DISTURBI SCHIZOFRENICI
Gravi alterazioni che comportano una disgregazione della vita psichica
con interessamento globale della personalità, decorso cronico con
episodi di riacutizzazione più o meno frequenti.
Forme cliniche differenti per età d’insorgenza, quadro
sintomatologico, decorso, possibili fattori etiopatogenetici.
E’ presente una cospicua alterazione del senso della realtà interiore
ed esteriore che finisce per coinvolgere, sempre, la maggior parte
delle funzioni psichiche che risultano compromesse in via definitiva o
transitoria, globale o parcellare, con una restitutio ad integrum, mai
completa.
Dato l’andamento cronico- processuale comportano un elevato
danno sociale, costituendo un impegno gravoso delle strutture
sanitarie psichiatriche, sia in termini terapeutici che riabilitativi.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Secondo Bleuler bisogna differenziare sintomi fondamentali,necessari
per porre la diagnosi di schizofrenia, da quelli secondari.
SINTOMI FONDAMENTALI:
1.
Ambivalenza, coesistenza di stati affettivi opposti;
2.
Autismo, chiusura in sé stessi con totale o parziale perdita della
relazione con il mondo esterno;
3.
Incongruenza affettiva;
4.
Disturbo dell’associazione delle idee.
SINTOMO SECONDARI:
1.
Deliri;
2.
Allucinazioni;
3.
Sintomi psicomotori.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Secondo Schneider:
SINTOMI DI PRIMO ORDINE
1.
Eco del pensiero;
2.
Voci dialoganti;
3.
Voci commentanti;
4.
Esperienze di influenzamento somatico;
5.
Furto ed influenzamento del pensiero;
6.
Diffusione del pensiero;
7.
Percezione delirante;
8.
Esperienze di influenzamento psichico.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
SINTOMI DI SECONDO ORDINE:
1. Altri disturbi psicosensoriali;
2. Intuizioni deliranti;
3. Perplessità;
4. Alterazioni dell’umore;
5. Appiattimento affettivo
DISTURBI SCHIZOFRENICI
DATI ETIOPATOGENETICI
GENETICA
La frequenza del disturbo che è di poco inferiore all’1%
nella popolazione generale è triplicata nei parenti di
secondo grado dei pazienti schizofrenici, è da 8 a 15 volte
superiore nei parenti di primo grado, è di 40 volte più alta
se entrambi i genitori sono schizofrenici; nei gemelli
eterozigoti la concordanza è del 10- 15 %, sale al 50%
negli omozigoti.
Aumento della vulnerabilità del soggetto.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
NEUROCHIMICA
Iperattività dopaminergica nella schizofrenia.
Siti recettoriali D2 dello striato e nelle strutture limbiche.
NEURORADIOLOGIA
Dilatazione dei ventricoli cerebrali laterali e del terzo
ventricolo, allrgamento del corno temporale del ventricolo
laterale e delle scissure interemisferiche e silviane ed un
interessamento del sistema limbico, del talamo e dei gangli della
base, le cui strutture dimostrano alterazioni della loro
architettura e/o riduzione di volume.
Asimmetria funzionale tra i due emisferi, con prevalenza del
sinistro sul destro, ridotta perfusione del lobo frontale.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
ELETTROFISIOLOGIA
EEGramma: ridotta attività alfa ed aumento dell’attività
theta, talvolta attività epilettiforme, prevalenza sinistra.
Aumento dell’attività lenta di fronte a stimoli cognitivi.
SVILUPPO NEUROLOGICO
1. Maggiore frequenza di complicanze alla nascita
2. Maggiore concentrazione delle nascite nella stagione
invernale (infezioni virali precoci?)
3. Maggiore rischio in soggetti con misura ridotta del
cranio.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
SVILUPPO PSICOLOGICO
1.
Secondo Freud, uso massivo della proiezione come meccanismo di
difesa
2.
Secondo Jung, disturbo dei complessi inconsci sul complesso dell’Io
3.
Secondo Klein, prime fasi dell’interazione madre- bambino, non
superamento della posizione schizo- paranoidea
4.
Secondo Sullivan, carenza di esposizione a relazioni interpersonali
positive
5.
Secondo Ping Nie Pao, teoria multifattoriale, fattori eredocostituzionali,
ambientali e risposte psicologiche inadeguate.
6.
Comunicazione distorta nell’ambiente familiare (modalità illogiche,
tangenziali, imprecise e contraddittorie.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Expressed emotion.
