FOCUS
ORIZZONTI
Futuro arcaico
UOMINI MONTAGNE STELLE
TRILOGIA DEL FUTURO ARCAICO
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Il FUTURO torna alle origini
Nel reportage precedente di questa serie dedicata al futuro arcaico abbiamo parlato del collegamento tra
preistoria e astronomia in relazione alle montagne italiane, Alpi e Appennini. Abbiamo visto che Ötzi, il
celebre Uomo del Similaun venuto dai ghiacci, mummia di importanza storica e mondiale, può essere
considerato l’anello di congiunzione tra i due estremi dell’intera storia dell’evoluzione umana, il passato e il
futuro: la sua datazione a circa 5.300 anni fa è infatti stata resa possibile grazie all’analisi del C14, tecnica
sviluppata proprio a partire dalla chimica, dalla fisica e dall’astrofisica nucleare. L’Anno Mondiale
dell’Astronomia, che sta volgendo al termine, ci spinge a guardare al passato più remoto dell’uomo e di tutto
l’Universo dalle altezze della tecnologia, e dalle altezze dei monti. Monti che ci parlano degli studi più
avanzati di fisica delle astro-particelle con i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, e dell’alba dell’uomo, con i
graffiti rupestri della Valcamonica, Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Il futuro si volge indietro, torna alle
origini. E l’origine, l’arcaico, a sua volta ha sempre guardato al futuro: l’astronomia è una delle scienze più
antiche.
Ötzi guardava le stelle. E le stelle hanno accompagnato l’uomo nel corso di tutta la sua storia, ispirando
sentimenti sublimi e un’attrazione irresistibile verso il cielo: “Due cose hanno sempre fatto la meraviglia
della mia vita: il cielo stellato sopra il mio capo e la legge morale in fondo al mio cuore”, ha scritto il grande
Immanuel Kant.
Il rapporto tra uomo preistorico e osservazione degli astri è indagata da discipline come l’archeoastronomia.
Abbiamo incontrato il Professor Giuliano Romano, uno dei maggiori esperti in materia, per approfondire il
tema.
Una sorta di anteprima italiana dell’Anno Mondiale dell’Astronomia si è tenuta ad Aosta nel 2008. Ancora una
volta, le Alpi sono state all’avanguardia. E’ intervenuto il Professor Franco Pacini, uno degli astronomi italiani
più importanti del mondo e ideatore dello stesso Anno Mondiale dell’Astronomia.
Nel mese di dicembre si è invece tenuta, a Milano, la conferenza del Professor George Smoot, scienziato di
livello mondiale che ha parlato degli straordinari risultati ottenuti da lui e dal suo team con tecnologie
avanzatissime per studiare la radiazione cosmica di fondo, la “prima luce dell’Universo” che ha dato il titolo
al suo intervento. Grazie a questi risultati il Professore è stato insignito del Premio Nobel per la Fisica nel
2006.
Michele Mornese
In copertina: Ötzi (foto g. c. Museo Archeologico
dell’Alto Adige – Bolzano); il cannocchiale di Max Valier;
Pleiadi (foto: NASA); astronauta (Tolosa, Cité de
l’éspace).
In questa pagina: masso preistorico istoriato (Centro
Camuno di Studi Preistorici); scontro di galassie (foto:
NASA).
Le montagne del tempo
In basso: Giuliano Romano e alcuni
dei suoi libri. Qui a lato: orologio
solare, Oslo, Vigeland Park.
Il rapporto dell’uomo con il cosmo è antico quanto
la stessa storia dell’uomo. Fin dalle origini, dalla
preistoria, i nostri antenati sono sempre stati
affascinati dal cielo. Uno dei più importanti studiosi
delle conoscenze astronomiche dei popoli
preistorici e dell’archeoastronomia, la disciplina
che rileva l’orientamento astronomico dei siti
preistorici, è Giuliano Romano, già docente di
Cosmologia e Storia dell’Astronomia all’Università di
Padova e membro della Società Italiana di
Archeoastronomia. Il Professore è autore di oltre
trecento pubblicazioni scientifiche e di diversi
volumi di astronomia. “Per l’uomo preistorico che
abitava le Alpi i monti servivano anche come vere e
proprie “meridiane naturali” – ci spiega - . Le cime
denominate secondo numeri progressivi, come Cima
1, 2, 3 e così via, venivano utilizzate per
riconoscere in quale fase della giornata ci si
trovava. Quando il Sole era in corrispondenza di uno
di questi monti, significava che era tempo di
iniziare le attività quotidiane, o di sospenderle. Ciò
era possibile grazie all’ubicazione geografica dei
rilievi, allineati con i percorsi degli astri”. Non solo.
