Sede Amministrativa: Università degli Studi di Padova Dipartimento di Storia SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN: Scienze Storiche INDIRIZZO: Storia CICLO: XXIV La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Direttore della Scuola: Ch.ma Prof.ssa Maria Cristina La Rocca Coordinatore d’indirizzo: Ch.mo Prof. Walter Panciera Supervisore: Prof. Flavio Raviola Dottorando: Dott. Matteo Fulvio Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene ESPOSIZIONE RIASSUNTIVA DELLA TESI IN LINGUA ITALIANA La ricerca traccia la storia delle attività sul piano internazionale dei tiranni e delle principali famiglie aristocratiche di Atene, dalla fine del VII all’inizio del V secolo a.C. Prese in esame sono sia la sfera privata, ovvero le iniziative e i contatti internazionali di natura interpersonale e familiare, sia la sfera pubblica, ovvero la conduzione della politica estera e della diplomazia interstatale di Atene sotto l’influenza della tirannide. L’analisi verifica la posizione e i moventi tanto dei tiranni, quanto di ogni controparte non-ateniese coinvolta nei contatti: emerge così un quadro delle reti di alleanze, degli ambiti d’interesse e dei centri di potere internazionali, dunque una campione significativo del sistema internazionale della Grecia arcaica. Nel più antico tentativo tirannico di Cilone e in seguito nelle prime attività di Pisistrato si identificano istanze della contesa fra Atene e Megara per il controllo di Salamina. Le prime attestazioni relative a Pisistrato rivelano la rete di contatti e iniziative familiari che gli assicurarono la presa del potere ad Atene; alla tirannide pisistratide si attribuisce una strategia marittima che indirizzò Atene verso il controllo delle Cicladi e dell’Ellesponto. Dopo la morte del padre nel 528/7 a.C. Ippia fu coinvolto nella gestione dei mutamenti e dei tentativi egemonici che interessarono il sistema interstatale e regionale dell’Attica, della Beozia e della Tessaglia. Nel penultimo decennio del VI secolo a.C. l’ostilità fra il tiranno e gli aristocratici ateniesi divenne critica: furono allora attivate le rispettive reti di alleanze personali dei Pisistratidi e degli Alcmeonidi loro avversari; in questa situazione emerge la funzionalità dei tradizionali rapporti fra gli Alcmeonidi e il santuario panellenico di Delfi. La ricerca ripercorre inoltre la storia della tirannide tenuta nel Chersoneso Tracico dalla famiglia aristocratica ateniese dei Filaidi. Fra questi e i tiranni pisistratidi esistette un’intesa interfamiliare volta alla tutela degli interessi strategici internazionali di Atene nell’accesso alla navigazione dell’Ellesponto. La parte finale della sequenza cronologica presa in esame è segnata dall’espansione dell’impero persiano in Europa che sconvolse gli assetti del potere internazionale: i Filaidi reagirono assumendo una posizione antipersiana; invece i Pisistratidi si associarono gradualmente alla Persia. Le conclusioni portano a riflettere sull’indeterminatezza della distinzione fra sfera pubblica e sfera privata nell’operato dei tiranni; in una prospettiva storica di lungo corso si apre infine una questione in merito all’individuazione di fenomeni di continuità fra gli obiettivi della tirannide e gli interessi strategici internazionali dell’Atene democratica nel successivo V secolo a.C. International Politics of Archaic Greek Tyrants: the Case of Athens ENGLISH RÉSUMÉ OF THE THESIS The research traces the history of the activities of the tyrants and of the major aristocratic families of Athens on the international level, from the end of the VII to the early V century B.C. Examined are both the private sphere, thus international initiatives and contacts of interpersonal and familial nature, and the public sphere, that is the conduction of the foreign policy and interstate diplomacy of Athens under the influence of the tyranny. The analysis centers upon the position and motives both of the tyrants as well as of each non-Athenian counterpart involved in the contacts: in this way a depiction the international alliance networks, areas of interest and centers of influence takes form, essentially providing a history a case in point for the international system of archaic age Greece. In the most ancient tyrannical attempt by Cylon and later in the early activities of Peisistratus we may identify instances of the clash between Athens and Megara for control over the island of Salamis. The first attestations relative to Peisistratus reveal the network of international private contacts and initiatives that ensured his power in Athens; the tyranny of Peisistratus is attributed with a maritime strategy directed Athens towards control of the Cyclades and the Hellespont. After the death of his father in 528/7 B.C. Hippias was involved in the changes and hegemonic attempts that took place within the interstate regional system of Attica, Boeotia and Thessaly. From the second last decade of the VI century B.C. hostility between the tyrant and the Athenian aristocracy came to a critical phase: then the respective personal alliance networks of the Peisistratids and of their opponents, the Alcmaeonids, were activated; in this context emerges the functional character of the traditional relations between the Alcmaeonids and the Panhellenic sanctuary of Delphi. The research furthermore traces the history of the tyranny held in the Thracian Chersonese by the Athenian aristocratic family of the Philaids. Between these and the Peisistratid tyrants there was an interfamily agreement aimed at safekeeping the international strategic interests of Athens in accessing navigation of the Hellespont. The final part of the chronological sequence examines the expansion of the Persian Empire in Europe that revolutionized the assents of international power: the Philaids reacted by assuming an anti-Persian policy; differently the Peisistratids gradually associated themselves to Persia. The conclusions encourage contemplating the undetermined nature of the distinction between public and private sphere in the tyrants’ activities; a logn term historical perspective finally unlocks a discussion over the possibility of identifying phenomena of continuity binding the objectives pursued by the tyranny and the international strategic interests of democratic Athens in the following V century B.C. La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene LA POLITICA INTERNAZIONALE DEI TIRANNI NELLA GRECIA ARCAICA: IL CASO DI ATENE 1 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene 2 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Indice INDICE INTRODUZIONE 17 Il progetto di ricerca............................................................................................................. 18 Le scelte inclusive ed esclusive nella selezione dei temi .................................................... 19 Metodologia........................................................................................................................... 20 Le fonti 20 L’analisi delle fonti e la contestualizzazione storica 21 La ricostruzione dei fatti 21 I contenuti della tesi ............................................................................................................. 22 PARTE I: ATENE PRIMA DEI PISISTRATIDI 27 I.1. Cilone (636 a.C.)............................................................................................................. 27 Il tentativo di tirannide e il suo fallimento 27 La vittoria olimpica e l’appoggio di Delfi 28 Il matrimonio con la figlia di Teagene di Megara 30 La guerra fra Atene e Megara per il controllo di Salamina 31 Il legame fra aspetti privati e ambito pubblico nel caso di Cilone 33 I.2. Ippocrate, padre di Pisistrato ....................................................................................... 34 Lo spartano Chilone e la profezia sul nascituro Pisistrato 34 La presenza di Ippocrate ad Olimpia 36 La datazione di Chilone 37 L’incontro tra Ippocrate e Chilone 40 La xenìa tra Pisistratidi e Sparta 41 3 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Indice PARTE II: ATENE E L’ASCESA DI PISISTRATO 45 II.1. Pisistrato: il periodo pre-tirannico e la prima tirannide.......................................... 45 La conquista della prima tirannide 45 Le imprese contro Megara e la conquista di Nisea 46 La conclusione della guerra contro Megara e l’arbitrato dei Lacedemoni: problemi di datazione 47 L’attacco contro Megara nel quadro delle fazioni politiche ateniesi 54 Pisistrato e la guerra contro Megara nella politica estera filo-corinzia di lungo periodo 56 Il problema della datazione delle tirannidi e degli esìli di Pisistrato 61 La prima tirannide di Pisistrato e il matrimonio con Timonassa di Argo 64 Il matrimonio con Timonassa nel quadro dei gruppi parentelari panellenici 67 II.2. Il primo esilio di Pisistrato .......................................................................................... 70 II.3. La seconda tirannide di Pisistrato .............................................................................. 71 II.4. La politica matrimoniale di Pisistrato e le cause del primo esilio, della seconda tirannide e del secondo esilio............................................................................................... 72 II.5. Il secondo esilio di Pisistrato ....................................................................................... 74 II.6. Gli insediamenti di Pisistrato in Tracia, a Rhaikelos e sullo Strimone................... 74 La natura para-coloniale dell’insediamento a Rhaikelos 76 Gli obiettivi e le conseguenze dell’insediamento pisistratide in Tracia 78 L’insediamento pisistratide in Tracia alla luce delle relazioni internazionali 79 II.7. La battaglia di Pallene e la lista degli alleati di Pisistrato (546) .............................. 84 Il consiglio tenuto da Pisistrato e i figli e la scelta di rientrare in Atene 84 La lista degli alleati di Pisistrato 87 Eretria 90 Tebe 92 Ligdami di Nasso 94 Argo 96 Altri alleati 100 Corinto 100 Sparta 101 I Macedoni 101 4 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Indice I Tessali 102 I mercenari traci 103 La questione dello status e della cronologia di Egesistrato 103 PARTE III: GLI ALCMEONIDI, OPPOSITORI DEI PISISTRATIDI 111 III.1. Gli Alcmeonidi contro Cilone e la condanna della famiglia ................................. 111 III.2. L’inizio dei rapporti favorevoli con il santuario di Delfi ...................................... 113 Gli Alcmeonidi e il santuario di Delfi: la svolta della Prima Guerra Sacra (595-591)113 Gli Alcmeonidi come intermediari presso Delfi per i sovrani di Lidia 114 III.3. Il matrimonio di Megacle II con Agariste di Sicione............................................. 117 III.4. Le relazioni fra Alcmeonidi e Pisistratidi ............................................................... 119 Megacle II avversario di Pisistrato: l’alleanza matrimoniale disconosciuta 119 La tirannide di Pisistrato e l’esilio degli Alcmeonidi 126 La lista degli arconti ateniesi: indice di forme di concertazione 131 Il modello storico di un esilio moderato e variabile 133 III.5. La rete delle relazioni internazionali degli Alcmeonidi......................................... 137 PARTE IV: PISISTRATO TIRANNO 141 IV.1. Strategia e diplomazia nelle Cicladi: la conquista di Nasso e la tirannide di Ligdami................................................................................................................................ 141 La cronologia dell’attacco a Nasso 141 L’accordo tra Pisistrato e Ligdami 142 Ligdami tiranno protettore del popolo 144 Ricostruzione della vicenda, dei moventi politici e della tradizione storiografica 145 Nasso nella strategia internazionale di Pisistrato 148 IV.2. La politica culturale nelle Cicladi: La purificazione di Delo (545 ca.)................. 150 La datazione e le fonti relative alla purificazione di Delo da parte di Pisistrato 150 Il ruolo di Nasso nel controllo di Delo 152 5 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Indice Il significato ideologico dell’intervento a Delo 153 La scelta dei Pisistratidi di onorare l’Apollo di Delo 155 IV.3. La colonizzazione di Sigeo in Troade...................................................................... 158 Il conflitto di lungo periodo fra Atene e Mitilene per il controllo di Sigeo 159 La data e il contesto storico dell’iniziativa di Pisistrato 161 La storia della condizione politica dell’insediamento di Sigeo 163 La strategia di accesso alle rotte marittime verso la Propontide 168 IV.4. La tradizione sulla conduzione della politica interna da parte dei Pisistratidi (540527) ...................................................................................................................................... 174 IV.5. Le risorse economiche e militari del Pangeo nel mantenimento del potere di Pisistrato ............................................................................................................................. 175 IV.6. L’esilio e il rientro di Cimone filaide e la proclamazione olimpionica di Pisistrato (532) ..................................................................................................................................... 177 IV.7. I figli durante la tirannide di Pisistrato .................................................................. 179 Il consiglio ad Eretria in vista del rientro ad Atene (546) PARTE V: I FILAIDI 180 183 V.1. I Filaidi: la posizione della famiglia nella diplomazia internazionale ................... 183 La prestigiosa parentela dei Filaidi con i Cipselidi di Corinto 183 L’alleanza matrimoniale fra Filaidi e Cipselidi nel contesto internazionale 185 Le vittorie olimpiche di Milziade e Cimone 186 L’intesa fra Filaidi e Pisistratidi 190 Critica della storicità delle notizie sull’assassinio di Cimone 193 V.2. La tirannide dei Filaidi in Chersoneso Tracico ....................................................... 196 Milziade I, la spedizione in Chersoneso e la realizzazione della tirannide secondo Erodoto 196 La data della spedizione in Chersoneso Tracico: 558 ca. 198 L’intesa con i Traci Dolonci e la difesa contro i Traci Apsinti 200 La guerra contro Lampsaco 201 L’intercessione di Creso di Lidia nella guerra fra Milziade e Lampsaco 203 6 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Indice V.3. Il significato della tirannide di Milziade I in Chersoneso Tracico ......................... 208 La spedizione in Chersoneso Tracico: una fondazione coloniale 208 Lo scenario geo-politico del Chersoneso Tracico 210 Milziade I ecista, tiranno e alleato dei Pisistratidi e la politica estera ateniese per il controllo dell’Ellesponto 213 V.4. Stesagora, la seconda generazione della tirannide del Chersoneso Tracico (525-520 ca.) ........................................................................................................................................ 218 Continuità dinastica della tirannide e natura del conflitto fra il Chersoneso Tracico e Lampsaco 220 L’internazionalismo dei Filaidi 221 V.5. Milziade II figlio di Cimone....................................................................................... 223 V.5.1. La carriera di Milziade II e l’assunzione della tirannide in Chersoneso Tracico .............................................................................................................................................. 223 L’intesa interfamiliare fra Pisistratidi e Filaidi nella generazione di Ippia e Milziade 224 V.5.2. Milziade II e il conflitto con i dinasti del Chersoneso .......................................... 228 Situazione politico-sociale del Chersoneso Tracico nel 520 ca.: poleis e dinasti locali229 L’opposizione aristocratica ellenica locale e l’involuzione autocratica della tirannide di Milziade II 230 Stesagora tiranno indesiderato 234 V.5.3. Il matrimonio con Egesipyle e l’alleanza con Oloro re dei Traci (516-510)....... 236 La datazione della sequenza di eventi: 520-515 ca. 238 L’intesa politica fra Milziade II e Oloro re dei Traci 239 I Filaidi come interpreti delle necessità strategiche internazionali della comunità ateniese in Tracia 240 V.5.4. Imperi orientali e Greci d’Asia Minore: poleis e tiranni ellenici nell’amministrazione persiana .......................................................................................... 243 Casi di relazione fra sovrani persiani e tiranni greci 246 La spedizione scitica di Dario (513-512) 247 L’assemblea dei Greci all’Istro: i tiranni filo-persiani e le poleis anti-tiranniche 249 I tiranni favoriti da Dario I 251 La conquista persiana della Tracia (513-512) 253 7 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Indice Otane e la riconquista delle poleis elleniche anti-persiane (512-511) 254 Il nuovo sistema internazionale dell’egemonia persiana: il contesto per le scelte di Ippia e Milziade II nell’ultimo quarto del VI secolo 255 V.5.5. Milziade II alleato di Dario durante la Spedizione Scitica (513) ........................ 257 Esiti svantaggiosi per i Filaidi nella fine del regno di Lidia dei Mermnadi 257 Un’ipotesi per l’istituzione dei contatti fra Milziade II e Dario 258 Obiezioni alla storicità dei discorsi all’Istro 260 Ricostruzione della storicità dei fatti dell’Istro 261 Le ragioni della posizione antipersiana di Milziade II 264 V.5.6. La strategia antipersiana di Milziade II (512-493)............................................... 266 Interpretazione di Erodoto VI, 40 sulla fuga dal Chersoneso Tracico 267 L’occupazione discontinua del Chersoneso Tracico da parte di Milziade II 269 La ritorsione persiana a seguito della sedizione di Milziade II all’Istro 269 L’alleanza di Milziade II con i Traci 270 La fuga dal Chersoneso Tracico come scelta di mobilità strategica 271 V.5.7. Il corno di Amaltea dedicato ad Olimpia da un Milziade e i suoi soldati .......... 272 L’attribuzione di Pausania a Milziade I 273 Attribuzione a Milziade II e a i suoi mercenari 274 La fortezza di Arato: insediamento di Traci ostili 276 La data, le circostanze e il significato della dedica di Olimpia 276 V.5.8. La conquista di Lemno e Imbro da parte di Milziade II (500 ca.)...................... 277 Le mire internazionali su Lemno nella rievocazione storiografica 278 Testimonianze epigrafiche ed archeologiche del popolamento ateniese di Lemno 280 La questione della datazione della conquista di Milziade II 280 La conquista di Lemno da parte di Milziade II entro la storia del sistema internazionale 282 Il significato politico della conquista di Lemno e i moventi dei soggetti coinvolti 283 La natura della collaborazione fra Milziade II e la polis di Atene 285 Strumentalizzazione della mito-storia dei Pelasgi da parte di Milziade II 287 La conquista di Imbro insieme a Lemno 287 V.5.9. La repressione della rivolta ionica e la fine della tirannide filaide in Chersoneso Tracico (493) ....................................................................................................................... 289 8 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Indice Il movente dei Persiani: il coinvolgimento di Milziade II nella rivolta ionica 289 La posizione strategica di Cardia 291 V.6. La cattura di Metioco e la sua naturalizzazione in Persia (493) ............................ 291 Ipotetica parentela di Metioco con Ippia 292 Metioco come ostaggio di riguardo 293 Metioco entro l’élite achemenide 294 PARTE VI: LA TIRANNIDE DI IPPIA (527-510; 510-490) 295 VI.1. Il rapporto storico fra le tirannidi di Pisistrato e Ippia ........................................ 295 VI.2. La tirannide di Ippia alla morte di Pisistrato (528/7) ............................................ 296 VI.3. La politica culturale internazionale di Ipparco..................................................... 297 Simonide e Anacreonte alla corte dei Pisistratidi 297 VI.4. L’insediamento pisistratide sul fiume Strimone in Tracia durante la tirannide di Ippia (558-513 ca.) .............................................................................................................. 301 VI.5. L’esclusione dei Pisistratidi dalle Cicladi ............................................................... 304 La talassocrazia di Policrate di Samo 304 L’alleanza fra Ligdami e Policrate 306 Policrate nuovo prostàtes di Delo 309 La tirannide di Ippia: l’abbandono delle Cicladi 310 La spedizione spartana nelle Cicladi e a Samo e l’astensione di Ippia (525-524) 312 Il rientro degli esuli da Nasso 314 Diffusione della ceramica attica a figure rosse e della ceramica samia 315 VI.6. L’invio di Milziade II in Chersoneso Tracico (520 ca.) ......................................... 316 L’intesa interfamiliare fra Pisistratidi e Filaidi nella generazione di Ippia e MilziadeII 317 Il controllo del Chersoneso Tracico: interessi familiari e interessi pubblici 319 VI.7. Ippia nelle relazioni internazionali con la Beozia e i Tessali................................. 320 La datazione dell’alleanza fra Atene e Platea: 519 contra 509 322 La relazione istituita fra Atene e Platea: un’alleanza con egemonia ateniese 325 L’altare dei Dodici Dei e il ruolo dei Pisistratidi nell’alleanza fra Atene e Platea 330 Le istanze autonomistiche nelle ragioni di Platea 337 9 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Indice Le ragioni di Ippia e Atene: l’opposizione a Tebe e la politica filo-tessala 340 VI.8. La dedica di Ipparco presso il santuario di Apollo Ptoios in Beozia (520 ca.) .... 345 Il santuario di Apollo Ptoios in Beozia 345 La dedica di Ipparco come controparte della politica di Ippia 347 La dedica di Alcmeonide figlio di Alcmeone al santuario di Apollo Ptoios 348 VI.9. Il tirannicidio di Ipparco (514) e la crisi del rapporto con l’aristocrazia ateniese .............................................................................................................................................. 349 La tradizione sull’esilio degli Alcmeonidi e le relazioni della tirannide con gli aristocratici 350 Il tirannicidio nel 514 e l’espulsione degli Alcmeonidi 351 VI.10. Il tentativo di rientro degli esuli e degli Alcmeonidi a Leipsydrion (513) ......... 353 Gli ospiti degli esuli ateniesi: Delfi e la Beozia filo-tebana 354 I motivi della sconfitta e il segno della nuova strategia diplomatica degli Alcmeonidi 355 VI.11. L’alleanza matrimoniale di Ippia con i tiranni di Lampsaco (513 ca.) ............. 356 La ricerca di alleati e di un asilo in ambito internazionale 357 L’intesa politica fra Ippia e Ippoclo di Lampsaco 359 Ippoclo favorito presso il Gran Re Dario I 360 Le ragioni di Ippia nell’alleanza con Ippoclo di Lampsaco 361 Le ragioni di Ippoclo ed Eantide 362 L’alleanza matrimoniale nella strategia internazionale dei tiranni di Lampsaco 363 L’alleanza di Ippia con Lampsaco nel quadro dell’espansione persiana in Europa 363 VI.12. La rottura dell’alleanza familiare fra Pisistratidi e Filaidi: opposte strategie nei confronti dell’impero persiano ......................................................................................... 366 L’espansione persiana e i vantaggi acquisiti dai nemici dei Pisistratidi e di Atene 368 Il matrimonio di Archedice con Eantide come reazione al matrimonio di Milziade II con la Trace Egesipyle 369 VI.13. L’appoggio del santuario di Delfi agli Alcmeonidi contro la tirannide di Ippia (513) ..................................................................................................................................... 370 La tradizione delle fonti sul ruolo degli Alcmeonidi, di Delfi e di Sparta 370 La critica della tradizione sviluppo diacronico degli eventi e ricerca dei nessi causali 373 Delfi come autorità morale e centro di attività internazionale per gli Alcmeonidi 10 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri 376 La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Indice VI.14. Gli interventi di Sparta contro Ippia e l’espulsione della tirannide da Atene (513510)....................................................................................................................................... 377 L’intesa fra Sparta, gli esuli ateniesi e Delfi 379 La data dell’intervento di Anchimolo 381 L’alleanza dei Pisistratidi con Argo come causa dell’intervento spartano 382 VI.15. La xenìa fra Pisistratidi e Sparta ........................................................................... 384 Un’alleanza interstatale per Sparta 384 L’istituzione della xenìa al tempo dell’incontro fra Ippocrate e Chilone 386 La strumentalizzazione della tradizione ai fini della politica attica di Cleomene 387 VI.16. L’espulsione dei Pisistratidi da Atene e la continuazione della tirannide a Sigeo (510) ..................................................................................................................................... 389 Ippia tiranno al Sigeo 391 Le ragioni dell’alleanza di Atene con la Persia (507) 391 VI.17. La politica internazionale egemonica di Sparta: l’utilitarismo negli interventi contro Atene ........................................................................................................................ 393 La potenza di Sparta nell’Ellade e nel Mediterraneo 393 Le spedizioni spartane in favore di Isagora (508-507) 395 VI.18. Gli obiettivi di Sparta nel propugnare il ritorno di Ippia ad Atene (504 ca.) ... 397 La localizzazione dei Pisistratidi a Sigeo 398 Il rientro ad Atene nelle prospettive di Ippia 399 VI.19. La strategia di Sparta nei confronti di Atene: l’insediamento di un governo filospartano ............................................................................................................................... 400 VI.20. L’intervento dei Tessali in difesa di Ippia ............................................................ 405 La symmachìa fra Ippia e il koinòn dei Tessali 405 Questioni di carattere strategico in merito alla presenza dei Tessali in Attica 407 VI.21. La concessione di Iolco ad Ippia esule da parte dei Tessali (504 ca.)................. 409 L’offerta di Iolco: la tirannide o la dynastèia sull’insediamento 410 VI.22. Le relazioni internazionali fra Pisistratidi e Tessali sul lungo periodo.............. 412 La preesistente alleanza di Pisistrato con i Tessali (560-546) 412 11 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Indice Da Pisistrato ad Ippia: la rifunzionalizzazione anti-beotica dell’intesa con i Tessali 413 L’offerta di Iolco 415 L’intesa strutturale fra Tessali e Pisistratidi 416 VI.23. L’offerta di Antemunte ad Ippia esule da parte del sovrano macedone Aminta (504 ca.) ............................................................................................................................... 417 L’offerta della tirannide entro il legame di fedeltà alla dinastia macedone 417 Antemunte: storia e status geopolitico 418 Le ragioni di Aminta e di Ippia nell’offerta di Antemunte 420 L’intesa fra Ippia e Aminta alla luce della storia dei precedenti contatti fra Pisistratidi e Argeadi 421 L’affinità tra Argeadi e Pisistratidi nella scelta di medizzare 424 VI.24. I Pisistratidi rimasti ad Atene dopo l’espulsione della tirannide (510-487) ...... 425 Il modello storico dell’esilio moderato 426 L’ambasceria ateniese ad Artafrene (507): intervento filo-persiano dei Pisistratidi rimasti ad Atene 426 L’allontanamento dei Pisistratidi ateniesi dopo la Prima Guerra Persiana 427 PARTE VII: I PISISTRATIDI E L’IMPERO PERSIANO 429 VII.1. Il ricollocamento di Ippia e dei Pisistratidi nelle relazioni internazionali con l’impero persiano (514-490) .............................................................................................. 429 Le attestazioni dei contatti fra Ippia e l’impero persiano e la loro datazione (514-490) 430 VII.1.1. Fase I dei contatti dei Pisistratidi con la Persia: l’espansione persiana in Ellesponto e gli interessi regionali di Sigeo (514-510)..................................................... 434 Il ruolo di Sigeo entro l’impero persiano e l’estraneità dei Pisistratidi rispetto all’élite filo-persiana 435 L’alleanza con i tiranni di Lampsaco: interessi regionali di Sigeo 436 VII.1.2. Fase II dei contatti dei Pisistratidi con la Persia: la nuova tirannide di Ippia a Sigeo (510-504).................................................................................................................... 436 L’alleanza fra Atene e la Persia (507 ca.) 437 Le ancora deboli relazioni di Ippia con gli Achemenidi 438 12 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Indice Le alleanze nella Grecia continentale nei progetti di Ippia 439 VII.1.3. Fase III dei contatti dei Pisistratidi con la Persia: Ippia associato al satrapo di Sardi (504-500).................................................................................................................... 440 Dai progetti di alleanza in Ellade all’alleanza con la Persia 441 L’associazione con la Persia: un tiranno hýparchos degli Achemenidi ad Atene 442 La rottura dell’intesa fra Atene e la Persia 444 VII.1.4. Fase IV dei contatti dei Pisistratidi con la Persia: la rivolta ionica (500-493) 445 Ipotesi sull’estraneità di Sigeo alla rivolta ionica 445 Cause di attrito fra Atene e la Persia 446 La rivolta ionica 448 VII.1.5. Fase V dei contatti dei Pisistratidi con la Persia: la prima guerra persiana per la conquista di Atene e il tentativo di ripristino della tirannide di Ippia (490) ............ 448 La conquista di Atene nei progetti persiani e nei consigli di Ippia 449 Il ruolo di Ippia durante la spedizione 450 La prospettiva di una conquista pacifica 451 VII.2. I Pisistratidi della generazione successiva a Ippia alla corte di Serse durante la seconda guerra persiana (486-480) ................................................................................... 452 I Pisistratidi presso Serse nell’eziologia della seconda guerra persiana (486) 454 I Pisistratidi con Serse durante la seconda guerra persiana (480) 456 CONCLUSIONE 459 Il modello storico della tirannide: ambito privato e ambito pubblico........................... 459 Le istituzioni della politica internazionale del tiranno.................................................... 461 L’ambito regionale: caratteri strategici e politici peculiari fra livello locale e livello internazionale...................................................................................................................... 463 Continuità e discontinuità nella storia della tirannide e nel passaggio alla polis di V secolo.................................................................................................................................... 465 BIBLIOGRAFIA 469 13 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Indice APPENDICE: ENGLISH ABSTRACT 499 INTERNATIONAL POLITICS OF ARCHAIC GREEK TYRANTS: THE CASE OF ATHENS ........ 499 The research project .......................................................................................................... 500 Inclusive and exclusive choices in the selection of issues................................................ 501 Methodology ....................................................................................................................... 502 The sources 502 Source analysis and historical contextualisation 503 Reconstructing the events 503 Contents of the Thesis........................................................................................................ 505 Part I: Athens before the Peisistratids 505 Part II: Athens and the Rise of Peisistratus 506 Part III: the Alcmaeonids, opponents of the Peisistratids 510 Part IV: The Tyranny of Peisistratus 514 Part V: the Philaids 517 Part VI: the Tyranny of Hippias 522 Part VII: Peisistratids and the Persian Empire 527 Conclusions 530 14 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Indice delle illustrazioni INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI Fig. 1: il Golfo Saronico, Atene, Megara e Salamina p. 33 Fig. 2: gli alleati e le risorse di Pisistrato in occasione della battaglia di Pallene (546) p. 90 Fig. 3: Atene, Samo e lo scenario delle Cicladi p. 150 Fig. 4: genealogia dei Filaidi secondo la ricostruzione degli eventi proposta in questo scritto p. 186 Fig. 5: il Chersoneso Tracico, le poleis e le fondazioni interessate dall’attività dei Filaidi p. 222 Fig. 6: trireme Olympias varata dalla marina militare greca nel 1987 <http://www.hellenicnavy.gr> p. 227 Fig. 7: le poleis elleniche che fornirono la flotta per la spedizione scitica di Dario I p. 249 Fig. 8: Persepoli, rilievo dell’Apadana, probabile processione dei Traci <www.livius.org> p. 254 Fig. 9: Ricostruzione della struttura di V secolo dell’altare dei Dodici Dei (CAMP 2003, p. 3) p. 332 Fig. 10: l’Agora di Atene: in evidenza il perimetro dell’altare dei Dodici Dei e il percorso della Via Panatenaica (CAMP 2003, p. 3) p. 334 Fig. 11: la Beozia e la regione del confine attico-beotico, con indicazione delle località discusse p. 340 Le carte sono state realizzate dall’autore con l’ausilio del software Google Earth; lo schema in fig. 4 è stato realizzato dall’autore; le fonti delle immagini sono indicate in didascalia. 15 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene 16 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Introduzione INTRODUZIONE La tirannide costituisce uno dei fenomeni più notevoli dell’epoca arcaica; nello sviluppo della storia della Grecia e delle poleis l’operato dei tiranni segna un momento di discontinuità. La preservazione dello status quo era stata una delle caratteristiche della politica dei governi aristocratici, nella concertazione del potere fra gli esponenti politici, nelle suddivisioni sociali ed economiche, nella vita politica interna come nella proiezione della polis sul piano internazionale. Il tiranno scardinò la concertata e condivisa conduzione della politica perché sbilanciò l’equilibrio del potere accentrando su di sé e sulla propria famiglia la direzione della polis. La discontinuità che la tirannide segna nella storia della polis si riconosce nel nuovo dinamismo che la sua direzione politica impartisce a vari livelli della politica e della società. Il carattere intraprendente dell’azione dei tiranni emerge tanto nella gestione delle rispettive poleis quanto nella loro autoaffermazione entro il sistema internazionale della Grecità. Emerge per tutte le tirannidi una profonda attenzione all’ambito internazionale, nello stringere contatti personali o interpersonali con altri soggetti rilevanti, oppure nell’indirizzare la politica estera delle rispettive poleis1. Le ragioni del dinamismo con cui il tiranno si affacciò al di fuori della propria polis devono essenzialmente ricondursi alla forma del suo potere autocratico. Il tiranno afferma il proprio potere politico personale a scapito dell’aristocrazia locale: è perciò generalmente preclusa al tiranno la costruzione di intese affidabili con i concittadini aristocratici suoi pari; al contrario le famiglie aristocratiche locali unendo le proprie forze contro la sua autorità. Diviene dunque essenziale per il tiranno appoggiarsi ad una rete di contatti e alleanze con soggetti di pari levatura, potere e capacità al di fuori della sua polis, sul piano internazionale: alleati internazionali disinteressati ad acquisire potere personale nella sua polis possono garantire strumenti necessari a preservare la sua posizione di comando, intervenendo dall’esterno, fornendo le risorse di volta in volta necessarie, oppure offrendo ospitalità e rifugio sicuri. Per altro verso l’autoaffermazione del tiranno entro l’élite panellenica costituisce un motivo di prestigio e legittimazione parimenti fra i Greci e fra i suoi concittadini. Altra causa dello speciale attivismo dei tiranni sul piano internazionale si riconduce al fatto che questi sono in 1 URE 1922; WHITE 1955; ANDREWES 1958, pp. 7-19; BERVE 1967, pp. 3-122; MOSSÉ 1969, pp. 3-10; SNODGRASS 1980, pp. 90-116; HAMMOND 1982 b, pp. 341-359; MCGLEW 1994; MURRAY 1996, pp. 169-194; CAWKWELL 1995; DE LIBERO 1996, pp. 389-417; STEIN HÖLKESKAMP 1996; MORGAN 2003; MUSTI 2006, pp. 160-178, 233251; PARKER 2007, pp. 13-39; STEIN HÖLKESKAMP 2009, pp. 100-116. 17 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Introduzione grado di esercitare sulla polis un controllo centralizzante, pervasivo e soprattutto continuativo: ciò consente di impiegare le risorse del tiranno medesimo e insieme della comunità secondo direttrici strategiche chiare, anno dopo anno, da una generazione a quella successiva ed omogeneamente in tutti gli ambiti, diplomatici, militari o strategici in cui il tiranno e i suoi affiliati godono di libertà di azione2. Il nuovo dinamismo delle relazioni internazionali di cui sono protagonisti i tiranni trova anche una causa strutturale e storica nell’espansione stessa della Grecità in epoca arcaica: cioè da un lato nella colonizzazione e d’altro lato nel contatto con le civiltà orientali3. Nel momento dunque in cui i Greci assunsero una più coerente coscienza della propria identità culturale (tò Hellenikòn) si diede anche nuova propulsione alla costruzione dei contatti fra poleis e poleis e fra Greci e Barbari e su areali più ampi4. La consolidata tradizione diplomatica delle civiltà orientali poté fornire utili modelli alla messa a punto delle necessarie istituzioni5. Questa riflessione si innestò a sua volta su una tradizione antropologica di contatti interfamiliari e interpersonali aristocratici e di solide istituzioni di reciprocità testimoniata già precocemente dalla diplomazia dei basiléis omerici6. I tiranni giunti al potere nelle poleis elleniche da subito proiettano le proprie personalità e le proprie poleis sul piano internazionale, seguendo i fermenti della loro epoca e perseguendo tanto il proprio vantaggio personale e dei loro affiliati, quanto quello delle proprie poleis e dei propri concittadini. L’ampia diffusione della tirannide nelle poleis greche, le reti di molteplici contatti personali e pubblici costruite dai tiranni e contemporaneamente il riconfigurarsi di una nuova mappa della Grecità nell’epoca arcaica fondano in conclusione il presupposto secondo cui lo studio della politica internazionale dei tiranni arcaici finisce col fornire de facto una ricostruzione dell’intero sistema internazionale della Grecia e del Mediterraneo. Il progetto di ricerca L’obiettivo della ricerca è quello di fornire una raccolta e uno studio di tutte le attestazioni di contatti e di attività condotte dai tiranni di Atene al di fuori della polis nell’epoca arcaica. 2 ROBINSON 1936, pp. 68-71; DEN BOER 1969; MOSSÉ 1969, pp. 87-90; DAVERIO ROCCHI 1973, pp. 92-116; GERNET 1983, pp. 277-285; HERMAN 1987, pp. 28-29, 73-106; DE LIBERO 1996, pp. 389-413; MURRAY 1996, pp. 169-178; NIPPEL 1996, pp. 168-169; STEIN HÖLKESKAMP 1996, pp. 653-679; HARRIS 1997, pp. 58s.; LAVELLE 1997; MITCHELL 1997, pp. 46-51; SALMON 1997, pp. 195-229; BERENT 2000, p. 260-280; WILSON 2000, pp. 640641; ANDERSON 2005; MUSTI 2006, pp. 160-178; HALL 2007, pp. 138-145; MAZZARINO 2007, p. 27; STEIN HÖLKESKAMP 2009, pp. 114-115. 3 WHITE 1961, pp. 450-454; NENCI 1981; CAMASSA 1996, pp. 565-567; MURRAY 1996, pp. 129-154 4 PHILLIPSON 1911, pp. 27-64; CALABI 1953; SNODGRASS 1980, pp. 49-84; CAMASSA 1996, soprattutto pp. 565567; DAVERIO ROCCHI 1999, pp. 19-66; MORRIS 2009, pp. 64-80. 5 NENCI 1981; BURKERT 1992; MURRAY 1996, pp. 105-128; NIPPEL 1996, p. 166; 6 MITCHELL 1997, pp. 23-51; JONES 1999, pp. 13s.; BERENT 2000. 18 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Introduzione I soggetti presi in esame sono in primo luogo gli individui e le famiglie tiranniche: Cilone, tutte le generazioni dei Pisistratidi, i Filaidi che tennero una tirannide nel Chersoneso Tracico. Riceve trattazione anche la famiglia degli Alcmeonidi nonostante non fossero tiranni: anch’essi nondimeno sono al centro di un’attiva rete di alleanze internazionali la cui ricostruzione fornisce, per difetto, il quadro degli ambiti preclusi all’iniziativa dei Pisistratidi. Insieme ai soggetti ateniesi la ricerca ha considerato con altrettanta attenzione lo studio delle loro controparti nei contatti al di fuori di Atene: altri tiranni o altre famiglie aristocratiche, poleis, èthne, sovrani e re, santuari, comunità e unità sociali non solo entro la Grecia, ma anche popoli anellenici quali Lidi, Traci, Persiani e le loro eventuali istituzioni entrate in azione. Il criterio per la selezione delle attività è ampiamente inclusivo: si esamina qualunque forma di contatto, iniziativa, o attività che esuli dal territorio di Atene, in cui ebbero un ruolo i soggetti tirannici o para-tirannici ateniesi. Rientrano nella ricerca i contatti interpersonali e familiari: forme di reciprocità, philìa, xenìa, matrimonio, adozione, aiuto nella forma di trasferimento di risorse o di pressione diplomatica, attività presso i santuari. Altrettanto però le attività internazionali dei tiranni riguardano la politica estera di Atene: perciò nella casistica presa in esame si riscontrano anche alleanze e trattati, symmachìa, xenìa metapoleica, guerra, sinecismi e forme di sympolitèia, fondazioni coloniali, attività commerciale o navale. L’obiettivo primario della ricerca è di ricostruire una storia diacronica delle attività extrapoleiche dei tiranni di Atene e in senso lato delle famiglie ad essi associate o avverse, nonché della conduzione della politica estera di Atene durante il governo di tali soggetti. Risultato complementare è quello di fornire il quadro storico di un segmento del sistema internazionale della Grecia e del Mediterraneo in epoca arcaica. Le scelte inclusive ed esclusive nella selezione dei temi L’ampiezza degli obiettivi e dei temi inclusi nella ricerca impone le scelte terminologiche compiute nel titolo al fine di conservare il carattere inclusivo dell’approccio adoperato. Si è scelto di individuare il soggetto della ricerca nella “politica internazionale”, piuttosto che definirlo come “relazioni internazionali”, oppure “contatti internazionali”. La scelta compiuta lascia aperto riferimento sia alle iniziative private del tiranno che alla sua gestione “pubblica” della polis. In entrambi gli ambiti l’attività e gli obiettivi del tiranno furono essenzialmente politici: orientati alla preservazione del suo potere oppure della posizione della propria polis. Si è scelto l’aggettivo apparentemente anacronistico di “internazionale”, piuttosto che definire il tema con le locuzioni “politica interfamiliare”, “politica interpoleica”, oppure “interstatale”. Le alternative limiterebbero la definizione ad una o più categorie di interlocutori 19 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Introduzione dei tiranni, oppure ad un ambito specifico delle loro iniziative in senso politico o in senso culturale. Per preservare la varietà e l’ampiezza politica, sociale e culturale delle interazioni e dell’attività dei tiranni, “politica internazionale” pare dunque essere la definizione più inclusiva. La ricerca è incentrata sulla storia della polis di Atene e dei soggetti con essa entrati in contatto: una serie di ragioni metodologiche e pratiche fondano questa scelta. Fin dall’analisi preliminare delle fonti questa polis ha dimostrato rispetto alle altre una sproporzionata ricchezza di documentazione utile; ad Atene afferiscono numerosi individui tirannici e altrettante personalità anti- o para-tiranniche, quando si considerino tutti i membri dei Pisistratidi, dei Filaidi e degli Alcmeonidi e le loro reti di affiliati. Le famiglie tiranniche ateniesi e la polis di Atene forniscono una serie di istanze di attività internazionali particolarmente numerosa; inoltre questi soggetti spinsero quelle attività su un esteso areale geopolitico. In questo senso dunque la narrazione storica incentrata su Atene, insieme all’analisi attenta delle controparti internazionali, fornisce la traccia per fare luce su molte delle circostanze e dei fenomeni che formano il più ampio sistema internazionale della Grecità e dell’Egeo nella seconda metà del VI secolo. Metodologia Le fonti Il lavoro di ricerca è iniziato, come è ovvio, da uno spoglio delle fonti storiografiche e più in generale letterarie, tra cui campeggiano Erodoto, Tucidide, l’Aristotele dell’Athenàion Politèia e Plutarco; obiettivo preliminare è stato quello di compilare una raccolta delle attestazioni delle attività extra-poleiche dei tiranni; si sono prese in considerazione buona parte delle poleis tiranniche arcaiche che pure non sono confluite nell’esposizione, ma hanno d’altronde fornito un bacino di testimonianze importante per disporre di termini di paragone per l’analisi delle tirannidi ateniesi. L’esposizione di ciascun caso di studio prende dunque l’avvio dalle notizie reperite tramite lo spoglio della documentazione letteraria; questa, quando possibile, viene in ogni caso integrata con i dati forniti dall’epigrafia, dall’archeologia e a volte dalla numismatica. La definizione inclusiva che si è adottata della politica internazionale tirannica rende conto del fatto che il tiranno non solo era impegnato nella costruzione dei contatti interpersonali e familiari, ma altrettanto egli era l’esponente sul piano internazionale dei propri concittadini nelle questioni interstatali e soprattutto era uno dei principali soggetti coinvolti nella scelta e nella conduzione della politica estera della polis. In questo senso dunque nella storia dell’attività internazionale dei tiranni ateniesi vengono coinvolti fenomeni economici e sociali 20 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Introduzione di portata appunto pubblica e civica, per i quali le fonti materiali costituiscono testimonianze importanti. Fonti epigrafiche ed archeologiche e le strategie economiche e sociali su cui informano, costituiscono altresì un termine per verificare la storicità, l’efficacia oppure la ricaduta civica delle iniziative internazionali attribuite al tiranno. L’analisi delle fonti e la contestualizzazione storica In ogni caso di studio in cui si introduce una nuova testimonianza storiografica si procede sempre ad una critica di ciascuna fonte: sia con una riflessione sui propositi politici e storici dell’autore, sia con l’analisi narratologica del passo in sé e della sua funzione nel progetto dell’opera. La presente ricerca fonda i propri presupposti anche sulla definizione delle istituzioni e delle forme di contatto che furono gli strumenti della politica internazionale tirannica; d’altro canto la ricostruzione della storia dell’epoca arcaica risente sempre del divario temporale fra gli eventi e le fonti storiografiche che ne tramandarono la storia: nella critica delle fonti si presta dunque attenzione speciale all’analisi del lessico istituzionale sia per identificare la portata politica dei contatti, sia per escludere la possibilità di interpretazioni anacronistiche. Questa rilettura critica preliminare dei dati e delle fonti mira in conclusione a verificare la storicità delle informazioni pervenute e dunque infine a ricomporre una più sicura ricostruzione degli eventi. Tale ricostruzione storica si combina in ciascun caso ad un lavoro sulla collocazione cronologica degli eventi, relativa oppure assoluta. In merito alla cronologia, la ricerca moderna su molti eventi dell’epoca arcaica dimostra spesso una varietà di posizioni e la difficoltà di disporre di una communis opinio incontestabile; proprio l’approccio internazionale, mettendo in contatto soggetti e poleis fra loro distanti, ha qualche volta fornito nuovi termini di confronto cronologico. La ricostruzione dei fatti Si apre a questo punto la via alla discussione storica, alla ricerca causale, all’analisi vera e propria del contatto o dell’iniziativa tirannica. Una necessità imprescindibile è quella di individuare in maniera precisa e critica gli attori coinvolti: definire cioè il valore, il peso e la rappresentatività politica delle controparti attive nel contatto. In questa fase si verifica se e in che misura il tiranno e la controparte agiscono a titolo personale o pubblico. Chiariti i soggetti, si discute sempre della forma in cui avviene il contatto o l’intervento extra-poleico: ci si chiede insomma quali strumenti diplomatici vengono di volta in volta adoperati. In questa discussione riemerge l’utilità dell’analisi testuale e lessicale preliminare. 21 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Introduzione Una comprensione appropriata degli strumenti messi in atto porta alla luce il valore più o meno vincolante delle relazioni in esame. Questa sezione analitica dell’esposizione richiede sempre una contestualizzazione degli eventi. La contestualizzazione è politica, geografica e storica e riguarda sempre entrambe le controparti dei termini dei contatti presi in esame. Fulcro dell’analisi è la comprensione dei nessi causali, dei moventi e degli obiettivi inerenti alle scelte dei tiranni e dei loro interlocutori nella conduzione della politica internazionale. Si riscontra spesso l’opportunità di esporre i moventi dei tiranni entro molteplici livelli: gli obietti perseguiti rispondono infatti quasi sempre sia a interessi personali che a quelli della famiglia, sia agli interessi della rete di alleati che alle necessità della polis. In ultima istanza, oppure in capitoli specifici, la ricostruzione che ha preso forma viene inserita in una prospettiva diacronica sia, specificamente, dell’attività internazionale del tiranno e della sua famiglia, sia dello sviluppo del sistema internazionale, in senso lato. Si cercano cioè le premesse storiche che condussero alle circostanze del caso; per converso si indaga sullo sviluppo successivo degli eventi messi in moto dall’intervento del tiranno. Questo tipo di analisi ha, in molti casi, approfondito i nessi causali e le origini del caso di studio. Il risultato di questa verifica è di comprendere come il tiranno si inserisce in una tradizione di famiglia oppure entro la politica estera di lungo corso, ovvero strutturale, della propria polis. In altri termini dunque si vuole mettere in evidenza il significato storico del tiranno e della sua politica internazionale. In conclusione si ritiene che il metodo analitico seguito giunga a ricostruire la politica internazionale dei tiranni sia nelle circostanze immediate, sia nelle cause profonde e di lungo corso; si mettono in luce le premesse, le connessioni e le ricadute delle attività extra-poleiche entro gli obiettivi di potere del tiranno stesso così come nella storia della polis. L’approccio è inclusivo: in tutti i passaggi cioè si dedica all’oggetto o alla controparte dell’attività del tiranno al di fuori di Atene la medesima attenzione che si dedica al tiranno stesso. Solo con questo approccio ritengo si possa conseguire l’obiettivo non solo di narrare la storia della politica internazionale delle tirannidi di Atene, ma in senso lato di fornire anche una ricostruzione organica del sistema internazionale della Grecia arcaica. I contenuti della tesi Criterio fondamentale per l’esposizione dei risultati è quello cronologico; in alcune sezioni si è scelto di mantenere un’unità tematica seguendo lungo una serie di eventi un medesimo soggetto, ovvero un tiranno oppure una famiglia aristocratica o tirannica. 22 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Introduzione La macrosezione I è dedicata alle vicende antecedenti l’attività di Pisistrato; vi compare il tentativo tirannico di Cilone: più antica testimonianza di tirannide per Atene. A riprova dell’aspetto pervasivo delle relazioni internazionali nella tirannide, già questo primissimo caso dimostra completa afferenza alla questioni del sistema internazionale. Nella parte I si colloca una verifica delle prime attestazioni di relazioni internazionali dei Pisistratidi nella generazione precedente l’omonimo tiranno. La parte II introduce la tirannide di Pisistrato nel periodo della sua ascesa al potere, negli anni confusi della prima tirannide, del primo esilio, della seconda tirannide e del secondo esilio: ovvero prima dell’affermazione definitiva e duratura della tirannide. Proprio questo periodo di mobilità costituisce un caso paradigmatico per il problema delle relazioni internazionali e della collocazione politica e geografica dei Pisistratidi nel sistema internazionale. Chiude la sezione la notizia della presa definitiva della tirannide: non solo un caposaldo cronologico, ma anche una notizia essenziale per la conoscenza della rete di alleati esterni che consentirono la sua affermazione. La macrosezione III interrompe il discorso su Pisistrato per fornire un quadro completo dei suoi avversari: la famiglia aristocratica ateniese degli Alcmeonidi. Di questo gènos si ricostruisce per intero la storia della rete di contatti internazionali che operarono contro la tirannide dei Pisistratidi. Di particolare interesse è il duraturo legame degli Alcmeonidi con il santuario di Delfi. La parte IV riprende la narrazione dalla terza e definitiva tirannide di Pisistrato. Questo periodo segna l’ampiezza dei progetti che Pisistrato perseguì per sé e insieme per Atene. Tema centrale si riconosce nella politica marittima verso le Cicladi e verso l’Ellesponto. Si ricostruisce inoltre il caposaldo economico e strategico che l’insediamento familiare presso il mt. Pangeo rappresentò sul lungo termine. Nella parte V di nuovo la storia della tirannide pisistratide deve essere interrotta per condurre l’esplorazione diacronica delle vicende internazionali della famiglia dei Filaidi, tiranni essi stessi in Chersoneso Tracico. La narrazione e l’origine stessa della tirannide filaide si lega alla politica marittima di Pisistrato sopramenzionata. Per chiarezza narrativa si è preferito seguire dall’origine l’intero arco cronologico della tirannide dei Filaidi. L’integrazione fra la storia della politica internazionale dei Pisistratidi e quella dei Filaidi mette in luce un’intesa sia interfamiliare sia funzionale agli interessi della polis. Nel giungere agli ultimi anni della tirannide del Chersoneso la ricerca incorre nella necessità di un ampio excursus sui cambiamenti epocali nel sistema internazionale che seguirono all’espansione dell’impero persiano: queste vicende interessarono sia la tirannide dei Filaidi e dei Pisistratidi nello 23 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Introduzione specifico, sia gli interessi internazionali della polis di Atene, sia l’evoluzione storica del fenomeno stesso della tirannide. La macrosezione VI riprende definitivamente la narrazione della tirannide dei Pisistratidi seguendo lo sviluppo degli interessi internazionali della famiglia nella seconda generazione di Ippia, Ipparco ed Egesistrato; specificamente viene tracciato il quadro completo della tirannide di Ippia. Il tirannicidio di Ipparco segna uno spartiacque drammatico nella conduzione delle relazioni internazionali di Ippia; ciononostante la parte VI continua il resoconto diacronico della tirannide di Ippia fino alla sua espulsione da Atene. Il filo narrativo che parte da Pisistrato, passa ai figli, poi a Ippia e attraverso il tirannicidio fino all’espulsione offre rilevanti considerazioni sulla questione della continuità e discontinuità storica, considerazioni che verranno riprese nella conclusione della tesi. L’ultima e VII parte segue Ippia e i Pisistratidi anche negli anni successivi alla fine della tirannide ad Atene. La tirannide è in questi anni non più ateniese ma localizzata nondimeno a Sigeo. Tema centrale di questa parte e di questo periodo è lo slittamento dei Pisistratidi entro l’orbita del sistema internazionale governato dal potere dell’impero persiano. Questa macrosezione è a sua volta suddivisa in una serie di ampi capitoli per marcare le fasi dinamiche dell’avvicinamento di Ippia alla Persia e parallelamente il sorgere delle circostanze che condussero alla prima guerra persiana: ovvero il coronamento e al contempo la fine del ruolo internazionale di Ippia. Chiudono lo scritto le ultime vicende, in ordine cronologico, in cui si riconosce l’intervento della famiglia dei Pisistratidi. Nell’analisi dei singoli casi si è di volta in volta fornita un’ampia contestualizzazione degli eventi, conclusioni sulle cause circostanziali e sulle cause profonde e una ricerca sulle implicazioni a breve e lungo corso: dunque gli obiettivi e le conclusioni generali della ricerca, ovvero la stesura di una storia della politica internazionale delle tirannidi ateniesi e la formulazione del quadro più ampio del sistema internazionale in cui quei tiranni operarono, trovano già espressione nel corpo stesso dell’esposizione. Si è perciò colta l’opportunità di affrontare nella conclusione del lavoro alcune considerazioni piuttosto di natura metodologica volte a chiarire quali modelli storici interpretativi risultino validi per la comprensione del fenomeno storico della tirannide e della politica internazionale nell’epoca arcaica. Si riconferma la difficoltà di tracciare il discrimine fra ambito privato e ambito pubblico nella gestione del potere da parte del tiranno; nell’ambito della politica internazionale tirannica ne consegue una altrettanto problematica categorizzazione nel distinguere fra contatti interaristocratici e diplomazia interstatale, essenzialmente strumenti di un unico attivismo del tiranno al di fuori della polis. A fondamento della ricerca si è posto il binomio fra ambito locale 24 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Introduzione e ambito internazionale: uno sguardo retrospettivo sui molteplici casi studiati porta alla luce la necessità di aggiungere a quel binomio la categoria specifica dell’ambito regionale. Infine si presta a una riflessione l’evidente fenomeno della continuità degli interessi internazionali dei tiranni e della polis, sia dal punto di vista sincronico e politico, sia dal punto di vista diacronico e storico: in questa direzione si apre la via a nuovi percorsi di ricerca che travalicano il soggetto stesso della storia della tirannide. Tutte le date menzionate in questo scritto sono da intendersi a.C., quando non diversamente specificato. Nelle citazioni degli autori antichi e delle opere si è adottata la lista delle abbreviazioni usata in Montanari 2004, con alcuni scostamenti per rendere il riconoscimento più semplice. A questi criteri si aggiunga la convenzione di citare CANCIK H. – SCHNEIDER H. – LANDFESTER M. – SALAZAR C.F. – ORTON D.E. (a cura di), Brill's New Pauly: Encyclopaedia of the Ancient World, Boston – Leiden 2007 con la sigla BNP e la convenzione di citare WORTHINGTON I. et alii (a cura di), Brill's New Jacoby, Leiden 2007 con la sigla BNJ. 25 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Introduzione 26 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi PARTE I: ATENE PRIMA DEI PISISTRATIDI I.1. Cilone (636 a.C.) Il tentativo di tirannide e il suo fallimento Nella seconda metà del VII secolo ebbe luogo il primo tentativo di instaurazione di una tirannide ad Atene da parte del nobile Cilone; malgrado l’iniziativa si sia risolta in un fallimento, rimane ad ogni conto un elemento significativo per questa ricerca. In primo luogo può essere considerato come il primo evento della storia politica ateniese che la storiografia può ricostruire con un certo grado di precisione e storicità1: l’analisi di questa vicenda fornisce l’occasione di verificare la posizione di Atene e della sua aristocrazia nello scenario internazionale dell’epoca arcaica. Soprattutto il caso di Cilone mostra con chiarezza i modi in cui le tirannidi operarono nello sviluppo e nel mantenimento del proprio potere, combinando politica interna e politica estera. La prima notizia storica in merito a Cilone lo identifica come un membro della nobiltà ateniese (εὐγενής τε καὶ δυνατός) e come un vincitore olimpico nella gara del dìaulos, in occasione della 35a Olimpiade, nel 6402. Più di una fonte ci informa del fatto che Cilone fu genero del tiranno di Megara Teagene, avendone sposato la figlia3. Secondo la notizia fornita da Tucidide, prima di procedere al tentativo tirannico, Cilone consultò l’oracolo di Delfi, ricevendone l’approvazione per via di un responso favorevole4. Sulla base della data tramandata per la vittoria olimpica di Cilone e sulla base del racconto tucidideo che lega la scelta di Cilone all’attività agonistica, la ricostruzione più diffusa colloca il tentativo tirannico all’Olimpiade successiva, dunque nel 636. Alcuni studiosi associano la data ad una Olimpiade, ma non necessariamente a quella immediatamente successiva, abbassandola dunque al 632, o poco più tardi; senz’altro il tentativo va collocato prima della legislazione di Draconte del 6245. 