Secondo questa teoria se i familiari esprimono
ipercoinvolgimento,
ipercriticismo,
ostilità
e
disapprovazione si parla di famiglie ad alta emotività
espressa ed il loro contesto viene considerato a rischio
per le ricadute, mentre quando esprimono comprensione,
empatia, tolleranza, messaggi di rinforzo degli
atteggiamenti positivi si parla di famiglie a bassa emotività
espressa che favoriscono un decorso più favorevole.
Ne
risulta
un’indicazione
nel
trattamento
psicoeducazionale per le famiglie degli schizofrenici.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Qual è il decorso del disturbo?
Episodico?
Cronico?
Primo episodio?
• Con o senza sintomi residui interepisodici?
•
Da quanto tempo sono insorti i sintomi?
Com'era l'adattamento premorboso?
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Criteri di maggiore gravità:
• inizio lento e andamento progressivo,
• età di esordio precoce,
• sesso maschile,
• sottotipi disorganizzato o catatonico,
• cattivo adattamento premorboso,
• familiarità positiva per disturbi psicotici.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
La prevalenza durante la vita della schizofrenia è stimata tra lo 0,5%
e 1'1%, mentre i tassi di incidenza sono pari all'incirca a 1 per
10.000 per anno.
L'esordio si colloca in media tra i 15 e i 25 anni nel maschi e poco
prima dei 30 anni nelle femmine per il presupposto ruolo protettivo
degli estrogeni nei confronti della psicosi. Inoltre, nel sesso femminile
la frequenza di comparsa di schizofrenia ha un andamento bimodale,
con un primo picco nell'adolescenza, seguito da un secondo picco tra
i 40 e i 45 anni. I pazienti, soprattutto maschi, con esordio precoce,
presentano una sintomatologia meno specifica di quelli con esordio
tardivo. Inoltre, nei maschi la gravità dei sintomi diminuisce con
l'aumentare dell'età d'esordio mentre nelle donne resta stabile, con
una maggiore incidenza di sintomi negativi in caso di primo episodio
tardivo.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
FASE PRODROMICA
Impoverimento della vita relazionale
Peggioramento delle performance scolastica o lavorativa
Distacco e chiusura
Senso di insicurezza e diversità
Riconoscimento da parte degli amici di un cambiamento del carattere
Comparsa di idee strane e bizzarre, di convinzioni magiche ed
interesse per lo studio della chiaroveggenza e della telepatia.
Eloquio impoverito, prolisso, o concretistico.
Forte componente ansiosa che si associa a difficoltà di
concentrazione, insonnia, forte irritabilità e distraibilità.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
FASE PRODROMICA
Vago senso di irrealtà, di stranezza, di difficoltà di
riconoscimento percettivo della realtà esterna
(depersonalizzazione allopsichica)
o interna con perdita del controllo dei propri
pensieri
o
dubbi
sulla
propria
identità
(depersonalizzazione autopsichica)
O percezione di un cambiamento di parti del proprio
corpo (depersonalizzazione somatica)
DISTURBI SCHIZOFRENICI
FASE PRODROMICA
Stato d’animo o umore delirante
Esperienza soggettiva terrificante e minacciosa per la quale il
soggetto avverte che qualcosa di indefinibile che lo riguarda
sta per accadergli.
Il soggetto è pervaso da un sentimento di vuoto ed insicurezza
e di penosa angoscia in quanto rimane sconvolto dal
mutamento che vive, dalla perdita di familiarità delle cose e
dell’ambiente circostante che divengono al contempo strani e
raccrapiccianti.
Nasce così per il paziente la necessità di aggrapparsi ad un’idea,
un significato, qualsiasi esso sia, per cui nasce il delirio.
DISTURBI
SCHIZOFRENICI
FASE PRODROMICA
Esperienza di fine del mondo
Sentimento di strano presagio di eventi catastrofici
imminenti che coinvolgono non solo il soggetto ma tutti
quanti.
La durata della fase prodromica è variabile, talvolta non
individuabile con un andamento progressivo in tempi più
o meno brevi nella fase attiva.
L’individuazione precoce è importante perché migliora la
prognosi,
DISTURBI SCHIZOFRENICI
I sintomi caratteristici della schizofrenia sono concettualmente riconducibili a
due principali dimensioni: quella produttiva e quella negativa.
La prima (produttiva) è caratterizzata da una distorsione o esagerazione di:
• una funzione del pensiero (deliri),
• della percezione (allucinazioni)
• del linguaggio e del comportamento (disorganizzato o catatonico).
I sintomi negativi, più difficili da definire e identificare rispetto ai precedenti,
rappresentano invece una diminuzione o una perdita di una funzione
includendo:
• la povertà di contenuto del linguaggio (alogia),
• l'appiattimento affettivo,
• l'asocialità,
• 1'anedonia,
• l'abulia e
• il deficit dell'attenzione.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
CRITERI DIAGNOSTICI PER LA SCHIZOFRENIA
SECONDO il DSM-IVTR
A. Sintomi caratteristici: due o più dei sintomi seguenti,
1.
