Stampa finestra Visualizzazione Proposta

annuncio pubblicitario
Provincia di Ravenna
Regione Emilia Romagna
Comuni di Alfonsine,
Brisighella, Cervia,
Faenza, Lugo,
Ravenna, Russi
Associazione
Collegium Musicum Classense
I luoghi dello spirito e del tempo 2010
Architetture e suggestioni sonore
Pievi di Brisighella e San Zaccaria,
Chiesa di S. Agostino a Faenza, Santuari di Alfonsine e Voltana,
Sagrato di S. Francesco a Ravenna,
Cortile di Palazzo Grossi a Castiglione e della Rocca di Russi,
Anfiteatro della Banca Popolare di Ravenna
Il calendario
Inizio spettacoli ore 21
Martedì 13 luglio – Sagrato della chiesa di S. Francesco, Ravenna
Ensemble Les Nations – Contaminazioni – Influenze europee sulla
musica italiana tra Rinascimento e Barocco
Concerto in collaborazione con il Festival europeo Oralities
Giovedì 22 luglio – Sagrato del Santuario dell’Arginino, Voltana
Musica Historica – Gäste, Wanderer, Wächter – Influssi europei
nella musica ungherese del Medioevo
Giovedì 29 luglio – Anfiteatro della Rocca, Russi
Ensemble Sensus – Fuggi fuggi fuggi – Musiche e danze degli
ebrei d'Italia nel Rinascimento
Giovedì 5 agosto – Cortile Palazzo Grossi, Castiglione di Ravenna
Emanuele Reverberi, Paolo Simonazzi, Fabio Tricomi – Delle
ance, dei tamburi – Ghironda, organetto diatonico, musette, piva
emiliana, zampogna, percussioni
Giovedì 12 agosto – Anfiteatro della Banca Popolare di Ravenna
Ensemble I luoghi dello spirito – Ravenna Felix –
Splendori musicali del XVII sec. a Ravenna
Giovedì 19 agosto – Pieve del Tho o di San Giovanni in Ottavo,
Brisighella
Laura Antonaz, Edoardo Torbianelli – Ein Sommerliederabend
– Lieder per soprano e fortepiano
Giovedì 26 agosto – Santuario della Madonna del Bosco, Alfonsine
Ensemble Caput Gauri – Il tocco degli angeli – Dal concerto
angelico all'orchestra di mandolini e chitarre
Giovedì 2 settembre – Pieve di S. Bartolomeo, San Zaccaria
Elisabetta Ferri – 1685 – Excursus nella grande letteratura
clavicembalistica
Presentazione della Pieve e de restauri a cura di Vanda Budini
Giovedì 9 settembre – Chiesa di Sant’Agostino, Faenza
Venerdì 10 settembre – Stella Maris, Milano Marittima
Junge Kammerchor Ostwürttemberg – Jauchzen und Klagen –
Gioia e dolore espressi in musica
Concerti in collaborazione con l’Ufficio Politiche Comunitarie
della Provincia di Ravenna
Dal 31 agosto al 4 settembre è programmata una masterclass
dedicata all’oratorio Gionata di Antonio Pio. La masterclass e il
concerto finale degli allievi si terranno il 4 settembre alle ore 21 a
Novafeltria (RN) presso il Teatro Sociale.
Con vivo piacere presentiamo questo opuscolo con il programma
della quindicesima edizione della rassegna musicale I Luoghi dello
Spirito e del Tempo che per tradizione, con l'arrivo della stagione
estiva, propone un atteso e colto appuntamento tra concerti e luoghi
di pregio architettonico e paesaggistico.
Nel corso di questi anni la rassegna estiva ha attratto pubblico e
musicisti verso luoghi suggestivi, da conoscere per la prima volta o
meritevoli di essere maggiormente valorizzati, passando dalla
collina faentina alla città di Ravenna, dalla costa o all’entroterra
lughese. La rassegna ha riscosso molto successo riuscendo a creare
un modello di spettacolo spendibile non privo di tentativi di
imitazione.
Tutto questo ci ha confermato la validità di questa proposta
culturale che, anno dopo anno, viene organizzata dall’Associazione
Collegium Musicum Classense in collaborazione con la Provincia e
con il sostegno della Regione Emilia Romagna e dei Comuni
coinvolti.
Interessante e particolare anche il programma proposto in questa
quindicesima edizione 2010: nove appuntamenti con la musica
tradizionale, popolare, sacra e classica per un percorso ideale che ci
porterà nei sagrati delle chiese di San Francesco a Ravenna e
dell'Arginino a Voltana, nel cortile della Rocca a Russi, a Palazzo
Grossi a Castiglione di Ravenna, nella Chiesa di Palazzo San
Giacomo a Russi, alla Pieve del Tho a Brisighella, al Santuario
della Madonna del Bosco ad Alfonsine, alla Pieve di San Zaccaria e
infine con l'ultimo concerto un doppio appuntamento alla Chiesa di
Sant'Agostino di Faenza e alla Chiesa Stella Maris a Milano
Marittima.
E, ovviamente, un invito a tutti a partecipare.
Il Presidente
Francesco Giangrandi
L’Assessore alla Cultura
Massimo Ricci Maccarini
13 luglio 2010, ore 21, Sagrato della chiesa di S. Francesco,
Ravenna
Contaminazioni
Influenze europee sulla musica italiana tra Rinascimento e Barocco
Ensemble Les Nations
Federica Doniselli, soprano; Ulrike Slowik, violino; Fabio Tricomi,
percussioni, chitarra barocca; M. Luisa Baldassari, clavicembalo
Anonimo
A. Falconiero
(1586-1656)
G. Frescobaldi
(1583-1643)
D. Castello
(XVII sec.)
T. Merula
(1595-1665)
G. B. Fontana
(1571-1630)
C. Monteverdi
(1567-1643)
T. Merula
Anonimo
Anonimo
La Cara Cossa/Les Caterines
Folias
Passacagli - Così mi disprezzate
Sonata Prima per violino e
basso continuo
Gaudeamus Omnes
Sonata Seconda per violino e
basso continuo
Laudate Dominum
Canzonetta spirituale sopra la nanna
Spagnoletto - Allemanda
O guarracino
L'ENSEMBLE LES NATIONS è presente da alcuni anni sulla scena
musicale italiana; nato con l'intento di approfondire il repertorio barocco
italiano ha in seguito esteso i suoi interessi al repertorio rinascimentale, su
solide basi di ricerca filologica che però non trascura l'aspetto
spettacolare. Il gruppo ha registrato per RadioRAI 3, ha partecipato a
numerose rassegne e festival musicali in diverse città italiane (ricordiamo
i prestigiosi Bolzano Festival, il Festival del concorso internazionale
Guido d'Arezzo e il doppio appuntamento MITO, 2007 e 2008) ed è stato
invitato a festival musicali in Grecia e Francia; su commissione della
Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo ha allestito ‘Euridice’
di Jacopo Peri, che ha avuto diverse repliche in vari luoghi storici del
Veneto nell’estate 1999 con notevole successo di pubblico. La stessa
opera è stata commissionata dal prestigioso festival MITO 2008. Le
registrazioni dell’ensemble, edite da Tactus, comprendono due CD
dedicati alle musiche del compositore mantovano/veronese B.
Tromboncino, una registrazione di composizioni sacre e profane del
polifonista Costanzo Porta, gli oratori Il Transito di s. Giuseppe di
Giovanni Paolo Colonna, e San Sigismondo re di Borgogna del
compositore bolognese Domenico Gabrielli, inediti conservati alla
Biblioteca Estense di Modena. I componenti del gruppo hanno al proprio
attivo ampie esperienze musicali come solisti, docenti in conservatori e
corsi di perfezionamento, musicologi.
Nel XVII secolo le influenze culturale europee e gli scambi tra culture
musicali sono fortissimi, per ragioni politiche (la presenza spagnola in
Italia) e per la tendenza italiana ad esportare i propri prodotti culturali.
Due gli elementi stranieri fondamentali che permeano la cultura musicale
italiana tra ’500 e ’600: la presenza di ritmi e strumenti di altre culture (è
il momento delle influenze spagnole con l'arrivo della chitarra e di alcuni
brani come le Follie di Spagna) e la contaminazione della tradizione di
danza, che nata in Italia si arricchisce di elementi francesi. Il programma
proposto va alla ricerca di questi elementi nelle composizioni di autori
italiani presentando una scelta di agili e divertenti canzonette
accompagnate dalla chitarriglia, sola o con l'aggiunta di altri strumenti, e
di vivaci brani strumentali da camera pensati per la danza e non.
22 luglio 2010, ore 21, Santuario dell'Arginino, Voltana
Gäste, Wanderer, Wächter
Influssi europei nella musica ungherese del Medioevo
Musica Historica
Rumen István Csörsz, voce, kobsa, ud, tanbur, dulcimer, violino,
ghironda, cornamusa, bombarda, flauti popolari, gemshorn; Roland
Kasza, percussioni, carillon, xilofono; Réka Palocs, soprano, arpa,
guimbarde; Balázs Sudàr, kobsa, lafta, tanbur, percussioni; Zoltán
Széplaki, voce, flauti dolci e traversi, bombarde, gemshorn; Zsófia
Tövishàzi, strumenti ad arco
Anonimi
Domine ad adiuvandum me festina (rondellus, XV sec.)
Sanctissimus Rex Stephanus (inno, XII sec.)
Magyar István király (epica popolare ungherese)
Plaude parens Pannonia (inno a s. Emeric, XII sec.)
Regis regum civis ave - Idvez légy, kegyelmes Szent László
kerál (inni a s. Ladislaus, XV sec.)
VII. & V. estampie royal (XIII sec.)
Saltarello I. (XIII-XIV sec.)
G. Faidit Lo gens cors honratz (XII sec.)
Anonimo Saltarello II. (XIII-XIV sec-) - Makedonsko (XX sec.)