1 ANDREWES 1982 a, p. 368. Estrema cautela critica nell’accettare i dati forniti dalle fonti relative a Cilone in LANG 1967. 2 Hdt. V 71; Thuc. I 126.3; Euseb. Chron. arm. pp. 287s. Aucher. MORETTI 1957, n. 56. 3 Thuc. I 126.3; Paus. I 28.1, 40.1. 4 Thuc. I 126.4. ANDREWES 1982 a, p. 369. 5 BERVE 1967, pp. 41-47. Sulla datazione del tentativo ciloniano vd. RHODES 1981, P. 81s.; contra DUPLOUY 2006, p. 85 in cui la vittoria agonistica è datata al 598 e il tentativo tirannico al 597/6. Alla discussione è aggiunto un prospetto delle datazioni proposte dalla critica in WRIGHT 1892, pp. 10-13; PRANDI 2000, p. 9; NENCI 2006, pp. 262s. Sulla relazione cronologica con la legislazione di Draconte vd. JACOBY 1949, p. 366, n. 77; BERVE 1967, pp. 42-47. 27 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi Ad Atene Cilone agì con l’appoggio di una eteria, o di un gruppo di philòi6, e con un corpo di spedizione militare fornitogli dal suocero Teagene. I Ciloniani volsero alla conquista dell’Acropoli decisi a impadronirsi del potere politico. Secondo il breve resoconto di Erodoto, gli attentatori non riuscirono ad occupare la roccaforte e furono subito sconfitti7. Pare più fededegna8 d’altronde una seconda versione, fornita da Tucidide e corroborata dalle notizie di Plutarco secondo la quale i Ciloniani riuscirono effettivamente ad occupare l’acropoli, ma furono presto sottoposti ad un lungo assedio. La popolazione ateniese accorse infatti dai campi, e si oppose ai Ciloniani; l’assedio si protrasse a lungo e dunque l’iniziativa fu demandata ai magistrati cittadini; infine gli attentatori cedettero per fame9. Tutte le fonti dunque riportano una conclusione fallimentare per il tentativo di Cilone e contengono le notorie informazioni sul sacrilegio compiuto dagli Alcmeonidi contro i Ciloniani. I Ciloniani accettarono di arrendersi, ponendosi come supplici presso le aree sacre della polis, al fine di avere salva la vita10. Gli arconti che erano incaricati dell’assedio e della risoluzione del conflitto ruppero i vincoli sacri che proteggevano i Ciloniani e il gruppo fu massacrato. Secondo la tradizione, Megacle I del gènos degli Alcmeonidi era alla testa del gruppo di magistrati e sulla famiglia ricadde dunque la responsabilità della decisione di trasgredire le leggi sacre che garantivano l’incolumità di Cilone e dei suoi. Per questo motivo il gènos fu ritenuto sacrilego, processato e condannato all’esilio11. La tradizione preservata da Tucidide registra la fuga di Cilone e del fratello senza però dare ulteriori informazioni12 e concorda con questo quadro di continuità la notizia di Plutarco secondo cui le fazioni dei Ciloniani e degli associati di Megacle rimasero in seguito acerrime nemiche13. La vittoria olimpica e l’appoggio di Delfi È evidente dal resoconto fornito che, malgrado Cilone non sia giunto mai ad esercitare la tirannide, il personaggio rimane di grande interesse al fine di questa ricerca, considerando il suo 6 Hdt. V 71.1 tramanda che Cilone agì con l’aiuto di una eterìa di coetanei (δὲ ἑταιρηίην τῶν ἡλικιωτέων); invece Thuc. I 126.5 ritiene che Cilone persuase all’azione i propri phìloi (τοὺς φίλους ἀναπείσας). 7 Hdt. V 71. 8 Opinione contraria è espressa in LANG 1967, pp. 143s., 147. 9 Thuc. I 126; Plut. Sol. 12.1s. 10 Hdt. V 70s.; Thuc. I 126.11; Plut. Sol. 12.1. Le fonti collocano il luogo della supplica alla divinità presso differenti luoghi cultuali del tessuto urbano ateniese, altari, statue o santuari, ma condividono il fulcro narrativo. Secondo Erodoto Cilone trovò rifugio nell’inviolabilità sacra della supplica alla divinità presso la statua di Atena sull’Acropoli. Le versioni di Tucidide e di Plutarco sostanzialmente collimano sulla geografia della supplica e dell’assassinio dei Ciloniani nel collocare i Ciloniani come supplici dapprima presso l’altare dell’Acropoli e in un secondo momento, presso il santuario e gli altari delle Erenni, o Eumenidi, fra l’Acropoli e l’Areopago. MORRIS 1891, ad Thuc. I 126; CARTWRIGHT-WARNER 1977, p. 81; JOHNSTON 2010, s.v. “Erinys”. 11 Thuc. I 126.12; Heracl. Lemb. Exc. Polit. F. 2; Plut. Sol. 12.1-3. WRIGHT 1892, pp. 11, 13-18, 24, 28-36; CADOUX 1948, p. 91 ; RAAFLAUB 1996, pp. 1048s. sulla memoria storica del sacrilegio. 12 Thuc. I 126.12. 13 Plut. Sol. 12.2. 28 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi profilo sociale, il comportamento politico ad Atene e l’esercizio della diplomazia interpersonale extra-poleica. Le fonti concordano nell’attribuire a Cilone un’ascendenza nobile e la vittoria nell’Olimpiade del 64014. L’associazione fra l’attività agonistica panellenica e l’affermazione di prestigio politico era una pratica consolidata presso l’élite aristocratica greca, in grado maggiore per l’epoca arcaica15. Anche nella breve nota cronografica di Eusebio i due eventi della vittoria olimpica e della tirannide vengono menzionati insieme16. La vittoria nella gara del dìaulos alla Olimpiade XXXV contribuisce peraltro a chiarire il prosieguo della vicenda di Cilone e le scelte che egli operò. Secondo il resoconto di Tucidide, Cilone interpellò l’oracolo di Delfi ricercandone l’approvazione al suo progetto tirannico: il responso, inequivocabilmente positivo, incoraggiava Cilone ad occupare l’acropoli “durante la più grande festa di Zeus” e Cilone interpretò le parole come un riferimento alle Olimpiadi. Se consideriamo la fama e il prestigio internazionali che derivavano dalle vittorie olimpiche, fu naturale per il clero di Delfi e per Cilone considerare la festività panellenica come un momento propizio e strategico per la sua presa di potere: un momento in cui Cilone avrebbe potuto fare leva sulla sua fama di olimpionico per godere di un più ampio appoggio interno e di un inequivocabile riconoscimento internazionale. Lo stesso testo tucidideo attribuisce esplicitamente a Cilone questa associazione fra vittoria agonistica e successo politico17. La scelta del momento delle feste olimpiche avrebbe a mio avviso assicurato anche un vantaggio circostanziale oltre che di prestigio: in quel momento alcuni degli aristocratici ateniesi più influenti si trovavano probabilmente ad Olimpia per partecipare agli agoni e non avrebbero potuto opporsi dunque all’iniziativa di Cilone ad Atene. La critica ha proposto numerose date, alla fine del VII secolo e successive alla Olimpiade XXXV, in cui collocare l’iniziativa di Cilone18; tuttavia, sulla base delle riflessioni ora esposte, mi pare assuma maggiore cogenza l’ipotesi che gli eventi si siano verificati in un arco di tempo ristretto e in prossimità temporale alla vittoria olimpica: perciò ritengo accettabile datare il tentativo tirannico di Cilone al 636. Tucidide offre un’analisi del responso delfico secondo la quale Cilone interpretò male le parole della Pizia che si riferivano non alla massima festa panellenica di Zeus, quanto piuttosto alla maggiore festa ateniese di questa divinità, e dunque alle Dionisie attiche in onore di Zeus 14 Hdt. V 71; Thuc. I 126.3; Euseb. Chron. arm. pp. 287s. Aucher. Una simile associazione fra festività religiose e acquisizione della tirannide viene tramandata anche per Policrate di Samo: Polyaen. I 23. 16 Euseb. Chron. arm. pp. 287s. Aucher. 17 Thuc. I 126.3-5. ANDREWES 1982 a, p. 369. 18 La lista delle diverse date proposte dalla critica moderna inizia con la Olimpiade XXV, del 640, e tutte le successive fino alla XLVI, nel 596: WRIGHT 1892; NENCI 2006, pp. 262-266. 15 29 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi Meilichio19. Questa interpretazione è evidentemente una congettura post eventum dello storico o delle sue fonti; si tratta forse una versione messa in circolazione dalla propaganda delfica negli anni successivi alla Guerra Sacra, per dissociarsi dai Ciloniani e costruire relazioni positive con gli Alcmeonidi loro avversari e vincitori del conflitto contro Crisa. È evidente che il santuario appoggiò invece Cilone e il progetto di tirannide, in linea con una tendenza filo-tirannica dimostrata anche nei responsi a Cipselo e a Solone20. Il matrimonio con la figlia di Teagene di Megara I centri cultuali panellenici e la visibilità pubblica derivata dalla partecipazione e dalla vittoria agli agoni costituirono momenti utili per l’affermazione personale degli aristocratici ellenici e uno strumento per l’ampliamento delle proprie reti di contatti internazionali. La fama internazionale guadagnata con la vittoria olimpica può avere costituito dunque il movente e l’occasione per Cilone per stabilire relazioni personali con Teagene, tiranno di Megara. Tucidide e Pausania menzionano il fatto che Cilone avesse sposato la figlia di Teagene, allora tiranno di Megara21. La pratica di istituire relazioni personali al di fuori della polis è una caratteristica fondamentale della diplomazia tirannica e aristocratica in genere. Il legame familiare assicurato dal matrimonio costituiva testimonianza di compatibilità e intesa fra la posizioni nello scenario internazionale di Cilone e Teagene e la garanzia di appoggio reciproco fra i due nei rispettivi progetti politici e nell’ampliamento delle loro capacità di azione internazionale22. Sulla base di questo rapporto inter-familiare, Cilone poté fare affidamento su una forza armata (dýnamis) fornita dal suocero Teagene, quando procedette alla conquista dell’acropoli ateniese. Gli armati procedenti da Megara si andarono ad aggiungere alla fazione politica ateniese di Cilone, a cui le fonti fanno riferimento nei termini di hetàiroi o di philòi. L’esercizio della violenza fu uno dei fattori costanti della gestione della politica da parte delle aristocrazie arcaiche. I tiranni si distinsero per la capacità di disporre non solo dei propri partigiani politici, ma anche di contingenti armati provenienti dall’esterno della polis23. Si è detto che la diplomazia inter-personale dei tiranni si fondava sul costante principio della reciprocità: è necessario dunque verificare quali moventi politici, locali e internazionali, soggiacevano all’intesa fra Cilone e Teagene e alla generosità di quest’ultimo nel fornire i propri armati al genero. Per Cilone l’alleanza matrimoniale trova una giustificazione evidente: i 19 Thuc. I 126.5s.. SHAPIRO 1989, pp. 112s. FORREST 1956, pp. 39-42. 21 Thuc. I 126.3; Paus. I 40.1. BERVE 1967, pp. 33s. 22 PRANDI 2000, p. 10. 23 BERVE 1967, p. 33s. 20 30 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi soldati di Teagene avrebbero garantito un margine di superiorità militare che avrebbe permesso di sconfiggere le fazioni avversarie ad Atene, conquistare l’acropoli e mantenere poi il potere personale. La guerra fra Atene e Megara per il controllo di Salamina La posizione di Teagene trova invece una giustificazione nel quadro della contesa armata fra Atene e Megara: un conflitto che segnò i rapporti fra le due poleis e le rispettive posizioni nello scenario internazionale ellenico per buona parte dell’epoca arcaica24. La biografia plutarchea di Solone fornisce le informazioni più utili al fine di ricostruire questo conflitto e al fine di metterlo in relazione con il tentativo tirannico di Cilone25; tuttavia la ricostruzione storica di questo conflitto è piuttosto ardua e non giova all’analisi che qui si vuole condurre26. Le prime attestazioni risalgono all’attività di Solone prima del suo arcontato nel 594 e trovano testimonianza negli stessi frammenti del legislatore arcaico27; il conflitto si prolungò fino alla metà del VI secolo quando vi prese parte Pisistrato, prima della tirannide28, e pare si sia stato concluso da un arbitrato di giudici spartani che alcuni studiosi collocano addirittura alla fine del VI secolo29. Già all’epoca di Solone, Ateniesi e Megaresi entrambi rivendicavano diritti su Salamina sulla base delle tradizioni omeriche e delle prove archeologiche. Indipendentemente dall’affidabilità delle fonti e dalla veridicità delle giustificazioni archeologiche, questi elementi attestano a mio avviso un’occupazione contestata di Salamina da parte delle due poleis risalente epoca molto antica. Salamina si trova in una posizione dominante nel Golfo Saronico ed equidistante da Megara e Atene; il possesso di quest’isola avrebbe assicurato il dominio delle rotte da e verso il golfo e la possibilità di accedere ai mercati cerealicoli internazionali in caso di necessità alimentari: conseguentemente la polis perdente avrebbe dovuto ripiegare su una politica cerealicola autarchica e sui mercati vicini30. In questa prospettiva, Cilone va interpretato come un esponente della classe dirigente ateniese che non era interessata all’ampliamento del commercio navale e che respingeva la prosecuzione di una politica militare offensiva nelle relazioni con Megara. L’esistenza di una simile linea politica mi pare comprovata dalle prime notizie conservate sull’attività politica di Solone, da collocarsi appunto negli anni tra il tentativo ciloniano e l’arcontato del 594: in quel periodo Solone dovette impegnarsi con ardore oratorio per persuadere i concittadini a 24 FRENCH 1957; STAHL 1987, pp. 204-210; NOUSSIA 2001, pp. 223-228; ANDREWES 1982 a, pp. 372-374. Plut. Sol. 8.1-10.4. BERVE 1967, pp. 47s. 26 ANDREWES 1982 a, pp. 372-374. 27 Sol. fr. 2. Sulla datazione dell’arcontato di Solone: LEVY 1973, pp. 90s. 28 Hdt. I 59. 29 PICCIRILLI 1973, n. 10. 30 WRIGHT 1892, pp. 55s.; FRENCH 1957; STAHL 1987, pp. 204-210. 25 31 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi riprendere la guerra per la conquista di Salamina, andando contro un decreto che ne aveva proibito la prosecuzione e addirittura la discussione in sede pubblica. Qualora Cilone avesse avuto successo nell’impossessarsi di Atene, Teagene avrebbe visto automaticamente risolto il contenzioso con quella polis e questo avrebbe messo al sicuro i traffici navali di Megara. Megara fu una polis di ampia attività coloniale fin dall’inizio del VII secolo31, indirizzando la propria area di controllo verso il Bosforo; questa politica si spiega con la perdita di ampie aree coltivabili della propria chora orientale a favore di Corinto, da datarsi al più tardi al 70032. Anche per Megara dunque l’accesso al commercio navale assicurava la possibilità di ricorrere a risorse cerealicole necessarie per integrare quelle provenienti dalla propria ridotta produzione33. Le fonti forniscono informazioni poco affidabili e confuse sul bilancio di potere fra Atene e Megara in quel giro di anni e rimangono mute in merito alla configurazione dell’intesa familiare fra Cilone e Teagene, oltre alla notizia del matrimonio. Alcuni studiosi vedono nelle scelte di Teagene il progetto di stabilire un controllo di Megara su Atene34. Dal punto di vista militare e strategico però, alla fine del VII secolo Atene poteva vantare una flotta e una capacità di azione marittima significativa, in grado evidentemente di opporsi per lungo tempo alla rivale Megara e di consentire l’impresa di occupazione del Sigeo, in Troade, da datarsi al 607 secondo i dati ricavabili dalla cronaca di Eusebio35. D’altro canto la capacità di affermazione militare e politica di Cilone dipendevano dal contingente militare fornito dal suocero megarese: le fonti conservano la nozione che la popolazione ateniese non appoggiò il colpo di mano di Cilone, a differenza di quanto si verificò nel caso di altre tirannidi: perciò, oltre al gruppo dei suoi coetanei fedeli, la risorsa politico-militare cruciale di Cilone fu il contingente di soldati megaresi36. Questo avrebbe costituito un fattore di soggezione del governante di Atene rispetto alle decisioni di Teagene. Contro questa prospettiva, viceversa la possibilità di Teagene di influire sulla politica internazionale di Atene sarebbe dipesa dal genero Cilone. Considerando questo insieme di fattori, mi pare dunque preferibile e naturale ravvisare in questa vicenda il tentativo di creare un’intesa inter-familiare reciproca più o meno equilibrata, volta in primo luogo alla risoluzione pacifica del contenzioso per Salamina; sul lungo termine l’intesa era 31 WRIGHT 1892, p. 61. HAMMOND 1982 b, pp. 334s. 33 FREITAG 2011, s.v. ‘Megara’ in BNP. 34 WRIGHT 1892, p. 61. DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 186-194 fornisce un inquadramento del conflitto di frontiera fra Atene e Megara per il controllo della hierà orgàs afferente ad Eleusi e ricorda la possibilità di inserire le relazioni fra Cilone e Teagene entro quelle contingenze. 35 Hdt V 95; Diog. Laert I 74; Euseb. Chron. ap. Hieron. p. 173 g Helm. WRIGHT 1892, pp. 55s. 36 MCGLEW 1993, pp. 76s.; PRANDI 2000, pp. 11s. 32 32 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi volta a consentire ad entrambe le città la libera navigazione nel Golfo Saronico e conseguentemente un facile accesso alla navigazione nell’Egeo: questo avrebbe, in ultimo, assicurato reciprocamente alle due poleis una scappatoia in caso crisi di alimentari, sia di portata locale che più ampia37. Fig. 1: il Golfo Saronico, Atene, Megara e Salamina Il legame fra aspetti privati e ambito pubblico nel caso di Cilone Il tentativo di Cilone fallì e con esso fallì la possibilità di un’intesa pacifica riguardo al possesso di Salamina. Nonostante il massacro dei congiurati, la fazione associata a Cilone e alla sua famiglia sopravvisse ad Atene poiché Plutarco riferisce dell’aspra opposizione fra Ciloniani superstiti e Alcmeonidi negli anni successivi38. Questi scontri politico-sociali dovettero essere uno dei motivi che spinsero Solone a persuadere gli Alcmeonidi a sottostare ad un processo, per giudicarli della loro azione sacrilega nella risoluzione dell’iniziativa di Cilone39; a seguito del processo gli Alcmeonidi, o più probabilmente parte di loro, furono esiliati e il gènos perse per un periodo prestigio e incisività politica. Questo insieme di fatti mise Atene in una posizione debole nel conflitto per Salamina e, pur tenendo in considerazione le grandi incertezze ed imprecisioni delle fonti, è evidente che Megara sfruttò il confuso contesto politico interno ad 37 STAHL 1987, pp. 204-210; DUPLOUY 2006, p. 85 utilizza il criterio analitico qui esposto ma preferisce interpretare l’intesa come volta far riconosce le pretese di Megara su Salamina, piuttosto che a una compartecipazione paritaria alla navigazione. 38 Plut. Sol. 12.1. Vd. infra, pp. 27ss. 39 PRANDI 2000, pp. 14-20. 33 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi Atene per riconquistare Salamina, in un periodo da collocarsi dopo il tentativo di Cilone nel 636 e prima del processo agli Alcmeonidi tenutosi poco prima dell’arcontato di Solone nel 59440. La vicenda di Cilone attesta due caratteristiche fondamentali delle relazioni internazionali tiranniche: l’importanza delle alleanze familiari e personali e la stretta interdipendenza fra politica interna e politica estera. L’alleanza personale tra Teagene e Cilone fu sancita dal matrimonio di quest’ultimo con la figlia del tiranno megarese, ma questo legame familiare trovò la propria applicazione oltre la sfera privata, risolvendosi in un contributo armato alla presa della tirannide ad Atene. L’aspetto a mio avviso più significativo del tentativo ciloniano è la relazione che l’analisi storica può stabilire con la guerra per il controllo di Salamina: in questa chiave di lettura diviene evidente come la tradizionale contrapposizione tra gène aristocratici ateniesi per il controllo delle istituzioni fu traslata al livello delle scelte di politica estera nei confronti di Megara41. I.2. Ippocrate, padre di Pisistrato Lo spartano Chilone e la profezia sul nascituro Pisistrato La prima attestazione di attività extra-poleica della famiglia dei Pisistratidi risale alla notizia fornita da Erodoto relativa ad Ippocrate, padre del futuro tiranno ateniese. Ippocrate si trovava ad Olimpia per assistere alle festività agonistiche e nell’ambito delle celebrazioni il nobile ateniese offrì un sacrificio; compiuto il sacrificio e allestiti i lebeti per cucinare le carni, avvenne un portento: l’acqua incominciò a bollire e tracimare senza che fosse stato acceso il fuoco. Lo spartano Chilone si trovava presente e poté dare una spiegazione dello sfavorevole prodigio a Ippocrate: gli consigliò di non sposarsi, o di ripudiare la moglie che aveva, di non avere mai figli o disconoscere quelli che avesse già. Ippocrate non ascoltò il consiglio di Chilone e perciò nacque Pisistrato42. È in primo luogo doveroso ammettere il carattere marcatamente letterario e favolistico della notizia e tenere in considerazione la sua attestazione unicamente in Erodoto43. La celata profezia fornita da Chilone è evidentemente post eventum, volta a rimandare allusivamente il lettore ai mali che il nascituro tiranno avrebbe portato alla comunità e alla proverbiale politica 40 Plut. Sol. 12.2s. WRIGHT 1892, pp. 42-56; SANDYS 1912, pp. 55-56; HOW-WELLS 1928, ad Hdt. I 59; ANDREWES 1982 a, pp. 369-275; NOUSSIA 2001, ad Sol. fr. 2 G.-P.2 (1-3 W.2), pp. 223-225. 41 PRANDI 2000, pp. 19s. esprime scetticismo sulla validità delle ricostruzioni storiche dei fatti del tentativo ciloniano in virtù della condizione delle dismogenee fonti. 42 Hdt. I 59. 43 Hdt. I 59; citato in Diog. Laert I 68s. Sulla base di queste caratteristiche B.M. Lavelle ne esclude infatti in assoluto l’utilità storica: LAVELLE 2005, pp. 13-15, 29s., 68, 91, 191-193. 34 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi antitirannica laconica. La manifestazione di portenti, sogni premonitori ed eventi soprannaturali costituisce un tòpos nelle narrazioni della nascita di personaggi eccezionali, come ad esempio il caso di Ciro il Grande, Cipselo o Pericle44. Non è questo peraltro l’unico fatto soprannaturale associato alla vita di Pisistrato e ai Pisistratidi nell’opera erodotea45: considerando il pubblico ateniese a cui Erodoto si rivolgeva, lo scopo di questo racconto doveva essere quello di giustificare gli antichi cittadini ateniesi per avere accettato il governo di Pisistrato, presentando la tirannide ateniese come un fatto inevitabile e predestinato46. Sempre la prospettiva dell’analisi narrativa di questo passo fornisce un’ulteriore giustificazione della presenza di Chilone nella vicenda: il personaggio ricopre infatti qui la funzione narrativa del consigliere tragico, o consigliere saggio, che la critica moderna ha notato costituire uno degli strumenti interpretativi di ampio utilizzo e di maggiore successo fra gli espedienti narrativi di Erodoto47. Nella medesima direzione di quest’ultima caratteristica letteraria di Chilone, non è superfluo considerare che il saggio lacedemone fu annoverato nel gruppo dei Sette Sapienti della Grecia arcaica fin dalle più antiche attestazioni48. Seppure la tradizione dei Sette Sapienti abbia preso forma nella letteratura e nel pensiero greco solo con il IV secolo, mi pare esistano tuttavia i presupposti per individuare già all’epoca di Erodoto e nella sua opera una serie di attribuzioni e di notizie relative a filosofi e statisti arcaici che nel secolo successivo fungeranno appunto da fondamento per lo sviluppo della tradizione filosofico-letteraria sui Sette Sapienti come è a noi giunta; già nell’opera di Erodoto proprio Chilone è aggettivato con la forma superlativa del termine sophòs, con cui vennero poi individuati appunto i Sette Sapienti49. Cosicché emerge un 44 ASHERI 1988, p. 302. Ciro: Hdt. I 107; Cipselo: Hdt. V 92; Pericle: Hdt. VI 131. Pisistrato è accompagnato sull’acropoli da una ragazza vestita come la dea Atena: Hdt. I, 60; l’indovino Anfilito predice la vittoria di Pallene: Hdt. I 62s.; Ipparco ha un sogno premonitore la notte prima del suo assassinio: Hdt. V 55s.; Ippia ha un sogno premonitore la notte precedente Maratona: Hdt. VI 102s. 46 LAVELLE 2005, pp. 9-11, 29s., 70. 47 LATTIMORE 1939, specificamente su Chilone pp. 24-26, 33s.; ASHERI 1988, p. 302; GRAY 2002, pp. 299-302; RAAFLAUB 2002, pp. 171-173; SAÏD 2002, pp. 122-124. 48 Plat. Prot. 343a.; Diog. Laert. I 9s., 40-42. 49 Molti di quei pensatori, studiosi e legislatori ellenici che nel pensiero greco del IV secolo entrarono poi a fare parte del gruppo dei Sette Sapienti già nelle Storie di Erodoto rispondono chiaramente alle caratteristiche di saggezza, sagacia ed esperienza pratica e politica che li distinguono; a titolo esemplificativo propongo a seguito alcuni passi, oltre a quello qui oggetto di discussione (Hdt. I 59) relativo a Chilone ed Ipparco. Biante di Priene fornisce utili interpretazioni strategiche a Creso e il sovrano giudica che egli abbia parlato a proposito (προσφυέως γὰρ δόξαι λέγειν: Hdt. I 27.5); su questa vicenda Erodoto stesso informa il lettore che esisteva una versione alternativa che attribuiva il ruolo di saggio piuttosto a Pittaco di Mitilene: Hdt. I 26s. Alla corte di Creso a Sardi giungono tutti i sapienti che vivevano in Grecia a quel tempo (oi pàntes ek tès Hellàdos sophistài), fra i quali anche Solone che chiarisce al sovrano i principi della felicità; questo passo anticipa dunque la notizia fornita da Eforo nel IV secolo: Hdt. I 29; Ephor. FGrHist 70 F 181 (ap. Diog. Laert. I 40). Talete prevede l’eclissi di sole del 585 e consiglia gli Ioni in materia di ordinamento statale: Hdt. I 74, 170. Demarato, parlando con Serse, cita il connazionale Chilone definendolo l’uomo più saggio vissuto fra i Greci (sophòtatos superl. di sophòs): Hdt. VII 235. Sull’origine di quest’ultimo episodio vd. MACAN 1908, pp. 346s. La cronografia inoltre colloca l’attività dei Sette Sapienti all’inizio del VI secolo: Diog. Laert. I 22; Euseb. Chron. arm. p. 290 Aucher; Euseb. Chron. ap. Hieron. p. 179e Helm. Concordano nell’alzare la data di formazione dell’ideale dei Sette Sapienti HOW-WELLS 45 35 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi ulteriore movente di natura filosofico-letteraria, piuttosto che effettivamente storica, che avrebbe incoraggiato Erodoto a costruire la vicenda di Chilone e Ipparco e ad attribuire a Chilone il ruolo narrativo di saggio ed esperto, seppur inascoltato, consigliere. L’operato di Chilone in qualità di eforo è associato, in un papiro frammentario del II a.C.50, alla conduzione della politica anti-tirannica per cui fu conosciuta Sparta e che contribuì, secondo la tradizione e la critica, alla caduta di numerose tirannidi alla metà del VI secolo; la critica accetta e contestualizza l’attribuzione a Chilone di questo indirizzo di politica estera per quell’epoca51. Se anche Erodoto fosse stato già a conoscenza di questa tradizione storiograficopolitica su Chilone, sarebbe stata una scelta narrativa logica attribuire l’autorità della profezia negativa sulla nascita della tirannide ateniese alla saggezza di quel medesimo politico spartano che si era adoperato nel suo eforato a debellare proprio quella forma politica maligna: si tratta di un modello narrativo che risponde al criterio della circolarità e che è evidente nell’opera erodotea e nella cultura letteraria greca52. Nonostante le cautele finora espresse sull’utilizzo di questo passo53, ritengo infine sia necessario prenderlo comunque in considerazione al fine di verificarne le possibili, se pur labili, implicazioni storiche, sia in merito alla storia della famiglia dei Pisistratidi antecedentemente alle vicende dei suoi membri più celebri, sia per chiarire alcuni punti degli sviluppi della diplomazia di questi tiranni alla fine del VI secolo. La presenza di Ippocrate ad Olimpia I Pisistratidi erano una famiglia ateniese aristocratica, appartenente agli Eupatridi e dotata di risorse economiche54; Erodoto fornisce la loro ascendenza patrilineare legandoli ai re 1928, ad Hdt. I 27, I 29; MOSSHAMMER 1976, soprattutto p. 172; JOHANNES 2010, s.v. “Seven Sages” in BNP. Sulla transazione culturale che nel VI secolo portò all’ascesa del modello culturale del “sapiente” (sophòs) vd. MIRALLES 1996, pp. 867-879. 50 Pap. Ryl. 18 Hunt (FGrHist 105 F 1). HUNT 1919, pp. 29-32 per l’edizione, datazione e commento di questo papiro; CARTLEDGE 1979, p. 120 ipotizza che il papiro tramandi un frammento di Eforo. Sull’interpretazione che la critica offre del documento e dei dati sulla tradizione antitirannica di Sparta ivi contenuta: WILL 1955, pp. 513516; vd. infra, n. 75 pp. 36ss., pp. 395ss. 51 Thuc. I 18; Aristot. Pol. 1312a; Pap. Ryl. 18 Hunt (FGrHist 105 F 1); Plut. Mor. 859 c-d. L’interpretazione del risulta d’altronde problematica: in primo luogo Chilone è associato al sovrano spartano Anassandrida, il quale tuttavia regnò nella seconda metà del VI secolo; soprattutto però il papiro menziona la caduta della tirannide di Eschine a Sicione, che è da collocarsi alla metà del VI secolo, ma anche della tirannide di Ippia che, se identificato con il successore di Pisistrato ad Atene, costituirebbe un’ulteriore discrepanza cronologica. WILL 1955, pp. 374377; HAMMOND 1982 b, pp. 354s.; ASHERI 1988, p. 302; SALMON 1996, pp. 857-864; WELWEI 2010, s.v. “Chilon” in BNP. Vd. infra, n. 75 pp. 36ss., pp. 395ss. 52 HUNT 1919, p. 30; WILL 1955, pp. 374-377. Sulla circolarità della narrazione in Erodoto: DE JONG 2002, pp. 250s. 53 LAVELLE 2005, pp. 13-15, 29s. 54 DAVIES 1971, p. 445. 36 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi mitologici di Pilo e di Atene55; è conosciuto un Pisistrato che fu arconte ateniese nel 669/8, sebbene il solo nome potrebbe non considerarsi sufficiente dei legami di parentela con la famiglia di Ippocrate e dei Pisistratidi56. Il nome stesso di Ippocrate, nonché di altri membri dei Pisistratidi57, associa la famiglia ad aristocratiche e dispendiose attività ippotrofiche58. Sulla figura storica di Ippocrate non è pervenuta alcuna notizia ad esclusione del racconto folklorico fornito da Erodoto sopra discusso59. In questo testo lo storico precisa che Ippocrate si trovava ad Olimpia in qualità di cittadino privato (idiòtes): questa qualifica non contraddice lo status elevato del personaggio, al contrario dimostra che la presenza presso il santuario peloponnesiaco e l’offerta del sacrificio dipendevano dall’iniziativa e dalle risorse finanziarie della sola famiglia; si tratta in effetti di una pratica in linea con le forme di affermazione di prestigio familiare delle aristocrazie arcaiche elleniche. Se accettiamo le informazioni del passo erodoteo, pur disconoscendo l’episodio soprannaturale, dobbiamo attribuire ai Pisistratidi la capacità economica e diplomatica di viaggiare al di fuori dell’Attica, di frequentare un centro cultuale panellenico quale quello di Olimpia e di realizzare offerte sacrificali; soprattutto dobbiamo far risalire la frequentazione dei luoghi di incontro panellenici già alla generazione precedente la tirannide di Pisistrato. La notizia dell’incontro fra Ippocrate e Chilone, in occasione delle celebrazioni Olimpiche, rientra nelle dinamiche sociali aristocratiche che facevano dei santuari panellenici dei luoghi di incontro, comunicazione ed intesa fra le élites di poleis diverse; se accettata la notizia proverebbe l’intento dei Pisistratidi di costruire relazioni amichevoli extra-poleiche, prima ancora dell’assunzione della tirannide60. La datazione di Chilone Si impone una critica di questa notizia erodotea sulla base dei problemi cronologici relativi alla datazione della figura dello spartano Chilone e conseguentemente della possibilità storica di un incontro fra questi e Ippocrate. Sulla base della cronologia fornita dalle fonti per la vita e le tirannidi di Pisistrato, siamo portati a collocare con sicurezza la nascita del tiranno e l’akmé dell’attività del padre Ippocrate intorno agli ultimi anni del VII secolo61; considerando 55 Hdt. V 63. MANFREDINI-PICCIRILLI 1998, pp. 111s. Sul significato e sulla storicità di questa genealogia vd. LAVELLE 2005, pp. 18-30. 56 CADOUX 1949, p. 90; DAVIES 1971, n. 11793, p. 444. 57 Oltre ad Ippocrate, si pensi ai figli di Pisistrato: Ippia ed Ipparco. 58 LAVELLE 2005, pp. 182s. Un’analisi storico-linguistica dell’onomastica ippotrofica greca in DUBOIS 2000. 59 LAVELLE 2005, pp. 191-193. 60 Sul ruolo dei santuari come centri di comunicazione interpersonale: DAVERIO ROCCHI 1999, pp. 31s., 58-60 Contro questa interpretazione, sulla base delle scarse notizie pervenute B.M. Lavelle sostiene che il gènos pisistratide fosse perlopiù sconosciuto prima dell’intervento di Pisistrato a Nisea nel periodo 570-565: LAVELLE 2005, p. 29; vd. infra, pp. 45ss. 61 DICKINS 1912, pp. 19s.; DAVIES 1971, pp. 444s. 37 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi che il racconto di Erodoto è ambientato in occasione delle feste olimpiche, D. Asheri propone nel suo commento la data del 608 o del 60462, G. Dickins sceglie il 60063. La figura di Chilone può collocarsi con certezza alla metà del VI secolo: egli ricoprì l’eforato nel 556 e in quella carica gli viene attribuita una riforma politica che rafforzò il ruolo degli efori a scapito dei poteri dei re64. La biografia di Chilone fornita da Diogene Laerzio è coerente con una collocazione di questo personaggio all’inizio del VI secolo e dunque con lo svolgimento di attività politiche nel corso di tutta la prima metà di quel secolo. Cosicché sarebbe giustificata la cronologia di un suo incontro con Ippocrate. Oltre a fornire la data dell’eforato, nel 560 o 556, Diogene osserva infatti che Chilone era già un uomo anziano (géron) nel 57265. Quest’opera riporta inoltre una lettera di Chilone indirizzata a Periandro, tiranno di Corinto nel 626-586: pur mantenendo la necessaria cautela nei confronti di uno scritto di interesse sapienziale e filosofico, K.W. Welwei giudica autentica la missiva sulla base della qualità del dialetto dorico in cui si presenta stilata66. Si è infine già menzionato come un filone della tradizione identifichi in Chilone uno dei Sette Sapienti, la attività dei quali risale al più tardi alla prima metà del VI secolo e i cui nomi furono selezionati nel 580, secondo la cronologia di Eusebio67. L’accettazione di queste informazioni biografiche e cronologiche e l’inserimento di Chilone nella tradizione filosofico-sapienziale dei Sette Sapienti non escludono d’altronde di necessità l’indagine sugli aspetti relativi all’attività politica e all’eforato attribuiti alla metà del VI secolo. Il Papiro Rylands, risalente al II sec. a.C., già sopra menzionato fa riferimento all’eforo Chilone e al sovrano lacedemone Anassandrida: in questa fonte i due compaiono insieme come i responsabili della deposizione delle tirannidi in Grecia e il testo prosegue con la menzione specifica di Eschine a Sicione e, sembrerebbe, di Ippia ad Atene68. Questa fonte conferma dunque e si inserisce nella tradizione storiografica che attribuiva una politica estera anti-tirannica alla città lacedemone; le notizie preservate da Plutarco sembrerebbero completare la lista preservata nel papiro ma interrotta dal carattere frammentario del testo69. La menzione 62 ASHERI 1988, p. 302; giudizio simile espresso in: LAVELLE 2005, pp. 191-193. DICKINS 1912, pp. 14s.. 64 Mar. Par. FGrHist 239 A 41; Diog. Laert. I 68 (= Sosicrates FHG IV p. 502; Pamphila Epidauria FHG III p. 520); Euseb. Chron. ap. Hieron. p. 181i Helm. DICKINS 1912, pp. 4, 14-26; CADOUX 1948, p. 40; CARTLEDGE 1979, p. 120; ASHERI 1988, p. 302; CAWKWELL 1993, p. 371; WELWEI 2010, s.v. “Chilon” in BNP. Cautela sulla possibilità di valutare con precisione il contributo politico dell’eforato di Chilone in HODKINSON 1997, pp. 46, 49. 65 Diog. Laert. I 68-73. 66 WELWEI 2010, s.v. “Chilon” in BNP. 67 Diog. Laert. I 9, 14, 68-73; Euseb. Chron. arm. p. 290 Aucher. Vd. supra, pp. 35ss. 68 Pap. Ryl. 18 Hunt (FGrHist 105 F 1). Vd. supra, pp. 36ss., infra pp. 395ss. 69 Fonti di natura e di epoca anche piuttosto disparate preservano la tradizione della politica anti-tirannica di Sparta durante il VI secolo e finanche l’esistenza di una lista delle tirannidi che furono destituite dall’intervento dei 63 38 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi di Anassandrida non esclude la datazione finora ricostruita per la vita di Chilone. Questo sovrano fu in carica infatti nel periodo 560-520 e condusse la spinta espansiva spartana verso nord, contro Tegea70: è perciò evidente che l’eforo e il re appartennero a due generazioni distinte, ma non per questo è necessario rifiutare la storicità di una loro collaborazione politica a metà del VI secolo. La menzione della deposizione della tirannide di Ippia ad Atene costituisce però un problema cronologico e un anacronismo. La caduta della tirannide ad Atene risale al 510, molto dopo la vita di Chilone e persino dopo il regno di Anassandrida: Erodoto narra con chiarezza e completezza come la cacciata di Ippia e della tirannide pisistratide da Atene fu opera dell’intervento armato dell’esercito spartano al comando di Cleomene, figlio e successore di Anassandrida71. La critica ritiene dunque che l’inserimento di Ippia nell’elenco delle tirannidi sia da considerarsi un errore, o più probabilmente un ampliamento cronologico indebito della tradizione anti-tirannica attribuita a Chilone; cosicché si dovrebbe conservare come storica l’attribuzione a Chilone e Anassandrida della deposizione di Eschine dalla tirannide a Sicione, avvenuta effettivamente a metà del VI secolo, ma ovviamente non la caduta di Ippia; l’inaugurazione della politica anti-tirannica spartana sarebbe inoltre da attribuirsi a Chilone oppure all’opera congiunta di quest’eforo e del sovrano Anassandrida72. Il papiro qui discusso dunque, sebbene di grande interesse, non può essere un argomento valido per abbassare la datazione di Chilone che si dovrà considerare senz’altro attivo a partire dall’inizio fino alla metà del VI secolo; il papiro d’altronde conferma la tradizione anti-tirannica di Sparta e associa l’avvio di quell’indirizzo di politica estera alla metà del VI secolo, con la deposizione di Eschine, e all’operato di Chilone. Si noti infine che è pure probabile che i dati relativi all’azione politica di Chilone, all’intervento cioè nella regolazione dei poteri dell’eforato e dei due re e alla conduzione della politica estera anti-tirannica, risentano fortemente di una elaborazione tarda73. Lacedemoni: Thuc. I 18.1; Aristot. Pol. V 10 (1310b-1311b); Pap. Ryl. 18 Hunt (FGrHist 105 F 1); Plut. De Her. Mal. 21 (Mor. 859b-859d). Nella forma delle accuse che Socle di Corinto rivolge ai Lacedemoni che stanno appoggiando la causa di Ippia, E. Will riconosce un dato a riprova del fatto che anche Erodoto sarebbe stato a conoscenza di tale lista: Hdt. V 92.1, a1s. Plutarco è la testimonianza più estesa dell’esistenza della lista dei tiranni destituiti da Sparta: egli menziona i Cipselidi a Corinto e ad Ambracia, Ligdami a Nasso, i Pisistratidi ad Atene, Eschine a Sicione, Symmachus a Taso, Aule a Focea, Aristogene a Mileto, inoltre la dinastia dei Tessali. Le similitudini con il Papiro Rylands 18, risalente al II sec. a.C., dai frammenti del quale si recupera con chiarezza la menzione della destituzione di Eschine a Sicione e di Ippia pisistratide ad Atene, possono interpretarsi come dati a favore dell’antichità e della validità delle informazioni preservate in modo più completo da Plutarco. HUNT 1911, n. 18 pp. 29-32; DICKINS 1912; WILL 1955, p. 374-376; LEAHY 1957; CARTLEDGE 1979, p. 120; HAMMOND 1982 b, p. 354; BUCKLEY 1996, p. 61; SALMON 1996, pp. 857-864. 70 WILL 1955, pp. 374-379; DAVERIO ROCCHI 1988, p. 199; WELWEI 2010, s.v. “Chilon” in BNP. 71 Hdt. V 64s. 72 DICKINS 1912, pp. 4, 25s.; HUNT 1919, pp. 29-32; WILL 1955, pp. 374-379; CAWKWELL 1993, p. 372; SALMON 1996, p. 857; WELWEI 2010, s.v. “Chilon” in BNP. 73 SALMON 1996, p. 857; WELWEI 2010, s.v. “Chilon” in BNP. 39 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi Sulla base di queste considerazioni non mi pare corretto, perlomeno in via cronologica, rifiutare la storicità dell’incontro tra Chilone e Ippocrate74. È necessario evidentemente escludere dalla ricostruzione storica quegli elementi favolistici relativi al portento e alla implicita profezia anti-tirannica, che pure costituiscono il principale nucleo narrativo del passo di Erodoto; rimane d’altronde di interesse per questa ricerca una considerazione delle implicazioni sociali, politiche e storiche dell’incontro tra i due ad Olimpia negli anni intorno al 600. L’incontro tra Ippocrate e Chilone L’eforato e la tradizione relativa alle riforme del ruolo dei sovrani fanno di Chilone un personaggio di significativo peso politico nella storia di Sparta; le notizie relative al suo coinvolgimento nella conduzione della politica estera spartana nel Peloponneso, l’inserimento nel gruppo dei Sette Sapienti e il richiamo internazionale in occasione del suo funerale ad Olimpia75 sono elementi che collocano Chilone fra le personalità di prestigio panellenico, sia sul piano politico che culturale. L’associazione fra Chilone e Ippocrate, se accettata, contribuisce ad elevare la considerazione dello status della famiglia dei Pisistratidi all’inizio del VI secolo; in questa prospettiva appare di conseguenza maggiormente giustificata l’aspirazione di Pisistrato al potere tirannico; soprattutto il quadro dell’ampia rete di relazioni internazionali dimostrato dai Pisistratidi nella seconda metà del VI secolo potrebbe trovare una spiegazione entro una più lunga tradizione familiare di visibilità internazionale e di capacità politiche e diplomatiche. La scelta di Olimpia rientra, come si è detto, nelle modalità e nei luoghi di incontro delle élites panelleniche76. Il legame fra Chilone e il santuario di Olimpia si può trovare reiterato nella tradizione letteraria. È ad Olimpia che vennero scelti e nominati i Sette Sapienti dell’Ellade77, fra i quali figurava appunto Chilone; è sempre ad Olimpia che il figlio di Chilone vinse la gara di pugilato, il saggio padre morì per la gioia e tutti i concorrenti gli tributarono i massimi onori durante le esequie78. Anche le modalità dell’incontro tra Chilone e Ippocrate meritano alcune considerazioni. Dal racconto di Erodoto si evince che Chilone, per potersi esprimere sul portento verificatosi al momento della cottura delle carni della vittima, dovette assistere e partecipare al sacrificio 74 Al contrario D. Asheri restringe la collocazione cronologica di Chilone alla metà del VI secolo, sulla base delle informazioni relative alla data dell’eforato di Chilone e al regno di Anassandrida: perciò giudica l’incontro fra Chilone e Ippocrate una impossibilità cronologica: ASHERI 1988, p. 302. 75 Diog. Laert. I 72s. 76 Una discussione sull’affinità fra xenìa e luoghi sacrali in DOPICO CAINZOS 1997, p. 530. 77 Euseb. Chron. arm. p. 290 Aucher. 78 Diog. Laert. I 72s. 40 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi compiuto da Ippocrate. L’Ateniese compiva la cerimonia a titolo privato e i partecipanti alle fasi cultuali e al banchetto (thysia) non potevano che essere persone vicine alla famiglia di Ippocrate, o al più suoi concittadini, senz’altro comunque persone con cui Ippocrate nutriva un grado di conoscenza reciproca o di intimità. La critica ha evidenziato come la partecipazione comune ai sacrifici e alla consumazione delle vittime contribuissero a creare e consolidare un senso di comunanza e affinità nel gruppo degli astanti e a comunicare la loro unione entro la società e agli occhi della divinità79. La xenìa tra Pisistratidi e Sparta Alla luce di queste considerazioni e partendo dal presupposto che l’incontro e il legame fra Ippocrate e Chilone siano storicamente accertati, è possibile ora suggerire un’interpretazione di un punto a mio avviso problematico della diplomazia internazionale dei Pisistratidi della fine del VI secolo. Gli Alcmeonidi in esilio da Atene durante la tirannide dei Pisistratidi avevano stretto favorevoli relazioni con il santuario di Delfi, tanto da sobillare l’oracolo a fornire responsi loro utili; così ogni volta che gli Spartani interrogavano la Pizia ricevevano sempre il medesimo incoraggiamento a scacciare da Atene i tiranni pisistratidi. Di conseguenza, nel 51180, Sparta mandò un corpo d’armata via mare, al comando di Anchimolio, ma questa prima spedizione finì miseramente per i Lacedemoni81. Sia Erodoto che Aristotele chiariscono che Anchimolo e gli Spartani, attaccando i tiranni ateniesi, contravvenivano scientemente ad vincolo reciproco di ospitalità (xenìa) che legava Lacedemoni e Pisistratidi82. Erodoto giustifica l’iniziativa sulla base del maggiore riguardo dei Lacedemoni nei confronti dei diritti degli dèi, dunque in osservanza degli oracoli pitici83; Aristotele individua invece il movente nell’alleanza fra i Pisistratidi ed Argo84. Entrambe le fonti dimostrano dunque la necessità di trovare un movente alla scelta di Sparta: per entrambe l’attacco fu una scelta ingiusta e segnò il tradimento di una alleanza. La xenìa consisteva in una relazione fra due individui di poleis diverse, in virtù della quale i due erano ospiti uno dell’altro; la facoltà di godere di ospitalità e protezione al di fuori della propria comunità era un vantaggio significativo nel contesto storico-politico arcaico in cui 79 MIKALSON 1983, p. 101; BRUIT ZAIDMAN – SCHMITT PANTEL 1992, p. 25; DOPICO CAINZOS 1997, p. 530; GOLDHILL 1998, in particolare pp. 105-109; BURKERT 2003, pp. 218-223; 80 WADE-GERY 1951, p. 216. 81 Hdt. V 62s.; Aristot. Ath. Pol. 19.4s. 82 Erodoto definisce Pisistratidi e Lacedemoni come xénoi ta màlista: “ospiti e amici in massimo grado”. Una riflessione sulla xenìa interpoleica e sull’applicazione di questo superlativo in RAVIOLA 2005. 83 Anche Aristotele tramanda notizia degli oracoli ricevuti dai Lacedemoni (Aristot. Ath. Pol. 19.2,4), ma aggiunge anche che gli Alcmeonidi li avevano pagati perché intervenissero (Aristot. Ath. Pol. 19.4). 84 Aristot. Ath. Pol. 19.4. Il commento di W.W. How e J. Wells ad Erodoto riprende questa considerazione di natura politico-strategica: HOW-WELLS 1928, ad Hdt. V 63. 41 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi non esistevano autorità sovrastatali in grado di garantire diritti individuali sul piano internazionale. La xenìa era siglata da uno scambio di doni simbolici e di giuramenti reciproci e a volte da un sacrificio e dalla consumazione delle carni; si esprimeva materialmente nello scambio continuativo di doni fra i due contraenti e nella disponibilità all’ospitalità e all’aiuto; questo scambio poteva dare poi origine ad un legame virtuoso in cui le controparti giungevano a disporre di una alleanza strategica in una polis straniera, offrendosi vicendevolmente supporto reciproco e amicizia. La xenìa comprendeva tutti i beni e le risorse dei contraenti e perciò era normalmente allargata alle due famiglie. Si trattava di un legame ereditario e automaticamente trasmesso ai figli; non si poteva rompere la xenìa, se non attraverso rari e complessi rituali di rinuncia ai doni simbolici che avevano inizialmente avviato l’alleanza; è vero d’altronde che poteva darsi la situazione in cui la relazione poteva non risultare più utile e veniva lentamente trascurata dalle due parti fino a venire dimenticata o considerata come una eredità d’altri tempi85. Nel 511 i Lacedemoni ruppero dunque una xenìa che doveva essere antecedente e che poteva risalire anche a generazioni prima; nondimeno l’unica attestazione che mi pare si possa rintracciare nelle fonti, che attesti una qualche relazione fra la famiglia ateniese e la città lacedemone, consiste appunto nella notizia qui discussa dell’incontro fra Ippocrate e Chilone. Dunque mi pare si possa dedurre che la xenìa fra Pisistratidi e Sparta sia da ricondurre alle relazioni tenutesi fra Ippocrate e Chilone sullo scorcio fra VII e VI secolo ad Olimpia. Le circostanze del sacrificio, della preparazione di un banchetto e della partecipazione dei due notabili a quel momento cultuale e sociale ben si ascrivono alle cerimonie che sancivano la conclusione della stipula di una xenìa86. Il prestigio di Chilone e i vantaggi derivanti dalla costruzione di una rete di relazioni personali e familiari poterono costituire un motivo valido perché Ippocrate stringesse quell’alleanza con l’ospite spartano; inoltre mi pare si possa ipotizzare che, tramite quell’accordo pur di natura interfamiliare, l’aristocratico ateniese, in qualità di eupatride ed esponente politico, stesse adoperandosi sul piano delle relazioni interstatali nella ricerca di un alleato peloponnesiaco favorevole ad Atene che potesse piegare le sorti dello scontro che allora la polis sosteneva e subiva contro Megara per il possesso di Salamina. Se gli iniziatori della xenìa erano stati proprio Ippocrate e Chilone, allora la rottura dei giuramenti che Sparta provocò nel 511 con l’attacco ad Ippia sarebbe in parte giustificata in considerazione del fatto che erano ormai trascorse due generazioni e il legame poteva aver perso di forza; Gli Spartani potevano anzi forse ritenere in torto i Pisistratidi nei confronti della 85 86 HERMAN 1987, pp. 10-30, 69-72. DOPICO CAINZOS 1997, p. 530. 42 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi reciproca alleanza perché, dal 560 ca., Pisistrato aveva stretto un’alleanza matrimoniale con Argo, nemica di Sparta. Per meglio capire il senso della rottura della xenìa fra Pisistratidi e Lacedemoni bisogna pure considerare che la xenìa era un legame reciproco individuale e familiare, non una alleanza interstatale. Per i Pisistratidi la differenza era di facile soluzione perché, governando la polis a titolo personale, potevano assimilare i propri rapporti familiari alla politica internazionale dello stato. Dal punto di vista di Sparta invece vigeva una relazione di natura familiare fra Chilone e i discendenti di Pisistrato, mentre nei rapporti interstatali poteva ben valere un’altra serie di obblighi morali nei confronti dell’interesse collettivo dei Lacedemoni87. Le allusioni onomastiche possono costituire un indicatore dell’esistenza di alleanze familiari di lunga durata, ma non mi pare corretto utilizzare in questo senso i pur ricorrenti nomi attestati nel Peloponneso congrui a quelli di alcuni dei membri dei Pisistratidi, in virtù della facilità di diffusione dei nomi ippotrofici88; tuttavia mi pare interessante rilevare invece le attestazioni del nome non-ippotrofico ‘Pisistrato’ in ambiente lacedemone riscontrate in una notizia miti-storica dello Pseudo-Plutarco, in cui si tramanda l’esistenza di un Pisistrato Lacedemone89, e a tutt’altro estremo temporale in una epigrafe di II/I secolo in cui è nominato a Sparta un Pisistrato figlio di Aristippo90. Gli studi sulla xenìa e sull’onomastica greca hanno rilevato la pratica diffusa di dare ad un figlio il nome del proprio xènos: tale nome poteva poi venire tramandato nella linea famigliare secondo l’altra pratica onomastica ellenica di riassegnare un medesimo nome ad intervalli di due generazioni91. A ridimensionare il peso di una analisi onomastica di questo genere tuttavia B.M. Lavelle nota che anche ‘Pisistrato’ poteva non essere un nome di monopolio della famiglia dei tiranni, in virtù della sua presenza nella poesia omerica e del legame con la mitica casa del sovrano di Pilo92. 87 Non mi pare il caso di affrontare ora l’analisi della conduzione della politica estera di Sparta, complicata peraltro dalla rilevanza all’interno del suo sistema politico delle figure istituzionali e militari dei due diarchi. A titolo esemplificativo vorrei citare l’episodio risalente al 394, in cui il re Agesilao subì le critiche del satrapo persiano per avere attaccato i suoi possedimenti, contravvenendo agli obblighi della philìa che li legava: il Lacedemone si giustificò sulla base della ragione di stato che imponeva agli uomini di lottare per la madrepatria, anche contro i propri xènoi: Xen. Hell. IV 1.34s.; HERMAN 1987, pp. 1-3. Da un saggio delle fonti sembra peraltro che la diplomazia interstatale di Sparta, nel periodo di nostro interesse, si svolgesse in sede assembleare e che le ragioni dei magistrati, degli efori o dei diarchi non valessero a decidere in quel contesto se non in circostanze eccezionali: sull’alleanza fra Sparta e Creso vd. Hdt. I 69s.; sulle relazioni di Sparta con i Greci di Ionia e contro Ciro vd. Hdt. I 151s. Per un’analisi della xenìa nello slittamento dalla sua forma privata ad una pubblica vd. RAVIOLA 2005. Sul valore sia privato che pubblico, ovvero sia interpersonale che interstatale della xenìa vd. DOPICO CAINZOS 1997, p. 532. 88 DOUBOIS 2000. 89 Ps. Plut. De fluviis 10.2. 90 IG V 1, 126. 91 HERMAN 1987, pp. 7, 19-25; HERMAN 1990, pp. 351-355. 92 LAVELLE 2005, pp. 193s. 43 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte I: Atene prima dei Pisistratidi 44 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato PARTE II: ATENE E L’ASCESA DI PISISTRATO II.1. Pisistrato: il periodo pre-tirannico e la prima tirannide La conquista della prima tirannide Le manovre che nel 561/601 permisero a Pisistrato di imporre la sua prima tirannide ad Atene (6 anni, nel periodo 561/60-555/4) rientrano esclusivamente nel contesto della politica locale, furono cioè espressione della contesa fra famiglie aristocratiche della polis e non coinvolsero soggetti o risorse al di fuori di Atene. Raccogliendo una propria base di consenso regionale, Pisistrato si inserì nel quadro socio-politico delle tradizionali fazioni: Megacle (II)2, del nobile gènos degli Alcmeonidi, capeggiava gli abitanti della costa, nelle regioni meridionali e orientali dell’Attica (i paràlioi, nelle fonti); Licurgo, anch’egli un aristocratico, rappresentava gli interessi dell’aristocrazia terriera tradizionale e godeva dell’appoggio degli abitanti della pianura centrale dell’Attica (il pédion); Pisistrato pare abbia organizzato una fascia sociale anteriormente ignorata, dando origine ad una nuova fazione politica (hyperàkrioi in Erodoto, diàkrioi in Aristotele) localizzata nelle regioni meno pianeggianti ed economicamente sfavorite dell’area nord-orientale dell’Attica3. La storiografia moderna ha affinato il modello interpretativo di queste notizie chiarendo che questi gruppi non sono da considerarsi come le rispettive basi sociali di consenso politico dei tre personaggi, ma piuttosto vanno visti come l’espressione allargata a strati più ampi del démos delle più arcaiche eterie aristocratiche regionali: non si tratterebbe dunque di un appoggio da intendere nel senso politico moderno, ma piuttosto di una forma di dipendenza o fedeltà di gruppi di Ateniesi ad esponenti aristocratici, sulla base di vincoli personali e di prossimità geografica. È incontestabile d’altronde che Pisistrato, come molti tiranni, ebbe successo proprio perché uscì da questa concezione politica antiquata riuscendo così a riscuotere l’appoggio di strati più ampi della cittadinanza, delle classi popolari o perlomeno di quella parte della popolazione che non condivideva gli interessi delle antiche aristocrazie detentrici dei privilegi politici e di ampie aree agricole4. Questa interpretazione ha il merito di conciliare il 1 Mar. Par. A 40. SANDYS 1912, pp. 56s. La data dell’instaurazione della prima tirannide è fissata con buona sicurezza, pur oscillando fra il 561/560 e il 560/559. 2 Nipote di quel Megacle I che nel 636 era stato responsabile dell’eccidio dei Ciloniani e che aveva procurato alla famiglia l’accusa di sacrilegio. 3 Hdt. I 59.3; Aristot. Ath. Pol. 13.4. BERVE 1967, pp. 41-46. Per un’analisi della possibile consistenza socioeconomica di questi tre gruppi politici vd. WADE-GERY 1931, p. 80; ANDREWES 1958, pp. 100-115; ANDREWES 1982 b, pp. 392-398; MOSSÉ 2009, pp. 10-13. 4 ANDREWES 1958, pp. 111-115; MCGLEW 1993, pp. 74-78; MOSSÉ 2009, pp. 10-13. 45 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato contesto storico-sociale dell’arcaismo con la politica sociale dimostrata dal tiranno nelle sue iniziative e con la definizione di demotikòtatos che Aristotele gli riservò alla fine dell’epoca classica5. La tradizione conserva la notizia secondo cui Pisistrato usò lo stratagemma di ferirsi di nascosto e di presentarsi in agorà accusando gli oppositori politici di averlo assalito: così ottenne dai propri concittadini la concessione di scegliere fra loro una guardia del corpo (phylaké) composta di 300 mazzieri e con questa forza armata si impossessò dell’acropoli e conseguentemente del potere6. Le imprese contro Megara e la conquista di Nisea L’attività di Pisistrato nella politica estera ateniese ebbe però inizio ancora prima del conseguimento della tirannide: quando Pisistrato si appellò alla decisione dei propri concittadini per ottenere il corpo di guardia, egli fece valere i propri precedenti meriti pubblici nella conduzione delle imprese militari di Atene. Stando ad Erodoto e ad Aristotele, Pisistrato aveva comandato i propri concittadini nella conquistata di Nisea, l’importante porto meridionale di Megara, e aveva realizzato altre grandi imprese militari7. L’opinione comune, e anche più logica, associa questa notizia alla ripresa della guerra per il possesso di Salamina e alla vittoria di Atene8. La biografia plutarchea di Solone associa invece in molti passaggi Pisistrato alle vicende relative al legislatore di Atene e i due sono presentati come co-fautori della guerra contro Megara e della conquista di Salamina9; per questa fonte tuttavia si pone il problema dell’assenza, quando non della confusione10, di riferimenti cronologici e la storiografia moderna ha definitivamente messo in luce un diffuso fenomeno di duplicazione delle iniziative e imprese fra quei due personaggi chiave della storia arcaica ateniese11. La ricostruzione storica che si impone vede senz’altro il lungo conflitto fra Atene e Megara per il possesso di Salamina continuare dalla fine del VII alla metà del VI secolo. Come 5 Aristot. Ath. Pol. 14.1: demotikòtatos; Aristot. Pol. V 5 (=1305a). Hdt. I 59; Aristot. Ath. Pol. 13.4-14.1; Plut. Sol. 19.1-30.3; Polyaen. I 21.3. 7 Hdt. I 59; Aristot. Ath. Pol. 14.1, 17.2. Aristotele usa il verbo strategèin che sembrerebbe doversi associare al comando esercitato dallo strategòs; tuttavia affermare che Pisistrato fu stratego ateniese potrebbe essere una interpretazione anacronistica poiché quella magistratura è attesta solo a partire dalle riforme di Clistene: HOWWELLS 1928, ad Hdt. I 59; RHODES 2010, s.v. “strategos” in BNP. Se Pisistrato ricoprì un’effettiva magistratura della polis nella guerra contro Megara dovette essere quella di polèmarchos, una istituzione di chiara superiorità e antichità rispetto allo strategòs: Hdt. VI 109s.; Aristot. Ath Pol. 3.2. Altri tiranni assursero peraltro al potere personale a seguito o tramite il polemarcato: Cipselo a Corinto, vd. Nic. Dam. FGrHist 90 F 57; Ortagora a Sicione, vd. POxy. XI 1365 (= FGrHist 105 F 2). RHODES 2010, s.v. “Polemarchos” in BNP. 8 STAHL 1987, pp. 204-210; NOUSSIA 2001, ad Sol. fr. 2 G.-P.2 (1-3 W.2), pp. 223-233. 9 Plut. Sol. 8.3s., 31.1-3. 