Sempre in riferimento alle Alpi, esistono castellieri,
villaggi fortificati preistorici, che presentano
caratteristiche davvero interessanti. “In Veneto e
Trentino ve ne sono alcuni esempi. Risalgono all’età
del Bronzo, dal 3.500 al 1.200 circa prima di Cristo.
I castellieri sono generalmente orientati nella
direzione in cui sorge il Sole ai solstizi,
specialmente a quello d’inverno. Non sappiamo se
questa circostanza fosse voluta o meno. Ma il loro
orientamento secondo precise coordinate
astronomiche è un fatto”. Il solstizio invernale è un
evento legato al passaggio di stagione. “L’anno
vecchio moriva, e ne iniziava uno nuovo. Molte
festività, ancora oggi, ricordano e celebrano il ciclo
di morte e rinascita della natura”. Queste e altre
costruzioni, realizzate in tempi remotissimi, sembra
potessero assolvere alla funzione di veri e propri
“calendari”, strumenti per “contare” il tempo e
quindi, in fondo, per appropriarsene.
Intervista al Prof. Giuliano Romano
“Il tempo è fondamentale per la vita. E
l’osservazione degli astri e dei pianeti, con la loro
evoluzione secondo fasi ben precise, ha sempre
aiutato tutte le civiltà della storia a scandire periodi
più o meno lunghi. I cicli astronomici del Sole, della
Luna e delle stelle erano fondamentali per sapere
quando era il momento di seminare e raccogliere, e
quando le stagioni, e dunque la natura, mutavano”.
Andando verso la bella stagione, il Sole splendeva
più tempo in cielo, e questo favoriva le attività
produttive. Quando invece le giornate si
accorciavano, anche i ritmi dell’uomo venivano
modificati.
“All’equinozio di primavera la lunghezza della notte
è pari a quella del giorno. Questo periodo è il più
produttivo. Poi, nei mesi successivi, al mattino il
Sole sorge sempre più verso nord e alla sera
tramonta dopo aver percorso un arco che diventa
sempre maggiore. Le notti durano meno tempo e le
ore di luce aumentano. Al solstizio d’estate si
raggiunge il culmine dell’annata.
A sinistra: la luna e le stelle in un medaglione ligneo
artigianale della Val d’Aosta.
Sotto: riproduzione di una sfera armillare presso l’Ibn Battuta
Mall di Dubai. La sfera armillare o astrolabio sferico è un
modello della sfera celeste inventato da Eratostene nel 255 a.
C.
Sullo sfondo: meraviglia di un tramonto.
Poi il percorso del Sole sull’orizzonte diviene via via
più breve e si giunge all’equinozio d’autunno,
quando le ore della notte sono pari a quelle del
giorno. Inizia in questo momento la stagione dei
raccolti. Dopo l’equinozio d’autunno il Sole sorge
sempre più a sud”. Anche l’osservazione delle fasi
lunari era importante, per suddividere il tempo non
più solo in base ai giorni e alle stagioni, ma anche ai
mesi. Oggetti in pietra che secondo gli studiosi
potrebbero essere calendari lunari, e risalenti a
migliaia di anni fa, recano appunto incisioni di
sequenze di segni riconducibili a sistemi per
contare il tempo. “In ogni caso, l’uomo ben presto
si accorse dell’intima relazione tra il numero di
volte con cui si presentava un fenomeno naturale e
l’accadere di avvenimenti: dopo nove cicli lunari, le
donne partorivano. Allo stesso modo, le
costellazioni visibili in cielo, che variano
stagionalmente, erano un utile indicatore per
prevedere quando le sementi sarebbero
germogliate, o quando era ora di seminare”. I corpi
celesti non venivano osservati solo per scandire il
tempo e regolare di conseguenza i cicli agrari e
produttivi, ma anche per stabilire un rapporto con il
divino a fini propiziatori, o a scopi didattici
presumibilmente per trasmettere insegnamenti,
valori e credenze alle giovani generazioni. Di
particolare interesse in questo ambito sono, per
esempio, i simboli solari rappresentati nelle
incisioni rupestri della Valcamonica. “Gli astri e i
pianeti sono sempre stati identificati, dalle varie
culture preistoriche, come dei. I simboli solari che
ritroviamo nei siti camuni testimoniano bene il
legame profondo tra l’uomo e il cielo divino fin
dalle origini.