2.
3.
4.
5.
ciascuno presente per un periodo di tempo significativo
durante il periodo di un mese (o meno se trattati con
successo)
Deliri
Allucinazioni
Eloquio disorganizzato
Comportamento grossolanamente disorganizzato o
catatonico
Sintomi negativi, cioè appiattimento affettivo, alogia, abulia
DISTURBI SCHIZOFRENICI
CRITERI DIAGNOSTICI PER LA SCHIZOFRENIA
SECONDO il DSM-IVTR
B. Disfunzione sociale/lavorativa: per un periodo
significativo di tempo dall’esordio del disturbo,
una o più delle principali aree di funzionamento
come il lavoro, le relazioni interpersonali o la
cura di sé si trovano notevolmente al di sotto
del livello raggiunto prima della malattia
(oppure quando l’esordio è nell’infanzia o
nell’adolescenza si manifesta un’incapacità a
raggiungere il livello di funzionamento
interpersonale,
scolastico
o
lavorativo
prevedibili.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
CRITERI
DIAGNOSTICI
PER
LA
SCHIZOFRENIA SECONDO il DSM-IVTR
C. DURATA: segni continuativi del disturbo
persistono per almeno 6 mesi. Questo periodo
di 6 mesi deve includere almeno 1 mese di sintomi (o
meno se trattati con successo) che soddisfano il
criterio A (cioè sintomi della fase attiva), e può
includere periodi di sindromi prodromici o residui.
Durante questi periodi prodromici o residui , i segni
del disturbo possono essere manifestati soltanto da
sintomi negativi o da due o più sintomi elencati nel
criterio A presenti in forma attenuata (per es.,
convinzioni strane, esperienze percettive inusuali)
DISTURBI SCHIZOFRENICI
CRITERI DIAGNOSTICI PER LA SCHIZOFRENIA SECONDO il DSM-IVTR
D. Esclusione dei Disturbi schizoaffettivi e dell’umore: il disturbo
schizoaffettivo e il disturbo dell’umore con manifestazioni psicotiche
sono stati esclusi poiché: (1) nessun Episodio Depressivo Maggiore
Maniacale o Misto si è verificato in concomitanza con i sintomi della
fase attiva; (2) se si sono verificati episodi di alterazione dell’umore
durante la fase di sintomi attivi, la loro durata totale risulta breve
relativamente alla durata complessiva dei periodi attivo e residuo.
E. Esclusione di sostanze e di una condizione medica generale: il disturbo non
è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una
sostanza di abuso, un farmaco) o una condizione medica generale.
F. Relazione con un Disturbo pervasivo dello sviluppo: se c’è una storia di
Disturbo Autistico o di altro Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, la
diagnosi addizionale di Schizofrenia si fa soltanto se sono pure presenti
deliri o allucinazioni rilevanti per almeno un mese (o meno se trattati
con successo)
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Per il DSM-IV la diagnosi dei sottotipi della schizofrenia viene formulata in
base ai sintomi predominanti al momento della valutazione più recente e
pertanto può modificarsi nel tempo.