10 MANFREDINI-P ICCIRILLI 1998, p. XXXVIs., ad Plut. Sol. 10.26-28, pp. 142s. 11 Sul fenomeno di assimilazione di Solone e Pisistrato nelle fonti, vd. MANFREDINI-P ICCIRILLI 1998, p. 115. Fonti tarde attribuiscono a Pisistrato la conquista dell’isola, piuttosto che a Solone, vd. NOUSSIA 2001, pp. 224s.. 6 46 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato si è visto, con il fallimento del tentativo tirannico di Cilone, svanì anche la possibilità di un compromesso pacifico fra i governanti delle due poleis, cosicché Megara condusse un decisivo attacco e conquistò Salamina, poco dopo il 636; Atene sembra ritirò allora le proprie ambizioni12. Il coinvolgimento di Solone nella ripresa e continuazione del conflitto è ampiamente attestato: la tradizione conserva le tracce di una serie di iniziative politiche e di interventi bellici legati a Solone che sembra abbiano riportato Salamina nell’orbita ateniese13. Tuttavia la critica moderna è divisa sulla storicità degli interventi militari attribuiti all’arconte e legislatore ateniese e sulla solidità delle conquiste ateniesi sotto il suo comando all’inizio del VI secolo: è sicuro, se non altro, che Megara non si dette per vinta e che il conflitto continuò14. Le non specificate imprese di Pisistrato e la sua cattura del porto megarese di Nisea vanno ascritte ad un lungo strascico del conflitto dall’epoca di Solone o ad una rinnovata iniziativa bellica intrapresa dalla comunità ateniese degli anni ‘70-‘60 del VI secolo che pose fine al conflitto in favore di Atene15. L’attività militare di Pisistrato e la cattura da parte sua del porto megarese di Nisea sono da porsi negli anni 570-565: prima della tirannide del 560, ma non troppo distante nel tempo perché i concittadini dimenticassero i suoi meriti e in un momento in cui Pisistrato era sufficientemente maturo per esercitare un ruolo di comando16. La conclusione della guerra contro Megara e l’arbitrato dei Lacedemoni: problemi di datazione Secondo la tradizione, la contesa fra Atene e Megara per il possesso di Salamina si concluse definitivamente con l’arbitrato che le due parti affidarono ad un consesso di cinque 12 Plut. Sol. 12.3. Sol. fr. 2 G.-P.2 (= 1-3 W.2); Plut. Sol. 8.1-10.4; Ael. Var. Hist. VII 19; Diog. Laert. I 46. MANFREDINIPICICIRILLI 1998, p. 130. 14 Plut. Sol. 10.1. NOUSSIA 2001, pp. 224s. 15 La ricostruzione della storia del conflitto per Salamina e del ruolo di Solone e poi Pisistrato qui presentata non è universalmente accettata, pur essendo la più seguita e quella che concilia le notizie di diverse tradizioni. Favorevoli all’ipotesi di due conflitti separati, uno al tempo di Solone nel 600 ca. e una seconda guerra contro Megara al tempo di Pisistrato nel 570 ca.: SANDYS 1912, pp. 55s.; HOW-WELLS 1928, ad. Hdt. I 59; LEGON 1981, p. 137; ANDREWES 1982 a, pp. 372-375. Al contrario, J.H. Wright utilizza alla lettera il passo di Aristot. Ath. Pol. 17.2 per accettare l’esistenza di un solo conflitto fra Atene e Megara, promosso da Solone all’inizio del VI secolo, al quale Pisistrato partecipò quando era in giovane età, vd. WRIGHT 1892, pp. 71-74. Tutte le ipotesi di collaborazione fra Solone e Pisistrato durante il conflitto sono cronologicamente impossibili e dovette trattarsi di due separati conflitti avvenuti in tempi diversi, vd. MANFREDINI-PICCIRILLI 1998, pp. XXXVIs., 132s. M. Noussia si esprime attribuendo un ruolo decisivo agli interventi di Solone e avanzando invece dubbi sulla storicità delle notizie relative a Pisistrato, sul presupposto della duplicazione di elementi del primo nella biografia del secondo, vd. NOUSSIA 2001, p. 225. Sulla base del medesimo procedimento di trasferimento all’interno della tradizione, si potrebbe accettare invece la veridicità delle notizie su Pisistrato e considerare al contrario le notizie su Solone una rielaborazione fittizia, vd. ANDREWES 1982 a, pp. 372-375. Il commento erodoteo di W. How e J. Wells appoggia la ricostruzione che ho scelto in questo elaborato e fornisce un quadro delle posizioni critiche più significative, vd. HOW-WELLS 1928, ad Hdt. I 59. 16 HOW-WELLS 1928, ad Hdt. I 59. 13 47 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato arbitri spartani17. La sanzione spartana dovette avere la funzione di suggellare la situazione militare de facto, creatasi a seguito dei successi di Pisistrato, con un pronunciamento di valore diplomatico e di mettere a tacere le eventuali rivendicazioni delle due parti18. Non tutte le fonti tuttavia conoscono la notizia dell’arbitrato spartano e questo pone un problema storiografico in quanto, come si è già fatto notare, le notizie relative alle biografie di Solone e di Pisistrato rimangono insolubilmente aperte al dubbio. Soprattutto persiste una incertezza cronologica relativamente alla data da assegnare all’arbitrato spartano. Nella biografia di Plutarco la notizia dell’arbitrato è associata all’attività politica di Solone, ma il medesimo autore tramanda i nomi dei cinque giudici spartani, fra i quali compare il celebre sovrano lacedemone Cleomene. La notizia è dunque contraddittoria poiché il primo dato impone per l’arbitrato un terminus ante quem al 560, mentre il regno di Cleomene ebbe inizio solo nel 520. La critica moderna si è perciò divisa sulla collocazione cronologica dell’arbitrato e dunque della conclusione della guerra megarese: alcuni rispettano la concordanza con l’attività militare di Pisistrato poco prima della tirannide e con l’ultima parte della vita di Solone, negli anni intorno al 570-565, fino al 550; altri ritengono più significativa l’attribuzione dell’arbitrato all’attività del re spartano Cleomene e collocano perciò l’arbitrato intorno al 519/8 o più tardi19. Entrambe le ipotesi trovano una giustificazione nel proprio contesto storicopolitico ed entrambe sono significative per la storia delle relazioni internazionali della tirannide pisistratide: per questo si impone una analisi in questa sede. Personalmente concordo con quegli storici che ritengono impossibile non accettare la storicità dell’intervento di Pisistrato nella guerra contro Megara e nella conquista del porto di Nisea. La notizia delle imprese di Pisistrato giunge infatti attraverso Erodoto, il quale a sua volta non poté che registrarle da fonti locali ateniesi conservate in ambienti di sicura tendenza anti-tirannica e filo-alcmeonide: che dunque ad Atene non si tacessero le storie dei successi militari di Pisistrato è segno della loro riconosciuta storicità20. Dal punto di vista strategico, la perdita di Nisea, suo principale porto, dovette segnare per Megara la fine delle proprie capacità navali e la possibilità di continuare il conflitto. È dunque plausibile che le parti abbiano preferito ricorrere nel 570-565 all’arbitrato spartano per giungere 17 Plut. Sol. 10.1-4. PICCIRILLI 1973, n. 10. Le fonti non esplicitano in effetti a quale delle due parti l’arbitrato diede ragione ma, dallo sviluppo del testo di Plutarco, l’esito appare di lampante interpretazione poiché la mediazione avrebbe procurato a Solone grande fama: Plut. Sol. 10.1–11.1. LEGON 1981, pp. 136-140. 19 BELOCH 1913, vol. I.2, pp. 311-314; HICKS-HILL 1901, p. 6s.; TREVER 1925, pp. 120-125; NILSSON 1938, pp. 385-387; MERITT 1941, pp. 301-305; WILL 1955, p. 643; MILLER 1971, pp. 34s.; SEALEY 1976 a, pp. 146s.; LEGON 1981, pp. 136-140; ANDREWES 1982 a, pp. 372-375; MANFREDINI-PICCIRILLI 1995, pp. 136s.; NOUSSIA 2001, p. 224; LAVELLE 2005, pp. 59-64, 272s. n. 173. 20 ADCOCK 1924, pp. 176-179; WATERS 1971, pp. 22-24; LAVELLE 2005, pp. 30s. 18 48 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato ad una conclusione definitiva: Atene si ritrovava a godere di un vantaggio militare significativo che avrebbe pesato a suo favore nel giudizio dei Lacedemoni; Megara era in posizione militarmente svantaggiata e avrebbe trovato più avveduto concludere il conflitto tramite una soluzione diplomatica. A favore di Megara pare inoltre evidente che i successi di Pisistrato, nonostante fossero stati significativi, non avevano portato ad una conquista sicura dell’isola contesa: in caso contrario le fonti non avrebbero tralasciato una notizia di tale peso; perciò Megara poteva ancora vantare le proprie pretese in sede arbitrale21. Potremmo dunque considerare la situazione come essenzialmente bilanciata, pur con una tendenza in favore di Atene. Una ricostruzione proposta da più di uno studioso ritiene che gli arbitri spartani abbiano disposto lo scambio fra le due località strategiche: Nisea tornò dunque sotto la completa autorità megarese, mentre ad Atene fu definitivamente concessa Salamina22. La soluzione pare congrua sotto molteplici aspetti. In questo modo l’arbitrato ripristinava lo status quo ante bellum, poiché riconsegnava a Megara il porto di Nisea, rispettando peraltro così l’integrità della chòra cittadina. La perdita di Nisea avrebbe d’altronde segnato la fine dell’economia di Megara e un destino di incertezza alimentare e soggezione politica ai propri vicini, Atene o Corinto: raramente la diplomazia greca accettò soluzioni di una tale gravità, perlomeno fino alla fine dell’epoca classica. La mancata restituzione di Nisea avrebbe infine messo Megara in condizione di non poter rispettare l’arbitrato e avrebbe inficiato la durata della pace e la qualità del giudizio politico-strategico dei Lacedemoni. Per altro verso la concessione di Salamina ad Atene rispettava i diritti di conquista militare di questa polis e ne premiava l’evidente condizione di superiorità strategica. La scelta di uno scambio fra postazioni di recente conquista e aree di più antico insediamento è in linea con le pratiche di arbitrato interstatale attestate anche in altri casi23. La collocazione cronologica dell’arbitrato in coda alle conquiste di Pisistrato negli anni 570-565 ha il pregio dunque di legare l’intervento diplomatico direttamente alla presa di Nisea da parte di Pisistrato, cioè a quella circostanza strategico-militare che rese 21 Contro questo scenario B.M. Lavelle ritiene che l’attacco contro Nisea si sarebbe potuto condurre soltanto via mare, ma questo implicherebbe il controllo completo di Salamina; perciò le imprese non specificate sulle quali Erodoto non si esprime sarebbero da interpretarsi appunto come la traccia storiografica della conquista dell’isola da parte di Pisistrato: LAVELLE 2005, pp. 49-51. Sebbene l’ipotesi sia in linea con l’analisi storiografica su Erodoto, non si vede il movente per cui, avendo ottenuto il possesso dell’isola contesa, gli Ateniesi avrebbero ritenuto utile proseguire la guerra in una missione contro il territorio megarese. 22 LEGON 1981, pp. 136-140; ANDREWES 1982 a, pp. 372-374; ANDREWES 1982 b, p. 397. 23 Una soluzione in tutto simile fu presa da Periandro nell’arbitrato fra Atene e Mitilene per il possesso del Sigeo: Hdt. V 94s. 49 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato l’arbitrato un intervento urgente per Megara24. Questa data alta infine preserva la storicità dell’intervento di Solone, se pure in una età avanzata25. Una diversa tradizione interpretativa colloca l’arbitrato lacedemone al 519/18. Il presupposto è quello di accettare la storicità della presenza del sovrano spartano Cleomene nel consesso dei giudici e viceversa di respingere la storicità della presenza di Solone in quegli eventi; il regno di Cleomene viene infatti datato agli anni 520-490. Non è difficile comprendere le argomentazioni contro l’intervento di Solone nel giudizio arbitrale: si è già fatta notare la tendenza delle fonti ad associare indebitamente questo personaggio di cruciale importanza a significativi eventi della storia di Atene26. Questa ipotesi cronologica si avvale, come la precedente, anche di un’analisi del contesto politico-strategico internazionale. È stato infatti argomentato che la posizione di Sparta nello scenario internazionale e nei confronti dei vicini nel Peloponneso non avrebbe permesso ai suoi giudici di imporre la propria autorità arbitrale in una data alta27. L’alleanza con Tegea e Corinto, perciò la loro entrata nella Lega del Peloponneso, fu siglata non prima del 540: senza l’approvazione di queste poleis il cammino attraverso il Peloponneso e l’Istmo rimaneva precluso al raggio di azione internazionale di Sparta. Un altro fattore ancora più importante per le possibilità di Sparta di agire al di fuori del Peloponneso fu la sconfitta di Argo, alla battaglia di Sepeia, avvenuta nel 520-519. Sparta non avrebbe potuto esercitare un ruolo di primo piano nella politica internazionale finché la vicina Argo fosse rimasta un attore strategico indipendente e potenzialmente ostile. La vittoria nella battaglia di Sepeia fu peraltro proprio l’evento che procurò a Cleomene, all’inizio del suo regno28, la visibilità e il prestigio internazionale che gli avrebbero potuto assicurare un ruolo credibile fra i giudici dell’arbitrato fra Atene e Megara29. Le due ipotesi cronologiche qui esposte risentono dunque entrambe di contraddizioni storiografiche e cronologiche che impongono di accettare o rifiutare parte delle notizie fornite dalle fonti ed entrambe si avvalgono di una valida contestualizzazione geo-politica. L’analisi delle relazioni interstatali della tirannide dei Pisistratidi fornisce a mio avviso alcuni motivi per preferire la prima e più alta collocazione cronologica per la conclusione della guerra megarica e conseguentemente per l’arbitrato di Sparta. Nel 511 Sparta dimostrò di perseguire un’aperta politica anti-pisistratide e filo-alcmeonide quando acconsentì alle richieste di Delfi e dei fuoriusciti aristocratici ateniesi intraprendendo la prima spedizione armata contro Ippia, col fine 24 ANDREWES 1982 a, p. 373; LAVELLE 2005, pp. 30-51. LEGON 1981, pp. 138s. 26 PICCIRILLI 1973, n. 10. Vd. supra, pp. 46s. 27 BELOCH 1913, p. 312. 28 Paus. III 4.1. WELLS 1905, pp. 193-196, 201. 29 PICCIRILLI 1973, n. 10. 25 50 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato di esautorare i Pisistratidi dal potere tirannico. È del tutto plausibile leggere nelle prolungate insistenze della Pizia nei propri responsi a Sparta un’opera diplomatica del santuario stesso e degli Alcmeonidi che era iniziata senz’altro alcuni anni prima della decisione presa da Sparta nel 511. Se si vuole attribuire agli arbitri spartani una minima lungimiranza nella conduzione della politica estera della propria polis, è del tutto contraddittoria e incomprensibile la scelta di favorire Atene concedendole il possesso di Salamina in occasione dell’arbitrato con Megara, nel presupposto di collocare la data dell’arbitrato al 519/18, o più tardi. Le rispettive relazioni dei Pisistratidi e di Sparta con Argo potrebbero costituire un altro fattore utile per inquadrare la cronologia dell’arbitrato. Relazioni familiari fra i Pisistratidi e l’élite di Argo sono attestate già per il 560 in occasione del matrimonio di Pisistrato con Timonassa, figlia di Archino, e successivamente in occasione della battaglia di Platea nel 546, quando da Argo giunsero 1.000 mercenari opliti che si aggiunsero alle forze pisistratidi30. Le relazioni fra Sparta e Argo si inasprirono nel 546, a partire cioè dalla cosiddetta Battaglia dei Campioni a seguito della quale Argo fu sconfitta e rinunciò alla Tireatide; nel 520 è attestato un nuovo intervento militare spartano, al comando del re Cleomene, nella battaglia di Sepeia31. Posto dunque un legame fra gli interessi dei Pisistratidi e quelli di Argo, per il tramite della moglie Timonassa, collocare l’arbitrato qui discusso nel 519/18 renderebbe la politica estera spartana contraddittoria: la soluzione presa dai giudici Lacedemoni avrebbe infatti favorito una famiglia alleata della loro nemica peloponnesiaca, Argo32. Viceversa Pisistrato, nel 519/8, difficilmente avrebbe acconsentito ad affidare le sorti dei propri sforzi bellici al giudizio dei Lacedemoni, nemici della madrepatria e residenza di sua moglie Timonassa. Un’analisi della prosopografia greca e peloponnesiaca permette di constatare un ampio numero di attestazioni e una ampia diffusione del nome Kleome/nhj: vi sono associate ottantatrè attestazioni, di cui diciannove in area dorica, sette specificamente a Sparta, cinque delle quali riguardano sovrani lacedemoni o personaggi associati al governo di Sparta. La diffusione di questo nome impone di non identificare di necessità l’arbitro del contenzioso fra Atene e Megara, che operò nel 570-565, con l’omonimo re di Sparta attivo nel periodo 520-490 ca.: è più che possibile che siano vissuti, a distanza di una generazione uno dall’altro, due individui con quel medesimo nome33. Su questi presupposti non vi è dunque alcuna necessità di 30 Hdt. V 94.1; Aristot. Ath. Pol. 17.3s. WELLS 1905, pp. 193-196, 201; ANDREWES 1982 b, p. 402; HAMMOND 1982 b, pp. 356s.; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 61s., 201-203; BALTRUSCH 2002, pp. 41-44. 32 ANDREWES 182 a, pp. 373s.; ANDREWES 1982 b, pp. 397s, 402s. 33 LGPN, vol. III A, s.v. Kleome/nhj. ANDREWES 1982 a, p. 373; PORALLA 1985, soprattutto nn. 435, 437; WELWEI 2011, s.v. “Cleomenes” in BNP; LAVELLE 2005, pp. 59-64, 272s. n. 173. 31 51 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato abbassare la data dell’arbitrato spartano per farla rientrare entro il periodo del regno del re Cleomene. Datare l’arbitrato spartano al 519/18 contraddice dunque il quadro politico internazionale di quel periodo; al contrario, la collocazione cronologica dell’arbitrato nel periodo immediatamente successivo alla vittoria di Nisea, nel 570-565, si inserisce adeguatamente nella storia delle relazioni internazionali dei Pisistratidi34. La politica di alleanza familiare di Pisistrato con l’aristocrazia argiva ebbe inizio non prima del 56035: perciò prima di quella data, e all’epoca della collocazione più alta dell’arbitrato fra Atene e Megara, Sparta non avrebbe avuto motivo di temere di favorire una o l’altra delle parti. Negli anni 570-565 Sparta era ancora lontana dalla politica estera anti-tirannica e anti-pisistratica dimostrata con l’attacco del 511 contro Ippia; a metà del VI secolo, nei confronti di Pisistrato poteva anzi ancora avere pregnanza quella xenìa che si è precedente ipotizzata risalire alle relazioni di Ippocrate con Sparta e che Cleomene deciderà di rompere. Una stele frammentaria rinvenuta nell’Agorà ateniese merita una discussione in questa sede poiché la sua datazione e il suo contenuto si legano alla questione del controllo ateniese di Salamina. Si tratta del più antico decreto ateniese su epigrafe a noi pervenuto; il testo frammentario esprime le decisioni dello stato ateniese relativamente all’organizzazione degli abitanti di Salamina in materia di gestione finanziaria della proprietà terriera, degli obblighi tributari e di quelli militari. L’epigrafe può datarsi esclusivamente secondo il criterio della forma delle lettere e dell’organizzazione del testo e deve essere fatta risalire al periodo 520-480, senza poter pretendere maggiore precisione36. È stata avanzata l’ipotesi che il reperto attesti l’istituzione della prima cleruchia ateniese sul suolo salaminio37, tuttavia gli specialisti notano la frammentarietà del testo e la difficoltà di emendarne con sicurezza porzioni significative: rimane perciò aperta al dubbio proprio la ricostruzione dei referenti interessati dalle disposizioni ed è probabile che il decreto non sia riferito ai cleruchi ateniesi di Salamina, ma piuttosto soltanto agli abitanti dell’isola; tantomeno è evidente se le disposizioni riguardassero i cittadini ateniesi che vivevano su Salamina, o i Salaminii autoctoni o entrambi38. Le ricostruzioni storiche relative alle circostanze, agli autori e ai referenti del decreto sono dunque molteplici. Alcuni studiosi hanno ritenuto che il decreto sia stato prodotto al fine di sancire il comportamento degli autoctoni salaminii dopo la conquista 34 ANDREWES 1982 a, pp. 372-375. Aristot. Ath. Pol. 17.4. 36 IG I2 1. HICKS-HILL 1901, n. 4, pp. 6s.; MEIGGS-LEWIS 1989, n. 14, pp. 25-27. 37 NILSSON 1938, pp. 386-387; ANDREWES 1982 a, p. 373; MEIGGS-LEWIS 1989, n. 14, pp. 25-27. 38 HICKS-HILL 1901, n. 4, pp. 6s.; MERITT 1941, pp. 301-307; WADE-GERY 1946, pp. 101-104. 35 52 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato ateniese dell’isola a metà del VI secolo39, ma il decreto è senz’altro più tardo rispetto a questa cronologia e la ricostruzione va dunque, a mio avviso, scartata. In linea invece con l’effettiva datazione epigrafica del decreto, altre interpretazioni accettano la cronologia poc’anzi discussa, che colloca l’arbitrato spartano ad epoca clistenica, considerano l’epigrafe come una testimonianza dell’arbitrato stesso e ritiengono che con esso si sia sancita anche la concessione di una cleruchia ateniese su Salamina oppure altrimenti e più cautamente che l’arbitrato e il decreto sancissero in forma ufficiale, nel 508 ca., il controllo che Atene aveva esercitato de facto fin dalla conquista del 570/6540. Concluderei dunque che l’epigrafe in questione non è da associarsi alla storia della politica internazionale di Pisistrato e nemmeno all’arbitrato spartano la cui collocazione a metà del VI secolo mi pare in definitiva più appropriata. Piuttosto ritengo che il decreto sia una testimonianza di quel periodo di riorganizzazione socio-politica che ebbe luogo ad Atene con il nuovo governo isonomico di Clistene. Salamina aveva senz’altro accolto cittadini ateniesi dopo la conquista di Pisistrato e dopo l’assegnazione dell’isola ad Atene a seguito dell’arbitrato spartano e quei cittadini avevano ottenuto delle proprietà terriere, stando al testo del decreto. Mi pare del tutto logico che appunto nel momento in cui il governo e lo stato ateniese ebbero una nuova forma, con l’iniziativa legislativa di Clistene, si sia reso necessario ridiscutere e determinare lo status, gli obblighi e i diritti di quegli Ateniesi di Salamina41. La stele può, a mio avviso, fornire una parziale minima conferma della storicità e della datazione della conquista di Salamina a seguito delle operazioni di Pisistrato. Si è detto infatti che un dato sicuro che si può estrarre dal testo e dagli argomenti dell’epigrafe è che viveva a Salamina un gruppo di famiglie che afferivano alla cittadinanza ateniese e la cui posizione e il cui status si ritenne di dover istituzionalizzare nell’ultimo decennio del VI secolo; si trattava altresì di possessori di terreni estesi a sufficienza da potersi affittare ed erano individui sufficientemente benestanti da potersi permettere l’armamento oplitico42: si potrebbe inferire dunque che lo status socio-economico dei referenti del decreto era consolidato e che essi erano giunti a Salamina ben prima dell’emissione del decreto, probabilmente cioè negli anni successivi alla conquista di Pisistrato e dell’arbitrato spartano, nel 570-565. 39 BUSOLT 1885, pp. 548-551; HICKS-HILL 1901, n. 4, pp. 6s. NILSSON 1938, pp. 386-387; MERITT 1941, pp. 301-307; ANDREWES 1982 a, p. 373; MEIGGS-LEWIS 1989, n. 14, pp. 25-27. 41 MEIGGS-LEWIS 1989, n. 14, pp. 25-27. 42 WADE-GERY 1946, p. 103. 40 53 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato L’attacco contro Megara nel quadro delle fazioni politiche ateniesi L’attività militare di Pisistrato nel conflitto con Megara, pur non ricadendo ancora nel periodo della sua tirannide, può fornire già lo spunto per alcune considerazioni, a mio avviso significative, sia per la comprensione della posizione di Pisistrato nella politica interna ateniese in vista dell’assunzione della tirannide, sia per la lettura dei moventi strutturali nelle relazioni interstatali fra Atene e le poleis dell’Istmo e del Peloponneso, nonché della costruzione della rete di relazioni familiari dei Pisistratidi. Nel discutere il tentativo tirannico di Cilone, questi è stato identificato come l’esponente politico di una corrente della classe dirigente ateniese che vedeva favorevolmente la ricerca di una intesa con Megara, che non era interessata a prolungare le azioni militari e che non riteneva vantaggioso ampliare le capacità marittime di Atene. L’accesso ai porti e alla navigazione nell’Egeo e nel Mediterraneo erano una necessità per la maggior parte delle poleis greche in relazione alla scarsità di suolo fertile e alla connessa sovrappopolazione; era fondamentale per le poleis poter fare affidamento su mercati cerealicoli regionali o internazionali per supplire alle esigenze della popolazione in crescita e alle eventuali fortuite emergenze alimentari. Il Golfo Saronico costituiva il miglior accesso marittimo per Megara e Atene e il controllo di Salamina comportava la possibilità di decidere del traffico da e per i porti attici e istmici. La via marittima che faceva capo al Golfo Saronico era indirizzata ad accedere agli ampi mercati cerealicoli internazionali, sulle rotte per la Tracia e verso lo stretto dell’Ellesponto, nonché verso le aree cerealicole affacciate sul Ponto Eusino43. Secondo l’analisi geo-economica condotta dalla storiografia moderna, è evidente d’altronde come esistesse una rotta marittima regionale alternativa che Atene poteva sfruttare per le proprie esigenze alimentari: uscendo dagli antichi porti affacciati sulle coste nordorientali dell’Attica, quali il porto di Prasiae o quello Maratona, gli Ateniesi potevano navigare verso settentrione lungo le coste dell’Eubea per così raggiungere la Tessaglia ed eventualmente più a nord la Macedonia. Pur non eguagliando la produzione delle aree pontiche, la Tessaglia poteva contare su una pianura fertile e di ampie proporzioni, al paragone con gli usuali parametri greci; oltre a cereali in grandi quantità, la Tessaglia contava anche su grandi allevamenti di mandrie e greggi44. Scegliere la via pacifica nei rapporti con Megara avrebbe significato indirizzare Atene su questa tradizionale via marittima e su di una politica economica di raggio più limitato, orientata prevalentemente all’autarchia45. Questa direttrice politico43 STAHL 1987, pp. 204-210. GEHRKE 1996, pp. 981s. 45 FRENCH 1957. 44 54 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato economica era dunque quella perseguita da Cilone e dai suoi sostenitori che dovremo identificare nell’aristocrazia di possessori di ampi terreni coltivabili; questa classe sociale non aveva interesse ad accedere a mercati più ampi e a ulteriori risorse cerealicole, al contrario trovava più vantaggioso limitare la disponibilità di risorse alimentari al proprio surplus. È questa opinione politico-economica quella che prevalse quando ad Atene fu approvata la legge contro la discussione pubblica della ripresa della guerra contro Megara. Cilone nondimeno non godette affatto di ampio consenso: alla notizia della sua iniziativa, la popolazione di Atene accorse dai campi e assediò l’acropoli e incaricò gli arconti, tra cui erano presenti alcuni Alcmeonidi, di continuare poi l’assedio. È evidente che la maggior parte del demos ateniese, composto di piccoli e piccolissimi proprietari terrieri, era più esposta ai rovesci delle cattive annate e approvava la possibilità di aumentare la portata dei commerci di Atene. Della stessa opinione potevano essere quelle famiglie aristocratiche più aperte alla conduzione di commerci e iniziative sul piano internazionale; fra queste, come esponenti e rappresentanti di rilievo, dobbiamo contare gli Alcmeonidi, i quali si opposero dunque con acredine al tentativo di Cilone non solamente in difesa delle libertà politiche di Atene, ma con buona probabilità anche perché era nei contatti con l’estero che risiedeva l’origine della ricchezza della famiglia46. Se riteniamo valida questa contestualizzazione socio-economica del conflitto contro Megara, allora Pisistrato è da collocarsi nella fazione militarista e ‘marittima’. Nell’ottica della presa della tirannide che avvenne entro pochi anni dalle imprese militari, possiamo ricostruire gli intenti politici di Pisistrato soggiacenti alle sue iniziative: Pisistrato si adoperò attivamente nella guerra megarica con lo scopo di essere identificato dall’opinione politica e pubblica ateniese come un campione del dèmos, protettore degli interessi delle classi nonaristocratiche47. Oltre a queste considerazioni socio-politiche, dovette influire anche un fattore di prestigio sociale e di fama nella scelta di Pisistrato di partecipare attivamente alla guerra per Salamina: gli studiosi hanno notato come il successo militare abbia garantito l’appoggio popolare a quasi tutti i tiranni greci48; le operazioni militari portarono Pisistrato vicino alla classe oplitica; la vittoria militare fu una dimostrazione di capacità e di favore divino. In base a queste considerazioni assume cogenza l’ipotesi che Pisistrato si adoperasse per l’assunzione della tirannide fin dal 57049. 46 WRIGHT 1892, pp. 42-57; FRENCH 1957, p. 241. Agli Alcmeonidi è attribuita l’amicizia con i sovrani di Lidia: Hdt. VI 125. 47 FRENCH 1957, pp. 241s.; STAHL 1987, pp. 204-210. 48 ANDREWES 1958, pp. 17-19, 31-38; MCGLEW 1993, pp. 2s.; LAVELLE 1994. 49 STAHL 1987, pp. 76s.; GOUŠCHIN 1999, pp. 16-19, 22s. 55 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Pisistrato e la guerra contro Megara nella politica estera filo-corinzia di lungo periodo A partire dal VII secolo Megara ebbe come naturale avversaria, oltre ad Atene, Corinto. Dal 700 Corinto aveva conquistato ampie porzioni di terreni coltivabili che appartenevano in precedenza a Megara, la quale poté d’altro canto pur sempre vantare il controllo della via di transito terrestre attraverso l’Istmo; le relazioni fra Megara e Corinto vanno considerate nell’ottica di una naturale tensione fra poleis confinanti50. Questo rapporto disarmonico fra le due poleis è verificabile negli eventi storici finora esposti. Nell’arbitrato che io ho preferito collocare al 560 ca., gli Spartani ebbero un motivo ulteriore per favorire Atene nelle pressioni politiche che dovette esercitare Corinto a favore di Atene medesima: ci sono infatti buoni motivi per pensare che a metà del VI esistesse già una forma embrionale di quell’accordo bilaterale fra Sparta e Corinto che fu all’origine della Lega del Peloponneso. Quando, nel 546 ca., giunsero a Sparta i messi inviati da Creso di Lidia, pare che gli Spartani occupassero già una posizione egemonica nell’Ellade e dunque certo nel Peloponneso51; questa notizia potrebbe senz’altro essere un anacronismo dello storico che avrebbe deciso di retro-datare ad epoche più antiche la formazione del potere diplomatico lacedemone; eppure, se Sparta accettò l’alleanza con Creso e si impegnò ad un’eventuale azione Asia Minore, è perché poteva contare sulle capacità militari e sul trasporto marittimo che avrebbe fornito Corinto con la sua poderosa flotta: perciò è probabile che almeno nel 546 Corinto e Sparta avessero già stretto un accordo bilaterale nel quadro della Lega del Peloponneso52. È pure possibile che Corinto e Sparta non godessero ancora di un’alleanza diplomatica nel 560, all’epoca dell’arbitrato per la questione di Salamina, ma senz’altro Corinto doveva già costituire una potenza politica verso cui Sparta guardava con rispetto53 e in quella occasione Corinto potrebbe avere promosso la soluzione favorevole ad Atene, in virtù della comune opposizione a Megara54. L’arbitrato lacedemone su Salamina fa parte di un insieme numeroso di elementi che concorrono a delineare l’esistenza di una intesa strutturale di lungo periodo fra Corinto e Atene in funzione anti-megarica. L’archeologia ha rilevato la diffusione di ceramica attica a figure nere ad incominciare dal primo quarto del VI secolo, in aree quali l’Occidente e il Ponto ove pochi anni prima era presente solo ceramica corinzia55; il dato è giustificato assumendo che le navi che trasportavano la ceramica attica continuassero ad essere quelle corinzie e che la 50 TREVER 1925, p. 117; HAMMOND 1982 b, pp. 334-337; KOROMILA 1991, pp. 55-59; SCOTT 2000. Hdt. I 69.2. SALMON 1996, pp. 851-864; BALTRUSCH 2002, pp. 40-44. 52 CAWKWELL 1993, pp. 367-372; SALMON 1996, pp. 240-252. 53 Il peso di Corinto si evince dal fatto che, negli anni successivi, la polis dell’Istmo fu spesso in grado decidere della politica internazionale di Sparta e della Lega del Peloponneso: Hdt. V 75.1, 92.1, h5. 54 MANFREDINI-P ICCIRILLI 1998, pp. 142s. 55 FRENCH 1957, pp. 239s.; WILL 1955, pp. 415-420; SALMON 1997, pp. 101-116. 51 56 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato tendenza politico-economica di Corinto fosse di permettere ad Atene di accedere alle sue aree di influenza commerciale. Le fonti associano all’opera riformatrice di Solone anche una modifica dei pesi, delle misure e dei valori monetari; le informazioni sulla riforma ponderale soloniana sono assai poco chiare e vanno dunque trattate con grande cautela; nondimeno mi pare si possa accettare una ricostruzione di massima che veda lo spostamento dei riferimenti ponderali ateniesi dal cosiddetto sistema “eginetico” verso quello “euboico”, lo stesso in corso anche a Corinto56. Questi dati di natura archeologica ed economica, attestano, a mio avviso, per il primo quarto del VI secolo, una tendenza alla solidarietà fra Atene e Corinto; nondimeno è possibile consolidare il quadro di questa intesa interstatale prendendo in considerazione i dati sparsi relativi alle relazioni diplomatiche fra Corinto e Atene e a quelle personali fra le grandi famiglie aristocratiche e tiranniche di spicco delle due poleis. L’atteggiamento favorevole di Corinto e dei Cipselidi verso Atene é evidente nelle circostanze della guerra fra Atene e Mitilene, per il possesso di Sigeo, in Troade, iniziato nel 620 ca.; il contenzioso si protrasse lungamente finchè, nel primo decennio del VI secolo, il tiranno di Corinto Periandro fu chiamato, di comune accordo fra le due poleis, ad agire in qualità di arbitro: la sua decisione assegnò Sigeo ad Atene57. È attestato che nel 636 Teagene di Megara e Cilone di Atene si legarono tramite il matrimonio della figlia del tiranno con l’Ateniese: di questa alleanza familiare si sono già analizzate le ricadute politiche e strategiche. Significativamente, nel medesimo periodo i Filaidi, un’altra famiglia aristocratica ateniese di spicco, strinsero una simile alleanza matrimoniale con Cipselo, il tiranno di Corinto58. Queste scelte di politica familiare possono dunque ricevere un’interpretazione in chiave politica e sono da inserirsi nella prospettiva di quella divisione nella classe politica ateniese in merito all’indirizzo di politica estera da adottarsi nei confronti di Megara e al contenzioso per Salamina, di cui ho avuto modo di discutere sopra. I Ciloniani dunque si associarono al tiranno di Megara, politicamente perseguirono l’intesa interstatale con quella polis e conseguentemente la rinuncia all’attivismo navale nel Golfo Saronico; contemporaneamente i Filaidi si legarono agli interessi dei Cipselidi 56 Aristot. Ath. Pol. 10.1; Plut. Sol. 15.4s. FRENCH 1957, p. 239; MUSTI 2006, pp. 261-265; KROLL 2008, pp. 1417. 57 Hdt. V 94s.; Strab. XIII 1.38; Diog. Laert. I 74. WILL 1955, pp. 369s., 381-391, 450s., 546, 558-562. 58 Hdt. VI 34, 128. ANDREWES 1958, pp. 105s.; BERVE 1967, pp. 33s.; MEIGGS-LEWIS 1989, n. 6, pp. 9-12. Malgrado le fonti non parlino esplicitamente di un matrimonio interdinastico, Erodoto ricorda che il Filaide Ippoclide godeva di una parentela con i Cipselidi di Corinto. È possibile d’altronde che il passaggio del nome del tiranno corinzio nella famiglia ateniese si debba piuttosto all’istituzione di una xenìa: HERMAN 1990, pp. 352s. Vd. infra, pp. 183ss. 57 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato di Corinto, avversari di Megara, e si schierarono con quella parte degli Ateniesi che aspirava a rendere Atene una potenza navale. Il legame familiare fra Filaidi e Cipselidi sembra costituire un elemento di decisionalità ancora nel 570 ca., in occasione del matrimonio di Agariste, figlia di Clistene, tiranno di Sicione59: fra i pretendenti eccelleva infatti l’ateniese Filaide Ippoclide, ma Clistene preferì un altro aristocratico di Atene; Erodoto fornisce un colorito resoconto a spiegazione del cambiamento di opinione del padre della sposa, ma nella scelta dovettero pesare alcune considerazioni politiche. È noto infatti il rapporto conflittuale e di soggezione che Sicione aveva subito nei confronti di Corinto e dei Cipselidi; malgrado all’epoca del matrimonio di Agariste (575 ca.) la dinastia di quei tiranni fosse caduta già da una dozzina di anni, fu naturale per Clistene rifiutare di legarsi ad una famiglia ateniese imparentata con i Cipselidi. È significativo peraltro che Clistene scelse di concedere la figlia in sposa all’ateniese Megacle, della stirpe degli Alcmeonidi, legando così le proprie sorti ad una famiglia che costituì in Atene un avversario politico dei Pisistratidi, a loro volta alleati con i Filaidi60. Per il tramite dei Filaidi, ritengo che anche i Pisistratidi vadano inseriti in questo quadro di schieramenti politico-familiari61. Gli studiosi accettano infatti quasi unanimemente l’esistenza di un accordo politico fra i Pisistratidi e i Filaidi62, sulla base delle vicende che nella seconda metà del VI secolo portarono Milziade I a condurre l’impresa coloniale nel Chersoneso Tracico, con l’avallo del governo di Pisistrato63. La collaborazione fra Pisistratidi e Filaidi può già, a mio avviso, rintracciarsi nel 566, all’epoca della rifondazione della festività delle Grandi Panatenee ad Atene: le fonti, pur frammentarie, attribuiscono l’arcontato in quell’anno al filaide Ippoclide, eppure la rifondazione della festa e degli agoni associati è d’altro canto attribuita al tiranno Pisistrato. È possibile dunque ricostruire l’esistenza di una convergenza già allora in materia di politica religiosa interna e nella spartizione del potere ad Atene64. Il perido cronologico della rifondazione delle Grandi Panatenee conicide peraltro con quello dell’attività di Pisistrato nella conduzione della guerra di Atene contro Megara; l’attacco di Pisistrato contro 59 Hdt. VI 126-130. L’alleanza fra Pisistratidi e Filaidi è comprovata dalle scelte di politica internazionale di Pisistrato, vd. ANDREWES 1958, pp. 105-110, 112; GREENHALGH 1972 sulle forme di alleanza matrimoniale interaristocratica; vd. infra, pp. 117ss., 189ss. 61 WILL 1955, p. 546, 556-562. 62 ANDREWES 1958, pp. 105-110, 112. 63 Hdt. VI 35, 39. WILL 1955, p. 556, cita il lavoro di MAZZARINO 1939. 64 Vd infra, pp. 190ss. Pherec. FGrHist 3 F 2 (ap. Marcell. Vit. Thuc. 2-4); Schol. Aristid. Panath. p. 189.4 (=3.323 Dindorf; Aristot. Peplos F 637 Rose): ta\ de\ mega/la Peisi/stratoj e)poi/hse; Harp. s.v. “Panathenaia”; Euseb. Chron. ap. Hieron. p. 181c Helm. CADOUX 1948, p. 104; DAVISON 1958, pp. 26-29; BRELICH 1969, p. 319320; PARKE 1986, pp. 34s.; KYLE 1987, pp. 15-31; SHAPIRO 1989, pp. 19-21, 40-47; BRUIT ZAIDMAN – SCHMITT PANTEL 1992, pp. 84-86 ; DAVERIO ROCCHI 1993, pp. 151-153 ; FROST 1994, pp. 51-59; CALAME 1996, pp. 471476 ; PARKER 1996, pp. 67-71; RAAFLAUB 1996, pp. 1071-1081; HURWIT 1999, pp. 23-24, 30-31, 117-121. 60 58 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Megara e la spedizione del Filaide Milziade in Chersoneso dimostrano fattivamente che le due famiglie condividevano una politica di espansione marittima che portava inevitabilmente allo scontro con Megara. Per un verso è tuttavia necessario porre un distinguo fra gli eventi e le alleanze familiari della fine del VII secolo e del primo decennio del VI e le iniziative militari e politiche dei Pisistratidi della metà del VI secolo. Fra queste due fasi cronologiche, nel 583, fu espulso da Corinto l’ultimo dinasta della famiglia dei Cipselidi e la tirannide cadde: nel quadro che si sta ricostruendo, questo evento potrebbe costituire un fattore di drastica discontinuità. Le iniziative militari di Pisistrato, gli interessi espansionistici dei Filaidi e l’intesa politica fra le due famiglie denotano tuttavia che quella intesa anti-megarese e la tendenza filo-corinzia in questa parte della opinione politica ateniese persistettero malgrado il cambiamento politico avvenuto a Corinto. D’altronde è possibile interpretare una delle relazioni familiari di Pisistrato come una affermazione di lealtà filo-cipselide, nonostante il cambiamento politico a Corinto e le sfortune dei Cipselidi65. Nel periodo 561-550 ca. Pisistrato sposò l’aristocratica di Argo Timonassa, figlia di Gorgilo e vedova di Archino di Ambracia, della stirpe dei Cipselidi66. Le ragioni di parentela di Timonassa certo non furono un fattore cruciale e non possono sopravvalutarsi per tre motivi fondamentali: in primo luogo il precedente marito era ormai morto, i Cipselidi erano una famiglia in estinzione il cui potere era, al tempo, scomparso; inoltre, se questo matrimonio avesse avuto il senso di un avvicinamento di Pisistrato ai Cipselidi, sarebbe stato senz’altro interpretato dal governo aristocratico post-tirannico di Corinto come un tradimento di quella tendenza filo-corinzia dimostrata in precedenza e che perdurò, come vedremo, anche in seguito; infine, secondo il costume greco, il matrimonio di Timonassa con Pisistrato avrebbe avuto per la sposa l’effetto legale di annullare qualunque legame con la famiglia paterna e tanto più con la famiglia del marito defunto. Nondimeno, non credo sia per caso che Pisistrato scelse proprio questa famiglia fra gli aristocratici di Argo per istituire una relazione politico-familiare in questa polis: è possibile, propongo, che siano stati i Filaidi a costituire un primo tramite per Pisistrato per entrare in contatto con Gorgilo, in virtù della parentela che le due famiglie condividevano con i Cipselidi67. 65 WILL 1955, pp. 546-562; DAVERIO ROCCHI 1973. Aristot. Ath. Pol. 17.4. Aristotele esplicita: “secondo alcuni avvenne durante la prima tirannide, secondo altri durante il primo esilio”. La datazione del primo esilio è questione di dibattito fra gli studiosi, ma i termini estremi per l’intervallo menzionato da Aristotele sono le date 561-544. SANDYS 1912, p. 70. 67 WILL 1955, pp. 546-562; ANDREWES 1958, pp. 105s. 66 59 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Nella seconda metà del VI secolo, l’oligarchia che prese il posto dei Cipselidi nel governo di Corinto seguì, nei confronti di Atene e dei Pisistratidi, quella medesima tendenza filoateniese che aveva caratterizzato in precedenza i legami familiari dei tiranni con Atene e i Filaidi. Nel 519 Corinto fu chiamata ad arbitrare nel conflitto di confine fra Tebe e la piccola Platea, alleata e protetta di Atene, e il verdetto fu favorevole a quest’ultima68. Nel 508 lo spartano Cleomene attaccò Atene col fine di instaurare Isagora al governo della città e l’anno seguente l’attacco fu ripetuto sotto la conduzione di Cleomene e Demarato, ma in entrambi i casi le spedizioni furono interrotte dall’opposizione di Corinto che ritirò il proprio esercito dalla missione lacedemone69. Nel 506 ca. Sparta si volse ad appoggiare i Pisistratidi e convocò a consesso gli alleati della Lega del Peloponneso per decidere l’attacco contro Atene, col fine questa volta di riportare Ippia, figlio di Pisistrato, alla tirannide. Corinto anche in quella occasione si oppose all’intervento e portò anche gli altri alleati a rifiutare l’appoggio a Sparta70. Quest’ultimo episodio dimostra come a Corinto si sia mantenuta una politica estera filo-ateniese per tutto il VI secolo, pur attraverso il passaggio dal governo tirannico dei Cipselidi all’oligarchia e pur a fronte, ad Atene, del passaggio dal governo dei Pisistratidi a quello della nuova classe politica isonomica. Dunque mi pare si possa constatare l’esistenza di una intesa fra Atene e Corinto, nata in funzione anti-megarese71 e mantenutasi anche dopo la sconfitta di Megara e lo stabilirsi dell’autorità ateniese su Salamina; questo accordo implicito si fondava a mio avviso sulla spartizione pacifica del controllo della navigazione nel Golfo Saronico. Si tratta di una intesa di appoggio reciproco di natura strutturale, creata dalle circostanze strategico-geografiche, dall’esistenza di comuni nemici, piuttosto che da veri e propri sforzi diplomatici; pure l’accordo fra le due poleis trovò espressione in momenti e forme diverse nel corso del tempo, travalicando le generazioni e i governi: nelle alleanze familiari tra Filaidi e Cipselidi, nella politica estera di Pisistrato, nelle decisioni arbitrali dei tiranni e poi del governo di Corinto e infine nella gestione del proprio ruolo che Corinto esercitò in seno alla Lega del Peloponneso. È nella rottura di questo accordo che dobbiamo infine ricercare uno dei punti di svolta epocali che il V secolo rappresentò per il mondo greco. 68 Hdt. VI 108. PICCIRILLI 1973, n. 9; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 28-31, 61-64, 180-184, 225-240. Hdt. V 74-76. 70 Hdt. V 92. 71 ANDREWES 1958, p. 48-53. Anche Egina, forse più che Megara, costituì un comune nemico per Corinto e Atene, e un movente per questa intesa strutturale. 69 60 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Il problema della datazione delle tirannidi e degli esìli di Pisistrato La cronologia delle tirannidi e degli esilii di Pisistrato è un problema assai ampiamente dibattuto e di ardua soluzione poiché, nonostante esista una condivisa narrazione degli eventi, le fonti offrono riferimenti cronologici insolubilmente contraddittori, sia fra una fonte e l’altra che all’interno delle informazioni fornite da un medesimo storico72. Non gioverebbe all’analisi che si sta qui conducendo passare in rassegna lo stato dell’arte su questo problema o allungare lo scritto con una disamina dei dati tramandati nel tentativo di fornire un’ulteriore ricostruzione cronologica oltre a quelle già prodotte dalla moderna storiografia73. Per altro verso si impone necessariamente una presa di posizione in merito a questo problema perché la ricostruzione della politica estera di Pisistrato e dei Pisistratidi dipende strettamente da elementi specifici quali i periodi di governo, gli esìli e i conflitti armati, la datazione dei quali contribuisce dunque di riflesso a stabilire la cronologia e la durata delle relazioni internazionali di questa famiglia tirannica. Dunque la scelta di una determinata sequenza cronologica impone a talune dinamiche qui considerate degli specifici significati e nessi causali; viceversa, credo che alcune osservazioni proposte in questo scritto possano fornire qualche elemento ulteriore alla soluzione del problema della cronologia pisistratide. La narrazione della biografia di Pisistrato pervenuta nelle fonti attribuisce l’istituzione di una prima tirannide nel 560. Pisistrato si mise a capo di una propria fazione in opposizione alle due già esistenti, capeggiate da aristocratici di spicco: Licurgo a capo degli abitanti della ricca pianura attica e Megacle, dell’antica famiglia degli Alcmeonidi, a capo degli abitanti della costa meridionale e orientale dell’Attica74. Le fonti concordano sul fatto che il primo periodo di regno di Pisistrato fu di breve durata e che il tiranno non ebbe modo di instaurare saldamente il proprio potere perché i partigiani di Licurgo e Megacle, di fronte al successo di Pisistrato, misero da parte le proprie divergenze e si allearono per scacciare Pisistrato dal potere e da Atene75. Senza il pericolo rappresentato dal tiranno, fra gli altri due gruppi politici rimasti rinacquero le antiche ostilità; temendo i tumulti e le violenze che andavano creandosi, l’alcmeonide Megacle richiamò Pisistrato ad Atene. Pisistrato tornò in controllo della polis, con l’appoggio e il consenso di Megacle: in cambio egli sposò la figlia di Megacle76. Quel matrimonio tuttavia non andò a buon fine poiché Pisistrato non volle discendenti dalla moglie 72 Hdt. I 59-64, V 94s.; Aristot. Ath. Pol. 14.1-17.4. SANDYS 1912, pp. 57-68; BELOCH 1913, p. 292; ADCOCK 1924; ADCOCK 1926, p. 65; HOW-WELLS 1928, ad Hdt. I 62; COHEN-GLOTZ 1938, p. 448; JACOBY 1949, pp. 152-196; LANG 1954; SUMNER 1961, pp. 37-48; BERVE 1967, pp. 41-62; DAVIES 1971, n. 11793, pp. 444-450; HIND 1974; LAVELLE 2005, pp. 210-219. 74 Hdt. I 59; Aristot. Ath. Pol. 13.4-5 75 Hdt. I 60; Aristot. Ath. Pol. 14.3. 76 Aristot. Ath. Pol. 14.4. 73 61 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato alcmeonide, cosicché Megacle considerò interrotto l’accordo e si adoperò per riconsolidare il proprio potere personale. Temendo per la propria incolumità Pisistrato lasciò Atene, nel secondo esilio registrato dalle fonti, per un lungo decennio. Sono questi primi eventi a costituire la fase più incerta e contraddittoria per la cronologia della tirannide ateniese, eventi per i quali le fonti forniscono dati imprecisi e la moderna storiografia ha proposto svariate ricostruzioni. Durante la sua assenza da Atene, Pisistrato intraprese una significativa iniziativa coloniale sulle coste egee della Tracia e fu in grado di raccogliere attorno a sé un’ampia e solida rete di relazioni personali con individui e comunità in tutto il mondo greco. Grazie a questa schiacciante superiorità economica, militare e politica, Pisistrato fece ritorno in Attica e sconfisse in battaglia gli oppositori politici. La battaglia di Pallene segna l’instaurazione della terza e definitiva tirannide di Pisistrato, a seguito della quale egli e poi i suoi figli governarono Atene ininterrottamente fino all’espulsione ad opera dell’esercito spartano nel 511/10. Come si è detto, la concordanza fra le fonti permette di non avere gravi incertezze per il quadro narrativo sopra riassunto, ad eccezione della scarsità di informazioni che contraddistingue la prima tirannide, il primo esilio e la seconda tirannide. Le fonti associano alla narrazione dei riferimenti cronologici che devono necessariamente subire un’analisi e una cernita: le fonti principali sono Erodoto ed Aristotele, ma i due autori non forniscono le medesime cifre; Aristotele stesso offre dati differenti in due sue diverse opere; infine Aristotele lega la propria datazione alla cronologia ateniese della lista degli arconti, ma questo porta a contraddizioni cronologiche e logiche. Mi pare onesto dunque esplicitare quale modello cronologico ho scelto di adottare in questa ricerca e darne giustificazione. La data della prima tirannide è universalmente accettata essere il 560: né le fonti storiografiche né la critica moderna se ne discostano77. Una serie di date certe è rappresentata dalla morte di Pisistrato, dalla durata del regno del figlio Ippia e dunque dalla fine della tirannide ad opera dei Lacedemoni. Pisistrato morì nel 528/778 e il figlio Ippia rimase al governo per 17 anni, fino al 511/10 quando i Pisistratidi lasciarono Atene. Erodoto e Aristotele asseriscono che la tirannide dei Pisistratidi durò per 36 anni79. Io preferisco considerare questo dato come riferito al governo ininterrotto della famiglia dunque, a partire dunque dalla vittoria a Pallene, alla terza e definitiva tirannide di Pisistrato e al successivo regno di Ippia: questo porta a collocare la battaglia di Pallene al 54680. Esiste una lettura alternativa di questa cifra secondo cui sarebbe da 77 Aristot. Ath. Pol. 14.1; Mar. Par. FGrHist 239 A 40; Plut. Sol. 32.3. ANDREWES 1958, pp. 100s. Aristot. Ath. Pol. 17.1. 79 Secondo Erodoto furono 36 anni, mentre secondo Aristotele furono 35: Hdt. V 65; Aristot. Pol. V 12 (1315b). 80 ADCOCK 1924, pp. 176-181; JACOBY 1949, pp. 188-196; HAMMOND 1955, p. 389; ANDREWES 1958, pp. 100107; ELIOT 1967, pp. 283s. n. 24; LAVELLE 2005, pp. 209-218. 78 62 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato riferirsi al totale degli anni di regno di cui godette Pisistrato nella prima, seconda e terza tirannide, sommato agli anni di regno del figlio: questo computo rispetta alcune date fornite da Aristotele e abbassa la vittoria di Pallene e l’instaurazione della terza tirannide a pochi anni prima della morte di Pisistrato81. Io non condivido questa lettura che, pure congrua con le cifre di Aristotele, non tiene contro dell’importanza storica, politica e sociale che dovette avere l’evento di Pallene; secondo la narrazione Pallene fu un evento militare in terra attica, che vide poi l’entrata vittoriosa di Pisistrato entro la cinta di Atene, e ne sancì il potere. Mi pare logico che la memoria collettiva e storica di Atene abbia preso come punto di riferimento questo evento e che a questo evento abbia agganciato i dati cronologici preservati. Le fonti sono piuttosto esplicite nel descrivere come malcerti e brevi i due precedenti periodi di tirannide e questo non si accorda con la scelta di questi eventi come punti di riferimento cronologici. Uno dei pochi riferimenti cronologici forniti da Erodoto è anche una delle poche occasioni di concordanza con i dati di Aristotele e asserisce che il secondo esilio, che precedette la battaglia di Pallene, durò 10 anni82. Risalendo nel computo dunque, l’inizio del secondo esilio è da collocarsi al 556. Secondo il calcolo finora seguito, si dovrà infine dare conto del periodo dal 560 al 556: in quel breve periodo di anni, secondo la narrazione, si succedettero la prima tirannide, il primo esilio e la seconda tirannide di Pisistrato. Questa cronologia contraddice quella fornita da Aristotele nell’Athenaion Politeia, che calcola piuttosto un totale di 22 anni per queste tre fasi della storia pisistratide: Artistotele attribuisce infatti una durata di 5 anni alla prima tirannide e di 11 anni al primo esilio, poi una durata di 6 anni alla seconda tirannide e infine di 10 anni al secondo esilio83. L’incongruenza fra la cronologia aristotelica e la ricostruzione che si propone è, a mio avviso, correttamente risolta dall’analisi di F.E. Adcock, il quale ritiene che Aristotele avrebbe utilizzato in maniera scorretta due diverse atthìdes, cioè non comparandole fra loro, ma piuttosto mettendole insieme e dunque allungando fallacemente la propria cronologia84. La cronologia che attribuisce la prima tirannide, il primo esilio e la seconda tirannide al breve periodo dal 560 al 556 è d’altronde giustificata dalla narrazione delle fonti stesse che descrivono le prime due tirannidi come periodi brevi in cui Pisistrato non ebbe il tempo per 81 SUMNER 1961, pp. 37-48. Hdt. I 62; Aristot. Ath. Pol. 15.2. 83 Aristot. Ath. Pol. 14.3s., 15.1. 84 ADCOCK 1924; seguito poi da: JACOBY 1949, pp. 152-196; DAVIES 1971, n. 11793, pp. 444-450; HIND 1974,; LAVELLE 2005, pp. 191-221. 82 63 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato consolidare il proprio potere e il primo esilio come un periodo quasi del tutto scevro di eventi, sia nella biografia di Pisistrato che nella storia di Atene85. La prima tirannide di Pisistrato e il matrimonio con Timonassa di Argo Le fonti non forniscono notizie di sorta sulla prima tirannide di Pisistrato, ad eccezione degli eventi che portarono alla presa del potere e di un generale giudizio particolarmente positivo in merito alle modalità di governo, avveduto e consono alla pace sociale86. Aristotele tramanda tuttavia che intorno a questo primo periodo di potere Pisistrato sposò una donna di nobile famiglia di Argo, di nome Timonassa; in altre fonti si riscontrano ulteriori cenni a questa unione e ai figli che ne nacquero87. È noto che Pisistrato, prima di questo matrimonio, aveva già preso una moglie ateniese, di cui non ci è dato sapere nulla se non che aveva dato al tiranno due figli, Ippia e Ipparco88. Essendo nati da genitori ateniesi e godendo di una naturale precedenza, questi, il primogenito Ippia in particolare, furono gli indiscussi figli legittimi e destinati alla successione al potere del padre ad Atene; non è necessario tuttavia supporre che questa donna ateniese fosse morta perché Pisistrato potesse contrarre matrimonio con Timonassa. Nell’epoca arcaica il matrimonio giocò un ruolo chiave come strumento diplomatico nella gestione delle reti di alleanze dei tiranni e dei gène aristocratici; la letteratura omerica accetta esplicitamente la poligamia maschile e fino all’istituzione della partecipazione politica allargata nella polis, in epoca classica, la distinzione fra mogli legittime e donne diversamente associate al capofamiglia non fu affatto marcata. In quest’ottica, e in questo periodo storico, la questione della legittimità dei figli ateniesi o dell’illegittimità di quelli argivi è un anacronismo delle fonti a noi pervenute che non potevano comprendere la questione se non entro i parametri socioculturali di epoca classica: in quell’epoca la poligamia aristocratica arcaica aveva perso la propria ragione d’essere dato che i gène aristocratici non potevano più esercitare il monopolio della decisionalità nella gestione della polis e di conseguenza le relazioni interfamiliari avevano perso la loro funzionalità politica. È opinione condivisa dalla critica, e legittimata dal corso degli eventi storici della tirannide dei Pisistratidi, che Timonassa e la famiglia argiva 85 Hdt. I 60. Hdt. I 59; Thuc. VI 54.5s.; Aristot. Ath. Pol. 14.3, 16.1-17.1; Aristot. Pol. V 10-23 (1314a-1316a). HORNBLOWER 2008, ad. Thuc. VI 54.5. Sul rispetto delle istituzioni ateniesi da parte dei Pisistratidi e sulla gestione della politica interna ed edilizia: STAHL-UWE 2009, pp. 149-151; AMPOLO 1973. 87 Hdt V 94; Thuc. I 20.2, VI 55.1; Aristot. Ath. Pol. 17.3s., 18.2; Plut. Cat. Mai. 14.8. SANDYS 1912, p. 70; HOWWELLS 1928, ad Hdt. V 94. Breve ma specifica prosopografia in: LAVELLE 2005, pp. 203-209. 88 LAVELLE 2005, pp. 198-203 è fra i pochi che fa giustamente notare che conosciamo tanto poco che la donna potrebbe persino non essere ateniese. 86 64 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato rimanessero stanziati ad Argo89: dunque non si crearono nemmeno le circostanze per un conflitto di interessi fra i due rami, ateniese ed argivo, della famiglia di Pisistrato e gli interessi di preminenza della moglie ateniese e dei suoi figli non furono mai in discussione90. Prima di andare in sposa al tiranno di Atene, Timonassa di Argo, figlia di Gorgilo, era stata la moglie di Archino di Ambracia, della famiglia dei Cipselidi, tiranni di Corinto91. Possiamo immaginare con sicurezza che Gorgilo combinò il secondo matrimonio a causa della morte del precedente marito; malgrado le fonti non esplicitino il fatto, la storiografia moderna condivide universalmente questo presupposto: non si vede perché Timonassa avrebbe altrimenti dovuto lasciare un consorte di una famiglia di prestigio internazionale, se pure decaduta dal potere a Corinto dal 58392, egli stesso tiranno in una delle colonie che i Cipselidi avevano stabilito nel Mar Ionio93. È possibile anche dedurre che viceversa la famiglia di Gorgilo fosse di alta levatura, aristocratica e certamente politicamente influente, se la giovane Timonassa ebbe l’occasione di venire accettata in quella prestigiosa famiglia tirannica. Per Gorgilo dunque il matrimonio della figlia con Pisistrato dovette offrire la possibilità di rimaritare Timonassa, pur dopo un primo matrimonio ed in una età probabilmente non giovanissima, con un personaggio dalle capacità e dell’influenza pari al precedente marito. In base a questo ragionamento possiamo dunque correggere l’incertezza della cronologia nel passo aristotelico: Aristotele infatti informa il lettore che alcuni dicevano che il matrimonio fosse avvenuto durante il primo esilio, altri quando Pisistrato era al potere94. Gorgilo dovette ritenere Pisistrato un pretendente desiderabile per la figlia, nel momento in cui era a capo di Atene e presentava garanzie di influenza, utilità politica e vantaggio economico, pari o superiori a quelle del Cipselide defunto; Pisistrato non avrebbe potuto costituire una scelta altrettanto vantaggiosa durante il primo esilio, quando era stato appena estromesso dalla propria città e dal potere tirannico. 89 Contra: KELLY 1976, p. 160, in cui si suppone che Timonassa e i figli risedettero ad Atene per la breve durata della prima tirannide, per poi tornare ad Argo. 90 In questa direzione volge l’opinione espressa da K.J. Beloch, secondo cui i figli argivi di Pisistrato non erano affatto illegittimi, nòthoi, in virtù del rango aristocratico della madre: BELOCH 1913, pp. 298s. 91 Aristot. Ath. Pol. 17.4. 