Provincia di Ravenna Regione Emilia Romagna Comuni di Alfonsine, Brisighella, Cervia, Faenza, Lugo, Ravenna, Russi Associazione Collegium Musicum Classense I luoghi dello spirito e del tempo 2010 Architetture e suggestioni sonore Pievi di Brisighella e San Zaccaria, Chiesa di S. Agostino a Faenza, Santuari di Alfonsine e Voltana, Sagrato di S. Francesco a Ravenna, Cortile di Palazzo Grossi a Castiglione e della Rocca di Russi, Anfiteatro della Banca Popolare di Ravenna Il calendario Inizio spettacoli ore 21 Martedì 13 luglio – Sagrato della chiesa di S. Francesco, Ravenna Ensemble Les Nations – Contaminazioni – Influenze europee sulla musica italiana tra Rinascimento e Barocco Concerto in collaborazione con il Festival europeo Oralities Giovedì 22 luglio – Sagrato del Santuario dell’Arginino, Voltana Musica Historica – Gäste, Wanderer, Wächter – Influssi europei nella musica ungherese del Medioevo Giovedì 29 luglio – Anfiteatro della Rocca, Russi Ensemble Sensus – Fuggi fuggi fuggi – Musiche e danze degli ebrei d'Italia nel Rinascimento Giovedì 5 agosto – Cortile Palazzo Grossi, Castiglione di Ravenna Emanuele Reverberi, Paolo Simonazzi, Fabio Tricomi – Delle ance, dei tamburi – Ghironda, organetto diatonico, musette, piva emiliana, zampogna, percussioni Giovedì 12 agosto – Anfiteatro della Banca Popolare di Ravenna Ensemble I luoghi dello spirito – Ravenna Felix – Splendori musicali del XVII sec. a Ravenna Giovedì 19 agosto – Pieve del Tho o di San Giovanni in Ottavo, Brisighella Laura Antonaz, Edoardo Torbianelli – Ein Sommerliederabend – Lieder per soprano e fortepiano Giovedì 26 agosto – Santuario della Madonna del Bosco, Alfonsine Ensemble Caput Gauri – Il tocco degli angeli – Dal concerto angelico all'orchestra di mandolini e chitarre Giovedì 2 settembre – Pieve di S. Bartolomeo, San Zaccaria Elisabetta Ferri – 1685 – Excursus nella grande letteratura clavicembalistica Presentazione della Pieve e de restauri a cura di Vanda Budini Giovedì 9 settembre – Chiesa di Sant’Agostino, Faenza Venerdì 10 settembre – Stella Maris, Milano Marittima Junge Kammerchor Ostwürttemberg – Jauchzen und Klagen – Gioia e dolore espressi in musica Concerti in collaborazione con l’Ufficio Politiche Comunitarie della Provincia di Ravenna Dal 31 agosto al 4 settembre è programmata una masterclass dedicata all’oratorio Gionata di Antonio Pio. La masterclass e il concerto finale degli allievi si terranno il 4 settembre alle ore 21 a Novafeltria (RN) presso il Teatro Sociale. Con vivo piacere presentiamo questo opuscolo con il programma della quindicesima edizione della rassegna musicale I Luoghi dello Spirito e del Tempo che per tradizione, con l'arrivo della stagione estiva, propone un atteso e colto appuntamento tra concerti e luoghi di pregio architettonico e paesaggistico. Nel corso di questi anni la rassegna estiva ha attratto pubblico e musicisti verso luoghi suggestivi, da conoscere per la prima volta o meritevoli di essere maggiormente valorizzati, passando dalla collina faentina alla città di Ravenna, dalla costa o all’entroterra lughese. La rassegna ha riscosso molto successo riuscendo a creare un modello di spettacolo spendibile non privo di tentativi di imitazione. Tutto questo ci ha confermato la validità di questa proposta culturale che, anno dopo anno, viene organizzata dall’Associazione Collegium Musicum Classense in collaborazione con la Provincia e con il sostegno della Regione Emilia Romagna e dei Comuni coinvolti. Interessante e particolare anche il programma proposto in questa quindicesima edizione 2010: nove appuntamenti con la musica tradizionale, popolare, sacra e classica per un percorso ideale che ci porterà nei sagrati delle chiese di San Francesco a Ravenna e dell'Arginino a Voltana, nel cortile della Rocca a Russi, a Palazzo Grossi a Castiglione di Ravenna, nella Chiesa di Palazzo San Giacomo a Russi, alla Pieve del Tho a Brisighella, al Santuario della Madonna del Bosco ad Alfonsine, alla Pieve di San Zaccaria e infine con l'ultimo concerto un doppio appuntamento alla Chiesa di Sant'Agostino di Faenza e alla Chiesa Stella Maris a Milano Marittima. E, ovviamente, un invito a tutti a partecipare. Il Presidente Francesco Giangrandi L’Assessore alla Cultura Massimo Ricci Maccarini 13 luglio 2010, ore 21, Sagrato della chiesa di S. Francesco, Ravenna Contaminazioni Influenze europee sulla musica italiana tra Rinascimento e Barocco Ensemble Les Nations Federica Doniselli, soprano; Ulrike Slowik, violino; Fabio Tricomi, percussioni, chitarra barocca; M. Luisa Baldassari, clavicembalo Anonimo A. Falconiero (1586-1656) G. Frescobaldi (1583-1643) D. Castello (XVII sec.) T. Merula (1595-1665) G. B. Fontana (1571-1630) C. Monteverdi (1567-1643) T. Merula Anonimo Anonimo La Cara Cossa/Les Caterines Folias Passacagli - Così mi disprezzate Sonata Prima per violino e basso continuo Gaudeamus Omnes Sonata Seconda per violino e basso continuo Laudate Dominum Canzonetta spirituale sopra la nanna Spagnoletto - Allemanda O guarracino L'ENSEMBLE LES NATIONS è presente da alcuni anni sulla scena musicale italiana; nato con l'intento di approfondire il repertorio barocco italiano ha in seguito esteso i suoi interessi al repertorio rinascimentale, su solide basi di ricerca filologica che però non trascura l'aspetto spettacolare. Il gruppo ha registrato per RadioRAI 3, ha partecipato a numerose rassegne e festival musicali in diverse città italiane (ricordiamo i prestigiosi Bolzano Festival, il Festival del concorso internazionale Guido d'Arezzo e il doppio appuntamento MITO, 2007 e 2008) ed è stato invitato a festival musicali in Grecia e Francia; su commissione della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo ha allestito ‘Euridice’ di Jacopo Peri, che ha avuto diverse repliche in vari luoghi storici del Veneto nell’estate 1999 con notevole successo di pubblico. La stessa opera è stata commissionata dal prestigioso festival MITO 2008. Le registrazioni dell’ensemble, edite da Tactus, comprendono due CD dedicati alle musiche del compositore mantovano/veronese B. Tromboncino, una registrazione di composizioni sacre e profane del polifonista Costanzo Porta, gli oratori Il Transito di s. Giuseppe di Giovanni Paolo Colonna, e San Sigismondo re di Borgogna del compositore bolognese Domenico Gabrielli, inediti conservati alla Biblioteca Estense di Modena. I componenti del gruppo hanno al proprio attivo ampie esperienze musicali come solisti, docenti in conservatori e corsi di perfezionamento, musicologi. Nel XVII secolo le influenze culturale europee e gli scambi tra culture musicali sono fortissimi, per ragioni politiche (la presenza spagnola in Italia) e per la tendenza italiana ad esportare i propri prodotti culturali. Due gli elementi stranieri fondamentali che permeano la cultura musicale italiana tra ’500 e ’600: la presenza di ritmi e strumenti di altre culture (è il momento delle influenze spagnole con l'arrivo della chitarra e di alcuni brani come le Follie di Spagna) e la contaminazione della tradizione di danza, che nata in Italia si arricchisce di elementi francesi. Il programma proposto va alla ricerca di questi elementi nelle composizioni di autori italiani presentando una scelta di agili e divertenti canzonette accompagnate dalla chitarriglia, sola o con l'aggiunta di altri strumenti, e di vivaci brani strumentali da camera pensati per la danza e non. 22 luglio 2010, ore 21, Santuario dell'Arginino, Voltana Gäste, Wanderer, Wächter Influssi europei nella musica ungherese del Medioevo Musica Historica Rumen István Csörsz, voce, kobsa, ud, tanbur, dulcimer, violino, ghironda, cornamusa, bombarda, flauti popolari, gemshorn; Roland Kasza, percussioni, carillon, xilofono; Réka Palocs, soprano, arpa, guimbarde; Balázs Sudàr, kobsa, lafta, tanbur, percussioni; Zoltán Széplaki, voce, flauti dolci e traversi, bombarde, gemshorn; Zsófia Tövishàzi, strumenti ad arco Anonimi Domine ad adiuvandum me festina (rondellus, XV sec.) Sanctissimus Rex Stephanus (inno, XII sec.) Magyar István király (epica popolare ungherese) Plaude parens Pannonia (inno a s. Emeric, XII sec.) Regis regum civis ave - Idvez légy, kegyelmes Szent László kerál (inni a s. Ladislaus, XV sec.) VII. & V. estampie royal (XIII sec.) Saltarello I. (XIII-XIV sec.) G. Faidit Lo gens cors honratz (XII sec.) Anonimo Saltarello II. (XIII-XIV sec-) - Makedonsko (XX sec.) W. von der Vogelweide Nu allerst leb ich mir werde (XIII sec.) Anonimo Volék sirolm-tudotlon (planctus sulla Vergine XIII sec.) P. Vidal Tart mi veiran – Baros de mon d’an covit (XII sec.) Anonimi Czaldy Waldy (Danze ceche, XIV-XV sec.) Bacche, bene venies - Mihi confer venditor (Carmina Burana, XIII sec.) - Virág Erzsi (canto popolare ungherese) N. von