00pped_Layout 1 03/03/16 09:32 Pagina 3 Luca Curti SVEVO E SCHOPENHAUER RILETTURA DI UNA VITA seconda edizione Edizioni ETS 00pped_Layout 1 03/03/16 09:32 Pagina 4 www.edizioniets.com © Copyright 1991 seconda edizione 2016 Edizioni ETS Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa [email protected] www.edizioniets.com Distribuzione Messaggerie Libri SPA Sede legale: via G. Verdi 8 - 20090 Assago (MI) Promozione PDE PROMOZIONE SRL via Zago 2/2 - 40128 Bologna ISBN 978-884674358-9 00premessa 5_Layout 1 19/02/16 12:20 Pagina 5 RAGIONE E SINTESI DI UNA RILETTURA PREMESSA ALLA SECONDA EDIZIONE Ripubblico, a distanza di oltre vent’anni, questo libro da tempo fuori commercio e dunque – tra l’altro – inservibile a scopi didattici; e lo ripubblico sostanzialmente immutato1, rinviando, per l’aggiornamento della critica su alcuni punti essenziali, ad un altro mio contributo recente2. Non lo farei se non ritenessi che, anche dopo tanto tempo, il libro conservi una sua attualità, e che alcune delle riflessioni e argomentazioni che contiene possano ancora offrire un contributo alla comprensione del primo romanzo di Italo Svevo e della sua opera successiva. Non mi è certo mancata l’occasione, nel corso del tempo, di ripensare a questo lavoro e di tentare di valutarne, anche di fronte a un pubblico attento e criticamente avvertito, la capacità di offrire risposta a dubbi e riserve. Ed è quanto faccio ora qui, ricapitolando la storia della mia ricerca, a cominciare da quella che fu la mia prima occasione di ‘scontro’ con il testo di Svevo e con l’esigenza di dissipare, nei limiti del possibile, le ombre che – a mio giudizio – sembravano offuscarlo. Alludo al rapporto del testo con una filosofia che allora conoscevo sommariamente e che pure appariva, nei lavori critici di ogni orientamento, fondamentale per la genesi di Una Vita: la filosofia di Schopenhauer, o del pessimismo; e in particolare al nesso istituito dallo stesso Svevo tra quella filosofia e la struttura del suo primo romanzo. 1 Rispetto alla prima edizione (1992), le novità sostanziali sono due sole: il riferimento alle opere di Svevo è ora fatto indicando i luoghi dell’edizione Mondadori del 2004 (nei Meridiani, in tre volumi); e i passi in francese sono ora riferiti nelle traduzioni disponibili a stampa o sono tradotti per l’occasione. 2 LUCA CURTI, Svevo romanziere. Ottimismo, pseudo-Weininger, inettitudine, Pisa, Edizioni ETS 2012. 00premessa 5_Layout 1 19/02/16 12:20 Pagina 6 6 SVEVO E SCHOPENHAUER Nel suo Profilo autobiografico leggiamo una dichiarazione nettissima: il suo autore preferito divenne presto lo Schopenhauer, e forse fu al grande filosofo che si deve il pseudonimo di Italo Svevo che per la prima volta apparve sulla copertina di Una Vita. Alfonso, il protagonista del romanzo, doveva essere proprio la personificazione dell’affermazione schopenhaueriana della vita tanto vicina alla sua negazione. Da ciò forse la conclusione del romanzo secca e rude come il membro di un sillogismo3. Recentemente, si è dubitato della autenticità del Profilo, pubblicato postumo a cura dei congiunti; ma da dubbi di questo genere deve andare esente, quanto meno, il passo appena citato. Esso infatti compare, quasi identico, in una lettera di Svevo a Valerio Jahier, nella quale lo scrittore rievoca quello che m’avvenne con Una Vita fatto tutto nella luce della filosofia di Schopenhauer. E talvolta mi pare di sentire che la chiusa di quel romanzo non abbia maggior calore della conclusione di un sillogismo4. La frase, contenuta in un documento privato rimasto inedito per decenni e scritta nelle stesse settimane in cui veniva allestito il Profilo, riverbera ovviamente anche su quest’ultimo la sua autenticità; ma basterebbe da sola a creare