92 WILL 1955, pp. 363-365; HAMMOND 1982 b, p. 354; SALMON 1997, pp. 229s. 93 Le fonti non definiscono effettivamente Archino come un tiranno, ma ne indicano solo la provenienza con l’aggettivo Ambrakiòtes: Aristot. Ath. Pol. 17.4. Ambracia era una delle colonie che il tiranno di Corinto Cipselo aveva fondato nel Mar Ionio, al fine di stringere contatti con le aree dell’Illiria; la sua fondazione può collocarsi al 612. Della storia di Ambracia si conosce la tirannide del cipselide Periandro, figlio di Gorgo, probabilmente un fratello di Periandro: Aristot. Pol. V 4 (1304a, 30-33). WILL 1955, pp. 517-526; VIANO 2002, pp. 414s. Alcuni studiosi suppongono che i Cipselidi che governavano le colonie corinzie siano stati espulsi dal potere nello stesso momento in cui cadde la tirannide in madrepatria: se così fosse si imporrebbe una rivalutazione peggiorativa del prestigio dei Cipselidi di Ambracia a metà del VI secolo e della posizione di Archino nel matrimonio con Timonassa, vd. CLINTON 1834, pp. 214-216; SANDYS 1912, p. 70. 94 Aristot. Ath. Pol. 17.4. 65 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Il vantaggio per Gorgilo e Timonassa fu perciò di poter agganciare la propria famiglia ad un potente tiranno, che aveva peraltro appena assicurato ad Atene il controllo di parte del Golfo Saronico. La necessità per questa famiglia argiva era tanto più impellente in quanto i Cipselidi, con cui erano alleati, dal 583 erano ormai decaduti da un importante ruolo storico, erano stati esclusi dal controllo della madrepatria Corinto e i discendenti che ancora controllavano le colonie istituite da Cipselo e Periandro andavano necessariamente estinguendosi, per cause naturali o per rivolgimenti politici95. Anche dal punto di vista di Pisistrato il matrimonio con Timonassa, discendente di una famiglia notabile di Argo alleata con tiranni di antica data, assicurò uno balzo in avanti del prestigio internazionale della sua famiglia. Non credo sia da escludere che Pisistrato abbia subito il fascino, per il collegamento con la tirannide dei Cipselidi e con il mito della loro potenza, che Timonassa portava con sé, soprattutto in un momento in cui egli stesso aspirava a rendersi autorità tirannica nella propria polis. Iniziative di valore simbolico facevano peraltro parte del linguaggio politico arcaico, come dimostrò solo pochi anni più tardi il rientro di Pisistrato ad Atene a bordo di un cocchio e accompagnato da una ragazza che impersonava la dea Atena96. Oltre a queste considerazioni preliminari e circostanziali, ritengo sia utile inserire il matrimonio di Pisistrato e Timonassa nel quadro geo-politico internazionale della Grecia della metà del VI secolo, evidenziandone una serie di moventi e conseguenze sul piano politico, sia internazionale che locale, e mettendo dunque in evidenza il valore dell’alleanza matrimoniale come strumento diplomatico. Nel clima politico vigente ad Atene dopo l’instaurazione della tirannide, è evidente che Pisistrato non poteva confidare nel consenso, e tantomeno nell’appoggio, di alcuno degli altri esponenti politici; la breve durata della prima tirannide, per l’intervento di Megacle e Licurgo, fornisce un metro di giudizio per valutare l’opposizione che il tiranno fronteggiava. Fu dunque una pratica del tutto logica per Pisistrato allora, e ampiamente diffusa fra le tirannidi, quella di cercare alleati e risorse politico-strategiche all’esterno della propria polis, fra quella élite tirannico-aristocratica con cui condividevano rango e cultura, ma fra la quale difficilmente avrebbero trovato soggetti interessati a scalzarli dal potere che avevano assunto nella loro polis97. 95 WILL 1955, pp. 363-365; HAMMOND 1982 b, p. 354; SALMON 1997, pp. 229s. Hdt. I 60; Aristot. Ath. Pol. 14.5. Pisistrato entrò in Atene su un carro accompagnato da un’alta ragazza che impersonava la dea Atena; per un’analisi dell’episodio: HOW-WELLS 1928, ad Hdt. I 60; BOARDMAN 1972 per una analisi del legame tra questa iniziativa e la coeva decorazione ceramica attica; CONNOR 1987, pp. 42-47; DEACY 2008, pp. 98-101; ANGIOLILLO 2009 per una revisione delle tesi di BOARDMAN 1972. 97 STAHL 1987, pp. 94-99. 96 66 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Il matrimonio con Timonassa nel quadro dei gruppi parentelari panellenici Vale la pena discutere alcune delle circostanze che spinsero Pisistrato a guardare a Timonassa e ad Argo nella ricerca di una alleanza inter-familiare extra-poleica. Ho già avuto modo di collocare Pisistrato entro la dialettica delle due opposte strategie in merito alla conduzione della politica estera di Atene nel periodo dalla fine del VII secolo alla metà del VI, in particolare nei confronti della contesa con Megara. Il partito che caldeggiava l’affermazione marittima internazionale di Atene era naturalmente a favore dello scontro con Megara e della neutralizzazione di quel vicino pericoloso e concorrente; questo medesimo partito trovò un naturale alleato nella polis di Corinto, anch’essa nemica di Megara per natura e collocazione geografica. Pisistrato è dunque da collocarsi in questa fazione politica anti-megarica e filocorinzia; all’epoca in cui la polis dell’Istmo era governata da Cipselo e dai sui discendenti, questa fazione fu filo-cipselide, poi, alla caduta della tirannide nel 583, condivise i propri interessi strategici con la polis corinzia, piuttosto che con la vecchia famiglia dei tiranni. Entro questa prospettiva, nella seconda metà del VII secolo un membro, non nominato, della famiglia aristocratica ateniese dei Filaidi strinse un’alleanza matrimoniale con il tiranno corinzio Cipselo e il figlio di quella unione ebbe anch’egli nome Cipselo; i figli di questo Cipselo ateniese furono Cimone, Milziade e Ippoclide, coetanei di Pisistrato e individui di spicco della società e della storia politica di Atene, nella seconda metà del VI secolo. Quella dei Filaidi sembra essere stata l’unica famiglia ateniese con cui i Pisistratidi giunsero a sostenere un accordo duraturo, più o meno esplicito, per l’appoggio reciproco e la condivisione del potere98. Durante la prima tirannide di Pisistrato, Miliziade condusse una missione coloniale nel Chersoneso Tracico, al fine di assicurare ad Atene una posizione nel controllo dell’imbocco dell’Ellesponto; l’iniziativa ebbe inizio e fu poi continuata con l’approvazione e il sostegno dei tiranni ateniesi, di Pisistrato prima e dei figli poi. Altre tracce di questa intesa familiare possono forse emergere dalla constatazione che l’importante celebrazione delle Grandi Panatenee sembra fosse stata re-istituita ad opera di Pisistrato, ma durante l’arcontato del filaide Ippoclide nel 566 e dunque con il consenso di quest’ultimo99. Posta dunque questa intesa reciproca fra Pisistratidi e Filaidi, è, a mio avviso, proprio per il 98 WADE-GERY 1951, pp. 217-220; ANDREWES 1958, pp. 100-113; GREENHALGH 1972; KEEN 2000, pp. 66s. Vd. infra, pp. 188ss. Pherec. FGrHist 3 F 2 (ap. Marcell. Vit. Thuc. 2-4); Schol. Aristid. Panath. p. 189.4 (=3.323 Dindorf; Aristot. Peplos F 637 Rose): ta\ de\ mega/la Peisi/stratoj e)poi/hse; Harp. s.v. “Panathenaia”; Euseb. Chron. ap. Hieron. p. 181c Helm. CADOUX 1948, p. 104; DAVISON 1958, pp. 26-29; BRELICH 1969, p. 319-320; DAVIES 1971, n. 8429 [II], pp. 293-295; PARKE 1986, pp. 34s.; KYLE 1987, pp. 15-31; SHAPIRO 1989, pp. 19-21, 40-47; BRUIT ZAIDMAN – SCHMITT PANTEL 1992, pp. 84-86 ; DAVERIO ROCCHI 1993, pp. 151-153 ; FROST 1994, pp. 51-59; CALAME 1996, pp. 471-476; PARKER 1996, pp. 67-71; RAAFLAUB 1996, pp. 1071-1081. 99 67 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato tramite dei Filaidi che la scelta di politica coniugale di Pisistrato fu indirizzata su Timonassa. I Filaidi erano infatti imparentati con i Cipselidi100: all’epoca di Pisistrato il legame risaliva a due generazioni prima; come si è detto infatti Milziade e i fratelli erano i nipoti materni di Cipselo che era stato il fondatore della tirannide a Corinto; i Filaidi dovettero senz’altro mantenere aperti i canali di relazioni personali con i discendenti e i parenti dei Cipselidi e delle famiglie associate, indipendentemente dalla caduta della tirannide a Corinto nel 583. Non necessariamente il nuovo allineamento strategico-politico della diplomazia dello stato ateniese in funzione filo-corinzia, nel corso del VI secolo, comportò la rottura dei legami inter-familiari dei Filaidi con i Cipselidi: questi legami poterono certamente perdere la loro funzionalità politica e anche la loro importanza, ma poterono d’altronde persistere nel loro significato interpersonale e nel loro valore di prestigio sociale. Nel 560 uno dei due oppositori di Pisistrato fu Megacle, in quel momento l’esponente di spicco della prestigiosa famiglia aristocratica ateniese degli Alcmeonidi; lo stesso Megacle, nel 576, aveva sposato Agariste, la figlia del tiranno di Sicione, Clistene, costruendo dunque un’alleanza inter-familiare tra gli Alcmeonidi ateniesi e gli Ortagoridi che comandavano a Sicione101. Salito al potere ad Atene, Pisistrato cercò un’alleanza matrimoniale che gli guadagnasse un appoggio strategico fidato al di fuori della polis, per fronteggiare l’opposizione politica interna di Megacle e Licurgo, ma al contempo la sua decisione fu guidata anche dal tentativo di eguagliare il gruppo degli Alcmeonidi-Ortagoridi sul piano del prestigio familiare e sociale panellenico e dalla prospettiva di legare la sua figura di nuovo sovrano dello stato ad una casata di potere tirannico. Questi fattori che legavano l’opposizione politica interna ad Atene con aspetti del prestigio della parentela panellenica costituiscono a mio avviso un movente sufficiente perché Pisistrato fosse portato a cercare un legame familiare con il gruppo allargato dei tiranni cipselidi102. Dunque è possibile ricostruire un quadro in cui i Filaidi, che probabilmente già nel 560 godevano di un’intesa con i Pisistratidi, avrebbero messo a frutto la propria parentela con i Cipselidi per assicurare a Pisistrato una alleanza matrimoniale, certo non con l’antica famiglia dei tiranni di Corinto poiché questi erano scomparsi dalla scena con la caduta della tirannide nel 583, ma perlomeno con la famiglia di Argo che ai Cipselidi era stata recentemente associata. Il contributo all’espansione della rete di relazioni parentelari di Pisistrato, nel campo d’influenza di lungo corso dei Cipselidi, avrebbe potuto costituire una occasione per i Filaidi di 100 ANDREWES 1958, pp. 105s. Hdt. VI 126-131. MCGREGOR 1941, pp. 268-279, 287; PARKER 1994, pp. 412s., 416s., 421. 102 DAVERIO ROCCHI 1973. 101 68 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato riattualizzare e rinvigorire il proprio ruolo nell’élite panellenica e di ribadire il proprio legame con quell’antica casata tirannica; è evidente poi che, nel gioco della politica interna ateniese, il matrimonio di Pisistrato con Timonassa forniva, di riflesso, qualche garanzia in più anche agli alleati del tiranno. Se questa serie di considerazioni furono dunque nella mente di Pisistrato nel momento in cui prese Timonassa in moglie, credo sia possibile far luce su alcuni aspetti della mentalità di questo personaggio. In un periodo in cui le grandi tirannidi arcaiche nella Grecia continentale stavano ormai diventando un fenomeno del passato, come era successo a quella dei Cipselidi e come sarebbe di lì a poco successo anche quella degli Ortagoridi, Pisistrato dimostra l’adesione ad una serie di valori aristocratici, di prestigio familiare e di senso della discendenza, ossia dimostra di ricercare non solo il proprio interesse politico locale, ma anche l’inserimento in una élite di potere sovrano trans-generazionale103. Forse questo atteggiamento può imputarsi ad un certo grado di inesperienza, poiché il matrimonio con Timonassa non gli assicurò la tirannide e le iniziative diplomatiche internazionali che portarono alla vittoria di Pallene del 546 ebbero effetti strategici, militari ed economici più decisivi. Confrontando la notizia qui discussa con lo scenario geo-politico dell’epoca emerge la constatazione che l’alleanza matrimoniale argiva di Pisistrato non rispondeva a moventi strategici relativi alla posizione di Atene o di Argo nella politica interstatale della Grecia: il matrimonio argivo fu funzionale esclusivamente alla strategia di affermazione personale e familiare di Pisistrato; per meglio comprendere questo aspetto mi pare necessario considerare che, quando Pisistrato sposò Timonassa, egli aveva appena conquistato la tirannide e si trovava a guardarsi dalle mosse degli avversari Licurgo e Megacle e a difendere una posizione di potere ancora malcerta. In questa condizione perciò le iniziative risalenti a quel periodo dovettero in primo luogo fungere da strumenti di affermazione del suo potere personale entro la polis, a vantaggio proprio e della sua famiglia, mentre considerazioni di natura strategica e nei confronti della polis, che pure egli era chiamato ad amministrare, possono avere avuto una importanza soltanto secondaria e dovettero rientrare in progetti di lungo termine. Lo scenario internazionale del 560 vede Atene in possesso di Salamina e in definitiva posizione di superiorità nei confronti dell’antica avversaria Megara. Grazie alle capacità militari di Pisistrato nel comando militare Atene aveva assicurato la propria navigazione nell’area orientale del Golfo Saronico e conseguentemente la propria capacità di condurre una politica marittima di ampio respiro; in questa linea di politica estera si spiegano, nei periodi successivi, 103 ANDREWES 1958, pp. 108s.; DEN BOER 1969; MOSSÉ 1969, pp. 43s.; GERNET 1983, pp. 157-159, 287-299; DE LIBERO 1996, pp. 389-413; STEIN HÖLKESKAMP 2009, pp. 114s. 69 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato l’attacco di Pisistrato volto a conquistare il Sigeo, in Troade, e la colonizzazione del Chersoneso Tracico da parte di Milziade. Non esistevano dunque interessi ateniesi in Peloponneso; a Sparta i Pisistratidi godevano di una xenìa invero datata e mai sfruttata; la possibilità di creare un ulteriore alleato personale ad Argo doveva risultare di ridotto interesse per la collettività ateniese. Queste considerazioni ben si accordano con l’assoluta scarsità di ceramica attica, in questo periodo, che l’archeologia ha mostrato negli scavi dell’Heraion di Argo104. La critica ha spesso notato come non ci siano state altre conseguenze derivate da questa alleanza matrimoniale, ad eccezione dell’aiuto pervenuto a Pisistrato da Argo in occasione dei fatidici eventi della battaglia di Pallene, nel 546105; questo evento bellico, come anche le successive iniziative di Pisistrato al Sigeo, si lega alla figura del figlio argivo Egesistrato. II.2. Il primo esilio di Pisistrato Come si è sopra discusso relativamente alla cronologia delle tirannidi di Pisistrato106, sono reticente ad accettare le cifre proposte da Aristotele perché male si accordano con le informazioni delle due narrazioni pervenuteci secondo cui Pisistrato fu scacciato dal potere “dopo poco tempo”, “quando il suo potere non era ancora ben radicato”107. Questo primo esilio avvenne qualche tempo dopo il 560 e qualche tempo prima del 556 e fu di breve durata poiché prima del 556 Pisistrato poté godere di un secondo periodo di governo personale prima di subire il più decisivo esilio decennale. I sostenitori di Megacle e quelli di Licurgo vennero ad un accordo e, unendo le forze, espulsero Pisistrato108. Di questo esilio non sappiamo nulla; si potrebbe, a mio avviso, lanciare l’ipotesi che Pisistrato abbia trovato rifugio temporaneo ad Argo. Esiste la possibilità che il tiranno avesse rinunciato ad intervenire nella politica e nella vita di Atene senza però lasciare l’Attica: a questo proposito la critica identifica nell’Attica sudorientale, intorno a Brauron, che pare fosse la zona di provenienza della famiglia dei Pisistratidi109. Secondo il computo 104 HOPPIN-WALDSTEIN 1898; DUNBABIN 1937, pp. 83s. Hdt. I 61. 106 Vd. supra, pp. 61ss. 107 Hdt. I 60; Aristot. Ath. Pol. 14.3. 108 Erodoto usa il termine exelàuno, col senso di “mandare fuori, espellere, spingere fuori”: Hdt. I 60.1. Aristotele usa ekbàllo, che ha il significato affine di “mandare fuori, buttare fuori, deporre, far cadere”: Aristot. Ath. Pol. 14.3. 109 Plat. Hipparch. 228b; Plut. Sol. 10.3. WADE-GERY 1951, p. 219; ANDREWES 1958, pp. 102s.; KINZL 2011, s.v. “Peisistratids”, in BNP. 105 70 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato aristotelico l’esilio sarebbe durato 10 anni110; come ho già avuto modo di notare, ritengo questo dato un errore della fonte: è un dato che contraddice la narrazione e il computo fondato sulle successive date più sicure. Non da ultimo, mi pare significativo rilevare che, se questo primo esilio fosse durato 10 anni, Pisistrato non sarebbe potuto rientrare nella lotta politica con la facilità con cui organizzò l’alleanza matrimoniale con Megacle, come dimostra per converso l’impegno profuso nel migliorare la propria posizione durante l’effettivo decennio del secondo esilio che portò alla battaglia di Pallene. Megacle non avrebbe avuto alcuna necessità di richiamare Pisistrato in patria dopo 10 anni di esilio. Se nel periodo 560-556 vogliamo collocare le fasi delle prime due tirannidi intervallate da tale esilio, questo primo allontanamento dalla politica ateniese non fu dunque più lungo di qualche anno. II.3. La seconda tirannide di Pisistrato Poco dopo l’allontanamento di Pisistrato, Megacle ritenne di essere in pericolo nel clima delle lotte politiche che non si placavano e ritenne più sicuro e vantaggioso richiamare Pisistrato per stringere con lui un patto di condivisione del potere. Queste dinamiche non dovrebbero interessare il lavoro di questa ricerca perché concernono aspetti prettamente relativi alla lotta politica interna alla polis di Atene; sarà sufficiente prendere in considerazione brevemente i moventi per questo cambio di indirizzo politico di Megacle. Senz’altro Megacle si rese conto dell’ascendente sociale e politico di cui il tiranno godeva nei confronti del demos. È interessante notare il linguaggio diplomatico con cui Erodoto descrive le relazioni fra Pisistrato e Megacle. Nel contattare l’esiliato, Megacle invia un araldo: epikerykéuomai, cioè “mando un messaggio tramite araldo, mando un araldo per trattare o per fare una proposta”. L’invio di un kéryx, un araldo, era una pratica usata nella diplomazia interstatale, fra entità politiche: se dunque Erodoto non sta forzando la situazione e il lessico, queste notizie fanno luce su come le famiglie e i gène aristocratici consideravano sé e i propri interlocutori politici e sulla consistenza politica e para-statale dei gruppi di aristocratici e di stasiòtai che gestivano lo stato in epoca arcaica111. Le conseguenze di questa forma mentis riguardano anche il contesto internazionale: secondo questi principi, infatti, una famiglia tirannica, anche nei periodi di esilio, di sradicamento e dunque di inattività nella gestione dello stato, poteva considerarsi come una entità politica, con una propria identità, anche se non geografica, con propri obiettivi, alleati e avversari politici. Questo atteggiamento contribuisce a spiegare i ripetuti ritorni di 110 111 Aristot. Ath. Pol. 14.4. DAVERIO ROCCHI 1973, soprattutto pp. 92-95. 71 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Pisistrato ad Atene. L’accordo fra Pisistrato e Megacle prese la forma familiare dell’alleanza matrimoniale: Pisistrato sarebbe ritornato ad Atene, avrebbe ripreso la tirannide e, in cambio, avrebbe preso in sposa (gyné: la sposa legittima)112 la figlia di Megacle113. Nonostante questo accordo anche la seconda tirannide di Pisistrato ebbe termine in breve, come si è avuto modo di calcolare, nel 556. Secondo le fonti il matrimonio con la figlia di Megacle fu annullato perché Pisistrato si rifiutò di generare dei figli con la giovane Alcmeonide114; Aristotele semplifica la notizia dichiarando che Pisistrato rifiutò del tutto l’accordo matrimoniale115. II.4. La politica matrimoniale di Pisistrato e le cause del primo esilio, della seconda tirannide e del secondo esilio Mi pare significativo rilevare la scarsità di iniziative politiche o strategiche che contraddistinse i primi due periodi di tirannide di Pisistrato; la presa di potere, l’opposizione aristocratica e l’esilio si configurano come dinamiche eminentemente interne alla politica e alla società di Atene. Unici fattori di nota rilevati dalle fonti in questo periodo sono i due matrimoni di Pisistrato, entro ed al di fuori di Atene, ed è dunque su questi presupposti che l’analisi deve a mio avviso muovere per individuare il significato della politica matrimoniale del tiranno, per mettere in luce le cause dell’esilio e per collocare eventualmente queste considerazioni entro il quadro della sua politica estera. Motivo ulteriore per legare fra loro questa serie di eventi è il loro susseguirsi entro il breve giro di 4 anni, nel periodo 560-556. Il matrimonio con Timonassa è l’unico evento che le fonti tramandano per la prima breve tirannide di Pisistrato; si è già avuto modo di valorizzare il significato ideologico e sociale, piuttosto che strategico-politico, di questa alleanza familiare116. Si potrebbe congetturare che questa iniziativa possa d’altronde avere avuto un legame causale con la reazione di Megacle e Licurgo che portò all’esclusione di Pisistrato; la ricerca di alleati aristocratici e filo-tirannici al di fuori di Atene potrebbe essere stato un motivo sufficiente, per i due avversari, per temere una svolta di Pisistrato verso un regime di più stretto controllo della polis e dunque verso una loro più marcata esclusione. 112 Si considerino d’altronde le precauzioni da adottarsi in merito ai termini e ai concetti di “sposa legittima” nel contesto dell’epoca arcaica: VERNANT 1973. 113 Hdt. I 59. 114 Hdt. I 61. 115 Aristot. Ath. Pol. 15.1. 116 Vd. supra., pp. 64ss. 72 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Il matrimonio con Timonassa sembra essere stato dunque, fra le cause della prima espulsione di Pisistrato; d’altro canto le fonti sono esplicite nell’identificare la soluzione della crisi aperta fra Pisistrato e l’aristocrazia ateniese nel matrimonio fra Pisistrato e la figlia di Megacle. L’effetto di questa relazione doveva essere quello di assicurare la condivisione del potere su Atene fra le due famiglie dei Pisistratidi e degli Alcmeonidi: la prima una famiglia di fama relativamente recente, ma dall’ampio appoggio presso il demos e dalle evidenti capacità militari; la seconda una famiglia di antica tradizione, significativi contatti internazionali e ampia ricchezza, ma tuttavia segnata dal sacrilegio ciloniano117. Pisistrato avrebbe guadagnato un alleato decisivo per acquietare l’opposizione politica aristocratica al suo governo; viceversa Megacle avrebbe guadagnato l’accesso indiretto al potere politico in Atene grazie all’associazione familiare stabilita col tiranno, il quale sarebbe divenuto cioè suo genero118. Pisistrato ruppe però le proprie obbligazioni con Megacle proprio perché non volle privare i figli ateniesi e quelli argivi della preminenza nella famiglia e nella spartizione del potere119. Non mi pare un fattore secondario l’inserimento di queste dinamiche inter-familiari nel più ampio scenario delle associazioni familiari panelleniche di lungo periodo, di cui ho già avuto modo di parlare. Megacle aveva legato la famiglia degli Alcmeonidi al gènos degli Ortagoridi, tiranni di Sicione, quando nel 575 ca. aveva preso in moglie Agariste, la figlia di Clistene120. Dobbiamo dunque concludere che la figlia che Megacle andava ora proponendo a Pisistrato era probabilmente una discendente per parte materna degli Ortagoridi. Pisistrato era invece legato al gruppo internazionale della famiglia dei Cipselidi e agli interessi filo-corinzi, sia per la sua impostazione di politica marittima, sia tramite la sua intesa con i Filaidi, sia tramite il matrimonio con Timonassa. Se, come credo, queste considerazioni agivano a plasmare le affiliazioni familiari e le decisioni nella conduzione della politica estera della polis, possiamo meglio comprendere perché Pisistrato lasciò fallire l’intesa matrimoniale con gli Alcmeonidi, che pure gli avrebbe procurato un decisivo sostegno nel mantenimento del potere ad Atene. 117 RAAFLAUB 1996, pp. 1048s. sull’importanza storica del sacrilegio. Meccanismo affine regolò la relazione fra Teagene di Megara e l’Ateniese Cilone che tentò di prendere la tirannide: Hdt. V 70s.; Thuc. VI 126. Vd. supra, pp. 30ss. 119 DUPLOUY 2006, pp. 90-93. 120 Hdt. VI 130. 118 73 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato II.5. Il secondo esilio di Pisistrato L’alleanza matrimoniale tra Pisistratidi e Alcmeonidi fu dunque di brevissima durata e Megacle reagì riconciliandosi con gli stasiòtai, i partigiani, di Licurgo; prima ancora di incorrere in situazioni pericolose, Pisistrato scelse la via dell’esilio e lasciò la patria (chòra). Come si è visto, le fonti concordano sul fatto che questo esilio fu di durata decennale. Questa estromissione da Atene interessò non solo il tiranno ma tutta la famiglia dei Pisistratidi e li colpì sia nelle loro capacità politiche che economiche: si configurò infatti come un effettivo esilio legale (atimìa) poiché abbiamo notizia del fatto che i beni dei Pisistratidi furono banditi all’asta e acquistati da Callia, un coraggioso cittadino di tendenze anti-tiranniche121. A differenza di quanto si è notato per il primo breve esilio, per questa fase della vita di Pisistrato conosciamo o possiamo ricostruire una intensa serie di iniziative di varia natura; questa constatazione ci permette di capire, da un lato, la gravità della situazione in cui versavano i Pisistratidi, per altro verso, l’importanza che la strategia extra-poleica ebbe per la successiva instaurazione della tirannide. II.6. Gli insediamenti di Pisistrato in Tracia, a Rhaikelos e sullo Strimone Le fonti concordano nell’attribuire a Pisistrato, in questo periodo, una spedizione nell’Egeo settentrionale, sulle coste della Tracia. Aristotele fornisce notizie precise al riguardo: Pisistrato colonizzò (synoikìzo) Rhaikelos presso il golfo Termaico. Poi, da qui, si trasferì nella regione del Pangeo, dove si arricchì (chrematìzo) e assoldò mercenari (misthòi stratiòtas)122. Anche Erodoto conosceva questa attività in Tracia, sebbene identificasse le medesime località tramite toponimi diversi asserendo che i mercenari e le ingenti ricchezze (epìkouroi kai chrèmata) che assicuravano il potere di Pisistrato, una volta insediato, provenivano dal fiume Strimone, oltre che dall’Attica123. È stato notato che la figura del peltasta trace fece la sua apparizione nell’iconografia della ceramica attica a partire dalla metà del VI secolo ca.: si direbbe dunque che questa innovazione artistica si leghi cronologicamente alle ricadute in campo culturale dei contatti dei Pisistratidi, e poi dei Filaidi, con popolazione tracie e soprattutto alla presenza in Atene, dopo il 546, dei mercenari barbari impiegati dal tiranno124. 121 Hdt. VI 121. DAVERIO ROCCHI 1973, pp. 108s. È significativo che il tiranno Ippia prese in sposa Mirsine, figlia di Callia. Le diverse informazioni genealogiche sui due personaggi lascerebbero pensare ad un caso di omonimia, ma, se così non fosse, l’apparentemente lodevole coraggio civico di Callia altro non sarebbe che un espediente per cui i Pisistratidi mantennero il controllo delle proprie ricchezze: Thuc. VI 55. 122 Aristot. Ath. Pol. 15.2. Sulla localizzazione di Rhaikelos: RHODES 1981, pp. 207s. 123 Hdt. I 64. STAHL 1987, pp. 201, 227s. 124 BEST 1969, pp. 5-7; PEMBERTON 1988, pp. 230s.; LAVELLE 1991, p. 320. 74 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato La Tracia fu una regione di grande interesse per i Greci e fu oggetto di molteplici e ripetuti tentativi di colonizzazione. La regione fu strategica per via della sua collocazione sulla via di transito che conduceva dalla Grecia continentale verso l’Ellesponto e il Ponto Eusino; altra caratteristica non di secondo ordine fu la ricchezza delle risorse naturali: in primo luogo le miniere di oro e argento, ma anche la relativa ricchezza delle aree a coltivazione cerealicola e l’abbondante legname di cui la Grecia era invece povera e che pure era essenziale per la costruzione delle imbarcazioni. Le risorse militari ed economiche dello Strimone furono uno dei mezzi tramite cui Pisistrato conservò il proprio potere tirannico ad Atene, perlomeno nel primo periodo125. La critica ha raccolto e commentato un’ampia documentazione in merito alla ricchezza e all’importanza delle miniere della Tracia per le strategie dei Greci126. A partire dal VII secolo i Greci fondarono sulle coste dell’Egeo settentrionale una settantina di colonie127. Entro il quadro dell’ampia politica coloniale di Corinto, il tiranno Periandro all’inizio del VI secolo fondò la colonia di Potidea, nella penisola Calcidica, affidandone la tirannide al figlio Evagora128. Anche le poleis euboiche di Calcide ed Eretria stabilirono colonie nella penisola Calcidica. Nel 545 coloni della polis micrasiatica di Teo fondarono Abdera, collocata più a est dell’area di cui si sta ora discutendo e nell’estremità orientale di questa regione spiccano le colonie di Taso e Samotracia129. L’insediamento pisistratide costituisce la prima attestazione ad Atene di un tentativo di inserire la Tracia nelle strategie di politica estera; verrà poi seguito a distanza di pochi anni dalla colonizzazione di Milziade I e dei Filaidi nel Chersoneso Tracico; sul lungo periodo, gli interessi ateniesi rimasero legati alla navigazione lungo le coste traciche come è attestato dalle vicende relative a Lemno e Imbro, all’inizio del V secolo. Atene fondò poi soltanto nel 437/6 una propria colonia in Tracia, ma mi pare significativo che Anfipoli sia sorta proprio sulla foce dello Strimone130. Nel periodo 500-496 la Tracia funse da luogo di colonizzazione e poi di fuga anche per i tiranni di Mileto, Aristagora e Istieo: l’iniziativa coloniale personale di Istieo fu anch’essa presso il fiume Strimone, a Mircino; Aristagora, nella sua fuga dal Gran Re durante la rivolta ionica, cercò scampo prima a Taso e poi a Mircino131. 125 Hdt. I 64. Hdt. V 17, 23, VI 46; Thuc. VI 105; Strab. VII 6.4. DESBOROUGH COOLEY – LARCHER 1844, vol. I, p. 69; HOPPER 1961, pp. 141-146. 127 Specificamente su questo tema vd. ISAAC 1986. 128 Nic. Dam. FGrHist 90 F 59.1. WILL 1955, pp. 517-539. 129 GEHRKE 1996, pp. 982-985. 130 Thuc. VI 102. MUSTI 2006, p. 333. 131 Hdt. V 11, 23; Thuc. IV 102. TOZZI 1978, pp. 148, 164s., 190; ISAAC 1986, pp. 7, 15-24; LURAGHI 1998, pp. 29s., n. 26. 126 75 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato La natura para-coloniale dell’insediamento a Rhaikelos Gli studiosi moderni sono reticenti a determinare con precisione la natura dell’insediamento e dei possedimenti dei Pisistratidi prima a Rhaikelos e poi sullo Strimone. Il linguaggio utilizzato da Aristotele pare fare riferimento ad un fenomeno di colonizzazione, ma gran parte della critica moderna riconosce nelle circostanze l’impossibilità di una fondazione ateniese, poiché Pisistrato si muoveva chiaramente di propria iniziativa, senza l’avallo o la partecipazione della comunità ateniese, ma con l’intervento esclusivo del gruppo familiare allargato dei Pisistratidi e di un gruppo degli stasiòtai del tiranno. È stato notato che la tendenza prevalente dei Greci nello stabilire insediamenti in Tracia e nel Ponto Eusino fu sempre di tentare dapprima di assicurarsi il commercio con gli autoctoni attraverso la formazione di piccoli empori, che risultavano anche più facilmente accettati dai locali Traci132: è possibile che i Pisistratidi abbiano seguito questo modello poco intrusivo nel decennio di esilio, integrandolo senz’altro però con forme di sfruttamento minerario o quanto meno di accesso indiretto o mediato alle risorse di metalli preziosi del Pangeo. Per approfondire questo argomento, merita d’altronde prendere in considerazione le notizie riguardo all’intesa esistente fra Pisistrato e la polis euboica di Eretria, allo scopo di interpretare lo stanziamento pisistratide in Tracia entro il complesso delle relazioni internazionali del tiranno ed entro le dinamiche della colonizzazione greca133. Principali punti di appoggio durante il decennio di esilio furono infatti per Pisistrato l’insediamento al Pangeo e l’alleanza con Eretria. Aristotele dispone in sequenza: l’esilio da Atene, la colonizzazione a Rhaikelos, il trasferimento al Pangeo; infine, nell’undicesimo anno, Pisistrato si sarebbe recato ad Eretria, ove raccolse le proprie risorse e i propri alleati e da dove prese il via la spedizione contro Atene nel 546. D’altro canto Erodoto, se pure dà prova di conoscere i possedimenti traci di Pisistrato, non menziona la missione nell’Egeo settentrionale, ma colloca Pisistrato rifugiato ad Eretria subito dopo la sua fuga da Atene. Vorrei lasciare ad altro momento la discussione approfondita delle relazioni fra Pisistrato, Eretria ed il suo ceto dirigente: è sufficiente ora prendere atto dello stretto legame fra l’ateniese e l’oligarchia della polis euboica ricordando alcuni dati di fatto: ad Eretria, in un momento del loro esilio, i Pisistratidi trovarono un luogo ospitale e sicuro dove poter organizzare le proprie forze; ad Eretria Pisistrato prese moglie134; i cavalieri (hippéis) che governavano Eretria furono in battaglia al fianco di Pisistrato a 132 ISAAC 1986, p. -; GEHRKE 1996, pp. 990s. Specificamente sull’argomento vd. VIVIERS 1987. 134 LAVELLE 2005, pp. 134-136. 133 76 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Pallene135. L’area della penisola Calcidica, e in particolare le due penisole più occidentali di Pallene e Sitonia, accolsero la colonizzazione di origine appunto euboica, da Caldide ed Eretria136. Non è a mio avviso una coincidenza che il primo insediamento di Pisistrato nell’Egeo settentrionale fosse stato individuato proprio a Rhaikelos, nella penisola Calcidica, affacciato sul Golfo Termaico. L’alleanza fra i Pisistratidi ed Eretria, indipendentemente dalle incertezze nelle fonti, deve essere infatti fatta risalire al secondo esilio e dunque fu contemporanea alle attività di colonizzazione e sfruttamento minerario dei Pisistratidi in Tracia137. Si potrebbe perciò ricostruire una sequenza secondo cui Pisistrato, in fuga da Atene, prima di dirigersi a Rhaikelos senza alcuna preparazione, avrebbe fatto invece tappa in Eubea. Ad Eretria i Pisistratidi avrebbero ottenuto l’avallo ad iniziare un proprio insediamento in Calcidica, poiché si trattava di un’area di interesse e preminenza euboica e una simile intesa o autorizzazione sarebbe stata senz’altro necessaria per non incorrere in incidenti con le colonie o con la loro madrepatria. Eretria inoltre avrebbe fornito a Pisistrato un numero più consistente di volontari per l’impresa che si accingeva a compiere, poiché i familiari e gli stasiótai del tiranno costituivano un gruppo troppo esiguo per tentare l’insediamento in un’area di non facile gestione, sia per le preesistenti colonie con cui si sarebbero potuti scontrare, sia per la pressione dei bellicosi barbari traci locali, sia per le possibilità di ingerenza del vicino regno macedone. Sulla base di queste considerazioni, si può concludere che non necessariamente la terminologia usata da Aristotele per descrivere l’insediamento pisistratide a Rhaikelos è da considerarsi sbagliata (synoikízo) poiché potrebbe essersi trattato effettivamente di una forma di stanziamento coloniale, più consistente dunque di un insediamento familiare, condivisa fra Pisistratidi, partigiani esuli dei tiranni e membri dell’aristocrazia di Eretria138. È vero d’altronde che non si hanno ulteriori notizie relative a questo insediamento para-coloniale e questo significa che non dovette certamente raggiungere grandi dimensioni, indipendentemente dal contributo degli Euboici; le fonti confermano che i Pisistratidi abbandonarono presto Rhaikelos a favore dell’occupazione delle aree minerarie presso il Pangeo, un centinaio di chilometri più a est lungo la costa settentrionale dell’Egeo. Senz’altro dobbiamo considerare l’insediamento tracico come un rifugio relativamente sicuro per il tiranno esiliato, per poco meno di un decennio, prima che egli facesse vela verso Eretria, ante 546, come poi si discuterà. 135 Aristot. Ath. Pol. 15.2. VIVIERS 1987, p. 194; LAVELLE 1991, pp. 319s.; ANDERSON 2005, pp. 191s.; WALKER 2006, p. 181. 136 BRADEEN 1952, specificamente sull’origine e la cronologia della colonizzazione euboica nella penisola calcidica; GEHRKE 1996, p. 983; WALKER 2006, pp. 149-152. 137 GRAHAM 1964, pp. 16-19, VIVIERS 1987; WALKER 2006, pp. 149s., 163 138 VIVIERS 1987; WALKER 2006, pp. 149s. 77 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Gli obiettivi e le conseguenze dell’insediamento pisistratide in Tracia Sulla base delle fonti a nostra disposizione e dell’analisi del contesto geografico e culturale della Tracia, si può affermare con sicurezza che l’obiettivo e i risultati dell’insediamento a Rhaikelos e sullo Strimone furono l’acquisizione di ricchezze, principalmente tramite i metalli preziosi, e, tramite queste, l’arruolamento di milizie mercenarie personali fra le popolazioni tracie locali139. La possibilità di disporre di una forza armata personale nella polis è un fattore assolutamente da tenere in considerazione nella comprensione della capacità di governo e comando della tirannide. In epoca arcaica la capacità di un aristocratico di esercitare influenza politica dipendeva dall’ampiezza del suo òikos e dalla consistenza della sua base sociale presso il dèmos: questi garantivano senz’altro un fattore di consenso politico su cui l’individuo poteva fare leva nelle decisioni assembleari; nondimeno, in caso di lotta intestina (stàsis), era da questo gruppo che la fazione politica reclutava le proprie forze armate e su cui faceva affidamento per esercitare o minacciare la violenza politica. La polis non contò mai su una forza armata per il mantenimento dell’ordine pubblico, se non in epoca più tarda, e le preoccupazioni dei pensatori politici per i fenomeni di stàsis (di disordine politico) furono particolarmente gravi proprio perché la lotta politica poteva spesso legarsi a fenomeni di violenza intra-comunitaria140. In buona parte dei casi, il tiranno si distinse, rispetto ai suoi concorrenti aristocratici, per l’accesso ad una più ampia e soverchiante forza armata, che ne costituì effettivamente lo strumento di affermazione politica e di repressione del dissenso. In questo senso vanno interpretati dunque i mercenari grazie ai quali Pisistrato rafforzò il proprio potere dopo avere imposto la tirannide nel 546. In questo senso si devono comprendere tutte le attestazioni di concessione di guardie del corpo cittadine, come nel caso pure di Pisistrato, nel 560, o nel caso di Periandro a Corinto. La riflessione politica di epoca classica comprese l’affinità fra i due strumenti nell’ottica appunto dell’esercizio della violenza politica o, in altri termini, dell’azione di polizia e del mantenimento della giustizia141; la critica moderna ha compreso l’importanza di questi corpi armati personali nel contesto dei meccanismi decisionali della politica di epoca arcaica. Alcuni critici hanno espresso dei dubbi sul fatto che Pisistrato abbia mai effettivamente posseduto delle miniere presso il Pangeo, fondandosi fra l’altro sul fatto che queste non vengono mai esplicitamente menzionate nelle fonti, mentre nella narrazione della spedizione 139 Hdt. I 64, V 23. DAVERIO ROCCHI 1973, pp. 95-97; COLE 1975, pp. 42-44; VENEDIKOV 1977; ISAAC 1986, pp. 3s., 13-43; GEHRKE 1996, p. 985; BRAUND 2001, pp. 9-11. 140 BERENT 2000. 141 MCGLEW 1993, pp. 52-86. 78 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato persiana in Tracia le attività estrattive sono identificate come possesso dei Traci142. Personalmente ritengo invece che la caratterizzazione mineraria della regione del Pangeo, nelle fonti e nella critica, sia un elemento che non lascia dubbi circa l’obiettivo di Pisistrato143; il tiranno avrebbe inoltre potuto attingere a queste risorse non necessariamente impegnandosi personalmente nell’estrazione, ma piuttosto inserendosi nelle dinamiche degli scambi e dei contatti con le popolazioni locali. In questo medesimo filone critico, si è anche accettato il ruolo che le ricchezze e i mercenari di provenienza tracica poterono avere in occasione della presa della tirannide, ma si sono mosse delle obiezioni contro la sopravvalutazione della loro funzione sul lungo termine e nel mantenimento del potere dopo il primo critico momento della battaglia di Pallene; la scarsità delle coniazioni attribuite a Pisistrato fra le cosiddette Wappenmunzen contribuirebbe a ridimensionare l’importanza economica dell’argento del Pangeo144. A queste obiezioni, è stato risposto notando che l’armata mercenaria dovette essere uno dei capisaldi del potere della tirannide di Pisistrato e di conseguenza i proventi delle miniere del Pangeo dovettero anch’essi rimanere uno strumento chiave nella strategia del tiranno145. Personalmente condivido l’impostazione di chi accetta l’importanza del ruolo delle truppe mercenarie nel mantenimento del potere tirannico e dunque la necessità per il tiranno di poter disporre di ricchezze monetali o para-monetali in metalli preziosi per garantirne il pagamento. Per altro verso si potrà ridimensionare la necessità per la tirannide di una forza armata mercenaria di provenienza esterna proporzionalmente al crescere dell’appoggio politico e popolare che il tiranno acquisiva tramite la sua politica sociale e le numerose opere di edilizia pubblica, dopo la definitiva presa del potere nel 546146. L’insediamento pisistratide in Tracia alla luce delle relazioni internazionali Si sono finora analizzate le cause e i moventi della scelta di Pisistrato di cercare rifugio a Rhaikelos e poi sulle rive dello Strimone, nel decennale esilio da Atene. Questa strategia apparirà più chiara se si vorrà contestualizzare l’analisi entro la rete delle relazioni familiari del tiranno. Ribadisco dunque ora quanto ho accennato in merito alle relazioni di Pisistrato con l’aristocrazia di Eretria: nel momento in cui il tiranno lasciò l’Attica, trovò un primo sostegno nell’ospitalità di Eretria; questa ricostruzione è attestata nelle fonti, sebbene con certezza solo 142 Hdt. VII 112. HOPPER 1961, pp. 141-146. 144 LAVELLE 1997. 145 HOPPER 1961, pp. 141-146; COLE 1975, pp. 42-44; VIVIERS 1987, p. 194; LAVELLE 1991, pp. 319s.; DE LIBERO 1996, pp. 59s., 81-84; DE LIBERO 1998. 146 Sulla politica edilizia di Pisistrato e le differenze con quella seguita da Ippia vd. AMPOLO 1973. 143 79 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato per il periodo immediatamente precedente alla battaglia di Pallene147. È sicuro però che i contatti con la polis euboica ebbero inizio dal momento della fuga da Atene e della decisione e pianificazione dell’impresa nell’Egeo settentrionale. Pisistrato, soprattutto nella posizione di debolezza in cui la sua famiglia versava in quel momento, non avrebbe potuto infatti imporre la propria presenza a Rhaikelos senza previamente essersi assicurato l’avallo e l’appoggio delle colonie già presenti nella penisola Calcidica ed erano appunto le euboiche Eretria e Calcide a detenere un primato territoriale nella zona occidentale della Calcidica: perciò dobbiamo ricostruire che nel suo primo approccio ad Eretria, da datarsi già al 556, Pisistrato raggiunse un accordo con l’aristocrazia di quella polis per ottenere il nulla osta alla propria iniziativa e organizzare una colonia di ridotte dimensioni con la sua collaborazione148. La compartecipazione in quella iniziativa fu poi il fondamento per il rafforzamento dell’alleanza dei Pisistratidi con Eretria al termine del decennio di esilio, come si discuterà in altra sezione di questo scritto. Eretria non fu l’unico soggetto politico a stanziare colonie nella penisola Calcidica. Durante la tirannide di Periandro a Corinto anche i Cipselidi avevano istituito una colonia a Potidea e al in controllo della colonia Periandro impose il figlio Evagora; sappiamo peraltro che questi morì quando il padre era un uomo anziano149. Nel 583 tuttavia la tirannide dei Cipselidi lasciò il posto ad un’oligarchia a Corinto; non siamo a conoscenza delle ripercussioni che la caduta della tirannide nella madrepatria ebbe nelle colonie corizio-cipselidi, ma mi pare si possa facilmente ricostruire come anche là la tradizione di dominio cipselide avesse perduto le proprie posizioni a favore dei governi cittadini e della fedeltà al nuovo governo oligarchico di Corinto. A favore di questa ricostruzione si pongono le morti di alcuni dei Cipselidi che governavano le colonie, come Archino ad Ambracia ed Evagora proprio a Potidea. Anche la politica di riappropriazione in senso pubblico, da parte di Corinto, nei confronti dei centri di potere familiare che erano stati dei Cipselidi è significativa: sappiamo infatti che il tesoro di Cipselo a Delfi fu reclamato con successo dalla comunità e rinominato come “tesoro dei Corinzi”. Si è già fatto notare che, malgrado i Cipselidi avessero perso senz’altro il proprio potere all’epoca di Pisistrato, il tiranno ateniese perseguì una politica di alleanze familiari che agganciava i Pisistratidi al prestigio e alla tradizione dei Cipselidi; contemporaneamente le scelte di Pisistrato rientravano in un atteggiamento di intesa filo-corinzia di lungo termine, condiviso non solo dai Pisistratidi, ma anche da una parte dell’aristocrazia ateniese politicamente attiva, 147 STAHL 1987, p. 63; VIVIERS 1987. COLE 1975; VIVIERS 1987; WALKER 2006, pp. 149s. 149 Nic. Dam. FGrHist 90 F 59.1. 148 80 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato che aveva trasferito con successo la propria adesione dagli interessi strategici dei tiranni all’intesa con il governo oligarchico di Corinto, dopo il 583. In questo senso, ricordo, vanno interpretate le azioni militari di Pisistrato contro Megara, l’alleanza familiare con Gorgilo di Argo e viceversa il rifiuto dell’intesa matrimoniale con l’alcmeonide Megacle. Su queste premesse si può concludere perciò che, nel caso della fondazione coloniale a Rhaikelos, Pisistrato poté mettere a frutto questa rete di relazioni personali, facendo leva su una tradizione di prestigio familiare che lo legava agli antichi sovrani di Corinto e di Potidea e, per altro verso, facendo leva sul suo comportamento in ambito strategico-internazionale che forniva al governo di Potidea garanzie della sua buona fede e dell’intesa della sua parte politica con la madrepatria di quella. Questi fattori contribuirono a fornire un’ulteriore elemento di approvazione e appoggio da parte degli occupanti ellenici della Calcidica nei confronti dell’insediamento pisistratide a Rhaikelos150. In questa fase della storia dei tiranni pisistratidi possiamo a mio avviso collocare l’inizio dei contatti fra i tiranni ateniesi e i sovrani argeadi di Macedonia. All’epoca in cui Pisistrato si stanziò a Rhaikelos, la Penisola Calcidica era sede di colonie euboiche e di Traci autoctoni; nondimeno proprio in quel periodo si colloca la spinta espansiva dei Macedoni che sul lungo periodo finirono per espellere i Traci dalla Calcidica spingendoli oltre il fiume Strimone e assestando lì il vero confine nel corso del V secolo. La prima effettiva attestazione storiografica di relazioni interfamiliari fra gli Argeadi e i Pisistratidi risale nondimeno al 504 ca., quando Ippia si decise ad abbandonare i propositi di trovare alleati in Grecia per il proprio rientro ad Atene: fra le numerose offerte di aiuto e ospitalità pervenne infatti anche quella del sovrano di Macedonia Aminta, il quale gli offrì in concessione (di/dwmi) Antemunte151. Il VI secolo fu un periodo decisivo per l’affermazione del potere e del controllo territoriale dei Macedoni: solo nel secolo precedente il potere della tribù dei Macedoni si era consolidato nella aree interne della Bassa Macedonia; all’inizio del VI secolo il confine orientale della Macedonia si era assestato sulla riva del fiume Axios, che sfocia nel Golfo di Terme, ma ancora alla fine del VI secolo, quando Aminta fece la sua offerta a Ippia, le fonti consideravano la zona ad est del fiume Axios come abitata dai Traci152. La storia dell’espansione verso oriente della Macedonia coincide con le campagne militari dei sovrani 150 DAVERIO ROCCHI 1973, p. 98. Hdt. V 94.1. CASSON 1926, pp. 117s.; ROBINSON 1945, pp. 246s.; SORDI 1958, pp. 54-84; BORZA 1990, pp. 117s.; NENCI 2006, ad Hdt. V 17. 152 Hecat. FGrHist 1 FF 148s. 151 81 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato argeadi contro le preesistenti popolazioni di Traci che, secondo le tradizioni, controllavano buona parte della Macedonia in epoche remote153. Una “buona azione” (euergesìa) come quella che il macedone Aminta compì nei confronti di Ippia nel 504 doveva senz’altro fare parte di una catena di relazioni consolidate, di uno scambio vicendevole di azioni benefiche e amichevoli fra i sovrani macedoni e la famiglia dei Pisistratidi, già avviate da tempo: Aminta non avrebbe avuto alcun giovamento ad avviare gratuitamente e per primo le relazioni con i Pisistratidi proprio nel momento della fuga da Atene che ne segnava la disfatta e probabilmente l’inutilità politica. L’euergesìa di Aminta nel 504 andava senz’altro a ripagare, come contro-dono, una precedente offerta o liberalità che a sua volta egli aveva ricevuto dai Pisistratidi. Alla ricerca di una spiegazione degli eventi del 504 e di un precedente contatto pisistratide-argeade possiamo imbatterci solo nell’insediamento di Pisistrato a Rhaikelos nel 556 e nel suo successivo abbandono in favore dell’area del Pangeo: in quelle circostanze dovettero instaurarsi delle relazioni diplomatiche fra Pisistrato e il sovrano argeade in quel momento al trono, Alceta I154. Il movente sulla base del quale Pisistrato e Alceta poterono trovare un campo di intesa, un obiettivo comune, rientrava nella politica di espansione e consolidamento territoriale dei Macedoni nella delicata zona di confine del fiume Axios155. Pisistrato mantenne certamente buone relazioni con i propri vicini ellenici delle colonie, come si è sopra comprovato, ma nei confronti delle popolazioni locali possono essere insorti degli attriti di cui le fonti raramente trasmisero notizia forse perché considerati un luogo comune: dunque anche forse nei rapporti con i bellicosi Traci, Pisistrato e Alceta ebbero modo di fornire aiuto uno all’altro. Un’ipotesi opposta è che Pisistrato potrebbe avere offerto un contributo, non militare, ma piuttosto diplomatico nella gestione pacifica delle relazioni fra Macedoni e Traci favorendo lo spostamento dei Traci dall’area del golfo di Terme verso la regione circostante il Pangeo; questa ricostruzione è in effetti rinforzata dal trasferimento di Pisistrato sulle rive dello Strimone, ove furono sospinti i Traci stessi. Sappiamo che Pisistrato lasciò Rhaikelos, ma di quell’insediamento non si hanno più notizie, né tracce156. È onesto ammettere che la ricostruzione che vede Pisistrato inserirsi in qualità di diplomatico nelle relazioni fra Macedoni e Traci nella Calcidica è un’ipotesi: si fonda sull’attestazione di relazioni costruttive fra Pisistratidi e Argeadi nella generazione successiva, ma non può contare su alcuna notizia relativamente alle relazioni che esistettero fra i due insediamenti di Pisistrato e i Traci autoctoni. È indubitabile d’altronde che Pisistrato e il gruppo 153 CASSON 1926, p. 165; BORZA 1990, pp. 45s., 88s.; GEHRKE 1996, pp. 991s.; HAMMOND 1982 a, pp. 273-285. Euseb. Chron. arm. p. 342 Aucher. 155 DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 51s. sul fiume come segno confinario. 156 COLE 1975; BORZA 1990, pp. 117s. 154 82 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato che lo accompagnava siano entrati in contatto con i Traci, con buona probabilità già a Rhaikelos, sicuramente nel prendere sede al Pangeo, e mi pare dunque corretto interrogarsi sulla natura di queste relazioni inter-culturali. Si è puntualizzato che l’insediamento pisistratide non fu di grandi dimensioni, comprendendo solo i membri della famiglia e probabilmente alcuni dei suoi sostenitori; probabilmente alla fondazione di Rhaikelos contribuirono volontari euboici. In quelle condizioni Pisistrato non poteva infatti costituire una forza armata di grande entità e fu necessario per lui cercare di inserirsi in Tracia secondo modi pacifici e di intesa con gli autoctoni; una reazione violenta da parte dei Greci o dei Traci limitrofi avrebbe messo in pericolo l’esistenza stessa della famiglia che non avrebbe avuto altro riparo e che non poteva fare ritorno, nel caso, alla madrepatria. In questo senso si sono già spiegate le relazioni di Pisistrato con Eretria, le colonie calcidiche e con i Macedoni. Altro elemento che indirizza verso la ricostruzione di relazioni pacifiche con i Traci è l’intento di Pisistrato, fra i principali della missione tracica, di reclutare truppe mercenarie che gli avrebbero assicurato il rientro ad Atene: senz’altro l’accordo con i mercenari traci, pure fondato su un rapporto economico, dovette avvenire tramite contatti pacifici, costruttivi e di intesa. Gli studiosi che hanno approfondito la comprensione dei fenomeni di mercenariato hanno messo in evidenza come sia un errore interpretare queste forme di impiego di combattenti nella prospettiva esclusivamente economica, del reclutamento e pagamento di bande armate o eserciti: soprattutto nell’epoca arcaica i mercenari erano combattenti esperti, provenienti dai ranghi dell’aristocrazia ellenica, oppure dagli stessi compagni (hetàiroi) dei sovrani barbarici; erano membri dell’élite che indirizzavano la pratica della ricerca dell’eccellenza (areté), caratteristica dell’ideologia aristocratica, verso quelle componenti della prodezza in battaglia e della capacità fisica, piuttosto che nel successo politico o agonistico. Questa assimilazione dei mercenari ad un contesto sociale di élite internazionale si può bene riscontrare anche presso i Traci, per l’epoca classica, nelle vicende descritte da Senofonte nell’Anabasi, nelle quali gli accordi dell’esercito ellenico con i Traci passarono per la creazione di vincoli di xenìa e di euergesìa fra i comandanti greci e il sovrano tracio e si fondarono in sostanza sulla condivisione di comuni valori aristocratici fondati sulla morale del dono e contro-dono e sull’obbligo della reciprocità157. Più in generale la critica ha messo in evidenza l’esistenza di una solida tradizione di collaborazione fra Greci e Traci al livello delle élites158. La morale del dono, e con essa l’obbligo del contro-dono, può individuarsi come un tratto di grande antichità 157 MITCHELL 1997, pp. 134-142. PICCIRILLI 1973, p. 30; ISAAC 1986, pp. xi-xiv, 40-51; GEHRKE 1996, p. 985; MITCHELL 1997, pp. 85-109, 134147; BRAUND 2001, pp. 9-24. 158 83 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato e costanza presso le classi elevate non solo della cultura ellenica, ma anche orientale e tracia: su questi aspetti inter-culturali comuni i Greci poterono fondare relazioni costruttive con i Traci159. Con il fondamento delle pur poche notizie dettagliate sull’insediamento di Pisistrato in Tracia e con la contestualizzazione storico-culturale qui condotta, mi pare una ricostruzione valida quella che vede Pisistrato non soltanto come un avventuriero o un intruso nell’Egeo Settentrionale, ma piuttosto come un aristocratico esule, attivo nel rafforzamento della propria posizione anche se al di fuori della madrepatria, capace di inserirsi con gli appropriati mezzi diplomatici entro un contesto nuovo e articolato come quello della Tracia, in modo costruttivo e pacifico160 II.7. La battaglia di Pallene e la lista degli alleati di Pisistrato (546) Il consiglio tenuto da Pisistrato e i figli e la scelta di rientrare in Atene Nell’undicesimo anno di esilio i Pisistratidi organizzarono il loro ritorno ad Atene; in un primo momento dalla Tracia fecero ritorno ad Eretria in Eubea dove raccolsero le risorse economiche e militari necessarie per rientrare con la forza in Attica e impossessarsi poi del potere politico ad Atene161. Erodoto narra che ad Eretria Pisistrato tenne un consiglio (e)bouleu/eto) con i figli per decidere il da farsi e che fu l’opinione del figlio maggiore Ippia a sembrare la migliore: Ippia suggerì che era necessario riconquistare con la forza la tirannide e che i mezzi necessari a quello scopo sarebbero stati recuperati raccogliendo doni (dwti=nai) dalle città che avevano degli obblighi (proaide/ato) verso la loro famiglia. Si possono giustamente sollevare dei dubbi sulla storicità della narrazione erodotea, particolarmente sulla possibilità che lo storico potesse conoscere lo svolgimento e i discorsi tenuti in quella che, nelle sue stesse parole, fu una riunione interna al nucleo familiare pisistratide in merito a delicate scelte politiche. Si tratta questo di un problema ineludibile delle nostre fonti storiografiche e mi pare necessario, in questi casi, trattare la notizia come una ricostruzione, cioè un’ipotesi storiografica, di Erodoto stesso, piuttosto che come una notizia storica. Per altro verso non è possibile esimersi per questo motivo dall’analisi e dall’utilizzo di questo passo, al fine di ricavare alcune nozioni che aiutino a contestualizzare meglio la ricostruzione storica che si tenta in questa ricerca. 159 Thuc. II 97. NENCI 1981, pp. 67-68; GERNET 1983, pp. 143s.; HERMAN 1987, pp. 31-34; MITCHELL 1997, pp. 11-155; BRAUND 2001, pp. 7-24; GAZZANO 2002, 10-20; MAZZARINO 2007, pp. 278-281. 160 STAHL 1987, pp. 201, 227s. 161 Hdt. I 61s.; Aristot. Ath. Pol. 15.2; Polyaen. I 21.1. VIVIERS 1987. 84 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Erodoto accettò come del tutto plausibile la tradizione relativa alla riunione di un consiglio familiare nel quale Pisistrato condivise le scelte politiche e strategiche con i propri figli e probabilmente dunque anche con un entourage ristretto di associati di fiducia. Le narrazioni pervenute nelle fonti identificano solitamente la tirannide nella persona stessa del tiranno, tuttavia questo passo permette di intravedere che effettivamente la tirannide operava come un gruppo organico di governo: questo gruppo era fondato innanzitutto sul nucleo familiare del tiranno, comprendendo le relazioni parentelari dei componenti; ad un ulteriore livello il gruppo era allargato agli individui e ai gruppi politici che con la famiglia godevano di una stretta compartecipazione di interessi, ne erano i principali sostenitori e che potevano costituire, all’occorrenza, uno strumento di lotta armata (gli stasiòtai); inoltre il gruppo tirannico rispondeva alla necessità di mantenere una base di consenso sociale e politico entro il corpo cittadino più ampio. L’organizzazione della gestione e del controllo della cosa pubblica e dello stato, nell’epoca arcaica e durante la fase storica del cosiddetto “governo aristocratico”, fu fondamentalmente pre-politica, fondata cioè sulla capacità organizzativa delle famiglie aristocratiche e su forme irregolari di consenso sociale. In questo contesto la tirannide è da intendersi come un organismo para-statale che aspirava ed era effettivamente in grado di rendersi garante e gestore degli interessi collettivi. Esempi significativi delle proprietà organizzative e politiche della famiglia tirannica possono riscontrarsi nei casi esaminati delle alleanze matrimoniali intese come garanzie di comportamenti nella politica estera, oppure le particolari forme di comunicazione fra Pisistrato e Megacle durante il primo esilio. Queste considerazioni rimandano all’ambiguità fra privato e pubblico caratteristica della politica dei tiranni162. In sede deliberativa familiare l’opinione di Ippia vinse (nikh/santoj), imponendosi sopra altre proposte espresse: Erodoto lascia intendere che la riconquista violenta del potere sovrano ad Atene non era l’unica strategia che si apriva in quel momento ai Pisistratidi. Alternativamente alla via proposta da Ippia si pose probabilmente la possibilità di rientrare in Atene e reclamare più pacificamente un posto entro le forme tradizionali della conduzione politica, ricercare cioè una intesa con altre forze socio-politiche aristocratiche e accedere alla spartizione, più o meno paritaria e concordata, del controllo politico. La lenta reazione ateniese di fronte allo sbarco in Attica delle forze dei Pisistratidi avalla l’esistenza di questa alternativa politica che faceva affidamento su una posizione conciliatoria degli aristocratici; il tentato accordo matrimoniale fra Pisistrato e Megacle che aveva avviato la precedente seconda 162 Hdt. I 62.1. LINTOTT 1982, pp. 1-31; ANDERSON 2005; DUPLOUY 2006, pp. 251-264. 