei circuiti neuronali e delle funzioni cognitive superiori (Srivastava et al., 2013). Figura 6: Distribuzione dei recettori α e β per gli estrogeni nel cervello (modificata da Zwart et al., 2015). 10 CAPITOLO 2: FUNZIONI SVOLTE DAGLI ESTROGENI NEL CERVELLO: NEUROTROFISMO E NEUROPROTEZIONE E2 è un potente fattore neurotrofico che influenza la neurogenesi e la plasticità dei circuiti neuronali, e svolge un’azione protettiva nel SNC in molte situazioni dannose, come lo stress ossidativo e la tossicità indotta dalla Aβ amiloide (Fiocchetti et al., 2012). 2.1 Meccanismi molecolari dell’effetto neurotrofico di E2 La neurogenesi è il processo di formazione di nuove cellule nervose e, nel cervello adulto, è stata osservata in due regioni caratterizzate dalla presenza di cellule progenitrici dei neuroni (NPCs, Neuronal Progenitor Cells): il giro dentato dell’ippocampo e le pareti laterali dei ventricoli laterali. Nell’uomo la proliferazione di NPCs è mediata dai recettori β degli estrogeni, che rappresentano il principale tipo di recettore espresso in queste cellule (Fiocchetti et al., 2012). Nel cervello dei mammiferi, la maggior parte delle sinapsi eccitatorie è situata in strutture specializzate dette spine dendritiche. Le spine dendritiche sono fondamentali per garantire la struttura anatomica necessaria per il processamento di nuove informazioni usate nella formazione della memoria. La plasticità di queste strutture, ovvero la loro capacità di cambiare forma, dimensione e densità, è alla base delle normali funzioni cerebrali ed è ampiamente influenzata da numerosi segnali extracellulari, tra cui gli estrogeni (Srivastava et al., 2013). L’ippocampo è considerato da sempre il principale sito d’azione di E2 sui processi cognitivi e in particolare sulla memoria, che costituisce la funzione più vulnerabile alla carenza degli estrogeni durante il periodo post-menopausa. È stato dimostrato che, nell’area CA1, la densità delle spine dendritiche fluttua in funzione del ciclo mestruale, e che il trattamento continuo 11 con E2 può ridurre la perdita delle stesse indotta dall’asportazione delle ovaie. Tuttavia, studi più recenti hanno suggerito che gli estrogeni che regolano la plasticità di queste strutture vengano sintetizzati localmente ed agiscano indipendentemente dalla fluttuazione degli ormoni circolanti. Gli estrogeni mostrano, inoltre, significativi effetti a livello dei lobi frontali, parietali e temporali della corteccia prefrontale. La corteccia prefrontale è responsabile delle funzioni esecutive in quanto centro di integrazione per input provenienti dalle zone corticali, subcorticali e limbiche (Srivastava et al., 2013). Complessivamente, tutte queste considerazioni supportano la teoria per la quale ippocampo e corteccia prefrontale sono strutture bersaglio dell’azione degli estrogeni sui processi cognitivi e, in particolare, nel decorso delle malattie a carattere neurodegenerativo. Generalmente l’azione degli estrogeni viene descritta come regolazione della trascrizione genica, un processo che impiega ore o addirittura giorni per manifestarsi. Tuttavia, diversi studi su culture di neuroni corticali di ratto hanno dimostrato che il trattamento con E2 (10 nM) incrementa la densità di spine sottili nei primi 30 minuti dall’esposizione. Nei 30 minuti successivi, però, le spine vengono eliminate e la densità ritorna alle condizioni iniziali, prima del trattamento con l’ormone. Questi risultati hanno portato i ricercatori a ipotizzare che la presenza di E2 a livello delle sinapsi sia regolata temporalmente e che le azioni cellulari iniziali potrebbero essere indipendenti dalla trascrizione genica e dalla traduzione degli mRNA. Infatti, come abbiamo visto, E2 agisce anche attraverso vie “extra-nucleari” e induce effetti rapidi nell’intervallo