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Le sezioni della mostra
Come per molte scoperte decisive nella storia del progresso scientifico, anche l’invenzione del telescopio
è nata dall’osservazione di fenomeni e oggetti relativamente comuni, che soltanto una mente brillante
poteva comprendere appieno per poi svilupparne l’enorme potenzialità. È ciò che avvenne nel 1609,
quando Galileo Galilei s’imbatté in un tubo dotato di lenti da entrambi i lati, fabbricato in Olanda:
guardandovi attraverso, si aveva l’impressione che gli oggetti distanti fossero più vicini. Galileo
trasformò in pochi mesi questo strumento, poco più che un giocattolo, aumentandone il potere di
ingrandimento fino a trenta volte. In seguito puntò il telescopio verso il cielo, dando vita a rivoluzionarie
scoperte astronomiche.
La mostra “Il Telescopio di Galileo”, grazie a una molteplicità di documenti, strumenti scientifici,
modelli interattivi e animazioni multimediali, narra la storia dell’ottica antica, delle osservazioni e delle
eccezionali scoperte celesti conseguite da Galileo grazie al suo telescopio e dei primi telescopi fino alla
metà del Seicento. Le sei sezioni della mostra sono curate dallo storico dell’astronomia Giorgio Strano,
con la collaborazione di un comitato scientifico composto di storici della scienza e della tecnologia, fisici,
matematici e astronomi, di cui fanno parte Filippo Camerota, Paolo Del Santo, Sven Duprè, Paolo
Galluzzi, Pier Andrea Mandò, Giuseppe Molesini, Francesco Palla, Albert Van Helden e Marco Verità. Il
progetto scientifico è stato sviluppato in collaborazione con l’Istituto Italiano di Fisica Nucleare (INFN),
l’Istituto Italiano di Ottica Applicata (INOA), l’Osservatorio Astrofisico di Arcetri e il Laboratorio
Sperimentale del Vetro di Murano.
La prima sezione della mostra, “Preistoria del telescopio”, copre il lungo periodo che precede
l’invenzione del telescopio e illustra come, dall’Antichità al Rinascimento, le leggi della riflessione e della
rifrazione fossero conosciute attraverso lo studio di specchi metallici e dischi di vetro. Anche le
componenti ottiche per costruire il telescopio esistevano già. Tuttavia, non si andò oltre la realizzazione
di occhiali e specchi ustori. La produzione di vetro e la lavorazione delle superfici riflettenti e rifrattive
erano di una qualità troppo povera per permettere la costruzione di strumenti più complessi.
La seconda sezione, “Il telescopio di Galileo”, si apre con i primi “occhialetti” costruiti in Olanda nel
1608, per concentrarsi poi sugli studi e le innovazioni che Galileo apportò a quegli strumenti rudimentali
e che culminarono, un anno dopo, all’uso astronomico del telescopio. I dispositivi precedenti
consentivano ingrandimenti di due o tre volte soltanto; Galileo perfezionò le lenti fino a ottenere
ingrandimenti di oltre trenta volte, che gli permisero le prime osservazioni ravvicinate del cielo.
Attraverso il telescopio Galileo poté osservare la Luna e le fasi di Venere, scoprire i quattro satelliti
orbitanti intorno a Giove e le macchie solari. Queste scoperte fornirono la prova osservativa della
correttezza del sistema copernicano, secondo il quale tutti i pianeti, compresa la Terra, ruotano intorno
al Sole. Prima di Copernico, si credeva che l’universo fosse geocentrico, cioè che tutti i pianeti –
compreso il Sole – orbitassero intorno alla Terra.
L’istituto Nazionale di Ottica Applicata e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare hanno eseguito,
appositamente per la mostra, una serie di studi scientifici sulle lenti realizzate da Galileo e dai principali
fabbricanti italiani di lenti della prima metà del XVII secolo. La terza sezione della mostra, “La qualità
delle lenti di Galileo”, illustra i risultati di questi studi, che, grazie anche alla collaborazione della
Stazione Sperimentale del Vetro di Murano, hanno dimostrato l’esistenza di elementi comuni fra il vetro
utilizzato in vari manufatti e quello usato per le lenti dei primi telescopi.
Grazie alla realizzazione di una fedele replica ottica del telescopio di Galileo, montata sul “Telescopio
Amici” dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri, sono state riprodotte le osservazioni astronomiche dello
scienziato toscano: i risultati vengono presentati nella quarta sezione, “Osservare con il telescopio di
Galileo”. Modelli interattivi e repliche offrono ai visitatori la possibilità di capire meglio cosa significasse
osservare il cielo con i primi telescopi della storia e di scoprire gli accessori speciali adottati da Galileo,
tra cui il micrometro e l’elioscopio, usati rispettivamente per studiare i satelliti di Giove e per disegnare
le macchie solari.
Nella quinta sezione, “Da Galileo a Newton”, si affronta la storia dell’ottica dopo Galileo. In particolare,
questa sezione descrive il nuovo modello di telescopio ideato da Johann Kepler nel 1611 e analizza le
ragioni che ne ritardarono la diffusione; questo modello iniziò infatti ad affermarsi soltanto attorno al
1635 per merito di ottici italiani. L’esigenza di ridurre gli effetti indesiderati della cosiddetta
“aberrazione cromatica” spinse i costruttori di telescopi ad aumentare la lunghezza degli strumenti
rispetto al diametro degli obbiettivi. Fu solo il telescopio “a riflessione”, ideato nel 1668 da Isaac
Newton, a offrire una soluzione alternativa a questo problema grazie alla sostituzione della lente
obbiettiva con uno specchio concavo.
La sesta sezione della mostra, “Il telescopio, misurazione del tempo e longitudine”, è dedicata al
contributo di Galileo alla soluzione di uno dei più importanti problemi pratici del suo tempo, la
determinazione della longitudine in mare. Galileo pensò che i satelliti di Giove si prestavano a questo
scopo, poiché orbitavano intorno a Giove come le lancette di un orologio visibile da tutti i luoghi della
Terra. Inoltre, per facilitare le osservazioni dei marinai, ideò il celatone, uno speciale elmetto munito di
visore telescopico. Studiò infine nuovi strumenti in grado di misurare il tempo con maggior precisione e
arrivò a formulare la legge dell’isocronismo del pendolo (tutte le oscillazioni sono di identica durata). La
sezione finale dell’esposizione illustra anche il dibattito sviluppatosi fra il XVII e il XVIII secolo tra i
sostenitori dei metodi astronomici(uso di osservazioni) e dei metodi meccanici (uso di orologi) nella
determinazione della longitudine.
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