il problema di cui dicevo. Perché la conclusione di quel romanzo consiste nel suicidio del protagonista, e la filosofia di Schopenhauer, ‘nella cui luce’ il romanzo fu ‘fatto’, condanna senza remissione proprio il suicidio. Alfonso, secondo i critici più autorevoli, è proiezione autobiografica di Svevo: dunque di un ammiratore dichiarato di quella filosofia. Lo scioglimento di questa aporia è il contenuto di questo libro; e la risposta al problema, giusta o sbagliata che sia, rimane a mia conoscenza la sola, nella bibliografia sveviana, che dia conto organicamente di tutte le componenti del testo5. 3 RSA, p. 801. ITALO SVEVO, Carteggio con James Joyce, Valery Larbaud, Benjamin Crémieux, Marie-Anne Comnène, Eugenio Montale, Valerio Jahier, a cura di BRUNO MAIER, Milano, 1978, p. 248. La lettera fu pubblicata per la prima volta in GIULIA VERONESI, Lettere inedite di Italo Svevo, «Paragone», III (1952), p. 60 sgg. 5 Entrambi i passi sul ‘sillogismo’ sono affiancati nella citazione in GENNARO SAVARESE, Scoperta di Schopenhauer e crisi del naturalismo nel primo Svevo, «Rassegna della letteratura italiana», LXXV (1971), pp. 411-31. L’interesse di Savarese non è volto a chiarire il ruolo di questa dichiarazione di Svevo nella struttura narrativa di Una Vita, quanto piuttosto a rintracciare elementi di post-naturalismo nell’Assassinio 4 00premessa 5_Layout 1 22/03/16 10:07 Pagina 7 PREMESSA ALLA SECONDA EDIZIONE 7 Svevo scopre Zola - poi Schopenhauer Il quesito parallelo a quello appena enunciato riguarda il momento nel quale Svevo si accosta all’opera di quello che sarà per sempre il suo filosofo. Secondo alcuni, la conoscenza è antica e risalirebbe al periodo (1874-1878) trascorso dal giovane Ettore Schmitz in collegio a Segnitz-am-Main. Non esistono riscontri per questa opinione e, anche se si volesse immaginare una qualche superficiale nozione su Schopenhauer nel giovane collegiale, riuscirebbe a maggior ragione inspiegabile la mancata intelligenza, da parte di Ettore Schmitz-Samigli, della Joie de vivre di Zola, da lui recensita nello stesso anno della sua pubblicazione (1884); e invece proprio questa, per più ragioni, si presenta a mio avviso come l’occasione del primo vero incontro del futuro Italo Svevo con due dei suoi maestri. Il primo dei quali, almeno in ordine di tempo, fu senz’altro lo stesso Zola. Ne abbiamo una testimonianza accurata e coinvolgente. Il giovane Svevo (cioè, Schmitz) scriveva poesie. Era triestino, scriveva in italiano: il riferimento d’obbligo, per lui e per i suoi prossimi, era Carducci. Attorno ai vent’anni, però, lesse Le roman expérimental di Zola; e abbandonò la poesia. In una pagina di diario dell’estate 1882 Elio, il fratello amatissimo, suo ammiratore e ‘biografo’, scrive: Io, Elio Schmitz (Mitti), farò poesie. M’immagino che tu ridi, meglio detto mi deridi. È una malattia che però altre volte hai patito anche tu. Se ora hai trovato il tuo dottore, Zola, non per questo sei del tutto guarito ed una ricaduta potrebbe avvenire di giorno in giorno, anzi potrebbe il male essere peggiore, cioè carduccino6. Zola come dottore del male poetico si esibisce nella Lettre à la jeunesse, pubblicata in volume assieme al Roman expérimental nel 18807. Poco più di un anno dopo la nota di Elio appena citata, tra la fine del 1883 e il marzo 1884, Zola pubblica a puntate nel “Gil Blas” e poi raccoglie in volume La joie de vivre; Svevo la recensisce nell’“Indipendente”, firmando ancora come Ettore Samigli. Il di via Belpoggio (1890); il suo saggio resta comunque il meglio informato sull’opera di Schopenhauer che sia reperibile nella bibliografia sveviana. 6 D, p. 89. 7 Cito i testi da EMILE ZOLA, Il romanzo sperimentale, traduzione di Ida Zaffagnini, introduzione di ENNIO SCOLARI, Parma, Pratiche Editrice 1980. 