DISTURBI SCHIZOFRENICI Gravi alterazioni che comportano una disgregazione della vita psichica con interessamento globale della personalità, decorso cronico con episodi di riacutizzazione più o meno frequenti. Forme cliniche differenti per età d’insorgenza, quadro sintomatologico, decorso, possibili fattori etiopatogenetici. E’ presente una cospicua alterazione del senso della realtà interiore ed esteriore che finisce per coinvolgere, sempre, la maggior parte delle funzioni psichiche che risultano compromesse in via definitiva o transitoria, globale o parcellare, con una restitutio ad integrum, mai completa. Dato l’andamento cronico- processuale comportano un elevato danno sociale, costituendo un impegno gravoso delle strutture sanitarie psichiatriche, sia in termini terapeutici che riabilitativi. DISTURBI SCHIZOFRENICI Secondo Bleuler bisogna differenziare sintomi fondamentali,necessari per porre la diagnosi di schizofrenia, da quelli secondari. SINTOMI FONDAMENTALI: 1. Ambivalenza, coesistenza di stati affettivi opposti; 2. Autismo, chiusura in sé stessi con totale o parziale perdita della relazione con il mondo esterno; 3. Incongruenza affettiva; 4. Disturbo dell’associazione delle idee. SINTOMO SECONDARI: 1. Deliri; 2. Allucinazioni; 3. Sintomi psicomotori. DISTURBI SCHIZOFRENICI Secondo Schneider: SINTOMI DI PRIMO ORDINE 1. Eco del pensiero; 2. Voci dialoganti; 3. Voci commentanti; 4. Esperienze di influenzamento somatico; 5. Furto ed influenzamento del pensiero; 6. Diffusione del pensiero; 7. Percezione delirante; 8. Esperienze di influenzamento psichico. DISTURBI SCHIZOFRENICI SINTOMI DI SECONDO ORDINE: 1. Altri disturbi psicosensoriali; 2. Intuizioni deliranti; 3. Perplessità; 4. Alterazioni dell’umore; 5. Appiattimento affettivo DISTURBI SCHIZOFRENICI DATI ETIOPATOGENETICI GENETICA La frequenza del disturbo che è di poco inferiore all’1% nella popolazione generale è triplicata nei parenti di secondo grado dei pazienti schizofrenici, è da 8 a 15 volte superiore nei parenti di primo grado, è di 40 volte più alta se entrambi i genitori sono schizofrenici; nei gemelli eterozigoti la concordanza è del 10- 15 %, sale al 50% negli omozigoti. Aumento della vulnerabilità del soggetto. DISTURBI SCHIZOFRENICI NEUROCHIMICA Iperattività dopaminergica nella schizofrenia. Siti recettoriali D2 dello striato e nelle strutture limbiche. NEURORADIOLOGIA Dilatazione dei ventricoli cerebrali laterali e del terzo ventricolo, allrgamento del corno temporale del ventricolo laterale e delle scissure interemisferiche e silviane ed un interessamento del sistema limbico, del talamo e dei gangli della base, le cui strutture dimostrano alterazioni della loro architettura e/o riduzione di volume. Asimmetria funzionale tra i due emisferi, con prevalenza del sinistro sul destro, ridotta perfusione del lobo frontale. DISTURBI SCHIZOFRENICI ELETTROFISIOLOGIA EEGramma: ridotta attività alfa ed aumento dell’attività theta, talvolta attività epilettiforme, prevalenza sinistra. Aumento dell’attività lenta di fronte a stimoli cognitivi. SVILUPPO NEUROLOGICO 1. Maggiore frequenza di complicanze alla nascita 2. Maggiore concentrazione delle nascite nella stagione invernale (infezioni virali precoci?) 3. Maggiore rischio in soggetti con misura ridotta del cranio. DISTURBI SCHIZOFRENICI SVILUPPO PSICOLOGICO 1. Secondo Freud, uso massivo della proiezione come meccanismo di difesa 2. Secondo Jung, disturbo dei complessi inconsci sul complesso dell’Io 3. Secondo Klein, prime fasi dell’interazione madre- bambino, non superamento della posizione schizo- paranoidea 4. Secondo Sullivan, carenza di esposizione a relazioni interpersonali positive 5. Secondo Ping Nie Pao, teoria multifattoriale, fattori eredocostituzionali, ambientali e risposte psicologiche inadeguate. 