I sottotípi includono:
• tipo paranoide, in cui predominano i deliri di tipo persecutorio o le
allucinazioni uditive in assenza di gravi alterazioni del funzionamento cognitivo
e dell’affettività. I deliri più frequenti sono di persecuzione e di grandezza , ma
possono verificarsi anche deliri con altre tematiche( di gelosia, religiosi,
somatici). I deliri possono essere multipli, ma sono per lo più strutturati
attorno ad un tema unico. Le allucinazioni sono spesso correlate al contenuto
dei deliri. Si possono osservare, inoltre, alcuni sintomi associati quali ansietà,
collera, distacco e litigiosità. L’esordio tende ad essere più tardivo rispetto agli
altri tipi di schizofrenia e le caratteristiche cliniche tendono ad essere più
stabili nel tempo. SI osserva solo un lieve deterioramento ai test
psicologici ed alcune evidenze suggeriscono che la prognosi può essere
considerevolmente migliore rispetto agli altri tipi di schizofrenia soprattutto
per quanto riguarda il funzionamento lavorativo e la capacità di vivere in
modo indipendente.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
-tipo
disorganizzato, in cui predominano la disorganizzazione
dell'eloquio, il comportamento disorganizzato e l'affettività appiattita o
inadeguata. L disorganizzazione del linguaggio può essere
accompagnata da fatuità e da risate dissintone rispetto al contenuto
dell’eloquio. Il comportamento disorganizzato può condurre ad una
marcata inadeguatezza o incapacità a svolgere le comuni attività
quotidiane (lavarsi, vestirsi, prepararsi il pranzo). In generale si osserva
un notevole deterioramento delle performance ai test
neuropsicologici. Questo tipo è stato associato ad una personalità
premorbosa povera, ad un esordio precoce ed insidioso e ad un
decorso cronico senza remissioni significative.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
tipo catatonico, in cui predominano sintomi motori caratteristici
(catalessia o stupor, negativismo, stereotipie, manierismi, ecolalia o
ecoprassia). L’immobilità motoria è apparentemente senza scopo e
non è influenzata dagli stimoli esterni. Le posture catatoniche si
manifestano attrvaerso l’assunzione di posture inappropriate e
bizzarre. L’ecolalia è la patologica ripetizione senza senso, come a
pappagallo, di una parola o di una frase appena pronunciata da un’altra
persona. L’ecoprassia è la ripetitiva imitazione dei movimenti di
un’altra persona. Sterotipie, manierismi e flessibilità cerea. Durante lo
stupor catatonico o durante l’eccitamento, il soggetto può aver
bisogno di un’attenta sorveglianza per evitare che ferisca se stesso o
gli altri. A volte è necessaria un’assistenza medica a causa di
malnutrizione, deperimento, iperpiressia o lesioni autoinflitte.
•
DISTURBI SCHIZOFRENICI
- tipo indifferenziato, categoria aspecifica
utilizzata
quando
nessuna
delle
caratteristiche degli altri sottogruppi è
predominante
• tipo residuo, in cui sono assenti sintomi
positivi rilevanti ma vi è manifestazione
continua del disturbo (presenza di sintomi
negativi o sintomi positivi attenuati)
DISTURBI SCHIZOFRENICI
La prima manifestazione evidente di malattia può essere rappresentata da una
serie di sintomi prodromici la cui importanza viene spesso riconosciuta solo
retrospettivamente: dopo un progressivo scadimento nelle attività scolastiche,
lavorative o ricreative possono essere presenti ritiro sociale, comportamento
particolarmente strano, affettività anomala, linguaggio insolito, idee bizzarre e
strane esperienze percettive.
Successivamente il decorso della schizofrenia è caratterizzato dall'alternanza
di episodi psicotici acuti e di fasi stabili di remissione parziale.
La fase di scompenso psicotico è caratterizzata dalla comparsa della
sintomatologia conclamata che differisce per il prevalere dell’una o dell'altra
dimensione (positiva o negativa) nei vari pazienti; in fase florida si raggiunge
l'acme di intensità delle manifestazioni di malattia, e solitamente è richiesto il
ricovero ospedaliero.
Il periodo di risoluzione inizia con il miglioramento dei sintomi. Si può
arrivare alla completa risoluzione del quadro, oppure a una remissione
parziale, o ancora a una situazione clinica permanentemente alterata, quando
s'instaura una forma cronica di schizofrenia.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
La diagnosi differenziale deve includere:
Disturbo psicotico dovuto a una condizione medica generale *
Anamnesi, esame obiettivo e/o analisi di laboratorio indicano che deliri
e allucinazioni sono la conseguenza di una patologia internistica.
Alterazioni dello stato di coscienza nel delirium.
Disturbo psicotico indotto da sostanze
Una sostanza è eziologicamente correlata ai sintomi psicotici.
* Sintomi psichiatrici, quali allucinazioni e deliri, possono comparire
precocemente nel corso di molte condizioni mediche, spesso prima
dell'in-sorgenza dei sintomi di natura somatica.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Disturbo dell'umore con manifestazioni psicotiche
I sintomi psicotici si presentano esclusivamente in concomitanza a
episodi di alterazione dell'umore. Esordio più tardivo. Decorso
episodico. Completo recupero interepisodico.
Disturbo schizoaffettivo
È presente un episodio di alterazione dell'umore in concomitanza ai
sintomi della fase attiva della schizofrenia. Decorso episodico.
Disturbo schizofreniforme
Durata dei sintomi inferiore a sei mesi.
Disturbo psicotico breve
Durata dei sintomi inferiore a un mese. Non vi è deteriora-mento
delle funzioni cognitive.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Disturbo delirante
Deliri non bizzarri. Assenza di allucinazioni, eloquio o
com-portamento disorganizzati, sintomi negativi.
Disturbi di personalità (schizoide, schizotipico, paranoide)
I sintomi non hanno una gravità tale da soddisfare i criteri del
DSM per schizofrenia e sono presenti per tutta la durata della vita
dell'individuo.