00premessa 5_Layout 1 22/03/16 10:07 Pagina 8 8 SVEVO E SCHOPENHAUER romanzo ha come tema la filosofia di Schopenhauer, e il Samigli non capisce di che cosa esattamente si tratti. Soprattutto non immagina che quella filosofia costituirà il perno dell’accusa contro Zola da parte degli antinaturalisti (per esempio Huysmans, con A rebours, in quello stesso 1884; e più tardi, nel 1887, Bourget con Le Disciple; e ancora, con pedagogica violenza, Nordau, nel 1889, con La malattia del secolo); non lo immagina, ma lo imparerà senza difficoltà. E sceglierà la sua parte. Romanzo sperimentale Svevo rilegge Zola, segue – dalla redazione dell’“Indipendente” – il furibondo dibattito che innesca la crisi del naturalismo in Francia e segna la nascita di quello che si chiamò decadentismo; e studia Schopenhauer, ‘il primo che seppe di noi’8, e vede la congiunzione tra i suoi due autori. Riflette sulla costruzione di Lazare, personaggio della Joie de vivre che si crede schopenhaueriano e nel quale si proietta l’autobiografia di Zola, e sulla vera schopenhaueriana (Pauline) che non sa di esserlo ma riesce, rinunciando a se stessa, a sopravvivere all’orrore dell’esistenza. Immagina un protagonista, Alfonso Nitti, che assomigli molto a lui, Ettore, ma che – a differenza di lui – non conosca la vera metafisica e non comprenda se stesso né la vita; e così privato ‘sperimentalmente’ della luce della filosofia lo fa passare per una serie di situazioni ben note al filosofo, che accuratamente le analizza e le critica, e che invece vedono Alfonso comportarsi in modo del tutto cieco, nella teoria come nella prassi. L’ipotesi opposta, che cioè Alfonso conosca quella filosofia eppure continuamente, a suo danno, la contesti nel suo comportamento anziché valersene, equivale a considerarlo non un inetto filosofico ma semplicemente uno sciocco. Non mi risulta, tuttavia, che queste ‘stazioni’ del suo viaggio sperimentale siano state meditate e utilizzate appieno nell’esegesi, o perché non avvertite come significative o perché trascurate nella loro coerenza con l’impianto filosofico che invece, in armonia con la dichiarazione dell’autore, le illumina. Riepilogo solo i dati che mi appaiono come i più evidenti, e sui quali la riflessione dei critici potrebbe utilmente soffermarsi. 8 La definizione è di Svevo, nella lettera a Jahier già ricordata. 00premessa 5_Layout 1 19/02/16 12:20 Pagina 9 PREMESSA ALLA SECONDA EDIZIONE 9 Il trattato di morale Alfonso, consapevole e orgoglioso delle sue capacità intellettuali, progetta di affermarle con un lavoro filosofico, più precisamente un trattato di morale. Di questo progetto, rudimentale anche nella riflessione del suo autore, sappiamo tuttavia quanto basta: Voleva, questo alla breve il contenuto del libro e fino ad allora Alfonso stesso non ne sapeva di più, voleva provare che l’idea morale nel mondo non ha altro fondamento che da un’imposizione necessaria per il vantaggio della collettività9. Basta per intendere che Alfonso è debitore – non dichiarato, ma la cosa non sorprende – di un progetto di etica dai tratti grosso modo kantiani, così come li ritroviamo riassunti e condannati in un testo che egli certamente ignora: Il contenuto del dovere assoluto, la legge fondamentale della ragion pratica [per Kant] è ora il celebre: «Agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre anche valere come principio di una legislazione universale». Questo principio pone il compito a colui che cerca un regolamento per la propria volontà, di cercarne uno per la volontà di tutti. Poi ci si domanda come esso possa trovarsi. È chiaro che, per trovare la regola del mio comportamento, io non devo solo avere riguardo a me stesso, ma alla totalità degli