6. Comunicazione distorta nell’ambiente familiare (modalità illogiche, tangenziali, imprecise e contraddittorie. DISTURBI SCHIZOFRENICI Expressed emotion. Secondo questa teoria se i familiari esprimono ipercoinvolgimento, ipercriticismo, ostilità e disapprovazione si parla di famiglie ad alta emotività espressa ed il loro contesto viene considerato a rischio per le ricadute, mentre quando esprimono comprensione, empatia, tolleranza, messaggi di rinforzo degli atteggiamenti positivi si parla di famiglie a bassa emotività espressa che favoriscono un decorso più favorevole. Ne risulta un’indicazione nel trattamento psicoeducazionale per le famiglie degli schizofrenici. DISTURBI SCHIZOFRENICI Qual è il decorso del disturbo? Episodico? Cronico? Primo episodio? • Con o senza sintomi residui interepisodici? • Da quanto tempo sono insorti i sintomi? Com'era l'adattamento premorboso? DISTURBI SCHIZOFRENICI Criteri di maggiore gravità: • inizio lento e andamento progressivo, • età di esordio precoce, • sesso maschile, • sottotipi disorganizzato o catatonico, • cattivo adattamento premorboso, • familiarità positiva per disturbi psicotici. DISTURBI SCHIZOFRENICI La prevalenza durante la vita della schizofrenia è stimata tra lo 0,5% e 1'1%, mentre i tassi di incidenza sono pari all'incirca a 1 per 10.000 per anno. L'esordio si colloca in media tra i 15 e i 25 anni nel maschi e poco prima dei 30 anni nelle femmine per il presupposto ruolo protettivo degli estrogeni nei confronti della psicosi. Inoltre, nel sesso femminile la frequenza di comparsa di schizofrenia ha un andamento bimodale, con un primo picco nell'adolescenza, seguito da un secondo picco tra i 40 e i 45 anni. I pazienti, soprattutto maschi, con esordio precoce, presentano una sintomatologia meno specifica di quelli con esordio tardivo. Inoltre, nei maschi la gravità dei sintomi diminuisce con l'aumentare dell'età d'esordio mentre nelle donne resta stabile, con una maggiore incidenza di sintomi negativi in caso di primo episodio tardivo. DISTURBI SCHIZOFRENICI FASE PRODROMICA Impoverimento della vita relazionale Peggioramento delle performance scolastica o lavorativa Distacco e chiusura Senso di insicurezza e diversità Riconoscimento da parte degli amici di un cambiamento del carattere Comparsa di idee strane e bizzarre, di convinzioni magiche ed interesse per lo studio della chiaroveggenza e della telepatia. Eloquio impoverito, prolisso, o concretistico. Forte componente ansiosa che si associa a difficoltà di concentrazione, insonnia, forte irritabilità e distraibilità. DISTURBI SCHIZOFRENICI FASE PRODROMICA Vago senso di irrealtà, di stranezza, di difficoltà di riconoscimento percettivo della realtà esterna (depersonalizzazione allopsichica) o interna con perdita del controllo dei propri pensieri o dubbi sulla propria identità (depersonalizzazione autopsichica) O percezione di un cambiamento di parti del proprio corpo (depersonalizzazione somatica) DISTURBI SCHIZOFRENICI FASE PRODROMICA Stato d’animo o umore delirante Esperienza soggettiva terrificante e minacciosa per la quale il soggetto avverte che qualcosa di indefinibile che lo riguarda sta per accadergli. Il soggetto è pervaso da un sentimento di vuoto ed insicurezza e di penosa angoscia in quanto rimane sconvolto dal mutamento che vive, dalla perdita di familiarità delle cose e dell’ambiente circostante che divengono al contempo strani e raccrapiccianti. Nasce così per il paziente la necessità di aggrapparsi ad un’idea, un significato, qualsiasi esso sia, per cui nasce il delirio. DISTURBI SCHIZOFRENICI FASE PRODROMICA Esperienza di fine del mondo Sentimento di strano presagio di eventi catastrofici imminenti che coinvolgono non solo il soggetto ma tutti quanti. La durata della fase prodromica è variabile, talvolta non individuabile con un andamento progressivo in tempi più o meno brevi nella fase attiva. L’individuazione precoce è importante perché migliora la prognosi, DISTURBI SCHIZOFRENICI I sintomi caratteristici della schizofrenia sono concettualmente riconducibili a due principali dimensioni: quella produttiva e quella negativa. La prima (produttiva) è caratterizzata da una distorsione o esagerazione di: • una funzione del pensiero (deliri), • della percezione (allucinazioni) • del linguaggio e del comportamento (disorganizzato o catatonico). I sintomi negativi, più difficili da definire e identificare rispetto ai precedenti, rappresentano invece una diminuzione o una perdita di una funzione includendo: • la povertà di contenuto del linguaggio (alogia), • l'appiattimento affettivo, • l'asocialità, • 1'anedonia, • l'abulia e • il deficit dell'attenzione. DISTURBI SCHIZOFRENICI CRITERI DIAGNOSTICI PER LA SCHIZOFRENIA SECONDO il DSM-IVTR A. Sintomi caratteristici: due o più dei sintomi seguenti, 1. 2. 3. 4. 