Reuenthal Sinc an guldin huon (XIII sec.) Anonimo Il Lamento di Tristano - Rotta (XIV sec.) F. Landini D’ Amor mi biasmo (ballata) (1325ca –1397) O. von Wolkenstein Der may mit liber zal (1376 ca–1445) Anonimi Frammenti di Tenorlieder dal Cod. Praga (XIV sec.) W. Frye Ave regina coelorum (Antifonale Kassa 1440 ca) († - 1474) Anonimi Novus annus adiit - In hoc anni circulo Krisztus feltámadott - Surrexit Christus hodie (XV sec.) O. von Wolkenstein Lied in 7 lingue Anonimo Dança Amorosa (XV sec.) MUSICA HISTORICA è stato fondato nel 1988 da Rumen István Csörsz, e da sempre utilizza strumenti classici, popolari dell'est Europa e della musica antica. Le esecuzioni del gruppo poggiano su di un approfondito lavoro di ricerca su vari argomenti, tra cui i rapporti tra musica ungherese e centro-europea, la cultura musicale turca, la poesia per musica e, nello specifico, la poesia ungherese di Rinascimento e Medio Evo. La musica antica è per Musica Historica un campo aperto a sperimentazioni che permettano di avvicinare al pubblico contemporaneo musiche concepite per ascoltatori di epoche passate. Musica Historica è tra i più attivi ensembles ungheresi di musica antica: più di 1000 concerti in teatri, sale, chiese, castelli, musei, scuole, spesso in collaborazione con altri protagonisti della musica antica. Frequenti i concerti in Transilvania (Romania), Slovacchia, Austria, Italia Germania, Polonia. L'ensemble ha registrato per le emittenti televisive ungheresi MTV e Duna TV, Radio Ungheria, ORF e TV5 France e pubblicato 5 CD, oltre a numerose collaborazioni ad altri progetti editoriali Pur essendo relativamente poche le fonti medievali con notazione musicale in Ungheria, possiamo ricostruire i principali indirizzi. In questo ci aiutano i codici notati di altre corti regali dell’Europa centrale (Praga, Vienna, Cracovia). Il programma del gruppo Musica Historica presenta la storia musicale dell’Europa medioevale, considerando quali influenze toccarono la musica ungherese, in cui sopravvivevano melodie dell’epoca della migrazione e anche cantari epici, entrambi generi molto apprezzati: il re in un’occasione donò ai suoi joculatores un intero villaggio. La musica medioevale ungherese è perlopiù di carattere liturgico. Il canto monodico gregoriano fiorì fin dalla fondazione del regno (circa nel 1000) e nel XV secolo era nato anche un sistema autoctono di notazione. Nel nostro programma presentiamo alcuni degli inni per i più antichi santi ungheresi: santo Stefano, sant’Emerico e san Ladislao. La prima poesia in lingua ungherese è la Ómagyar Mária-siralom (antico planctus ungherese di Maria, del XIII secolo), che non è altro che la libera traduzione del planctus tropizzato Planctus ante nescia attribuito all’abate francese Godofridus († 1194), che ci è stato tramandato in latino e in numerose altre lingue nazionali (ceco, inglese ecc.), forse cantato su un'unica melodia nota in tutta Europa. A partire dal XV secolo sono sempre di più i canti liturgici in lingua ungherese conservati, tra cui una sequenza pasquale e un canto di san Ladislao. Dall’inizio del secolo troviamo già alcuni brani polifonici, tra cui alcune cantiones ritmate a ballo e legate al Natale e alla Pasqua, nonché l’introitus “Domine ad adiuvandum”. I canti goliardici in latino che gli studenti utilizzavano in lungo e in largo per l’Europa, e con essi dunque la poesia dei vagantes, non doveva essere estranea ai tanti ungheresi che si recarono a studiare nelle più importanti università medievali: Parigi, Bologna, Padova, Vienna e, più tardi, Praga, e dal 1395 anche ad Óbuda (Buda vetus). Non è un caso infatti che una delle melodie dei Carmina Burana abbia lasciato tracce anche nel folclore ungherese. Le mogli dei regnanti ungheresi, che venivano spesso dall’Europa occidentale, portavano al loro seguito rappresentanti delle corti di origine, quindi anche musicisti; troviamo dunque sporadiche tracce di poesia cavalleresca, anche se la sua influenza non fu significativa. Verso la fine del XII secolo si recarono in Ungheria due famosi trovatori: Peire Vidal e Gaucem Faidit, giunti entrambi al seguito della regina Costanza d’Aragona alla corte del re Emerico, ove trascorsero lungo tempo. In quest’epoca più di un esercito crociato attraversò il Regno d’Ungheria (non dimentichiamo infatti che la guida della prima crociata si voleva affidare proprio a san Ladislao, e che nel XIII secolo il re Andrea II fu ugualmente famoso per i suoi meriti militari nelle crociate). In questo periodo potrebbe aver risuonato in Ungheria il Canto della Palestina di Walther von der Vogelweide, così come le canzoni a ballo del cavaliere svevo Neidhart von Reuenthal. Anche in seguito troviamo la presenza alla corte ungherese di Minnesänger tedeschi e austriaci, nonché di maestri cantori. Il più famoso fu il tirolese Oswald von Wolkenstein (1376/77–1445), che viaggiò attraverso l’Europa al seguito di Sigismondo di Lussemburgo, e parlava anche un po’ l’ungherese. Secondo la testimonianza del Codice di Praga, (fine XIV sec.), anche la polifonia italiana, francese e fiamminga raggiunse l’Europa centrale, e un altro codice ceco ci dà una testimonianza di musica da ballo, della quale purtroppo anche in Europa occidentale sono rimaste pochissime attestazioni scritte. Rumen István Csörsz (trad. Armando Nuzzo) 29 luglio 2010, ore 21, Anfiteatro della Rocca Medievale, Russi Fuggi fuggi fuggi Musiche e danze degli ebrei d'Italia nel Rinascimento Ensemble Sensus Arianna Lanci, voce; Erica Scherl, viella, ribeca; Fabio Accurso, liuti, chitarra; Maurizio Less, viola da gamba; Marco Muzzati, direzione percussioni e voce recitante IncontraDanza Caterina Abrate, Alessandra Allocco, Agnese Bongiovanni, Delia Botto, Chiara Rubriante, Daniela Uziard Guglielmo Ebreo da Pesaro (1425-1480) Domenico da Piacenza (sec. XV) Guglielmo Ebreo da Pesaro Anonimo Guglielmo Ebreo da Pesaro Anonimo D. Ortiz (c. 1519-c. 1570) Anonimo H. Kapsberger (1580-1651) Anonimo S. Rossi (1570-1630) Anonimo Alis (su La Mariagneta di Anon.) Anello A Florence /Ellas la Fille Guillemin Gelosia Gioioso Petit Riense Grazioso Morena me llaman (tradiz. sefardita) Recercada Segunda Viva el gran Re don Fernando Dolce Amoroso Fuoco (Passemmezzo) Canario Les Caterines / La Cara Cossa (Folia) Sonata sopra Il Ruggiero Fuggi, fuggi, fuggi (Ballo di Mantova) Dall’esperienza del suo fondatore, il musicista ed attore Marco Muzzati, e di alcuni degli elementi del suo organico, nasce nel 2006 il poliedrico ensemble SENSUS. Accogliendo al suo interno artisti provenienti dai diversi ambienti della musica antica ed etnica, del teatro e della danza, Sensus esprime la volontà di fondere vari linguaggi, nella proposta di “spettacoli totali” in una sorta di ritrovata koiné. Attento al rapporto col pubblico, Sensus offre delle rappresentazioni sempre fresche e godibili, in cui il trascolorare delle atmosfere e degli stati d’animo, costruito sui testi e lo svolgersi dell’azione, viene sempre ben sottolineato ed esplicitato dal continuum musicale e sonoro. In ognuno dei suoi spettacoli, testo e musica ben si alternano come veri protagonisti, su uno sfondo drammatico ricco di elementi e suggestioni storiche, spesso di pregnante attualità. La ricchezza dello strumentario utilizzato cattura l’orecchio e l’occhio dello spettatore. Il primo di agosto 1480 il maestro di ballo al servizio della casa ducale degli Sforza pesaresi, tale Giovanni Ambrosio, fu mandato a Milano ad insegnare le sue danze alla giovane generazione della famiglia ducale. Nella lettera di raccomandazione è descritto come l’uomo che danza meglio di ogni altro in Italia, e si esprime la speranza che anche detta famiglia ducale potesse approfittare del suo grande talento. Dopo circa sei settimane, Giovanni Ambrosio ritorna a Pesaro e il Duca di Milano spiega nella sua lettera di ringraziamento che sicuramente il suo illustre parente di Pesaro non può più rinunciare ai servigi dell’eccellente maestro di ballo che così gentilmente gli ha “prestato”. Dal testo della lettera, conservata presso l’Archivio di Stato di Milano non è chiaro se ciò sia stato scritto sinceramente o con una punta di ironia (Ambrosio, nato probabilmente intorno al 1420, non era più giovane e agile come un tempo). Giovanni Ambrosio era il nome dato a Guglielmo Ebreo da Pesaro quando si convertì al Cristianesimo e fu battezzato attorno al 1460, allo scopo di ricevere il titolo di Cavaliere o forse per aiutare la sua carriera che avrebbe potuto essere danneggiata dal fatto di essere ebreo. Essere un maestro di ballo ebreo è tuttavia una condizione assai comune nel Rinascimento italiano: Isacchino Massarano era maestro di ballo a Mantova; Federigo Follino, anch’egli attivo a Mantova, “soprintendente