di qualche minuto dall’esposizione all’ormone. Questi meccanismi sono evolutivamente molto conservati e sono stati descritti sia in organismi vertebrati che invertebrati (Srivastava et al., 2013). I segnali di membrana indotti da E2 innescano rapidamente diverse vie di segnalazione a cascata. Queste comprendono l’attivazione di alcune proteine chinasi, quali chinasi C (PKC), chinasi A (PKA), fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K), chinasi B (Akt) e MAP chinasi 12 (MAPK). In aggiunta, le risposte cellulari a E2 regolano l’omeostasi intracellulare del Ca 2+ grazie all’attivazione di altre famiglie di chinasi, inclusa la chinasi Ca 2+-calmodulinadipendente (CaMKII) (Gillies e McArthur, 2010). Frick e collaboratori (2011) hanno scoperto che i segnali rapidi indotti da E2 possono causare modificazioni epigenetiche a livello degli istoni. Le modificazioni epigenetiche sono essenziali per la regolazione dei meccanismi trascrizionali: la fosforilazione e l’acetilazione degli istoni promuovono l’attivazione della cromatina e quindi la trascrizione del gene, mentre la metilazione mantiene la cromatina in uno stato inattivo reprimendo la trascrizione. Nelle cellule nervose, i meccanismi epigenetici hanno un ruolo fondamentale nella formazione e nel consolidamento della memoria e di altre funzioni cognitive, e possono essere influenzati dalla concentrazione dello ione Ca2+, dalla traslocazione di ERK e da altre proteine nucleari (Srivastava et al., 2013). In aggiunta, E2 determina effetti a lungo termine attivando risposte che indirettamente agiscono sull’espressione genica attraverso l’associazione di ER con altri fattori trascrizionali, come ad esempio CREB. CREB viene fosforilato da numerose chinasi attivate da E2 incluse Akt, CaMKII e MAPK ed è necessario per la formazione a lungo termine di nuove spine dendritiche nell’ippocampo (Fiocchetti et al., 2012). Un’altra componente essenziale per il mantenimento dei circuiti neuronali sono le alterazioni del flusso di informazioni tra i neuroni e sono dovute alla regolazione continua dei recettori NMDA e AMPA per il glutammato. Diversi studi hanno dimostrato che E2 incrementa l’espressione dei recettori AMPA associati al potenziamento della forza sinaptica in LTP (Long Term Potentiation) e modifica la sintesi proteica locale; quest’ultima nelle vicinanze delle sinapsi sembra influenzare la plasticità a lungo termine senza l’ausilio dei processi trascrizionali che avvengono nel soma (Fig. 7) (Srivastava et al., 2013). 13 Figura 7: Modello schematico della localizzazione sinaptica degli ERs e delle risposte rapide alla base della plasticità sinaptica. Entrambi i recettori α e β per gli estrogeni si trovano in strutture pre- e post-sinaptiche. La sintesi e il rilascio di E2 sulla cellula post-sinaptica può risultare sia nell’attivazione degli ERs e nella trans-attivazione di altri recettori di membrana, che nell’associazione con molecole segnale. L’insieme di questi meccanismi permette l’attivazione di sistemi di secondi messaggeri e di diverse cascate di reazioni intracellulari che risultano nel rimodellamento della struttura e delle funzioni sinaptiche (modificata da Srivastava et al., 2013). 2.2 Meccanismi molecolari dell’effetto neuroprotettivo di E2 I neuroni sono vulnerabili a diversi tipi di stress, compreso lo stress ossidativo. Bassi livelli di specie reattive dell’ossigeno (ROS, Reactive Oxygen Species) e specie reattive dell’azoto (RNS, Reactive Nitrogen Species) sono importanti per il mantenimento delle funzioni neuronali, mentre alti livelli di tali specie provocano la morte cellulare. Il delicato equilibrio tra reazioni pro- e antiossidanti ha un ruolo critico nel mantenimento della normale funzionalità dei neuroni. Nel cervello esistono meccanismi di protezione sia a