5. ciascuno presente per un periodo di tempo significativo durante il periodo di un mese (o meno se trattati con successo) Deliri Allucinazioni Eloquio disorganizzato Comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico Sintomi negativi, cioè appiattimento affettivo, alogia, abulia DISTURBI SCHIZOFRENICI CRITERI DIAGNOSTICI PER LA SCHIZOFRENIA SECONDO il DSM-IVTR B. Disfunzione sociale/lavorativa: per un periodo significativo di tempo dall’esordio del disturbo, una o più delle principali aree di funzionamento come il lavoro, le relazioni interpersonali o la cura di sé si trovano notevolmente al di sotto del livello raggiunto prima della malattia (oppure quando l’esordio è nell’infanzia o nell’adolescenza si manifesta un’incapacità a raggiungere il livello di funzionamento interpersonale, scolastico o lavorativo prevedibili. DISTURBI SCHIZOFRENICI CRITERI DIAGNOSTICI PER LA SCHIZOFRENIA SECONDO il DSM-IVTR C. DURATA: segni continuativi del disturbo persistono per almeno 6 mesi. Questo periodo di 6 mesi deve includere almeno 1 mese di sintomi (o meno se trattati con successo) che soddisfano il criterio A (cioè sintomi della fase attiva), e può includere periodi di sindromi prodromici o residui. Durante questi periodi prodromici o residui , i segni del disturbo possono essere manifestati soltanto da sintomi negativi o da due o più sintomi elencati nel criterio A presenti in forma attenuata (per es., convinzioni strane, esperienze percettive inusuali) DISTURBI SCHIZOFRENICI CRITERI DIAGNOSTICI PER LA SCHIZOFRENIA SECONDO il DSM-IVTR D. Esclusione dei Disturbi schizoaffettivi e dell’umore: il disturbo schizoaffettivo e il disturbo dell’umore con manifestazioni psicotiche sono stati esclusi poiché: (1) nessun Episodio Depressivo Maggiore Maniacale o Misto si è verificato in concomitanza con i sintomi della fase attiva; (2) se si sono verificati episodi di alterazione dell’umore durante la fase di sintomi attivi, la loro durata totale risulta breve relativamente alla durata complessiva dei periodi attivo e residuo. E. Esclusione di sostanze e di una condizione medica generale: il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una sostanza di abuso, un farmaco) o una condizione medica generale. F. Relazione con un Disturbo pervasivo dello sviluppo: se c’è una storia di Disturbo Autistico o di altro Disturbo Pervasivo dello Sviluppo, la diagnosi addizionale di Schizofrenia si fa soltanto se sono pure presenti deliri o allucinazioni rilevanti per almeno un mese (o meno se trattati con successo) DISTURBI SCHIZOFRENICI Per il DSM-IV la diagnosi dei sottotipi della schizofrenia viene formulata in base ai sintomi predominanti al momento della valutazione più recente e pertanto può modificarsi nel tempo. I sottotípi includono: • tipo paranoide, in cui predominano i deliri di tipo persecutorio o le allucinazioni uditive in assenza di gravi alterazioni del funzionamento cognitivo e dell’affettività. I deliri più frequenti sono di persecuzione e di grandezza , ma possono verificarsi anche deliri con altre tematiche( di gelosia, religiosi, somatici). I deliri possono essere multipli, ma sono per lo più strutturati attorno ad un tema unico. Le allucinazioni sono spesso correlate al contenuto dei deliri. Si possono osservare, inoltre, alcuni sintomi associati quali ansietà, collera, distacco e litigiosità. L’esordio tende ad essere più tardivo rispetto agli altri tipi di schizofrenia e le caratteristiche cliniche tendono ad essere più stabili nel tempo. SI osserva solo un lieve deterioramento ai test psicologici ed alcune evidenze suggeriscono che la prognosi può essere considerevolmente migliore rispetto agli altri tipi di schizofrenia soprattutto per quanto riguarda il funzionamento lavorativo e la capacità di vivere in modo indipendente. DISTURBI SCHIZOFRENICI -tipo disorganizzato, in cui predominano la disorganizzazione dell'eloquio, il comportamento disorganizzato e l'affettività appiattita o inadeguata. L disorganizzazione del linguaggio può essere accompagnata da fatuità e da risate dissintone rispetto al contenuto dell’eloquio. Il comportamento disorganizzato può condurre ad una marcata inadeguatezza o incapacità a svolgere le comuni attività quotidiane (lavarsi, vestirsi, prepararsi il pranzo). In generale si osserva un notevole deterioramento delle performance ai test neuropsicologici. Questo tipo è stato associato ad una personalità premorbosa povera, ad un esordio precoce ed insidioso