Disturbi pervasivi dello sviluppo
Esordio durante l'infanzia (in genere prima dei 3 anni). Non sono
presenti deliri e allucinazioni. Alterazioni più pronun-ciate
dell'affettività. Eloquio caratterizzato da stereotipie e alterazioni
nella prosodia.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Nella valutazione di un soggetto psicotico, il medico deve seguire le
linee generali per l'accertamento di una malattia non psichiatrica.
A tal proposito possono essere d'aiuto esami di laboratorio e/o
strumentali e una corretta anamnesi psicopatologica.
Depongono a favore di una genesi organica:
• il rilievo nell'anamnesi medica di malattie internistiche, epilessia o
altre malattie neurologiche e di abuso di sostanze, di gravità e durata
tale da poter sostenere il quadro psicopatologico.
• L’esordio tardivo della sintomatologia psichiatrica,
• l'assenza di precedenti anamnestici e di familiarità, come anche
l'incompletezza del quadro sintomatologico (ad es. mancanza di
sintomi negativi) e l'atipicità del decorso rappresentano
caratteristiche peculiari delle forme organiche rispetto ai corrispettivi
"funzionali".
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Sintomi depressivi possono presentarsi in pazienti con
schizofrenia sia come prima manifestazione della psicosi che
come sequela di un epi-sodio psicotico.
Nel DSM-IV è prevista una categoria per il disturbo depressivo
postpsicotico schizofrenico, per attribuirla però si richiede che
i sintomi depressivi si manifestino solo nella fase residua della
schizofrenia, che non siano dovuti agli effetti collaterali degli
antipsicotici e che non siano meglio giustificabili come sintomi
negativi.
I sintomi affettivi possono essere distinti dai sintomi negativi
della schizofrenia valutando la presenza di insonnia, anoressia,
sentimenti di colpa e bassa stima di sé che sono caratteristici di
depressione maggiore.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Nei disturbi dell'umore si possono riscontrare dei sintomi psicotici
quali allucinazioni e deliri che, nella maggior parte dei casi, sono
congrui rispetto alla tonalità affettiva del paziente e si manifestano
esclusivamente durante l'episodio di alterazione dell'umore.
Gli stati misti a volte rappresentano problemi diagnostici peculiari
per la rilevante instabilità del quadro clinico, la coesistenza di sintomi
affettivi delle due polarità e per il fatto che tendono a svilupparsi in
occasione dei più gravi stadi della mania nel corso dei quali si
riscontrano sintomi psicotici floridi.
A tale scopo è necessario tenere presente che i pazienti con disturbi
dell'umore tendono ad avere un'età d'esordio più tardiva rispetto alla
schizofrenia, mostrano un decorso multiepisodico con un
funzionamento intercritico normale e presentano spesso familiarità
positiva per disturbi affettivi.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Nel disturbo schizoaffettivo vi deve essere un episodio di alterazione
dell'umore concomitante ai sintomi della fase acuta della schizofrenia e i
sintomi affettivi devono essere presenti per una parte significativa della durata
del disturbo (DSM-IV).
Contrariamente, i sintomi depressivi in pazienti schizofrenici hanno una
durata breve rispetto a quella totale del disturbo e non soddisfano quasi mai i
criteri per un episodio di alterazione dell'umore.
Alcune caratteristiche dei disturbi di personalità schizotipico, schizoide o
paranoide possono essere condivisi dalla schizofrenia (ad es. evitamento
sociale, scelta di attività solitarie, appiattimento affettivo, ideazione paranoide,
povertà del pensiero, percezioni distorte).
La differenza risiede nel fatto che i disturbi di personalità presentano sintomi
più lievi rispetto alla schizofrenia senza né deliri né allucinazioni, inoltre, i
sintomi sono presenti per tutta la durata della vita dell’individuo e non hanno
un inizio ben identificabile.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
PROGETTO TERAPEUTICO
Lo sviluppo di un piano terapeutico per un soggetto affetto da
schizofrenia richiede che vengano presi in considerazione
diversi fattori, inclusi gli aspetti trasversali (ad es. condizioni
cliniche attuali) e longitudinali (ad es. gravità, frequenza,
trattamenti ed esiti di episodi pregressi).
Il programma terapeutico dovrebbe coinvolgere il paziente e la
sua famiglia usando un approccio integrato che includa gli:
• interventi farmacologici,
• psicoterapeutici,
• psicosociali e riabilitativi, stabiliti di volta in volta in base alla
risposta e ai progressi del paziente stesso.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Gli obiettivi del trattamento consistono nel:
• diminuire la gravità, la frequenza e 1e conseguenze
psicosociali degli episodi,
• nell’elevare al massimo grado il funzionamento
psicosociale del soggetto negli intervalli tra i vari episodi.