livello cellulare che molecolare, e il loro malfunzionamento spesso evolve in malattia. Inoltre, è ormai noto 14 che l’insorgere di disturbi neurodegenerativi ha una stretta correlazione con l’invecchiamento e l’accumulo di stress ossidativo intracellulare. Quest’ultimo nella cellula provoca l’ossidazione irreversibile di proteine, lipidi e acidi nucleici, e attiva vie di segnalazione che provocano l’apoptosi, definita come morte cellulare programmata e principale responsabile degli eventi neurodegenerativi (Numakawa et al., 2011). I fenomeni alla base della morte cellulare neuronale indotta da stress ossidativo sono: disfunzioni mitocondriali, l’attivazione di cascate di segnali apoptotici intracellulari e l’eccitotossicità del neurotrasmettitore glutammato. Ad ognuno di questi livelli, gli estrogeni intervengono attivando dei meccanismi molecolari che agiscono come fattori protettivi nei neuroni del SNC (Fig. 8). Figura 8: Meccanismi alla base dell'apoptosi neuronale indotta dallo stress ossidativo (modificata da Numakawa et al., 2011). 15 Entrambi i meccanismi cellulari, genomici ed extra-nucleari, mediati dai recettori per E2 sono coinvolti nella neuroprotezione. Mentre il ruolo degli ERα è riconosciuto come fondamentale, quello degli ERβ rimane ancora dibattuto nonostante diversi studi abbiano dimostrato il ruolo centrale di questo recettore nell’effetto neuroprotettivo di E2. Come precedentemente descritto, i recettori attivati dall’ormone possono interagire direttamente con le MAP chinasi. Queste proteine catalizzano la fosforilazione di una serie di fattori di trascrizione coinvolti nella sopravvivenza neuronale, tra cui CREB. Inoltre, gli ERs possono interagire anche con PI3K e attivare la proteina effettrice Akt, la quale modula l’espressione di inibitori o induttori della cascata apoptotica. Nei neuroni, la fosforilazione della caspasi-9 da parte di Akt blocca l’induzione dell’apoptosi, e l’inattivazione della glicogeno sintetasi-3β (GSK3β) promuove i meccanismi coinvolti nella sopravvivenza delle cellule nervose (Fiocchetti et al., 2012). Diversi studi hanno dimostrato che E2 agisce direttamente nella fase mitocondriale dell’apoptosi indotta da stress ossidativo. Infatti, questo ormone ha effetti rapidi e persistenti sull’espressione di una globina monomerica con funzioni protettive nel cervello, chiamata neuroglobina (Ngb). E2, tramite ERβ, attiva rapidamente la via di trasduzione p38/MAPK inducendo l’incremento della Ngb e una sua rilocalizzazione nei mitocondri, dove interagisce con il citocromo c (componente essenziale della catena di trasporto degli elettroni) impedendone l’uscita nel citosol e la conseguente attivazione della cascata apoptotica (Fig. 9) (Fiocchetti et al., 2012). 16 Figura 9: Modello schematico degli effetti neuroprotettivi di E2-ERβ mediati dalla neuroglobina. Lo stress ossidativo induce il rilascio del citocromo c (Cyt c) dai mitocondri. Una volta nel citosol, il Cyt c media l’attivazione di APAF-1 (Apoptosis-Protease Activating factor-1) e da inizio alla cascata apoptotica. E2, attraverso i recettori β, incrementa i livelli di neuroglobina (Ngb) che si lega al Cyt c nel mitocondrio e ne impedisce la fuoriuscita (modificata da Fiocchetti et al., 2012). E2 svolge un ruolo neuroprotettivo anche regolando l’omeostasi intracellulare del Ca 2+. Usando culture di neuroni corticali, è stato visto che l’esposizione a H 2O2 (un ROS) provoca l’iper-attivazione di ERK e un conseguente incremento anormale di Ca 2+ intracellulare. Questo fenomeno è diminuito significativamente nei casi in cui era stato somministrato un pre-trattamento con E2. ERK è una chinasi della famiglia MAP normalmente responsabile dell’espressione dei recettori per il glutammato. E2 sembra inibire l’iper-attivazione di ERK e reprimere il flusso di Ca2+ mediato dai recettori stessi (Fig. 10) (Numawaka et al., 2011). 