W. von der Vogelweide Nu allerst leb ich mir werde (XIII sec.)
Anonimo Volék sirolm-tudotlon (planctus sulla Vergine XIII sec.)
P. Vidal
Tart mi veiran – Baros de mon d’an covit (XII sec.)
Anonimi Czaldy Waldy (Danze ceche, XIV-XV sec.)
Bacche, bene venies - Mihi confer venditor (Carmina Burana,
XIII sec.) - Virág Erzsi (canto popolare ungherese)
N. von Reuenthal
Sinc an guldin huon (XIII sec.)
Anonimo Il Lamento di Tristano - Rotta (XIV sec.)
F. Landini D’ Amor mi biasmo (ballata)
(1325ca –1397)
O. von Wolkenstein
Der may mit liber zal
(1376 ca–1445)
Anonimi Frammenti di Tenorlieder dal Cod. Praga (XIV sec.)
W. Frye
Ave regina coelorum (Antifonale Kassa 1440 ca)
(† - 1474)
Anonimi Novus annus adiit - In hoc anni circulo
Krisztus feltámadott - Surrexit Christus hodie (XV sec.)
O. von Wolkenstein
Lied in 7 lingue
Anonimo Dança Amorosa (XV sec.)
MUSICA HISTORICA è stato fondato nel 1988 da Rumen István Csörsz,
e da sempre utilizza strumenti classici, popolari dell'est Europa e della
musica antica. Le esecuzioni del gruppo poggiano su di un approfondito
lavoro di ricerca su vari argomenti, tra cui i rapporti tra musica ungherese
e centro-europea, la cultura musicale turca, la poesia per musica e, nello
specifico, la poesia ungherese di Rinascimento e Medio Evo. La musica
antica è per Musica Historica un campo aperto a sperimentazioni che
permettano di avvicinare al pubblico contemporaneo musiche concepite
per ascoltatori di epoche passate. Musica Historica è tra i più attivi
ensembles ungheresi di musica antica: più di 1000 concerti in teatri, sale,
chiese, castelli, musei, scuole, spesso in collaborazione con altri
protagonisti della musica antica. Frequenti i concerti in Transilvania
(Romania), Slovacchia, Austria, Italia Germania, Polonia. L'ensemble ha
registrato per le emittenti televisive ungheresi MTV e Duna TV, Radio
Ungheria, ORF e TV5 France e pubblicato 5 CD, oltre a numerose
collaborazioni ad altri progetti editoriali
Pur essendo relativamente poche le fonti medievali con notazione
musicale in Ungheria, possiamo ricostruire i principali indirizzi. In questo
ci aiutano i codici notati di altre corti regali dell’Europa centrale (Praga,
Vienna, Cracovia). Il programma del gruppo Musica Historica presenta la
storia musicale dell’Europa medioevale, considerando quali influenze
toccarono la musica ungherese, in cui sopravvivevano melodie dell’epoca
della migrazione e anche cantari epici, entrambi generi molto apprezzati:
il re in un’occasione donò ai suoi joculatores un intero villaggio.
La musica medioevale ungherese è perlopiù di carattere liturgico. Il canto
monodico gregoriano fiorì fin dalla fondazione del regno (circa nel 1000)
e nel XV secolo era nato anche un sistema autoctono di notazione. Nel
nostro programma presentiamo alcuni degli inni per i più antichi santi
ungheresi: santo Stefano, sant’Emerico e san Ladislao. La prima poesia in
lingua ungherese è la Ómagyar Mária-siralom (antico planctus ungherese
di Maria, del XIII secolo), che non è altro che la libera traduzione del
planctus tropizzato Planctus ante nescia attribuito all’abate francese
Godofridus († 1194), che ci è stato tramandato in latino e in numerose
altre lingue nazionali (ceco, inglese ecc.), forse cantato su un'unica
melodia nota in tutta Europa. A partire dal XV secolo sono sempre di più
i canti liturgici in lingua ungherese conservati, tra cui una sequenza
pasquale e un canto di san Ladislao. Dall’inizio del secolo troviamo già
alcuni brani polifonici, tra cui alcune cantiones ritmate a ballo e legate al
Natale e alla Pasqua, nonché l’introitus “Domine ad adiuvandum”. I canti
goliardici in latino che gli studenti utilizzavano in lungo e in largo per
l’Europa, e con essi dunque la poesia dei vagantes, non doveva essere
estranea ai tanti ungheresi che si recarono a studiare nelle più importanti
università medievali: Parigi, Bologna, Padova, Vienna e, più tardi, Praga,
e dal 1395 anche ad Óbuda (Buda vetus). Non è un caso infatti che una
delle melodie dei Carmina Burana abbia lasciato tracce anche nel folclore
ungherese. Le mogli dei regnanti ungheresi, che venivano spesso
dall’Europa occidentale, portavano al loro seguito rappresentanti delle
corti di origine, quindi anche musicisti; troviamo dunque sporadiche
tracce di poesia cavalleresca, anche se la sua influenza non fu
significativa. Verso la fine del XII secolo si recarono in Ungheria due
famosi trovatori: Peire Vidal e Gaucem Faidit, giunti entrambi al seguito
della regina Costanza d’Aragona alla corte del re Emerico, ove
trascorsero lungo tempo. In quest’epoca più di un esercito crociato
attraversò il Regno d’Ungheria (non dimentichiamo infatti che la guida
della prima crociata si voleva affidare proprio a san Ladislao, e che nel
XIII secolo il re Andrea II fu ugualmente famoso per i suoi meriti militari
nelle crociate). In questo periodo potrebbe aver risuonato in Ungheria il
Canto della Palestina di Walther von der Vogelweide, così come le
canzoni a ballo del cavaliere svevo Neidhart von Reuenthal. Anche in
seguito troviamo la presenza alla corte ungherese di Minnesänger
tedeschi e austriaci, nonché di maestri cantori. Il più famoso fu il tirolese
Oswald von Wolkenstein (1376/77–1445), che viaggiò attraverso
l’Europa al seguito di Sigismondo di Lussemburgo, e parlava anche un
po’ l’ungherese. Secondo la testimonianza del Codice di Praga, (fine XIV
sec.), anche la polifonia italiana, francese e fiamminga raggiunse l’Europa
centrale, e un altro codice ceco ci dà una testimonianza di musica da
ballo, della quale purtroppo anche in Europa occidentale sono rimaste
pochissime attestazioni scritte.
Rumen István Csörsz
(trad. Armando Nuzzo)
29 luglio 2010, ore 21, Anfiteatro della Rocca Medievale,
Russi
Fuggi fuggi fuggi
Musiche e danze degli ebrei d'Italia nel Rinascimento
Ensemble Sensus
Arianna Lanci, voce; Erica Scherl, viella, ribeca; Fabio Accurso, liuti,
chitarra; Maurizio Less, viola da gamba; Marco Muzzati, direzione
percussioni e voce recitante
IncontraDanza
Caterina Abrate, Alessandra Allocco, Agnese Bongiovanni, Delia
Botto, Chiara Rubriante, Daniela Uziard
Guglielmo Ebreo da Pesaro
(1425-1480)
Domenico da Piacenza
(sec. XV)
Guglielmo Ebreo da Pesaro
Anonimo
Guglielmo Ebreo da Pesaro
Anonimo
D. Ortiz
(c. 1519-c. 1570)
Anonimo
H. Kapsberger
(1580-1651)
Anonimo
S. Rossi
(1570-1630)
Anonimo
Alis (su La Mariagneta di Anon.)
Anello
A Florence /Ellas la Fille Guillemin
Gelosia
Gioioso
Petit Riense
Grazioso
Morena me llaman (tradiz. sefardita)
Recercada Segunda
Viva el gran Re don Fernando
Dolce Amoroso Fuoco (Passemmezzo)
Canario
Les Caterines / La Cara Cossa (Folia)
Sonata sopra Il Ruggiero
Fuggi, fuggi, fuggi (Ballo di Mantova)
Dall’esperienza del suo fondatore, il musicista ed attore Marco Muzzati, e
di alcuni degli elementi del suo organico, nasce nel 2006 il poliedrico
ensemble SENSUS. Accogliendo al suo interno artisti provenienti dai
diversi ambienti della musica antica ed etnica, del teatro e della danza,
Sensus esprime la volontà di fondere vari linguaggi, nella proposta di
“spettacoli totali” in una sorta di ritrovata koiné.
Attento al rapporto col pubblico, Sensus offre delle rappresentazioni
sempre fresche e godibili, in cui il trascolorare delle atmosfere e degli
stati d’animo, costruito sui testi e lo svolgersi dell’azione, viene sempre
ben sottolineato ed esplicitato dal continuum musicale e sonoro.
In ognuno dei suoi spettacoli, testo e musica ben si alternano come veri
protagonisti, su uno sfondo drammatico ricco di elementi e suggestioni
storiche, spesso di pregnante attualità. La ricchezza dello strumentario
utilizzato cattura l’orecchio e l’occhio dello spettatore.
Il primo di agosto 1480 il maestro di ballo al servizio della casa ducale
degli Sforza pesaresi, tale Giovanni Ambrosio, fu mandato a Milano ad
insegnare le sue danze alla giovane generazione della famiglia ducale.
Nella lettera di raccomandazione è descritto come l’uomo che danza
meglio di ogni altro in Italia, e si esprime la speranza che anche detta
famiglia ducale potesse approfittare del suo grande talento. Dopo circa sei
settimane, Giovanni Ambrosio ritorna a Pesaro e il Duca di Milano spiega
nella sua lettera di ringraziamento che sicuramente il suo illustre parente
di Pesaro non può più rinunciare ai servigi dell’eccellente maestro di ballo
che così gentilmente gli ha “prestato”. Dal testo della lettera, conservata
presso l’Archivio di Stato di Milano non è chiaro se ciò sia stato scritto
sinceramente o con una punta di ironia (Ambrosio, nato probabilmente
intorno al 1420, non era più giovane e agile come un tempo).