individui. Allora invece del mio proprio benessere il mio fine sarà il benessere di tutti, senza distinzione. Esso rimarrà però ancora sempre benessere. Io trovo allora che tutti potrebbero stare egualmente bene, se ognuno ponesse come limite al proprio egoismo quello altrui. Da ciò ne segue che non debbo danneggiare nessuno, perché, essendo assunto questo principio come universale, anch’io non sia danneggiato; questo è così l’unica ragione per cui io, non possedendo ancora un principio morale, ma solo cercandolo, posso desiderarlo come una legge generale. Ma è evidente che in questa maniera il desiderio di benessere, ossia l’egoismo, è la fonte del principio etico. Come base della scienza politica esso sarebbe eccellente, ma come base dell’etica non vale nulla10. È un passo della Critica della filosofia kantiana, collocata in appendice al Mondo come volontà e rappresentazione fin dal 1819, e testimonia chiaramente del dissenso radicale di Schopenhauer, su questo punto, rispetto all’ammiratissimo Kant. 9 R, pp. 93-4. ARTHUR SCHOPENHAUER, Il mondo come volontà e rappresentazione. Appendice: Critica della filosofia kantiana, a cura di GIUSEPPE RICONDA, traduzione di Nicola Palanga, Milano, Mursia 1982, pp. 563-4. 10 00premessa 5_Layout 1 19/02/16 12:20 Pagina 10 10 SVEVO E SCHOPENHAUER Anche più netto era stato il dissenso espresso nel Fondamento della morale (1841), il cui secondo capitolo porta il titolo di Critica del fondamento dato da Kant all’etica, e il paragrafo 4 quello, inequivocabile, di La forma imperativa dell’etica kantiana. Chi vi dice che ci siano leggi alle quali le nostre azioni devono assoggettarsi? Chi vi autorizza a fare in anticipo questa ipotesi e ad imporci poi un’etica, in forma imperativo-legislativa, come l’unica possibile?11 È ben possibile che il pensiero di Schopenhauer riguardo all’etica kantiana non sia perfettamente oggettivo; in compenso è chiarissimo, e non serve altro a noi – come allo Svevo di Una Vita – per osservare rispetto ad esso, nell’etica dell’ignaro Alfonso Nitti, un’antifrasi secca. Alfonso, fondatore in proprio della morale, può bene avere letto ‘i filosofi idealisti’, magari anche tedeschi (visto che, tra l’altro, vuole tradurne un’opera: lo afferma in un altro punto dello stesso passo del romanzo citato sopra); ma l’ipotesi che tra questi ci sia il ‘filosofo preferito’ del suo autore è del tutto priva di fondamento. La rinuncia illusoria Il tratto appena illustrato, che mi pare di grande limpidezza, è sottovalutato o semplicemente ignorato dai commentatori; lo stesso ingiusto destino è riservato alla ‘fuga’ di Alfonso da Annetta dopo averla sedotta, che a molti è apparsa come la realizzazione della rinuncia schopenhaueriana, o anche come la fallimentare rinuncia di uno schopenahueriano manchevole (inetto), mentre altro non è che la ‘rinuncia per avere’ (nel caso di Alfonso, per mantenere la sua libera irresponsabilità) di matrice stoica, sulla quale Schopenhauer si sofferma a lungo per distinguerla con la dovuta chiarezza dalla ‘rinuncia alla volontà’ da lui propugnata. Naturalmente – naturalmente, dico, per Svevo lettore di Schopenhauer – la fuga non ottiene lo scopo desiderato e Alfonso, tornato in città e tormentato da una gelosia ormai inane (provocata dalla notizia che Annetta, ragionevolmente, sta per sposare un altro) ovviamente se ne stupisce, come afferma il filosofo che lui ignora. 11 ARTHUR SCHOPENHAUER, Il fondamento della morale. Introduzione di CESARE VASOLI, traduzione di Ervino Pocar, Bari, Laterza 1970, p.118. 