alle feste del nostro palazzo”, era capace di “tradurre la vita in coreografia”; Musetto era maestro di ballo dei figli di Malatesta V, Signore di Pesaro; Giuseppe Ebreo è il menzionato autore della danza Partita crudele. Fin dai tempi dei Re Maccabei (160 a.C.), due secoli prima della distruzione del secondo Tempio di Gerusalemme, esisteva una comunità ebraica in Italia. Essa conobbe periodi di prosperità e periodi di persecuzione; nel Rinascimento le comunità ebraiche, chiamate kehillot, erano un po’ ovunque, vivendo la loro vita separata ma nello stesso tempo interagendo con la circostante società gentile. I loro affari interni erano governati da comitati che periodicamente promulgavano leggi e norme, le Pragmatiche, dalle quali possiamo ottenere informazioni circa la vita quotidiana degli ebrei e apprendere il ruolo del maestro di ballo, i suoi doveri come le restrizioni che governavano la sua professione. Ulteriori informazioni si ricavano dai documenti nei quali l’autorità ducale o papale proibiva ai maestri di ballo ebrei di insegnare agli allievi cristiani, ma nel contempo li obbligava a fornire danzatori e attori per le rappresentazioni teatrali della corte. Nel Medioevo esistevano comunità ebraiche emigrate in Italia dal nord Europa (chiamate Ashkenazim) e dopo l’espulsione degli ebrei dalla Spagna nel 1492 si stanziò in Italia una grossa ondata di rifugiati (i Sephardim). L’incredibile fiorire della cultura rinascimentale italiana toccò anche gli ebrei che fecero degli sforzi per prendere parte al generale sviluppo dell’arte e integrarsi nel mondo gentile che li circondava, pur senza abbandonare le loro tradizioni. Lo studio dei soggetti religiosi non fu accantonato ma soggetti secolari come la grammatica latina e italiana, la calligrafia e a volte anche lo studio delle opere dei filosofi gentili furono aggiunti al curriculum. Nella sfera riservata alle arti erano insegnate principalmente la musica e la danza. L’arte della danza era presente in ogni strato della società ebraica e la posizione dei maestri di ballo si consolidò progressivamente con lo sviluppo della tecnica sempre più ricercata. Nel 1524 David Hareuveni, che si autoproclamava “messia”, arrivò in Italia per proporre al papa di fornirgli soldati e denaro per conquistare Gerusalemme e liberarla dalle mani degli infedeli. Egli visitò la città di Pisa, ospite nella casa del Rabbino Yechiel da Pisa: «…nel giorno della grande festa, prima di me arrivò nella casa del Rabbino Yechiel sua moglie, chiamata Diamante….per onorarmi, vennero anche la Signora Sara e sua figlia Laura e altre ragazze, per danzare nella stanza dove ero alloggiato, …e mi domandarono: “sei rapito dal suono del violino e dalla danza che hai osservato?”». Abbiamo esempi in cui le due comunità, quella ebraica e quella gentile, ebbero dei contatti: nel ghetto di Venezia (nato nel 1516) la cui vita culturale e sociale era ben sviluppata, esistevano scuole di ballo destinate alle ragazze ebree, soprattutto quelle di estrazione sefardita, ma vi erano iscritti anche molti ragazzi della società gentile, fatto che era noto sia alle autorità rabbine sia a quelle cristiane. Nel 1643 le scuole dei maestri di ballo ebrei furono chiuse per ordine del consiglio municipale. A Palermo, al matrimonio del re Ferdinando di Aragona con Isabella di Castiglia nel 1469, presero parte non meno di 400 danzatori e cantanti ebrei. Le Pragmatiche, regole pubblicate periodicamente dai comitati che governavano le comunità ebraiche, contengono sempre proibizioni e restrizioni riguardanti le danze miste. Ma la frequenza con cui queste regole venivano riscritte dimostra quanto prevalente fosse la voglia di danzare presso queste comunità. Per esempio, il Rabbino Moses Zacut di Mantova vide la necessità di rilassare le proibizioni riguardanti le danze miste ai matrimoni: «…uomini e donne possono danzare insieme se indossano guanti; quelli che imparano a danzare possono partecipare alle danze di gruppo sempre indossando guanti…». Oltre ad occuparsi di feste e lezioni di ballo, Guglielmo Ebreo e i suoi contemporanei composero danze di società i cui nomi, riportati sui trattati manoscritti coevi, denotano che queste bassedanze e balli si riferivano a situazioni sentimentali precise ed erano basate su “argomenti”. Il ballo Gelosia allude chiaramente al sentimento della gelosia. Il tema del ballo è realizzato mediante le azioni coreografiche dei ballerini scandite dalla sequenza Quaternaria - Piva. Il Rostiboli Gioioso era un ballo estremamente diffuso e popolare sia in area italiana che nelle regioni d’oltralpe. Il titolo è un'italianizzazione di Rôti Bouilli Joyeux, presente nel manoscritto di Bruxelles appartenente a Margherita d’Austria. La versione per tre ballerini è attribuita a Giovanni Ambrosio e la sua struttura è data dalla successione Bassadanza - Saltarello - Piva. Il Petit Riense è un ballo francese di anonimo per tre ballerini. Descritto esclusivamente nel codice di Giovanni Ambrosio, il suo tema melodico sembra suggerire la derivazione dalla tradizione popolare. Il Grazioso è organizzato nella sequenza Quaternaria - Bassadanza - Piva - Quaternaria. Le bassedanze tendono ad avere titoli più neutri come Cupido, Pellegrina, Alis, Principessa o Alessandresca. Queste coreografie risultano molto espressive e spesso drammatiche: circa un secolo prima della nascita “ufficiale” del balletto classico col Ballet Comique de la Reine nel 1581, possiamo già testimoniare un pieno sviluppo della danza drammatica creata dai maestri di ballo rinascimentali. La misura del contributo dei maestri ebrei a questo sviluppo è ancora da esplorare. Ma giudicando l’intenso coinvolgimento di questi artisti nella danza e nelle produzioni teatrali, possiamo quasi sicuramente considerare Guglielmo Ebreo e i suoi contemporanei come i co-fondatori del balletto barocco. Nella vita quotidiana, le comunità ebraiche difesero con ardore le proprie tradizioni culturali e religiose, ma non si isolarono mai dal mondo che li circondava. Assorbirono e trasmisero consuetudini di vita e musiche, furono ebrei, ma anche pugliesi, piemontesi, veneziani, toscani... e ancor oggi le loro tradizioni musicali testimoniano di questa appartenenza. Questi scambi continui di cui la migliore tradizione popolare è infarcita sono a volte così sorprendenti da superare la fantasia. È il caso del Ballo di Mantova o Mantovana, le cui origini risalgono al primo Rinascimento, alla corte dei Gonzaga dove erano attivi numerosi maestri di danza, musici ed attori ebrei. È una melodia che godette immediatamente di grande popolarità e alla fine del Cinquecento divenne l’aria di una canzone molto conosciuta: Fuggi, fuggi, fuggi, della quale esistono innumerevoli versioni strumentali e testuali. La Mantovana è ancora in uso nella tradizione italiana, in vari luoghi e con nomi diversi. Ma seguendo un viaggio straordinario, attraverso mille vicissitudini e mille trasformazioni, è divenuta anche la melodia dell’inno nazionale dello Stato di Israele. Federica Calvino Prina 5 agosto 2010, ore 21, Cortile di Palazzo Grossi, Castiglione di Ravenna Delle ance, dei tamburi Ghironda, organetto diatonico, musette, piva emiliana, zampogna, percussioni Emanuele Reverberi, violino, musette (cornamusa francese), piva (cornamusa emiliana); Paolo Simonazzi, ghironda, organetto diatonico, zampogna a chiave (molisana); Fabio Tricomi, violino, viella, tombak, tamburello, flauto da tamburo, marranzanu (scacciapensieri siciliano), ciaramedda (zampogna siciliana) Marguerite, arie e valzer (Centro Francia) Novena di Zaccone e Ballettu (Sicilia) La Ricciolina canto a ballo, Furlane e Piva (App. Emiliano) Sansonette suite di scottisch del Berry (Francia) Drago Rosso/Giga (Emilia) Assolo di marranzanu (Sicilia) Utopia Telergo/Scotmaj scottisch (Emilia) I Calderai/Bigodino/Giga (Emilia Occidentale) Propignant/D’Ecosse/Danza Moresca/Tourdion (Francia XVI sec.) Tarantella del Pollino (Lucania) Tra zampogna e piva: suite d’incontro d’otri La scala santa, ballo di Monecò (Emilia) La Bourreé a 3 tempi (Centro Francia) L’Anglard/Tout en allant/Jenzat, polke, (Francia) Le Pont/A’Malochet, D’Alfred Pommier, bourreé a 2 tempi, Berry (Francia) Emanuele Reverberi è un giovane violinista che, diplomatosi in violino e tromba, ha da sempre avuto la passione per il folk e la musica tradizionale. Riesce quindi a coniugare la tecnica con il gusto della musica folk. Da anni suona con Paolo Simonazzi e questa frequentazione lo ha portato ad approfondire la sua già importante passione e a diventare uno dei violinisti folk più apprezzati d’Italia. Esecutore anche alla musette francese e alla piva emiliana, il suo più grande pregio è avere l’umiltà di imparare da quei “suonatori” che