e ad un decorso cronico senza remissioni significative. DISTURBI SCHIZOFRENICI tipo catatonico, in cui predominano sintomi motori caratteristici (catalessia o stupor, negativismo, stereotipie, manierismi, ecolalia o ecoprassia). L’immobilità motoria è apparentemente senza scopo e non è influenzata dagli stimoli esterni. Le posture catatoniche si manifestano attrvaerso l’assunzione di posture inappropriate e bizzarre. L’ecolalia è la patologica ripetizione senza senso, come a pappagallo, di una parola o di una frase appena pronunciata da un’altra persona. L’ecoprassia è la ripetitiva imitazione dei movimenti di un’altra persona. Sterotipie, manierismi e flessibilità cerea. Durante lo stupor catatonico o durante l’eccitamento, il soggetto può aver bisogno di un’attenta sorveglianza per evitare che ferisca se stesso o gli altri. A volte è necessaria un’assistenza medica a causa di malnutrizione, deperimento, iperpiressia o lesioni autoinflitte. • DISTURBI SCHIZOFRENICI - tipo indifferenziato, categoria aspecifica utilizzata quando nessuna delle caratteristiche degli altri sottogruppi è predominante • tipo residuo, in cui sono assenti sintomi positivi rilevanti ma vi è manifestazione continua del disturbo (presenza di sintomi negativi o sintomi positivi attenuati) DISTURBI SCHIZOFRENICI La prima manifestazione evidente di malattia può essere rappresentata da una serie di sintomi prodromici la cui importanza viene spesso riconosciuta solo retrospettivamente: dopo un progressivo scadimento nelle attività scolastiche, lavorative o ricreative possono essere presenti ritiro sociale, comportamento particolarmente strano, affettività anomala, linguaggio insolito, idee bizzarre e strane esperienze percettive. Successivamente il decorso della schizofrenia è caratterizzato dall'alternanza di episodi psicotici acuti e di fasi stabili di remissione parziale. La fase di scompenso psicotico è caratterizzata dalla comparsa della sintomatologia conclamata che differisce per il prevalere dell’una o dell'altra dimensione (positiva o negativa) nei vari pazienti; in fase florida si raggiunge l'acme di intensità delle manifestazioni di malattia, e solitamente è richiesto il ricovero ospedaliero. Il periodo di risoluzione inizia con il miglioramento dei sintomi. Si può arrivare alla completa risoluzione del quadro, oppure a una remissione parziale, o ancora a una situazione clinica permanentemente alterata, quando s'instaura una forma cronica di schizofrenia. DISTURBI SCHIZOFRENICI DIAGNOSI DIFFERENZIALE La diagnosi differenziale deve includere: Disturbo psicotico dovuto a una condizione medica generale * Anamnesi, esame obiettivo e/o analisi di laboratorio indicano che deliri e allucinazioni sono la conseguenza di una patologia internistica. Alterazioni dello stato di coscienza nel delirium. Disturbo psicotico indotto da sostanze Una sostanza è eziologicamente correlata ai sintomi psicotici. * Sintomi psichiatrici, quali allucinazioni e deliri, possono comparire precocemente nel corso di molte condizioni mediche, spesso prima dell'in-sorgenza dei sintomi di natura somatica. DISTURBI SCHIZOFRENICI Disturbo dell'umore con manifestazioni psicotiche I sintomi psicotici si presentano esclusivamente in concomitanza a episodi di alterazione dell'umore. Esordio più tardivo. Decorso episodico. Completo recupero interepisodico. Disturbo schizoaffettivo È presente un episodio di alterazione dell'umore in concomitanza ai sintomi della fase attiva della schizofrenia. Decorso episodico. Disturbo schizofreniforme Durata dei sintomi inferiore a sei mesi. Disturbo psicotico breve Durata dei sintomi inferiore a un mese. Non vi è deteriora-mento delle funzioni cognitive. DISTURBI SCHIZOFRENICI Disturbo delirante Deliri non bizzarri. Assenza di allucinazioni, eloquio o com-portamento disorganizzati, sintomi negativi. Disturbi di personalità (schizoide, schizotipico, paranoide) I sintomi non hanno una gravità tale da soddisfare i criteri del DSM per schizofrenia e sono presenti per tutta la durata della vita dell'individuo. Disturbi pervasivi dello sviluppo Esordio durante l'infanzia (in genere prima dei 3 anni). Non sono presenti deliri e allucinazioni. Alterazioni più pronun-ciate dell'affettività. Eloquio caratterizzato da stereotipie e alterazioni nella prosodia. DISTURBI SCHIZOFRENICI Nella valutazione di un soggetto