00premessa 5_Layout 1 19/02/16 12:20 Pagina 11 PREMESSA ALLA SECONDA EDIZIONE 11 L’onore e il duello Conseguenza del suo smarrimento, incomprensibile a lui stesso, è il biglietto che scrive ad Annetta, intimamente ricattatorio nei confronti di una grande borghese che col matrimonio sta per cancellare il ‘disonore’; e ne consegue necessariamente l’aggressione da parte del fratello di lei, che lo provoca e lo colpisce. Alfonso comprende perfettamente che cosa ‘deve’ fare: Ricevette il biglietto di Maller e consegnò il proprio. Promise che i propri secondi a mezzodì del giorno appresso si sarebbero trovati da Maller. Era sorpreso di essersi contenuto subito tanto correttamente12. Forse non avrebbe pensato ai secondi, e certamente non si elogerebbe in questi termini, se conoscesse il sarcasmo che Schopenhauer dedica all’onore cavalleresco e al duello: Quando […] un capo teutonico sfidò a duello Mario, questo eroe gli fece rispondere che ‘se era stanco della sua vita poteva impiccarsi’, offrendogli tuttavia un valentissimo gladiatore, con cui potesse battersi13. Alfonso, invece, si ispira a tutt’altri criteri; ha obbedito al codice d’onore e ora sa che morirà. Non ha dubbi al riguardo e forse non desidera neppure una conclusione diversa. Cerca invece di inserirsi in quella che gli appare come una sorte inevitabile per dotarla di un senso. Sogna: Nella sua vita da sognatore il sogno non lo aveva posseduto giammai così interamente[…] Avrebbe voluto riflettere ma sognava irresistibilmente. Annetta lo voleva morto! Desiderò che le riuscisse e che poi lo rimpiangesse. Sognava che l’amore per lui, senz’altra causa, un giorno le rinascesse nel cuore e che ella andasse alla sua tomba a spargervi fiori e lacrime14. Il percorso attraverso il quale Svevo ha condotto Alfonso è concluso. Il sognatore, filosoficamente inetto, ha mancato ogni obiettivo. Si sottrae ad un esito inutilmente drammatico – la morte certa in duello – e si uccide. Il sillogismo si chiude. 12 R, p. 394. ARTHUR SCHOPENHAUER, Parerga e Paralipomena, a cura di GIORGIO COLLI e MARIO CARPITELLA, Milano, Adelphi 1983, I, p. 506. 14 R, p. 394. 13 00premessa 5_Layout 1 19/02/16 12:20 Pagina 12 12 SVEVO E SCHOPENHAUER Inettitudine ed ebraismo Stanti queste premesse, s’intende che l’ipotesi di Giacomo Debenedetti sull’ebraismo come radice dell’inettitudine di Alfonso, nonché dei protagonisti anche degli altri romanzi di Svevo ugualmente (a suo modo di vedere) autobiografici, non ha ragione d’essere. Alfonso è un inetto in senso puramente filosofico: ossia non vede (appunto perché privo di ‘luce’ metafisica) il senso e i limiti delle sue azioni e dei suoi pensieri. Il suo entusiasmo per l’onore cavalleresco e per il duello, così come la sua opinione sull’etica, non discendono dalla natura o dall’ideologia ebraica. E c’è di più: un ebreo d’origine come Hector Aron Schmitz che dichiari l’antisemita Schopenhauer come suo autore favorito ha evidentemente compiuto un percorso che si deve supporre doloroso e difficile ma che lo ha di certo portato assai lontano dalle sue radici. L’antisemitismo ebraico, che correttamente Debenedetti diagnostica in Weininger, non riguarda Svevo – che di Weininger aveva un’opinione piuttosto chiara e tutt’altro che positiva: la esprimerà, a suo tempo, attraverso l’opinione ammirata e clamorosamente anacronistica del chimico e autodidatta filosofico Zeno Cosini15. Autobiografia segreta Svevo si duole a più riprese della secchezza – cioè, dell’ineluttabilità, stanti le lunghe e documentatissime premesse – della conclusione del suo primo romanzo. Ma in Una Vita c’è dell’altro, che prelude a futuri sviluppi, allora imprevedibili, della scrittura sveviana. La componente autobiografica nella costruzione di Alfonso è stata da sempre osservata, anche su indicazione dello stesso Svevo (nel Profilo); ed è anzi stata spesso sopravvalutata. Nel mio studio ho però messo in luce un aspetto speciale di questa autobiografia: la presenza di tratti segreti, leggibili in prima istanza solo dall’autore e rintracciabili soltanto da lettori professionali – e anche da questi normalmente non registrati. Alludo per esempio alla preferenza non ovvia, da parte di Alfonso, tra i romanzi di Balzac, per Louis Lambert; preferenza che fu anche di Svevo, come risulta solo da 15 Rinvio al capitolo intitolato Lo pseudo-Weininger di Zeno in CURTI, Svevo romanziere, pp. 43-53. 