85 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato tirannide di Pisistrato è un esempio ulteriore a favore di questa strategia. È possibile d’altronde che durante il consiglio dei Pisistratidi si fosse presa in considerazione la prospettiva di escludere l’Attica dai progetti per il futuro della famiglia: se accettiamo, come si è proposto, che durante il secondo esilio la famiglia sia stata colpita con un effettivo procedimento di atimìa e considerando inoltre la lunga durata dell’assenza dei Pisisitratidi da Atene, potrebbe non essere sembrata affatto sicura la possibilità che la famiglia riuscisse a recuperare le posizioni perdute nella società aristocratica e nella politica ateniese. Pisistrato aveva peraltro costruito una rete di relazioni diplomatiche e familiari che gli avrebbe consentito di trovare con una certa facilità una nuova sede e di assumere un ruolo significativo in altre località: ad Argo, ad Eretria, presso le comunità coloniali calcidiche, probabilmente in Macedonia, forse già in Tessaglia. È probabile che nel 546 anche l’area dell’Egeo nordorientale facesse parte dei progetti e delle conoscenze dei Pisistratidi, come è testimoniato dalle imprese condotte o organizzate di lì a poco al Sigeo e precedentemente nel Chersoneso Tracico dall’alleato Milziade I. Testimonianza delle possibilità e capacità di ricollocazione internazionale dei Pisistratidi si offre in occasione del definitivo ritiro al Sigeo nel 504: Ippia fu approcciato dai Tessali e dai Macedoni che offrirono ospitalità, nonostante ciò egli decise di insediarsi in Asia Minore al Sigeo e in seguito si legò alla corte persiana163. D’altro canto, si consideri che il rientro ad Atene costituì pur sempre la soluzione più logica e auspicata per i Pisistratidi e i loro partigiani ed è evidente che questo fu sempre il loro principale progetto a lungo termine164. Oltre a queste considerazioni ideologiche o affettive, circostanze di più stringente contingenza possono avere incoraggiato a seguire la strategia del rientro armato e della conquista della tirannide, attribuita ad Ippia: le risorse di cui i Pisistratidi disponevano in quel particolare momento meglio si adattavano infatti a quello scopo e a quell’indirizzo d’azione. L’investimento decennale nello sforzo di assicurare risorse monetarie e militari in Tracia imponeva cioè la strategia proposta da Ippia. I Pisistratidi dunque raccolsero le proprie ricchezze e i propri alleati e per fare ciò Ippia suggerì di richiedere doni a coloro che erano in debito verso la famiglia. Questa iniziativa esprime un meccanismo di relazioni inter-aristocratiche fondato sulla morale della reciprocità e 163 Hdt. V 94-96, VI 102. Il rientro in patria è d’altronde il fondamento delle passioni e del comportamento di numerosi casi affini di aristocratici espulsi. Poeti elegiaci che dovettero lasciare le proprie poleis rendono conto dei propri pensieri nelle loro opere: Alceo di Mitilene (Alc. Fr. 69 Loeb), Archiloco (Archil. Frr. 22, 27 West). Pisistrato dovette lasciare Atene due volte e fece sempre ritorno. Gli Alcmeonidi si adoperarono sempre per rientrare ad Atene dopo le espulsioni imposte da Pisistrato nel 546 e ancor più attivamente dopo quelle imposte loro da Ippia nel 514: Aristot. Ath. Pol. 19.3. La politica internazionale di Ippia, dopo il 510 e fino alla sua morte, ebbe come obiettivo cardinale il ripristino del suo potere ad Atene. FORSDYKE 2005, pp. 115-130. 164 86 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato sulla pratica e la ritualità dello scambio di doni, il concetto cioè che l’accettazione di un bene, un dono (dotìne) o un’azione favorevole (euergesìa), lega il ricevente in una condizione di debito, ad un obbligo appunto, nei confronti del donatore; lo scambio di un dono impegna nella pratica ad un’alleanza, in base alla quale in futuro si vorrà ricambiare il dono ricevuto. Inoltre, in virtù della morale aristocratica della ricerca dell’eccellenza e dell’autoaffermazione, la tendenza era d’altronde quella di corrispondere ad un dono ricevuto restituendo beni e servizi in maniera uguale o superiore: così si instaurava un meccanismo accrescitivo che contribuiva a cementare il rituale scambio di doni trasferendo la pratica ad un’alleanza di reciprocità fra gli individui, perpetuando di volta in volta lo scambio con beni e servizi sempre più significativi e impegnativi e creando col tempo una fiducia, una dipendenza e un’intesa reciproca sempre più strette. Nel riferirsi a “doni” dunque, Ippia non parla necessariamente di una richiesta di liberalità in beni preziosi o in denaro, anche se questi erano spesso previsti ed erano tipicamente lo strumento rituale delle alleanze: lo scambio di obbligazioni fra aristocratici poteva prendere forme diverse ed esprimersi tramite l’ospitalità, la concessione di materie prime e vivande, iniziative di appoggio politico o strategico, aiuto militare; chi offriva il proprio contributo lo faceva nel campo e nei termini in cui egli godeva di un qualche vantaggio o surplus e viceversa in un bene o favore di cui il ricevente necessitava165. In questo senso la critica ha messo in evidenza un aspetto economico e ‘di mercato’, anche se non necessariamente monetario, di queste relazioni fondate sul dono. Cosicché nel 546 i Pisistratidi fecero appello a tutte le poleis e i gruppi familiari che nel decennio di esilio essi avevano in qualche modo favorito, con cui avevano avuto relazioni positive e verso i quali avevano mostrato generosità, verso cui potevano far valere degli obblighi per via di aspetti che potevano andare dal debito monetario al legame familiare. È in base a questo meccanismo che dovremo cercare di comprendere la notizia relativa agli alleati di Pisistrato a Pallene e il contributo da loro offerto. La lista degli alleati di Pisistrato Questa parte della narrazione fornisce un preziosissimo elenco degli alleati internazionali di Pisistrato che nel 546 furono in grado di fornire un contributo, militare o finanziario166. Le fonti permettono facilmente di ricostruire questo prospetto: - Eretria offrì ospitalità e un luogo dove organizzare la spedizione; l’aiuto venne dai cavalieri (hippèis) che governavano Eretria167. - Tebe offrì ricchezze (chrèmata) con speciale generosità. 165 GERNET 1983, pp. 143s .; HERMAN 1987; MITCHELL 1997. Hdt. I 61; Aristot. Ath. Pol. 15.2. BERVE 1967, pp. 41-62; STAHL 1987, pp. 60-66. 167 Aristot. Ath. Pol. 15.2. VIVIERS 1987. 166 87 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato - Da Argo vennero 1.000 mercenari (misthotòi), condotti da Egesistrato, il figlio argivo di Pisistrato168. - Un uomo di nome Ligdami venne da Nasso offrendo denaro e milizie (chrèmata kai àndras). - Numerose altre città non specificate offrirono un contributo economico (chrèmata). - A livello locale Pisistrato poté contare, una volta sbarcato in Attica, sul contributo e sull’appoggio di numerosi sostenitori (stasiòtai) che vennero ad ingrossare le sue fila, provenienti sia dall’area urbana, sia dai villaggi attici. - Pisistrato portò ricchezze e mercenari dal proprio insediamento in Tracia169. La lista è composta sulla base dalle narrazioni poco diverse fra loro di Erodoto e Aristotele: i due storici condividono i dati relativi a Tebe, Argo, Nasso e la menzione di “altri alleati” non meglio specificati. Erodoto trasmette il dato relativo ai sostenitori locali di Pisistrato che affluirono da Atene e dall’Attica presso Maratona, dopo lo sbarco delle forze pisistratidi170. Aristotele esplicita il contributo della classe di cavalieri al governo di Eretria, mentre Erodoto preserva la presenza della polis euboica nella sua narrazione, ma non ne specifica l’intervento in vista di Pallene171. Erodoto sembra dunque più attento al contesto ateniese, a come si svolse la breve campagna militare di Pisistrato in Attica, preserva notizie sulla reazione e sul comportamento dell’aristocrazia al governo di Atene e aiuta a comprendere il quadro sociale e l’appoggio della cittadinanza al tiranno; conosce l’alleanza matrimoniale fra Pisistrato e Argo e la parentela fra l’ateniese ed Egesistrato; eppure, nella narrazione su Pallene, il ruolo di questi legami non è considerato, al punto che gli Argivi sono definiti soltanto mercenari. Aristotele invece è più attento alle relazioni internazionali implicate nella preparazione di Pallene ed individua con maggiore chiarezza i singoli o i gruppi coinvolti. Entrambi gli autori descrivono il contributo degli alleati, esplicitamente o implicitamente, come un impegno finanziario più che come una effettiva messa in campo di forze armate; unica eccezione, esplicitata dalle scelte lessicali dei testi, sono i 1.000 soldati venuti da Argo e gli “uomini” forniti da Ligdami di Nasso. Sulla base del testo dobbiamo considerare dunque che il contributo di Tebe, Eretria e delle altre poleis o degli altri individui non specificati fosse nella forma dei chrèmata. Queste ricchezze avevano lo scopo di pagare la campagna militare, stipendiare i soldati, assicurare i mezzi di sostentamento e trasporto, ma anche garantire fondi nella gestione del prestigio sociale e del potere politico una volta ripresa la tirannide. A questa lista delle forze pisistratidi non dobbiamo dimenticare di aggiungere le ricchezze e le milizie 168 Aristot. Ath. Pol. 17.4. Hdt. I 64. 170 Hdt. I 61s. 171 Aristot. Ath. Pol. 15.2, 17.4. VIVIERS 1987. 169 88 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato mercenarie che Pisistrato aveva acquisito nel decennio di permanenza in Tracia, nell’insediamento al Pangeo sullo Strimone. Le forze di Pisistrato si raccolsero dunque ad Eretria, si imbarcarono e scelsero la località di Maratona per sbarcare in Attica; qui convennero i sostenitori ateniesi del tiranno. Il governo ateniese non reagì all’iniziativa di Pisistrato finché il tiranno rimase a Maratona. Si tratta a mio avviso questa di una riprova che non necessariamente i Pisistratidi sarebbero dovuti rientrare in madrepatria con l’obiettivo di conquistare la polis e il potere: l’aristocrazia al governo in quel momento pensò, o sperò, che Pisistrato fosse intenzionato a rientrare in Attica e ricreare una propria area geografica e sociale di potere personale, pur senza aspirare ad eliminare la condivisione del governo inter-aristocratico. Atene raccolse la propria forza armata solo quando Pisistrato si spostò da Maratona, mise il campo nella località di Pallene e fu chiaro che avrebbe attaccato Atene172. La battaglia che seguì non riceve un’ampia descrizione nelle fonti; piuttosto si direbbe che l’esercito della polis si sia ritirato o sia stato messo in fuga. Pisistrato fece inseguire i fuggitivi dalla cavalleria, non però per portare il colpo fatale alle forze nemiche, ma al contrario per proclamare le sue intenzioni pacifiche e per incoraggiare i concittadini a ritornare alle proprie faccende173. La lista degli alleati di Pisistrato a Pallene è un elemento di significativo interesse per l’obiettivi di questa ricerca poiché costituisce una testimonianza delle relazioni internazionali su cui Pisistrato poteva contare nel 546; è importante dunque tentare un’analisi di ciascun componente, al fine di individuarne l’origine, i moventi, l’interesse reciproco e lo sviluppo diacronico dell’intesa con il tiranno ateniese174. 172 FROST 1984, pp. 290-294. Hdt. I 62s. 174 STAHL 1987, pp, 60-66. 173 89 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Fig. 2: gli alleati e le risorse di Pisistrato in occasione della battaglia di Pallene (546) Eretria Nella narrazione delle vicende di Pisistrato le fonti mettono in rilievo il ruolo di Eretria nel momento in cui si andava preparando il ritorno in Attica, al termine del decennio di esilio passato in Tracia e prima della fatidica battaglia di Pallene del 546. È necessario invece ricostruire per Eretria un ruolo di centro di ospitalità e organizzazione coloniale per tutta la durata dell’esilio, a partire dalle prime fasi successive alla fuga da Atene nel 556175. Nel 556 Pisistrato subì il secondo esilio da Atene che portò la famiglia a insediarsi sulle coste dell’Egeo settentrionale, prima a Rhaikelos nella penisola calcidica e successivamente sulle rive del fiume Strimone presso il Pangeo in Tracia176. È significativo che lo stanziamento a Rhaikelos in Calcidica sia avvenuto proprio in un contesto geo-politico di antica colonizzazione euboica, come attestano le eminenti colonie di Pallene e Sitone, fondate dalle poleis di Calcide ed Eretria177. Prima di dirigersi verso la Tracia i Pisistratidi avrebbero dovuto 175 VIVIERS 1987. COLE 1975. 177 GEHRKE 1996, p. 983. Sull’origine e la cronologia della colonizzazione euboica in Calcidica: BRADEEN 1952. 176 90 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato non solo organizzare la spedizione, ma soprattutto avrebbero dovuto necessariamente ottenere l’avallo della madrepatria euboica che deteneva interessi e preminenza coloniale nella penisola calcidica ove Pisistrato intendeva dirigersi: una simile autorizzazione sarebbe stata senz’altro necessaria per non incorrere in incidenti con le colonie o con le poleis di Calcide euboica e di Eretria. Su questa premessa dobbiamo accettare la ricostruzione di un primo contatto e di una prima intesa fra Pisistrato ed Eretria nel 556178. Ritengo utile approfondire ulteriormente l’analisi in questa direzione: si può ricostruire che Eretria fornì a Pisistrato un numero consistente di volontari per l’impresa che si accingeva a compiere, che andarono ad aggiungersi alle forze che Pisistrato portava da Atene. I familiari e gli stasiòtai del tiranno costituivano infatti un gruppo troppo esiguo per tentare l’insediamento in un’area di non facile gestione, sia per le pre-esistenti colonie con cui si sarebbero potuti scontrare, sia per la pressione dei bellicosi barbari traci locali, sia per le possibilità di ingerenza del vicino regno macedone. Così trova una spiegazione anche la terminologia usata da Aristotele in riferimento a Rhaikelos, considerato come un insediamento coloniale, o paracoloniale (sun%¯kise), numericamente più consistente dunque di un insediamento familiare, condiviso fra Pisistratidi e partigiani esuli dei tiranni e membri dell’aristocrazia di Eretria. Dunque l’intesa fra Pisistrato e il ceto dirigente di Eretria risaliva al 556, all’inizio dell’esilio decennale precedente il rientro in Attica avvenuto con la battaglia di Pallene: consistette nell’offerta di ospitalità, nell’autorizzazione alla colonizzazione a Rhaikelos e nella compartecipazione all’impresa tracica. Ulteriori elementi attestano l’alleanza fra Pisistrato e gli hippéis di Eretria. Uno scolio alle Nuvole di Aristofane menziona infatti il matrimonio di Pisistrato con una donna di Eretria di nome Koisyra, all’epoca in cui egli tentò di farsi tiranno179; il riferimento è dunque ad un periodo di poco antecedente la tirannide del 546, proprio quando Eretria funse da luogo di raccolta per le forze di Pisistrato e come luogo di partenza per il contingente diretto a Maratona. L’aristocrazia di Eretria aveva dunque appoggiato il tiranno in esilio, rimanendo al corrente del suo comportamento nel corso del decennio trascorso in Tracia, e nel 546 poté verificare la consistenza delle ricchezze raccolte e le capacità diplomatiche e strategiche della famiglia che si apprestava a ritornare al governo di Atene. Fu una scelta naturale per l’aristocrazia di Eretria, non solo continuare ad appoggiare Pisistrato nei suoi progetti, ma cercare in quel momento di stringere un legame ancor più solido nella prospettiva di godere, di lì a poco, dei vantaggi 178 VIVIERS 1987; WALKER 2006, pp. 149s. Schol. Aristoph. Nub. 48; Suda s.v. Ἐγκεκοισυρωµένην, E 87 Adler. VIVIERS 1987; LAVELLE 2005, pp. 134136. 179 91 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato garantiti da un’alleanza familiare con un ricco e potente tiranno e con una polis della levatura della vicina Atene. Così l’appoggio di Eretria in occasione della battaglia di Pallene vede esplicitati i propri moventi: una tradizione di collaborazione coloniale risalente al 556, la constatazione del successo economico e diplomatico nel corso dell’esilio, l’evidenza della vittoria che andava preparandosi per Pisistrato ad Atene, l’alleanza matrimoniale con la famiglia aristocratica di Koisyra. Si è già constatato che il contributo di Eretria e dei suoi cavalieri sembra sia stato limitato all’offerta di ospitalità, all’appoggio logistico e al contributo finanziario, in virtù della collocazione della notizia nel testo tramandatoci da Aristotele. L’oligarchia degli hippèis eretriesi va d’altronde inserita in una categoria socio-culturale prettamente aristocratica, legata cioè alle tradizioni e al codice morale omerico dell’affermazione del valore e dell’eccellenza (areté) personale; i campi in cui tale areté trovava la propria espressione erano la battaglia, l’agonismo, la politica e la ricchezza: sulla base di questa contestualizzazione si potrebbe ipotizzare che un pur limitato contingente di cavalieri di Eretria abbia preso parte ai combattimenti a Pallene180. Tebe Tebe è indicata come il maggiore contribuente finanziario di Pisistrato: questa notizia è una delle più difficili da comprendere e contestualizzare poiché non si riscontrano altre notizie di rapporti fra Pisistrato e questa polis181. Unica altra notizia letteraria relativa alle relazioni fra i Pisistratidi e i Tebani risale al regno non di Pisistrato ma del figlio e successore alla tirannide, Ippia. Nel 519 la polis di Platea, al confine fra Beozia e Attica, subiva l’ingerenza di Tebe e si rivolse in supplica ad Atene invocandone la protezione; a conseguenza di queste trattative Ateniesi e Tebani vennero a scontrarsi e i Beoti subirono una sconfitta che ne ridimensionò i confini al corso del fiume Asopo; così Platea rientrò nella sfera di influenza di Atene da quel momento in avanti182. Pochi anni dopo gli eventi di Platea, nel 511, ebbero inizio le campagne militari di Sparta per espellere Ippia dalla posizione di tiranno ad Atene. In due occasioni i Tessali dimostrarono la loro alleanza con i Pisistratidi intervenendo militarmente in loro difesa. L’alleanza dei Pisistratidi con i Tessali mi pare contraddittoria con la possibilità di intrattenere rapporti concilianti con Tebe: poiché l’egemonia tebana sulla Beozia andava naturalmente a scontrarsi con le mire espansionistiche dei Tessali verso meridione183, le due potenze erano fra 180 FROST 1984, pp. 290s.; VIVIERS 1987. HOW-WELLS 1928, ad Hdt. I 61; ANDREWES 1982 b, pp. 398-403. 182 Hdt. VI 108; Thuc. III 55, 68. PICCIRILLI 1973, n. 9; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 28-31, 51s., 61-64, 180-184, 225-240 180-184. 183 FORREST 1956, pp. 42-44; SORDI 1958, pp. 54-84. 181 92 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato loro contrapposte e difficilmente avrebbero potuto condividere un medesimo alleato nei Pisistratidi ateniesi, perlomeno Tebe non avrebbe consentito il passaggio dei cavalieri tessali attraverso il proprio territorio184. Dunque disponiamo dell’attestazione di un’intesa fra Tebe e Pisistrato risalente al 546 che non possiamo però legare ad altre notizie che contribuiscano a darne spiegazione; d’altro canto disponiamo di altre due attestazioni, risalenti al 519 e al periodo 511-510, che contraddicono la possibilità di rapporti pacifici fra Tebe e il successore pisistratide Ippia. Le fonti che ho finora esaminato e le stesse opinioni della critica purtroppo non permettono ulteriori discussioni e il contributo di Tebe rimane un fatto apparentemente isolato, discontinuo ed accidentale; la notizia è tanto più contraddittoria in quanto entrambe le fonti a nostra disposizione identificano proprio in Tebe l’offerente fra tutti più generoso. Mi pare nondimeno di essere tenuto ad esprimere un giudizio perlomeno speculativo alla luce dei temi trattati in questa ricerca. È possibile che l’offerta di Tebe a Pisistrato sia stata un tentativo di quella polis di assicurarsi un alleato nella Grecia meridionale e, più specificamente, di intavolare relazioni positive con colui che avrebbe governato il territorio immediatamente a sud della Beozia e che avrebbe dunque potuto costituire una minaccia all’integrità dell’egemonia che Tebe aveva sviluppato poc’anzi durante la prima metà del VI secolo. Gli eventi relativi a Platea risalenti al governo di Ippia costituiscono una giusta riprova di questi timori. Il fatto che l’intesa fra i Pisistratidi e Tebe sia stata effimera è chiaramente dimostrato dalla strategia internazionale seguita da Ippia, la cui svolta si presta a due interpretazioni speculative. È possibile che il figlio Ippia non si sia curato di perpetuare e rispettare la posizione che il padre era andato costruendo per la famiglia nelle reti di alleanze internazionali; Ippia d’altronde si trovò a governare in un contesto storicoculturale in cui le vecchie forme di intesa inter-aristocratica andavano perdendo velocemente pregnanza a fronte della ragione di stato185. La seconda alternativa è che sia stato già lo stesso Pisistrato ad accettare in modo poco onesto l’offerta di aiuto di Tebe, pur nella consapevolezza che quel donativo non sarebbe mai andato cementandosi in un’alleanza politica che non aveva fondamenti tradizionali né prospettive di altra utilità. Da un contrario punto di vista, si potrebbe anche leggere nell’intervento di Tebe a favore di Pisistrato l’obiettivo di destabilizzare Atene provocando un cambiamento di governo o un stàsis fra le fazioni e da ultimo una lotta civile: in quelle circostanze la polis attica in ascesa avrebbe cessato, perlomeno per un periodo, di costituire un pericolo sulla frontiera meridionale 184 SORDI 1958, pp. 54-84. É in questa prospettiva che si spiega peraltro la rottura, nel 514-510, della tradizionale alleanza che legava Sparta ai Pisistratidi: allora Sparta attaccò Ippia malgrado i Lacedemoni e i Pisistratidi fosse xènoi, cioè alleatiospiti di vecchia data. Hdt. V 63; Aristot. Ath. Pol. 19.4. 185 93 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato tebana; nel periodo di tumulto della lotta civile ad Atene e nell’incerto periodo iniziale della tirannide di Pisistrato, Tebe poteva aspettarsi che gli Ateniesi, occupati in faccende interne, si ritirassero dall’intervenire al di fuori dell’Attica e dunque lasciassero libera Tebe di affermare la propria egemonia nella confinante Beozia186. Ligdami di Nasso Ligdami di Nasso contribuì portando ad Eretria risorse finanziarie e un contingente di armati, valutati dalle fonti come di considerevole entità187. Una prima osservazione significativa deve puntualizzare che l’iniziativa fu esplicitamente personale, cioè Ligdami venne a Pisistrato negli interessi propri e della propria famiglia e non in rappresentanza della polis di Nasso o di alcuna parte della sua comunità. Possiamo poi estrapolare dalle fonti un altro dato di estrema rilevanza: Ligdami offrì spontaneamente, volontariamente (ethelontès), il proprio contributo. Questo significa che Ligdami non faceva parte di quel gruppo di individui e comunità che avevano degli obblighi verso Pisistrato e dai quali i Pisistratidi avevano il diritto di esigere in quel momento aiuto per la loro impresa; il Nassio nondimeno si prodigò in maniera eccezionale e di propria iniziativa, investendo le proprie sostanze, raccogliendo e armando un contingente per le operazioni militari e facendo vela dalla propria isola alla volta di Eretria. Il movente della decisione di Ligdami va cercato nelle modalità di istituzione delle alleanze inter-aristocratiche sopra descritte: in questa notizia ci è dato cioè di osservare esattamente come ebbe inizio il legame di reciprocità fra Ligdami e Pisistrato: un legame che sappiamo proseguì negli anni successivi. Ligdami compì un primo passo nei confronti di Pisistrato portandogli esattamente le risorse e l’aiuto nella forma che erano in quel momento necessari; egli fece un investimento di natura finanziaria, politica e strategica, da cui poteva solo sperare di trarre in futuro un rendiconto altrettanto consistente e vantaggioso. Si trattò certamente per Ligdami di correre un rischio, poiché nessuna autorità sovra-statale internazionale obbligava Pisistrato a ricambiare quanto ricevuto dal suo nuovo alleato personale; l’obbligo era piuttosto determinato da un sentimento di aderenza ai valori morali della reciprocità, dal sentimento del debito. Per altro verso Ligdami poteva evidentemente contare sulla vittoria di Pisistrato vista la sicurezza e la grande entità della sua offerta. Con la 186 Si tratta questo di un modello interpretativo in parte affine a quello applicato, in altra circostanza, anche da Erodoto: secondo la sua ricostruzione, quando i Plateesi cercarono l’aiuto di un alleato contro l’egemonia di Tebe, essi si rivolsero in un primo momento agli Spartani, ma il sovrano Cleomene consigliò loro di interpellare i più vicini Ateniesi; Erodoto vede nelle parole di Cleomene non il tentativo di aiutare i Plateesi, ma piuttosto l’intenzione di spingere Atene a venire coinvolta nella spinosa questione beotica e conseguentemente a venirne indebolita. Sia per il proposto movente anti-ateniese di Tebe, sia per quello del consiglio di Cleomene, è presente il tentativo di provocare, per vie traverse, problemi interni o regionali ad Atene che ne indeboliscano il campo di intervento. Hdt. VI 108. 187 BERVE 1967, pp. 78s. 94 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato vittoria e la tirannide di Pisistrato l’investimento di Ligdami si sarebbe rivalutato: inizialmente egli aveva fatto un donativo ad un pur potente ed intraprendente aristocratico in esilio, ma in futuro poteva aspettarsi di ricevere un contro-dono da parte di un uomo divenuto tiranno: in futuro cioè Pisistrato avrebbe ripagato il suo evergete in maniera non più commisurata al dono ricevuto, ma piuttosto superando quella misura e dimostrando, a vantaggio del proprio prestigio, la ricchezza e la potenza della sua nuova posizione di supremazia come tiranno di Atene. A garanzia ulteriore dell’investimento che Ligdami fece alla vigilia di Pallene, era evidente che Pisistrato avrebbe trovato vantaggioso conservare un alleato fidato in una località strategica al centro dell’arcipelago delle Cicladi: la strategia di lungo periodo dei Pisistratidi dimostra infatti uno spiccato interesse per l’Egeo. Ci sono tracce evidenti che il contributo di Ligdami fu più di un semplice donativo, ma potrebbe interpretarsi già piuttosto nel senso di una alleanza istituita sul fondamento di un preciso progetto strategico. Fra le prime iniziative di Pisistrato giunto alla tirannide, le fonti menzionano infatti la conquista di Nasso e l’imposizione colà del potere tirannico di Ligdami188. A Nasso furono poi portati come ostaggi i figli di quegli Ateniesi che si erano opposti all’instaurazione della tirannide di Pisistrato. Successivamente alla conquista di Nasso e alla sua incorporazione entro la sfera di influenza di Atene, abbiamo anche la notizia della purificazione dell’isola sacra di Delo, da parte di Pisistrato189. È evidente dunque come il prosieguo delle vicende relative a Ligdami e alla strategia marittima di Pisistrato giustifichi pienamente l’alleanza istituita da Ligdami e Pisistrato nel 546 e la sua interpretazione nella prospettiva degli interessi reciproci fra i due. Ligdami aiutò Pisistrato a conquistare la tirannide ad Atene e viceversa Pisistrato aiutò Ligdami ad assicurasi il potere a Nasso190; l’isola funse subito da postazione salda da cui Pisistrato poté affermare una forma di controllo nelle acque delle Cicladi: la dimostrazione di questo progetto venne con il gesto rituale e simbolico della purificazione dell’isola-santuario sacra ad Apollo, che attestava pubblicamente e a livello internazionale il ruolo di Pisistrato come garante dell’ordine e della protezione degli uomini e della divinità191. 188 È pervenuta una tradizione relativa alla presa della tirannide di Ligdami a Nasso incentrata sulle vicende locali, raccolta nella perduta Costituzione di Nasso di Aristotele: Ath. VIII 40 (347f-348c). SANDYS 1912, pp. 61-65; BOLLANSÉE 2007, pp. 186-189. Non condivido l’opinione di B.M. Lavelle che ritiene, contro il testo delle fonti, più opportuno collocare l’aiuto di Pisistrato verso Ligdami al 548, prima della battaglia di Pallene, cosicché l’offerta di Ligdami discussa in questo paragrafo troverebbe migliore giustificazione: LAVELLE 2005, pp. 136-139, 216-218. 189 Hdt. I 64. CAWKWELL 1995, p. 78. 190 ANDREWES 1982 b, pp. 399, 405. 191 SHAPIRO 1989, pp. 48-60. 95 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Argo Il contingente militare di Pisistrato a Pallene fu composto senz’altro dai mercenari che egli stesso aveva ingaggiato in Tracia, dagli uomini che Ligdami portò da Nasso e da un consistente gruppo di soldati provenienti da Argo. Nel testo di Erodoto questi figurano chiaramente nella lista delle forze militari e sono definiti come mercenari di Argo provenienti dal Peloponneso (Argèioi misthotòi)192. Nell’elenco degli alleati fornito da Aristotele questa notizia è passata sotto silenzio, ma è comunque tramandata in un altro passo dell’opera: narrando della morte di Pisistrato, si presenta l’opportunità di discutere dei figli del tiranno; fra questi erano Iofonte ed Egesistrato, nati da una moglie argiva, e fu proprio in virtù di questo matrimonio, secondo Aristotele, che Pisistrato godette dell’amicizia degli Argivi e che mille di essi combatterono al fianco di Pisistrato alla battaglia di Pallene, sotto il comando di Egesistrato (ὅθεν καὶ ἡ πρὸς τοὺς Ἀργείους ἐνέστη φιλία, καὶ συνεµαχέσαντο χίλιοι τὴν ἐπὶ Παλληνίδι µάχην, Ἡγησιστράτου κοµίσαντος)193. I due testi potrebbero far sorgere dei dubbi per via della diversa terminologia con cui Erodoto e Aristotele si riferiscono al drappello di Argivi: per il primo sarebbero dei mercenari, per il secondo degli uomini di Argo nondimeno fedeli alla famiglia pisistratide. La contraddizione è tuttavia solo apparente. Erodoto evidentemente non fu a conoscenza del ruolo di Egesistrato a Pallene, malgrado conoscesse il personaggio, la sua discendenza dal tiranno ateniese e il suo contributo in altri progetti del padre194; è invece proprio in questa prospettiva che Aristotele inserisce l’apporto argivo. I parenti pisistratidi ad Argo, in particolare il figlio Egesistrato, organizzarono dunque nella propria madrepatria il reclutamento di 1.000 soldati scelti entro il corpo cittadino; Argo fu peraltro una comunità di antichissima tradizione oplitica e di capacità militari tali da avere tenuto testa all’espansionismo spartano nel corso di tutta l’epoca arcaica. A livello logistico però le spese per stipendiare e mantenere il contingente furono evidentemente delegate a Pisistrato: questi era innanzitutto il diretto interessato e il massimo depositario finanziario della famiglia; Pisistrato aveva organizzato e avrebbe condotto la campagna militare contro l’Attica, si sarebbe occupato delle decisioni strategiche e dunque anche delle spese quali il mantenimento quotidiano delle truppe e il loro compenso. A quest’ultimo scopo servivano appunto quelle ricchezze che portavano gli altri alleati. Cosicché è vero che da Argo vennero 1.000 soldati (Argéioi), sotto la guida di Egesistrato, ma è anche vero che furono mantenuti e stipendiati (misthotòi) da Pisistrato stesso. Un altro elemento 192 Hdt. I 61. Aristot. Ath. Pol. 17.4. 194 Egesistrato fu tiranno a Sigeo dopo la conquista di Pisistrato: Hdt. V 94s. 193 96 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato contribuisce a questa ricostruzione: nonostante il lessico usato dalle fonti dia adito a confusioni, per Argo non dovette trattarsi di una impresa della comunità per la quale si potesse mobilitare la cittadinanza libera in armi; piuttosto si trattò dell’iniziativa familiare di Egesistrato, che arruolò sostenitori e concittadini a sé vicini in vista di uno scopo privato: è naturale dunque che gli Argivi a Pallene si aspettassero di ricevere uno stipendio e una ricompensa195. La relazione dei soldati argivi con Egesistrato e Pisistrato è da assimilarsi alla pratica delle imprese militari e di pirateria diffuse nel mondo omerico, in cui un signore di prestigio raccoglieva attorno a sé un gruppo di sovrani minori, clienti e soldati per impegnare le loro capacità guerresche in vista dell’accumulo e della spartizione del bottino196. Dalle stesse parole di Aristotele appare evidente quali moventi spinsero questi Argivi ad intervenire a favore di Pisistrato a Pallene: fra Pisistrato e una famiglia dell’aristocrazia argiva esisteva un’alleanza matrimoniale risalente agli anni della prima tirannide ad Atene; sulla base di questi vincoli parentelari, era nell’interesse degli stessi Argivi che Pisistrato guadagnasse la tirannide, migliorasse la posizione internazionale della famiglia e conseguentemente anche lo status e le possibilità del suo ramo argivo. Un’analisi approfondita di questa alleanza matrimoniale appartiene ad altra sezione della ricerca, tuttavia è necessario comprenderne perlomeno alcuni aspetti per fare luce sulla partecipazione di Argivi a Pallene. Nel 561/0 Pisistrato assunse la tirannide ad Atene per la prima volta; il suo successo fu presto piegato dall’opposizione delle altre due eminenti famiglie aristocratiche ateniesi e il tiranno subì un primo esilio. Durante quel breve periodo di tirannide Pisistrato sposò Timonassa, una donna di Argo, figlia di un cittadino eminente di nome Gorgilo197; Timonassa era al suo secondo matrimonio poiché era vedova di Archino, uno degli ultimi membri della casata dei Cipselidi, la celebre famiglia di tiranni di Corinto; Archino era stato egli stesso tiranno della colonia corinzia di Ambracia, sul Mar Ionio. Con il matrimonio precedente Timonassa aveva associato la propria famiglia ad una dinastia di tiranni che in passato erano stati riconosciuti come una autorità internazionale, ma che nel 560 avevano perduto il potere: a Corinto esisteva un governo oligarchico ormai da un ventennio e gli ultimi discendenti cipselidi nelle colonie andavano appunto scomparendo. Per Gorgilo e Timonassa il matrimonio con Pisistrato rappresentava un’occasione per associarsi ad un personaggio di levatura aristocratica e tirannica, come lo era stato Archino, ma dalle prospettive più promettenti e di successo. Per Pisistrato il matrimonio con Timonassa era il 195 BING 1977, pp. 311s. GSCHNITZER 1988, p. 67. 197 Vd. supra, pp. 64ss. 196 97 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato primo passo verso la creazione di una rete di alleanze personali e familiari di apertura internazionale; con l’opposizione di tutte le famiglie aristocratiche locali ad Atene, era essenziale per Pisistrato assicurarsi l’alleanza di altri membri dell’élite ellenica di cui poteva fidarsi e che potevano contribuire al mantenimento del suo potere e questi alleati potevano trovarsi solo fuori da Atene. Altro movente di Pisistrato era quello di legarsi, tramite la vedova, al gruppo familiare allargato dei tiranni cipselidi che, se pure avesse ormai perso ogni capacità politica, ancora poteva offrire un’immagine di prestigio internazionale e di saggezza politica. Non è difficile evidenziare la mancanza di comuni interessi strategici fra le posizioni sul piano internazionale delle due città-stato di Argo e Atene: questo significa che l’alleanza fra Pisistrato e Gorgilo ebbe una funzione prettamente personale e inter-familiare e non fu l’espressione di un gruppo di governo interessato alle esigenze della polis; per questo motivo e per l’esilio di Pisistrato da Atene nel decennio 556-546 questa alleanza rimase latente per un certo lasso tempo, per tornare infine di nuovo attiva e significativa nel 546. Al 546 risale la grave sconfitta militare di Argo contro Sparta, nella cosiddetta Battaglia dei Campioni, in conseguenza della quale Argo perdette il controllo sull’importante territorio di confine della Tireatide; la critica segna in questo evento l’inizio del declino della potenza argiva nel Peloponneso198. Se accettata, la sincronicità fra la Battaglia di Pallene e la Battaglia dei Campioni esige una riflessione storica; le fonti non tramandano tuttavia alcuna osservazione al riguardo e trattano i due casi del tutto separatamente: perciò non possiamo sapere in che relazione i due eventi furono percepiti, né possiamo sapere in che cronologia relativa dobbiamo disporli. In primo luogo è significativo che, proprio in un momento di attrito e scontro con Sparta, una famiglia eminente e altri 1.000 Argivi abbiano ritenuto opportuno lasciare il Peloponneso per soccorrere Pisistrato a Pallene. È possibile che Sparta possa avere approfittato proprio di quel momento per portare a segno un attacco decisivo nella guerra per la Tireatide; è pure altrettanto possibile che, al contrario, la decisione di Egesistrato di rispondere all’appello di Pisistrato sia stata una conseguenza della sconfitta contro Sparta e vada dunque interpretata piuttosto come una fuga da una polis che aveva ormai perduto le proprie possibilità di affermazione199. La critica ha messo in relazione il nuovo ruolo che Egesistrato sembra assumere in questo periodo con la sconfitta argiva nella Tireatide. Oltre a condurre il contingente a Pallene, 198 Hdt. I 82. KELLY 1976, pp. 156-161; ANDREWES 1982 b, p. 402; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 61s., 201-203. Si applichi d’altronde una certa cautela nell’accettare la sincronicità della battaglia di Pallene e di quella dei Campioni giacchè le loro datazioni appartengo a filoni di tradizioni cronografiche separate. Ringrazio il Prof. F. Raviola per avere portato alla luce questa osservazione, du cui assumo d’altronde la piena responsabilità, in uno dei colloqui che ho avuto con lui. 199 98 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Egesistrato ebbe un ruolo nelle operazioni di Pisistrato al Sigeo, ove governò come tiranno; di questa iniziativa in Troade non sono pervenute informazioni cronologiche ed è genericamente collocata alla metà del VI secolo. È stata avanzata dunque la ricostruzione secondo cui Egesistrato lasciò Argo in seguito alla sconfitta nella Battaglia dei Campioni e prestò servizio a Pallene. Pisistrato aveva già avuto una moglie ateniese da cui erano nati due figli, il primogenito Ippia e Ipparco, i quali erano i successori destinati alla tirannide; la presenza ad Atene del figlio argivo avrebbe potuto però causare attriti con il ramo locale e legittimo della famiglia: perciò fu decisa l’assegnazione ad Egesistrato delle operazioni e della tirannide al Sigeo. Si delineerebbe così una scansione diacronica che vede la Battaglia dei Campioni come causa dell’abbandono di Argo da parte di Egesistrato, dunque poi la battaglia di Pallene nel 546 e infine il trasferimento in Asia del figlio argivo e di parte del suo stesso contingente200. Anche senza volersi prestare a ricostruzioni eccessivamente speculative sull’utilizzo e sulla dislocazione del contingente argivo portato da Egesistrato, pure è condivisibile la semplice constatazione che quei soldati stipendiati costituirono una presenza militare significativa per il potere di Pisistrato e nondimeno una complicazione per l’equilibrio sociale della comunità ateniese201. Tralasciando le congetture sopra proposte ed indipendentemente dalla relazione cronologica tra i due eventi bellici, è necessario notare che il comportamento di Egesistrato e del suo contingente costituisce una prova significativa della forza delle alleanze parentelari internazionali e del fatto che questo genere di obbligazioni poteva esercitare un peso maggiore di quello degli obblighi civici dell’individuo verso la propria polis. La critica ha infatti messo in luce come nella cultura ellenica aristocratica esistesse una forma di stratificazione sociale orizzontale e panellenica che separava le élites dalla popolazione cittadina: esisteva cioè un senso di compartecipazione e di appartenenza comune fra le élites delle molteplici poleis che spingeva gli aristocratici ad assegnare più importanza ai legami internazionali degli uni verso gli altri, piuttosto che verso la propria comunità poleica202. Cosicché, nel caso in esame, Gorgilo, Egesistrato e i soldati che a loro si associarono ritennero più utile e più decisivo 200 ANDREWES 1982 b, p. 402. È stata avanzata l’ipotesi che questo consistente corpo di armati abbia peraltro costituito il primo esercito organizzato ateniese: Pisistrato e i figli avrebbero cioè utilizzato e stipendiato i soldati argivi impiegandoli nella propria protezione ad Atene e nelle operazioni al Sigeo condotte da Egesistrato; successivamente alla cacciata della tirannide questi Argivi rimasero ad Atene, sarebbero stati incorporati nella cittadinanza dalla riforma di Clistene e dunque utilizzati nella difesa armata dalle incursioni di Sparta: BING 1977. Sulle capacità militari di Pisistrato e della comunità ateniese che si trovò a fronteggiare a Pallene: FROST 1984, pp. 290-294. 202 GERNET 1983, pp. 77-81, 146-159, 277-299; HERMAN 1987, pp. 11-12, 34-40, 70-80; GSCHNITZER 1988, pp. 6670, 102-113; LIVERANI 1994, p. 182; MURRAY 1996, pp. 51-74; NIPPEL 1996, pp. 167-168; KONSTAN 1997, pp. 2437, 56-61, 84-87; MITCHELL 1997, pp. 41-51; ANDERSON 2005, pp. 173-210. 201 99 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato preservare gli interessi della famiglia pisistratide nello scenario internazionale piuttosto che rimanere ad Argo pure in un momento delicato per le posizione della polis nell’ambito locale e regionale. Altri alleati Sia Erodoto che Aristotele sembrano ritenere che gli alleati elencati nei loro testi siano solamente i soggetti i cui contributi furono di particolare nota, mentre vi sarebbero stati numerosi altri alleati di cui non è stata tramandata l’identità203. Nonostante il silenzio delle fonti, pare utile in questa analisi dedicare una riflessione volta a suggerire alcune identificazioni, sulla base della storia dei Pisistratidi e del contesto storico e strategico. La sorpresa espressa dalla critica e da chi scrive nel riscontrare Tebe fra i maggiori contribuenti finanziari dovrebbe d’altronde ridimensionare le possibilità dell’analisi contestuale nel riempire il vuoto lasciato dalle fonti204. Corinto Viene alla luce una tendenza filo-corinzia nella politica estera di una parte della classe politica ateniese dell’epoca arcaica. La direzione economico-strategica che questi ateniesi miravano ad implementare per la polis volgeva all’espansione marittima, nel golfo Saronico e verso le rotte dell’Egeo, e conseguentemente al conflitto con la confinante e concorrente polis di Megara; la tendenza anti-megarica comportò viceversa un atteggiamento filo-corinzio poiché la posizione e gli interessi di Corinto creavano una condizione di attrito con Megara e la rendevano un alleato naturale per Atene nel conflitto contro quest’ultima. Entro questo gruppo politico filo-corinzio è possibile collocare l’alcmeonide Megacle che nel 636 si oppose alla tirannide di Cilone, alleato di Teagene di Megara; anche Pisistrato va ascritto a questa tendenza politica filo-corinzia. In una chiara funzione anti-megarica è da collocarsi l’intervento di Pisistrato nella conquista del porto di Nisea, nel 565; nel quadro di una tendenza filo-corinzia e filo-cipselide di lungo periodo si potrà inserire anche il matrimonio del tiranno con Timonassa di Argo, la quale era stata sposa di un Cipselide. È possibile dunque che in occasione della battaglia di Pallene alcuni contributi siano giunti alle forze pisistratidi da una parte dell’aristocrazia corinzia che vedeva nella tirannide di Pisistrato il governo di un politico che avrebbe perseguito quella intesa strutturale di lungo periodo fra le due poleis. Contro questa interpretazione rimane la netta opposizione del contingente corinzio alle intenzioni di Sparta di aiutare Ippia a rientrare ad Atene, nel 500 ca.; 203 204 Hdt. I 61.3s.; Aristot. Ath. Pol. 15.2. ANDREWES 1982 b, pp. 399, 405. 100 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato pure la critica ha fatto notare che esistono dei cambiamenti significativi nella strategia e nella posizione internazionale dei figli rispetto a Pisistrato e dunque quest’ultima notizia non deve necessariamente essere presa come metro dei precedenti rapporti fra Corinto e Pisistrato a metà del VI secolo205. Sparta Nel 510 Sparta scacciò i Pisistratidi da Atene e in quella occasione le fonti notano che i Lacedemoni contravvennero ad un vincolo di ospitalità e reciprocità (xenìa) che li legava alla famiglia di Pisistrato. Non esistono altre notizie relative a questo legame, ma la xenìa dovette essere istituita precedentemente da Pisistrato o da suo padre nel corso del VI secolo206. Se la xenìa fosse stata dunque valida nel 546, Pisistrato ed Ippia avrebbero potuto giustamente chiedere aiuto ai Lacedemoni. La ricostruzione di questo legame è irrimediabilmente imprecisa perché le fonti ne danno notizia solo nel momento della sua dissoluzione. È sicuro d’altronde che, se nel 510 Sparta poté ignorare questo legame tradizionale, significa che l’alleanza era andata perdendo utilità reciproca e non veniva da tempo rinnovata e ritualmente espressa. Il matrimonio di Pisistrato con Timonassa nel 560 costituì, a mio avviso, un significativo spartiacque nel peggioramento dell’intesa fra i tiranni ateniesi e Sparta. Quell’alleanza matrimoniale poté essere interpretata come l’allineamento di Pisistrato agli interessi internazionali di Argo; per Sparta questo dovette essere inaccettabile vista la crescente ostilità che andava creandosi con quella polis nel controllo del Peloponneso orientale, culminata appunto nel 546 nello scontro per la Tireatide207. Sulla base di questa contestualizzazione asserirei che Sparta non fu tra gli alleati di Pisistrato a Pallene perché in quella data l’intesa doveva essere già irrimediabilmente incrinata. I Macedoni Nel 504 ca. svanirono le ultime possibilità di Ippia di rientrare ad Atene operando tramite la diplomazia familiare nella Grecia continentale; in quel momento Ippia ricevette dal sovrano di Macedonia Aminta l’offerta di stabilirsi e governare Antemunte, nella penisola calcidica208. È possibile offrire una ricostruzione secondo cui le relazioni positive dei Pisistratidi con i sovrani macedoni erano iniziate all’epoca del secondo esilio da Atene, nel 556, quando Pisistrato lasciò l’Attica e si insediò prima a Rhaikelos e poi in una località più a est, sul fiume Strimone. Rhaikelos e lo Strimone segnano infatti un’area di espansione del regno macedone e 205 ANDREWES 1982 b, p. 402. Vd. supra, pp. 41ss. 207 DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 61s., 201-203. 208 Hdt. V 94.1. CASSON 1926, pp. 117s.; ROBINSON 1945, pp. 246s.; SORDI 1958, pp. 54-84; BORZA 1990, pp. 117s.; NENCI 2006, ad Hdt. V 17. 206 101 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato di attrito con i barbari traci locali209: Pisistrato dovette allora rendere qualche offerta di doni, beni o servizi agli Argeadi di Macedonia, in base alla quale i rapporti reciproci continuarono fino alla fine del secolo e del dominio dei Pisistratidi ad Atene. È più che plausibile quindi che in occasione di Pallene i Macedoni abbiano offerto il proprio aiuto a Pisistrato, in osservanza del patto di reciprocità che si è ora ricostruito. I Tessali Quando nel 504 ca. Ippia ricevette l’offerta di Antemunte dal re di Macedonia, gli fu offerta in modo analogo Iolco da parte dei Tessali210. Anche questa alleanza va retrodatata: è noto che nel 511 e nel 510 i Tessali si opposero strenuamente, con la propria armata di cavalieri, alle invasioni di Sparta che minacciavano il potere dei Pisistratidi, in virtù di una effettiva alleanza militare (symmachìa)211. Rapporti positivi fra i Pisistratidi e i Tessali si possono ricostruire con buona certezza anche all’epoca dello scontro fra Atene e Tebe nel 519, poiché Tebe e i Tessali erano potenze confinanti e in attrito fra loro212. Un ulteriore elemento permette a mio avviso di far risalire alla metà del VI secolo l’esistenza di relazioni amichevoli fra Pisistrato e i Tessali. È noto che uno dei figli di Pisistrato avuti con la sposa argiva Timonassa ebbe nome Egesistrato e soprannome Tessalo213. La pratica di utilizzare l’onomastica per segnalare e favorire le relazioni familiari con i propri alleati e xènoi è ampiamente attestata e infatti il soprannome del giovane argivo è universalmente interpretato dalla critica moderna come indice dell’alleanza di Pisistrato con quell’omonimo èthnos214. La cronologia della vita di Pisistrato, si è visto, colloca il matrimonio con Timonassa nel 560 ca. e dobbiamo supporre che il giovane sia nato intorno a quella data: se questi ricevette il proprio soprannome al momento della nascita, o comunque in giovane età, si potrà dunque ricostruire l’esistenza di una forma di alleanza familiare fra Pisistratidi e Tessali intorno a quei medesimi anni, prima del 546215. È pur vero che la datazione dell’assegnazione del soprannome di Tessalo ad Egesistrato è una congettura poiché non è possibile ricavare il dato dalle fonti; è 209 DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 51s. sul fiume come segno confinario. Hdt. V 94.1. 211 Aristot. Ath. Pol. 19.5. G. Nenci esprime la difficoltà di risalire, oltre il 510, alla ricostruzione dell’origine di questa alleanza: NENCI 2006, p. 250. 212 Hdt. VI 108; Thuc. III 68. WELLS 1905, pp. 199s.; HOW-WELLS 1928, ad Hdt. VI 108; ANDREWES 1982 b, pp. 402s.; FROST 1984, p. 292; SORDI 1958, pp. 54-84. Vd. infra, pp. 320ss. 213 Aristot. Ath. Pol. 17.3. STAHL 1895, p. 384; WILCKEN 1897, p. 480. SORDI 1958, pp. 54-84; RHODES 1981, pp. 225s. rifiuta invece l’identificazione Egesistrato-Tessalo, perché la considera derivante dalle controversie storiografiche intorno all’assassinio di Ipparco. 214 SANDYS 1912 p. 69; HOW-WELLS 1928, ad Hdt. v 94; SORDI 1958, pp. 54-84; ANDREWES 1982 b, pp. 402s.; HERMAN 1987, p. 21; HERMAN 1990, pp. 349, 353-355, 361. 215 L’alleanza fra Pisistratidi e Tessali è collocata alla metà del VI secolo anche dagli studi sulla storia della Beozia e della Tessaglia: BUCK 1972; BUCK 1979, pp. 107-120. 210 102 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato peraltro possibile che, trattandosi appunto di un soprannome, gli sia stato assegnato negli anni successivi alla sua nascita e giovinezza: un momento appropriato potrebbe identificarsi appunto quando l’assistenza militare dei Tessali fu cruciale per la difesa di Atene, nel 511; oppure durante quel periodo di intesa strutturale fra Atene e Tessali, sopra delineato, risalente al 519. In questa prospettiva d’altronde, per capire l’origine e la collocazione cronologica del soprannome straniero di Egesistrato, può essere utile cercare una circostanza storica adeguata nella quale i Pisistratidi avrebbero potuto voler esprimere la propria gratitudine e vicinanza ai Tessali: la cruciale battaglia di Pallene mi pare si presti in maniera del tutto appropriata e meglio delle date con cui si è mossa l’obiezione poc’anzi esposta. In conclusione si potrà pure considerare una speculazione, e legittimamente rifiutare, la ricostruzione secondo cui Egesistrato dovette necessariamente ricevere il proprio soprannome nei primi anni di vita: la conseguenza sarà quella di abbassare a dopo il 560 ca. l’inizio dell’intesa fra Pisistratidi e Tessali216. Nondimeno rimane da spiegare l’esistenza di quel soprannome e mi pare che la ricostruzione più logica sia quella di considerare che i Tessali abbiano fornito un contingente o un contributo finanziario a Pisistrato in occasione del suo rientro ad Atene nel 546 e conseguentemente i Pisistratidi avrebbero preservato memoria di quell’alleanza nella propria onomastica familiare. Mi pare dunque che le considerazioni fin qui esposte siano sufficientemente ragionevoli per collocare i Tessali fra quegli alleati dei Pisistratidi che le fonti hanno lasciato senza nome. I mercenari traci Nel periodo 556-546 Pisistrato trascorse un periodo di esilio in Tracia ove fondò un insediamento personale nella regione mineraria del Pangeo. Le fonti sono al corrente del fatto che in Tracia Pisistrato raccolse ingenti ricchezze in metalli preziosi, le quali andarono a stipendiare truppe mercenarie tracie217. Malgrado dunque non figurino esplicitamente nel racconto di Pallene, dobbiamo accettare che i mercenari traci fedeli a Pisistrato siano andati a costituire un elemento importante del suo schieramento. La questione dello status e della cronologia di Egesistrato La notizia del ruolo di Egesistrato in qualità di condottiero del contingente argivo nella battaglia di Pallene, nel 546, impone di trattare due serie di problemi fra loro legate: una questione relativa alla posizione e alla legittimità della famiglia argiva di Pisistrato nell’òikos del tiranno e una seconda questione di carattere cronologico. La figura di Egesistrato è stata 216 217 SORDI 1958, pp. 54-84. Hdt. I 64. HOPPER 1961, pp. 141-146. 103 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato infatti oggetto di numerose perplessità da parte della critica moderna e mi pare appropriato valutare le interpretazioni offerte in merito a tali questioni e le loro ricadute nella prospettiva della presente ricerca. Per quello che concerne lo status sociale dei figli dell’argiva Timonassa, le fonti qualificano Egesistrato come nòthos, cioè un figlio illegittimo218. In queste scelte lessicali trova espressione l’anacronistica preoccupazione che Egesistrato, come il fratello, non avrebbe potuto godere di pieni diritti di cittadinanza e partecipazione politica ad Atene perché nato da una donna non-ateniese219; tuttavia la qualifica di nòthos e le limitazioni politiche che comportava sono delle applicazioni da parte delle fonti di modelli di diritto politico e familiare di epoca classica, posteriori specificamente alla legge periclea sulla cittadinanza, promulgata nel 451220, e perciò del tutto inadatte a comprendere la posizione dei figli di Timonassa nel contesto storico dell’Atene arcaica. Fino alla legge periclea del 451 era infatti sufficiente avere uno dei due genitori di cittadinanza ateniese per poter essere considerati cittadini; ancor più nel contesto storico e sociale dell’arcaismo, in cui vissero i tiranni di Atene, i figli di Pisistrato poterono tutti rientrare pienamente di diritto nell’òikos paterno con pari diritti e prerogative dettate solo dalle capacità individuali e dal diritto di primogenitura, nonché dalle scelte organizzative di Pisistrato e dell’òikos stesso. Per l’epoca arcaica, e tanto più per la famiglia tirannica, sarà piuttosto più utile fare riferimento a modelli tramandati dalla letteratura omerica: in questo contesto storicosociale vigeva d’altronde un regime poligamico in cui era diffusa l’esogamia, cioè la pratica di sposare individui di città diverse o lontane, e insieme una distinzione debole fra mogli legittime, concubine e schiave; i figli delle donne dell’òikos godevano cioè di un proprio ruolo legittimo indipendentemente dall’origine geografica e sociale della madre221. La questione dell’ascendenza, dell’appartenenza alla cittadinanza e della fruizione di diritti politici assunse importanza solo con la fine della tirannide e l’ampliamento alla partecipazione politica, nell’epoca classica, e poi con le limitazioni introdotte dall’azione legislativa periclea del 541222. 218 Hdt. V 94; Aristot. Ath. Pol.17.3. Erodoto è esplicito nelle proprie definizioni: παῖδα τὸν ἑωυτοῦ νόθον Ἡγησίστρατον; Aristotele qualifica Egesistrato e il fratello altrettanto chiaramente pur nell’opposizione ai figli nati dalla moglie ateniese del tiranno: ἦσαν δὲ δύο µὲν ἐκ τῆς γαµετῆς Ἱππίας καὶ Ἵππαρχος, δύο δ᾽ ἐκ τῆς Ἀργείας Ἰοφῶν καὶ Ἡγησίστρατος, ᾧ παρωνύµιον ἦν Θέτταλος. La testimonianza di Tucidide è più problematica poiché non conosce i nomi di Egesistrato e Iofonte, ma, seguendo testimonianze epigrafiche del suo tempo, inserisce Tessalo, alias Egesistrato, in un elenco di cui fanno parte Ippia e Ipparco, figli legittimi del tiranno: Thuc. VI 55. 219 HOW-WELLS 1928, ad Hdt. V 94. 220 Aristot. Ath. Pol. 26.4; Plut. Per. 37.3. VAN LEEUWEN et alii 1891, p. 226; COX 1998, p. 73; PATTERSON 2005. 221 K.J. Beloch accettò la legittimità di Egesistrato non tanto sulla base di questa contestualizzazione storicosociale, ma piuttosto sul presupposto del nobile rango della madre Timonassa: acutamente la sua analisi propone il caso affine di Clistene figlio di Megacle Alcmeonide, nato da madre sicionia eppure politicamente attivo, vd. BELOCH 1913, pp. 298s. Sullo status delle mogli in epoca arcaica e nella cultura greca: BRINDESI 1961, pp. 1-27; VERNANT 1973. 222 VERNANT 1973. 104 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Così dunque si può giustificare la notizia tramandata da Tucidide sui figli di Pisistrato; lo storico sostiene di avere visto egli stesso sull’acropoli ateniese una stele ove si tramandavano i nomi dei tiranni e le ingiustizie da loro compiute (στήλη περὶ τῆς τῶν τυράννων ἀδικίας) e nella quale si menzionavano tre figli legittimi di Pisistrato: Ippia, Ipparco e Tessalo223; Aristotele d’altro canto ci informa che Tessalo altro non era che il soprannome (paronýmion) di Egesistrato224. Un’interpretazione di queste fonti concilia i dati tramandati: è stata avanzata infatti la proposta di accettare, per un verso, l’originaria condizione di illegittimità di Egesistrato, in virtù della sua nascita fuori da Atene e della precedenza di cui dovettero godere i figli ateniesi Ippia e Ipparco; per altro verso, si è assegnata l’origine del soprannome “Tessalo” di Egesistrato ad un procedimento di legittimazione del giovane di origine straniera entro le strutture socio-politiche di Atene, in conseguenza del quale egli avrebbe appunto assunto il secondo nome. Cosicché si darebbe conto anche dell’iscrizione di Tessalo accanto a Ippia e Ipparco nel decreto di atimìa visto da Tucidide225. L’origine del soprannome Tessalo è universalmente attribuita ai buoni rapporti che legavano Pisistrato ai Tessali226: la pratica di assegnare ai figli il nome di alleati, xènoi o phìloi, era molto diffusa e trova più di una attestazione nelle biografie dei tiranni227. La notizia della partecipazione di Egesistrato alla battaglia di Pallene pone inoltre un problema, a mio avviso di più difficile soluzione, di natura cronologica. Si è già avuto modo di ricostruire la cronologia del matrimonio di Pisistrato con Timonassa di Argo, datandolo al 560 ca.228: ad una data dunque di poco successiva è necessario porre la nascita dei figli Egesistrato e Iofonte. In base a questo computo tuttavia consegue che il giovane Egesistrato non avrebbe potuto avere più di 14 anni all’epoca della battaglia di Pallene, nel 546: non posso che trovarmi d’accordo con buona parte della critica nel ritenere che si tratti di un’età troppo giovane per assegnare al figlio argivo di Pisistrato un ruolo chiave nel reclutamento e nel comando di un contingente numeroso ed importante delle forze militari pisistratidi. Si consideri peraltro che 14 anni costituiscono il termine massimo a cui le fonti ci consentono di spingere l’età di 223 Thuc. I 20, VI 55. SANDYS 1912, p. 69; HOW-WELLS 1928, ad Hdt. V 94; CARTWRIGHT-REX 1977, p. 242. Aristot. Ath. Pol. 17.3. STAHL 1895, p. 384; WILCKEN 1897, p. 480. P.J. Rhodes rifiuta invece l’identificazione Egesistrato-Tessalo, perché la considera derivante dalle controversie intorno all’assassinio di Ipparco: RHODES 1981, pp. 225s. 225 Thuc. VI 55. L’interpretazione fu avanzata da J. Töpffer, poi ripresa da W.W. How e J. Wells nel loro commento ad Erodoto: TÖPFFER 1897, pp. 251s.; HOW-WELLS 1928, ad Hdt. V 94. Opinione contraria esprime A. Andrewes in virtù del fatto che la stele menzionata da Tucidide (Thuc. VI 55) non prova di fatto l’iscrizione di Egesistrato in una fratria ateniese: ANDREWES 1982 b, p. 401. 