La terapia farmacologica rappresenta una componente
critica del trattamento della schizofrenia e viene utilizzata:
• per ottenere la remissione degli episodi acuti,
• prevenire le ricadute e
• migliorare i sintomi nei periodi intercritici.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
A tale scopo il trattamento della schizofrenia si articola in
tre fasi fondamentali:
• una fase acuta,
• una fase di stabilizzazione e
• una fase di mantenimento.
In genere la terapia farmacologica, una volta raggiunta la
stabilizzazione, dovrebbe protrarsi per almeno 5 anni nei
pazienti con una storia multiepisodica e in qualche caso
indefinitamente, soprattutto in caso di familiarità o
particolare gravità del quadro psicopatologico.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Fase acuta
1. Iniziare con un antipsicotico tradizionale o atipico da
scegliere in base a:
- precedente risposta
- suscettibilità a sviluppare effetti collaterali (sindrome
extrapiramidale (EPS), ipotensione, iperprolattinemia)
- rischio di sviluppare un deterioramento iatrogeno della
sintomatologia globale (effetti depressogeni dei
neurolettici)
- via di somministrazione prescelta
DISTURBI SCHIZOFRENICI
A. Se si ottiene risposta continuare per almeno 6-8 mesi.
Monitorare gli effetti collaterali:
- EPS: somministrare anticolinergici o benzodiazepine, oppure
passare a un composto atipico (quetiapina, olanzapina,
risperidone a basse dosi).
- aumento ponderale: consigliare dieta idonea ed esercizio
fisico; considerare il passaggio a un altro farmaco che causi
minor aumento di peso (ad es. amisulpride, sulpiride)
- iperprolattinemia: passare a olanzapina o quetiapina
- sedazione: ridurre la dose; passare a un farmaco meno
sedativo (es. risperidone, amisulpride, aloperidolo o altri
neurolettici ad alta potenza d'azione)
- ipotensione posturale: passare ad amisulpride e considerare
anche aloperidolo o trifluoperazina.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
B. Se la risposta è scarsa
considerare la mancanza di compliance alla terapia e il
dosaggio del farmaco (per alcuni farmaci è possibile
stabilire la concentrazione plasmatica)
• Se la compliance è dubbia o scarsa valutare se:
- il paziente ha poco insight, considerare un farmaco
depot
- scarsa tollerabilità: discuterne con il paziente e/o passare
a un altro farmaco che il paziente accetti
• Se il dosaggio del farmaco non è appropriato: aumentare
DISTURBI SCHIZOFRENICI
C. Se la risposta è ancora scarsa valutare le seguenti possibilità:
- sostituire il neurolettico con un atipico o viceversa
- sostituire un atipico con un altro atipico
D. Se il paziente non ha risposto alle precedenti strategie
considerare
- clozapina
- strategie di incremento della risposta (farmaci aggiuntivi in
caso di sintomatologia affettiva, agitazione motoria, comorbilità
con altri disturbi psichiatrici)
- terapia elettroconvulsivante (in pazienti catatonici o
grave-mente depressi che non rispondono alla clozapina o non
la tollerano)
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Farmacoresistenza: viene considerato "resistente" quel paziente
che ha portato a termine almeno tre periodi di trattamento
negli ultimi cinque anni con tre antipsicotici diversi,
appartenenti a due classi chimiche diverse, per un minimo di 6
settimane a un dosaggio equivalente a 1000mg/ die di
clorpromazina, senza una completa scomparsa dei sintomi.
I fattori che possono comportare una mancata risposta clinica
sono una maggiore latenza tra l'esordio della schizofrenia e
l'inizio del trattamento, la presenza di un disturbo di
personalità schizoide o schizotipico, la predominanza di sintomi
negativi un'importante componente genetica e il riscontro di
alterazioni neuromorfologiche (ad es. ipotrofia dei lobi frontali,
riduzione del volume del sistema limbico, alterazioni del flusso
ematico cerebrale).
DISTURBI SCHIZOFRENICI
La clozapina è un antipsicotico atipico che differisce dagli altri (tipici e
atipici) per la sua particolare efficacia nei. pazienti "farmacoresistenti".
Tuttavia, tale composto deve essere somministrato sotto una stretta
sorveglianza medica a causa del rischio di tossicità midollare
(agranulocitosi definita come una conta dei granulociti inferiore a
500/m3) che si verifica nell’1% dei soggetti trattati.