00premessa 5_Layout 1 19/02/16 12:20 Pagina 13 PREMESSA ALLA SECONDA EDIZIONE 13 una lettera alla moglie scritta nel 1901 e pubblicata da Bruno Maier (in D) più di settant’anni dopo. Ma penso soprattutto alla sovrapposizione tra l’immagine di Annetta, trionfalmente sedotta da Alfonso, e quella della misteriosa e crudele “signorina U.” amata invano, nella realtà, dall’infelice fratello di Svevo, Elio Schmitz. Di questo amore siamo informati dal Diario di quest’ultimo, morto a ventitre anni, nel 1886; Ettore conservò gelosamente il documento che fu pubblicato (ancora in D) soltanto nel 1973, molti decenni dopo la sua morte. Solo lui, all’altezza di Una Vita, conosceva quelle pagine, e per sé solo spinse Alfonso, sua proiezione e qui suo vicario, a risarcire fantasmaticamente l’amato fratello. La scrittura per sé, l’esercizio di scrivere come pratica igienica a beneficio dello scrivente, indica già qui la direzione che porterà, molto tempo dopo la fine di Alfonso, a Zeno. Svevo dovrà, però, passare attraverso una crisi della vocazione che gli apparve letale, e troverà infine l’impulso irresistibile a reagire nell’apparizione sulla scena di un nuovo maestro, Sigmund Freud, da Svevo ambiguamente ammirato e per lui vitalmente stimolante a riprendere la riflessione sul filosofo che, secondo il parere di entrambi, per primo ‘seppe di noi’. 00premessa 5_Layout 1 19/02/16 12:20 Pagina 14 Sigle utilizzate D = Lettere a Svevo - Diario di Elio Schmitz, a cura di BRUNO MAIER, Milano, dall’Oglio 1973. E = ITALO SVEVO, Epistolario, a cura di BRUNO MAIER, Milano, dall’Oglio 1966. R = ITALO SVEVO, Romanzi e ‘Continuazioni’, edizione critica con apparato genetico e commento di NUNZIA PALMIERI e FABIO VITTORINI. Saggio introduttivo e Cronologia di MARIO LAVAGETTO, Milano, Mondadori 2004 (I Meridiani). RSA = ITALO SVEVO, Racconti e scritti autobiografici, edizione critica con apparato genetico e commento di CLOTILDE BERTONI. Saggio introduttivo e Cronologia di MARIO LAVAGETTO, Milano, Mondadori 2004 (I Meridiani). TeS = ITALO SVEVO, Teatro e saggi, edizione critica con apparato genetico e commento di FEDERICO BERTONI. Saggio introduttivo e Cronologia di MARIO LAVAGETTO, Milano, Mondadori 2004 (I Meridiani). 07indice 161_Layout 1 03/03/16 09:34 Pagina 161 INDICE Ragione e sintesi di una rilettura Premessa alla seconda edizione 5 Sigle utilizzate 14 Capitolo I Il suicidio di Alfonso 15 Senza Schopenhauer Come Schopenhauer (ed eventualmente Nietzsche) Contro Schopenhauer Il sillogismo La «luce della filosofia» La ‘liberazione’ L’indistruttibilità del nostro essere in sé Capitolo II Inetto filosofico Il duello Il trattato di morale Contemplatore, lottatore e sognatore Il romanzo di Annetta Autocoscienza di Alfonso Capitolo III Descrizione di Alfonso Uno stoico e un cinico Il male del secolo Ettore Schmitz 21 25 28 35 40 40 42 47 47 51 59 64 67 73 73 78 93 07indice 161_Layout 1 03/03/16 09:34 Pagina 162 162 SVEVO E SCHOPENHAUER Capitolo IV I modelli e le occasioni 103 Le Disciple La joie de vivre La malattia del secolo 104 114 135 Capitolo V Ritratto dell’artista da inetto 141 Indice dei nomi 157 07indice 161_Layout 1 03/03/16 09:46 Pagina 164 Edizioni ETS Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa [email protected] - www.edizioniets.com Finito di stampare nel mese di marzo 2016