psicotico, il medico deve seguire le linee generali per l'accertamento di una malattia non psichiatrica. A tal proposito possono essere d'aiuto esami di laboratorio e/o strumentali e una corretta anamnesi psicopatologica. Depongono a favore di una genesi organica: • il rilievo nell'anamnesi medica di malattie internistiche, epilessia o altre malattie neurologiche e di abuso di sostanze, di gravità e durata tale da poter sostenere il quadro psicopatologico. • L’esordio tardivo della sintomatologia psichiatrica, • l'assenza di precedenti anamnestici e di familiarità, come anche l'incompletezza del quadro sintomatologico (ad es. mancanza di sintomi negativi) e l'atipicità del decorso rappresentano caratteristiche peculiari delle forme organiche rispetto ai corrispettivi "funzionali". DISTURBI SCHIZOFRENICI Sintomi depressivi possono presentarsi in pazienti con schizofrenia sia come prima manifestazione della psicosi che come sequela di un epi-sodio psicotico. Nel DSM-IV è prevista una categoria per il disturbo depressivo postpsicotico schizofrenico, per attribuirla però si richiede che i sintomi depressivi si manifestino solo nella fase residua della schizofrenia, che non siano dovuti agli effetti collaterali degli antipsicotici e che non siano meglio giustificabili come sintomi negativi. I sintomi affettivi possono essere distinti dai sintomi negativi della schizofrenia valutando la presenza di insonnia, anoressia, sentimenti di colpa e bassa stima di sé che sono caratteristici di depressione maggiore. DISTURBI SCHIZOFRENICI Nei disturbi dell'umore si possono riscontrare dei sintomi psicotici quali allucinazioni e deliri che, nella maggior parte dei casi, sono congrui rispetto alla tonalità affettiva del paziente e si manifestano esclusivamente durante l'episodio di alterazione dell'umore. Gli stati misti a volte rappresentano problemi diagnostici peculiari per la rilevante instabilità del quadro clinico, la coesistenza di sintomi affettivi delle due polarità e per il fatto che tendono a svilupparsi in occasione dei più gravi stadi della mania nel corso dei quali si riscontrano sintomi psicotici floridi. A tale scopo è necessario tenere presente che i pazienti con disturbi dell'umore tendono ad avere un'età d'esordio più tardiva rispetto alla schizofrenia, mostrano un decorso multiepisodico con un funzionamento intercritico normale e presentano spesso familiarità positiva per disturbi affettivi. DISTURBI SCHIZOFRENICI Nel disturbo schizoaffettivo vi deve essere un episodio di alterazione dell'umore concomitante ai sintomi della fase acuta della schizofrenia e i sintomi affettivi devono essere presenti per una parte significativa della durata del disturbo (DSM-IV). Contrariamente, i sintomi depressivi in pazienti schizofrenici hanno una durata breve rispetto a quella totale del disturbo e non soddisfano quasi mai i criteri per un episodio di alterazione dell'umore. Alcune caratteristiche dei disturbi di personalità schizotipico, schizoide o paranoide possono essere condivisi dalla schizofrenia (ad es. evitamento sociale, scelta di attività solitarie, appiattimento affettivo, ideazione paranoide, povertà del pensiero, percezioni distorte). La differenza risiede nel fatto che i disturbi di personalità presentano sintomi più lievi rispetto alla schizofrenia senza né deliri né allucinazioni, inoltre, i sintomi sono presenti per tutta la durata della vita dell’individuo e non hanno un inizio ben identificabile. DISTURBI SCHIZOFRENICI PROGETTO TERAPEUTICO Lo sviluppo di un piano terapeutico per un soggetto affetto da schizofrenia richiede che vengano presi in considerazione diversi fattori, inclusi gli aspetti trasversali (ad es. condizioni cliniche attuali) e longitudinali (ad es. gravità, frequenza, trattamenti ed esiti di episodi pregressi). Il programma terapeutico dovrebbe coinvolgere il paziente e la sua famiglia usando un approccio integrato che includa gli: • interventi farmacologici, • psicoterapeutici, • psicosociali e riabilitativi, stabiliti di volta in volta in base alla risposta e ai progressi del paziente stesso. DISTURBI SCHIZOFRENICI Gli obiettivi del trattamento consistono nel: • diminuire la gravità, la frequenza e 1e conseguenze psicosociali degli episodi, • nell’elevare al massimo grado il funzionamento psicosociale del soggetto negli intervalli tra i vari episodi. La