17 Figura 10: Il 17β-estradiolo inibisce la morte neuronale indotta dallo stress ossidativo riducendo la fosforilazione di ERK e l’espressione dei recettori AMPA. Nella figura a sinistra, a seguito dell’esposizione ad H2O2, ERK viene iper-attivata tramite fosforilazione e provoca l’incremento della concentrazione dello ione Ca 2+ intracellulare (uno dei segnali che mediano l’apoptosi) attraverso l’incremento di recettori per il glutammato. Nella figura a destra, il pretrattamento con E2 riduce l’espressione dei recettori AMPA per il glutammato e di conseguenza diminuisce il flusso di ioni Ca2+ all’interno della cellula (modificata da Numakawa et al., 2011). Oltre all’effetto diretto sui neuroni, E2 agisce su astrociti e microglia nel SNC. Gli astrociti sono le cellule più numerose nel cervello, responsabili della formazione della barriera ematoencefalica, della secrezione di fattori di crescita neuronali e del mantenimento dell’omeostasi centrale. E2 negli astrociti stimola il rilascio di fattori trofici e di proteine, quali la glutammina sintetasi e i trasportatori del glutammato. Queste ultime garantiscono un apporto adeguato di neurotrasmettitore alle sinapsi e impediscono allo stesso tempo l’accumulo tossico dell’amminoacido nella fessura sinaptica. Le cellule della microglia sono la principale linea di difesa immunitaria del SNC e secernono fattori proinfiammatori. L’azione anti-infiammatoria di E2 su queste cellule prevede l’inibizione della produzione di citochine e radicali liberi (Brann et al., 2007). 18 E2 esercita quindi un’azione protettiva contro la neurodegenerazione in condizioni di stress ossidativo: stimola la sopravvivenza cellulare e sopprime la cascata di reazioni che portano la cellula all’apoptosi. Ad ogni modo, in tutte le tipologie cellulari gli effetti protettivi di E2 sono garantiti dall’integrazione tra meccanismi di segnalazione rapidi e genomici. 19 CAPITOLO 3: ESTROGENI E PATOLOGIE NEURODEGENERATIVE Studi clinici, epidemiologici e sperimentali hanno dimostrato una stretta correlazione tra i livelli di E2 circolanti e l’insorgere di alcune malattie. Infatti, durante il periodo postmenopausa, la riduzione dei livelli di estrogeni endogeni incrementa il rischio di patologie come osteoporosi, infarto del miocardio ed eventi neurodegenerativi. Nonostante ciò, il trattamento ormonale durante la menopausa è un argomento ancora molto controverso, in quanto i rischi della terapia estrogenica sembrano superare i benefici (Nelson et al., 2012). Recenti studi hanno evidenziato inoltre che durante l’invecchiamento il rapporto ERα:ERβ nel SNC si altera: mentre i livelli di ERα non cambiano molto, quelli di ERβ diminuiscono significativamente con l’avanzare dell’età in entrambi i sessi (Sharma e Thaurk, 2006). 3.1 Ruolo degli estrogeni nel morbo di Parkinson Il morbo di Parkinson (PD) è una patologia neurodegenerativa ad evoluzione lenta ma progressiva, di eziologia tuttora sconosciuta. Le più rare forme ereditarie di PD sono state associate a mutazioni in una serie di geni (SNCA, UCHL1, LRRK2, PINK1, PARK2, PARK7), classificati anche come PARK1-8. SNCA è il gene che codifica l'α-sinucleina, una proteina contenuta nelle aggregazioni intracellulari (corpi di Lewy) che accompagnano la neurodegenerazione in PD (Lesage et al., 2009). La malattia di Parkinson è caratterizzata da scarsi livelli di neurotrasmettitore dopamina nel SNC ed è dovuta alla distruzione dei neuroni dopaminergici nella substantia nigra (la perdita cellulare è di oltre il 60% all'esordio dei sintomi). Questa è una formazione nervosa situata in posizione intermedia tra mesencefalo e diencefalo e divisa in due porzioni: pars compacta e pars reticulata. I sintomi tipici della