Anche le cosmogonie antiche parlano della Madre
Terra creatrice dell’Universo. E il nome tibetano del
Monte Everest, Chomolangma, significa proprio
“madre dell’Universo”. L’archeoastronomia è una
disciplina ricca di fascino e di suggestioni.
Monte Everest o Chomolangma.
Saturno e i suoi anelli.
(Fonte: NASA)
Ma occorre prestare molta attenzione, sottolinea il
Professor Romano, ad un problema scientifico di
fondo: “noi non possiamo essere assolutamente
sicuri del fatto che le popolazioni preistoriche
fossero in possesso di precise nozioni astronomiche.
Le ipotesi avanzate dall’archeoastronomia sono,
appunto, soltanto ipotesi. Questi popoli non hanno
lasciato, in molti casi, documenti che testimoniano
in modo chiaro e inconfutabile le loro conoscenze
astronomiche.
I nostri studi in materia si basano sulla raccolta di
dati e sull’elaborazione di teorie, le quali sono
abbastanza probabili appunto perché spiegano bene
i fatti osservati.
Occorre però evitare di lasciarsi prendere da troppo
entusiasmo e attribuire ad antichi popoli
conoscenze che sono proprie del nostro tempo,
della nostra società. Dobbiamo preoccuparci di fare
e studiare scienza, non fantascienza”.
L’astronomia, scienza dalle origini antichissime che
si perdono nella notte dei tempi, si è sempre
intrecciata con altri rami del sapere, producendo
reciproche contaminazioni. Al punto che è più
corretto parlare, precisa il Professore, di
“astronomia culturale”. “Ci riferiamo a una delle
prime scienze, se non la prima in assoluto in ordine
di tempo. Essa è nata dal genio e dalla curiosità
degli uomini. Si è sempre fusa con la storia, la
politica, la religione e tutto il complesso di
credenze dei popoli che l’hanno coltivata. Ha
influenzato la poesia, le arti, perfino l’architettura
e i modi di costruire. Le stelle sono sempre state
vicine alla vita dell’uomo”. Per questo motivo, il
Professore sottolinea come sarebbe importante che
gli archeologi rilevassero i siti anche per
determinarne l’orientamento astronomico.
“Un gran numero di dati, potenzialmente molto
importanti per altre scienze oltre all’archeologia in
sé, purtroppo vanno persi perché non vengono
condotti studi precisi al fine di mettere in evidenza
eventuali corrispondenze astronomiche di quanto
viene rinvenuto. L’astronomia e l’archeologia,
insieme, possono gettare nuova luce sui popoli
antichi”. Un legame ancestrale collega uomo e
Universo. L’uomo, in quanto parte della natura,
all’inizio ha cercato di armonizzare i propri cicli
produttivi, il proprio tempo, con il tempo cosmico.
Ora che ci stiamo allontanando forse troppo dalla
natura stessa, anche l’astronomia, come la nuova
sensibilità ecologica che si sta imponendo per
salvare il pianeta, ci richiama ad uno stile di vita più
“eco-sostenibile”. “A causa dell’inquinamento
atmosferico e luminoso, non riusciamo neanche a
vedere il cielo notturno. Ci perdiamo uno spettacolo
meraviglioso. Per millenni l’uomo, volgendo lo
sguardo in alto, ha visto le stelle. Innumerevoli
stelle, che nel blu profondo della volta celeste
ricamano le immortali gesta degli dei e degli eroi,
elevate in tutta la loro gloria nelle costellazioni”.
L’astronomia è scienza delle origini. Ma anche
scienza del futuro. Alcuni degli strumenti più
complessi e tecnologici mai costruiti dall’uomo sono
utilizzati proprio negli studi di astronomia e
astrofisica. “E’ straordinario pensare alle evoluzioni
che la scienza ha avuto negli ultimi tempi”. Ma
ancora più stupefacenti saranno le scoperte che si
faranno in futuro. Le nuove generazioni dovranno
confrontarsi con sviluppi incredibili della nostra
conoscenza del mondo. “E’ un meraviglioso
paradosso – conclude il Professor Romano con un
sorriso - : l’astronomia, scienza così antica, in fondo
è ancora così giovane …”
Graffiti preistorici in Valcamonica: stella a 5
punte e uomo con casco detto “L’astronauta”.