terapia farmacologica rappresenta una componente critica del trattamento della schizofrenia e viene utilizzata: • per ottenere la remissione degli episodi acuti, • prevenire le ricadute e • migliorare i sintomi nei periodi intercritici. DISTURBI SCHIZOFRENICI A tale scopo il trattamento della schizofrenia si articola in tre fasi fondamentali: • una fase acuta, • una fase di stabilizzazione e • una fase di mantenimento. In genere la terapia farmacologica, una volta raggiunta la stabilizzazione, dovrebbe protrarsi per almeno 5 anni nei pazienti con una storia multiepisodica e in qualche caso indefinitamente, soprattutto in caso di familiarità o particolare gravità del quadro psicopatologico. DISTURBI SCHIZOFRENICI Fase acuta 1. Iniziare con un antipsicotico tradizionale o atipico da scegliere in base a: - precedente risposta - suscettibilità a sviluppare effetti collaterali (sindrome extrapiramidale (EPS), ipotensione, iperprolattinemia) - rischio di sviluppare un deterioramento iatrogeno della sintomatologia globale (effetti depressogeni dei neurolettici) - via di somministrazione prescelta DISTURBI SCHIZOFRENICI A. Se si ottiene risposta continuare per almeno 6-8 mesi. Monitorare gli effetti collaterali: - EPS: somministrare anticolinergici o benzodiazepine, oppure passare a un composto atipico (quetiapina, olanzapina, risperidone a basse dosi). - aumento ponderale: consigliare dieta idonea ed esercizio fisico; considerare il passaggio a un altro farmaco che causi minor aumento di peso (ad es. amisulpride, sulpiride) - iperprolattinemia: passare a olanzapina o quetiapina - sedazione: ridurre la dose; passare a un farmaco meno sedativo (es. risperidone, amisulpride, aloperidolo o altri neurolettici ad alta potenza d'azione) - ipotensione posturale: passare ad amisulpride e considerare anche aloperidolo o trifluoperazina. DISTURBI SCHIZOFRENICI B. Se la risposta è scarsa considerare la mancanza di compliance alla terapia e il dosaggio del farmaco (per alcuni farmaci è possibile stabilire la concentrazione plasmatica) • Se la compliance è dubbia o scarsa valutare se: - il paziente ha poco insight, considerare un farmaco depot - scarsa tollerabilità: discuterne con il paziente e/o passare a un altro farmaco che il paziente accetti • Se il dosaggio del farmaco non è appropriato: aumentare DISTURBI SCHIZOFRENICI C. Se la risposta è ancora scarsa valutare le seguenti possibilità: - sostituire il neurolettico con un atipico o viceversa - sostituire un atipico con un altro atipico D. Se il paziente non ha risposto alle precedenti strategie considerare - clozapina - strategie di incremento della risposta (farmaci aggiuntivi in caso di sintomatologia affettiva, agitazione motoria, comorbilità con altri disturbi psichiatrici) - terapia elettroconvulsivante (in pazienti catatonici o grave-mente depressi che non rispondono alla clozapina o non la tollerano) DISTURBI SCHIZOFRENICI Farmacoresistenza: viene considerato "resistente" quel paziente che ha portato a termine almeno tre periodi di trattamento negli ultimi cinque anni con tre antipsicotici diversi, appartenenti a due classi chimiche diverse, per un minimo di 6 settimane a un dosaggio equivalente a 1000mg/ die di clorpromazina, senza una completa scomparsa dei sintomi. I fattori che possono comportare una mancata risposta clinica sono una maggiore latenza tra l'esordio della schizofrenia e l'inizio del trattamento, la presenza di un disturbo di personalità schizoide o schizotipico, la predominanza di sintomi negativi un'importante componente genetica e il riscontro di alterazioni neuromorfologiche (ad es. ipotrofia dei lobi frontali, riduzione del volume del sistema limbico, alterazioni del flusso ematico cerebrale). DISTURBI SCHIZOFRENICI La clozapina è un antipsicotico atipico che differisce dagli altri (tipici e atipici) per la sua particolare efficacia nei. pazienti "farmacoresistenti". Tuttavia, tale composto deve essere somministrato sotto una stretta sorveglianza medica a causa del rischio di tossicità midollare (agranulocitosi definita come una conta dei granulociti inferiore a 500/m3) che si verifica nell’1% dei soggetti trattati. Altre strategie per i casi resistenti al trattamento sono le terapie combinate (augmentation therapy) con antipsicotici più stabilizzanti dell'umore o benzodiazepine. Tuttavia l'efficacia di