non conoscono una nota ma da una vita praticano il genere folk. Questo, unito alla tecnica classica e al divertimento nel far musica sono la marca distintiva della sua esecuzione. Paolo Simonazzi, oltre a essere uno dei costruttori di tamburi di vario genere più prestigiosi d’Italia, rappresenta un raro esempio di versatilità strumentale: molti sono infatti gli strumenti che pratica, dall’organetto diatonico alla ghironda, ai vari tipi di zampogna e cornamusa, alla mandola etc. Cultore ed esperto del folk francese ma anche della tradizione emiliana, provenzale e piemontese, non disdegna tuttavia collaborazioni al di fuori di questi generi. Ha fondato lo storico gruppo La piva del Carner con cui ha inciso cd che sono rimasti nella storia del folk italiano. Ha in seguito fondato il gruppo Desperanto col quale tuttora lavora ed ha al suo attivo una serie di importanti collaborazioni con artisti quali Angelo Branduardi, Gianna Nannini, la Rimini Chamber Orchestra, i Matmos e altri. Fabio Tricomi, nato a Catania, musicista ed etnomusicologo, dal 1983 si dedica alla ricerca e alla documentazione degli aspetti musicali legati alla tradizione siciliana. L’esperienza diretta con i musicisti tradizionali della sua regione lo porta ad approfondire la conoscenza e lo studio, non solo teorico, delle tecniche e degli stili esecutivi su vari strumenti di pertinenza agropastorale. Ha all’attivo la pubblicazione di vari scritti sulla musica di tradizione orale, sulla musica medievale e CD di registrazioni sul campo. Parallelamente si dedica alla didattica e svolge intensa attività concertistica attingendo, con rispetto profondo, agli insegnamenti dei portatori della tradizione. Un viaggio musicale dove il fascino ipnotico degli strumenti musicali a bordone, fra i più antichi della tradizione musicale italiana ed europea, propone la sua riscoperta e un suo nuovo senso musicale ed antropologico. La ciaramedda siciliana, la zampogna a chiave molisana, la piva emiliana e la musette francese sono i protagonisti di una tradizione occidentale legata al filo conduttore del suono continuo, della musica a bordone, che in tempi antichi, prima ancora dello sviluppo della polifonia, rappresentava lo stilema musicale più diffuso. Gli strumenti ad ancia provvisti di otre, che garantisce un’emissione di aria e di suono continuo, non sono gli unici strumenti a bordone occidentali: la ghironda (cordofono) e lo scacciapensieri (idiofono) fanno parte anch’essi dello stesso mondo sonoro antico, modale, il cui destino e sopravvivenza, al di fuori dei contesti agropastorali di origine, è oggi in buona parte legato alla ricerca etnomusicologica e alla riproposta nel mondo “diverso” del puro ascolto, senza rituali, senza danza, dove la comunità partecipa da spettatore esterno e globalizzato ma forse subendone inconsapevolmente anche la forza emotiva degli archetipi nascosti. L’incontro del trio si avvale di notevoli esperienze personali, maturate anche come gruppo, nella musica di tradizione orale, accostando brani assolutamente “puri” a composizioni “in stile”, senza pregiudizi ma con massimo rispetto delle culture che le hanno portate fino a noi. 12 agosto 2010, ore 21, Anfiteatro della Banca Popolare di Ravenna, Piazza Duomo 4, Ravenna Ravenna Felix Splendori musicali del XVII sec. a Ravenna I luoghi dello spirito Daniela Serafino, soprano; Gabriele Raspanti, Manuel Vignoli, violini; Sebastiano Severi, violoncello; Marina Scaioli, cembalo G. Ghizzolo (1580-1625?) B. Magni (1674-1737) E. Vannini (1644-1709) S. Filippini (1601-1690) E. Vannini (1644-1709) B. Pascoli (1659-1727) Dolce Filli Cor mio deh non languire dai Frutti d’amore Dispiegate guance amate dal III Libro delli Madrigali Intonuit de caelo dai Concerti.. Sonata Seconda da Sinfonie op. I (Adagio assai, Presto, Adagio, Allegro) per due violini, violoncello e basso continuo Audite gentes da Mottetti sacri a voce sola “Et esultavit” dal Magnificat (Adagio assai, Presto, Adagio, Allegro) per soprano, due violini e basso continuo Sonata Prima da Sinfonie op. I (Allegro, Adagio, Allegro, Largo) per due violini, violoncello e basso continuo Confitebor Domine, due arie dai Salmi a 3 e 4, per soprano, due violini e basso continuo Ego sum, mottetto per soprano, due violini e basso continuo L'ENSEMBLE DEI LUOGHI DELLO SPIRITO è nato con il festival omonimo, del quale si incarica di allestire le produzioni. La tradizione ormai pluriennale di riscoperta ed esecuzione di musiche appartenenti all’ambiente ravennate o ad ambienti vicini a Ravenna, che il Collegium Musicum Classense può vantare, ha determinato la risoluzione di costituire un ensemble specifico per l’esecuzione di musiche strettamente legate al territorio ravennate. Nel corso degli anni sono stati allestiti e registrati diversi progetti riguardanti la musica dal Rinascimento al tardo barocco. Ricordiamo in particolare la registrazione ed esecuzione di tre messe e di alcuni mottetti, uniche composizioni giunte integre fino a noi del compositore A. Salvolini, conservate presso l’archivio arcivescovile di Ravenna. L’ensemble si avvale della collaborazione di musicisti esperti del repertorio scelto e dall’ampio curriculum artistico. . Tra il XVII secolo e la prima metà del XVIII secolo Ravenna è stata culla di numerosi ed insigni compositori che hanno operato soprattutto in ambito ecclesiastico come organisti o maestri di cappella per il Duomo e per le maggiori chiese cittadine. I medesimi musicisti che hanno lasciato in custodia molte delle loro opere vocali polifoniche nell’Archivio Arcivescovile di Ravenna, hanno trovato altrove mecenati ed ispirazione per le opere profane. Questo programma vuole essere un viaggio attraverso questa produzione parallela influenzata da modelli musicali meno conservatori, che si conclude con l’unico brano di genere concertato vocale-strumentale conservato proprio nell’Archivio Arcivescovile di Ravenna: il mottetto Ego sum di Bernardo Pascoli, rinomato soprano e maestro di cappella del Duomo dal 1703 al 1721. Le tre composizioni iniziali sono invece le uniche profane del programma; scritte dal bresciano Giovanni Ghizzolo, francescano, che fu alla guida della cappella negli anni 1618-1621, sono improntate alla leggerezza della forma strofica e del testo in rima. Segue un Concerto di Benedetto Magni con testo sacro ma scritto nello stile moderno a voce sola accompagnata dal basso continuo, tratto da una raccolta dedicata all’arcivescovo di Ravenna Pietro Aldobrandini; Magni, ravennate di nascita, fu organista del Duomo dal 1600 al 1637 nonché rinomato insegnante di clavicembalo ed organo. Più articolato e complesso è il mottetto Audite gentes dell’agostiniano riminese Stefano Filippini detto l’Argentina che fu maestro di cappella a Ravenna nel 1657. Completano il programma le composizioni vocali-strumentali di Elia Vannini, attivo a Ravenna dal 1666 al 1701, prolifico compositore e miniaturista che ha lasciato a Ravenna la maggior parte delle sue opere vocali polifoniche manoscritte. Al musicista lo scorso anno è stata dedicata una mostra ed un concerto commemorativo in occasione del trecentesimo anniversario della morte; in questa scelta di arie e sinfonie emerge ancora una volta la felice vena compositiva che permise per la prima volta ad un maestro della cappella arcivescovile di Ravenna di pubblicare opere solo strumentali dedicandole tra l’altro all’arcivescovo Fabio Guinigi. 19 agosto 2010, ore 21, Pieve del Tho o di San Giovanni in Ottavo, Brisighella Ein Sommerliederabend Lieder per soprano e fortepiano Laura Antonaz, soprano; Edoardo Torbianelli, fortepiano J. Haydn (1732-1809) W. A. Mozart (1753-1791) J. Haydn W. A. Mozart J. Haydn W. A. Mozart Piercing eyes Die Veilchen An Chloe O tuneful voice She never told her love Sonata Hob.XVI, 46 in La bem. maggiore per fortepiano Alegro moderato, Adagio, Finale-Presto Dans un bois Ridente la calma Fidelity Als Luise die Briefe Rondò K 511 in La minore per fortepiano Abendempfindung LAURA ANTONAZ, soprano, dopo il diploma in canto al conservatorio ‘G.Tartini’ di Trieste ha proseguito gli studi con Jessica Cash e con Serge Wilfart. Il suo indirizzo interpretativo predilige la dimensione della vocalità barocca e liederistica. Ha perfezionato la prassi esecutiva barocca con N. Rogers, J. Rifkin, A. Curtis, e il repertorio liederistico con E. Werba e Ch. Ludwig. Ha vinto il concorso internazionale di Bardolino per cantanti di Lieder, il ‘G. B. Pergolesi’ di Roma, il concorso della ‘Società dell’Opera Buffa’ di Milano. Nel 1993 ha debuttato nel Flauto magico di Mozart, per proseguire la carriera con opere di Paisiello, Jommelli, Cavalli, Gluck, Weber, Offenbach, Haendel a Buenos Aires e Monteverdi a New York. Svolge attività