Altre strategie per i casi resistenti al trattamento sono le terapie
combinate (augmentation therapy) con antipsicotici più stabilizzanti
dell'umore o benzodiazepine. Tuttavia l'efficacia di questi farmaci
aggiuntivi non è stata chiaramente dimostrata, perciò è da riservare a
quei soggetti per i quali la clozapina non è indicata oltre che nei casi
in ci siano altre patologie concomitanti. I pazienti con comportamenti
violenti e agitazione motoria possono trarre beneficio
dall'associazione di lorazepam con un antipsicotico a bassa potenza o
di clonazepam, mentre nel caso di presenza di sintomi dello spettro
affettivo possono essere impiegati antidepressivi.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
• Fase di stabilizzazione
a) Utilizzare lo stesso antipsicotico della fase acuta oppure composti
appartenenti ad altre classi chimiche in base a considerazioni di ordine:
- Clinico: vi sono variazioni della dimensione sintomatologica evolutiva
rispetto all'episodio acuto?
- Tossicologico: tendenza a sviluppare reazioni tardive di tipo distonico o
discinetico?
- Farmacocinetico: può essere utile l'utilizzo di farmaci "depot" a lunga durata
d'azione?
Da privilegiare i composti atipici (azione migliore sull'eterogeneità dei
sintomi, minore incidenza di effetti collaterali).
b) Associare interventi psicoterapeutici che forniscano un sostegno per il
paziente e informazioni ai familiari sul decorso della malattia e sui fattori che
possono influenzarla, compresa la compliance.
c) Ridurre al minimo gli eventi stressanti per il paziente e aiutarlo nel
reinserimento nella vita della comunità fissando degli obiettivi realistici.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
• Fase di mantenimento
Una volta che il paziente raggiunga una fase di stabilità, è
necessario sviluppare un programma terapeutico a lungo
termine che in questa fase può includere trattamenti
farmacologici, psicoterapeutici e interventi di tipo psicosociale
riabilitativo.
Obiettivi fondamentali:
- prevenzione delle ricadute e delle loro eventuali conseguenze
- ottimizzazione del funzionamento e miglioramento della
qualità di vita
- monitoraggio degli effetti collaterali dei farmaci
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Il trattamento farmacologico di mantenimento si basa
sulla chiara evidenza dell'efficacia degli antipsicotici nel
prevenire le ricadute cliniche benché, a causa
dell'eterogeneità patogenetica e clinica e dei problemi di
adesione al trattamento il valore profilattico di questi sia
limitato e non arrivi per esempio, ai risultati ottenibili con
i sali di litio nella patologia bipolare.
L’uso continuativo di antipsicotici atipici, sia in
preparazione tradizionale che "long-acting (per i
neurolettici), allo scopo di mantenere adeguati livelli di
funzionamento e di prevenire le ricadute, è con molta
probabilità una delle strategie terapeutiche meglio
supportate dai dati sperimentali.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Nel tentativo di ovviare ai problemi tossicologiciiatrogeni creati dalla terapia convenzionale protratta
a dosaggi standard, si sono cercate possibili pratiche
alternative:
• trattamento neurolettico a bassi dosaggi (da solo o
associato a varie strategie di incremento della
risposta)
•terapie combinate
•trattamenti antipsicotici "depot".
DISTURBI SCHIZOFRENICI
La strategia più. idonea e più agevolmente attuabile
sembrerebbe essere quella di impiegare dosaggi di
mantenimento ridotti rispetto a quelli della fase acuta
che andrebbero riportati sui livelli standard qualora si
presentassero segni prodromici di ricaduta.
Studi condotti sulle riduzioni delle dosi suggeriscono
di utilizzare la più bassa dose efficace di antipsicotico
(da raggiungere gradualmente riducendo la dose fino
ad almeno un quinto del consueto dosaggio di
mantenimento, purché il paziente rimanga stabile).