Foto sotto: Max Valier al lavoro.
MAX VALIER il primo martire della conquista
dello spazio
"Grato sono al Signore, perché insieme alla bellezza delle stelle
ci ha donato anche i loro misteri". (Max Valier)
Max Valier fu astronomo e pioniere della missilistica. Nato a
Bolzano nel 1895, studiò astronomia a Innsbruck, Vienna e
Monaco. Per Valier era fondamentale suscitare interesse
nell’astronomia, divulgando i risultati delle sue ricerche ad un
ampio pubblico. La conoscenza del cosmo divenne per lui
sempre più importante, portandolo a sperimentare motori a
razzo e combustibili. Oggi le sue ricerche vengono considerate
rivoluzionarie per quell’epoca. Il 17 maggio 1930 Max Valier
morì a Berlino, in seguito ad un’esplosione durante il collaudo
di un razzo: è stato la prima vittima dei viaggi nello spazio.
(Dalla mostra fotografica “Anni Luce. Un viaggio fotografico nel
cielo notturno dell’Alto Adige”, fino al 3 gennaio 2010 presso il
Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige).
In alto: “Isti mirant stella”. Lo stupore delle genti al passaggio della cometa di Halley nel 1066, Tapisserie de Bayeux
(Memoria del Mondo per l’UNESCO), sec. XI.
Al centro: oggi possiamo vedere persino il nucleo di ghiaccio della cometa, con la tecnologia avveniristica di cui disponiamo.
L’ultimo passaggio vicino alla Terra fu nel 1998, e ritorna ogni 76 anni (Foto: NASA).
Giovedì 3 dicembre, in occasione delle celebrazioni
per l’Anno Mondiale dell’Astronomia, si è tenuta
all’Auditorium Gaber del Grattacielo Pirelli la
conferenza sul tema “La prima luce dell’Universo.
L’avventura della cosmologia contemporanea”,
organizzata da Euresis, Centro Culturale di Milano,
Regione Lombardia, Università degli Studi di Milano
– Dipartimento di Fisica. Relatore George Smoot,
docente a Berkeley, scienziato di livello mondiale
che ha ricevuto nel 2006 il Premio Nobel per la
Fisica grazie ai risultati ottenuti con il satellite Cobe
(Cosmic Background Explorer) della Nasa, risultati
che hanno aperto nuovi scenari nella comprensione
dell’Universo.
Il satellite Cobe venne lanciato in orbita il 18
novembre 1989 e misurò in modo preciso,
elaborando mappe, la più antica luce dell’Universo,
la radiazione cosmica di fondo, ultima traccia del
Big Bang dal quale nacque il cosmo. Il satellite ha
contribuito così in modo decisivo alla nostra
comprensione dell’Universo primordiale.
Cobe mostrò che lo spettro della radiazione
concorda perfettamente con le previsioni basate
sulla teoria del Big Bang.
Inoltre, la mappa generata dal satellite ha permesso
agli scienziati di scrutare nel passato dell’Universo,
osservando la luce delle origini.
La prima
luce
dell’Universo
Conferenza a
Milano del
Premio Nobel
George Smoot
George Smoot riceve un riconoscimento dal Presidente della
Regione Lombardia Roberto Formigoni, il folto pubblico e il
grattacielo Pirelli ove si è svolta la conferenza.
“Ciò che abbiamo cercato di vedere attraverso Cobe
– ha spiegato il Professor Smoot – è l’alba del cosmo.
Grazie ai nostri strumenti, grazie alla tecnologia di
cui disponiamo oggi, siamo in grado di vedere
sempre più lontano nelle profondità dell’Universo.
La luce delle stelle impiega molto tempo per
giungere fino a noi. Deve coprire distanze enormi il
più delle volte, se le stelle sono lontane. In
sostanza, noi osserviamo la luce emessa dagli astri
in passato. Il satellite Cobe, costruito con tecnologia
avanzatissima, ci ha permesso di osservare la
radiazione dell’Universo primordiale. Ci ha
consentito di vedere il passato del mondo”. Inoltre,
ha proseguito il Professor Smoot, un altro aspetto
affascinante degli studi di cosmologia, è che si sta
chiarendo sempre più come il microscopico e il
macroscopico siano profondamente legati, come
poli opposti e complementari della stessa realtà che
si alimentano a vicenda.