concertistica esibendosi in prestigiosi festival europei (Bruges, Utrecht, Lugano, Beaune, Tenerife), in collaborazione con I Barocchisti, la Radio Svizzera Italiana, l’Orchestra Sinfonica Nazionale-Rai, La Risonanza, Concerto Italiano, Odhecaton, Les Nations, Accademia Bizantina, Venice Baroque Orchestra etc. Ha effettuato più di trenta incisioni discografiche per Tactus, Carrara, La Bottega Discantica, Nuova Era, Rivo Alto, Amadeus. EDOARDO TORBIANELLI è diplomato in pianoforte e clavicembalo presso il conservatorio di Trieste e ha proseguito la formazione al Conservatorio Superiore di Anversa (J. De Tiège e J. van Immerseel) ed all’Università Cattolica del Brabante Olandese, dove ha ottenuto a pieni voti il diploma concertistico di pianoforte e quello di clavicembalo. In seguito ha approfondito lo studio della prassi esecutiva storica, in particolare dell’epoca classico-romantica, con la frequentazione di seminari specializzati e con un’intensa ricerca personale nell’ambito della trattatistica musicale e delle registrazioni d’epoca, seguendo nel contempo una formazione universitaria in campo linguistico-letterario. Premiato in concorsi internazionali (Concours International de piano “Emmanuel Durlet” 1993 e 1996, Concours Musica Antiqua, Bruges 1995), Edoardo Torbianelli ha suonato in Italia, Belgio, Germania, Spagna, Svizzera, Olanda, Francia, Danimarca, Repubblica Ceca, Slovenia per importanti istituzioni musicali tra cui Festival van Vlaanderen, Festival de Wallonie, La Monnaie di Bruxelles, Società Schubert danese, Internationale Festtage Alter Musik di Norimberga, Freunde Alter Musik di Basilea, Beethoven-Haus di Bonn, Orchestra Sinfonica di Praga, Festival di Musica Antica di Urbino, Società dei Concerti di Trieste, Festival de Musique Improvisée di Losanna, Festival Siglos de Oro (Fundación Caja Madrid) di Madrid. Ha tenuto concerti sui pianoforti storici appartenenti ad alcune tra le più importanti collezioni museali d’Europa: Anversa, Monaco, Norimberga, Bonn. Ha registrato per numerose tra le più importanti emittenti radio e TV europee e ha inciso per Harmonia Mundi France e Pan Classics, ottenendo entusiastici riscontri di critica e vincendo Diapason d’Or e il Disque du mois de Répertoire. Edoardo Torbianelli ha insegnato al Regio Conservatorio Superiore di Anversa, alla Schola Cantorum Basiliensis e l'Hochschule di Berna. Itinerario non solo musicale ma anche geografico, tra l’atmosfera wienerisch dei Lieder di Mozart e del rondò composto dopo il trionfo delle Nozze di Figaro a Praga, e la sensibilità più inquieta della Londra di fine ’700, dove Haydn incontra la piena identità espressiva nei Lieder musicando le liriche dell’amica Anne Hunter. Incontriamo il carattere giocoso dell’arietta alla francese Dans un bois solitaire, dell’ ironica An Chloe, della fresca miniatura Piercing Eyes e il ripiegamento pensoso di Abendemfindung, composto da Mozart dopo la morte del padre, momento di riflessione sulla fuggevolezza della vita: insieme al melanconico congedo di Haydn dall’Inghilterra espresso con O Tuneful Voice, sembra quasi suggerire l’imminente ‘impossibile beatitudine’ schubertiana. 26 agosto 2010, ore 21, Santuario della Madonna del Bosco, Alfonsine Il tocco degli angeli Dal concerto angelico all'orchestra di mandolini e chitarre Ensemble Caput Gauri Stefano Maciga, Cristiano Pistone, Benito Turatti, Sergio Zigiotti, mandolini; Marco Barboni, Fabrizio Mangolini, mandole tenore; Giulio Arnofi, Lisa Brancaleoni, Gianluca Russo, chitarre; Marco Fusetti, contrabbasso P. Cauciello (XVIII sec.) A. Vivaldi (1678-1741) N. Piccinni (1728-1800) G. F. Haendel (1685-1759) S. L. Weiss (1686-1750) V. Roeser (1735-1782) Trio in Sol maggiore Allegro, Andante, Allegro Sinfonia in Do maggiore (trascr. Siegfried Behrend, mandolino solista: Sergio Zigiotti) Allegro, Largo, Allegro, Allegro Ouvertura con mandolini in Re maggiore (trascr. Wilhelm Krunbach) Allegro spiritoso, Andante, Allegro assai Suite n. 4 in Re minore (trascr. Konrad Wolki) Allemande, Courante, Sarabande, Gigue Concerto per chitarra e orchestra a plettro (trascr. Siegfried Behrend, solista Giulio Arnofi) Largo, Allegro, Allegro molto, Largo, Presto Sonata VI “a grand’orchestra” Allegro moderato, Romance-Un peu lent, Presto L’ensemble a plettro CAPUT GAURI è espressione dell’Associazione Musicale Pomposiana, un ente non commerciale che si occupa della promozione e della divulgazione della cultura musicale. Caput Gauri è l’antico nome di Codigoro, il comune del basso ferrarese dove ha sede l’antica abbazia di Pomposa, situata sulla via Romea, tra Ravenna e Venezia. In questo luogo di studio e sacralità, il monaco Guido ha inventato il metodo di notazione musicale che sta alla base della moderna scrittura musicale. L’intento principale dell’ensemble è la rivalutazione della musica originale o trascritta che rappresenti adeguatamente la sonorità e le peculiarità degli strumenti a pizzico. Tutti i suoi componenti hanno pluriennale esperienza musicale in altri sodalizi. L’orchestra è stata invitata a partecipare ad importanti manifestazioni in Italia e all’estero (Festival Giocoso a Graz in Austria; Rassegna Regionale della Federazione Mandolinistica, Festival Internazionale di Remiremont in Francia; XXXIX Stagione Concertistica “Musica Pomposa”) riscuotendo consensi per la scelta dei brani e la qualità delle proprie interpretazioni. Nel 2001 è uscito il primo lavoro discografico dell’orchestra prodotto dalla “Qb Forme” dedicato alla musica italiana per strumenti a plettro e nel 2005 il secondo cd Danze e Balli dal XVI al XXI secolo. Pretesti musicali per ensemble a pizzico. Nel 2001 l’ensemble si è classificato tra i vincitori del III Concorso Internazionale “Giacomo Sartori” di Ala (TN) aggiudicandosi anche il “premio speciale” della giuria per la migliore interpretazione del brano composto dal musicista trentino al quale è dedicata la manifestazione. Gli strumenti a pizzico facevano parte dell’organico strumentale che andava a costituire il cosiddetto concerto angelico, sfondo a numerose rappresentazioni pittoriche del Giudizio Universale o della Vergine Maria col Bambino, già a partire dal 1200. Tra questi strumenti si potevano facilmente riconoscere, più anticamente il chitarrino e, nei secoli successivi, la mandola, precursori dello strumento unanimemente riconosciuto come mandolino. Il termine mandolino è diminutivo di mandola che a sua volta deriva dal sostantivo mandora. Il nome mandora era in uso nel corso del XVI secolo e indicava uno strumento a pizzico con un guscio fatto a doghe come quello del liuto ma dalle dimensioni più piccole, una rosa traforata nel foro “armonico” e un numero di corde variabili ma principalmente quattro, legate al ponticello fissato sulla tavola armonica. Si era diffusa soprattutto in Francia, Germania e Inghilterra. La variante italiana di questo strumento venne chiamata mandola forse dalla forma “a mandorla”. Il termine mandolino è successivo, usato da Antonio Stradivari (1644 ca.-1737) e da Tommaso Motta nel suo Armonia Capricciosa... del 1681. Attorno alla metà del ’700 compare, invece, uno strumento elaborato da alcuni liutai di area romana e napoletana (Gasparo Ferrari, Antonio Vinaccia e altri), successivamente riconosciuto come mandolino napoletano, con caratteristiche diverse dal più antico mandola/mandolino. Il fatto che questo strumento sia accordato per quinte, come il violino, e dotato di tasti, lo rende un prodotto altamente esportabile e molto appetibile dall’aristocrazia europea che ne entra in contatto durante il grand tour. I migliori strumentisti partenopei diventano virtuosi di questo strumento e sfruttando una possibile interscambiabilità con il violino, cominciano a girare le più importanti capitali europee in qualità di solisti e insegnanti privati di musica. Parigi, Vienna, Londra, Bruxelles sono la meta dei pellegrinaggi di questi poliedrici personaggi che, con alterne fortune, diventano insegnanti di nobili dilettanti. Non stupisce dunque che questi stessi virtuosi siano diventati anche i principali compositori di gran parte della musica di epoca barocca per questo strumento, rimasta esclusivamente in forma manoscritta e sparsa nelle biblioteche di tutta Europa. Il repertorio presentato in questo concerto propone l’ascolto di alcune composizioni originali adattate per ensemble a plettro moderno e altre trascrizioni preparate da Wilhelm Krunbach, Siegfried Behrend e Konrad Wolki, riconosciuti maestri della riscoperta del repertorio originale per mandolino, operata in Germania nel dopoguerra. 