DISTURBI SCHIZOFRENICI
I farmaci e i dosaggi utilizzati devono interferire il meno
possibile con le residue capacità emozionali e cognitive (anche
per consentire al paziente di usufruire dei vantaggi dei
programmi di riabilitazione) e non devono esporre il paziente
al rischi di effetti collaterali gravi (discinesia tardiva) o ad una
sindrome negativa secondaria all'uso dei neurolettici stessi che
potrebbero compromettere la compliance. I composti atipici,
sulla base di evidenze in letteratura, sarebbero più idonei per il
trattamento a lungo termine grazie alla migliore tollerabilità e
alla maggiore efficacia nel prevenire le ricadute, essendo in
grado di agire sui fattori che predispongono alle ricadute
(scarsa adesione al trattamento, farmacoresistenza), oltre che di
modificare i tassi di ricaduta stessi.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
COMORBILITÀ
La schizofrenia può presentarsi in comorbilità con altri disturbi
mentali e condizioni mediche generali. Sintomi ascrivibili ad altri
disturbi psichiatrici, in particolare l'abuso di sostanze, i disturbi
d'ansia e dello spettro depressivo, sono di frequente riscontro
nel paziente schizofrenico, benché frequentemente siano
sottodiagnosticati e di conseguenza non vengano
adeguatamente trattati. Proprio per queste ragioni, un'esatta
stima della prevalenza di sindromi psichiatriche che si
presentano in comorbilità con il disturbo schizofrenico non è a
tutt'oggi disponibile. La comorbilità rappresenta comunque un
importante fattore prognostico, potendo globalmente aggravare
il decorso del disturbo e influenzare la risposta al trattamento.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Recenti studi hanno evidenziato che 1'85% circa dei soggetti che
presentano una diagnosi di schizofrenia soddisfano i criteri diagnostici
anche per un altro disturbo psichiatrico di asse I: la prevalenza lifetime
del disturbo depressivo, del disturbo ossessivo compulsivo e del
disturbo di panico e rispettivamente del 54,2%, 59,2% e 29,5%. Altri
studi hanno esaminato campioni di soggetti con schizofrenia cronica
evidenziando che il 76% circa di essi presenta una o più sindromi
psichiatriche in comorbilità. L’abuso o la dipendenza da sostanze nei
soggetti schizofrenici è del 40% e 1'incidenza lifetime, in alcuni studi, è
pari al 60%. Come i disturbi dell'umore e 1'ansia., anche i disturbi
correlati all'uso di sostanze, quando coesistono con la schizofrenia,
rappresentano un importante fattore in g,rado di influenzare il tasso
di morbilità e si associano a periodi di ospedalizzazione più lunghi e
ad altri aspetti negativi quali il vagabondaggio, 1'incarcerazione, la
violenza e il suicidio.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Tutte queste condizioni, potendo significativamente
aggravare la prognosi, richiedono una particolare
attenzione ed un'adeguata pianificazine del trattamento.
Il problema fondamentale nel fornire una terapia corretta
a questi pazienti consiste nello sviluppo di un programma
terapeutico che integri il trattamento del disturbo
psichiatrico in comorbilità con quello della schizofrenia o
che consideri la possibilità di impiegare composti a più
ampio spettro farmacodinamico e in grado, quindi, di
controllare meglio un così vario spettro sintomatologico.
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Linee guida del trattamento farmacologico della schizofrenia: schema riassuntivo
- preferire l'uso degli antipsicotici atipici non solo nei pazienti resistenti alla terapia ma
anche nel primo episodio di schizofrenia e in caso di effetti collaterali intollerabili con i
neurolettici
- prescrivere un solo antipsicotico, preferibilmente in un'unica dose giornaliera
- utilizzare la dose minima efficace
- valutare il paziente per un tempo sufficiente prima di aumentare il dosaggio del
farmaco
- in assenza di miglioramento clinico in pazienti che ricevono alti dosaggi (superiori a
15mg/die di aloperidolo o equivalenti), considerare il trattamento con clozapina
- non utilizzare gli antipsicotici come sedativi al bisogno, ma utilizzare brevi cicli di
benzodiazepine o farmaci sedativi quale la prometazina
- somministrare farmaci anticolinergici per gli EPS (come profilassi, se necessario) e
interromperli dopo 2-3 mesi trascorsi in assenza di EPS
- incoraggiare il dialogo con il paziente riguardo l'accettabilità del trattamento
farmacologico
- monitorare l'evoluzione dei sintomi attraverso scale di valutazione clinica
standardizzate (ad es. SANS, SAPS, BPRS, PANSS)
DISTURBI SCHIZOFRENICI
SINTOMI CHIAVE
Sintomi positivi
Sintomi negativi
Deliri? Qual è il loro contenuto? Appiattimento affettivo?
• Allucinazioni?
Di che tipo?
Alogia?
• Disorganizzazione nell’eloquio
Abulia?
e/o nel comportamento?
•
Sintomi positivi e negativi sono ugualmente rappresentati?
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Qual è il decorso del disturbo?
Episodico?
Cronico?
Primo episodio?
• Con o senza sintomi residui interepisodici?
•
Da quanto tempo sono insorti i sintomi?
Com'era l'adattamento premorboso?
DISTURBI SCHIZOFRENICI
Criteri di maggiore gravità:
• inizio lento e andamento progressivo,
• età di esordio precoce,
• sesso maschile,
• sottotipi disorganizzato o catatonico,
• cattivo adattamento premorboso,
• familiarità positiva per disturbi psicotici.