Giovanni Ambrosio era il nome dato a Guglielmo Ebreo da Pesaro
quando si convertì al Cristianesimo e fu battezzato attorno al 1460, allo
scopo di ricevere il titolo di Cavaliere o forse per aiutare la sua carriera
che avrebbe potuto essere danneggiata dal fatto di essere ebreo.
Essere un maestro di ballo ebreo è tuttavia una condizione assai comune
nel Rinascimento italiano: Isacchino Massarano era maestro di ballo a
Mantova; Federigo Follino, anch’egli attivo a Mantova, “soprintendente
alle feste del nostro palazzo”, era capace di “tradurre la vita in
coreografia”; Musetto era maestro di ballo dei figli di Malatesta V,
Signore di Pesaro; Giuseppe Ebreo è il menzionato autore della danza
Partita crudele.
Fin dai tempi dei Re Maccabei (160 a.C.), due secoli prima della
distruzione del secondo Tempio di Gerusalemme, esisteva una comunità
ebraica in Italia. Essa conobbe periodi di prosperità e periodi di
persecuzione; nel Rinascimento le comunità ebraiche, chiamate kehillot,
erano un po’ ovunque, vivendo la loro vita separata ma nello stesso tempo
interagendo con la circostante società gentile. I loro affari interni erano
governati da comitati che periodicamente promulgavano leggi e norme, le
Pragmatiche, dalle quali possiamo ottenere informazioni circa la vita
quotidiana degli ebrei e apprendere il ruolo del maestro di ballo, i suoi
doveri come le restrizioni che governavano la sua professione. Ulteriori
informazioni si ricavano dai documenti nei quali l’autorità ducale o
papale proibiva ai maestri di ballo ebrei di insegnare agli allievi cristiani,
ma nel contempo li obbligava a fornire danzatori e attori per le
rappresentazioni teatrali della corte.
Nel Medioevo esistevano comunità ebraiche emigrate in Italia dal nord
Europa (chiamate Ashkenazim) e dopo l’espulsione degli ebrei dalla
Spagna nel 1492 si stanziò in Italia una grossa ondata di rifugiati (i
Sephardim). L’incredibile fiorire della cultura rinascimentale italiana
toccò anche gli ebrei che fecero degli sforzi per prendere parte al generale
sviluppo dell’arte e integrarsi nel mondo gentile che li circondava, pur
senza abbandonare le loro tradizioni. Lo studio dei soggetti religiosi non
fu accantonato ma soggetti secolari come la grammatica latina e italiana,
la calligrafia e a volte anche lo studio delle opere dei filosofi gentili
furono aggiunti al curriculum. Nella sfera riservata alle arti erano
insegnate principalmente la musica e la danza.
L’arte della danza era presente in ogni strato della società ebraica e la
posizione dei maestri di ballo si consolidò progressivamente con lo
sviluppo della tecnica sempre più ricercata. Nel 1524 David Hareuveni,
che si autoproclamava “messia”, arrivò in Italia per proporre al papa di
fornirgli soldati e denaro per conquistare Gerusalemme e liberarla dalle
mani degli infedeli. Egli visitò la città di Pisa, ospite nella casa del
Rabbino Yechiel da Pisa: «…nel giorno della grande festa, prima di me
arrivò nella casa del Rabbino Yechiel sua moglie, chiamata
Diamante….per onorarmi, vennero anche la Signora Sara e sua figlia
Laura e altre ragazze, per danzare nella stanza dove ero alloggiato, …e mi
domandarono: “sei rapito dal suono del violino e dalla danza che hai
osservato?”».
Abbiamo esempi in cui le due comunità, quella ebraica e quella gentile,
ebbero dei contatti: nel ghetto di Venezia (nato nel 1516) la cui vita
culturale e sociale era ben sviluppata, esistevano scuole di ballo destinate
alle ragazze ebree, soprattutto quelle di estrazione sefardita, ma vi erano
iscritti anche molti ragazzi della società gentile, fatto che era noto sia alle
autorità rabbine sia a quelle cristiane. Nel 1643 le scuole dei maestri di
ballo ebrei furono chiuse per ordine del consiglio municipale. A Palermo,
al matrimonio del re Ferdinando di Aragona con Isabella di Castiglia nel
1469, presero parte non meno di 400 danzatori e cantanti ebrei.
Le Pragmatiche, regole pubblicate periodicamente dai comitati che
governavano le comunità ebraiche, contengono sempre proibizioni e
restrizioni riguardanti le danze miste. Ma la frequenza con cui queste
regole venivano riscritte dimostra quanto prevalente fosse la voglia di
danzare presso queste comunità. Per esempio, il Rabbino Moses Zacut di
Mantova vide la necessità di rilassare le proibizioni riguardanti le danze
miste ai matrimoni: «…uomini e donne possono danzare insieme se
indossano guanti; quelli che imparano a danzare possono partecipare alle
danze di gruppo sempre indossando guanti…».
Oltre ad occuparsi di feste e lezioni di ballo, Guglielmo Ebreo e i suoi
contemporanei composero danze di società i cui nomi, riportati sui trattati
manoscritti coevi, denotano che queste bassedanze e balli si riferivano a
situazioni sentimentali precise ed erano basate su “argomenti”. Il ballo
Gelosia allude chiaramente al sentimento della gelosia. Il tema del ballo è
realizzato mediante le azioni coreografiche dei ballerini scandite dalla
sequenza Quaternaria - Piva. Il Rostiboli Gioioso era un ballo
estremamente diffuso e popolare sia in area italiana che nelle regioni
d’oltralpe. Il titolo è un'italianizzazione di Rôti Bouilli Joyeux, presente
nel manoscritto di Bruxelles appartenente a Margherita d’Austria. La
versione per tre ballerini è attribuita a Giovanni Ambrosio e la sua
struttura è data dalla successione Bassadanza - Saltarello - Piva. Il Petit
Riense è un ballo francese di anonimo per tre ballerini. Descritto
esclusivamente nel codice di Giovanni Ambrosio, il suo tema melodico
sembra suggerire la derivazione dalla tradizione popolare. Il Grazioso è
organizzato nella sequenza Quaternaria - Bassadanza - Piva - Quaternaria.
Le bassedanze tendono ad avere titoli più neutri come Cupido, Pellegrina,
Alis, Principessa o Alessandresca.
Queste coreografie risultano molto espressive e spesso drammatiche:
circa un secolo prima della nascita “ufficiale” del balletto classico col
Ballet Comique de la Reine nel 1581, possiamo già testimoniare un pieno
sviluppo della danza drammatica creata dai maestri di ballo
rinascimentali. La misura del contributo dei maestri ebrei a questo
sviluppo è ancora da esplorare. Ma giudicando l’intenso coinvolgimento
di questi artisti nella danza e nelle produzioni teatrali, possiamo quasi
sicuramente considerare Guglielmo Ebreo e i suoi contemporanei come i
co-fondatori del balletto barocco. Nella vita quotidiana, le comunità
ebraiche difesero con ardore le proprie tradizioni culturali e religiose, ma
non si isolarono mai dal mondo che li circondava. Assorbirono e
trasmisero consuetudini di vita e musiche, furono ebrei, ma anche
pugliesi, piemontesi, veneziani, toscani... e ancor oggi le loro tradizioni
musicali testimoniano di questa appartenenza. Questi scambi continui di
cui la migliore tradizione popolare è infarcita sono a volte così
sorprendenti da superare la fantasia. È il caso del Ballo di Mantova o
Mantovana, le cui origini risalgono al primo Rinascimento, alla corte dei
Gonzaga dove erano attivi numerosi maestri di danza, musici ed attori
ebrei. È una melodia che godette immediatamente di grande popolarità e
alla fine del Cinquecento divenne l’aria di una canzone molto conosciuta:
Fuggi, fuggi, fuggi, della quale esistono innumerevoli versioni strumentali
e testuali. La Mantovana è ancora in uso nella tradizione italiana, in vari
luoghi e con nomi diversi. Ma seguendo un viaggio straordinario,
attraverso mille vicissitudini e mille trasformazioni, è divenuta anche la
melodia dell’inno nazionale dello Stato di Israele.
Federica Calvino Prina
5 agosto 2010, ore 21, Cortile di Palazzo Grossi,
Castiglione di Ravenna
Delle ance, dei tamburi
Ghironda, organetto diatonico, musette, piva emiliana,
zampogna, percussioni
Emanuele Reverberi, violino, musette (cornamusa francese), piva
(cornamusa emiliana); Paolo Simonazzi, ghironda, organetto diatonico,
zampogna a chiave (molisana); Fabio Tricomi, violino, viella, tombak,
tamburello, flauto da tamburo, marranzanu (scacciapensieri siciliano),
ciaramedda (zampogna siciliana)
Marguerite, arie e valzer (Centro Francia)
Novena di Zaccone e Ballettu (Sicilia)
La Ricciolina canto a ballo, Furlane e Piva (App. Emiliano)
Sansonette suite di scottisch del Berry (Francia)
Drago Rosso/Giga (Emilia)
Assolo di marranzanu (Sicilia)
Utopia Telergo/Scotmaj scottisch (Emilia)
I Calderai/Bigodino/Giga (Emilia Occidentale)
Propignant/D’Ecosse/Danza Moresca/Tourdion (Francia XVI sec.)