“Studiando l’origine dell’Universo abbiamo capito
che esso era contratto e caldissimo. Prima del Big
Bang, prima dello spazio infinito, vi era
l’infinitamente piccolo.
Possiamo studiare le condizioni della materia e
dell’energia in quei primi istanti di vita del cosmo,
applicando le leggi della fisica microscopica.
In questo modo, siamo anche in grado di spiegare da
dove hanno avuto origine alcuni fenomeni i cui
effetti vediamo ancora oggi, ma le cause dei quali
erano nell’Universo primordiale.
E specularmente, possiamo studiare il cosmo attuale
per capire meglio il funzionamento degli oggetti
microscopici”.
Il professore ha sottolineato che “viviamo in
un’epoca di grandi progressi della tecnologia e di
grande sviluppo della conoscenza. Le scoperte che
si stanno facendo alimentano l’entusiasmo degli
studiosi, e gettano nuova luce su aspetti ancora
ignoti del mondo”. A conclusione del proprio
intervento, il Professor Smoot ha rivolto un invito
alla platea di giovani presenti: “molto lavoro è stato
fatto, ma molto spetta ancora alle nuove
generazioni. La verità è il destino per il quale siamo
fatti”.
Dalle Alpi
l’anteprima
dell’Anno
Internazionale
dell’Astronomia
Il Prof. Franco Pacini, astrofisica di fama mondiale, tra gli
ideatori dell’Anno Internazionale dell’Astronomia proclamato
dall’ONU per il 2009.
Giovedì 19 giugno 2008 si è tenuta ad Aosta una sorta di anteprimasulle Alpi
dell’Anno Mondiale dell’Astronomia, con una conferenza del Professor
Franco Pacini, ideatore della stessa iniziativa Onu, sul tema “Da Galileo
all’astronomia di oggi. Verso l’Anno Mondiale dell’Astronomia 2009”.
L’iniziativa è stata organizzata dall’Osservatorio Astronomico della Valle
d’Aosta. Pacini ha ricordato che fin dalle origini “l’uomo è sempre stato
attratto dalle stelle. Si può dire che l’astronomia abbia accompagnato lo
sviluppo della cultura umana in ogni tempo e in ogni luogo. Gli antichi fecero
del cielo la dimora degli dei”. Galileo vide col cannocchiale nel 1609,
esattamente 400 anni fa, “le fasi della Luna e i suoi crateri, Giove con i suoi
satelliti, le Pleiadi, Saturno”. Le teorie scientifiche e le visioni del mondo
che Galileo potè elaborare in seguito alle sue osservazioni “ebbero una
portata rivoluzionaria e dirompente. In sostanza mettevano in crisi,
confutavano una interpretazione plurisecolare, fortissima e radicata, del
cosmo e della realtà stessa. Le osservazioni di Galileo furono indubbiamente
uno dei momenti fondamentali della storia della scienza”. E gli costarono
caro. Dopo le vicende e i problemi che egli ebbe col potere proprio a causa
di queste scoperte, le sue idee vennero riprese e sviluppate da altri
scienziati geniali, come Keplero e Newton. Nel corso dei secoli, l’astronomia
si evolse da scienza descrittiva, che appunto descriveva e registrava i
fenomeni così come apparivano, a scienza che si pone domande sul cosmo e
la sua evoluzione. “Dal secolo scorso gli studiosi si sono interrogati sulla
nascita, vita e morte delle stelle. Oggi la scienza, interrogandosi sull’origine
dell’Universo e sul suo futuro, si pone domande anche sull’origine della
vita”. In conclusione, Pacini ha messo in evidenza che uno degli aspetti più
affascinanti dell’astronomia è che “essa entusiasma i bambini. E’ una scienza
antica e sempre giovane. Noi stessi siamo nati dalla materia che si è formata
in origine all’interno delle stelle. Siamo figli degli astri. Forse la magia che lo
studio del cosmo fa vivere nelle menti sia degli adulti che dei bambini deriva
proprio dal fatto che, avvicinandoci al cielo, in realtà non facciamo altro che
avvicinarci a noi stessi. Siamo polvere di stelle”.
Aosta, il campanile della chiesa di
Sant’Orso.
Omaggio agli antichi astronomi
arabi, Ibn Battuta Mall, Dubai.
Testi e foto (ove non altrimenti indicate): Michele Mornese