patologia sono tremori, lentezza nei movimenti, rigidità, difficoltà a mantenere l’equilibrio, difficoltà di linguaggio e problemi cognitivi. Il principale 20 farmaco utilizzato nel trattamento di PD è L-DOPA, conosciuta anche come levodopa, un amminoacido intermedio nella via biosintetica della dopamina. L-DOPA è in grado di attraversare liberamente la barriera ematoencefalica e successivamente viene convertito nel neurotrasmettitore attivo. Nei casi più gravi, si ricorre all’asportazione di alcune parti del cervello per ridurre il tremore e la rigidità (Brann et al., 2007). L’evoluzione, la gravità dei sintomi e il trattamento di PD mostrano significative differenze nei due sessi. Nei maschi il rischio connesso all’insorgere della patologia è 1,5 volte maggiore rispetto alle femmine; inoltre, alcuni studi hanno dimostrato una maggiore rigidità, così come una più frequente difficoltà nella scrittura, nel linguaggio e nella postura nei maschi. I risultati di un esperimento condotto su 630 pazienti affetti da PD hanno mostrato l’insorgere di sintomi più severi legati alle funzioni motorie nei maschi, mentre nelle femmine è più alto il rischio di alterazioni nei movimenti dopo il trattamento con levodopa. Infine, entrambi i sessi mostrano benefici in seguito a interventi di asportazione cerebrale: nelle femmine in particolare essi sono legati ad aspetti emozionali, sociali e di attività giornaliera (Brann et al., 2007). Risultano a questo punto chiare le differenze nello sviluppo e nella risposta ai farmaci in PD e la necessità di adottare trattamenti sesso-specifici. Mentre le cause dell’insorgere della patologia sono ancora poco note e dibattute, il ruolo degli estrogeni nella neuroprotezione è stato chiaramente dimostrato (Cui et al., 2013). E2 previene le lesioni indotte dall’1-metil-4-fenil-1,2,3,6-tetraidro-piridina (MPTP), un induttore sperimentale della patologia in animali modello e principale responsabile degli effetti collaterali che si manifestano in PD. L'MPTP attraversa facilmente la barriera ematoencefalica e entra nelle cellule gliali, dove viene ossidato a MPP+ (1-metil-4fenilpiridinio). L'MPP+ entra nei neuroni dopaminergici della substantia nigra sfruttando il carrier della dopamina e inibisce la respirazione mitocondriale; lo stress ossidativo che si 21 instaura di conseguenza genera ulteriore danno e provoca la morte cellulare. La localizzazione sparsa degli ERα nella porzione striata della substantia nigra sembra sufficiente a mediare l’effetto neuroprotettivo di E2 (Brann et al., 2007). In organismi animali modello, gli estrogeni interagiscono con il sistema IGF-1 (Insulin-like Growth Factor-1) per proteggere i neuroni dopaminergici e mantenere le funzioni motorie che hanno subito lesioni da 6-idrossidopamina (6-OHDA), una tossina specifica utilizzata per mimare le condizioni patologiche. Nell’uomo PD è associata a fattori che riducono la secrezione di estrogeni: non a caso, l’insorgenza della patologia in donne che assumono estrogeni nel periodo successivo alla menopausa è minore rispetto a donne non trattate (Brann et al., 2007). Dimostrati gli effetti benefici degli estrogeni sui sistemi dopaminergici della substantia nigra, recentemente molti studi si sono focalizzati su un gruppo di molecole dette modulatori selettivi dei recettori estrogenici (SERMs). Questi composti non hanno la struttura steroide di E2, ma interagiscono con i recettori α e β come agonisti o antagonisti a seconda del tessuto bersaglio, non manifestando i sintomi negativi della terapia ormonale vera e propria. Il tamoxifene, la prima generazione di SERM, è stato usato per decenni nella prevenzione primaria e nel trattamento del tumore al seno (Brann et al., 2007). 