Tarantella del Pollino (Lucania)
Tra zampogna e piva: suite d’incontro d’otri
La scala santa, ballo di Monecò (Emilia)
La Bourreé a 3 tempi (Centro Francia)
L’Anglard/Tout en allant/Jenzat, polke, (Francia)
Le Pont/A’Malochet, D’Alfred Pommier, bourreé a 2 tempi, Berry
(Francia)
Emanuele Reverberi è un giovane violinista che, diplomatosi in
violino e tromba, ha da sempre avuto la passione per il folk e la musica
tradizionale. Riesce quindi a coniugare la tecnica con il gusto della
musica folk. Da anni suona con Paolo Simonazzi e questa frequentazione
lo ha portato ad approfondire la sua già importante passione e a diventare
uno dei violinisti folk più apprezzati d’Italia. Esecutore anche alla musette
francese e alla piva emiliana, il suo più grande pregio è avere l’umiltà di
imparare da quei “suonatori” che non conoscono una nota ma da una vita
praticano il genere folk. Questo, unito alla tecnica classica e al
divertimento nel far musica sono la marca distintiva della sua esecuzione.
Paolo Simonazzi, oltre a essere uno dei costruttori di tamburi di vario
genere più prestigiosi d’Italia, rappresenta un raro esempio di versatilità
strumentale: molti sono infatti gli strumenti che pratica, dall’organetto
diatonico alla ghironda, ai vari tipi di zampogna e cornamusa, alla
mandola etc. Cultore ed esperto del folk francese ma anche della
tradizione emiliana, provenzale e piemontese, non disdegna tuttavia
collaborazioni al di fuori di questi generi. Ha fondato lo storico gruppo La
piva del Carner con cui ha inciso cd che sono rimasti nella storia del folk
italiano. Ha in seguito fondato il gruppo Desperanto col quale tuttora
lavora ed ha al suo attivo una serie di importanti collaborazioni con artisti
quali Angelo Branduardi, Gianna Nannini, la Rimini Chamber Orchestra,
i Matmos e altri.
Fabio Tricomi, nato a Catania, musicista ed etnomusicologo, dal 1983 si
dedica alla ricerca e alla documentazione degli aspetti musicali legati alla
tradizione siciliana. L’esperienza diretta con i musicisti tradizionali della
sua regione lo porta ad approfondire la conoscenza e lo studio, non solo
teorico, delle tecniche e degli stili esecutivi su vari strumenti di pertinenza
agropastorale. Ha all’attivo la pubblicazione di vari scritti sulla musica di
tradizione orale, sulla musica medievale e CD di registrazioni sul campo.
Parallelamente si dedica alla didattica e svolge intensa attività
concertistica attingendo, con rispetto profondo, agli insegnamenti dei
portatori della tradizione.
Un viaggio musicale dove il fascino ipnotico degli strumenti musicali a
bordone, fra i più antichi della tradizione musicale italiana ed europea,
propone la sua riscoperta e un suo nuovo senso musicale ed
antropologico.
La ciaramedda siciliana, la zampogna a chiave molisana, la piva emiliana
e la musette francese sono i protagonisti di una tradizione occidentale
legata al filo conduttore del suono continuo, della musica a bordone, che
in tempi antichi, prima ancora dello sviluppo della polifonia,
rappresentava lo stilema musicale più diffuso.
Gli strumenti ad ancia provvisti di otre, che garantisce un’emissione di
aria e di suono continuo, non sono gli unici strumenti a bordone
occidentali: la ghironda (cordofono) e lo scacciapensieri (idiofono) fanno
parte anch’essi dello stesso mondo sonoro antico, modale, il cui destino e
sopravvivenza, al di fuori dei contesti agropastorali di origine, è oggi in
buona parte legato alla ricerca etnomusicologica e alla riproposta nel
mondo “diverso” del puro ascolto, senza rituali, senza danza, dove la
comunità partecipa da spettatore esterno e globalizzato ma forse
subendone inconsapevolmente anche la forza emotiva degli archetipi
nascosti.
L’incontro del trio si avvale di notevoli esperienze personali, maturate
anche come gruppo, nella musica di tradizione orale, accostando brani
assolutamente “puri” a composizioni “in stile”, senza pregiudizi ma con
massimo rispetto delle culture che le hanno portate fino a noi.
12 agosto 2010, ore 21, Anfiteatro della Banca Popolare di
Ravenna, Piazza Duomo 4, Ravenna
Ravenna Felix
Splendori musicali del XVII sec. a Ravenna
I luoghi dello spirito
Daniela Serafino, soprano; Gabriele Raspanti, Manuel Vignoli, violini;
Sebastiano Severi, violoncello; Marina Scaioli, cembalo
G. Ghizzolo
(1580-1625?)
B. Magni
(1674-1737)
E. Vannini
(1644-1709)
S. Filippini
(1601-1690)
E. Vannini
(1644-1709)
B. Pascoli
(1659-1727)
Dolce Filli
Cor mio deh non languire dai Frutti d’amore
Dispiegate guance amate dal III Libro delli
Madrigali
Intonuit de caelo dai Concerti..
Sonata Seconda da Sinfonie op. I
(Adagio assai, Presto, Adagio, Allegro)
per due violini, violoncello e basso continuo
Audite gentes da Mottetti sacri a voce sola
“Et esultavit” dal Magnificat
(Adagio assai, Presto, Adagio, Allegro)
per soprano, due violini e basso continuo
Sonata Prima da Sinfonie op. I
(Allegro, Adagio, Allegro, Largo)
per due violini, violoncello e basso continuo
Confitebor Domine, due arie dai Salmi a 3 e 4,
per soprano, due violini e basso continuo
Ego sum, mottetto per soprano, due violini
e basso continuo
L'ENSEMBLE DEI LUOGHI DELLO SPIRITO è nato con il
festival omonimo, del quale si incarica di allestire le produzioni. La
tradizione ormai pluriennale di riscoperta ed esecuzione di musiche
appartenenti all’ambiente ravennate o ad ambienti vicini a Ravenna, che il
Collegium Musicum Classense può vantare, ha determinato la risoluzione
di costituire un ensemble specifico per l’esecuzione di musiche
strettamente legate al territorio ravennate. Nel corso degli anni sono stati
allestiti e registrati diversi progetti riguardanti la musica dal Rinascimento
al tardo barocco. Ricordiamo in particolare la registrazione ed esecuzione
di tre messe e di alcuni mottetti, uniche composizioni giunte integre fino a
noi del compositore A. Salvolini, conservate presso l’archivio
arcivescovile di Ravenna. L’ensemble si avvale della collaborazione di
musicisti esperti del repertorio scelto e dall’ampio curriculum artistico.
.
Tra il XVII secolo e la prima metà del XVIII secolo Ravenna è stata
culla di numerosi ed insigni compositori che hanno operato soprattutto in
ambito ecclesiastico come organisti o maestri di cappella per il Duomo e
per le maggiori chiese cittadine. I medesimi musicisti che hanno lasciato
in custodia molte delle loro opere vocali polifoniche nell’Archivio
Arcivescovile di Ravenna, hanno trovato altrove mecenati ed ispirazione
per le opere profane. Questo programma vuole essere un viaggio
attraverso questa produzione parallela influenzata da modelli musicali
meno conservatori, che si conclude con l’unico brano di genere concertato
vocale-strumentale conservato proprio nell’Archivio Arcivescovile di
Ravenna: il mottetto Ego sum di Bernardo Pascoli, rinomato soprano e
maestro di cappella del Duomo dal 1703 al 1721.
Le tre composizioni iniziali sono invece le uniche profane del
programma; scritte dal bresciano Giovanni Ghizzolo, francescano, che fu
alla guida della cappella negli anni 1618-1621, sono improntate alla
leggerezza della forma strofica e del testo in rima. Segue un Concerto di
Benedetto Magni con testo sacro ma scritto nello stile moderno a voce
sola accompagnata dal basso continuo, tratto da una raccolta dedicata
all’arcivescovo di Ravenna Pietro Aldobrandini; Magni, ravennate di
nascita, fu organista del Duomo dal 1600 al 1637 nonché rinomato
insegnante di clavicembalo ed organo. Più articolato e complesso è il
mottetto Audite gentes dell’agostiniano riminese Stefano Filippini detto
l’Argentina che fu maestro di cappella a Ravenna nel 1657. Completano il
programma le composizioni vocali-strumentali di Elia Vannini, attivo a
Ravenna dal 1666 al 1701, prolifico compositore e miniaturista che ha
lasciato a Ravenna la maggior parte delle sue opere vocali polifoniche
manoscritte. Al musicista lo scorso anno è stata dedicata una mostra ed un
concerto commemorativo in occasione del trecentesimo anniversario della
morte; in questa scelta di arie e sinfonie emerge ancora una volta la felice
vena compositiva che permise per la prima volta ad un maestro della
cappella arcivescovile di Ravenna di pubblicare opere solo strumentali
dedicandole tra l’altro all’arcivescovo Fabio Guinigi.
19 agosto 2010, ore 21, Pieve del Tho o di San Giovanni in
Ottavo, Brisighella
Ein Sommerliederabend
Lieder per soprano e fortepiano
Laura Antonaz, soprano;
Edoardo Torbianelli, fortepiano
J. Haydn
(1732-1809)
W. A. Mozart
(1753-1791)
J. Haydn
W. A. Mozart
J. Haydn
W. A. Mozart
Piercing eyes
Die Veilchen
An Chloe
O tuneful voice
She never told her love
Sonata Hob.XVI, 46 in La bem. maggiore
per fortepiano
Alegro moderato, Adagio, Finale-Presto
Dans un bois
Ridente la calma
Fidelity
Als Luise die Briefe
Rondò K 511 in La minore per fortepiano
Abendempfindung
LAURA ANTONAZ, soprano, dopo il diploma in canto al conservatorio
‘G.Tartini’ di Trieste ha proseguito gli studi con Jessica Cash e con Serge
Wilfart. Il suo indirizzo interpretativo predilige la dimensione della
vocalità barocca e liederistica. Ha perfezionato la prassi esecutiva barocca
con N. Rogers, J. Rifkin, A. Curtis, e il repertorio liederistico con E.