226 SANDYS 1912 p. 69; HOW-WELLS 1928, ad Hdt. V 94; BUCK 1972, p. 94; BUCK 1979, pp. 107s.; ANDREWES 1982 b, pp. 402s.; SORDI 1958, pp. 54-84. 227 HERMAN 1987, p. 21; HERMAN 1990, pp. 349, 353-355, 361. 228 Vd. supra, pp. 64ss. 224 105 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Egesistrato nel 546; tuttavia è possibile che egli fosse ancor più giovane nel caso che Pisistrato non avesse sposato Timonassa nel primissimo anno di tirannide o che la coppia avesse tardato nel generare eredi. Una diffusa soluzione a questa contraddizione considera la notizia semplicemente un’invenzione della tradizione, dovuta al nome stesso del figlio argivo di Pisistrato, poiché Hegesìstratos significa “condottiero di soldati”: dunque le fonti avrebbero registrato la notizia del contingente proveniente da Argo e vi avrebbero associato la presenza del figlio del tiranno proveniente da quella polis in virtù del significato del suo nome229. Mi pare onesto d’altro canto, a questo punto, ricordare l’esistenza di numerose ricostruzioni della cronologia delle tirannidi e degli esìli di Pisistrato, diverse da quella che è parso corretto adottare a chi scrive, alcune delle quali abbassano il calcolo della data di Pallene fino al 529230: è evidente che abbassando la data della battaglia di Pallene, e conservando la data del 560 ca. per la nascita di Egesistrato, diviene senz’altro più plausibile l’intervento di quest’ultimo al comando dei connazionali, all’età di una trentina di anni. Colgo l’occasione di questa ricerca per proporre una soluzione al problema della cronologia e dell’età di Egesistrato volta a preservare quanto più possibile delle parole tramandate dalle fonti sulla famiglia dei tiranni e sugli eventi di Pallene e, al contempo, rispettare la cronologia che sulla base delle fonti è parso corretto seguire: propongo dunque di riflettere sulla possibilità che Egesistrato fosse figlio non di Pisistrato, ma di Timonassa e del precedente marito, Archino d’Ambracia, e che il giovane argivo fu adottato da Pisistrato dopo il matrimonio con Timonassa231. Questa ipotesi nasce dal tentativo di rispettare i seguenti presupposti: è innegabile la cronologia del matrimonio di Pisistrato e Timonassa nel 560 ca.; si vuole accogliere la notizia della partecipazione di Egesistrato alla battaglia di Pallene; ci si vuole attenere alla cronologia adottata per l’ultima tirannide di Pisistrato e dunque la datazione della battaglia di Pallene al 546; rimane forte la perplessità rispetto alla possibilità per un giovane di non più di 14 anni organizzare e condurre un esercito di 1.000 opliti dal Peloponneso all’Attica e tantomeno di comandarne poi le azioni in battaglia. In base a quest’ultimo punto, è necessario dunque che Egesistrato fosse vicino all’età adulta nel 546; eppure il testo di Aristotele è molto chiaro e preciso nel collocare il matrimonio di Pisistrato e Timonassa durante 229 BELOCH 1913, pp. 298s.; HOW-WELLS 1928, ad Hdt. V 94; DAVIES 1971, p. 449; RHODES 1981, pp. 199, 227; ANDREWES 1982 b, pp. 399-403; LAVELLE 2005, pp. 203s.; NENCI 2006, pp. 300s. Sul positivo auspicio di questo antroponimo: Hdt. IX 91. 230 SANDYS 1912, pp. 55-70. 231 Questa ipotesi ricostruttiva può considerarsi come una revisione, o una versione modificata, di quella proposta da J. Töpffer e dai commentatori W.W. How e J. Wells: TÖPFFER 1897, pp. 251s.; HOW-WELLS 1928, ad Hd. V 94. 106 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato la prima tirannide, oppure il primo esilio. Mi pare del tutto plausibile d’altronde che Timonassa avesse avuto dei figli con il precedente marito: le fonti sono del tutto chiare nello specificare che ella prendeva Pisistrato in seconde nozze232. Cosicché propongo una ricostruzione che permetterebbe di risolvere le contraddizioni cronologiche rimanendo fedeli ai testi delle nostre fonti: Egesistrato sarebbe nato prima del 560, dal matrimonio di Timonassa con Archino di Ambracia, della famiglia dei Cipselidi; quando Pisistrato sposò la giovane argiva egli accolse nel proprio òikos non solo la moglie ma anche il figlio di primo letto di questa; in un secondo momento il tiranno ateniese avrebbe preso Egesistrato in adozione secondo le istituzioni ateniesi e lo avrebbe inserito a pieno titolo nella propria famiglia e nella propria fratria; con quel cerimoniale Egesistrato avrebbe assunto il secondo nome di Tessalo, col quale venne in effetti iscritto nei registri della sua polis di adozione. Questa ricostruzione ha il vantaggio di rendere conto di molteplici aspetti finora rimasti contraddittori o controversi. È innanzitutto risolto il problema di conciliare l’età di Egesistrato con la datazione della battaglia di Pallene, poiché si attribuisce all’Argivo una data di nascita antecedente al 560 e conseguentemente, nel 546, egli sarebbe stato più vicino alla maggiore età e in possesso di capacità fisiche e intellettive concordi al ruolo che le fonti gli attribuiscono effettivamente in quella occasione. Se accettiamo che Egesistrato sia nato fuori dalla famiglia pisistratide e sia stato poi adottato in un secondo tempo, diventa possibile dare conto della qualifica di illegittimità che le fonti tramandano: non si tratterebbe più, o non più soltanto, di un anacronismo degli storici di epoca classica, ma piuttosto andrebbe interpretata nei termini della preservazione di un nucleo di informazioni relative all’origine e alla nascita dell’Argivo sulle quali la tradizione non riuscì mai però a fare completa luce. Infine questa ricostruzione contestualizza l’attribuzione del doppio nome Egesistrato-Tessalo. Non sarebbe in effetti necessario giustificare l’esistenza di un secondo nome, poiché la sovrapposizione di soprannomi e attributi non è sconosciuta alla cultura greca233; tuttavia il caso di EgesistratoTessalo pare significativo perché trasmesso non solo nella tradizione orale e poi storiografica, ma anche nella produzione epigrafica e ufficiale della polis post-tirannica, come osservò Tucidide234, e in quest’ultima è il nome Tessalo a comparire come unico termine, piuttosto che come soprannome nel binomio Egesistrato-Tessalo. Queste caratteristiche impongono a mio avviso di rendere conto del cambiamento del nome e della sua trasmissione, del valore legale 232 Aristot. Ath. Pol. 17.4. RIX 2010, s.v. “Personal names”, in BNP. 234 Thuc. I 20, VI 55. 233 107 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato della stele sulle adikìai dei tiranni osservata da Tucidide e del contesto in cui il nome fu introdotto: a tutti questi requisiti l’ipotesi proposta dell’adozione risponde adeguatamente. Merita riprendere dunque, alla luce della ricostruzione ora proposta, quelle motivazioni politiche ed ideologiche che si sono già attribuite a Pisistrato nella scelta di stringere l’alleanza matrimoniale con Gorgilo di Argo235. Nella conduzione della politica estera ateniese della fine del VII sec. e della prima metà del VI si è individuata infatti una fazione che vedeva favorevolmente Atene proiettata nell’attività marittima e nella navigazione nell’Egeo, dunque necessariamente anti-megarese, che caldeggiava una soluzione violenta contro quella polis vicina, e conseguentemente filo-corinzia. Pisistrato è stato inserito in questa fazione politica in virtù del suo ruolo nella sconfitta definitiva di Megara intorno al 565 ca. In virtù del legame di Pisistrato con la famiglia di Timonassa si è inoltre postulata l’affiliazione del tiranno ateniese ad un gruppo aristocratico filo-corinzio in politica estera ma anche filo-cipselide nell’autorappresentazione del proprio prestigio. Molteplici indizi portano a ricostruire l’esistenza ad Atene di un’alleanza fra Pisistrato e la famiglia dei Filaidi236; i Filaidi erano a loro volta legati alla famiglia dei Cipselidi, gli antichi tiranni di Corinto237; ai Cipselidi è noto che era associata la famiglia dell’Argivo Gorgilo, per il tramite del matrimonio di Timonassa con il Cipselide Archino Ambaciota. Sulla base dell’alleanza che i Filaidi e l’òikos di Gorgilo condividevano con i Cipselidi, si è perciò ricostruito che per il tramite dei Filaidi Pisistrato poté entrare in contatto ed associarsi alla famiglia di Timonassa ad Argo238. La tendenza filo-cipselide, in un’epoca in cui la dinastia corinzia aveva chiaramente perso il proprio potere, si spiega, a mio avviso, con un’aspirazione del nuovo tiranno di Atene a fare parte di quella élite aristocratica di potere e di prestigio panellenico a cui i Cipselidi erano appartenuti: tramite il matrimonio con una famiglia precedentemente associata ai Cipselidi, Pisistrato poteva richiamare i fasti e la tradizione di potere e prestigio associati a quella famiglia tirannica. In questa chiave dunque si spiegherebbe anche la decisione di accettare e adottare il figlio di primo letto di Timonassa: il giovane Egesistrato era di fatto l’ultimo discendete della dinastia di Cipselo e Periandro. Acquisendo questo rampollo nel proprio òikos Pisistrato poteva aspirare a presentarsi come il protettore di quella discendenza; qualora Egesistrato fosse stato effettivamente l’ultimo Cipselide, per suo tramite, Pisistrato avrebbe potuto fare leva su alcune della antiche prerogative ereditarie di quella famiglia nelle proprie relazioni internazionali. 235 Vd. supra, pp. 64ss. Vd. infra, pp. 190ss. 237 ANDREWES 1958, pp. 105s. 238 Vd. infra, pp. 190ss. 236 108 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato Egesistrato non sembra avere avuto un ruolo nella conduzione della politica ateniese e mi trovo perciò d’accordo con quelle analisi che ritengono che egli sia rimasto ad Argo, con la madre, finché non fu chiamato alla battaglia di Pallene: dunque per 14 anni dal 560 al 546. Dobbiamo immaginare che, crescendo, Egesistrato sia andato assumendo un ruolo sempre più importante nella gestione del potere familiare e politico ad Argo; infine, quando Pisistrato chiamò a raccolta i suoi alleati in vista del ritorno ad Atene, pare giustificato che in quel momento, per gli interlocutori argivi, il ruolo di referente sia ricaduto su Egesistrato. Le vicende vedono Egesistrato rispondere in aiuto di Pisistrato e recarsi in Attica nel 546. Se si decide di seguire la ricostruzione dell’adozione di Egesistrato da parte di Pisistrato, credo che la situazione più appropriata per lo svolgimento del rituale di adozione sia da collocarsi poco dopo la vittoria di Pallene e la presa della tirannide: in quel momento Pisistrato poté legare a sé il giovane Egesistrato più saldamente, a riprova della fiducia e dell’appoggio dimostrato dal contributo argivo. La scelta del secondo nome giustifica inoltre la ricostruzione di una presenza di alleati Tessali fra i contingenti pisistratidi del 546, o perlomeno una qualche forma di aiuto da parte di questi239. La condizione di Egesistrato-Tessalo e la sua presenza ad Atene dopo la battaglia, soprattutto considerando il comando che esercitava sui 1.000 concittadini armati, avrebbero potuto creare degli attriti nel bilanciamento dei ruoli e del potere dei pisistratidi ateniesi, particolarmente verso i figli ateniesi di Pisistrato, Ippia e Ipparco. Non mi pare casuale dunque che Pisistrato abbia di lì a poco affidato proprio ad Egesistrato la difesa dell’insediamento familiare del Sigeo in Troade: questa scelta dovette costituire la soluzione più appropriata nella gestione degli interessi familiari. Pisistrato ebbe dunque modo di affidare quel settore delle sue operazioni ad un individuo di fiducia, verso il quale aveva dimostrato un legame profondo con la recente adozione; Egesistrato ottenne un ruolo importante e significativo e il comando personale di un insediamento coloniale ateniese. Malgrado le difficili condizioni in cui si trovò in Asia e gli incidenti bellici cui dovette provvedere nella difesa del Sigeo, quella posizione dovette sembrare ad Egesistrato comunque più desiderabile del rimanere ad Argo, dopo che la polis era stata sconfitta da Sparta proprio nel 546240. L’ipotesi qui avanzata, della nascita di Egesistrato da Timonassa ed Archino Ambraciota e della sua successiva adozione da parte di Pisistrato, è chiaramente esposta a delle obiezioni. In primo luogo, nessuna fonte menziona o discute affatto una notizia di questo genere. Eppure la memoria storica che preservò la qualifica di nòthos per i figli di Timonassa muoveva con 239 240 SORDI 1958, pp. 54-84. Vd. supra, pp. 102ss. KELLY 1976, pp. 157s. 109 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte II: Atene e l’ascesa di Pisistrato l’evidente fine di insinuare il carattere illegittimo del loro ruolo nell’òikos pisistratide; secondo questo criterio di selezione storiografica, questa medesima tradizione avrebbe potuto trarre maggior vantaggio nel registrare la nascita di Egesistrato da due genitori non-ateniesi. Da un altro punto di vista, queste fonti ostili ai tiranni potrebbero avere avuto validi motivi per scegliere di ignorare la notizia dell’adozione e preferirvi quella della nascita semi-ateniese: questa versione delegittimava irrimediabilmente la posizione giuridica di Egesistrato, agli occhi dei nostri autori e del loro pubblico di V secolo; al contrario, l’atto di adozione che si è qui postulato avrebbe avuto pur sempre un valore legale che poneva l’argivo sotto la paternità legale di Pisistrato, rendendolo un legittimo componente dell’òikos pisistratide e della cittadinanza ateniese. La mancanza di notizie relative all’adozione di Egesistrato e la condizione della tradizione preservata potrebbero inoltre spiegarsi non in termini di una progettualità storiografica quanto piuttosto di una semplice confusione. I testimoni che vissero gli eventi di Atene alla metà del VI secolo e che li tramandarono poi agli storici di V secolo dovettero evidentemente considerare Egesistrato come un figlio naturale di Pisistrato: dovremo perciò ritenere che l’argivo nacque prima del 560, ma non a molti anni di distanza. Se infatti si fosse presentato a Pallene un adulto al comando del contingente argivo, non si comprende come si sarebbe potuta conservare la tradizione della paternità di Egesistrato da Pisistrato e Timonassa: i testimoni non avrebbero cioè mai potuto pensare che il condottiero argivo fosse figlio di Pisistrato. Se si è conservata la tradizione della paternità di Pisistrato, e se si vuole tentare di rispettare il complesso delle fonti, si dovrà ritenere che l’età e l’aspetto di Egesistrato corroborassero l’attribuzione della paternità a Pisistrato: Egesistrato dunque non era più un ragazzino, ma doveva essere ancora abbastanza giovane da venire confuso e considerato quale un figlio naturale di Pisistrato. Si consideri infine a questo riguardo che il matrimonio di Pisistrato e Timonassa era avvenuto 14 anni prima della battaglia di Pallene e che quel ramo della famiglia era rimasto, come si è ricostruito, ad Argo in quel lasso di tempo; inoltre, dopo Pallene, Egesistrato rimase per un periodo piuttosto breve ad Atene e fu presto insediato da Pisistrato al Sigeo: mi pare che questa distanza temporale e geografica possa contribuire a giustificare la confusione inseritasi nella fonti in merito alla paternità di Egesistrato e alla sua età. 110 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi PARTE III: GLI ALCMEONIDI, OPPOSITORI DEI PISISTRATIDI Prima di affrontare l’analisi delle iniziative di politica estera attuate da Pisistrato durante la sua tirannide, merita discutere della storia di un’altra famiglia aristocratica ateniese di grande eminenza: gli Alcmeonidi. Come si è già avuto modo di notare, la storia della tirannide ad Atene, e in genere tutta la storia politica ateniese, si lega infatti indissolubilmente alle iniziative di questa potente famiglia aristocratica che fu uno dei principali avversari del potere dei Pisistratidi1. Gli Alcmeonidi inoltre costituiscono un caso di studio significativo per questa ricerca poiché per tutta la storia arcaica dimostrarono un intenso impegno nell’operare sul piano internazionale: cosicché le iniziative degli Alcmeonidi e la loro posizione nel sistema internazionale determinano, per difetto, le aree e i soggetti rimasti avversi o non accessibili alla rete di relazioni dei Pisistratidi. III.1. Gli Alcmeonidi contro Cilone e la condanna della famiglia La famiglia aristocratica degli Alcmeonidi ebbe indubbiamente un ruolo negli eventi del fallito tentativo tirannico di Cilone, nel 636: in quell’occasione, gli attentatori alla tirannide furono assediati sull’acropoli e poi uccisi a tradimento dagli Ateniesi sotto il comando dell’arconte Megacle I, della famiglia degli Alcmeonidi. Secondo la narrazione preservata dalle fonti, Cilone e i suoi compagni di eteria occuparono con successo l’acropoli, ma si ritrovarono presto assediati entro le mura Pelargiche poiché la cittadinanza era accorsa dalla campagna e non accettava quell’iniziativa violenta. L’assedio si protrasse a lungo cosicché le autorità politiche furono incaricate di mantenere le posizioni; in quel momento gli Alcmeonidi occupavano una posizione di comando entro la polis. Su questo punto le fonti assegnano unanimemente la responsabilità della risoluzione violenta della crisi alla famiglia degli Alcmeonidi, ma non concordano in merito a quale magistratura ricevette l’incarico: Erodoto attribuisce il comando dell’azione statale al collegio dei pritani dei naucrari, mentre Tucidide menziona il collegio dei nove arconti2. Il motivo di questa incertezza storiografica è senz’altro da attribuirsi all’antichità delle informazioni giunte ai nostri storici, alla difficoltà di comprensione che essi ebbero nel raffrontarsi con le istituzioni e le magistrature della polis arcaica e alla tendenza a modernizzare anacronisticamente soggetti politici precedenti entro il 1 2 URE 1922, pp. 64-67. Hdt. V 71; Thuc. I 126. Prandi 2000, pp. 1-12. 111 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi quadro sociale e istituzionale a loro contemporaneo; entrambe le magistrature risalgono comunque ad epoca arcaica3. Indipendentemente dalla versione che si voglia considerare più attendibile, non si può ignorare la tradizione che attribuisce all’alcmeonide Megacle I il ruolo di arconte e la responsabilità nella scelta di risolvere violentemente la crisi ciloniana4: considerando inoltre la responsabilità e il sacrilegio attribuiti alla famiglia dalla tradizione letteraria, mi pare dunque si renda inevitabile accettare come storicamente fondata la responsabilità di Megacle stesso nel massacro dei Ciloniani5. I Ciloniani cessarono infine di resistere e si dichiararono supplici presso i santuari poliadi6; ciononostante gli arconti, sotto il comando degli Alcmeonidi, li fecero uccidere. Tucidide registra che Cilone stesso e suo fratello riuscirono a fuggire. Poiché gli Alcmeonidi non rispettarono la sacralità della condizione di supplici dei Ciloniani e le disposizioni di comportamento dettate per le aree sacre, la famiglia si macchiò di sacrilegio (enagès) e fu odiata (emisèo). È da questo episodio che originò dunque quell’accusa che influenzò la successiva storia di Atene. La fazione di Cilone riprese forza e negli anni successivi alla crisi politica del 636 la contrapposizione fra i Ciloniani sopravvissuti (τῶν Κυλωνείων οἱ περιγενόµενοι) e gli Alcmeonidi (τοὺς ἀπὸ τοῦ Μεγακλέους) seguitò ad infiammare la lotta politica entro la polis7. Solone intervenne poi a sedare quella situazione che avrebbe potuto facilmente sfociare in una lotta civile; egli convinse gli Alcmeonidi a sottomettersi ad un processo che avrebbe giudicato le loro azioni in occasione dell’intervento anti-tirannico8: gli Alcmeonidi furono ritenuti colpevoli e perciò esiliati e anche i morti della famiglia furono dissepolti e tumulati fuori dal perimetro della città9. Non disponiamo di informazioni per datare con precisione il processo contro gli Alcmeonidi: ci si dovrà attenere ad una data successiva al tentativo di Cilone (636) come terminus post quem e ad una data antecedente all’arcontato di Solone (594) e alla purificazione di Epimenide (596)10 come terminus ante quem11. Prendendo 3 SMITH 1890, s.v. “Naucraria”; FORNARA 1983, n. 22, pp. 26s.. Preferiscono accettare la versione di Erodoto WRIGHT 1892, pp. 28-33, 55, 71; URE 1922, pp. 326-331; LANG 1967, p. 248. Preferiscono invece accettare la magistratura individuata da Tucidide MACAN 1895, p. 214; HOW-WELLS 1928, ad Hdt. I 71. 4 Heracl. Lemb. Exc. Polit. f. 2 ; Plut. Sol. 12.1. HOW-WELLS 1928, ad Hdt. VI 125; CADOUX 1948, pp. 91s.; LANG 1967, pp. 246s.; STAHL 1987, pp. 116-119. 5 RAAFLAUB 1996, pp. 1048s. sull’a memoria collettiva del sacrilegio. 6 Hdt. V 70s.; Thuc. I 126; Plut. Sol. 12.1. Le fonti divergono nell’identificare l’area o le aree cultuali presso cui si svolsero i drammatici eventi. Vd. supra, pp. 27ss. 7 Plut. Sol. 12.2. PRANDI 2000, pp. 13-15. 8 Plut. Sol. 11.1. PRANDI 2000, pp. 15-20. Vd. supra, pp. 27ss. 9 Plut. Sol. 12.2- 13.1. 10 Plat. Leg. 642d; Aristot. Ath. Pol. 1; Plut. Sol. 12.4; Diog. Laert. I 109s.; Euseb. Chron. ap. Hier. p. 175f Helm; Suda, s.v. Ἐπιµενίδης, E 2471 Adler. Sulla datazione dell’arcontato di Solone: LEVY 1973, pp. 90s. 11 La sequenza narrativa del testo di Plutarco implica un ordine di eventi che vede susseguirsi il tentativo ciloniano, il processo agli Alcmeonidi, la perdita di Salamina, l’invito ad Epimenide e infine l’arcontato di Solone e l’amnistia: Plut. Sol. 12.1-14.2, 19.3. ANDREWES 1982 a, p. 369. FORREST 1956, pp. 41s. giustamente distingue il 112 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi in considerazione la notizia sul periodo di lotta politica fra Ciloniani e Alcmeonidi che intercorse fra il massacro a danno dei primi e il processo contro i secondi, si dovrà, a mio avviso, spostare la data del processo, e dunque dell’esilio, più verso il secondo dei termini sopra proposti. L’esilio degli Alcmeonidi non fu comunque di lunga durata poiché la famiglia poté godere dell’amnistia promulgata nel 594 da Solone durante il suo arcontato; al contrario ne furono esplicitamente esclusi i membri fuoriusciti della fazione ciloniana per aver tentato l’instaurazione della tirannide12. Dunque gli Alcmeonidi ripresero il proprio ruolo politico ad Atene all’inizio del VI secolo e si ritrovarono nella vantaggiosa posizione di vedere i propri antichi avversari ciloniani estromessi e politicamente sconfitti13. La successiva storia della famiglia, a seguito dell’incidente di Cilone, è dunque da interpretarsi secondo due termini antitetici: da un lato, l’affermazione del potere politico ad Atene e nella Grecia, dopo la crisi conclusasi con l’arcontato di Solone; d’altro canto, il peso morale della condanna di empietà che si prestò in successive occasioni a venire politicamente strumentalizzata a scapito della famiglia14. III.2. L’inizio dei rapporti favorevoli con il santuario di Delfi Gli Alcmeonidi e il santuario di Delfi: la svolta della Prima Guerra Sacra (595-591) Alcmeone era figlio di Megacle I e fu lo stratego al comando del contingente ateniese nella Prima Guerra Sacra contro la città di Crisa che, secondo la tradizione, minacciava il santuario di Delfi. Questo conflitto ebbe luogo nel periodo 595-591, con conseguenze fino al 586, e vide formarsi un’alleanza fra Ateniesi, Sicioni e Tessali a favore del santuario di Delfi15. Si consideri che antecedentemente alla Prima Guerra Sacra, prima della fine del VII secolo, il santuario delfico aveva appoggiato la posizione di Cilone, evidentemente a scapito delle altre famiglie aristocratiche ateniesi; è possibile peraltro che l’emergere ad Atene di un sentimento di condanna politico-morale contro gli Alcmeonidi sia da imputarsi anche all’autorità del responso processo agli Alcmeonidi dalla purificazione di Epimenide, poiché il primo fu un procedimento legale contro la famiglia, mentre la seconda fu un rito religioso a favore della polis. PRANDI 2000, p. 19s. propone le date del 599 o 595. 12 Plut. Sol. 19.3. NENCI 2006, p. 262. 13 WRIGHT 1892, pp. 5-8, 42s.; MANFREDINI-P ICCIRILLI 1998, pp. 218-220; PRANDI 2000, pp. 13-20; NENCI 2006, pp. 261s.; ANDREWES 1982 a, pp. 368s. 14 RAAFLAUB 1996, pp. 1048s.; PRANDI 2000, pp. 12-15. 15 Mar. Par. FGrHist 239 A 37; Paus. II 9.6, X 37.2; Plut. Sol. 11.1s. DEMPSEY 1918, p. 164; CADOUX 1948, pp.99101; FORREST 1956, soprattutto pp. 3s.; SORDI 1958, pp. 39-60; ANDREWES 1982 a, pp. 374s.; NOUSSIA 2001, p. 16. Sulla ricostruzione della Prima guerra sacra e i difficili problemi storiografici ad essa relativi: FORREST 1956; SORDI 1958, pp. 51-58; ROBERTSON 1978; FORREST 1982 b, pp. 305s.; DAVIES 1994. 113 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi delfico e alla scelta di parte operata dai sacerdoti nel 63616. La risoluzione del conflitto dell’anfizionia contro Crisa portò ad un rovesciamento della posizione del santuario di Delfi nei confronti degli Alcmeonidi poiché da quel momento, e per tutto il VI secolo, questa famiglia sviluppò una relazione di reciproco appoggio con i sacerdoti pitici17. Come la sanzione delfica a favore di Cilone poté influire sull’accusa di empietà e sulla decisione dei giudici in occasione del processo agli Alcmeonidi, poco prima del 595, così la loro inclusione nell’amnistia soloniana e la loro reintegrazione nel tessuto sociale ateniese potrebbe essersi giovata di un consenso tacito della nuova autorità del santuario18. Fra la nobile famiglia ateniese e il santuario di Delfi si instaurò da questo momento in avanti un rapporto di appoggio reciproco, evidente nel corso di tutto il VI sec., che fu fra le cause della caduta della stessa tirannide ateniese e del successo infine del noto riformatore democratico Clistene. Gli Alcmeonidi come intermediari presso Delfi per i sovrani di Lidia Oltre alla partecipazione alla Prima Guerra Sacra in difesa del santuario, esiste un’ulteriore notizia che potrebbe attestare l’esistenza di una relazione significativa fra Alcmeone e l’oracolo di Delfi: Erodoto conserva infatti la tradizione secondo cui il celebre Alcmeonide prestava il proprio aiuto e le proprie premure quando giungevano gli incaricati del sovrano lidio Creso ad interrogare l’oracolo19. È doveroso osservare che il testo erodoteo è guastato da un anacronismo poiché Alcmeone e Creso non poterono essere coevi: all’epoca dell’attività di Alcmeone, all’inizio del VI secolo, il sovrano di Lidia era Aliatte (610-561); mentre quando regnò Creso, nel periodo 561-546, l’esponente attivo degli Alcmeonidi era Megacle II, figlio di Alcmeone. La critica accetta dunque con un elevato grado di cautela questa notizia20. La notizia perde ulteriormente credibilità quando analizzata nel contesto narrativo e testuale delle Storie: Erodoto la presenta infatti per rendere conto al proprio pubblico dell’origine e della ragione della fama e della ricchezza degli Alcmeonidi; la narrazione prosegue infatti spiegando che Creso volle ricompensare Alcmeone delle cure prestate ai propri emissari e lo invitò a Sardi affinché accettasse in dono tanto oro quanto egli fosse in grado di portare sulla propria persona21; cosicché il paragrafo successivo descrive la comica immagine di Alcmeone che sagacemente veste abiti larghissimi, giunge a riempirsi la bocca d’oro e ad uscire dalla sala del tesoro trascinando a fatica i calzari colmi: da quell’episodio, secondo Erodoto, 16 Thuc. 126.4. FORREST 1956, pp. 39-41, 48-52. FORREST 1956, pp. 39-41, 48-52; ANDREWES 1982 a, pp. 360-362, 374s. 18 PRANDI 2000, pp. 15-18. 19 Hdt. VI 125. 20 RAWLINSON 1858, v.III, p. 512; WRIGHT 1892, pp. 42, 50-52; HOW-WELLS 1928, ad Hdt. VI 125. 21 THOMAS 1989, pp. 146s. ritiene che la storia sia del tutto infondata, costruita da Erodoto su fonti di parte alcmeonide appunto con lo scopo di giustificare la ricchezza della famiglia: 17 114 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi ebbe dunque origine la straordinaria ricchezza della famiglia22. È evidente che qui lo storico utilizzò quanto egli aveva raccolto riguardo alla tradizione aneddotica sugli Alcmeonidi e ai rapporti della famiglia con i regni orientali insieme alla comune nozione della loro ricchezza per comporre una situazione umoristica fondata sulla comicità delle stesse immagini e sul motivo del personaggio che contravviene e supera con scaltrezza le limitazioni imposte tramite un espediente23. Non volendo rifiutare interamente la storicità di questa notizia, la critica ha trovato necessario correggere l’informazione di Erodoto secondo due diverse ipotesi ricostruttive24: i contatti internazionali di Alcmeone devono essere attribuiti all’indirizzo del coevo sovrano lidio Aliatte, padre e predecessore di Creso25; altrimenti, viceversa, si può conservare il ruolo di Creso, ma diviene necessario trasferire la responsabilità della relazione a Megacle II, figlio di Alcmeone e successore nella conduzione della famiglia26. Personalmente concordo con questi studiosi nel tentare di rendere conto di questa notizia e di inserirla entro un quadro storico dei rapporti degli Alcmeonidi con il santuario delfico che si va delineando per il VI secolo; in particolare, alcune considerazioni incoraggiano, a mio avviso, ad accettare la prima delle due ipotesi sopra delineate per la rilettura storica dell’episodio erodoteo. Si è già fatto notare che Alcmeone era stato uno dei protagonisti dell’alleanza multilaterale che soccorse il santuario delfico nella contesa contro Crisa in occasione della Prima Guerra Sacra, nel 595-591 ca., e che questa iniziativa segnò una svolta costruttiva nei rapporti fra la famiglia ateniese e il santuario27: il ruolo di Alcmeone in questo conflitto concorda con l’attribuzione a lui, piuttosto che al figlio Megacle II, di una posizione di rappresentanza o di ospitalità presso il santuario che gli avrebbe consentito di intercedere in favore degli emissari lidi. Nel 596 ca. si è collocato il processo contro gli Alcmeonidi che ne sancì l’esilio da Atene; pochi anni dopo la famiglia poté godere dell’amnistia promulgata da Solone durante il suo arcontato del 59428. Nonostante la breve durata dell’esilio, perlomeno alcuni membri della famiglia dovettero in effetti trascorrere un periodo fuori da Atene: in questo intervallo troverebbe dunque appropriata collocazione la visita di Alcmeone presso la corte di Sardi, di cui parla Erodoto, nonché la 22 Hdt VI 125s. Questa è l’abilità che il pensiero greco ammirava nella mètis del paradigmatico eroe Odisseo: VISSER 2010, s.v. “Odysseus” in BNP. HOW-WELLS 1928, ad. Hdt. VI 125; STADTER 2006, pp. 242, 248s. 24 Alcuni critici non ritengono di poter prendere una posizione determinata riguardo alle due cronologie proposte, ma accettano nondimeno la notizia come una prova dell’esistenza di relazioni internazionali fra gli Alcmeonidi e i sovrani mermnadi nel VI secolo e come prova di una posizione speciale della famiglia ateniese a Delfi: MACAN 1895, vol. I, p. 359; HOW–WELLS 1928, ad Hdt. VI 125. 25 WRIGHT 1892, pp. 50-56; FORREST 1956, p. 51. 26 RAWLINSON 1859, v. III, p. 512; GOODLEY 1922, vol. III, p. 279; NENCI 2006, pp. 247s. 27 ANDREWES 1982 a, p. 374s. 28 PRANDI 2000, pp. 15-20. 23 115 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi presenza dello stesso a Delfi. La pratica di consultare i santuari ellenici chiedendo delucidazioni oracolari e dedicando offerte è ampiamente attestata presso i sovrani lidi; nondimeno la possibilità di costruire tesori entro le aree sacre era una prerogativa esclusa ai barbari orientali: è plausibile perciò che i postulanti orientali avessero bisogno di una qualche forma di intermediazione culturale e linguistica nel rivolgersi al clero ellenico, soprattutto in aree della Grecia continentale come è quella di Delfi29. Le donazioni al santuario delfico di Aliatte30 e del successore Creso31 sono ampiamente documentate nelle fonti antiche32. Fra i monarchi di Lidia, Creso giunse a rappresentare nell’immaginario greco il paradigma del sovrano dalle ricchezze smisurate e amante delle compagnia di Greci saggi e sagaci: perciò mi pare plausibile che Erodoto, giunto in possesso di una informazione frammentaria sui remunerativi rapporti internazionali degli Alcmeonidi con la Lidia, abbia ritenuto corretto attribuire quelle notizie appunto a Creso piuttosto che ad altri sovrani della medesima dinastia33. Si consideri infine che Erodoto dimostra una notevole imprecisione nella cronologia dell’alto VI secolo e dei sovrani lidi del tempo e questo può avere dato adito all’anacronistica attribuzione a Creso, piuttosto che ad Aliatte, dell’incontro di Alcmeone a Sardi e della sua funzione di intermediazione a Delfi34. Parte della critica ha voluto rendere ragione del nesso che lo stesso Erodoto pone fra l’episodio presso la corte lidia e l’origine della ricchezza della famiglia: è possibile che la grande disponibilità finanziaria degli Alcmeonidi giungesse effettivamente da redditizi contatti familiari con i sovrani lidi da intendersi non solo sotto l’aspetto di relazioni di amicizia e ospitalità, ma soprattutto sotto l’aspetto di vantaggiose imprese commerciali che la famiglia poté portare a termine in Anatolia proprio grazie all’appoggio della corte35; il rapporto privilegiato con il santuario delfico poté inoltre mettere a disposizione degli Alcmeonidi le risorse finanziarie dei templi e dei tesori dedicati al dio, all’inizio come per tutta la durata del secolo e del loro antagonismo contro i Pisistratidi36. Quanto si è ora discusso in merito ai legami di Alcmeone con Delfi e con Aliatte trova appropriata collocazione cronologica 29 MIDDLETON 1888, pp. 308s.; DYER 1905, pp. 308-310. FORREST 1982 b, p. 318; HERMAN 1987, pp. 28s., 46s., 89, 73-106; DOPICO CAINZOS 1997, p. 530; MAZZARINO 2007, p. 186. In maniera non dissimile dal caso di Alcmeone, anche per Periandro e i tiranni cipselidi di Corinto si può ricostruire la posizione di mediatori culturali e religiosi a favore dei Mermnadi presso il santuario di Delfi: OLIVIERI 2010; vd. infra, pp. 203ss. 30 Hdt. I 25; Paus. X 16.1-2; Ath. V 45, XIII 72 . FORREST 1982 b, p. 318. 31 Hdt. I 50-52, 54, 92; Paus. X 8.7. 32 POULSEN 1920, pp. 71s. 33 WRIGHT 1892, pp. 51-53. La tradizione conserva notizie di una visita di Solone presso la corte di Creso: Hdt. I 29-33; Plut. Sol. 27.1-7. 34 WRIGHT 1892, p. 52; MACAN 1895, vol. I, p. 359; WILL 1955, pp. 366-371; DOPICO CAINZOS 1997, p. 530. 35 WRIGHT 1892, pp. 51-53; URE 1922, pp. 64s., NENCI 1988, ad Hdt. VI 125, p. 304; NENCI 2006, ad Hdt. V 62, pp. 245s. 36 DEMPSEY 1918, pp. 84-86; POULSEN 1920, pp. 143s.; DAVERIO ROCCHI 1973, pp. 95-97, 103, 107-114; SHAPIRO 1989, pp. 49s.; NENCI 2006, ad Hdt. V 62, pp. 245s. Vd. infra, pp. 370ss. 116 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi all’inizio del VI secolo e inserisce la famiglia degli Alcmeonidi entro una rete di contatti internazionali di ampia portata e di grande prestigio. Dopo aver legato la ragione della grande ricchezza degli Alcmeonidi al rapporto privilegiato con il sovrano di Lidia Erodoto chiude il paragrafo notando che fu grazie appunto a tale ricchezza che Alcmeone poté allevare una squadra di cavalli da corsa per quadrighe (tethrippotrophèo) con i quali ottenne una vittoria ad Olimpia37. Le fonti scritte tramandano per gli Alcmeonidi una lunga tradizione di successi agonistici presso i centri cultuali panellenici enumerando un totale di 9 vittorie fino all’inizio del V secolo38; fra queste l’unica vittoria olimpica è appunto da attribuirsi ad Alcmeone e da datarsi al 59239. Questo elemento si aggiunge all’analisi che si va ora sviluppando degli Alcmeonidi nel delineare il profilo di una famiglia aristocratica ricca e di ampio prestigio, conosciuta per i propri successi entro il circuito delle élites che frequentavano i santuari panellenici e che partecipavano agli eventi di richiamo internazionale. Alcmeone, come già suo padre Megacle I, fece parte senz’altro dell’aristocrazia cittadina ateniese coinvolta nelle decisioni e nella gestione della polis; egli si inserì nel più ampio circuito aristocratico panellenico, con la sua vittoria olimpica, e guidando l’intervento ateniese nella Prima Guerra Sacra; inoltre, se risulta efficace l’analisi qui proposta, Alcmeone ampliò la rete dei contatti familiari entrando in rapporto con la corte dei sovrani di Lidia e sfruttando ad ulteriore vantaggio la propria posizione a Delfi. III.3. Il matrimonio di Megacle II con Agariste di Sicione Nel 576 ca.40 il tiranno di Sicione Clistene invitò i più eminenti aristocratici da tutto il mondo ellenico a recarsi presso la sua corte per contendersi la mano della figlia Agariste, la quale sarebbe dunque andata in sposa al Greco che Clistene avesse ritenuto più meritevole. Il tiranno sicionio favorì i due pretendenti ginti da Atene: Ippoclide, della famiglia dei Fialaidi, e Megacle, figlio di Alcmeone dell’omonima famiglia. Infine la scelta per l’alleanza 37 Hdt. VI 125. Vero è che fonti successive attribuiscono invece l’origine della ricchezza degli Alcmeonidi piuttosto alla curatela dell’appalto per la ricostruzione del tempio di Apollo di Delfi, nella seconda metà del VI sec.: Arisot. Ath. Pol. 19.4; Demosth. Contra Meid. 21.144; Schol. Demosth. Contra Meid. 21.144; Isocr. Antid. 15.232. Ciononostante la critica è concorde nell’accettare una data più alta per la fama e la ricchezza della nobile famiglia ateniese e nell’accogliere positivamente la testimonianza di Erodoto: DEMPSEY 1918, pp. 85s., 164; FORREST 1969 a; LLOYD-JONES 1976, pp. 63s.; NENCI 2006, ad Hdt. V 62, p. 247. Vd. infra, pp. 370ss. 38 Pind. Pyth. VII; Isocr. De Big. 16.25. GILDERSLEEVE 1885, pp. 321-323; WRIGHT 1892, pp. 42-57; FORREST 1956, p. 51; MORETTI 1957, n. 47, 81; KINZL 2010, s.v. “Megacles” [4] in BNP. 39 Schol. Pind. Phyth. VII 14. MORETTI 1957, n. 81. 40 WRIGHT 1892, pp. 57-59; CADOUX 1948, p. 104. 117 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi matrimoniale ricadde su Megacle e da questo evento la fama degli Alcmeonidi fu rinomata presso tutti i Greci41. L’istituzione di una alleanza interfamiliare fra gli Alcmeonidi e gli Ortagoridi di Sicione segna un ampliamento della rete dei contatti della già eminente famiglia ateniese; nondimeno non si tratta di un indirizzo del tutto nuovo poiché è possibile intravedere l’avvio di questa intesa già all’inizio del VI secolo, all’epoca della generazione di Alcmeone. Fra gli alleati che nel 595 mossero in soccorso del santuario di Delfi erano infatti Alcmeone da Atene e appunto il tiranno Clistene di Sicione: è evidente dunque che già all’inizio del VI secolo le due famiglie avevano preso contatto e avevano probabilmente riconosciuto interessi internazionali comuni oltre a quelli delle circostanze belliche di quel momento; cosicché, nella generazione successiva, quell’intesa, prima espressa in un’iniziativa militare congiunta, ebbe modo di consolidarsi e di esprimersi con un matrimonio interdinastico fra Megacle II e Agariste42. L’alleanza matrimoniale qui discussa attesta dunque la capacità degli Alcmeonidi di mantenere, rafforzare ed ampliare costruttivamente la propria posizione di eminenza entro la società aristocratica panellenica. Riprendendo le osservazioni finora espresse e le ricostruzioni finora proposte, si delinea per gli Alcmeonidi una rete di relazioni internazionali di lungo periodo incentrata sui centri del santuario di Delfi, della corte lidia di Sardi e di Sicione43. L’opposizione di Megacle I al tentativo tirannico di Cilone è stata interpretata come il segno di una posizione degli Alcmeonidi di ispirazione “marittima” e aperta alle iniziative commerciali di lungo raggio; questo indirizzo di politica estera si può ritrovare nei contatti che la famiglia mantenne con i sovrani di Lidia, da intendersi, secondo alcuni studiosi, come un segno dell’apertura al commercio con le coste micrasiatiche44. Questa è dunque la posizione di Megacle II e della sua famiglia al momento dell’ascesa politica di Pisistrato nel 565 ca.45: non deve dunque sorprendere la difficoltà che il tiranno ateniese incontrò nel fronteggiare un tale avversario politico e nel difendere la propria posizione entro il quadro politico ateniese. 41 Hdt. VI 126-131. FORREST 1956, pp. 36-41, 48-52; ANDREWES 1982 a, p. 374s. 43 WRIGHT 1892, pp. 6, 42s., 47s., 53-61; DAVERIO ROCCHI 1973, pp. 95s., 99s., 103, 112. 44 WRIGHT 1892, pp. 50-52 45 WRIGHT 1892, p. 57. 42 118 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi III.4. Le relazioni fra Alcmeonidi e Pisistratidi Megacle II avversario di Pisistrato: l’alleanza matrimoniale disconosciuta Si è ricostruita l’ascesa alla fama politico-militare di Pisistrato associandola alle sue imprese vittoriose nel conflitto contro Megara, nel periodo 570-565 ca.; l’instaurazione della prima, breve, tirannide è da datarsi al 560. Le fonti delineano per Pisistrato il profilo di un politico emergente che si mise a capo degli abitanti delle aree montuose dell’Attica (hyperàkrioi o diàkrioi) e contese il potere alle altre due tradizionali fazioni (stàseis): i Pediaci (pediakòi), abitanti delle aree cittadine e delle aree pianeggianti e fertili dell’Attica, di orientamento oligarchico e capeggiati dal nobile Licurgo; e i Paralii (paràlioi), abitanti delle aree costiere meridionali dell’Attica, politicamente moderati comandati dall’alcmeonide Megacle II46. Poco dopo che Pisistrato aveva conquistato l’Acropoli con l’aiuto dei suoi stasiòtai e dei 300 portatori di clava assegnatigli pubblicamente, Megacle e Licurgo misero da parte le divergenze per scacciare di comune accordo il tiranno. Come la prima tirannide, anche il primo esilio di Pisistrato fu di breve durata. Megacle si trovò presto di nuovo in lotta con Licurgo e il suo partito e decise perciò di cambiare drasticamente la propria strategia politica47: l’Alcmeonide inviò un araldo a Pisistrato in esilio, offrendogli un accordo secondo il quale Pisistrato avrebbe ripreso la tirannide ad Atene a patto che sposasse sua figlia48. Il rientro di Pisistrato ad Atene e il suo re-insediamento al potere supremo furono dunque accompagnati dall’alleanza familiare, nonché da un espediente religioso-simbolico riguardo al quale lo stesso Erodoto esprime esplicitamente la propria incredula sorpresa49. Secondo questa narrazione Megacle cedette a Pisistrato il controllo personale della polis; l’accordo con Megacle comportò senz’altro l’appoggio della fazione alcmeonide: come la prima espulsione di Pisistrato si era realizzata soltanto con lo sforzo congiunto di Megacle e Licurgo, così l’accordo fra Pisistrato e Megacle avrebbe consentito loro di soverchiare Licurgo e gli altri aristocratici ateniesi. Unica condizione imposta da Megacle per il suo appoggio fu che Pisistrato ne avrebbe sposato la figlia. Nella prospettiva dei meccanismi del potere familiare e del potere politico questa clausola deve essere interpretata come una forma di spartizione e compartecipazione al 46 Hdt. I 59; Aristot. Ath. Pol. 13.4s. Sulle questioni relative ai tre partiti, alla loro composizione sociale e alla localizzazione geografica: Thuc. II 55. WRIGHT 1892, pp. 42s.; ANDREWES 1958, pp. 102-107; ELLIS-STANTON 1968; HOLLADAY 1977; GOUŠCHIN 1999, pp. 14-19; NENCI 2006, ad Hdt. V 62, p. 246. 47 HOW–WELLS 1929, ad Hdt. I 60. 48 Hdt. I 60. 49 Pisistrato entrò in Atene su un carro accompagnato da una alta ragazza che impersonava la dea Atena; per un’analisi dell’episodio: HOW-WELLS 1928, ad Hdt. I 60; BOARDMAN 1972 per una analisi del legame tra questa iniziativa e la coeva decorazione ceramica attica; CONNOR 1987, pp. 42-47; DEACY 2008, pp. 98-101; ANGIOLILLO 2009 per una revisione delle tesi di BOARDMAN 1972. 119 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi potere. Non solo i figli nati dal quel matrimonio avrebbero avuto accesso, almeno parzialmente, alla successione al potere di Pisistrato; ma, considerando la sua esperienza, il suo prestigio e il suo peso politico, Megacle avrebbe senz’altro partecipato alla conduzione della politica tirannica del genero50. La situazione politica di Atene avrebbe potuto dirsi stabilizzata in maniera duratura con questa alleanza interfamiliare: da un lato gli Alcmeonidi erano una antica famiglia eupatride con una lunga tradizione di partecipazione politica e un appoggio sociale nella classe moderata, con una politica internazionale avviata da almeno mezzo secolo e in via di consolidamento, interessata all’ampliamento delle capacità marittime della loro polis; d’altro canto Pisistrato si presentava come un uomo politico nuovo, senza una forte tradizione familiare di contatti internazionali, ma con un seguito politico fra quella parte del dèmos ateniese che si sentiva esclusa dai privilegi politici51; egli era un militare di successo che aveva risolto l’annoso contenzioso con Megara e godeva dell’appoggio e della fiducia dei concittadini al punto da ottenere una guardia del corpo pubblica52. L’alleanza fra i due sanciva il saldarsi di un’affine politica estera ed economica, volta all’ampliamento della navigazione nell’Egeo, e di una politica interna indirizzata ad assecondare gli interessi della maggioranza della cittadinanza a scapito della componente conservatrice dei proprietari terrieri tradizionali, guidata da Licurgo. L’alleanza fra Pisistrato e Megacle mi pare possa interpretarsi come un’alleanza fra un politico della vecchia classe, conoscitore del panorama internazionale e locale, e un parvenu che nondimeno era in grado di fare leva su strati sociali recentemente affacciatisi alla politica e che sapeva sfruttare a maggior vantaggio la propria immagine pubblica53. Pisistrato nondimeno ruppe l’accordo con Megacle: egli ne sposò la figlia, ma si rifiutò di generare con lei una discendenza; quando la ragazza ne mise al corrente i genitori, Megacle considerò subito nullo il patto con il tiranno e riannodò l’intesa con gli altri stasiòtai ateniesi; prima che vi fossero altre ripercussioni Pisistrato preferì allontanarsi dall’Attica. Il matrimonio nella cultura greca arcaica è da considerarsi indirizzato e pienamente legalizzato con la 50 Una situazione non dissimile si può ritenere operante nelle motivazioni per cui Teagene aveva dato in sposa sua figlia a Cilone: il tiranno di Megara sperava cioè di partecipare e influenzare la gestione di Atene per il tramite del genero acquisito. 51 Aristot. Ath. Pol. 13.4s. 52 Il peculiare armamento di questo corpo di guardia fu probabilmente inteso ad associare il potere di Pisistrato a strumenti efficaci nonché ad una serie di rimandi simbolici: BOARDAMAN 1972 riconosce nei korunéphoroi l’allusione all’arma del mitico eroe Eracle e dunque l’associazione del potere di Pisistrato all’eroe e alla sua dea protettrice Atena; MCGLEW 1993, pp. 74-78 ritiene che i portatori di mazze fossero lo strumento che il demos volle fornire al tiranno per correggere e limitare il potere dell’aristocrazia ad Atene e portare giustizia alla polis. 53 Questa ricostruzione è giustificata dal giudizio espresso da Aristotele nelle sue opere che considerò Pisistrato un demagogo impostosi alla tirannide con l’appoggio del popolo e in contrapposizione ai ceti possidenti: Aristot. Ath. Pol. 13.4-5; Aristot. Pol. 1305a (V 5), 1310b-1311b (V, 10); Aristot. Rh. 1357b, 31-33. FRENCH 1957, p. 241. 120 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi generazione di una discendenza che assicuri la continuità della famiglia, della casa e del culto; il talamo era pertanto comunemente inteso come la rappresentazione del matrimonio e l’infertilità causa sufficiente per un giusto divorzio54: cosicché, per Megacle e sua figlia, in quella situazione, non rimaneva alcuna garanzia di poter far valere i propri diritti sulla famiglia di Pisistrato e sul potere politico ad Atene. Erodoto fa notare che Pisistrato non volle unirsi alla nuova moglie poiché egli già aveva dei figli da una precedente moglie ateniese i quali avrebbero ereditato il potere e le ricchezze: è comprensibile che il tiranno non volesse depauperare il primogenito e il fratello costringendoli a condividere il potere con altri fratelli non uterini e a dividere i possedimenti e le ricchezze in multiple parti55. Nella rottura del matrimonio fra Pisistrato e la figlia di Megacle ritornò inoltre ad influire quell’antica accusa di empietà che gravava sul gènos degli Alcmeonidi. Nella sua narrazione Erodoto tramanda che Pisistrato non voleva generare figli con la moglie alcmeonide appunto per via della maledizione divina che pesava sulla famiglia56: si dovrà intendere dunque che il tiranno non volesse trasferire quella maledizione alla propria discendenza. È possibile d’altronde che questa informazione sia soltanto un’interpretazione costruita dallo stesso Erodoto, poiché Aristotele, pur conoscendo la vicenda del matrimonio e della sua rottura, non menziona queste considerazioni fra i moventi di Pisistrato57. Si consideri a questo proposito che gli Alcmeonidi avevano subito un esilio in conseguenza delle loro azioni contro Cilone, ma avevano presto goduto dell’amnistia promossa da Solone nel 594, la famiglia aveva poi ripreso appieno il proprio ruolo sociale e politico, Alcmeone aveva condotto gli Ateniesi nella vittoriosa guerra contro Crisa, il nome della famiglia era stato redento nella considerazione del santuario di Delfi e infine Megacle II era stato accettato come un prestigioso alleato familiare da parte del tiranno di Sicione Clistene58. Se invece si accetta la storicità del racconto erodoteo se ne dovrà inferire che nel 560 ca., a distanza di più di mezzo secolo e di due generazioni dai fatti dell’eccidio dei Ciloniani, l’accusa di empietà che gli Alcmeonidi si erano visti affiggere dopo il 636 rimaneva ancora un fatto sociale conosciuto ed efficace, o perlomeno politicamente strumentalizzabile. Mi pare necessario accettare questa interpretazione in virtù del fatto che l’accusa di empietà agli Alcmeonidi fu chiamata in causa anche in seguito ai fatti qui discussi: nella richiesta di espulsione contro Clistene alcmeonide e altri membri della famiglia mossa 54 VERNANT 1973, pp. 58-60; CANTARELLA 2005, pp. 246s.; WAGNER HASEL 2010, s.v. “Marriage” in BNP. Il diritto arcaico greco imponeva spesso di dividere l’eredità in parti uguali fra tutti gli eredi. ROY 1999, pp. 2-5, 10; MAFFI 2005, pp. 254-258. 56 Hdt. I 61. 57 Aristot. Ath. Pol. 15.1. 58 PRANDI 2000, pp. 15-20. 55 121 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi dallo spartano Cleomene nel 50859; l’accusa di empietà fu di nuovo strumentalizzata dagli Spartani nel secolo successivo, all’inizio della Guerra del Peloponneso, quando fu richiesta l’espulsione da Atene di Pericle, per via della sua ascendenza materna alcmeonide60. È evidente dunque che la veridicità e la continuità storica dell’impronta infamante sugli Alcmeonidi non è da mettersi in dubbio. Per meglio comprendere il valore e il peso di quest’accusa, si consideri che essa non impedì agli Alcmeonidi, nel VI come nel V secolo, di intervenire nella politica e nella società ateniese e panellenica e di godere di un ampio consenso fra i concittadini e fra i protagonisti della diplomazia internazionale; eppure nondimeno la famiglia non poté liberarsi di quel tratto distintivo negativo che si prestò ad essere legittimamente strumentalizzato, in momenti di crisi, dai suoi nemici politici61. Al fine di portare la discussione dal piano della politica interna ateniese a quello delle relazioni internazionali che interessano questa specifica ricerca, vorrei soffermare l’analisi sulle implicazioni che le rispettive reti di alleanze familiari di Pisistrato e Megacle poterono avere nella svolta che portò alla rottura dell’intesa matrimoniale fra le due famiglie. Nel giro di pochissimi anni a cavallo della prima tirannide e del primo esilio, Pisistrato sposò l’argiva Timonassa oltre che l’Ateniese figlia di Megacle. Secondo una ricostruzione proposta dalla critica moderna, si può ragionevolmente supporre che quando Megacle offrì sua figlia a Pisistrato egli fosse all’oscuro del matrimonio argivo del tiranno oppure che si aspettasse che quel matrimonio extrapoleico perdesse importanza di fronte all’alleanza fra famiglie ateniesi; cosicché, quando si rese conto che l’alleanza che il tiranno aveva stretto con Argo rimaneva salda e operativa e, anzi, l’Argiva aveva generato dei figli, Megacle decise di rompere l’accordo con Pisistrato. In quella condizione infatti, i figli nati dalla moglie alcmeonide sarebbero stati ancora più svantaggiati nella successione alle ricchezze e al potere dei Pisistratidi, nascendo dopo i primi figli ateniesi e dopo i figli argivi62. Come Pisistrato, anche Megacle aveva stretto un’alleanza matrimoniale al di fuori di Atene, prendendo in moglie Agariste di Sicione, figlia del tiranno Clistene, in occasione del celebre convito panellenico organizzato dal padre della sposa nel 575 ca.63 Da quel matrimonio nacque l’ateniese Clistene che ebbe un ruolo storico nello sviluppo dell’organizzazione politica 59 Hdt. V 70-73; Thuc. I 126. Thuc. I 126s. 61 THOMAS 1989, pp. 149s.; RAAFLAUB 1996, pp. 1048s.; PRANDI 2000, pp. 12-15; FORSDYKE 2005, p. 89. 62 LAVELLE 2005, pp. 206s. Rimane in discussione la possibilità della nascita di Egesistrato dal matrimonio precedente di Timonassa e dunque la possibilità che Pisistrato lo avesse adottato nel 546 e in questo caso si ammetterà che la considerazione qui esposta assume un minor peso, vd. supra, pp. 103ss. Nondimeno pare indiscutibile che Timonassa generò a Pisistrato anche Iofonte: Aristot. Ath. Pol. 17.3. 63 Sul matrimonio di Agariste, le sue implicazioni politiche e sulla sua datazione precisa: MCGREGOR 1941, pp. 268-279, 287; PARKER 1994, pp. 412s., 416s., 421. 60 122 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi ateniese alla fine del VI secolo. È verosimile che da quel matrimonio sia nata anche la ragazza che Megacle offrì in sposa a Pisistrato64; se dunque la moglie alcmeonide di Pisistrato discendeva dagli Ortagoridi di Sicione per parte materna, questa unione matrimoniale risultava in contraddizione con l’alleanza che Pisistrato aveva stretto con Argo sposando Timonassa, la figlia del nobile Gorgilo: sotto il comando di Clistene, Sicione aveva infatti combattuto una guerra appunto contro Argo, nel primo quarto del VI secolo, durante la quale il tiranno aveva perseguito non solo iniziative belliche ma anche una politica culturale e religiosa anti-argiva e grazie alla quale Sicione si era liberata da una condizione di dipendenza da Argo65. Come si è ricostruito, il matrimonio di Pisistrato con Timonassa non solo creava un tramite con l’aristocrazia di quella polis, ma stabiliva anche la tendenza del tiranno ateniese ad inserirsi nella tradizione della casata degli antichi tiranni cipselidi di Corinto. Anche questo indirizzo di politica familiare internazionale pisistratide entrava in contrasto con la storia di Sicione e degli Ortagoridi: le fonti permettono infatti di ricostruire un conflitto avvenuto fra Clistene e Corinto, all’epoca della sua presa del potere tirannico66. Le vicende politico-militari di Clistene lo avevano visto dunque avversario di Argo e di Corinto, proprio le due poleis verso cui Pisistrato si era avvicinato stabilendo l’alleanza matrimoniale con Timonassa, figlia di Gorgilo. Mi pare d’altronde necessario evitare di sopravvalutare la questione dei conflitti di Sicione con Argo e con Corinto e dunque e ridimensionare il grado in cui poterono influire sulle scelte di Megacle e Pisistrato. In primo luogo si trattava di fatti avvenuti mezzo secolo prima, relativi al nonno materno della figlia di Megacle, cosicché potevano considerarsi ormai trascorsi e ininfluenti all’epoca del matrimonio di Pisistrato con la ragazza. Inoltre la giovane sposa di Pisistrato va considerata in primo luogo una Alcmeonide e i legami con la famiglia materna non poterono costituire moventi di rilievo maggiore di quelli relativi alla parte paterna della sua ascendenza, in virtù peraltro del sistema patrilineare vigente nella cultura greca67. Infine è ragionevole pensare che i fatti relativi all’ambito della politica interstatale più antica potessero essere 64 È pure doveroso ammettere che le fonti scritte non permettono di accertare una ricostruzione precisa della genealogia alcmeonidea che qui interessa: la giovane sposa di Pisistrato potrebbe essere nata da un matrimonio di Megacle con una donna ateniese di cui non si è preservata memoria giacché l’ascendenza della giovane non è infatti precisata in alcuna fonte. In maniera non dissimile, siamo a conoscenza di un primo matrimonio ateniese di Pisistrato esclusivamente per via dell’esistenza dei due primi figli del tiranno, Ippia e Ipparco, che ebbero un ruolo nella storia di Atene; ma l’identità e la genealogia di questa prima moglie del tiranno rimangono imperscrutabili. Nondimeno, nel caso di Megacle e di sua figlia non mi pare costruttivo lavorare su argomenti ex silentio. 65 Hdt. V 67s. ANDREWES 1958, pp. 54s., 58-63; KELLY 1976, pp. 154s. 66 Nic. Dam. FGrHist 90 F 61.5; Frontin. Str. III 9.7. FORREST 1956, pp. 39-41, 48-52. 67 MAFFI 2005, pp. 254-256. 123 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi facilmente tralasciarsi a fronte degli interessi familiari delle parti coinvolte, soprattutto nel contesto sociale dei gène aristocratici arcaici68. Il quadro che va prendendo forma è quello dell’accumularsi di una serie di fattori, di ambito locale e panellenico, familiare e politico, che assommatisi portarono Megacle a invertire in breve tempo la propria posizione nei confronti di Pisistrato e ad avversarlo. Inizialmente, dopo un primo momento di opposizione, Megacle scelse come alleato il nuovo politico Pisistrato piuttosto che il conservatore Licurgo. Si può inferire dal suo comportamento e dalla sua storia personale e familiare che Megacle mirava a fare di Pisistrato il tiranno di Atene assicurandosi però la sua alleanza e il suo appoggio e mettendo Pisistrato in una condizione di dipendenza politica nei suoi confronti; fondamento di questa intesa poté essere un’affine politica marittima, dimostrata dagli Alcmeonidi fin dalla fine del VII secolo e da Pisistrato nella conduzione del conflitto megarico. Pisistrato tuttavia dimostrò di avere, oltre all’alleanza locale con Megacle, anche un’agenda di relazioni personali internazionali, quando sposò Timonassa di Argo: con questa alleanza Pisistrato si assicurò un sostenitore personale fuori da Atene, indipendente perciò dagli interessi attici e dal campo di intervento di Megacle. Considero inoltre accertata dalle precedenti analisi la formazione di un’alleanza interfamiliare di Pisistrato entro Atene con i Filaidi, un altro gènos aristocratico, alternativa dunque all’alleanza con Megacle69. Dunque Megacle dovette inizialmente pensare di accordare a Pisistrato la tirannide ma di partecipare indirettamente anch’egli stesso al controllo della polis; Pisistrato si rivelò invece un politico avveduto e preparato che andava costruendo per sé una posizione solida e indipendente sia entro che al di fuori di Atene. Megacle capì entro poco tempo che il matrimonio che egli aveva assicurato a sua figlia risultava infruttuoso e non-vincolante poiché Pisistrato non generò figli; per di più venne a conoscenza dei figli che Pisistrato aveva avuto dalla moglie argiva: si allontanò così ulteriormente la possibilità di inserire gli Alcmeonidi in una posizione vantaggiosa entro la discendenza dei tiranni di Atene. Assume cogenza ora la ricostruzione proposta in questo scritto che vede Egesistrato come un figlio di Timonassa e del Cipselide Archino e adottato da Pisistrato come proprio: in queste circostanze Pisistrato avrebbe disposto non solo di un alleato politico ad Argo, ma anche di un figlio adottivo già avviato all’età adulta, in grado cioè di agire a favore di Pisistrato sia ad Argo che sul piano internazionale, come si dimostrò in effetti in seguito in occasione della battaglia di Pallene e poi 68 A titolo esemplificativo si consideri che al medesimo concorso per la mano di Agariste si presentò anche Leocede, figlio del tiranno Fidone, giunto da Argo e che proprio contro Argo Clistene, padre della giovane, aveva condotto una aspro conflitto: Hdt. VI 127. MCGREGOR 1941, pp. 268-279, 287; PARKER 1994, pp. 410-412, 416s., 421. 