3.2 Ruolo degli estrogeni nel morbo di Alzheimer Il morbo di Alzheimer (AD) è la forma più comune di demenza presenile (oltre i 65 anni) ed è dovuta alla degenerazione dei neuroni colinergici che presiedono funzioni complesse, come la memoria e il ragionamento. Il cervello di individui malati è caratterizzato dalla presenza di estese placche, costituite dall’accumulo della proteina β-amiloide (Aβ), e da ammassi 22 neurofibrillari della proteina tau. L’accumulo di Aβ attiva la risposta infiammatoria, con produzione di citochine e alterazione dell’omeostasi ionica, mentre lo squilibrio nel rapporto tra chinasi e fosfatasi porta alla iper-fosforilazione di tau e ad un danno neuronale esteso, con compromissione dell’attività dei neurotrasmettitori e l’insorgere della demenza (Cui et al., 2013). Molti studi hanno dimostrato, anche in questo caso, una correlazione tra il livello di estrogeni e la prevenzione/attenuazione di AD. L’analisi dati integrata di diversi esperimenti ha suggerito un calo del rischio del 29-44% nelle donne (Brann et al., 2007). Il primo bersaglio della malattia di Alzheimer è la corteccia posteriore del cingolo (PCC) e dati dimostrano che gli estrogeni preservano il metabolismo cerebrale e prevengono il declino metabolico in donne trattate in post-menopausa. Il trattamento con raloxifene (SERM) protegge dalla morte cellulare indotta da Aβ e sembra diminuire il rischio di deficienza cognitiva e insorgenza di AD. Tuttavia, ulteriori studi evidenziano come il trattamento ormonale dopo l’insorgenza della patologia sembra essere inutile. A tale proposito, Brinton e collaboratori (2004) hanno avanzato una teoria detta “healty cell bias of estrogen benefit”, secondo la quale se i neuroni sono sani al momento dell’esposizione agli estrogeni, la loro risposta all’ormone sarà positiva sia rispetto alla funzionalità, che alla sopravvivenza cellulare (Brann et al., 2007). Rimane quindi il paradigma tra trattamento e prevenzione ormonale in AD. Questa controversia è destinata a risolversi solamente alla luce della conoscenza dei meccanismi neurobiologici alla base delle diverse risposte al trattamento con E2. Un risultato interessante è stato ottenuto da Ishunina e collaboratori (2006): essi hanno dimostrato che l’espressione degli ERα e dell’aromatasi aumenta con l’età nell’ippocampo delle donne, e che donne con AD presentano bassi livelli di espressione di questi geni. Queste considerazioni suggeriscono una possibile deficienza nella sintesi locale degli estrogeni nel 23 cervello e l’alterazione delle vie di segnalazione. Infatti, molti studi di genetica umana hanno dimostrato una stretta relazione tra mutazioni nel gene codificante l’enzima aromatasi e il rischio di insorgenza di AD. In particolare, questo aumenta del 60% in soggetti con polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) nel gene CYP19 (Brann et al., 2007). 3.3 Ruolo degli estrogeni nella corea di Huntington La malattia di Huntington (HD) è una patologia rara, a carattere genetico ereditario e neurodegenerativo. L’esordio avviene intorno ai 40-50 anni e si manifesta con sbalzi d’umore, disturbi cognitivi e della memoria. Iniziano poi i movimenti involontari anormali (che prendono il nome di corea) e piano piano il corpo perde ogni funzione, fino a diventare immobile. HD è causata da una mutazione autosomica dominante in uno dei due alleli del gene huntingtina (HTT), situato sul braccio corto del cromosoma 4, locus 4p16.3. L’Huntington è stata definita una malattia da espansione di triplette ed è causata dall’allungamento anomalo di una sequenza ripetuta all’estremità del gene. Il gene HTT normalmente contiene una ripetizione della tripletta CAG in numero inferiore a 36 volte e codificante per l’amminoacido glutammina (sequenza PolyQ). In condizioni patologiche, CAG viene ripetuta più di 36 volte e la sintesi proteica produce un polipeptide “difettoso”, che si ripiega in modo errato e risulta tossico in diversi tipi di cellule, tra le quali i neuroni (Fig. 11). La degenerazione coinvolge i gangli basali, in particolare i neuroni del corpo striato (Túnez et al., 2006). 