Werba e Ch. Ludwig. Ha vinto il concorso internazionale di Bardolino per
cantanti di Lieder, il ‘G. B. Pergolesi’ di Roma, il concorso della ‘Società
dell’Opera Buffa’ di Milano. Nel 1993 ha debuttato nel Flauto magico di
Mozart, per proseguire la carriera con opere di Paisiello, Jommelli,
Cavalli, Gluck, Weber, Offenbach, Haendel a Buenos Aires e Monteverdi
a New York. Svolge attività concertistica esibendosi in prestigiosi festival
europei (Bruges, Utrecht, Lugano, Beaune, Tenerife), in collaborazione
con I Barocchisti, la Radio Svizzera Italiana, l’Orchestra Sinfonica
Nazionale-Rai, La Risonanza, Concerto Italiano, Odhecaton, Les Nations,
Accademia Bizantina, Venice Baroque Orchestra etc. Ha effettuato più di
trenta incisioni discografiche per Tactus, Carrara, La Bottega Discantica,
Nuova Era, Rivo Alto, Amadeus.
EDOARDO TORBIANELLI è diplomato in pianoforte e clavicembalo
presso il conservatorio di Trieste e ha proseguito la formazione al
Conservatorio Superiore di Anversa (J. De Tiège e J. van Immerseel) ed
all’Università Cattolica del Brabante Olandese, dove ha ottenuto a pieni
voti il diploma concertistico di pianoforte e quello di clavicembalo. In
seguito ha approfondito lo studio della prassi esecutiva storica, in
particolare dell’epoca classico-romantica, con la frequentazione di
seminari specializzati e con un’intensa ricerca personale nell’ambito della
trattatistica musicale e delle registrazioni d’epoca, seguendo nel contempo
una formazione universitaria in campo linguistico-letterario. Premiato in
concorsi internazionali (Concours International de piano “Emmanuel
Durlet” 1993 e 1996, Concours Musica Antiqua, Bruges 1995), Edoardo
Torbianelli ha suonato in Italia, Belgio, Germania, Spagna, Svizzera,
Olanda, Francia, Danimarca, Repubblica Ceca, Slovenia per importanti
istituzioni musicali tra cui Festival van Vlaanderen, Festival de Wallonie,
La Monnaie di Bruxelles, Società Schubert danese, Internationale
Festtage Alter Musik di Norimberga, Freunde Alter Musik di Basilea,
Beethoven-Haus di Bonn, Orchestra Sinfonica di Praga, Festival di
Musica Antica di Urbino, Società dei Concerti di Trieste, Festival de
Musique Improvisée di Losanna, Festival Siglos de Oro (Fundación Caja
Madrid) di Madrid.
Ha tenuto concerti sui pianoforti storici appartenenti ad alcune tra le più
importanti collezioni museali d’Europa: Anversa, Monaco, Norimberga,
Bonn. Ha registrato per numerose tra le più importanti emittenti radio e
TV europee e ha inciso per Harmonia Mundi France e Pan Classics,
ottenendo entusiastici riscontri di critica e vincendo Diapason d’Or e il
Disque du mois de Répertoire. Edoardo Torbianelli ha insegnato al Regio
Conservatorio Superiore di Anversa, alla Schola Cantorum Basiliensis e
l'Hochschule di Berna.
Itinerario non solo musicale ma anche geografico, tra l’atmosfera
wienerisch dei Lieder di Mozart e del rondò composto dopo il trionfo
delle Nozze di Figaro a Praga, e la sensibilità più inquieta della Londra di
fine ’700, dove Haydn incontra la piena identità espressiva nei Lieder
musicando le liriche dell’amica Anne Hunter.
Incontriamo il carattere giocoso dell’arietta alla francese Dans un bois
solitaire, dell’ ironica An Chloe, della fresca miniatura Piercing Eyes e il
ripiegamento pensoso di Abendemfindung, composto da Mozart dopo la
morte del padre, momento di riflessione sulla fuggevolezza della vita:
insieme al melanconico congedo di Haydn dall’Inghilterra espresso con O
Tuneful Voice, sembra quasi suggerire l’imminente ‘impossibile
beatitudine’ schubertiana.
26 agosto 2010, ore 21, Santuario della Madonna
del Bosco, Alfonsine
Il tocco degli angeli
Dal concerto angelico all'orchestra
di mandolini e chitarre
Ensemble Caput Gauri
Stefano Maciga, Cristiano Pistone, Benito Turatti, Sergio Zigiotti,
mandolini; Marco Barboni, Fabrizio Mangolini, mandole tenore;
Giulio Arnofi, Lisa Brancaleoni, Gianluca Russo, chitarre; Marco
Fusetti, contrabbasso
P. Cauciello
(XVIII sec.)
A. Vivaldi
(1678-1741)
N. Piccinni
(1728-1800)
G. F. Haendel
(1685-1759)
S. L. Weiss
(1686-1750)
V. Roeser
(1735-1782)
Trio in Sol maggiore
Allegro, Andante, Allegro
Sinfonia in Do maggiore
(trascr. Siegfried Behrend, mandolino
solista: Sergio Zigiotti)
Allegro, Largo, Allegro, Allegro
Ouvertura con mandolini in Re maggiore
(trascr. Wilhelm Krunbach)
Allegro spiritoso, Andante, Allegro assai
Suite n. 4 in Re minore
(trascr. Konrad Wolki)
Allemande, Courante, Sarabande, Gigue
Concerto per chitarra e orchestra a plettro
(trascr. Siegfried Behrend, solista Giulio
Arnofi)
Largo, Allegro, Allegro molto,
Largo, Presto
Sonata VI “a grand’orchestra”
Allegro moderato, Romance-Un peu
lent, Presto
L’ensemble a plettro CAPUT GAURI è espressione dell’Associazione
Musicale Pomposiana, un ente non commerciale che si occupa della
promozione e della divulgazione della cultura musicale. Caput Gauri è
l’antico nome di Codigoro, il comune del basso ferrarese dove ha sede
l’antica abbazia di Pomposa, situata sulla via Romea, tra Ravenna e
Venezia. In questo luogo di studio e sacralità, il monaco Guido ha
inventato il metodo di notazione musicale che sta alla base della moderna
scrittura musicale.
L’intento principale dell’ensemble è la rivalutazione della musica
originale o trascritta che rappresenti adeguatamente la sonorità e le
peculiarità degli strumenti a pizzico. Tutti i suoi componenti hanno
pluriennale esperienza musicale in altri sodalizi.
L’orchestra è stata invitata a partecipare ad importanti manifestazioni in
Italia e all’estero (Festival Giocoso a Graz in Austria; Rassegna
Regionale della Federazione Mandolinistica, Festival Internazionale di
Remiremont in Francia; XXXIX Stagione Concertistica “Musica
Pomposa”) riscuotendo consensi per la scelta dei brani e la qualità delle
proprie interpretazioni.
Nel 2001 è uscito il primo lavoro discografico dell’orchestra prodotto
dalla “Qb Forme” dedicato alla musica italiana per strumenti a plettro e
nel 2005 il secondo cd Danze e Balli dal XVI al XXI secolo. Pretesti
musicali per ensemble a pizzico.
Nel 2001 l’ensemble si è classificato tra i vincitori del III Concorso
Internazionale “Giacomo Sartori” di Ala (TN) aggiudicandosi anche il
“premio speciale” della giuria per la migliore interpretazione del brano
composto dal musicista trentino al quale è dedicata la manifestazione.
Gli strumenti a pizzico facevano parte dell’organico strumentale che
andava a costituire il cosiddetto concerto angelico, sfondo a numerose
rappresentazioni pittoriche del Giudizio Universale o della Vergine Maria
col Bambino, già a partire dal 1200. Tra questi strumenti si potevano
facilmente riconoscere, più anticamente il chitarrino e, nei secoli
successivi, la mandola, precursori dello strumento unanimemente
riconosciuto come mandolino. Il termine mandolino è diminutivo di
mandola che a sua volta deriva dal sostantivo mandora. Il nome mandora
era in uso nel corso del XVI secolo e indicava uno strumento a pizzico
con un guscio fatto a doghe come quello del liuto ma dalle dimensioni più
piccole, una rosa traforata nel foro “armonico” e un numero di corde
variabili ma principalmente quattro, legate al ponticello fissato sulla
tavola armonica. Si era diffusa soprattutto in Francia, Germania e
Inghilterra. La variante italiana di questo strumento venne chiamata
mandola forse dalla forma “a mandorla”. Il termine mandolino è
successivo, usato da Antonio Stradivari (1644 ca.-1737) e da Tommaso
Motta nel suo Armonia Capricciosa... del 1681. Attorno alla metà del
’700 compare, invece, uno strumento elaborato da alcuni liutai di area
romana e napoletana (Gasparo Ferrari, Antonio Vinaccia e altri),
successivamente riconosciuto come mandolino napoletano, con
caratteristiche diverse dal più antico mandola/mandolino. Il fatto che
questo strumento sia accordato per quinte, come il violino, e dotato di
tasti, lo rende un prodotto altamente esportabile e molto appetibile
dall’aristocrazia europea che ne entra in contatto durante il grand tour. I
migliori strumentisti partenopei diventano virtuosi di questo strumento e
sfruttando una possibile interscambiabilità con il violino, cominciano a
girare le più importanti capitali europee in qualità di solisti e insegnanti
privati di musica. Parigi, Vienna, Londra, Bruxelles sono la meta dei
pellegrinaggi di questi poliedrici personaggi che, con alterne fortune,
diventano insegnanti di nobili dilettanti. Non stupisce dunque che questi
stessi virtuosi siano diventati anche i principali compositori di gran parte
della musica di epoca barocca per questo strumento, rimasta
esclusivamente in forma manoscritta e sparsa nelle biblioteche di tutta
Europa. Il repertorio presentato in questo concerto propone l’ascolto di
alcune composizioni originali adattate per ensemble a plettro moderno e
altre trascrizioni preparate da Wilhelm Krunbach, Siegfried Behrend e
Konrad Wolki, riconosciuti maestri della riscoperta del repertorio
originale per mandolino, operata in Germania nel dopoguerra.