2 settembre 2010, ore 21, Pieve di San Bartolomeo, San Zaccaria Presentazione della pieve e dei recenti restauri a cura di Vanda Budini, Ispettore onorario della Soprintendenza per i Beni archeologici 1685 Excursus nella grande letteratura clavicembalistica Elisabetta Ferri, clavicembalo vincitrice del II concorso nazionale di clavicembalo “Terzo Musica” J. S. Bach: (1685-1750) D. Scarlatti (1685-1757) G .F. Haendel (1685-1759) Suite inglese in Fa maggiore BWV 809 Prelude, Allemande, Courante, Sarabande, Menuet I - Menuet II, Gigue Preludio e Fuga in La minore BWV 894 Sonata in La maggiore K 208 Sonata in Do maggiore K 49 Suite n 5 in Mi maggiore HWV 430 Prelude, Allemande, Courante, Air Elisabetta Ferri, nata a Roma nel 1978, ha studiato pianoforte con Grazia Barbanera e con Raffaella D’Esposito, diplomandosi presso il Conservatorio S. Cecilia di Roma nel 2001. Presso lo stesso Conservatorio, si è diplomata anche in Musica da camera nel 2004, studiando con Luciano Cerroni e Rosaria Clemente, e, nel 2005, ottenendo il massimo dei voti, in clavicembalo, sotto la guida di Fiorella Brancacci. Si è perfezionata in clavicembalo presso la Scuola Musicale di Milano, studiando per due anni con Emilia Fadini. Ha inoltre seguito diversi corsi e masterclasses in Italia e all’estero; in particolare con Christophe Rousset presso l’Accademia Chigiana di Siena. Ha ottenuto diversi premi ai seguenti concorsi di clavicembalo: Concorso Nazionale “G. Gambi” di Pesaro 2007 (II premio ex-aequo), Concorso Europeo “Paola Bernardi” di Bologna 2007 (III premio ex-aequo); Concorso Internazionale di Castellana Grotte (BA) 2008 (I premio); Concorso Nazionale di Terzo (AL) 2009 (I premio). Si è più volte esibita al clavicembalo sia come solista che in varie formazioni in diverse sale, tra cui Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma, Chiostro di San Simpliciano a Milano per il Festival Internazionale “Pietre Sonore”, Teatro Dal Verme per la Società del Quartetto di Milano, Sala dei Marmi del Conservatorio “Rossini” di Pesaro. Ha spesso collaborato come continuista, coi gruppi I Giovani Virtuosi e L’Anello Musicale. Con quest’ultimo ha registrato in CD Le quattro stagioni di A. Vivaldi, interpretate da Roberto Ranfaldi. Come pianista ha suonato soprattutto in formazioni cameristiche presso: C.A.S.C. Banca d’Italia, Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma; Basilica di S. Silvestro di Roma; Sala Petrassi del Parco della Musica di Roma; Accademia di Spagna di Roma. Ha suonato inoltre per il canale SAT 2000 e per Radio Rai 3, in diretta nazionale, alla trasmissione La stanza della Musica, con la violinista Valentina Nicolai. Insieme a quest’ultima, con la quale collabora spesso, ha inciso alcuni CD con musiche di Dvorak, Haydn, Milhaud, in duo e in trio con diversi musicisti. L’anno 1685 ha avuto lo strano destino di dare i natali a tre dei più grandi musicisti della storia della musica europea: Johann Sebastian Bach, Georg Friedrich Haendel e Domenico Scarlatti. Tre personalità estremamente diverse che hanno dato alla musica opere meravigliose in ambiti assolutamente diversi: Bach ha dedicato buona parte della vita alla musica sacra e strumentale. Haendel all’opera. L’unica cosa che li accomuna è la grande abilità, tecnica, compositiva e improvvisativa, alla tastiera, strumento al quale Domenico Scarlatti finirà per dedicarsi interamente, come compositore e didatta. Di tutti e tre si raccontano episodi di gare alla tastiera: addirittura una coinvolse sia Scarlatti che Haendel lasciando, pare vincitore quest’ultimo, mentre Bach ottenne una vittoria “per abbandono dell’avversario” contro l’organista francese Dieupart, talmente spaventato dalla sua bravura, sia tecnica che di improvvisatore, da non aver neanche il coraggio di presentarsi alla sfida. Lo stile della loro produzione per tastiera (organo, cembalo, clavicordo e fortepiano) riflette le loro personalità musicali. Più complessa e contrappuntistica la produzione bachiana, ricca di cantabilità con echi di grande orchestra quella di Haendel, estremamente virtuosa e brillante la musica di Scarlatti, che accoglie echi colti e della Spagna popolare. 4 settembre 2010, ore 21, Teatro sociale, Novafeltria Concerto dei partecipanti alla Masterclass internazionale Gionata Musiche e scene da Gionata di Antonio Pio Con la collaborazione dell'Ensemble Les Nations Il concerto presenta scene e arie da Gionata, oratorio di Antonio Pio, maestro di Caterina II di Russia, oggetto di studio della seconda masterclass internazionale realizzata in collaborazione tra il Collegium Musicum Classense e l’Accademia Voci nel Montefeltro. La selezione di scene e arie preparate durante la masterclass avviene alla fine del corso, pertanto il programma sarà presentato la sera stessa del concerto. ***************** La storia di Gionata è tratta dalla Bibbia. Gionata, figlio di Saul, sconfigge da solo con una sortita i Filistei contro i quali il popolo ebreo è in guerra. Il padre Saul, per completarne l’opera e consacrarla a Dio, fa giurare al suo popolo di non mangiare fino alla vittoria. Gionata, ignaro, assaggia qualche goccia di miele attirando su di se le ire di Dio e del padre che vuole mandarlo a morte. Dopo scene d’intensa drammaticità e forti sentimenti l’oratorio si risolverà con il perdono per Gionata. La musica di Antonio Pio è di grande bellezza e complessità, e la sua scrittura sfrutta tutte le novità armoniche e timbriche che il tardo Settecento stava esplorando e che poco dopo Mozart accoglierà pienamente. 9 settembre 2010 ore 21, Chiesa di Sant’Agostino, Faenza Jauchzen und Klagen Gioia e dolore espressi in musica Junge Kammerchor Ostwürttemberg con la partecipazione della corale Ebe Stignani Il concerto verrà replicato il 10 settembre presso la chiesa della Stella Maris a Milano Marittima con la partecipazione del coro Ad Novas don A. Contarini Flores apparuerunt Adoriamo te Jubilate Deo F. J. Haydn (1732-1809) Corale Ebe Stignani, dir. Giorgio Coppetta Calzavara H. Schütz Die mit Tränen säen (1585 - 1672) J. Pachelbel Magnificat (1653 - 1706) G. A. Homilius Unser Vater in dem Himmel (1714 - 1785) J. G. Rheinberger Ave Maria (1839 - 1901) Prope est Dominus R. Mauersberger Wie liegt die Stadt so wüst (1889 - 1971) Kammerchor Ostwürttemberg, dir. Wilfried Lang F. Mendelssohn Bartholdy (1809 - 1847) L. Bárdos (1899 - 1986) U. Sisask (1960) M. Lauridsen Jauchzet dem Herrn Cantemus Benedictio O nata lux (1943) G. Orbán Daemon irrepit callidus (1947) J. Swider Cantus gloriosus (1930) M. Lauridsen O magnum mysterim J. Mäntyjärvi Omnes gentes (1963) Kammerchor Ostwürttemberg, dir. Thomas Baur W. A. Mozart Ave verum (1756-1791) Il brano sarà eseguito da entrambi i cori Concerto realizzato in collaborazione con l’Ufficio per le Politiche Comunitarie della Provincia di Ravenna e della regione dell’Ostalbkreis Il Junge Kammerchor Ostwürttemberg (Coro Giovanile da Camera dell’Ostwürttemberg) è stato fondato come Associazione il 2 dicembre del 2005 con lo scopo di approfondire e portare ad un alto livello artistico la musica per sole voci di tutte le epoche. Il coro è composto di voci miste e collabora intensamente con scuole di musica, istituzioni corali pubbliche e cori ecclesiastici dell’Ostwürttemberg. Affianca queste istituzioni in modo da dare l’opportunità a giovani talenti musicali che vi appartengono di sviluppare ulteriormente le proprie capacità musicali e vocali. Solitamente il coro prepara due programmi annuali. La Junge Philharmonie Ostwürttemberg affianca nel suo lavoro il Coro per rafforzare l’identità regionale dell’Ostwürttemberg e presentarne all’esterno l’attività. Thomas Baur ha studiato Germanistica e Storia della Musica a Tubinga, didattica della musica finalizzata alla direzione a Trossingen con M. Schreier e V. Rhode e ha partecipato attivamente ai corsi di perfezionamento di F. Bernius, H. Rilling, G. Biller, E. Ericson, R. Wistreich. Ha collaborato con Bernius presso il Stuttgarter Kammerchor ed è docente presso il liceo musicale “Copernico” di Wasseralfingen nonché direttore dell’Aalener Kammerchor, del Jugendchor “Feel the Gospel”, del Katholischen Kirchenchor Hohenrechberg e del coro da camera del liceo “Copernico”. Wilfried Lang studia alla scuola professionale di musica di Kronach, alla Hochschule per la musica cattolica di Regensburg e si diploma alla Hochschule di Monaco. Ha un’esperienza di dieci anni come responsabile di musica sacra e contemporaneamente è attivo come insegnante di musica, preparatore vocale e direttore presso il dipartimento vocale della Scuola di musica di Heidenheim. Si è perfezionato con Hans de Gilde, Veronika Stoerzenbach, Gisela Krenkel, Tobias Hiller e Wolfgang Schäfer ed è stato collaboratore di Kurt Suttner e Karl Zepnik. ***************** La Corale Bagnacavallese “Ebe Stignani” è stata fondata da Don Antonio Contarini che ne è stato il direttore fino al 