24 Figura 11: Rappresentazione schematica del gene HD con le ripetizioni CAG (modificata da http://it.dreamstime.com/illustrazione-di-stock-la-malattia-di-huntington-image54675860). Nel cervello adulto, la proteina HTT è normalmente coinvolta in meccanismi di protezione cruciali, i quali includono l’inattivazione della cascata apoptotica e la stimolazione della produzione di BDNF (Brain-Derived Neurotrophic Factor). Alcuni effetti associati all’azione di HTT coincidono con quelli regolati da E2 ed è stato ipotizzato che HTT potrebbe essere uno dei mediatori dell’azione di E2 nel cervello (Nuzzo et al., 2015). Allo scopo di verificare la connessione tra E2 e HTT, Nuzzo e collaboratori (2015) hanno condotto un esperimento su ippocampo e striato di ratti e in linee di cellule umane provenienti da neuroblastoma (SK-N-BE). 25 Innanzitutto sono stati analizzati i livelli di HTT nei tessuti di maschi e femmine di ratto. I risultati hanno mostrato che HTT è più espressa nei tessuti femminili rispetto a quelli maschili. Successivamente, le analisi su ippocampo e striato a diversi intervalli d’età hanno rivelato una stretta correlazione E2-HTT in femmine di ratto adolescenti (circa 35 giorni). Questa correlazione aumenta ulteriormente dopo la pubertà (circa 80 giorni), in accordo con gli alti livelli di estrogeni circolanti in questo periodo. Inoltre, è stato dimostrato che in linee di cellule provenienti da neuroblastoma umano (SK-NBE) il recettore α è responsabile della regolazione positiva dei livelli di HTT. I meccanismi coinvolti riguardano sia i processi di trascrizione, sia le risposte rapide di membrana (Nuzzo et al., 2015). Gli autori hanno anche cercato di stabilire l’impatto di HTT sui processi attivati da E2 e responsabili dell’inibizione della cascata apoptotica indotta da H 2O2 in SK-N-BE. Il silenziamento di HTT riduce la regolazione positiva di E2 sui livelli delle proteine antiapoptotiche Ngb e Bcl-2. Questi risultati indicano che HTT può essere considerata come una nuova proteina neuroprotettiva indotta da E2 in condizioni di stress ossidativo: essa è richiesta sia per la regolazione positiva di Ngb, che per l’effetto protettivo della stessa sul cervello. I ricercatori hanno quindi ipotizzato l’esistenza di un asse E2/HTT/NGB che si attiva in presenza di stress ossidativo per ridurre la serie di reazioni coinvolte nella cascata apoptotica (Nuzzo et al., 2015). Infine, in un diverso esperimento è stato dimostrato che la carenza di E2 indotta dall’asportazione ovarica provoca elevati livelli di stress ossidativo nel cervello e aggrava i danni tessutali indotti da acido 3-nitropropionico (NPA) nei ratti. NPA viene utilizzato in laboratorio per indurre lesioni selettive che mimano HD. NPA è una micotossina che inibisce la succinato deidrogenasi (SDH), un enzima coinvolto nel ciclo di Krebs e nella catena di trasporto degli elettroni all’interno dei mitocondri. L’inibizione irreversibile di questo enzima 26 nello striato provoca il calo della concentrazione di ATP e genera stress ossidativo: il trattamento con E2 sembra prevenire questi effetti, così come l’attivazione della caspasi-3 (Túnez et al., 2006). 