2 settembre 2010, ore 21, Pieve di San Bartolomeo,
San Zaccaria
Presentazione della pieve e dei recenti restauri
a cura di Vanda Budini,
Ispettore onorario della Soprintendenza per i Beni
archeologici
1685
Excursus nella grande letteratura clavicembalistica
Elisabetta Ferri, clavicembalo
vincitrice del II concorso nazionale di clavicembalo “Terzo
Musica”
J. S. Bach:
(1685-1750)
D. Scarlatti
(1685-1757)
G .F. Haendel
(1685-1759)
Suite inglese in Fa maggiore BWV 809
Prelude, Allemande, Courante, Sarabande,
Menuet I - Menuet II, Gigue
Preludio e Fuga in La minore BWV 894
Sonata in La maggiore K 208
Sonata in Do maggiore K 49
Suite n 5 in Mi maggiore HWV 430
Prelude, Allemande, Courante, Air
Elisabetta Ferri, nata a Roma nel 1978, ha studiato pianoforte con
Grazia Barbanera e con Raffaella D’Esposito, diplomandosi presso il
Conservatorio S. Cecilia di Roma nel 2001. Presso lo stesso
Conservatorio, si è diplomata anche in Musica da camera nel 2004,
studiando con Luciano Cerroni e Rosaria Clemente, e, nel 2005,
ottenendo il massimo dei voti, in clavicembalo, sotto la guida di Fiorella
Brancacci. Si è perfezionata in clavicembalo presso la Scuola Musicale di
Milano, studiando per due anni con Emilia Fadini. Ha inoltre seguito
diversi corsi e masterclasses in Italia e all’estero; in particolare con
Christophe Rousset presso l’Accademia Chigiana di Siena. Ha ottenuto
diversi premi ai seguenti concorsi di clavicembalo: Concorso Nazionale
“G. Gambi” di Pesaro 2007 (II premio ex-aequo), Concorso Europeo
“Paola Bernardi” di Bologna 2007 (III premio ex-aequo); Concorso
Internazionale di Castellana Grotte (BA) 2008 (I premio); Concorso
Nazionale di Terzo (AL) 2009 (I premio).
Si è più volte esibita al clavicembalo sia come solista che in varie
formazioni in diverse sale, tra cui Museo Nazionale degli Strumenti
Musicali di Roma, Chiostro di San Simpliciano a Milano per il Festival
Internazionale “Pietre Sonore”, Teatro Dal Verme per la Società del
Quartetto di Milano, Sala dei Marmi del Conservatorio “Rossini” di
Pesaro. Ha spesso collaborato come continuista, coi gruppi I Giovani
Virtuosi e L’Anello Musicale. Con quest’ultimo ha registrato in CD Le
quattro stagioni di A. Vivaldi, interpretate da Roberto Ranfaldi. Come
pianista ha suonato soprattutto in formazioni cameristiche presso:
C.A.S.C. Banca d’Italia, Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di
Roma; Basilica di S. Silvestro di Roma; Sala Petrassi del Parco della
Musica di Roma; Accademia di Spagna di Roma. Ha suonato inoltre per il
canale SAT 2000 e per Radio Rai 3, in diretta nazionale, alla trasmissione
La stanza della Musica, con la violinista Valentina Nicolai. Insieme a
quest’ultima, con la quale collabora spesso, ha inciso alcuni CD con
musiche di Dvorak, Haydn, Milhaud, in duo e in trio con diversi
musicisti.
L’anno 1685 ha avuto lo strano destino di dare i natali a tre dei più grandi
musicisti della storia della musica europea: Johann Sebastian Bach, Georg
Friedrich Haendel e Domenico Scarlatti. Tre personalità estremamente
diverse che hanno dato alla musica opere meravigliose in ambiti
assolutamente diversi: Bach ha dedicato buona parte della vita alla musica
sacra e strumentale. Haendel all’opera. L’unica cosa che li accomuna è la
grande abilità, tecnica, compositiva e improvvisativa, alla tastiera,
strumento al quale Domenico Scarlatti finirà per dedicarsi interamente,
come compositore e didatta.
Di tutti e tre si raccontano episodi di gare alla tastiera: addirittura una
coinvolse sia Scarlatti che Haendel lasciando, pare vincitore quest’ultimo,
mentre Bach ottenne una vittoria “per abbandono dell’avversario” contro
l’organista francese Dieupart, talmente spaventato dalla sua bravura, sia
tecnica che di improvvisatore, da non aver neanche il coraggio di
presentarsi alla sfida.
Lo stile della loro produzione per tastiera (organo, cembalo, clavicordo e
fortepiano) riflette le loro personalità musicali. Più complessa e
contrappuntistica la produzione bachiana, ricca di cantabilità con echi di
grande orchestra quella di Haendel, estremamente virtuosa e brillante la
musica di Scarlatti, che accoglie echi colti e della Spagna popolare.
4 settembre 2010, ore 21, Teatro sociale, Novafeltria
Concerto dei partecipanti alla
Masterclass internazionale Gionata
Musiche e scene da
Gionata
di Antonio Pio
Con la collaborazione
dell'Ensemble Les Nations
Il concerto presenta scene e arie da Gionata, oratorio di Antonio Pio,
maestro di Caterina II di Russia, oggetto di studio della seconda
masterclass internazionale realizzata in collaborazione tra il Collegium
Musicum Classense e l’Accademia Voci nel Montefeltro. La selezione di
scene e arie preparate durante la masterclass avviene alla fine del corso,
pertanto il programma sarà presentato la sera stessa del concerto.
*****************
La storia di Gionata è tratta dalla Bibbia. Gionata, figlio di Saul,
sconfigge da solo con una sortita i Filistei contro i quali il popolo ebreo è
in guerra. Il padre Saul, per completarne l’opera e consacrarla a Dio, fa
giurare al suo popolo di non mangiare fino alla vittoria. Gionata, ignaro,
assaggia qualche goccia di miele attirando su di se le ire di Dio e del
padre che vuole mandarlo a morte. Dopo scene d’intensa drammaticità e
forti sentimenti l’oratorio si risolverà con il perdono per Gionata.
La musica di Antonio Pio è di grande bellezza e complessità, e la sua
scrittura sfrutta tutte le novità armoniche e timbriche che il tardo
Settecento stava esplorando e che poco dopo Mozart accoglierà
pienamente.
9 settembre 2010 ore 21, Chiesa di Sant’Agostino, Faenza
Jauchzen und Klagen
Gioia e dolore espressi in musica
Junge Kammerchor Ostwürttemberg
con la partecipazione della corale Ebe Stignani
Il concerto verrà replicato il 10 settembre presso
la chiesa della Stella Maris a Milano Marittima
con la partecipazione del coro Ad Novas
don A. Contarini
Flores apparuerunt
Adoriamo te
Jubilate Deo
F. J. Haydn
(1732-1809)
Corale Ebe Stignani, dir. Giorgio Coppetta Calzavara
H. Schütz
Die mit Tränen säen
(1585 - 1672)
J. Pachelbel
Magnificat
(1653 - 1706)
G. A. Homilius
Unser Vater in dem Himmel
(1714 - 1785)
J. G. Rheinberger
Ave Maria
(1839 - 1901)
Prope est Dominus
R. Mauersberger
Wie liegt die Stadt so wüst
(1889 - 1971)
Kammerchor Ostwürttemberg, dir. Wilfried Lang
F. Mendelssohn Bartholdy
(1809 - 1847)
L. Bárdos
(1899 - 1986)
U. Sisask
(1960)
M. Lauridsen
Jauchzet dem Herrn
Cantemus
Benedictio
O nata lux
(1943)
G. Orbán
Daemon irrepit callidus
(1947)
J. Swider
Cantus gloriosus
(1930)
M. Lauridsen
O magnum mysterim
J. Mäntyjärvi
Omnes gentes
(1963)
Kammerchor Ostwürttemberg, dir. Thomas Baur
W. A. Mozart
Ave verum
(1756-1791)
Il brano sarà eseguito da entrambi i cori
Concerto realizzato in collaborazione con l’Ufficio per le Politiche
Comunitarie della Provincia di Ravenna e della regione
dell’Ostalbkreis
Il Junge Kammerchor Ostwürttemberg (Coro Giovanile da Camera
dell’Ostwürttemberg) è stato fondato come Associazione il 2 dicembre
del 2005 con lo scopo di approfondire e portare ad un alto livello artistico
la musica per sole voci di tutte le epoche. Il coro è composto di voci miste
e collabora intensamente con scuole di musica, istituzioni corali
pubbliche e cori ecclesiastici dell’Ostwürttemberg. Affianca queste
istituzioni in modo da dare l’opportunità a giovani talenti musicali che vi
appartengono di sviluppare ulteriormente le proprie capacità musicali e
vocali. Solitamente il coro prepara due programmi annuali. La Junge
Philharmonie Ostwürttemberg affianca nel suo lavoro il Coro per
rafforzare l’identità regionale dell’Ostwürttemberg e presentarne
all’esterno l’attività.
Thomas Baur ha studiato Germanistica e Storia della Musica a Tubinga,
didattica della musica finalizzata alla direzione a Trossingen con M.
Schreier e V. Rhode e ha partecipato attivamente ai corsi di
perfezionamento di F. Bernius, H. Rilling, G. Biller, E. Ericson, R.
Wistreich. Ha collaborato con Bernius presso il Stuttgarter Kammerchor
ed è docente presso il liceo musicale “Copernico” di Wasseralfingen
nonché direttore dell’Aalener Kammerchor, del Jugendchor “Feel the
Gospel”, del Katholischen Kirchenchor Hohenrechberg e del coro da
camera del liceo “Copernico”.