questi farmaci aggiuntivi non è stata chiaramente dimostrata, perciò è da riservare a quei soggetti per i quali la clozapina non è indicata oltre che nei casi in ci siano altre patologie concomitanti. I pazienti con comportamenti violenti e agitazione motoria possono trarre beneficio dall'associazione di lorazepam con un antipsicotico a bassa potenza o di clonazepam, mentre nel caso di presenza di sintomi dello spettro affettivo possono essere impiegati antidepressivi. DISTURBI SCHIZOFRENICI • Fase di stabilizzazione a) Utilizzare lo stesso antipsicotico della fase acuta oppure composti appartenenti ad altre classi chimiche in base a considerazioni di ordine: - Clinico: vi sono variazioni della dimensione sintomatologica evolutiva rispetto all'episodio acuto? - Tossicologico: tendenza a sviluppare reazioni tardive di tipo distonico o discinetico? - Farmacocinetico: può essere utile l'utilizzo di farmaci "depot" a lunga durata d'azione? Da privilegiare i composti atipici (azione migliore sull'eterogeneità dei sintomi, minore incidenza di effetti collaterali). b) Associare interventi psicoterapeutici che forniscano un sostegno per il paziente e informazioni ai familiari sul decorso della malattia e sui fattori che possono influenzarla, compresa la compliance. c) Ridurre al minimo gli eventi stressanti per il paziente e aiutarlo nel reinserimento nella vita della comunità fissando degli obiettivi realistici. DISTURBI SCHIZOFRENICI • Fase di mantenimento Una volta che il paziente raggiunga una fase di stabilità, è necessario sviluppare un programma terapeutico a lungo termine che in questa fase può includere trattamenti farmacologici, psicoterapeutici e interventi di tipo psicosociale riabilitativo. Obiettivi fondamentali: - prevenzione delle ricadute e delle loro eventuali conseguenze - ottimizzazione del funzionamento e miglioramento della qualità di vita - monitoraggio degli effetti collaterali dei farmaci DISTURBI SCHIZOFRENICI Il trattamento farmacologico di mantenimento si basa sulla chiara evidenza dell'efficacia degli antipsicotici nel prevenire le ricadute cliniche benché, a causa dell'eterogeneità patogenetica e clinica e dei problemi di adesione al trattamento il valore profilattico di questi sia limitato e non arrivi per esempio, ai risultati ottenibili con i sali di litio nella patologia bipolare. L’uso continuativo di antipsicotici atipici, sia in preparazione tradizionale che "long-acting (per i neurolettici), allo scopo di mantenere adeguati livelli di funzionamento e di prevenire le ricadute, è con molta probabilità una delle strategie terapeutiche meglio supportate dai dati sperimentali. DISTURBI SCHIZOFRENICI Nel tentativo di ovviare ai problemi tossicologiciiatrogeni creati dalla terapia convenzionale protratta a dosaggi standard, si sono cercate possibili pratiche alternative: • trattamento neurolettico a bassi dosaggi (da solo o associato a varie strategie di incremento della risposta) •terapie combinate •trattamenti antipsicotici "depot". DISTURBI SCHIZOFRENICI La strategia più. idonea e più agevolmente attuabile sembrerebbe essere quella di impiegare dosaggi di mantenimento ridotti rispetto a quelli della fase acuta che andrebbero riportati sui livelli standard qualora si presentassero segni prodromici di ricaduta. Studi condotti sulle riduzioni delle dosi suggeriscono di utilizzare la più bassa dose efficace di antipsicotico (da raggiungere gradualmente riducendo la dose fino ad almeno un quinto del consueto dosaggio di mantenimento, purché il paziente rimanga stabile). DISTURBI SCHIZOFRENICI I farmaci e i dosaggi utilizzati devono interferire il meno possibile con le residue capacità emozionali e cognitive (anche per consentire al paziente di usufruire dei vantaggi dei programmi di riabilitazione) e non devono esporre il paziente al rischi di effetti collaterali gravi (discinesia tardiva) o ad una sindrome negativa secondaria all'uso dei neurolettici stessi che potrebbero compromettere la compliance. I composti atipici, sulla base di evidenze in letteratura, sarebbero più idonei per il trattamento a lungo termine grazie alla migliore tollerabilità e alla maggiore efficacia nel prevenire le ricadute, essendo in grado di agire sui fattori che predispongono alle ricadute (scarsa adesione al trattamento, farmacoresistenza), oltre che di modificare i tassi di