1979. Dal 1986 è diretta da Giorgio Coppetta Calzavara, diplomato in pianoforte, e organo presso il Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia. Il coro, a quattro voci miste, è formato da una ventina di elementi che si impegnano a promuovere e a vivere la buona musica sia a Bagnacavallo, dove organizza concerti per le maggiori ricorrenze, tra cui la festa del patrono s. Michele, sia in altre città dove viene invitato. Si è esibito in molte importanti città d’Italia tra cui Roma, Bari, Ascoli, Firenze, Pisa, Pavia, Venezia, Padova. Ha partecipato a rassegne corali a Faenza, Forlì, Bologna (AERCO), Ferrara, Ravenna. Nel dicembre 2007 ha vinto il concorso “Genunzio Ghetti” di Cotignola. Il repertorio del coro spazia prevalentemente dalla musica sacra del ’600 e ’700 a brani importanti tratti dal mondo operistico dell ’800. Attualmente il coro si sta impegnando nello studio per la divulgazione di codici miniati del XIII secolo conservati nell’archivio storico della biblioteca “Taroni” di Bagnacavallo. La chiesa e la piazza di S. Francesco a Ravenna La basilica originale del V sec. era dedicata ai ss. Apostoli, poi a s. Pietro Maggiore: nulla però rimane dell'originale costruzione poiché nel X-XI secolo la chiesa venne completamente rifatta; sempre in questo periodo venne anche costruito il robusto campanile quadrato. La chiesa venne danneggiata durante la seconda guerra mondiale. La facciata in umile laterizio a vista è movimentata al centro da una piccola bifora. Davanti si estende una quieta piazzetta. L’interno è a tre navate; sotto l'altare maggiore, ben visibile attraverso una finestra, si osserva la cripta del X secolo, a forma di oratorio sorretto da pilastrini; nel pavimento frammenti di mosaici della primitiva chiesa di Neone. Il livello, molto più basso del piano stradale, rende l’ambiente sempre invaso dalle acque: la visione è alquanto singolare e la presenza dell’acqua crea problemi alla conservazione della chiesa. L'altare è costituito da un sarcofago del V.sec. Qui certamente nel 1321 vennero officiati i funerali di Dante Alighieri che venne sepolto accanto alla chiesa. Il Santuario della Beata Vergine della Consolazione detto dell’Arginino, Voltana Fu costruita nell'arco di sei anni su un terreno di proprietà dei conti Emaldi e il 2 novembre 1727 fu consacrata alla Beata Vergine della Consolazione, come appare su una tabella lignea commemorativa conservata nella chiesa. Il santuario sorge a un paio di chilometri da Voltana e il nome Arginino sembra derivi dal canale Arginello, realizzato per convogliare le acque del Lughese verso le valli. Nel tempo il culto per la Madonna è andato via via aumentando e la gente del luogo decise di onorarla annualmente con una processione che si svolge tuttora il 15 di agosto. Nel 1977 si procedette ad un generale restauro nel rispetto della struttura originale. Il Santuario conservava tre pale d'altare di scuola ferrarese e quattro dipinti che adornavano l'abside e rappresentano i quattro santi protettori della salute (secolo XVIII), purtroppo recentemente rubati. La Rocca di Russi Le prime fortificazioni del Castrum Russi risalgono al XIV secolo. Nel secolo seguente Russi, scenario di diverse contese e passaggi di mano, vide l'ampliamento delle proprie difese e la ricostruzione della Rocca ad opera di Astorgio II Manfredi. La struttura della rocca manfrediana era quella di un edificio a pianta quadrata, con quattro torrioni angolari, tutti quadrati tranne quello nord-occidentale che era circolare. Un quinto torrione con funzioni di mastio sorgeva al centro del lato settentrionale. La rocca era inglobata nelle mura di cinta e contribuiva quindi in maniera importante alla difesa della città, pur avendo la possibilità di essere difesa indipendentemente. Russi continuò a passare di signore in signore e il castello fu espugnato diverse volte. Il terremoto del 1688 danneggiò la parte superiore della rocca. Quello che resta nei tempi moderni è la parte inferiore del mastio quadrangolare, inglobata nel contesto dell'ospedale. Nelle vicinanze è ancora possibile notare resti del torrione circolare e di tratti della cinta di mura. Palazzo Grossi, Castiglione di Ravenna I conti Grossi, provenienti da Mandello di Milano, si stabilirono a Ravenna all'incirca nel XIV secolo per opera di Pietro Fioroni, così detto per via dei gigli dello stemma. Capitano di ventura al servizio della Serenissima, ebbe da questa, per i suoi servizi, vaste estensioni di terra a Castiglione di Ravenna, già appartenute ai Polentani. Il castello fu costruito fra il 1461 e il 1565 ad opera di architetti fra cui Giovanni di Jacopo da Canobio su un precedente edificio fortificato impiantato sempre ad opera dei Grossi. Passato ai Rasponi nel XIX secolo, fu adibito a usi agricoli e alla lavorazione del tabacco fino alla metà del secolo scorso, quando divenne proprietà del Comune di Ravenna. Il castello, conosciuto anche come 'Rasponi-Bonanzi', ha pianta quadrata, con torri laterali sporgenti. L'edificio dovette avere funzione di sede di villeggiatura, ma sono ancora evidenti i segni della fortificazione anche nei resti di due ponti levatoi e di un fossato che lo circondava. Il palazzo è considerato l'esempio più completo di palazzo romagnolo cinquecentesco nella transizione fra castello-fortilizio e residenza di villeggiatura Il piccolo anfiteatro della Banca Popolare di Ravenna di Paolo Bolzani Per gentile concessione della Banca Popolare di Ravenna Sono trascorsi 125 anni, dal 30 giugno 1885, giorno in cui veniva fondata la «Banca Popolare Cooperativa di Ravenna». Gli uffici apriranno al pubblico nel febbraio 1886 in via Diaz, per poi spostarsi in palazzo Rasponi delle Teste, davanti a quella che oggi è piazza Kennedy. Nel 1906 avviene l’acquisto dell’attuale sede di via Arnaldo Guerrini, e i nuovi uffici vengono aperti nel maggio dell’anno successivo. Con il crescere della Banca si avverte come non più dilazionabile un ripensamento e riammodernamento del fabbricato, che avverrà solo nel 1926, su progetto dell’architetto Giuseppe Santandrea di Torino. I lavori saranno eseguiti dalla «Nuova Cooperativa fra Operai Muratori e Cementisti del Comune di Ravenna», di cui oggi è erede l’attuale Cmc di Ravenna. Il progetto riguarda la risistemazione del prospetto su via Guerrini e Gessi, in chiave neogotica con vena tardo Liberty, e soprattutto la costruzione di un nuovo corpo di fabbrica adibito a Salone del pubblico, posto nel cortile del fabbricato, cui si perviene per mezzo di una promenade architecturale, che dalla strada conduce, attraverso l’androne di ingresso, un atrio e un disimpegno, fino al vasto e luminoso spazio a pianta centrale, generosamente illuminato dalle grandi finestre e impaginato da una complessa decorazione architettonica, basata su molteplici soluzioni di disegno e colore, cui corrisponde un’altrettanta varietà di marmi nel ricco pavimento. Nel 1926, a cantiere ormai chiuso, la Banca acquisisce due pregevoli opere d’arte: la prima pittorica, dal titolo Cooperazione, che viene realizzata dal noto pittore piemontese Luigi Onetti (Lu Monferrato, 25 luglio 1876 - Torino, 1968), la seconda scultorea, dal titolo Ragazzo sulla spiaggia, portata in dote dal nuovo professore di scultura all’Accademia di Belle Arti di Ravenna, insediatosi nel novembre di quell’anno, il fiorentino Umberto Pinzauti (Firenze, 1886 - Ravenna, 1960). Infine, il 27 giugno 1927 avviene il trasferimento degli uffici nei nuovi locali. In seguito, acquisendo la proprietà del Giardino Rasponi e della Mensa Arcivescovile tra il 1965 e il 1974, la Banca giunge ad essere proprietaria quasi dell’intero isolato. A questo punto incarica l’architetto Roberto Evangelisti di Bologna, che aveva dimostrato le proprie capacità costruendo qualche anno prima il fabbricato per uffici «Italiana Olii & Risi», oggi conosciuto come Palazzo Serafino Ferruzzi, di redigere un progetto complessivo di comparto. Evangelisti realizza la ristrutturazione interna dell’«Ex mensa» su piazza Arcivescovado e propone la realizzazione di un nuovo edificio, caratterizzato su via Guerrini da un portico filtrante e ritmato da ampie finestrature a bow-window, sviluppato all’interno secondo una sorprendente vetrata che dalla linea di colmo del tetto scende dolcemente verso il terreno, in omaggio alla vista del complesso costituito da Duomo, Battistero e Campanile. I lavori avranno inizio nel 1980, ma saranno bloccati a lungo, a seguito di una serie di rinvenimenti di tipo archeologico, che modificheranno gli iniziali obiettivi. Si tratta dei reperti relativi alle mura repubblicane, ad una domus romana – denominata Domus del Triclinio e oggetto di una mostra archeologica nel 2003 a cura della Fondazione RavennAntica – e a una torre medievale. Il nuovo fabbricato su via Guerrini non verrà realizzato, mentre sarà costruito il nuovo Caveau, ubicato sotto la doppia gradonata “teatrale” fronteggiante i nuovi giardini pensili e il Giardino Rasponi. Alla fine del 1982 Evangelisti trasforma il tema dell’inserimento di una cabina ENEL interrata nell’occasione opportuna per realizzare la bella sfera cava metallica, che giunge a dare un punto di riferimento alla efficace sistemazione a piani sfalsati del giardino pensile collocato davanti alla ex Mensa, mentre evoca una forma e una suggestione piramidale quasi da piccola Mastaba. Nell’anno seguente Evangelisti disegna i prospetti rivolti al giardino nella forma definitiva, caratterizzata da una parete vetrata fumé bronzo, da cui emerge un corpo in aggetto, che le conferisce un piacevole effetto plastico, reso ancora più articolato dalla doppia gradinata esterna in pietra color sabbia. Ma, a metà degli anni Ottanta del secolo scorso, il fabbricato di via Guerrini restava ancora inutilizzato, fatta eccezione per il Salone del pubblico che, dopo un intervento di parziale restauro della fine degli anni Ottanta, viene utilizzato come “Sala Borsa”. Trascorrono gli anni e, in occasione del Grande Giubileo del 2000, si verifica la sistemazione del Giardino Rasponi, cui si associa un valore di memoria, con l’aggiunta alla denominazione originaria di quella di «Giardino delle Erbe Dimenticate». Firma i lavori l’architetto Bruno Minardi di Ravenna, che recupera il suggestivo spazio verde con un impianto a corone radiali, ripiantumate con essenze officinali e restaura il Portico del Morigia, che viene riqualificato nell’ala ovest con una destinazione d’uso ad Erboristeria, mentre all’esterno si procede alla ripavimentazione e alla piantumazione di due tigli. Arriviamo infine al 2005, in cui lo Studio degli ingegneri Boni di Modena presenta un progetto relativo alla risistemazione dell’intero corpo di fabbrica, che, con consulenza strutturale del professore ingegnere Roberto Capozucca e dell’ingegnere Massimiliano Tarquini, consente un nuovo inizio dei lavori – impresa la stessa Cmc di Ravenna – nel marzo 2009, con fine nella primavera del 2009. Tra gli elementi di maggiore pregio ecco emergere le grandi vetrate, dietro alle quali scorrono le cabine dei nuovi corpi ascensori e su cui si specchia la cupola verderame del Duomo, che rimanda alla nuova copertura verderame del “tempietto-battistero” del Salone del pubblico, nel momento in cui i suggestivi giardini pensili che ora lo omaggiano sembrano voler ricordare la sua sopita aura floreale e l’imago pinetale del genius loci. Mentre all’esterno si procede alla nuova ripavimentazione di piazzetta Ragazzini, all’interno, nuova materia per discussioni sorge dall’apparizione dei nuovi lampadari a sospensione a “carciofo” di Poul Henningsen, scelti dall’ingegnere Pierluigi Gallamini, direttore dei Lavori, mentre irrompono nel Salone del pubblico e nel grande spazio dello Scalone d’onore, al cui centro la scultura di Pinzauti sperimenta una vita inedita, in virtù del nuovo elegante tappeto in tessere musive di marmo verde e un lussuoso drappo in tessere musive a foglia d’oro, opera di Francesca Fabbri dello Studio Akomena di Ravenna. La pieve del Tho o di San Giovanni in Ottavo, Brisighella La pieve del Tho di Brisighella è forse l'esempio più maturo dell'arte costruttiva romanica in territorio ravennate; il primo documento a testimoniarne l'origine risale al 909, mentre da una data incisa su un capitello della navata di destra si deduce un rifacimento databile attorno al 1100. La pieve ingloba nella sua struttura, come buona parte delle pievi romagnole, materiali di recupero provenienti da costruzioni precedenti di epoca romana: capitelli e colonne che fanno da sostegno ai muri medievali. L'attuale struttura della pieve presenta un protiro cinquecentesco modellato su uno più antico, che precede una facciata molto semplice e lineare. Le fiancate sono mosse da una serie di archetti pensili racchiusi da lesene; l'abside, esternamente di forma semicircolare, presenta una bifora al centro e due monofore ai lati scandite da costole di mattoni ed è decorata da motivi di mattoni disposti a circolo quasi a formare piccoli rosoni ciechi. Il Santuario della Madonna del Bosco, Alfonsine Importante santuario, meta di numerosi pellegrinaggi, al cui interno erano custoditi fino a poco tempo fa un'immagine in ceramica della Vergine del XVI secolo e più di 46 tavole votive del XVIII e XIX secolo. L’edificio è ricostruito su quello originario datato 1721. Il santuario sorge in una zona anticamente ricoperta da una fitta boscaglia, in cui la tradizione vuole si ripetessero frequenti miracoli, a partire da quando un boscaiolo morì mentre stava tentando di abbattere un albero. Nel punto in cui avvenne l'incidente sorse quindi il santuario, meta nel corso dei secoli di numerosi pellegrinaggi. La pieve di S. Bartolomeo, San Zaccaria A pochi chilometri da Ravenna si incontra l'abitato di San Zaccaria, al margine del quale si eleva la pieve di San Bartolomeo "in decimo" (toponimo che stava ad indicare la distanza in miglia del sito dall'inizio della strada). La notizia più antica della pieve di San Zaccaria risale al sec. X. Questa pieve con tutte le sue cappelle, unitamente a quella di San Cassiano, era di pertinenza dei canonici-cantori della cattedrale ravennate ed era in origine dedicata San Zaccaria. Dal sec. XII fu retta da un arciprete; nel 1521, per un decreto di papa Adriano VI, San Zaccaria fu unita alla Mensa arcivescovile e da quell'anno gli arcivescovi cominciarono a tenere lì un loro vicario curato. L'edificio che noi oggi vediamo venne costruito nel 1746 in sostituzione di una più antica chiesa, di cronologia incerta, che sappiamo, da una descrizione anteriore all'atterramento, essere stata suddivisa in tre navate, scandite da pilastri in muratura. Solo il campanile, una torre quadrata, che si distacca dalla tradizione ravennate la quale predilige l'uso di campanili cilindrici, appartiene all'antico edificio, anche se solo nella parte più bassa può essere assegnata all'altomedioevo, e più precisamente al X secolo. La chiesa di Sant’Agostino, Faenza S. Agostino possiede questo nome solo dal XV secolo, anche se i padri Agostiniani vi si erano insediati già dal 1256: in precedenza infatti la chiesa era dedicata a San Giovanni Evangelista; era detta anche di San Giovanni in Sclavo per via del patronato dell'antica, forse longobarda, famiglia Sclavi. Nel 1271 la chiesa assunse forme gotiche, di cui restano pochi avanzi (tracce di finestre, archi, varie parti murarie) sulla fiancata esterna sinistra (quella su vicolo Sant'Agostino) e lo stesso avvenne nell'attiguo convento, di cui restano la porta della Sala Capitolare e le belle arche parietali in cotto sotto il lato sinistro del chiostro. La tradizione riporta la presenza in questa chiesa di due grandi della Chiesa: Martin Lutero (che fu infatti frate agostiniano) e l'ancor giovane Gerolamo Savonarola, ma mentre la prima non è confermata la seconda è sicura e si riferisce anzi all'ascolto, qui in questa chiesa, della predica di un agostiniano dopo la quale Savonarola (di passaggio a Faenza dalla natia Ferrara) si convinse a prendere i voti. Agli inizi del Settecento alla chiesa vennero conferite le attuali forme barocche ad opera di Carlo Cesare Scaletta e poi di Raffaele Campidori, forse con la collaborazione dei capomastri Antonio e Gianbattista Boschi. Il campanile, che era del 1712, venne purtroppo minato e fatto saltare dai tedeschi nel 1944 e malamente ricostruito nel 1962 con pessimo laterizio, di colore e aspetto assai diverso da quello originale. L'opera d'arte più importante è una tavola primo-cinquecentesca (Madonna e Santi) del faentino Sebastiano Scaletti, collocata in posizione un po' infelice, in alto lungo la navata sinistra. Nella parte sinistra del presibiterio è collocata inoltre una grande tela, incompiuta, con la Madonna di Casola, rara opera del faentino Domenico Matteucci, uno dei maggiori ceramisti locali del XX secolo. Si ringraziano per la collaborazione Al concerto del 22 luglio a Voltana Consulta di Voltana Dramsam - Centro Giuliano di Musica Antica Al concerto del 5 agosto a Castiglione di Ravenna Associazione Culturale Castiglionese “Umberto Foschi” Al concerto del 12 agosto a Ravenna Alla Masterclass "Gionata" Teatro Sociale Novafeltria Voci nel Montefeltro I Luoghi dello Spirito e del Tempo 2010 Organizzazione Collegium Musicum Classense Direzione Artistica M. Luisa Baldassari, M. Scaioli Stampato in collaborazione con il Settore Cultura della Provincia nel mese di Giugno 2010 presso il Centro Stampa associato della Provincia e del Comune di Ravenna