Wilfried Lang studia alla scuola professionale di musica di Kronach, alla
Hochschule per la musica cattolica di Regensburg e si diploma alla
Hochschule di Monaco. Ha un’esperienza di dieci anni come responsabile
di musica sacra e contemporaneamente è attivo come insegnante di
musica, preparatore vocale e direttore presso il dipartimento vocale della
Scuola di musica di Heidenheim. Si è perfezionato con Hans de Gilde,
Veronika Stoerzenbach, Gisela Krenkel, Tobias Hiller e Wolfgang
Schäfer ed è stato collaboratore di Kurt Suttner e Karl Zepnik.
*****************
La Corale Bagnacavallese “Ebe Stignani” è stata fondata da Don
Antonio Contarini che ne è stato il direttore fino al 1979. Dal 1986 è
diretta da Giorgio Coppetta Calzavara, diplomato in pianoforte, e
organo presso il Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia. Il coro,
a quattro voci miste, è formato da una ventina di elementi che si
impegnano a promuovere e a vivere la buona musica sia a Bagnacavallo,
dove organizza concerti per le maggiori ricorrenze, tra cui la festa del
patrono s. Michele, sia in altre città dove viene invitato. Si è esibito in
molte importanti città d’Italia tra cui Roma, Bari, Ascoli, Firenze, Pisa,
Pavia, Venezia, Padova. Ha partecipato a rassegne corali a Faenza, Forlì,
Bologna (AERCO), Ferrara, Ravenna. Nel dicembre 2007 ha vinto il
concorso “Genunzio Ghetti” di Cotignola. Il repertorio del coro spazia
prevalentemente dalla musica sacra del ’600 e ’700 a brani importanti
tratti dal mondo operistico dell ’800. Attualmente il coro si sta
impegnando nello studio per la divulgazione di codici miniati del XIII
secolo conservati nell’archivio storico della biblioteca “Taroni” di
Bagnacavallo.
La chiesa e la piazza di S. Francesco a
Ravenna
La basilica originale del V sec. era dedicata ai ss. Apostoli, poi a
s. Pietro Maggiore: nulla però rimane dell'originale costruzione
poiché nel X-XI secolo la chiesa venne completamente rifatta;
sempre in questo periodo venne anche costruito il robusto
campanile quadrato. La chiesa venne danneggiata durante la
seconda guerra mondiale. La facciata in umile laterizio a vista è
movimentata al centro da una piccola bifora. Davanti si estende
una quieta piazzetta. L’interno è a tre navate; sotto l'altare
maggiore, ben visibile attraverso una finestra, si osserva la cripta
del X secolo, a forma di oratorio sorretto da pilastrini; nel
pavimento frammenti di mosaici della primitiva chiesa di Neone.
Il livello, molto più basso del piano stradale, rende l’ambiente
sempre invaso dalle acque: la visione è alquanto singolare e la
presenza dell’acqua crea problemi alla conservazione della
chiesa. L'altare è costituito da un sarcofago del V.sec.
Qui certamente nel 1321 vennero officiati i funerali di Dante
Alighieri che venne sepolto accanto alla chiesa.
Il Santuario della Beata Vergine della
Consolazione detto dell’Arginino, Voltana
Fu costruita nell'arco di sei anni su un terreno di proprietà dei
conti Emaldi e il 2 novembre 1727 fu consacrata alla Beata
Vergine della Consolazione, come appare su una tabella lignea
commemorativa conservata nella chiesa.
Il santuario sorge a un paio di chilometri da Voltana e il nome
Arginino sembra derivi dal canale Arginello, realizzato per
convogliare le acque del Lughese verso le valli. Nel tempo il
culto per la Madonna è andato via via aumentando e la gente del
luogo decise di onorarla annualmente con una processione che si
svolge tuttora il 15 di agosto. Nel 1977 si procedette ad un
generale restauro nel rispetto della struttura originale. Il Santuario
conservava tre pale d'altare di scuola ferrarese e quattro dipinti
che adornavano l'abside e rappresentano i quattro santi protettori
della salute (secolo XVIII), purtroppo recentemente rubati.
La Rocca di Russi
Le prime fortificazioni del Castrum Russi risalgono al XIV
secolo. Nel secolo seguente Russi, scenario di diverse contese e
passaggi di mano, vide l'ampliamento delle proprie difese e la
ricostruzione della Rocca ad opera di Astorgio II Manfredi.
La struttura della rocca manfrediana era quella di un edificio a
pianta quadrata, con quattro torrioni angolari, tutti quadrati tranne
quello nord-occidentale che era circolare. Un quinto torrione con
funzioni di mastio sorgeva al centro del lato settentrionale. La
rocca era inglobata nelle mura di cinta e contribuiva quindi in
maniera importante alla difesa della città, pur avendo la
possibilità di essere difesa indipendentemente. Russi continuò a
passare di signore in signore e il castello fu espugnato diverse
volte. Il terremoto del 1688 danneggiò la parte superiore della
rocca. Quello che resta nei tempi moderni è la parte inferiore del
mastio quadrangolare, inglobata nel contesto dell'ospedale. Nelle
vicinanze è ancora possibile notare resti del torrione circolare e di
tratti della cinta di mura.
Palazzo Grossi, Castiglione di Ravenna
I conti Grossi, provenienti da Mandello di Milano, si stabilirono a
Ravenna all'incirca nel XIV secolo per opera di Pietro Fioroni,
così detto per via dei gigli dello stemma. Capitano di ventura al
servizio della Serenissima, ebbe da questa, per i suoi servizi,
vaste estensioni di terra a Castiglione di Ravenna, già appartenute
ai Polentani. Il castello fu costruito fra il 1461 e il 1565 ad opera
di architetti fra cui Giovanni di Jacopo da Canobio su un
precedente edificio fortificato impiantato sempre ad opera dei
Grossi. Passato ai Rasponi nel XIX secolo, fu adibito a usi
agricoli e alla lavorazione del tabacco fino alla metà del secolo
scorso, quando divenne proprietà del Comune di Ravenna.
Il castello, conosciuto anche come 'Rasponi-Bonanzi', ha pianta
quadrata, con torri laterali sporgenti. L'edificio dovette avere
funzione di sede di villeggiatura, ma sono ancora evidenti i segni
della fortificazione anche nei resti di due ponti levatoi e di un
fossato che lo circondava. Il palazzo è considerato l'esempio più
completo di palazzo romagnolo cinquecentesco nella transizione
fra castello-fortilizio e residenza di villeggiatura
Il piccolo anfiteatro della Banca Popolare di
Ravenna di Paolo Bolzani
Per gentile concessione della Banca Popolare di Ravenna
Sono trascorsi 125 anni, dal 30 giugno 1885, giorno in cui
veniva fondata la «Banca Popolare Cooperativa di Ravenna». Gli
uffici apriranno al pubblico nel febbraio 1886 in via Diaz, per poi
spostarsi in palazzo Rasponi delle Teste, davanti a quella che
oggi è piazza Kennedy. Nel 1906 avviene l’acquisto dell’attuale
sede di via Arnaldo Guerrini, e i nuovi uffici vengono aperti nel
maggio dell’anno successivo. Con il crescere della Banca si
avverte come non più dilazionabile un ripensamento e
riammodernamento del fabbricato, che avverrà solo nel 1926, su
progetto dell’architetto Giuseppe Santandrea di Torino. I lavori
saranno eseguiti dalla «Nuova Cooperativa fra Operai Muratori e
Cementisti del Comune di Ravenna», di cui oggi è erede l’attuale
Cmc di Ravenna. Il progetto riguarda la risistemazione del
prospetto su via Guerrini e Gessi, in chiave neogotica con vena
tardo Liberty, e soprattutto la costruzione di un nuovo corpo di
fabbrica adibito a Salone del pubblico, posto nel cortile del
fabbricato, cui si perviene per mezzo di una promenade
architecturale, che dalla strada conduce, attraverso l’androne di
ingresso, un atrio e un disimpegno, fino al vasto e luminoso
spazio a pianta centrale, generosamente illuminato dalle grandi
finestre e impaginato da una complessa decorazione
architettonica, basata su molteplici soluzioni di disegno e colore,
cui corrisponde un’altrettanta varietà di marmi nel ricco
pavimento. Nel 1926, a cantiere ormai chiuso, la Banca
acquisisce due pregevoli opere d’arte: la prima pittorica, dal titolo
Cooperazione, che viene realizzata dal noto pittore piemontese
Luigi Onetti (Lu Monferrato, 25 luglio 1876 - Torino, 1968), la
seconda scultorea, dal titolo Ragazzo sulla spiaggia, portata in
dote dal nuovo professore di scultura all’Accademia di Belle Arti
di Ravenna, insediatosi nel novembre di quell’anno, il fiorentino
Umberto Pinzauti (Firenze, 1886 - Ravenna, 1960). Infine, il 27
giugno 1927 avviene il trasferimento degli uffici nei nuovi locali.