ricaduta stessi. DISTURBI SCHIZOFRENICI COMORBILITÀ La schizofrenia può presentarsi in comorbilità con altri disturbi mentali e condizioni mediche generali. Sintomi ascrivibili ad altri disturbi psichiatrici, in particolare l'abuso di sostanze, i disturbi d'ansia e dello spettro depressivo, sono di frequente riscontro nel paziente schizofrenico, benché frequentemente siano sottodiagnosticati e di conseguenza non vengano adeguatamente trattati. Proprio per queste ragioni, un'esatta stima della prevalenza di sindromi psichiatriche che si presentano in comorbilità con il disturbo schizofrenico non è a tutt'oggi disponibile. La comorbilità rappresenta comunque un importante fattore prognostico, potendo globalmente aggravare il decorso del disturbo e influenzare la risposta al trattamento. DISTURBI SCHIZOFRENICI Recenti studi hanno evidenziato che 1'85% circa dei soggetti che presentano una diagnosi di schizofrenia soddisfano i criteri diagnostici anche per un altro disturbo psichiatrico di asse I: la prevalenza lifetime del disturbo depressivo, del disturbo ossessivo compulsivo e del disturbo di panico e rispettivamente del 54,2%, 59,2% e 29,5%. Altri studi hanno esaminato campioni di soggetti con schizofrenia cronica evidenziando che il 76% circa di essi presenta una o più sindromi psichiatriche in comorbilità. L’abuso o la dipendenza da sostanze nei soggetti schizofrenici è del 40% e 1'incidenza lifetime, in alcuni studi, è pari al 60%. Come i disturbi dell'umore e 1'ansia., anche i disturbi correlati all'uso di sostanze, quando coesistono con la schizofrenia, rappresentano un importante fattore in g,rado di influenzare il tasso di morbilità e si associano a periodi di ospedalizzazione più lunghi e ad altri aspetti negativi quali il vagabondaggio, 1'incarcerazione, la violenza e il suicidio. DISTURBI SCHIZOFRENICI Tutte queste condizioni, potendo significativamente aggravare la prognosi, richiedono una particolare attenzione ed un'adeguata pianificazine del trattamento. Il problema fondamentale nel fornire una terapia corretta a questi pazienti consiste nello sviluppo di un programma terapeutico che integri il trattamento del disturbo psichiatrico in comorbilità con quello della schizofrenia o che consideri la possibilità di impiegare composti a più ampio spettro farmacodinamico e in grado, quindi, di controllare meglio un così vario spettro sintomatologico. DISTURBI SCHIZOFRENICI Linee guida del trattamento farmacologico della schizofrenia: schema riassuntivo - preferire l'uso degli antipsicotici atipici non solo nei pazienti resistenti alla terapia ma anche nel primo episodio di schizofrenia e in caso di effetti collaterali intollerabili con i neurolettici - prescrivere un solo antipsicotico, preferibilmente in un'unica dose giornaliera - utilizzare la dose minima efficace - valutare il paziente per un tempo sufficiente prima di aumentare il dosaggio del farmaco - in assenza di miglioramento clinico in pazienti che ricevono alti dosaggi (superiori a 15mg/die di aloperidolo o equivalenti), considerare il trattamento con clozapina - non utilizzare gli antipsicotici come sedativi al bisogno, ma utilizzare brevi cicli di benzodiazepine o farmaci sedativi quale la prometazina - somministrare farmaci anticolinergici per gli EPS (come profilassi, se necessario) e interromperli dopo 2-3 mesi trascorsi in assenza di EPS - incoraggiare il dialogo con il paziente riguardo l'accettabilità del trattamento farmacologico - monitorare l'evoluzione dei sintomi attraverso scale di valutazione clinica standardizzate (ad es. SANS, SAPS, BPRS, PANSS) DISTURBI SCHIZOFRENICI SINTOMI CHIAVE Sintomi positivi Sintomi negativi Deliri? Qual è il loro contenuto? Appiattimento affettivo? • Allucinazioni? Di che tipo? Alogia? • Disorganizzazione nell’eloquio Abulia? e/o nel comportamento? • Sintomi positivi e negativi sono ugualmente rappresentati? DISTURBI SCHIZOFRENICI Qual è il decorso del disturbo? Episodico? Cronico? Primo episodio? • Con o senza sintomi residui interepisodici? • Da quanto tempo sono insorti i sintomi? Com'era l'adattamento premorboso? DISTURBI SCHIZOFRENICI Criteri di maggiore gravità: • inizio lento e andamento progressivo, • età di esordio precoce, • sesso maschile, • sottotipi disorganizzato o catatonico, • cattivo adattamento premorboso, • familiarità positiva per disturbi psicotici.