69 ANDREWES 1958, pp. 105-111; DAVERIO ROCCHI 1973, pp. 113s. Vd infra, pp. 190ss., 213ss. 124 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi nel controllo del possedimento del Sigeo. Secondo questa ricostruzione Egesistrato sarebbe inoltre nato da famiglia cipselide e il matrimonio di Pisistrato con la vedova di Archino poteva essere interpretato da Megacle come un segno dello slittamento di Pisistrato entro una tendenza politica internazionale filo-cipselide e filo-corinzia. Al contrario Megacle rientrava palesemente in una rete di alleanze familiari che faceva riferimento a Sicione, tradizionale nemica di Corinto. Con il matrimonio argivo Pisistrato entrava dunque contemporaneamente in contatto sia con gli Argivi che con i Cipselidi e Corinto: avversari tradizionali degli Ortagoridi di Sicione, alleati di Megacle. Si intende dunque come la serie di iniziative di Pisistrato e le implicazioni che poté trarne Megacle crearono una frattura sempre più ampia fra i due politici ateniesi. È legittimo interrogarsi sui moventi che spinsero Pisistrato ad abbandonare l’intesa con Megacle perché, secondo un altro punto di vista, il matrimonio con la ragazza alcmeonide si sarebbe potuto considerare vantaggioso: gli Alcmeonidi erano una famiglia di lunga tradizione politica ad Atene, godevano di ampio prestigio e di contatti internazionali con i potenti Ortagoridi di Sicione, con il santuario di Delfi, e perfino con i ricchi sovrani di Lidia; partecipare come parte integrante della rete familiare degli Alcmeonidi avrebbe assicurato a Pisistrato una posizione di potere sicura ad Atene e ampi contatti internazionali; Megacle aveva inoltre pattuito la cessione della tirannide a Pisistrato. Pisistrato avrebbe potuto anche mantenere i propri contatti argivi pur concedendo dei nipoti a Megacle e assicurandogli un certo livello di compartecipazione al potere. La stessa alleanza argiva non assicurava un potere indiscusso ad Atene e nella Grecia, soprattutto considerando la posizione declinante di quella polis nel Peloponneso70. Nemmeno la famiglia di Gorgilo, malgrado la precedente alleanza con i Cipselidi di Ambracia, deve considerarsi di ampie risorse: Egesistrato mosse infatti da Argo con i suoi 1.000 opliti, nel 546, solo grazie alle ricchezze che Pisistrato si era procurato in Tracia, ma non era potuto intervenire nelle precedenti occasioni di crisi, come appunto nel 560 ca. e nel 556, quando Pisistrato fu esiliato. Per ricavare la soluzione di questi interrogativi si pone qui la necessità di interpretare fatti e comportamenti alla luce del loro contesto storico e culturale: io credo che Pisistrato rifiutò di portare a termine l’alleanza matrimoniale con Megacle per un suo spirito di autoaffermazione, per l’aspirazione al potere personale e alla dimostrazione della propria eccellenza sociale, militare e politica. Pisistrato dovette considerare la moglie argiva come il punto di avvio dell’affermazione della sua famiglia entro l’élite aristocratica internazionale e preferì coltivare quell’alleanza piuttosto che favorire l’alleato 70 KELLY 1976, p. 153. È pur vero che all’epoca della prima tirannide di Pisistrato (560) non si era ancora verificata la decisiva sconfitta di Argo contro gli Spartani (546). 125 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi Megacle e rimanere così legato alla politica locale ateniese in una condizione di dipendenza e compartecipazione politica. Senz’altro Pisistrato avrebbe preferito evitare di compiere una scelta drastica, ma fu costretto a mostrare le proprie aspirazioni dall’irata reazione del nuovo suocero alcmeonide: messo alle strette abbandonò Atene per un secondo e decennale esilio nel quale si adoperò però sollecitamente nella costruzione della propria ricchezza in Tracia. Il ritorno a Pallene mise infine Pisistrato saldamente al governo di Atene, senza rivali e senza intralci. La tirannide di Pisistrato e l’esilio degli Alcmeonidi In un breve paragrafo della sua opera Erodoto fornisce un resoconto del comportamento di Pisistrato nei confronti dei suoi concittadini e degli avversari politici interni a seguito della vittoria di Pallene: molti Ateniesi, che pure avevano appena combattuto a Pallene, si lasciarono persuadere dai figli di Pisistrato ad interrompere la fuga, lasciare le armi e ritornare alle proprie occupazioni senza subire alcun torto da parte del tiranno; di quegli Ateniesi che non fuggirono dal campo di battaglia e continuarono invece a combattere strenuamente, Pisistrato sequestrò i figli e li tenne sull’isola di Nasso, anch’essa allora in suo potere. Molti Ateniesi caddero in battaglia contro le forze pisistratidi e molti fuggirono da Atene (ἔφευγον ἐκ τῆς οἰκηίης): fra questi erano gli Alcmeonidi71. Si ripropone dunque il tema dell’esilio degli Alcmeonidi. Alcune delle moderne analisi accettano la storicità di questa notizia in virtù di una serie di attestazioni diffuse nelle fonti letterarie, relative a tutta la seconda metà del VI secolo, che sembrano certificare la presenza della famiglia fuori da Atene72. Altre analisi rifiutano la storicità dell’esilio degli Alcmeonidi imposto da Pisistrato: centrano l’attenzione infatti su una interpretazione politica della tradizione storiografica, sull’effettiva possibilità cioè che gli Alcmeonidi abbiano contribuito a costruire per sé una fittizia reputazione anti-tirannica all’interno della memoria storica collettiva ateniese sfruttando appunto il tema di un loro supposto esilio73; le fonti epigrafiche smentiscono inoltre la tradizione erodotea dell’esilio. Il problema assume un certo grado di importanza per il tema di questa ricerca perché rientra nell’obiettivo di delineare il quadro strategico-politico internazionale entro cui operò la tirannide pisistratide: l’esilio degli Alcmeonidi da Atene metteva Pisistrato in una condizione di superiorità indiscussa entro la politica locale ateniese, 71 Hdt. I 64. Isocrate tramanda notizia dell’onorevole scelta degli Alcmeonidi di preferire l’esilio alla schiavitù della tirannide: Isocr. De Big. 16.25. 72 STAHL 1987, pp. 120-136. 73 BICKNELL 1970; KINZL 1976, pp. 313s.; THOMAS 1989, pp. 147-151; GIULIANI 2001, pp. 36-40; FORSDYKE 2005, pp. 121-125; NENCI 2006, ad Hdt. V 62. 126 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi ma, per converso, la loro fuoriuscita da Atene deve anche intendersi come la costituzione di un soggetto politico attivo sul piano internazionale e avverso al potere e alle iniziative di Pisistrato. Si consideri in primo luogo che la pratica dell’esilio è ampiamente diffusa e attestata in tutta la storia greca: un individuo o un gruppo politico che abbia raggiunto una posizione di predominanza tende a salvaguardare quella posizione eliminando del tutto gli oppositori sconfitti74. I tiranni dovettero mantenere e difendere il proprio regime autocratico dalle aggressioni, politiche o fisiche, degli aristocratici loro avversi: una soluzione fu quella di acquisire sostenitori e alleati extra-poleici come appunto mette in luce questa ricerca; altro espediente diffuso fu però quello di estromettere gli avversari non solo dalla pratica politica, ma dallo stesso territorio della polis. Con l’affermazione di una tirannide, gli avversari si ritrovavano in una condizione di inferiorità politica, sociale e militare: non solo il loro potere politico era scalzato dal tiranno e reso minoritario, ma essi si sarebbero ritrovati in una condizione svantaggiata e financo pericolosa nel caso la lotta politica fosse sfociata in violenza e guerra civile, come effettivamente spesso accadde75. A fronte di questa situazione di pericolo gli avversari si videro imposto l’esilio dal tiranno; oppure scelsero volontariamente di lasciare la polis, ritirandosi al sicuro entro i propri possedimenti familiari ove godevano dell’appoggio e della difesa dei sostenitori locali; in alternativa lasciarono il territorio per ritagliarsi un ruolo nello scenario panellenico e internazionale. Episodi di esilio e fuoriuscite di avversari politici della tirannide si riscontrano secondo modelli affini in molteplici casi: così per le notizie frammentarie sul confronto politico a Mitilene, all’inizio del VI secolo, fra l’esimnete Pittaco e la fazione del nobile Alceo76; così per la tirannide a Corinto, di Cipselo e del figlio Periandro, i quali, secondo la tradizione, spinsero i maggiorenti in esilio oltre a praticare altre iniziative crudeli contro quelle famiglie77; nella seconda metà del VI secolo Policrate di Samo non solo esiliò gli aristocratici dell’isola, ma perfino il proprio fratello78. 74 Sull’esilio, la pratica della violenza politica cittadina e sull’ostracismo nella storia greca si veda FORSDYKE 2005. Il pericolo che l’opposizione politica giungesse a minacciare l’incolumità di un capo di fazione era ben noto nella polis greca; un esempio calzante è dimostrato, per l’Atene arcaica, dall’assegnazione a Pisistrato, nel 560, di una guardia del corpo che lo proteggesse dalle altre due fazioni: Hdt. I 59; Aristot. 14.1-2. Le preoccupazioni espresse da Solone per gli eccessi dello scontro politico-sociale sono rivolte proprio allo scoppio della violenza: Sol. FF 13, 30, 31. Sul rapporto fra politica e violenza nella polis greca arcaica: BERENT 2000, pp. 260s.; ANDERSON 2005, pp. 178, 182-189, 198, 204; FORSDYKE 2005, pp. 15-28, 108-109. 76 Alc. FF 45, 48 69, 76, 130B, 131, 148, 306A, 306B (Loeb); Aristot. Pol. 1285a; Hor. Carm. 2.13.28; P. Oxy 2506, 77; P. Oxy. 2733, 11-14; Favorin. De exil. 9.2. 77 Hdt. III 48; V 92e-h. 78 Hdt. III 44-47; Plut. De Her. Mal. (Mor. 859c-d). 75 127 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi Lo stesso Pisistrato impose la propria tirannide ad Atene nel 546, ma solo dopo due successivi e lunghi periodi di esilio provocati dal confronto con gli Alcmeonidi79. La dottrina politica aristotelica considerò l’esilio come uno degli strumenti di mantenimento del potere del tiranno, insieme alla violenza, alla demagogia e alla rovina dei maggiorenti80. Dopo l’istituzione della democrazia clistenica ad Atene l’ostracismo fu nel V secolo uno strumento per converso volto a scongiurare il pericolo della tirannide, ma tramite il medesimo strumento dell’esilio. Nel merito specifico degli Alcmeonidi, questa famiglia aveva già subito una condanna all’esilio all’inizio del VI secolo impostale non da un tiranno, ma piuttosto da una giuria di concittadini a seguito dei torbidi provocati dal loro violento trattamento della fazione ciloniana81. La notizia della loro espulsione a seguito dell’instaurazione della tirannide di Pisistrato nel 54682 è da associarsi ad una serie di altre testimonianze relative al comportamento del tiranno nei confronti degli avversari politici aristocratici: le fonti collocano gli Alcmeonidi in esilio da Atene per via dell’opposizione al tiranno in vari momenti della seconda metà del VI secolo, seppure le testimonianze siano problematiche83. Fonti storiografiche e letterarie tramandano la presenza degli Alcmeonidi a Delfi nel corso della seconda metà del VI secolo: le testimonianze pervenute sono complesse ed eterogenee, eppure concordano nell’identificare in questa famiglia gli appaltatori della ricostruzione del tempio di Apollo a Delfi distrutto da un incendio nel 54884. La generosa esecuzione dell’opera assicurò agli Alcmeonidi la gratitudine del clero delfico e il perpetuarsi di quel rapporto privilegiato fra la famiglia e il santuario già individuato per l’inizio del VI secolo. Sfruttando questa prestigiosa posizione a Delfi e la loro ampia disponibilità di ricchezze gli Alcmeonidi si assicurarono l’appoggio inoltre di Sparta poiché spinsero la Pizia ad incoraggiare i Lacedemoni ad espellere la tirannide da Atene: queste iniziative culminarono infine nel 510, durante l’arcontato di Arpactide, con la cacciata dei tiranni da Atene, ad opera di una spedizione comandata dal re Cleomene, e con il rientro degli Alcmeonidi dall’esilio85. Erodoto, la cui 79 Vd. supra, pp. 70ss. Aristot. Pol. 1310b-1311b (V, 10). 81 Hdt. I 126; Plut. Sol. 12.3, 19.3. Vd. supra, pp. 27ss. 82 Hdt. I 64; Isocr. De Big. 16.25; Plut. Sol. 30.6; Schol. Demosth. Contra Meid. 21.144. KINZL 1976. 83 Hdt. I 64, 62, VI 123; Thuc. VI 59; Aristot. Ath. Pol. 19.3. BICKNELL 1970; KINZL 1976; STAHL 1987, pp. 120138; NENCI 2006, pp. 245s. 84 La data dell’incendio è fornita in Paus. X 5.13. 85 Aristot. Ath. Pol. 19.6. Le fonti divergono sui nessi causali che legherebbero gli elementi dell’appalto per la ricostruzione, della disponibilità di ricchezze degli Alcmeonidi, della corruzione della Pizia e dell’intervento spartano. Erodoto considera la ricchezza della famiglia la premessa condizionale che spinse gli Alcmeonidi ad assumere l’incarico dell’appalto: Hdt. V 62s.; VI 125. Secondo Aristotele, al contrario, fu lo sfruttamento dell’appalto delfico a procurare agli Alcmeonidi un surplus economico con cui poterono finanziare l’intervento 80 128 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi versione pare più attendibile86, inserisce infatti esplicitamente il compimento dell’appalto del tempio delfico fra le macchinazioni (mexanw/menoi) che gli Alcmeonidi muovevano contro i Pisistratidi durante il loro esilio87 e vi fa seguire nella narrazione le notizie relative alla subornazione della Pizia e all’intervento spartano88. Le notizie relative all’espulsione degli Alcmeonidi nel 546, a seguito del ritorno di Pisistrato ad Atene, mi paiono dunque trovare conferma nella cronologia dell’incendio del santuario delfico, datato al 548, nell’assegnazione agli Alcmeonidi dell’appalto per la ricostruzione e nei propositi sopra esposti in base ai quali agirono gli esuli a Delfi89. D’altronde la sequenza narrativa preservata sia da Erodoto che da Aristotele sembra collocare insieme l’appalto, la ricostruzione del tempio e il coinvolgimento degli Spartani, abbassando quegli avvenimenti entro la cronologia degli ultimi anni della tirannide dei Pisistratidi, dopo il tirannicidio di Ipparco, nel 514. Assumerebbe dunque efficacia la ricostruzione sopra accennata che considera le notizie relative all’esilio alcmeonide fin dai primi anni della tirannide di Pisistrato come una fabbricazione storiografica di parte alcmeonide, volta a mettere la famiglia in luce come strenua oppositrice della tirannide fin dalla sua prima instaurazione90. Non ritengo però questa un’obiezione valida: oltre a fondarsi su una ricezione eccessivamente rigida della narrazione dei testi, implica una inverosimile cronologia degli eventi in discussione. Implicherebbe infatti che il clero delfico abbia atteso almeno 34 anni prima di appaltare la ricostruzione del principale tempio del santuario (548-514); sarebbe poi necessario collocare nei due anni successivi, fra l’espulsione degli Alcmeonidi del 514 e la prima spedizione spartana contro Atene nel 511/510 al più tardi, una fitta sequenza di eventi: l’appalto e la ricostruzione del tempio, la corruzione della Pizia, una serie di reiterati responsi oracolari ai Lacedemoni, l’allestimento dell’esercito dello spartano Anchimolio e l’assedio di Ippia sull’acropoli. L’intervallo utile si riduce ad un anno, o pochi mesi, se si sceglie come terminus post quem per questa serie di avvenimenti la disfatta di Leipsydrion, avvenuta dopo militare di Sparta; nondimeno anche questo storico è a conoscenza del ruolo giocato dai responsi oracolari: Arisot. Ath. Pol. 19.4. La versione aristotelica è sostanzialmente quella poi accettata entro la tradizione storiografica e retorica ateniese: Demosth. Contra Meid. 21.144; Schol. Demosth. Contra Meid. 21.144; Isocr. Antid. 15.232. Nondimeno quest’ultima tradizione piega la narrazione aristotelica secondo un modello economico-militare anacronistico, condizionato dalle preoccupazioni del IV secolo, quando la pratica diffusa era quella di recepire prestiti col fine di assoldare eserciti mercenari. DEMPSEY 1918, pp. 85s., 164; FORREST 1969 a; LLOYD-JONES 1976, pp. 64-68; NENCI 2006, p. 247. 86 FORREST 1969 a, pp. 279s., 283-286. 87 Hdt. VI 62. NENCI 2006, p. 247. 88 Hdt. VI 63. 89 STAHL 1987, p. 126. 90 Vd. supra, pp. 119ss. BICKNELL 1970; KINZL 1976, pp. 313s.; THOMAS 1989, pp. 147-151; GIULIANI 2001, pp. 36-40; FORSDYKE 2005, pp. 121-125; NENCI 2006, ad Hdt. V 62. 129 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi l’espulsione del 514, probabilmente nel 51391. Altri dati concorrono a superare l’obiezione. Fra i finanziatori della ricostruzione di Delfi è noto il faraone egizio filelleno Amasi92, il cui regno è datato al periodo 570-526: questa notizia attesta senz’altro l’attività dei sacerdoti delfici in vista della ricostruzione del santuario almeno prima del 526. Infine l’analisi archeologica e stilistica colloca i reperti associati al tempio delfico di Apollo al periodo certamente anteriore al 51493. La conclusione necessaria è che gli Alcmeonidi subirono un primo esilio ad opera di Pisistrato subito in seguito alla battaglia di Pallene94; contando su un rapporto già avviato con il clero delfico, essi trovarono presso il santuario apollineo una sede e un rifugio ideali per il periodo dal 546 fino al loro rientro ad Atene; si adoperarono in quel lasso di tempo nella ricostruzione del tempio e poterono sfruttare a proprio vantaggio il prestigio e la gratitudine dei sacerdoti e della Pizia. Il successore di Pisistrato alla tirannide di Atene, suo figlio Ippia, aggravò il peso e l’ampiezza delle misure contro gli avversari aristocratici dopo che si verificò l’assassinio di suo fratello Ipparco nel 51495; negli anni successivi al tirannicidio gli Alcmeonidi furono senz’altro in esilio insieme ad altri non meno specificati gruppi di dissidenti poiché essi tentarono di rientrare con la forza in Attica fortificando la l’insediamento di Leipsydiron ove sostennero senza successo il contrattacco di Ippia ed ebbero successo solo con l’intervento spartano del 511/1096. Gli Alcmeonidi non furono senz’altro gli unici aristocratici a subire l’esilio forzato dai Pisistratidi: nelle notizie relative agli Alcmeonidi esiliati si evince, dalle stesse parole delle fonti, che essi costituivano la componente maggioritaria, più eminente o in comando di un più ampio gruppo di fuoriusciti. Malgrado il profilo che si è finora andato tracciando punti all’esistenza di un’alleanza fra Pisistratidi e Filaidi97, anche per quest’ultima famiglia esistono attestazioni che si potrebbero interpretare come riferite ad una loro fuoriuscita da Atene, forzata dai difficili rapporti con i tiranni: un’attestazione inequivocabile a questo proposito si colloca nell’Olimpiade del 536, nella quale vinse la gara di quadrighe il filaide Cimone; egli si trovava 91 FORREST 1969 a. Hdt. II 180. 93 Gli studiosi che hanno preso in esame la datazione del tempio di Apollo a Delfi, sulla base di considerazioni stilistiche, propendono per una collocazione più vicina agli anni ’20 del VI secolo: FORREST 1969 a, pp. 283-286; BOARDMAN-HAMMOND 1982, p. 467; GIULIANI 2001, pp. 36-40; cautela esprime MUSTI 2006, p. 246. 94 Hdt. I 64; Isocr. De Big. 16.25; Plut. Sol. 30.6; Schol. Demosth. Contra Meid. 21.144. KINZL 1976. 95 Aristot. Ath. Pol. 19.1. 96 Hdt. V 62; VI 123; Thuc. VI 59; Isocr. Antid. 15.232; 16.26; Demosth. Contra Meid. 21.144; Aristot. Ath. Pol. 19; Schol. Aristid. Panath. 120.6; Schol. Demosth. Contra Meid. 21.144. CHANDLER 1926, p. 15; MCCREDIE 1966, pp. 59-61; BICKNELL 1970, pp. 130s.; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 180, 182, 234-240 sul significato territoriale dei sistemi di fortificazione; NENCI 2006, p. 247. 97 Vd. infra, pp. 190ss., 213ss. 92 130 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi allora in esilio e poté infatti rientrare cedendo il premio al nome di Pisistrato98. Altro membro eminente dei Filaidi fu Milziade I che fu scelto come tiranno dei Traci nel Chersoneso Tracico: Erodoto attribuisce la sua iniziativa ad un esplicito invito dei Traci Dolonci che Milziade fu lieto di accettare per poter lasciare Atene ove mal sopportava lo strapotere di Pisistrato; l’episodio è però da collocarsi durante il primo periodo di tirannide di Pisistrato nel 558 ca99. La lista degli arconti ateniesi: indice di forme di concertazione Il quadro di questa serie di esìli tracciato tramite le fonti letterarie è tuttavia annullato dalle prove storiche fornite dall’epigrafia: sono infatti celebri i frammenti di una lista degli arconti eponimi ateniesi, ritrovata sull’acropoli e risalente al 425 ca., che tramanda i nominativi di coloro che ricoprirono quella magistratura per una serie di anni nel corso del VI secolo; grazie a questo reperto veniamo a conoscenza del fatto che membri delle famiglie degli Alcmeonidi, dei Filaidi e di altri gène aristocratici ricoprirono la prestigiosa carica di supremo magistrato eponimo proprio durante la tirannide di Ippia100. Le implicazioni che questo documento comporta sono di grande importanza per la comprensione della gestione delle istituzioni e della politica ateniese da parte dei tiranni pisistratidi e per la comprensione dei rapporti di forza entro la classe politica e dirigente cittadina; nondimeno la presente ricerca non può dedicare l’attenzione che l’epigrafe meriterebbe in un discorso sulla tirannide perché i dati che da essa si possono ricavare concernono eminentemente l’ambito della politica locale ateniese ed esulano invece da quello delle relazioni internazionali oggetto di questo lavoro. L’epigrafe pure è interessante per il discorso qui sviluppato nella misura in cui offre la possibilità di collocare ad Atene piuttosto che fuori dall’Attica individui altrimenti considerati in esilio e di verificare il loro coinvolgimento nelle magistrature cittadine in un momento in cui altrimenti li si considererebbe in pericolo o avversati dal regime tirannico. Il pisistratide Ippia divenne tiranno nel 528/527 alla morte del padre e, secondo la lista, ricoprì l’arcontato nel 526/525; più tardi, nel 522/521, fu arconte un uomo di nome Pisistrato 98 Hdt. VI 103. La critica non è concorde nella collocazione cronologica di questo evento e lo associa ad una delle prime due tirannidi, nel periodo 560-556; oppure, come ho preferito seguire, all’instaurazione definitiva del potere pisistratide nel 546: HAMMOND 1956, pp. 123, 129; HIND 1974, pp. 14-16. Un’iniziativa coloniale come quella condotta da Milziade non poteva nondimeno esulare dalla decisione o dalla concertazione di Pisistrato, a capo del governo ateniese: perciò mi pare necessario in questo caso ritenere che le parole di Erodoto risentano di una tendenza antitirannica inseritasi entro la tradizione storiografica dei Filaidi e in genere delle famiglie aristocratiche ateniesi solo dopo la caduta della tirannide. WHITE 1955, p. 17; CAWKWELL 1995, pp. 79-80; GAZZANO 2002, p. 43. Vd. infra, pp. 198ss. 100 IG I3 1031 (= SEG X, n. 352). MERITT 1939, pp. 59-65; CADOUX 1948, pp. 77-79, 109-112; BRADEEN 1963; BICKNELL 1970; KINZL 1976; MEIGGS-LEWIS 1989, pp. 9-12; THOMAS 1989, p. 148. È possibile peraltro riconoscere la regolare continuità della magistratura dell’arcontato anche per il periodo di governo di Pisistrato: Aristot. Ath. Pol. 14.3, 17.1; Mar. Par. FGrHist 239 A 41s. CADOUX 1948, pp. 106-109. 99 131 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi che dobbiamo considerare come il figlio di Ippia, al quale fu dato il nome del nonno paterno, come era tradizione diffusa nell’onomastica ellenica. Questi sono gli unici due anni di arcontato pisistratide che l’epigrafe registra: l’anno successivo all’arcontato di Ippia fu invece arconte Clistene (525/524), della famiglia degli Alcmeonidi, colui che sarebbe poi diventato il protagonista della riforma politica ateniese nel 508101; nel 524/523 l’arconte fu Milziade (II), della famiglia dei Filaidi, colui che si recò qualche anno più tardi in Chersoneso per rilevare la tirannide che già il suo antenato omonimo aveva istituito durante il governo di Pisistrato; l’epigrafe registra inoltre altri nomi meno celebri che non è possibile relazionare a delle fazioni politico-familiari a noi conosciute. L’interpretazione che la critica offre di questo documento porta alla luce una posizione dei Pisistratidi nei confronti degli aristocratici ateniesi molto più costruttiva e conciliatoria di quanto la tradizione scritta abbia trasmesso. L’atteggiamento della fonti scritte tramandateci si spiega dunque in ragione di una generale tendenza a costruire un’immagine negativa della tirannide presso gli storici e i filosofi di V e IV secolo; inoltre le fonti a cui gli storici, Erodoto in primis, poterono attingere provenivano dalla memoria storica delle famiglie ateniesi stesse e dovevano perciò risentire di coloriture anti-tiranniche volte d’altronde a mettere in una luce positiva i loro protagonisti dell’epoca arcaica e conseguentemente avvicinarne i protagonisti di epoca classica al favore popolare dell’Atene democratica102. È innegabile dunque che i Pisistratidi offrirono ai propri avversari sconfitti la possibilità di partecipare alla gestione della polis e di mantenere in parte quei privilegi politici e quelle cariche tradizionalmente concertate in seno all’élite cittadina, senz’altro a condizione che essi sottostessero ai progetti politici della tirannide e non ne inficiassero la posizione di comando; si evince dunque che, grazie alla propria posizione di forza, i Pisistratidi gestirono in effetti le cariche pubbliche, ma senza nominalmente tenerne il controllo esclusivo103. L’alternativa alla conciliazione proposta all’aristocrazia rimaneva l’esilio, che costituiva tuttavia non una condanna penale, ma piuttosto un periodo, anche transitorio, di abbandono del campo politico. In questa prospettiva si spiegano, a mio avviso, i giudizi positivi sulla conduzione della politica 101 Dion. Hal. Antiquit. Rom. VII 3,1. La tradizione sull’esilio degli Alcmeonidi è attentamente analizzata da R. Thomas che ne evidenzia i temi, il loro contesto di formazione e trasmissione e la strumentalizzazione politica in funzione filo-democratica e antitirannica: BICKNELL 1970, p. 130; THOMAS 1989, pp. 147-151. P.J. Rhodes considera la posizione di R. Thomas eccessivamente scettica in merito alla storicità degli esili degli Alcmeonidi: RHODES 2000, pp. 121s. 103 Thuc. VI 54. CADOUX 1948, pp. 103-112; ANDREWES 1958, pp. 107-113. 102 132 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi interna ateniese, sul rispetto dei concittadini e delle leggi della polis espressi dalle fonti scritte104. Il modello storico di un esilio moderato e variabile La ricostruzione verso cui vorrei muovere tenta di conciliare le due tradizioni contraddittorie relative, per un verso, all’esilio degli oppositori politici della tirannide e degli Alcmeonidi in particolare, e per altro verso alle prove della presenza degli Alcmeonidi e di altri soggetti politicamente attivi fra le magistrature ateniesi durante il regime pisistratide: le tracce epigrafiche non possono intendersi diversamente da quanto sopra illustrato, eppure ritengo che le notizie preservate dalle fonti storiche non siano da disconoscersi esclusivamente come una tarda costruzione propagandistica e ideologica di parte alcmeonide105. L’episodio di Leipsydrion attesta infatti con sicurezza che, perlomeno nel 513 ca., esisteva un gruppo di Alcmeonidi in esilio e avversati dal tiranno Ippia al punto da dover tentare il rientro in Attica con la forza. La presenza di Alcmeonidi e di Filaidi fuori dall’Attica non è da mettersi in dubbio nemmeno per il periodo precedente poiché i primi ebbero interessi economici e politicoideologici che li impegnarono nella ricostruzione del santuario di Delfi, dopo il 548; mentre i secondi presero parte ad una significativa impresa strategico-coloniale nel Chersoneso per tutta la durata della seconda metà del VI secolo e nei primi anni del V106. Un dato da salvaguardare delle fonti letterarie è che si sviluppò ad Atene una naturale condizione di opposizione e antagonismo, più o meno marcata a seconda dei casi, da parte delle famiglie aristocratiche contro i Pisistratidi: gli Alcmeonidi furono fra i sostenitori di una linea più intransigente, mentre i Filaidi sono da inserirsi nell’estremo opposto di questa scala di valori. La reazione del tiranno di fronte all’opposizione aristocratica fu d’altronde senz’altro più articolata e razionale di quanto non sia stato tramandato dalla classica immagine letteraria di violenza e oppressione. È dimostrato che i Pisistratidi potevano contare su un sostegno politico, su ricchezze e capacità militari sufficienti per sconfiggere in battaglia gli avversari, per esiliarli o ridurli all’inattività; nondimeno la capacità di imporre il proprio dominio dovette fare anche affidamento sulla ricerca di un’intesa con gli avversari sconfitti, di una conciliazione, tramite l’offerta di compartecipare alle cariche magistraturali e alla politica ateniese: eliminati gli individui più intransigenti, si dovette cioè riorganizzare quella forma di concertazione della vita 104 Hdt. I 59; Thuc. VI 54; Aristot. Ath. Pol. 14.3, 16.1-17.1; Aristot. Pol. V 10-23 (1314a-1316a). HORNBLOWER 2008, ad Thuc. VI 54.5. Sul rispetto delle istituzioni ateniesi da parte dei Pisistratidi e sulla gestione della politica interna ed edilizia: ANDREWES 1958, pp. 107-113; AMPOLO 1973; STAHL-UWE 2009, pp. 149-151. 105 Vd. Supra, pp. 119ss. K.H. Kinzl non riscontra alcuna contraddizione tra i dati forniti dalle fonti letterarie quelli forniti dall’epigrafia, pur senza proporre una specifica ricostruzione delle modalità e delle fasi degli esili degli Alcmeonidi: KINZL 1976. 106 BICKNELL 1970; NENCI 2006, pp. 245s. 133 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi politica cittadina che era pratica normale nella polis arcaica, seppure con uno sbilanciamento egemonico a favore della famiglia dei tiranni107. È necessario peraltro focalizzare l’attenzione su alcune caratteristiche della polis e della società greca: queste devono intendersi come un ambiente fortemente permeabile per ciò che riguarda le attività della classe aristocratica a cui afferivano i tiranni e i loro oppositori. I protagonisti delle vicende qui esaminate erano individui cioè in grado di viaggiare, di frequentare i luoghi e gli eventi per eccellenza panellenici quali i santuari e gli agoni ed erano in grado di sostenere le proprie necessità e riorganizzare le proprie attività fuori dai territori nativi anche per lungi periodi; i gruppi familiari avevano ampie reti di contatti, numerosi sostenitori internazionali e interessi in aree anche lontane dalle loro poleis. In questa prospettiva, nel momento in cui si instaurò la tirannide di Pisistrato o in cui quella di Ippia si volse verso un atteggiamento più violento e pericoloso, la soluzione aperta ad un oppositore dei Pisistratidi era quella di lasciare volontariamente Atene e l’Attica per spostare la propria sede e le proprie attività in altri centri comunque afferenti alla sua rete di relazioni internazionali e agli interessi della sua famiglia. Questa soluzione si può definire come un esilio imposto dal tiranno, e così passò nelle fonti storiche, quando la situazione da cui aveva avuto origine era un evento violento che metteva a repentaglio la vita degli esiliati: così fu infatti per gli Alcmeonidi ed altri in occasione della battaglia di Pallene nel 546, oppure dopo la reazione di Ippia all’assassinio di Ipparco nel 514. Per altro verso l’esilio può considerarsi una scelta soggettiva e strategica se l’aristocratico decideva di lasciare Atene a causa della limitatezza delle possibilità politiche che il controllo tirannico gli aveva imposto: questi individui sceglievano di perseguire la propria affermazione politica fuori da Atene in luoghi a loro familiari, legati alla loro tradizione familiare, ossia sceglievano di cercare per sé e la famiglia una posizione migliore e più vantaggiosa nello scenario internazionale, piuttosto che in quello locale. Questa interpretazione dell’esilio si avvale anche di una contestualizzazione delle famiglie aristocratiche e dell’organizzazione statale adeguata all’epoca arcaica quando la famiglia e il gènos costituivano soggetti politici, oltre che sociali, di primaria importanza nella gestione della polis; per via delle caratteristiche intrinseche ai rapporti familiari, il gènos poteva dunque mantenere la propria identità, la propria unità, la propria linea politica e i propri interessi vitali indipendentemente dalla collocazione geografica e anzi avvantaggiandosi della dislocazione internazionale dei 107 Hdt. I 59; Aristot. Ath. Pol. 16.9; Pol. V 11 (1315b). BICKNELL 1970; GREENHALGH 1972. 134 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi propri membri. In un certo senso il gènos va considerato come uno stato entro lo stato, indipendente da esso e dal territorio in parte108. Infine non credo sia da trascurarsi la dimensione individuale e soggettiva nel ricostruire l’opposizione fra aristocrazia poleica e tirannide: le famiglie aristocratiche avevano senz’altro una posizione politica e una rete di interessi e contatti condivisa da tutti i membri imparentati; eppure è comprensibile che entro l’ampio numero dei componenti di un gènos e delle famiglie ad esso affiliate esistesse una molteplicità di reazioni individuali diverse di fronte alla tirannide, alla perdita di indipendenza politica e di prestigio che essa impose e alle situazioni di pericolo che la violenza politica comportava109. Cosicché mi pare corretto ritenere che, con l’affermazione del potere personale di Pisistrato, quegli aristocratici che più si erano compromessi nella lotta politica o militare contro di lui si siano visti costretti a lasciare Atene, temendo per la propria vita; dovettero d’altronde esservi altri che colsero la situazione sfavorevole per rivolgere i propri sforzi ad altri luoghi ove la loro famiglia aveva degli interessi, lasciando la città con una preparazione più agevole e meno precipitosa, allontanandosi dalla patria per periodi transitori e rimanendo in contatto con la politica ateniese assumento una posizione di liminarità o di transitorietà fra il contesto locale e quello internazionale; non dubito che altri ancora accettarono di limitare la propria visibilità politica e di rimanere in Attica, nelle proprietà familiari110. Assume cogenza ora l’affermazione di Tucidide che, concludendo il racconto sull’esilio degli Alcmeonidi a seguito del tentativo tirannico ciloniano, afferma che, nonostante la loro fuoriuscita: [gli Alcmeonidi] finirono sempre col ritornare, e la loro discendenza vive ancora in città111. Concludo fornendo una ricostruzione a mio avviso attendibile degli esìli e delle fuoriuscite degli Alcmeonidi durante la tirannide dei Pisistratidi112. Nella battaglia di Pallene, nel 546, Pisistrato sconfisse l’armata cittadina e gli oppositori aristocratici fra i quali primeggiavano gli Alcmeonidi; a seguito del conflitto un numero consistente dei membri della 108 Si consideri il lessico tipico delle relazioni interstatali con cui Megacle si rivolge a Pisistrato nell’invitarlo a ritornare dal primo esilio. DAVERIO ROCCHI 1973, pp. 93-95. 109 Prospettive attente alla comprensione delle spinte soggettive in relazione alle cause della tirannide arcaica e alla direzione politica delle famiglie aristocratiche in: DREWES 1972, p. 129; STEIN HÖLKESKAMP 2010, s.v. “Philaidae”. 110 La possibilità che non tutti, ma solo parte degli Alcmeonidi fossero in esilio è accettata da parte della critica: FORNARA 1967, p. 294-; BICKNELL 1970; KINZL 1976; NENCI 2006, pp. 245s. CULASSO GASTALDI 1996, pp. 507509 traccia un quadro dell’ambigua posizione dei Filaidi nei confronti dei tiranni che può associarsi al discorso qui sviluppato. Sull’identificazione delle sedi in Attica degli Alcmeonidi: ELIOT 1967; BICKNELL 1970. 111 Thuc. I 126.12. 112 Ricostruzione analoga è condivisa succintamente da RHODES 2000, p. 121. 135 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi famiglia dovette lasciare la polis, in considerazione del pericolo costituito dall’esercito pisistratide e nel timore di ritorsioni dopo quel fatto di sangue. Nel forzare l’esilio degli Alcmeonidi più scomodi Pisistrato poté peraltro, a mio avviso, fare appello all’accusa di empietà che gravava sulla famiglia: Pisistrato stesso l’aveva sfruttata in occasione della rottura dell’alleanza matrimoniale con Megacle, prima dell’esilio in Tracia; inoltre, si è appurato, l’accusa fu un efficace strumento politico anti-alcmeonide fino al secolo successivo113. L’esilio di parte degli Alcmeonidi dopo la battaglia di Pallene mi pare provato dalla loro presenza a Delfi, impegnati nella ricostruzione del tempio, negli anni successivi all’incendio avvenuto nel 548114. Non dubito d’altronde che fra quei cittadini che, alla battaglia di Pallene, i figli di Pisistrato convinsero a non fuggire e a ritornare alle loro occupazioni ci furono anche membri degli Alcmeonidi che dunque non furono esiliati; altri dovettero inoltre ritornare ad Atene dopo il primo periodo di instaurazione della tirannide di Pisistrato, quando fu appurata la posizione non intransigente del tiranno nei confronti della famiglia e il suo indirizzo conciliatorio nella politica interna. Così si spiega la presenza degli Alcmeonidi ad Atene, provata dai nomi della lista degli arconti, per l’anno 525. L’assassinio, nel 514, di Ipparco fratello dell’allora tiranno Ippia, determinò una posizione più violenta e repressiva da parte del tiranno nei confronti degli oppositori politici: questo fatto di sangue segnò un secondo momento di fuga degli Alcmeonidi da Atene115. Non solo gli storici tramandano esplicitamente questo cambiamento di regime nel 514116, ma la ricostruzione collima con una contestualizzazione cronologica e strategica degli eventi che, nel giro di quattro anni da allora, portarono alla caduta della tirannide pisistratide. Ippia dovette imporre con la violenza la fuga di molti avversari, in primis i membri degli Alcmeonidi: poco dopo infatti gli Alcmeonidi, a capo dei fuoriusciti, tentarono senza successo di rientrare con la forza in Attica occupando la fortezza di Leipsydrion, nel 513 ca117. Nel corso di tutto il VI secolo gli Alcmeonidi avevano mantenuto la propria favorevole posizione presso il santuario di Delfi e si erano guadagnati ancor più il favore dei sacerdoti gestendo l’appalto per la ricostruzione del tempio; ora impiegarono ancora le proprie ricchezze, pure in modo disonesto, subornando la Pizia affinché, nei suoi responsi oracolari, spingesse gli Spartani ad assumere una posizione anti-pisistratide. Delfi dunque costituì un punto di raccolta degli Alcmeonidi ove trovare ospitalità, trovare alleati e organizzare la strategia per il rientro. L’esito 113 THOMAS 1989, pp. 149s.; RAAFLAUB 1996, pp. 1048s.; PRANDI 2000, pp. 12-15. STAHL 1987, pp. 120-138. 115 Hdt. V 62; Aristot. Ath. Pol. 19.1. MERITT 1939, pp. 61s.; THOMAS 1989, p. 148. 116 Hdt. V 56, 62; Aristot. Ath. Pol. 19.1. 117 Hdt. V 62; Aristot. Ath. Pol. 19.3. 114 136 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi di queste iniziative fu infine appunto l’intervento spartano contro Atene e la cacciata dei Pisistratidi nel 510118. III.5. La rete delle relazioni internazionali degli Alcmeonidi Sulla base della ricostruzione ora proposta e della storia della famiglia degli Alcmeonidi mi pare utile portare avanti ulteriormente l’interpretazione e la riflessione al fine di individuare la posizione della famiglia nello scenario internazionale, individuare i centri di potere della sua rete di alleanze familiari e conseguentemente, per difetto, comprendere quali aree e quali soggetti politici erano interdetti al contatto e ai propositi dei Pisistratidi. La storia degli Alcmeonidi vede i contatti internazionali di questa famiglia incentrati su quattro soggetti principali: la dinastia mermnade di Lidia all’inizio del VI secolo, il santuario panellenico di Delfi, la famiglia tirannica di Sicione e, con la fine del secolo, Sparta. Fin dalla fine del VII secolo la famiglia ricoprì una posizione di grande rilievo nella politica locale ateniese: ne è prova il ruolo cruciale dei magistrati alcmeonidi in occasione dell’incidente di Cilone nel 636. L’analisi condotta su quella serie di eventi ha evidenziato nella reazione avversa degli Alcmeonidi il segno della loro collocazione economico-politica in seno ad un indirizzo di apertura della polis alla navigazione e ai commerci internazionali, contro quelle fazioni conservatrici ed oligarchiche che miravano a mantenere Atene entro una politica economica autarchica, cui sembra appartenesse appunto Cilone. La ricchezza e gli interessi commerciali della famiglia sono anche a fondamento delle pur scarne e romanzate notizie relative ai contatti fra Alcmeone e la dinastia dei sovrani di Lidia all’inizio del VI secolo: si può dunque ricostruire che tramite l’appoggio della corte lidia la famiglia si assicurò la possibilità di intraprendere significative attività commerciali in Asia Minore119. La componente degli interessi emporici si riscontra infine anche nella generazione successiva degli Alcmeonidi quando, nel 560, Megacle II fu a capo della fazione politica dei Paralii (Paràlioi), ossia “gli abitanti della costa”, che la critica ritiene appunto essere quella parte degli Ateniesi afferente al ceto artigianale e commerciale, maggiormente interessato a spingere la navigazione ateniese verso l’Egeo e il Mediterraneo120. Fu appunto sulla base di questa linea politica aperta alla navigazione e al commercio che Megacle e Pisistrato poterono pensare ad una alleanza nel periodo fra il 560 e il 554, quando Pisistrato sposò la figlia dell’Alcmeonide. 118 FORREST 1969 a, sulla tradizione storiografica del rapporto fra Alcmeonidi, Delfi e Sparta che culminò nell’espulsione di Ippia nel 510. 119 URE 1922, pp. 64s.; DAVERIO ROCCHI 1973, pp. 92-100. 120 ANDREWES 1958, pp. 100-107. 137 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi Il legame con i Mermnadi di Lidia è attestato per Alcmeone e dunque a partire dal primo decennio del VI secolo; questa alleanza non solo assicurò alla famiglia la possibilità di accedere alle aree costiere micrasiatiche indisturbata dall’autorità che governava il territorio, ma anche la possibilità di contare sulle grandi risorse finanziarie di quei generosi sovrani orientali121; in cambio gli Alcmeonidi funsero da mediatori religiosi e culturali per i Lidi presso il santuario di Delfi. Si consideri poi che l’alleanza familiare con i celebri sovrani di Lidia dovette apportare agli Alcmeonidi anche un miglioramento del loro status e del loro prestigio a livello panellenico, indipendentemente dai risvolti prettamente economici. Se, come mi pare necessario, si vuole accettare la storicità del primo antico esilio imposto al gènos durante l’attività di Solone all’inizio del VI secolo, è probabile che la corte dei sovrani di Lidia abbia costituito anche un luogo di asilo ed ospitalità per un pur breve intervallo fino all’amnistia soloniana. Non a caso dunque Pisistrato riuscì a imporre la propria tirannide ad Atene soltanto al suo terzo tentativo nel 546, quando infatti nel Vicino Oriente i grandi eventi storico-politici avevano creato una situazione drammatica per il regno di Lidia. È appunto in quella data che Ciro, re di Persia, condusse il proprio regno ad una inarrestabile espansione e sconfisse Creso provocando la caduta e l’assimilazione del regno di Lidia; in quelle circostanze gli Alcmeonidi videro probabilmente mancare i ricchi donativi e prestiti che fino ad allora avevano ricavato dai propri alleati orientali, cosicché non poterono più eguagliare economicamente, e dunque anche sul piano delle risorse messe in campo, l’avversario Pisistrato che faceva ritorno in Attica dopo essersi arricchito con le operazioni minerarie in Tracia122. In questa prospettiva dunque si può meglio collocare la cronologia delle iniziative pisistratidi in Asia Minore, quali la spedizione dei Filaidi in Chersoneso Tracico e la conquista di Sigeo, solo dopo il 546. Nel 575 ca. gli Alcmeonidi furono scelti da Clistene, tiranno di Sicione, come famiglia alleata presso la polis di Atene; i significati di questa alleanza matrimoniale, sancita dall’unione di Megacle con Agariste e meriterebbero una trattazione la cui ampiezza non è qui consentita123. Nondimeno si consideri ora che con quell’alleanza gli Alcmeonidi si assicurarono un alleato nel Peloponneso, contrastando di fatto la politica internazionale di Pisistrato che, oltre a contare su una antica xenìa con Sparta, aveva alleati significativi ad Argo e, per loro tramite, una posizione favorevole presso Corinto. L’opposizione naturale che vigeva fra le due potenti poleis dell’istmo, Corinto e Sicione, si riscontra dunque anche nella scelta dei rispettivi 121 DAVERIO ROCCHI 1973, p. 95-98. URE 1922, p. 64; HOPPER 1961, pp. 141-146. 123 MCGREGOR 1941; PARKER 1994. 122 138 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi alleati operata dagli opposti Pisistrato e Megacle124. La tirannide degli Ortagoridi finì però intorno al 550 ca. per iniziativa di Sparta e conseguentemente la polis entrò nella Lega del Peloponneso; è possibile a mio avviso che gli interessi familiari che gli Alcmeonidi avevano coltivato a Sicione non si siano interrotti ma siano continuati con il nuovo governo repubblicano: se così fosse si aggiungerebbe un elemento ulteriore a rendere conto della convergenza degli interessi degli Alcmeonidi e degli Spartani alla fine del VI secolo. Il santuario panellenico di Apollo a Delfi fu il più importante dei centri di potere a cui si legarono gli Alcmeonidi, fu determinante per la loro capacità di affermazione sia nel contesto internazionale che sul piano della politica locale ateniese e fu senz’altro un elemento decisivo nella loro finale vittoria sulla tirannide. Il rapporto privilegiato col santuario ebbe inizio a seguito dell’intervento di Atene, capeggiato da Alcmeone, nella Prima Guerra Sacra, nel primo decennio del VI secolo. L’atteggiamento favorevole che il santuario assunse da quel momento in poi verso gli Alcmeonidi fu probabilmente uno dei motivi, pure non l’unico, che contribuirono a spostare l’opinione pubblica ateniese nuovamente a favore del gènos, dopo l’accusa di empietà, e a permetterne il rientro dall’esilio, grazie all’amnistia di Solone125. In virtù della loro posizione privilegiata presso il clero delfico gli Alcmeonidi funsero da mediatori culturali e religiosi per gli emissari lidi presso il santuario, in occasione delle loro consultazioni e dei loro donativi; senza questa contropartita in terra greca, gli Alcmeonidi non avrebbero avuto capacità sufficienti per poter contare sull’alleanza con i Mermnadi. Il figlio di Alcmeone, Megacle II, assunse l’appalto per la ricostruzione del tempio di Apollo dopo l’incendio del 548: malgrado alcune contraddizioni nelle fonti relative al margine di profitto economico che la famiglia avrebbe ricavato, si può determinare che l’iniziativa fu senz’altro determinante nell’elevare il loro prestigio internazionale e i loro meriti presso il santuario ed entro la comunità panellenica126. La ricostruzione del tempio e l’esilio imposto da Pisistrato dopo la battaglia di Pallene quasi coincidono cronologicamente: questo significa che Delfi costituì probabilmente un luogo di asilo per i fuoriusciti alcmeonidi da Atene; inoltre si spiega con maggiore facilità la loro attiva presenza al santuario durante i restauri e per tutta la seconda metà del secolo. Poiché gli Alcmeonidi si erano assicurati il favore dell’oracolo, viceversa i Pisistratidi non poterono mai contare sull’appoggio di quell’autorità morale e dovettero anzi la propria sconfitta all’influenza 124 DAVERIO ROCCHI 1973. PRANDI 2000, pp. 14-20. 126 Hdt. I 80, V 63; Isoc. Antid. 232; Aristot. Ath. Pol. 19; Strab. IX 421; Paus. X 5.13. URE 1922, p. 64; DAVERIO ROCCHI 1973, pp. 92-101, 103, STAHL 1987, pp. 120-138; SHAPIRO 1989, pp. 49s.; HAGG-MARINATOS 1993, p. 181. 125 139 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte III: Gli Alcmeonidi, oppositori dei Pisistratidi dei responsi della Pizia. Sia Pisistrato che Ippia portarono avanti una chiara politica religiosa tramite l’istituzione di festività religiose e la costruzione di edifici di culto, ma Delfi rimase sempre fuori dalla loro sfera di iniziative127. Si è proposta l’interpretazione del matrimonio di Pisistrato e Timonassa in chiave di un avvicinamento, pur tardivo, del tiranno al gènos degli antichi tiranni corinzi; l’inserimento di Pisistrato entro la rete familiare cipselide collima con l’avversione del santuario nei suoi confronti: i Cipselidi infatti non avevano partecipato alla Prima Guerra Sacra e la loro fama fu sempre inficiata, da allora in poi, dalla posizione indifferente di Delfi nei loro confronti128. Fra le iniziative internazionali a carattere religioso di maggiore portata, Pisistrato compì una purificazione dell’isola sacra di Delo: anche nel rivolgersi alla medesima divinità dunque Pisistrato volle, o dovette, scegliere un santuario del tutto diverso e lontano da quello dell’Apollo di Delfi. La narrazione delle fonti è esplicita infine nel delineare il quadro che portò alla caduta della tirannide di Ippia: gli Alcmeonidi sfruttarono il loro indiscusso prestigio a Delfi per convincere la Pizia a fornire responsi a loro favorevoli; cosicché ogni qualvolta gli Spartani interrogavano l’oracolo, ricevevano sempre il medesimo responso che li esortava a liberare Atene dai tiranni. Alla fine del VI secolo, prese corpo l’intesa fra Alcmeonidi e Sparta e poco prima del 510 si palesò la posizione anti-pisistratide di quella polis; ma si trattò, a mio avviso, di una convergenza di interessi a breve termine, non certo un’alleanza strutturale: questo è evidente dal fatto che, caduti i Pisistratidi e rientrati gli Alcmeonidi, Sparta appoggiò da quel momento in avanti soggetti avversi a quella famiglia, preferì cioè Isagora a Clistene nel confronto che si aprì fra i due partiti politici post-tirannici e successivamente (504 ca.) richiamò il vecchio Ippia malgrado l’avversione degli alleati della Lega peloponnesiaca. 127 128 FORREST 1982 b , pp. 315-317; SHAPIRO 1989, pp. 49s. FORREST 1982 b, pp. 315-317; SALMON 1997, p. 228. 140 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico PARTE IV: PISISTRATO TIRANNO L’importanza dello scenario internazionale non cessò con la presa della tirannide ad Atene da parte di Pisistrato: le risorse militari, economiche e politiche al di fuori dell’Attica ebbero un ruolo chiave nella conservazione del potere ad Atene, sia per Pisistrato che, in seguito, per il successore Ippia. È soprattutto interessante prendere atto del fatto che Pisistrato perseguì un’attiva politica estera, sia nella cura degli interessi familiari e delle relazioni personali, ma anche nella conduzione delle attività e degli interessi della polis e dei propri concittadini; le principali imprese e aree di interesse che si discuteranno sono: la sottomissione di Nasso alla tirannide dell’alleato Ligdami, la purificazione dell’isola sacra di Delo, la conquista e il mantenimento di una posizione al Sigeo, l’iniziativa coloniale degli alleati ateniesi filaidi nel Chersoneso Tracico. Ognuno di questi eventi merita una discussione specifica poiché legato a spiegazioni causali proprie e a problemi storiografici ed interpretativi peculiari. IV.1. Strategia e diplomazia nelle Cicladi: la conquista di Nasso e la tirannide di Ligdami La cronologia dell’attacco a Nasso Erodoto e Aristotele tramandano che, dopo la vittoria di Pallene e la conquista della tirannide ad Atene, Pisistrato mosse alla conquista di Nasso; l’isola fu presa con le armi e Pisistrato vi impose la tirannide dell’alleato Ligdami, il quale in precedenza era venuto da Nasso ad Eretria alla vigilia della battaglia di Pallene offrendo denaro e soldati1; a Nasso furono anche subito trasferiti in ostaggio i figli di quegli Ateniesi che si erano opposti strenuamente al tiranno nella battaglia di Pallene. Aristotele contribuisce a chiarire il sintetico quadro fornito da Erodoto spiegando che fra la vittoria di Pallene e la spedizione contro Nasso intercorse un periodo di tempo nel quale il nuovo tiranno ateniese disarmò la cittadinanza e si preoccupò di rendere saldo il proprio potere2. La conquista di Nasso e la realizzazione della tirannide di Ligdami sarebbero dunque da intendersi come un’iniziativa dovuta in segno di riconoscenza per i meriti che il Nassio aveva acquisito nei confronti di Pisistrato in preparazione e in occasione della battaglia di Pallene. La sequenza di eventi dipanata in narrazione pone in successione: le offerte di Ligdami a Pisistrato in preparazione di Pallene, da datarsi al 546 o, poco prima, al 547-548; la vittoria di Pisistrato e 1 2 Hdt. I 64.1s.; Aristot. Ath. Pol. 15.3. BERVE 1967, pp. 78s. Hdt. 64.1; Aristot. Ath. Pol. 15.3s. 141 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico degli alleati a Pallene nel 546; dopo la presa della tirannide, la spedizione navale militare contro Nasso, l’affidamento del potere a Ligdami e il confino colà dei giovani ostaggi ateniesi, da datarsi al 546 o poco dopo, al 545-5443. La sequenza cronologica e la serie di contatti e iniziative sopra esposti possono d’altronde essere meglio precisati e analizzati al fine di comprendere il quadro delle relazioni internazionali dei Pisistratidi e della tirannide di Ligdami di Nasso. B.M. Lavelle ha proposto un’attenta critica alla ricostruzione diacronica degli eventi sopra delineata secondo cui la conquista di Nasso e l’affidamento dell’isola al potere di Ligdami furono iniziative che Pisistrato avrebbe condotto prima del rientro ad Atene, nel periodo intercorso fra l’arrivo dei Pisistratidi ad Eretria e la battaglia di Pallene, da collocarsi perciò nel 548-547. Sorprende in effetti che i Pisistratidi abbiano deciso di intraprendere la conquista di Nasso subito dopo la presa della tirannide ad Atene, cioè in un periodo politicamente delicato in cui il loro potere non poteva ancora essere del tutto saldo; per contro la conquista dell’isola non poté essere una impresa semplice e dovette richiedere dispendio di tempo e di risorse economiche e un’ampia disponibilità di risorse navali e militari4. Si potrà però rispondere a questa critica facendo affidamento al testo dell’Athenàion Politèia nella quale Aristotele dimostra di essere al corrente di un certo intervallo di tempo successivo alla presa del potere ad Atene, durante il quale Pisistrato assestò il proprio potere locale prima di volgersi all’impresa di Nasso5. La cronologia non è dunque a mio avviso l’unico elemento su cui si vorrà meglio fare luce. L’accordo tra Pisistrato e Ligdami È verosimile che la strategia seguita da Pisistrato nella preparazione del suo definitivo rientro ad Atene abbia richiesto che i Pisistratidi rimanessero ad Eretria per un periodo non breve, sufficiente perché tutti i loro alleati internazionali rispondessero all’appello e si recassero in Eubea e perché i Pisistratidi organizzassero l’esercito e lo sbarco a Maratona; durante la 3 Questa è la ricostruzione accettata da gran parte della critica moderna: SANDYS 1912, pp. 56-59; HIND 1974, p. 15; ANDREWES 1982 b, pp. 399s.; FROST 1984, p. 291; HAAS 1985, p. 44; CAWKWELL 1995, p. 78; DE LIBERO 1996, pp. 236s. 4 Per ricostruire un’immagine delle capacità militari di Nasso, si consideri che, nel 500, il tiranno di Mileto, Aristagora, e il satrapo persiano di Sardi, Artafrene, impiegarono una flotta di 200 navi al comando del cugino del Gran Re per conquistare l’isola. La conquista di Nasso da parte dei Persiani avvenne d’altronde in un periodo storico in cui l’isola disponeva di una flotta particolarmente numerosa e capace e godeva di una speciale posizione di potere nel controllo del mare: la talassocrazia di Nasso è infatti collocata dalle fonti antiche nel decennio anteriore alla sua conquista da parte dei Persiani, nel periodo 510-500. È pure possibile che le capacità militari di Nasso non fossero ancora di tale portata nel 546 all’epoca dell’attacco di Pisistrato, ma certamente è necessario inferire che non poteva costituire una facile preda. Hdt. V 30-32; Euseb. Chron. arm. p. 321 Aucher. FORREST 1969 b, pp. 97-104; LAVELLE 2005, pp. 136-139; ANDREWES 1982 b, p. 403. 5 SANDYS 1912, pp. 60-69. 142 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico permanenza ad Eretria Pisistrato ebbe inoltre il tempo sufficiente per intavolare trattative familiari con gli aristocratici locali e sposare Koysira6. Ad Eretria Pisistrato avrebbe peraltro dovuto portare con sé un contingente di mercenari traci che rimasero però inutilizzati fino all’iniziativa militare; vista la disponibilità di tempo e risorse militari, Pisistrato avrebbe dunque deciso di intraprendere un felice tentativo di espansione militare del proprio dominio internazionale: in questa prospettiva B.M. Lavelle interpreta la conquista militare di Nasso e vi assegna una datazione anteriore alla battaglia di Pallene, intorno cioè al 548. Lavelle inserisce dunque Ligdami di Nasso fra quei soggetti ai quali i Pisistratidi, nel momento in cui decisero di preparare il rientro dal secondo esilio, sollecitarono doni in virtù degli obblighi (proaide/ato) verso la loro famiglia; questo meccanismo si basava su un legame di debito, su un sentimento di reciprocità degli alleati verso i Pisistratidi, contratto per via di precedenti beneficienze ricevute. In questa prospettiva lo studioso pone la conquista di Nasso e l’affidamento del governo a Ligdami, da parte di Pisistrato, come causa e antecedente del contributo del Nassio all’impresa di Pallene7. A favore della ricostruzione proposta da B.M. Lavelle, si aggiunge una considerazione relativa alle scelte sintattiche operate da Erodoto nella sua narrazione. Nel menzionare la conquista di Nasso e il trasferimento colà degli ostaggi ateniesi egli si esprime infatti usando il tempo aoristo medio (καὶ γὰρ ταύτην ὁ Πεισίστρατος κατεστρέψατο πολέµῳ καὶ ἐπέτρεψε Λυγδάµι)8. L’uso di questo tempo verbale potrebbe significare che l’autore menzioni la conquista di Nasso dopo la battaglia di Pallene solo in funzione della propria sequenza narrativa: giunto cioè a descrivere il trasferimento a Nasso degli ostaggi Ateniesi, Erodoto si rese conto di dover esplicitare la causa antecedente a quella scelta e decise di collocare in quella precisa sezione del testo la menzione della precedente conquista dell’isola. Secondo questa lettura, sarebbe dunque giustificata una traduzione in questo senso: “[Pisistrato prese in ostaggio i figli degli Ateniesi suoi avversari e li portò a Nasso] giacché Pisistrato aveva in precedenza conquistato [Nasso] con la guerra e l’aveva affidata a Ligdami”. La ricostruzione di B.M. Lavelle non tiene tuttavia conto della descrizione peculiare che Erodoto fornisce di Ligdami, specificando che egli si recò ad Eretria di propria spontanea volontà (ethelontès): questo significa perciò che Ligdami non faceva affatto parte di quel gruppo di individui e comunità già legati e debitori di Pisistrato, ma che piuttosto egli muoveva 6 Schol. Aristoph. Nub. 48; Suda s.v. Ἐγκεκοισυρωµένην, E 87 Adler. RHODES 1981, p. 84; LAVELLE 2005, pp. 134-136. 