In seguito, acquisendo la proprietà del Giardino Rasponi e della
Mensa Arcivescovile tra il 1965 e il 1974, la Banca giunge ad
essere proprietaria quasi dell’intero isolato. A questo punto
incarica l’architetto Roberto Evangelisti di Bologna, che aveva
dimostrato le proprie capacità costruendo qualche anno prima il
fabbricato per uffici «Italiana Olii & Risi», oggi conosciuto come
Palazzo Serafino Ferruzzi, di redigere un progetto complessivo di
comparto. Evangelisti realizza la ristrutturazione interna dell’«Ex
mensa» su piazza Arcivescovado e propone la realizzazione di un
nuovo edificio, caratterizzato su via Guerrini da un portico
filtrante e ritmato da ampie finestrature a bow-window,
sviluppato all’interno secondo una sorprendente vetrata che dalla
linea di colmo del tetto scende dolcemente verso il terreno, in
omaggio alla vista del complesso costituito da Duomo, Battistero
e Campanile. I lavori avranno inizio nel 1980, ma saranno
bloccati a lungo, a seguito di una serie di rinvenimenti di tipo
archeologico, che modificheranno gli iniziali obiettivi. Si tratta
dei reperti relativi alle mura repubblicane, ad una domus romana
– denominata Domus del Triclinio e oggetto di una mostra
archeologica nel 2003 a cura della Fondazione RavennAntica – e
a una torre medievale. Il nuovo fabbricato su via Guerrini non
verrà realizzato, mentre sarà costruito il nuovo Caveau, ubicato
sotto la doppia gradonata “teatrale” fronteggiante i nuovi giardini
pensili e il Giardino Rasponi. Alla fine del 1982 Evangelisti
trasforma il tema dell’inserimento di una cabina ENEL interrata
nell’occasione opportuna per realizzare la bella sfera cava
metallica, che giunge a dare un punto di riferimento alla efficace
sistemazione a piani sfalsati del giardino pensile collocato davanti
alla ex Mensa, mentre evoca una forma e una suggestione
piramidale quasi da piccola Mastaba. Nell’anno seguente
Evangelisti disegna i prospetti rivolti al giardino nella forma
definitiva, caratterizzata da una parete vetrata fumé bronzo, da
cui emerge un corpo in aggetto, che le conferisce un piacevole
effetto plastico, reso ancora più articolato dalla doppia gradinata
esterna in pietra color sabbia. Ma, a metà degli anni Ottanta del
secolo scorso, il fabbricato di via Guerrini restava ancora
inutilizzato, fatta eccezione per il Salone del pubblico che, dopo
un intervento di parziale restauro della fine degli anni Ottanta,
viene utilizzato come “Sala Borsa”. Trascorrono gli anni e, in
occasione del Grande Giubileo del 2000, si verifica la
sistemazione del Giardino Rasponi, cui si associa un valore di
memoria, con l’aggiunta alla denominazione originaria di quella
di «Giardino delle Erbe Dimenticate». Firma i lavori l’architetto
Bruno Minardi di Ravenna, che recupera il suggestivo spazio
verde con un impianto a corone radiali, ripiantumate con essenze
officinali e restaura il Portico del Morigia, che viene riqualificato
nell’ala ovest con una destinazione d’uso ad Erboristeria, mentre
all’esterno si procede alla ripavimentazione e alla piantumazione
di due tigli. Arriviamo infine al 2005, in cui lo Studio degli
ingegneri Boni di Modena presenta un progetto relativo alla
risistemazione dell’intero corpo di fabbrica, che, con consulenza
strutturale del professore ingegnere Roberto Capozucca e
dell’ingegnere Massimiliano Tarquini, consente un nuovo inizio
dei lavori – impresa la stessa Cmc di Ravenna – nel marzo 2009,
con fine nella primavera del 2009. Tra gli elementi di maggiore
pregio ecco emergere le grandi vetrate, dietro alle quali scorrono
le cabine dei nuovi corpi ascensori e su cui si specchia la cupola
verderame del Duomo, che rimanda alla nuova copertura
verderame del “tempietto-battistero” del Salone del pubblico, nel
momento in cui i suggestivi giardini pensili che ora lo omaggiano
sembrano voler ricordare la sua sopita aura floreale e l’imago
pinetale del genius loci. Mentre all’esterno si procede alla nuova
ripavimentazione di piazzetta Ragazzini, all’interno, nuova
materia per discussioni sorge dall’apparizione dei nuovi
lampadari a sospensione a “carciofo” di Poul Henningsen, scelti
dall’ingegnere Pierluigi Gallamini, direttore dei Lavori, mentre
irrompono nel Salone del pubblico e nel grande spazio dello
Scalone d’onore, al cui centro la scultura di Pinzauti sperimenta
una vita inedita, in virtù del nuovo elegante tappeto in tessere
musive di marmo verde e un lussuoso drappo in tessere musive a
foglia d’oro, opera di Francesca Fabbri dello Studio Akomena di
Ravenna.
La pieve del Tho o di San Giovanni in Ottavo,
Brisighella
La pieve del Tho di Brisighella è forse l'esempio più maturo
dell'arte costruttiva romanica in territorio ravennate; il primo
documento a testimoniarne l'origine risale al 909, mentre da una
data incisa su un capitello della navata di destra si deduce un
rifacimento databile attorno al 1100. La pieve ingloba nella sua
struttura, come buona parte delle pievi romagnole, materiali di
recupero provenienti da costruzioni precedenti di epoca romana:
capitelli e colonne che fanno da sostegno ai muri medievali.
L'attuale struttura della pieve presenta un protiro cinquecentesco
modellato su uno più antico, che precede una facciata molto
semplice e lineare. Le fiancate sono mosse da una serie di archetti
pensili racchiusi da lesene; l'abside, esternamente di forma
semicircolare, presenta una bifora al centro e due monofore ai lati
scandite da costole di mattoni ed è decorata da motivi di mattoni
disposti a circolo quasi a formare piccoli rosoni ciechi.
Il Santuario della Madonna del Bosco,
Alfonsine
Importante santuario, meta di numerosi pellegrinaggi, al cui
interno erano custoditi fino a poco tempo fa un'immagine in
ceramica della Vergine del XVI secolo e più di 46 tavole votive
del XVIII e XIX secolo. L’edificio è ricostruito su quello
originario datato 1721.
Il santuario sorge in una zona anticamente ricoperta da una fitta
boscaglia, in cui la tradizione vuole si ripetessero frequenti
miracoli, a partire da quando un boscaiolo morì mentre stava
tentando di abbattere un albero. Nel punto in cui avvenne
l'incidente sorse quindi il santuario, meta nel corso dei secoli di
numerosi pellegrinaggi.
La pieve di S. Bartolomeo, San Zaccaria
A pochi chilometri da Ravenna si incontra l'abitato di San
Zaccaria, al margine del quale si eleva la pieve di San
Bartolomeo "in decimo" (toponimo che stava ad indicare la
distanza in miglia del sito dall'inizio della strada).
La notizia più antica della pieve di San Zaccaria risale al sec. X.
Questa pieve con tutte le sue cappelle, unitamente a quella di San
Cassiano, era di pertinenza dei canonici-cantori della cattedrale
ravennate ed era in origine dedicata San Zaccaria. Dal sec. XII fu
retta da un arciprete; nel 1521, per un decreto di papa Adriano VI,
San Zaccaria fu unita alla Mensa arcivescovile e da quell'anno gli
arcivescovi cominciarono a tenere lì un loro vicario curato.
L'edificio che noi oggi vediamo venne costruito nel 1746 in
sostituzione di una più antica chiesa, di cronologia incerta, che
sappiamo, da una descrizione anteriore all'atterramento, essere
stata suddivisa in tre navate, scandite da pilastri in muratura. Solo
il campanile, una torre quadrata, che si distacca dalla tradizione
ravennate la quale predilige l'uso di campanili cilindrici,
appartiene all'antico edificio, anche se solo nella parte più bassa
può essere assegnata all'altomedioevo, e più precisamente al X
secolo.
La chiesa di Sant’Agostino, Faenza
S. Agostino possiede questo nome solo dal XV secolo, anche se i
padri Agostiniani vi si erano insediati già dal 1256: in precedenza
infatti la chiesa era dedicata a San Giovanni Evangelista; era detta
anche di San Giovanni in Sclavo per via del patronato dell'antica,
forse longobarda, famiglia Sclavi.
Nel 1271 la chiesa assunse forme gotiche, di cui restano pochi
avanzi (tracce di finestre, archi, varie parti murarie) sulla fiancata
esterna sinistra (quella su vicolo Sant'Agostino) e lo stesso
avvenne nell'attiguo convento, di cui restano la porta della Sala
Capitolare e le belle arche parietali in cotto sotto il lato sinistro
del chiostro. La tradizione riporta la presenza in questa chiesa di
due grandi della Chiesa: Martin Lutero (che fu infatti frate
agostiniano) e l'ancor giovane Gerolamo Savonarola, ma mentre
la prima non è confermata la seconda è sicura e si riferisce anzi
all'ascolto, qui in questa chiesa, della predica di un agostiniano
dopo la quale Savonarola (di passaggio a Faenza dalla natia
Ferrara) si convinse a prendere i voti.
Agli inizi del Settecento alla chiesa vennero conferite le attuali
forme barocche ad opera di Carlo Cesare Scaletta e poi di
Raffaele Campidori, forse con la collaborazione dei capomastri
Antonio e Gianbattista Boschi. Il campanile, che era del 1712,
venne purtroppo minato e fatto saltare dai tedeschi nel 1944 e
malamente ricostruito nel 1962 con pessimo laterizio, di colore e
aspetto assai diverso da quello originale.
L'opera d'arte più importante è una tavola primo-cinquecentesca
(Madonna e Santi) del faentino Sebastiano Scaletti, collocata in
posizione un po' infelice, in alto lungo la navata sinistra. Nella
parte sinistra del presibiterio è collocata inoltre una grande tela,
incompiuta, con la
Madonna di Casola, rara opera del faentino Domenico Matteucci,
uno dei maggiori ceramisti locali del XX secolo.
Si ringraziano per la collaborazione
Al concerto del 22 luglio a Voltana
Consulta di Voltana
Dramsam - Centro Giuliano di Musica Antica
Al concerto del 5 agosto a Castiglione di Ravenna
Associazione Culturale Castiglionese “Umberto Foschi”
Al concerto del 12 agosto a Ravenna
Alla Masterclass "Gionata"
Teatro Sociale Novafeltria
Voci nel Montefeltro
I Luoghi dello Spirito e del Tempo 2010
Organizzazione
Collegium Musicum Classense
Direzione Artistica
M. Luisa Baldassari, M. Scaioli
Stampato in collaborazione con il Settore Cultura della Provincia
nel mese di Giugno 2010 presso il Centro Stampa associato della
Provincia e del Comune di Ravenna
Scarica