27 CONCLUSIONI E PROSPETTIVE Gli estrogeni sono ormoni pleiotropici che regolano diverse funzioni nell’organismo maschile e femminile. Come abbiamo visto, essi sono coinvolti in processi sia riproduttivi che nonriproduttivi, e la loro azione tessuto-specifica si esplica attraverso l’interazione con i recettori sulle cellule bersaglio. Gli ERs attivati da E2 inducono una serie di risposte intracellulari, che convergono in meccanismi trascrizionali e segnali rapidi di membrana. In questo lavoro di tesi sono stati analizzati gli effetti e i meccanismi alla base dell’azione neurotrofica e neuroprotettiva di E2 nel Sistema Nervoso Centrale. Qui, E2 stimola la neurogenesi e influenza la plasticità sinaptica. In particolare, gli effetti di E2 sono correlati all’incremento della densità delle spine dendritiche nell’ippocampo e alla regolazione dell’espressione dei recettori per il glutammato. Ad oggi, i meccanismi molecolari alla base degli effetti degli estrogeni sul cervello sono ancora poco chiari e molto dibattuti. L’obiettivo di questa tesi è stato quello di definire il ruolo ed i meccanismi molecolari alla base degli effetti neurotrofici degli estrogeni, valutando il loro possibile coinvolgimento nella neuroprotezione del Sistema Nervoso Centrale, in particolar modo nel decorso di patologie neurodegenerative quali il morbo di Parkinson, il morbo di Alzheimer e la corea di Huntington. Dalla letteratura analizzata risulta che le risposte cellulari alla base del neurotrofismo comprendono le modificazioni epigenetiche degli istoni, la regolazione della sintesi proteica, ma soprattutto l’attivazione a cascata di diverse proteine chinasi, che promuovono la sopravvivenza neuronale, interagendo e bloccando i meccanismi dannosi indotti dall’accumulo di stress ossidativo intracellulare. Quest’ultimo è la principale causa di degenerazione neuronale ed strettamente correlato alla carenza dei livelli endogeni di E2 durante la menopausa e all’insorgere di eventi neurodegenerativi. 28 La terapia ormonale potrebbe rivelarsi utile per la cura di diversi disordini cerebrali, tra cui il morbo di Parkinson, il morbo di Alzheimer e la corea di Huntington, su cui ci siamo soffermati. Assumere gli estrogeni non significa distruggere la malattia, ma la terapia ormonale potrebbe avere l’importante vantaggio di consentire una progressione della patologia più lenta e quindi meno aggressiva. Questa terapia, però, non è utilizzabile da tutti i soggetti a causa degli effetti “femminilizzanti” degli estrogeni nei maschi e, cosa più grave, per gli effetti di promozione del cancro associati a questo ormone. D’altra parte lo studio degli effetti di E2 potrebbe portare alla definizione di vie di segnalazione importanti coinvolte nella neuroprotezione. Queste ultime potrebbero essere utilizzate in un prossimo futuro, per generare molecole specifiche che possiedano alcuni degli effetti di E2 in grado di rallentare l’insorgenza e di alleviare i sintomi delle patologie neurodegenerative. In conclusione, studiare i meccanismi molecolari alla base della risposta agli estrogeni è necessario per capire suscettibilità, prevalenza, sviluppo e gravità degli eventi neurodegenerativi. La conoscenza dei processi indotti da E2 sul cervello è fondamentale per poter evolvere terapie personalizzate sesso-specifiche che potrebbero portare a una migliore condizione e miglior decorso di queste patologie. 29 BIBLIOGRAFIA Libri di testo *Silverthorn D.U. (2013) Fisiologia umana, sesta edizione Casa editrice Pearson, Washington Articoli scientifici *Brann D.W., Dhandapani K., Wakade C., Mahesh V.B., Khan M.M. (2007) Neurotrophic and neuroprotective actions of estrogen: Basic mechanism and clinical implications. Steroids. 72(5):381-405. Carreau S., Bouraima-Lelong H., Delalande C. (2012). Role of estrogens in spermatogenesis. Front Biosci. 4:1-11. *Cui J., Shen Y., Li R. (2013) Estrogen synthesis and signaling pathways during ageing: from periphery to brain. Trends Mol Med. 19(3):197-209. *Fiocchetti M., Ascenzi P., Marino M. (2012) Neuroprotective effects of 17β-estradiol rely on estrogen receptor membrane initiated signals. Front. 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