7 LAVELLE 2005, pp. 136-139. 8 Hdt. I 64.2. 143 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico di propria iniziativa, senza esservi obbligato, con lo scopo di instaurare egli stesso un primo contatto con Pisistrato9. Ligdami tiranno protettore del popolo Si aggiunge un ulteriore elemento a problematizzare la questione della conquista e della tirannide di Nasso: tramite l’opera di Ateneo è pervenuto un frammento della Costituzione dei Nassi di Aristotele, relativo proprio all’instaurazione della tirannide di Ligdami e agli antecedenti di quell’evento. Secondo Aristotele vigeva a Nasso un’oligarchia di carattere aristocratico ristretto che dava adito ad uno stato di tensione fra i detentori del potere e i cittadini di ceto basso e medio, i piccoli agricoltori, artigiani e pescatori. Il nobile nassio Telestagora era tenuto in grande considerazione e onorato dal dèmos per la sua saggezza e reputazione; l’oltraggio di alcuni giovani aristocratici contro Telestagora e le sue figlie fu un incidente sufficiente perché la tensione fra il popolo e il ceto dominante scoppiasse in una guerra civile (stàsis); in quel frangente Ligdami, pur egli aristocratico, seppe porsi come protettore del popolo, prese il comando della sommossa civile e giunse a rendersi tiranno di Nasso10. Il racconto preciso e dettagliato di cui Aristotele sembra fosse disponesse per la Costituzione dei Nassi delinea con chiarezza una dinamica del tutto locale, legata al conflitto, tipico della polis arcaica, fra cittadini e aristocrazia politica: il testo esclude cioè il contesto internazionale, non fa menzione alcuna dell’intervento di Pisistrato e vede Ligdami instaurare la propria tirannide a Nasso senza alcun aiuto esterno. Ligdami si profila così come un aristocratico che sfrutta un momento di tensione sociale e di violenza politica per svincolare la propria posizione dal vecchio ceto politico aristocratico, ormai avverso ai concittadini, e per porsi come un nuovo tipo di politico in grado di assicurarsi un consenso ampio fra classi sociali in precedenza escluse. La posizione di Ligdami nello scenario politico della propria polis e le modalità della sua ascesa al potere possono in effetti assimilarsi da vicino alle dinamiche che portarono lo stesso Pisistrato alla sua prima tirannide ad Atene11. Questo quadro della tirannide di Ligdami è confermato da Aristotele nella Politica, ove Ligdami è citato quale esempio significativo di uno dei modi in cui possono cadere le oligarchie: cioè il caso in cui, appunto in una oligarchia, un individuo della classe dirigente assurga a protettore del popolo e giunga a rendersi tiranno; nemmeno nella Politica dunque la 9 Hdt. I 61. Ath. VIII 40 (347f-348c). RANKIN 1978 in cui si dà un’analisi e una contestualizzazione della vicenda entro le dinamiche sociali e familiari della polis arcaica. Sul frammento aristotelico in Ateneo: BOLLANSÉE 2007, pp. 186189. 11 BLAKESLEY 1854 vol. I, pp. 46s., vol. II, pp. 16s.; GREENIDGE 1914, p. 30. 10 144 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico tirannide di Ligdami è considerata come promossa o instaurata dall’azione armata di Pisistrato12. La lettura proposta del frammento aristotelico in Ateneo è dunque perfettamente coerente e compatibile con la versione della Politica di Aristotele che, come è noto, funse da sintesi analitica e teoretica del lavoro di ricerca della scuola aristotelica che produsse le 158 Politèiai. È vero che l’opera di Ateneo in cui è inserito il frammento della Costituzione dei Nassi risente di forti peculiarità nel proprio soggetto e nei temi trattati ed è vero che Ateneo dimostra uno spiccato disinteresse per i fatti della storia politica nonché un utilizzo sommario e indiretto delle opere storiografiche citate; nondimeno non mi paiono queste caratteristiche sufficienti per far disconoscere l’importanza e la storicità di questa versione della storia della tirannide nassia giacché le informazioni dal frammento della Costituzione dei Nassi e quelle di origine aristotelica dalla Politica concordano13. Ricostruzione della vicenda, dei moventi politici e della tradizione storiografica Vi sono dunque sufficienti elementi per eccepire alla tradizionale ricostruzione e cronologia degli eventi relativi a Pallene, a Nasso e alla tirannide di Ligdami e per problematizzare la relazione fra il tiranno ateniese e il suo alleato di Nasso. La ricostruzione della relazione fra Pisistrato e Ligdami deve dunque, a mio avviso, conciliare sia le contraddizioni rilevate dalla critica di B.M. Lavelle, cioè la difficoltà per Pisistrato di avviare una impresa militare contro Nasso in un momento delicato come quello successivo alla presa della tirannide, sia le incontestabili informazioni che Aristotele conserva, in due opere distinte, relative alle vicende interne di Nasso e alla tirannide di Ligdami. Su questi presupposti mi pare più attendibile seguire una ricostruzione secondo cui Ligdami impose la tirannide a Nasso in un primo momento con le proprie forze, senza interventi esterni; il suo governo dovette poi incontrare delle difficoltà che lo spinsero a ricercare l’alleanza di Pisistrato; cosicché quest’ultimo, dopo avere ottenuto la tirannide ad Atene, investì le proprie risorse militari per riconquistare Nasso e reinstaurare Ligdami al potere. Le fonti aristoteliche sopra citate mi paiono elemento sufficiente per considerare con sicurezza la tirannide di Nasso come originata, almeno inizialmente, entro le dinamiche della 12 Aristot. Pol. V 6 (1305a). Sul presupposto delle notizie di fonte aristotelica G. Rawlinson propone, piuttosto radicalmente, di considerare come una costruzione fittizia di matrice filo-pisistratide la versione di Erodoto relativa al supporto che Pisistrato avrebbe fornito per l’imposizione della tirannide di Ligdami: RAWLINSON 1858 vol. I, p. 201. 13 Un’analisi dei frammenti degli storici greci pervenuti nei Deipnosophistai di Ateneo nel volume di LENFANT 2007; in particolare l’analisi dei frammenti delle Politeiai aristoteliche nel contributo di BOLLANSÉE 2007, soprattutto pp. 186-188, sul frammento della Costituzione dei Nassi qui discussa. J. Bollansée, seguendo il commento di W.L. Newman al corrispondente passo nella Politica di Aristotele, accetta una ricostruzione storica simile a quella qui proposta, ma ritiene che Ligdami abbia inizialmente istituito una democrazia, convertita in seguito in una tirannide con l’ausilio di Pisistrato, vd. NEWMAN 1902, p. 346. Si fa notare però che questa ricostruzione contraddice il quadro offerto dallo stesso Aristotele nella Politica. 145 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico stàsis nassia: secondo un modello diffuso nel mondo arcaico, Ligdami si assicurò il massimo potere a Nasso grazie all’appoggio del dèmos, contro gli interessi dell’aristocrazia14. Per altro verso, l’iniziativa di Ligdami nei confronti di Pisistrato e l’intervento armato dell’Ateniese contro l’isola spingono a ritenere che Ligdami non sia stato in grado di consolidare il proprio potere dopo il colpo di stato e che non riuscì a contrastare l’opposizione degli avversari aristocratici locali, i quali ebbero certamente motivo per coalizzare le proprie forze contro il nuovo tiranno: perciò egli lasciò Nasso alla ricerca di un alleato capace di coadiuvare militarmente dall’esterno quell’appoggio politico di cui già godeva presso il dèmos a Nasso. Proprio la presente ricerca dimostra che i governi tirannici godettero certo sempre di un grado di appoggio interno, fra le famiglie aristocratiche che condivisero il potere oppure fra strati sociali in precedenza esclusi dalla politica e ignorati dagli esponenti politici aristocratici; nondimeno la componente locale raramente fu sufficiente perché le tirannidi consolidassero la propria posizione contro gli avversari aristocratici cittadini e perciò questi governi dovettero combinare in ogni caso l’attenzione al contesto cittadino con l’apporto di ampie risorse economiche e militari internazionali e con la disponibilità di alleati aristocratici o tirannici esterni all’ambito locale, disposti a intervenire diplomaticamente o militarmente in loro favore. Ligdami, messo in difficoltà dalla reazione aristocratica al suo nuovo potere, decise di avvicinare Pisistrato, che andava in quel momento (547-546) preparando lo sbarco a Maratona, nella prospettiva dunque di guadagnare un alleato politico influente, interessato a rinforzare e a garantire il suo potere a Nasso con l’appoggio di risorse militari e diplomatiche. A Pisistrato Ligdami scelse di offrire il proprio aiuto e contemporaneamente di richiedere ospitalità e amicizia perché proprio in quel momento Pisistrato avrebbe trovato utile il suo apporto di denaro e uomini in vista della battaglia di Pallene: l’alleanza fra i due nasceva dunque su un piano paritario e reciprocativo, piuttosto che costituire una forma di supplica che avrebbe invece legato Ligdami alla soggezione del futuro tiranno ateniese. L’espulsione da Nasso fu cioè per Ligdami l’occasione per richiedere ospitalità a Pisistrato, ad Eretria, e per intavolare un accordo personale con lui. Ligdami aiutò dunque Pisistrato a rientrare ad Atene; viceversa, secondo le convenzioni della reciprocità aristocratica arcaica, Pisistrato avrebbe poi aiutato Ligdami a rientrare a Nasso. W.W. How e J. Wells ipotizzano che Ligdami abbia subito a tutti gli effetti un esilio da Nasso e che perciò si sia rivolto a Pisistrato15; in tal caso, secondo la pratica delle espulsioni 14 Aristot. Pol. V 11 (1315b). NEWMAN 1902, p. 346; ANDREWES 1958, pp. 101-118; DREWES 1972, pp. 129s.; RANKIN 1978; DE LIBERO 1996, p. 235; WILSON 2000, p. 641. 15 HOW-WELLS 1928, ad Hdt. I 64. 146 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico degli aristocratici, nel lasciare l’isola, il Nassio dovette prendere con sé tutte le proprie ricchezze mobili, i propri mercenari o i propri stasiòtai. L’ipotesi di una espulsione di questo tipo ben si accorda con la necessità per Ligdami di trovare un ospite internazionale e di recarsi egli stesso ad Eretria; inoltre proprio nelle risorse personali mobili prese con sé nella fuga dall’isola si potranno identificare quei contributi che Ligdami mise generosamente a disposizione di Pisistrato. È pur vero che non esistono tracce documentarie di un esilio di Ligdami da Nasso. Non è necessario, a mio avviso, che il nuovo tiranno dell’isola fosse stato espulso perché si recasse a proporre l’alleanza con Pisistrato; piuttosto è sufficiente ricostruire l’intercorrere di un momento di difficoltà o di violenza politica verificatosi nelle prime fasi della rivolta popolare dei cittadini di Nasso: forse una reazione organizzata dell’aristocrazia nassia che abbandonò le reciproche diffidenze per coalizzarsi contro un nemico comune16. Le vicende delle prime due tirannidi di Pisistrato costituiscono in questo senso un modello per conoscere da vicino le dinamiche socio-politiche della crisi delle aristocrazie e dell’avvento delle tirannidi. Una volta che fu risolta la battaglia di Pallene e assicurata la conquista del potere tirannico ad Atene, fu il turno di Pisistrato di onorare la beneficienza ricevuta da Ligdami: Pisistrato restituì il denaro e i soldati ricevuti da Ligdami alla vigilia della battaglia e inoltre si impegnò a incrementarne l’entità con un proprio contributo. La conquista militare di Nasso e la salda e definitiva tirannide di Ligdami furono dunque una impresa congiunta di Pisistrato e Ligdami: il Nassio mise in campo le proprie forze armate personali e si adoperò certamente nel risuscitare le reti di appoggio politico di cui godeva nella propria polis; Pisistrato fornì invece il grosso del contingente navale e militare. Non solo l’apporto militare di Pisistrato poté servire a sconfiggere gli avversari più violenti di Ligdami, ma ebbe anche la funzione propagandistica di dimostrare ai Nassi l’entità degli alleati internazionali del loro nuovo tiranno, con una funzione deterrente in vista di eventuali nuovi sommovimenti aristocratici anti-tirannici. La ricostruzione ora proposta rende conto peraltro di alcune delle critiche inizialmente sollevate contro la cronologia della sequenza narrativa tradizionale. Si giustifica infatti la vicinanza temporale fra la battaglia di Pallene e l’impegnativa missione navale nelle Cicladi: nelle circostanze ora postulate per l’alleanza fra Ligdami e Pisistrato, quest’ultimo fu tenuto a restituire le risorse al proprio alleato e a ricambiare l’aiuto ricevuto secondo un piano che i due avevano stabilito. L’obiezione sollevata contro l’apparente facilità con cui fu conquistata Nasso cade in virtù del fatto che non si trattava dunque di una conquista armata contro una polis 16 SANDYS 1912, ad Aristot. Ath. Pol. 15.3, pp. 62-67; ANDREWES 1982 b, pp. 402-404; LAVELLE 2005, pp. 136139. 147 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico organizzata, bensì del rientro armato di un tiranno che godeva già di un forte seguito personale locale, che si sarebbe attivato politicamente o eventualmente anche con la violenza, e che inoltre disponeva non solo delle risorse militari proprie, ma anche di quelle di un nuovo alleato. Merita riflettere sulle circostanze storiografiche che hanno contribuito a originare due diverse e apparentemente contraddittorie tradizioni per l’instaurazione della tirannide a Nasso: cioè la tradizione preservata da Erodoto e da Aristotele nell’Athenaion Politeia e quella preservata da Aristotele nella Costituzione dei Nassi tramite Ateneo e nella Politica. È condivisibile il giudizio della critica moderna che considera il logos di Erodoto sui Pisistratidi come essenzialmente non sfavorevole ai tiranni, soprattutto in merito alla loro gestione della polis e delle istituzioni; un affine giudizio positivo preserva l’Athenaion Politeia17: in ragione di questa valutazione positiva si è perciò preservata in queste due fonti una narrazione storica che assegnava all’intervento di Pisistrato un ruolo importante nella storia di Nasso. Movente non secondario perché le fonti di epoca classica avrebbero potuto voler marcare il legame fra Atene e la sovranità a Nasso viene alla luce peraltro nelle circostanze propagandistiche del V secolo, all’epoca della Lega delio-attica, quando risultò conveniente fornire un’immagine consolidata e di antica data del primato di Atene sulle Cicladi. Sia i paragrafi di Erodoto che, ovviamente, l’Athenaion Politeia sono chiaramente centrati sulla storia politica di Atene e dei suoi protagonisti18: perciò pare ragionevole che i due autori abbiano adottato un criterio di selezione che lasciava spazio esclusivo alle vicende di questa polis e al ruolo di Pisistrato. Viceversa la Costituzione di Nasso e La politica tramandano la vicenda della stàsis interna a Nasso giacché sono chiaramente il frutto di una raccolta di notizie che Aristotele attinse dalla storia locale ed istituzionale di Nasso: si comprende dunque perché dedichino attenzione specifica a quella parte della vicenda. In conclusione, si tratta a mio avviso di due tradizioni storiografiche entrambe locali, una ateniese e l’altra nassia, preservate ciascuna indipendentemente in gruppi di fonti distinte; fra queste, la ricostruzione storica non deve operare una scelta ma piuttosto una riconciliazione. Nasso nella strategia internazionale di Pisistrato È possibile riconoscere che per Pisistrato l’alleanza con Ligdami e la posizione di potere del suo alleato a Nasso ricadevano anche in un progetto politico di termine più lungo e di più ampio respiro strategico. A Nasso Pisistrato trasferì in ostaggio i figli degli Ateniesi aristocratici che si dimostrarono più intransigenti nel rifiutare la sua posizione di potere assoluto ad Atene, dopo la battaglia di Pallene. La posizione insulare di Nasso e l’alleanza 17 18 WATERS 1971, pp. 20-26. BLAKESLEY 1854, vol. I, pp. 46s. 148 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico personale di Pisistrato col tiranno Ligdami resero quel luogo particolarmente sicuro per il confino dei giovani ateniesi. La pratica della presa di ostaggi è peraltro conosciuta anche per altre tirannidi: da un lato, consentiva di mantenere in una condizione di dipendenza le famiglie degli ostaggi in patria; per altro verso allontanava dalla politica locale individui che avrebbero in futuro potuto costituire un pericolo per la tirannide19. L’iniziativa militare a Nasso e l’alleanza con Ligdami rientrano in un progetto di politica estera di espansione marittima nell’Egeo20. Nasso era infatti una posizione strategica per il controllo della navigazione nell’Egeo: era un’isola di considerevoli dimensioni e di significativa forza navale e la sua collocazione geografica consentiva di controllare militarmente l’arcipelago delle Cicladi, attraverso le quali correva una delle rotte marittime che legavano l’Eubea, e per suo tramite la Grecia, alle coste della Ionia e dell’Asia Minore21. Nella conduzione della propria politica estera, familiare quanto statale, i Pisistratidi perseguirono chiaramente un progetto volto a controllare posizioni strategiche nell’Egeo; questa ricostruzione è evidente, oltre che dall’operazione militare e politica portata a termine a Nasso, anche dalle iniziative a Delo, al Sigeo, in Chersoneso Tracico e dai precedenti interventi personali in Tracia e in Eubea. Da un lato, il patto stretto fra i due tiranni di Atene e Nasso si configura come una iniziativa personale volta a rinforzare reciprocamente il loro potere nelle rispettive poleis; d’altro canto, l’impegno diplomatico e militare investito da Pisistrato al fine di far rientrare Nasso nella propria rete di alleanze è da considerarsi, nel quadro del progetto marittimo sopramenzionato, come una iniziativa di diplomazia estera a favore non solo della famiglia tirannica, ma anche della cittadinanza ateniese e della posizione internazionale della polis; l’esito fu di consolidare posizioni utili agli Ateniesi nella navigazione e nel commercio marittimo nelle Cicladi e verso l’Asia Minore22. Questa interpretazione si appoggia sulle considerazioni espresse in merito alla posizione strategica cruciale dell’isola di Nasso per il controllo delle Cicladi non solo per l’epoca pisistratide ma anche per i successivi avvenimenti della storia greca23. Una testimonianza epigrafica conferma il quadro storico qui tracciato di un’apertura e frequentazione reciproca, non solo fra i tiranni Pisistrato e Ligdami, ma fra le comunità di 19 Sulla pratica della presa degli ostaggi: Cfr. Hdt. III 45, 122. HOW-WELLS 1928, ad Hdt. I 64; PARKE 1946, pp. 107s.; CAWKWELL 1995, p. 78; RAAFLAUB 2007 b, pp. 10, 17s.; YATES 2007, pp. 36-39. 20 HAAS 1985, p. 44; DAVIES 1997, pp. 134s. 21 In questi termini, nel 500, si esprime Aristagora di Mileto nel suggerire al Persiano Artafrene la conquista di Nasso: Hdt. V 30s. Sulla vantaggiosa posizione di Nasso e sul suo carattere strategico per la navigazione cicladica: JEBB 1880, pp. 7s.; HAAS 1985, p. 44; CRAIK 1996, pp. 885-889; LAVELLE 2005, pp. 136-139. 22 ANDREWES 1958, pp. 110-113; LAVELLE 2005, pp. 136-139. 23 Vd. supra, pp. 94, infra, pp. 152ss. 149 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico Atene e Nasso, appunto durante la seconda metà del VI secolo. Alla fine del VI secolo fu infatti eretto nel quartire Ceramico di Atene un monumento funerario in memoria ed in onore del defunto Anaxila di Nasso; si tratta della più antica testimonianza della presenza di un meteco ad Atene, da intendersi non necessariamente già come una istituzione giuridica consolidata, ma senz’altro nel senso di uno straniero e immigrato, residente stabilmente e morto onorato ad Atene; l’iscrizione preserva dunque la testimonianza dell’alta considerazione degli Ateniesi verso il Nassio immigrato, nonché il nome e la riconoscenza del dedicatario ateniese24. Fig. 3: Atene, Samo e lo scenario delle Cicladi IV.2. La politica culturale nelle Cicladi: La purificazione di Delo (545 ca.) La datazione e le fonti relative alla purificazione di Delo da parte di Pisistrato Oltre che fornendo il proprio appoggio militare a Ligdami a Nasso, Pisistrato intervenne nell’arcipelago cicladico anche con un’iniziativa di natura religiosa sull’isola sacra di Delo: il tiranno ateniese, in obbedienza ad un oracolo, purificò l’isola rimuovendo e spostando tutte le sepolture visibili dal santuario di Apollo. In considerazione della sequenza narrativa erodotea e delle implicazioni strategiche e logistiche, questa operazione dovette avere luogo entro la medesima cronologia della missione militare condotta a Nasso, dunque nel 545 ca.: è plausibile 24 IG I3 1357 = CEG 58 = SEG XXII 79. BABA 1984; PAPADOPOULOS – SMITHSON LORD 2002, soprattutto pp. 187-190; KEESLING 2005, p. 404; DUPLOUY 2006, pp. 138-142. La critica elencata offre anche discussioni specifiche sulla restituzione, traduzione e datazione dell’epigrafe, nonché un apparato iconografico e fotografico: il monumento funerario e l’epigrafe apposta sono infatti cruciali nello studio e ricostruzione delle origini dell’istituto della metoikìa e per l’interpretazione storica delle riforme clisteniche. È evidente d’altronde che la discussione specifica non è di rilievo per la ricostruzione e contestualizzazione qui proposta. 150 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico che Pisistrato abbia prima provveduto ad appoggiare l’alleato Ligdami a Nasso e che poi, da là, abbia fatto vela verso Delo per compiere la purificazione dell’isola25. Erodoto e Tucidide sono le fonti da cui è possibile ricostruire questi avvenimenti. In particolare, Tucidide inserisce la sua narrazione nella cronaca dell’inverno del 426 della guerra del Peloponneso. In quell’anno, riferisce Tucidide, Atene, obbedendo ad un oracolo, purificò l’intera isola sacra di Apollo, rimuovendo tutte le tombe e decretando che non avessero mai più luogo nascite o morti a Delo; gli Ateniesi designarono la vicina isola di Rheneia a questi aspetti impuri della vita umana. In quello stesso anno gli Ateniesi re-istituirono le antiche festività penteteriche delie a cui furono chiamati a partecipare tutti i Greci di stirpe ionica, come era pratica nel passato più remoto e come era testimoniato dagli inni omerici. Lo storiografo sfrutta questa notizia per inserire un breve excursus sulla storia più antica di Delo in cui riferisce di un intervento militare e religioso del tiranno samio Policrate e in cui discute della storia e della natura delle feste Delie26. Il passo di Tucidide è significativo non solo per le notizie storiche che fornisce, ma perché testimonia dell’importanza ricoperta da Delo e dal locale culto di Apollo per la storia e la cultura della Grecia e soprattutto dei Greci Ioni che abitavano le isole e il litorale micrasiatico27. Si notano delle evidenti coincidenze fra gli avvenimenti relativi a Pisistrato, a metà del VI secolo, e quelli relativi alle vicende della guerra del Peloponneso, nel 426: al punto che si potrebbe sospettare siano il frutto di una proiezione anacronistica delle fonti, mirante a retro-datare ad epoche più antiche la politica religiosa di Atene nell’ambito della Lega delio-attica. Nondimeno la critica non ritiene necessario dubitare della storicità dell’intervento di Pisistrato: le similitudini messe qui in evidenza sono piuttosto da intendersi come il segno di un’affinità fra la politica di Pisistrato e quella della successiva polis democratica nelle modalità di espressione politico-propagandistica. Questi due simili interventi cultuali a Nasso, a distanza di più di un secolo uno dall’altro, segnano cioè una tendenza strutturale di lungo periodo nella politica estera di Atene, condotta a metà del VI secolo dal tiranno come nella seconda metà del V secolo dalla polis democratica, mirante ad espandere e consolidare il ruolo di Atene nelle Cicladi. Vero è che nel V gli Ateniesi poterono sfruttare a propria giustificazione e vantaggio l’antichità dell’intervento di Pisistrato per imporsi allora nuovamente28. 25 PARKE 1946, pp. 107s.; ANDREWES 1982 b, pp. 402-404; HAAS 1985, p. 44; HEDRICK 1988, pp. 206s.; SHAPIRO 1989, pp. 48-60; DE LIBERO 1996, p. 61, 93, 239; LAVELLE 2005, pp. 136-139. 26 Hdt. I 64; Thuc. I 8, III 104. 27 CRAIK 1996, pp. 885-900; ASHERI 1997, p. 18; DAVIES 1997, pp. 134-137; HORNBLOWER 1997, ad Thuc. I 13, ad Thuc. III 104; BURKERT 2003, pp. 289-297, 467; MAZZARINO 2007, pp. 227. 28 Thuc. I 4, III 104. PARKE 1946; HORNBLOWER 1997, ad Thuc. I 4, pp. 18-20. 151 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico Il ruolo di Nasso nel controllo di Delo L’alleanza fra Pisistrato e Ligdami, l’intervento navale e militare di Pisistrato a Nasso e la purificazione rituale dell’area circostante il tempio di Apollo a Delo sono iniziative strettamente legate fra loro29. La storia dell’isola sacra ad Apollo fu caratterizzata, nel corso dell’epoca arcaica, da un duplice carattere di neutralità e dipendenza politica: Delo fu infatti un santuario aperto al culto dei Greci Ioni nonché di popolazioni non-elleniche fin dall’VIII-VII secolo30; le ridotte dimensioni dell’isola e delle terre coltivabili e la scarsa disponibilità di altre risorse economiche contribuirono ad impedire che l’isola acquisisse alcuna preminenza politica e limitarono il suo ruolo a quello di centro sacrale panellenico. D’altronde proprio questi fattori imposero all’isola una forma di dipendenza economica da quelle poleis interessate a dimostrare la propria devozione verso il locale culto panellenico di Apollo. Già nel VII secolo, nell’Inno ad Apollo omerico, Delo è dunque descritta come un’isola povera di bestiame, di ovini e dei frutti della terra, con un terreno inadatto alla coltivazione; il poeta nondimeno afferma che, grazie al culto di Apollo, molti si raccolgono colà ad offrire sacrifici e i Delii possono così giovarsi di quei banchetti31. La critica ha individuato una sequenza cronologica secondo cui nel VII e VI secolo fu Nasso ad esercitare un ruolo preponderante a Delo; nella seconda metà del VI secolo quella forma di protettorato fu assunta da Pisistrato e passò poi al potere di Policrate di Samo fino alla sua morte nel 522. La storia della Lega delio-attica ribadisce con chiarezza come Delo fu nuovamente posta sotto la protezione e il controllo serrato di Atene per tutta l’epoca classica32. Le tracce archeologiche attribuiscono le prime attività di edilizia templare a Delo all’iniziativa e alla devozione della nobiltà di Nasso, polis dotata, si è ricordato, di una buona flotta e di capacità navali, nonché di una posizione strategicamente rilevante nel controllo della 29 LAVELLE 2005, pp. 136-139. Le fonti antiche menzionano un culto di Apollo a Delo fin dall’VIII secolo: Hom. Od. VI 162; Paus. IV 4.1. L’attività cultuale a Delo risale ad epoca micenea; le testimonianze archeologiche specifiche del culto di Apollo iniziano dal VII-VI secolo. DYER 1905; BERVE-GOTTFRIED 1963, pp. 59-64, 363-366; CRAIK 1996, p. 900; CALCYC 2004, s.v. “Delos” in BNP; RICHARDSON 2010, pp. 10-17, 81-. 31 Hom. H. Hom. h. Ap. 53-60. La datazione, l’attribuzione e le vicende della composizione dell’inno omerico ad Apollo sono questioni filologicamente complesse su cui la critica non raggiunge un consenso unanime e la datazione della parte delia viene variamente assegnata ad epoca compresa fra l’VIII e il VI secolo; in base a criteri linguistici e all’analisi comparata delle due sezioni in cui si divide l’inno, mi pare più appropriato datare una prima composizione al VII secolo, periodo che collima peraltro con i dati archeologici. Pure, con questa datazione, non si escludere il fatto che la composizione sia stata rielaborata, scritta e recitata in circostanze storiche significative durante il VI secolo, come ha giustamente puntualizzato la critica. FORREST 1956: metà del VI sec.; SHAPIRO 1989, pp. 48-60; HORNBLOWER-SPAWFORD 19963, s.v. “Ionian Festivals”; HORNBLOWER 1997, ad Thuc. III 104; BURKERT 2003, p. 467, 522; RICHARDSON 2010, pp. 13-15, 81-119. 32 JEBB 1880; PARKE 1946, pp. 107s.; MEIGGS 1972, p. 42s.; CRAIK 1996, p. 900; PARKER 1996, pp. 85-85, 148156; BURKERT 2003, p. 467; KALCYC 2004, s.v. “Delos” in BNP. 30 152 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico navigazione attraverso le Cicldi33. Alla prima metà del VI secolo e all’ininiziativa dei Nassi risalgono una statua colossale di Apollo, la celebre serie di sculture di leoni reclinati e l’òikos dei Nassi che, oltre a fungere da deposito delle offerte votive dei cittadini di quella polis, potrebbe avere assolto anche a funzioni cultuali per il santuario prima che venisse costruito il pòrinos naòs di Apollo34. È possibile, a mio avviso, che Nasso abbia riaffermato la propria autorità su Delo dopo la morte di Policrate, negli ultimi decenni del VI secolo: a questa ricostruzione concorrono le notizie sulla breve talassocrazia attribuita a Nasso nel catalogo di Eusebio, datata variamente dalle interpretazioni critiche al periodo 515-510 ca., nonché le testimonianze epigrafiche rinvenute a Delo e attribuibili a dediche nassie del periodo 520-490 ca.35. Posto dunque per Nasso un ruolo di preminenza nel sostegno del santuario delio e nel controllo dell’isola sacra, si chiarisce il ruolo dell’alleanza che Pisistrato strinse con Ligdami e l’utilità della sua posizione di governo a Nasso36: con l’appoggio e l’avallo dell’autorità politica di Nasso, Pisistrato ebbe dunque la libertà di intervenire nell’amministrazione del santuario e delle attività cultuali, specificamente appunto eseguendo la cerimonia di purificazione dei terreni circostanti il santuario apollineo. Oltre alla purificazione qui discussa, parte della critica attribuisce a Pisistrato la costruzione del primo tempio di Apollo in pietra a Delo, il cosiddetto pòrinos naòs, datato dall’analisi archeologica appunto alla metà del VI secolo: l’attribuzione si avvale della coincidenza cronologie, della constatazione dell’intervento armato di Pisistrato nelle Cicladi, a Nasso, e della rilevanza storica e simbolica della purificazione condotta a Delo37. Sebbene sarebbe logico che la famiglia tirannica ateniese avesse voluto contribuire economicamente al sostegno del santuario, non mi pare ci siano ragioni sufficienti per andare oltre la speculazione nell’attribuire la costruzione del tempio ad una iniziativa pisistratide, perlomeno in via diretta. Il significato ideologico dell’intervento a Delo L’intervento di Pisistrato a Delo ebbe un significato culturale, politico e propagandistico profondo. Il santuario di Apollo di Delo era da antichissima data il centro cultuale comune dei 33 Vd. supra, pp. 150ss.; LAVELLE 2005, p. 139. DYER 1905; BERVE-GOTTFRIED 1963, pp. 59-64, 363-366; KALCYC 2004, s.v. “Delos” in BNP; OSBORNE 2009, pp. 197s.; RICHARDSON 2010, pp. 81-110. 35 Euseb. Chron. arm. p. 321 Aucher. JEBB 1880, pp. 8-10, 18-20; PARKE 1946. Sulla lista delle talassocrazie di Eusebio vd. anche MYRES 1906, pp. 97ss.; FORREST 1969 b, pp. 95-106; MILLER 1971, pp. 5-10, 28s., 40s., 59-70. 36 HOW-WELLS 1928, app. XVI.8; HEDRICK 1988, pp. 206s. 37 JEBB 1880, pp. 8-20; FORREST 1982 b, pp. 305-318; SHAPIRO 1989, PP. 48-60; KALCYC 2004, s.v. “Delos” in BNP; BURNEAU-DUCAT 2005, p. 182; OSBORNE 2009, p. 205, tav. 7; RICHARDSON 2010, p. 81-99. 34 153 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico Greci di stirpe ionica, un luogo che funse da fulcro dell’identità degli Ioni delle isole ma anche delle poleis micrasiatiche e delle aree ioniche della Grecia continentale; di questa identità culturale partecipava peraltro anche l’Attica stessa, considerata dalle fonti come la madrepatria e il luogo di origine degli Ioni38. A Delo si tennero, in epoca alto-arcaica, le celebrazioni della panégyris degli Ioni: una festa in onore di Apollo in occasione della quale gli Ioni navigavano alla volta di Delo, oppure le poleis ioniche inviavano una theorìa in propria rappresentanza; al santuario si teneva una processione sontuosa al termine della quale venivano offerte ecatombi in onore di Apollo e si consumavano le carni in un grande banchetto comune; nel corso della panégyris avevano luogo anche gare atletiche39. È vero che questa celebrazione era caduta in disuso molti anni prima del tempo di Tucidide, il quale ne preservò una descrizione per la maggior parte dipendente dall’inno omerico ad Apollo, ma in parte anche frutto delle proprie indagini storiche. Già all’epoca di Pisistrato inoltre la Panègyris non era più un elemento del culto a Delo. Ciònonostante, Delo e il santuario di Apollo rimasero sempre un fulcro religioso significativo per la Grecità delle isole come è testimoniato dalla successiva storia delle Cicladi alla fine del VI secolo e poi in epoca classica. Con la fine del potere di Pisistrato, nel 528, Policrate, il tiranno di Samo, prese infatti il posto della tirannide ateniese nel controllo delle acque intorno a Delo e nel patronato cultuale del santuario di Apollo: si ritiene che egli abbia allora tentato di re-istituire la panègyris, seppure senza successo. Senz’altro poi la celebrazione pan-ionica fu ripresa sotto l’autorità di Atene nell’ambito della Lega delio-attica, a partire dal 426. Si può concludere dunque che la protezione e la devozione verso il santuario delio furono dimostrazioni, in ambito culturale e religioso, necessarie per tutti quei poteri che ambirono a controllare l’area egea delle Cicladi. In questo senso si spiega l’intervento di Pisistrato a Delo; per le medesime ragioni intervenne poi a Delo anche Policrate nella costruzione della sua talassocrazia e nel 490 i Persiani rispettarono e onorarono Delo e i suoi cittadini nella prima spedizione navale contro la Grecia40. Con la purificazione del santuario di Apollo Delio, Pisistrato volle scientemente fare una dichiarazione simbolica alla comunità panellenica, e 38 Hom. Il. XIII 685; Sol. Fr. 4 G.-P.2 (4a W.2); Thuc. I 2.6; Aristot. Ath. Pol. V 2; Plut. Sol. 10.2. SANDYS 1912, ad Aristot. Ath. Pol. V 2; BUCK 1996, p. 869; CRAIK 1996, p. 900; HORNBLOWER-SPAWFORD 1996, s.v. “Ionians”; ASHERI 1997, pp. 14-19; DAVIES 1997, pp. 134s.; HORNBLOWER 1997, ad Thuc. III 104; MAZZARINO 2007, p. 490; NOUSSIA 2001, p. 259; DE POLIGNAC 2009, p. 430; OWENS 2010, pp. 159s. 39 H. Hom. h. Ap. 143–164. JEBB 1880, pp. 18-22; GERNET 1983, pp. 21-61; PARKER 1996, pp. 77s., 150; OSBORNE 2009, p. 233s.; LOHMANN 2011, s.v. “Panionion”, in BNP. 40 Policrate e Delo: Thuc. I 13, III 104; Euseb. Chron. arm. p. 321 Aucher; Suda, s.v. Pu/qia kai\ Dh/lia, P 3128 Adler, s.v. Ταῦτά σοι καὶ Πύθια καὶ ∆ήλια, T 175 Adler; vd. infra, pp. 306ss. I Persiani e Delo: Hdt. VI 97. JEBB 1880, pp. 17-20; HOW-WELLS 1928, App. XVI.8; HAAS 1985, p. 44; HORNBLOWER1997, ad Thuc. III 104; LAVELLE 2005, pp. 136-139; OSBORNE 2009, p. 312. 154 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico soprattutto ionica, della sua aspirazione ad assumere il primato e la protezione sul santuario e conseguentemente sulla Grecità delle isole41. L’appello all’identità di stirpe e al ruolo di madrepatria ionica dell’Attica furono gli elementi simbolici e culturali che soggiacevano all’iniziativa di Pisistrato; queste due rivendicazioni costituiscono peraltro un carattere di lungo termine della politica culturale e dell’auto-identificazione di Atene: sono attestati sia prima della tirannide, nell’opera poetica di Solone, sia successivamente a Pisistrato, come testimoniato dalla storia di Atene in epoca classica, nella partecipazione alla rivolta ionica, nel corso delle guerre persiane e nel ruolo assunto, come si è detto, con la Lega delio-attica42. Si consideri l’episodio di Delo anche per la visibilità sociale e il valore propagandistico e politico associato all’evergetismo aristocratico nei luoghi di culto condivisi: in questo senso, l’intervento a Delo costituisce un ulteriore momento della partecipazione dei Pisistratidi a quel circuito culturale aristocratico panellenico che ne assicurava il prestigio43. Dunque assume un senso ulteriore quel nesso e quella contingenza, di cui si è già fatta menzione, fra l’alleanza con Ligdami, l’attacco a Nasso e la purificazione di Delo. Fra gli indirizzi di affermazione internazionale della propria famiglia e insieme della propria polis, si può concludere che Pisistrato mirò alle Cicladi. Di questo progetto politico Nasso e la tirannide di Ligdami costituirono la componente politica, militare e strategica, che assicurava al tiranno Pisistrato un alleato personale e agli Ateniesi una località di appoggio nella navigazione attraverso le Cicladi. Non si trascuri il ruolo di Nasso e delle Cicladi nella rotta marittima che conduceva dal golfo saronico, oppure dall’Eubea, verso Andros, poi attraverso le Cicladi fino a Nasso e da qui attraverso l’Egeo fino a Samo, a Mileto e in genere alla costa della Ionia. Per altro verso, la purificazione di Delo costituì invece l’aspetto religioso, culturale e propagandistico di questo progetto politico ed ebbe l’obiettivo di guadagnare la benevolenza del santuario di Delo e il prestigio che da questo derivava44. La scelta dei Pisistratidi di onorare l’Apollo di Delo Ritengo si possa individuare e discutere un’ulteriore caratteristica dell’assetto culturale e politico della Grecia che spinse Pisistrato a scegliere Delo e il culto locale di Apollo quale punto di riferimento religioso e propagandistico, piuttosto che il celebre culto panellenico di 41 HOW-WELLS 1928, App. XVI.8; ANDREWES 1958, pp. 112s. Sull’appello di Pisistrato all’identità ionica e più in genere sulla tradizione di affinità di stirpe fra l’Attica e gli Ioni: Hom. Il. XIII 685; Sol. fr. 4 W. (Aristot. Ath. Pol. 5.2); Hdt. I 146. HOW-WELLS 1928, ad Hdt. I 142; SEALEY 1976 a, p. 143; ANDREWES 1982 a, pp. 361s.; FORREST 1982 b, pp. 305-318; ASHERI 1988, ad Hdt. I 142; BROWN – BLAKESLEY TYRRELL 1991, p. 143; PARKER 1996, pp. 87s., 150; FIGUEIRA 2008, pp. 455s.; ZACHARIA 2008, pp. 32-35. 43 Sulla partecipazione dell’aristocrazia alle riunioni anfizioniche: PARKER 1996, pp. 86-88. 44 LAVELLE 2005, p. 136-139. 42 155 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico Apollo presso il santuario di Delfi: quest’ultimo costituiva un santuario e un circuito politicodevozionale sempre precluso all’interesse dei Pisistratidi perché, viceversa, furono gli Alcmeonidi a godere di un legame preferenziale con l’Apollo delfico per tutto il VI secolo. Come si è già avuto modo di analizzare estesamente, fin dall’epoca della Prima Guerra Sacra, nel periodo 595-586, gli Alcmeonidi volsero a proprio favore l’influenza politica di Delfi e dell’oracolo45; durante gli esìli da Atene a seguito della tirannide di Pisistrato, a partire da 546, gli Alcmeonidi trovarono sempre un luogo di ospitalità e appoggio a Delfi; dopo l’incendio che colpì il santuario nel 548 furono gli Alcmeonidi a contribuire largamente alla ricostruzione del tempio di Apollo; è noto infine che fu proprio per la collusione fra il clero apollineo, la Pizia, gli Alcmeonidi e Sparta che si verificò la caduta della tirannide dei Pisistratidi nel 51046. Non sorprende dunque che la storiografia non abbia preservato alcuna notizia di contatti o consultazioni dei Pisistratidi presso il santuario o l’oracolo di Delfi47. Le fonti degli oracoli e delle predizioni pure utilizzate dai Pisistratidi, in primo luogo appunto nelle circostanze qui discusse della purificazione di Delo, furono tuttavia altre. Si preserva notizia del fatto che, alla vigilia della battaglia di Pallene, l’indovino (xrhsmolo/goj) Anfilito di Acarnania si trovava presso il campo di Pisistrato e pronunciò una profezia che il futuro tiranno seppe interpretare egli stesso48. È noto poi che i Pisistratidi tennero presso di sé l’interprete di oracoli (xrhsmolo/goj) Onomacrito, che fu riordinatore delle profezie di Museo49. Ippia stesso fu un riconosciuto esperto di oracoli, al punto da poterne riferire egli stesso agli alleati di Sparta che gli rifiutarono l’appoggio al rientro ad Atene, nel 504 ca. (τοὺς χρησµοὺς ἀτρεκέστατα ἀνδρῶν ἐξεπιστάµενος)50. L’isola sacra di Delo era stata anch’essa sede di un oracolo che era situato nella grotta nel fianco del monte Cynthus; nella grotta sacra, non diversamente dall’oracolo delfico, erano un crepaccio e un bàtylos, una pietra di origine celeste51. Lo storico Semos di Delo tramanda nella propria opera sull’isola natale che, in occasione di un sacrificio offerto dagli Ateniesi a Delo, si può supporre in occasione della panégyris ionica, avvenne un prodigio che fu spiegato dagli interpreti oracolari (µάντεις) delii con la profezia che gli Ateniesi avrebbero imposto il loro dominio sul mare. Buona parte della critica associa la profezia alla 45 ANDREWES 1982 a, p. 374s. VERRALL 1894, p. 21; LANG 1899, p. 12; FORREST 1982 b, pp. 305-318; SHAPIRO 1989, pp. 49s. 47 PARKER 1996, pp. 86-89. Contra HEDRICK 1988, pp. 206s., il quale però non distingue fra il culto verso Apollo, che i Pisistratidi chiaramente non osteggiarono, e l’intesa col santuario di Delfi; SHAPIRO 1989, pp. 49s. 48 Hdt. I 62.4-63.1. FLOWER 2008, p. 79. 49 Hdt. VII 6. Museo è un personaggio mitico, guaritore e profeta oracolare, associato alla religione orfica e al culto ad Eleusi, vd. HEINZE 2011, s.v. “Musaeus” in BNP. Su Onomacrito, vd. MURRAY 1901, pp. 10-13, 64-69; FLOWER 2008, pp. 63s. Sulla familiarità dei Pisistratidi con le istituzioni religiose e anche specificamente con aspetti oracolari, vd. HOW-WELLS 1928, app. XVI, 7; FLOWER 2008, p. 218. 50 Hdt. V 93.2. 51 H. Hom. h. Ap . 79-82, 131S. JEBB 1880, pp. 18-22. 46 156 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico costituzione della Lega delio-attica nel V secolo; nondimeno le pur scarse testimonianze puntano a collocare l’attività oracolare a Delo in epoca arcaica, non più tardi del VI secolo: questo dato, insieme all’attività politica e religiosa di Pisistrato nelle Cicladi, contribuisce, a mio avviso, ad avvalorare l’interpretazione offerta da F. Jacoby secondo cui questo frammento di Semos andrebbe piuttosto contestualizzato come una testimonianza a favore di un’intesa fra il clero di Delo e Pisistrato52. In base dunque a questi dati è possibile, a mio avviso, avanzare l’ipotesi che fra le fonti oracolari pisistratidi vi fosse anche l’oracolo apollineo di Delo. Proprio nel VI secolo l’oracolo di Delo andava progressivamente perdendo importanza a fronte della crescente consultazione panellenica della Pizia di Delfi e questo spiegherebbe come il clero di Delo potrebbe avere riposto le proprie speranze di una protezione politica nel potere del tiranno ateniese53. Ad ulteriore riprova dell’esclusione dei Pisistratidi dalla frequentazione di Delfi, si consideri l’erezione dell’altare di Apollo Pizio ad Atene da parte di Pisistrato II, figlio di Ippia e nipote del tiranno Pisistrato; l’iniziativa è da collocarsi nel 522/521, durante il suo arcontato54. Alcuni studiosi ritengono questa una scelta dettata dalla necessità di provvedere in maniera alternativa appunto al culto di Apollo negli aspetti che contraddistinguevano la divinità a Delfi: per la famiglia dei Pisistratidi era necessario dimostrare ai concittadini la propria devozione verso quella divinità, ma non sarebbe stato possibile rivolgere le proprie offerte presso il clero di Delfi. La scelta potrebbe anche rispondere ad un progetto politico anti-delfico nel senso che l’iniziativa evergetica di erigere l’altare mise a disposizione degli Ateniesi uno spazio sacro ove poter pregare l’Apollo di Delfi senza la necessità di lasciare Atene: di conseguenza intaccando parzialmente il potere propagandistico e anti-pisistratide degli Alcmeonidi a Delfi55. La devozione dimostrata da Pisistrato verso l’Apollo di Delo e il suo santuario segnala dunque il tentativo del tiranno di controbilanciare il potere e l’appoggio religioso che gli Alcmeonidi, suoi avversari politici, godevano presso la medesima divinità a Delfi. Per gli 52 Semus Delius FGrHist 396 F 12 (ap. Ath. VIII 3). HORNBLOWER 1997, ad Thuc. III 104. Per un commento del frammento di Semos e un’ampia discussione sulla mantica delia vd. BETELLI 2011, ad Semos BNJ 396 F 12, in BNJ. 53 RICHARDSON 2010, pp. 13-18 per la datazione delle prime attestazioni dell’attività oracolare della Pizia all’inizio del VI sec. 54 HEDRICK 1988, pp. 206s.; SHAPIRO 1989, pp. 48-60. 55 IG I2 761. Thuc. II 15, VI 54s. VERRALL 1894, p. 20s.; HICKS-HILL 1901, n. 10; TOD 1933, n. 8; SHAPIRO 1989, pp. 48-60; PARKER 1996, pp. 72-89; HORNBLOWER 2008, ad Thuc. VI 54s. Contro la tradizione degli studi, M.F. Arnush ha proposto un’attenta revisione dell’iscrizione e argomenta, in base a criteri epigrafici e linguistici, che essa risalga piuttosto al 496: dunque la fondazione dell’altare sarebbe stata piuttosto l’occasione per Pisistrato II di commemorare l’arcontato che egli aveva ricoperto effettivamente nel 522, vd. ARNUSH 1995, soprattutto pp. 144150. Questa proposta di datazione non modifica sostanzialmente l’interpretazione qui offerta della relazione sfavorevole fra i Pisistratidi e il clero di Delfi. Sulla data dell’arcontato di Pisistrato II: IG I3 1031 (= SEG X, n. 352). MERITT 1939, pp. 59-65; CADOUX 1948, pp. 77-79, 109-112; BRADEEN 1963; BICKNELL 1970; KINZL 1976; MEIGGS-LEWIS 1989, n. 6; THOMAS 1989, p. 148. 157 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico aspiranti alla tirannide, e in genere al potere politico, fu di cruciale importanza poter godere di una sanzione religiosa favorevole e tanto più dell’appoggio psicologico e propagandistico del peso di quello fornito da un oracolo apollineo: questo è evidente dalla storia non solo dei Pisistratidi e degli Alcmeonidi, ma di numerose altre tirannidi56. IV.3. La colonizzazione di Sigeo in Troade Fra i moventi degli interventi di Pisistrato nelle isole Cicladi, sopra discussi, si è messo in luce un interesse per località cruciali nella navigazione nell’Egeo, specificamente per la rotta dall’Attica verso la Ionia. Una strategia affine, ma indirizzata su altre direttrici marittime sembra soggiacere anche alle operazioni dei Pisistratidi in Troade e nell’Ellesponto. Si è infatti preservata chiara notizia del fatto che Pisistrato conquistò l’insediamento di Capo Sigeo, in Troade, alla foce del fiume Scamandro, e successivamente i figli del tiranno ne conservarono il controllo. L’intera area della Troade era parte dell’estesa peràia lesbia, interessata fin dal VII secolo dalla colonizzazione e dal controllo delle poleis di Lesbo e particolarmente di Mitilene57. Poco tempo dopo la presa del potere ad Atene, Pisistrato conquistò la località del Sigeo combattendo (ai¹xma/zw) contro Mitilene. Il Sigeo fu poi affidato al controllo tirannico del figlio argivo Egesistrato, il quale mantenne il controllo della cruciale località, ma a costo di continui conflitti armati contro le rivendicazioni di Mitilene. Il Sigeo rimase nondimeno nel saldo controllo dei Pisistratidi e anche in seguito fu una sede preferenziale della famiglia tirannica di Atene: quando Ippia e i Pisisitratidi furono espulsi da Atene nel 510, essi fuggirono e trovarono rifugio a Sigeo. Qualche tempo dopo l’istituzione del regime isonomico di Clistene ad Atene, Sparta mutò la propria posizione nei confronti di quel governo e volle tentare di riportare Ippia al potere: anche in questa occasione le fonti conservano la nozione che i discendenti di Pisistrato vivevano al Sigeo; anzi, quando l’impresa spartana fu interrotta dalla disapprovazione degli 56 La tirannide di Cipselo a Corinto fu presagita da un oracolo delfico favorevole: Hdt. V 92 b2-3, e2. Cilone ebbe l’appoggio di Delfi: Thuc. I 126.4. Solone stesso fu incoraggiato ad assumere la tirannide ad Atene dal santuario di Delfi: Sol. Fr. 29a G.-P.2 (33 W.2). Si è più volte menzionato viceversa il ruolo della Pizia nella caduta della tirannide dei Pisistratidi: Hdt. V 63, 66. FORREST 1982 b, pp. 305-318. Entro questo quadro di conflittualità religiosa e propagandistica, fra Pisistratidi e Alcmeonidi, si inserisce l’interpretazione, a mio avviso non convincente, di A.W. Verrall sulla datazione e la composizione dell’omerico Inno ad Apollo: questi riconosce un tono anti-delfico nella fine della seconda parte dell’inno e ne rende conto attribuendo la composizione finale dell’inno ad ambiente pisistratide, anti-anfizionico e dunque anti-alcmeonide, nel quadro dell’arrangiamento e stesura delle opere omeriche attribuita appunto alla politica artistico-culturale dei Pisistratidi. Vd. VERRALL 1894, pp. 19-22. Contra LANG 1899, pp. 12s.. 57 Strab. XIII 1.8, 1.38. HANSEN-SPENCER-WILLIAMS 2004, n. 798, pp. 1026-1030. 158 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico alleati della Lega del Peloponneso e Ippia ricevette offerte di ospitalità da parte dei sovrani di Macedonia e da parte dei Tessali, nondimeno egli preferì fare ritorno al rifugio del Sigeo58. L’importanza che Sigeo dimostra di avere nelle scelte dei Pisistratidi è dovuta a una serie di fattori che mi accingo ad analizzare: in primo luogo fu una posizione cruciale nella navigazione attraverso l’Ellesponto e dunque fra l’Egeo e il Ponto Eusino; il comportamento di Ippia dimostra poi che i Pisistratidi furono in grado di mantenere il controllo di quella posizione quale luogo sicuro per la propria attività anche dopo la fine della tirannide ad Atene; si nota inoltre che il Sigeo fu un obiettivo non solo della strategia pisistratide, ma anche delle necessità strategiche a lungo termine della polis di Atene. Il conflitto di lungo periodo fra Atene e Mitilene per il controllo di Sigeo Fonte quasi esclusiva per le iniziative dei Pisistratidi a Sigeo è Erodoto: la sua narrazione al riguardo prende l’avvio proprio dalle ultime vicende della tirannide ateniese, quando Ippia si rifugia a Sigeo a seguito dell’espulsione dalla propria polis; a questo punto del testo, Erodoto è portato a dare conto della scelta e della destinazione di Ippia e fornisce perciò un breve excursus sulla storia precedente di Sigeo in cui riferisce della conquista da parte di Pisistrato e della tirannide del figlio Egesistrato. Erodoto però spinge la ricognizione della storia arcaica di Sigeo più indietro ancora della tirannide pisistratide: lo stato di guerra che Egesistrato dovette sostenere contro Mitilene trovava infatti la propria origine alla fine del VII secolo, quando a Sigeo Atene aveva fondato una colonia. L’olimpionico Frinone condusse allora i coloni ateniesi a Sigeo e Mitilene rispose rivendicando il proprio controllo sull’Eolide; gli Ateniesi combatterono dalla posizione conquistata a Sigeo, mentre Mitilene muoveva guerra dal vicino insediamento di Achilleo; nel corso di quel conflitto il tiranno lesbio Pittaco sconfisse e uccise in duello l’ecista ateniese e il poeta Alceo fuggì dal campo di battaglia abbandonando il proprio scudo. Erodoto mette il lettore a conoscenza anche delle rivendicazioni mitistoriche degli Ateniesi, che risalivano all’epoca della guerra di Troia. Infine quel contenzioso di epoca prepisistratide fu risolto dall’arbitrato di Periandro, tiranno di Corinto, all’inizio del VI secolo: Atene conservò Sigeo e Mitilene la propria posizione ad Achilleo59. Il quadro che si ricava esplicitamente dai paragrafi erodotei è quello di un contenzioso di lunga durata in cui ciascuna parte, pur fra successi e sconfitte, non riuscì mai a sopraffare completamente l’altra: così si 58 Hdt. V 65, 91, 94s.; Thuc. VI 59. Alc. fr. 428 a Loeb; Hdt. V 94s.; Strab. XIII 1.38; Plut. De Her. Mal. 15; Diog. Laert. I 74; Suda, s.v. Pikkako/j. WRIGHT 1892, pp. 9, 50-52, 55; BURN 1935, pp. 141s.; TREVER 1925, 124; PAGE 1955, pp. 152-158; WILL 1955, pp. 369s., 382-386, 555-562; PICCIRILLI 1973, n. 7, pp. 28-35; ANDREWES 1982 a, pp. 366, 373s.; ANDREWES 1982 b, pp. 400s., 403s.; GRAHAM 1982, pp. 121s., 162; FROST 1984, pp. 287s.; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 231s. 59 159 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico spiegano la lunga durata e la scelta infine di ricorrere ad un arbitrato. È interessante notare che il carattere della lunga durata e della difficile soluzione di questo conflitto in Troade contraddistinsero anche il conflitto che oppose Atene e Megara per il controllo di Salamina, in epoca più o meno coeva60. Nonostante l’arbitrato, Mitilene dovette riprendere le ostilità e guadagnare una posizione favorevole; è possibile spiegare e datare questo periodo di arretramento della posizione di Atene in riferimento alle difficoltà insorte con la stasis che interessò la politica di Atene negli anni fra la fine dell’operato di Solone e l’affermazione della tirannide61. Pisistrato intervenne dunque sulla scia di questa lunga storia pregressa, riorganizzando le forze ateniesi, con buona probabilità contribuendo con le proprie risorse economiche e militari, e portando la propria polis a riconquistare l’antica colonia; il figlio Egesistrato proseguì nelle operazioni difensive e militari, ma successivamente Sigeo fu definitivamente accorpata all’area di influenza ateniese e pisistratide, a scapito dei tentativi di Mitilene, poiché non si conservano cenni di disturbi o tensioni nelle notizie relative ad Ippia e al suo insediamento a Sigeo. La conquista di Sigeo dunque non fu solo un’iniziativa tirannica a favore del potere e del prestigio dei Pisistratidi; piuttosto Pisistrato decise di mettere le proprie capacità militari al servizio della sua polis, per portare ad una soluzione definitiva e favorevole un conflitto che si era prolungato per vari decenni e che mostrava, al suo tempo, una situazione di incertezza e instabilità. Anche sotto questo aspetto l’intervento a Sigeo si configura nella forma di quello a Salamina, contro Megara: cioè nel proposito di Pisistrato di intervenire risolutivamente in un contenzioso di lunga data di Atene62. L’interesse di Erodoto per la composizione di questi paragrafi in cui, sotto molteplici aspetti giuridico-militari e su un ampio arco temporale, viene affermato il diritto di Atene ad esercitare la propria autorità sull’insediamento in Troade rientra peraltro nelle aspettative del pubblico ateniese a cui lo storico si rivolgeva: nella seconda metà del V secolo la Lega delioattica andava assumendo i caratteri dell’imperialismo ateniese e prendevano forma quelle rivendicazioni autonomistiche degli alleati che avrebbero alimentato il conflitto con Sparta; in questo contesto culturale, le notizie relative all’espansione dell’autorità ateniese nell’Egeo in epoca arcaica risultavano allora di una pregnante attualità63. 60 Vd. supra, pp. 31ss. BERVE 1967, p. 62. TREVER 1925, p. 124s. 62 WADE-GERY 1951, pp. 218s.; LAVELLE 1994; DUPLOUY 2006, pp. 87s. 63 Ringrazio la Prof.ssa R. Thomas per avere discusso con me di persona dell’utilità di analizzare le notizie erodotee entro il contesto storico dell’epoca di produzione dell’opera. STADTER 2006, pp. 242-256; THOMAS 2006. 61 160 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico La data e il contesto storico dell’iniziativa di Pisistrato Mi pare necessario tentare di stabilire dei parametri cronologici per l’operato di Pisistrato e dei Pisistratidi al Sigeo: una serie di considerazione contestuali mi pare contribuisca a fissare la conquista del Sigeo da parte di Pisistrato agli anni successivi alla presa definitiva della tirannide e all’impegno a Nasso e a Delo, dunque negli anni intorno al 540 ca64. La riconquista di Sigeo da parte di Pisistrato fu un’iniziativa del tiranno di natura statale e pubblica, piuttosto che un’operazione familiare: la natura politicamente organizzata dell’insediamento, la storia coloniale pregressa e la forte conflittualità con Mitilene rendono innegabile il contributo della cittadinanza ateniese alla conquista e al popolamento della località. In base a questa considerazione, un primo terminus post quem mi pare si possa fissare al 546, quando Pisistrato prese definitivamente la tirannide e potè perciò da allora dirigere gli sforzi collettivi della polis in suo controllo. Si potrebbe eventualmente assegnare l’iniziativa anche ad uno dei precedenti brevi periodi di tirannide, ma l’instabilità del potere tirannico di Pisistrato ed insieme altri fattori contribuiscono a respingere una datazione più alta. Dopo la conquista armata, Pisistrato assegnò la tirannide di Sigeo al figlio Egesistrato e questo trapasso del potere dovette a mio avviso avvenire molto presto dopo la conquista del sito: le fonti non registrano infatti alcuna assenza prolungata di Pisistrato da Atene, come invece fu per l’insediamento al Pangeo, né d’altronde sarebbe stato possibile per il tiranno lasciare a lungo la polis incustodita dopo la sua recente presa di potere. La biografia che si è ricostruita per Egesistrato rinforza la datazione proposta: il giovane argivo era senz’altro troppo giovane per assumere la tirannide in Asia Minore durante le prime due tirannidi del padre; inoltre si è concluso che Egesistrato era rimasto ad Argo dopo la sua nascita e dopo il matrimonio di Pisistrato e Timonassa e che lasciò la patria natale solo in occasione della battaglia di Pallene nel 54665. Egesistrato faceva parte a tutti gli effetti dell’òikos pisistratide e aveva infatti dimostrato la propria lealtà e il proprio valore nel condurre il contingente argivo a Pallene; nondimeno, si è già puntualizzato, la sua presenza ad Atene avrebbe potuto generare una certa tensione con i figli ateniesi legittimi, Ippia e Ipparco; inoltre la presenza dell’ingente contingente di mercenari argivi poteva essere causa di difficoltà organizzative per Pisistrato e di tensioni con i cittadini di 64 GRAHAM 1964, p. 32, segue la proposta di BERVE 1937 nel datatare l’insediamento di Egegsistrato al 530; FROST 1984, p. 287, concorda con la data qui proposta del 540. 65 Contra: GRAHAM 1964, p. 32s. ritiene che la colonizzazione ateniese di Sigeo e parallelamente del Chersoneso Tracico debbano datarsi ante 546, poiché in quella data Ciro sconfisse e conquistò definitivamente l’impero di Lidia estendendo il potere della Persia su tutta l’Asia Minore; mi pare nondimeno che A.J. Graham sopravvaluti molto le ricadute politico-territoriali di questi eventi, soprattutto per le poleis elleniche micrasiatiche e ancor più per l’Eolide e l’Ellesponto che erano relativamente lontani dagli interessi persiani a quell’epoca. 161 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico Atene. Egesistrato non dovette rimanere a lungo ad Atene e la possibilità di re-impiegare questo giovane nella riconquista di Sigeo dovette sembrare a Pisistrato la scelta migliore66; è stato persino proposto che il contingente argivo, o parte di esso, abbia seguito il proprio comandante in Asia Minore andando dunque a costituire il corpo militare con cui Egesistrato difese Sigeo nel conflitto con Mitilene67. Se la riconquista di Sigeo e l’affermazione del potere ateniese nelle Cicladi fanno parte di una medesima strategia di affermazione marittima, è possibile che le due missioni abbiano avuto luogo a poca distanza una dall’altra; tuttavia non si trattò di una medesima spedizione navale poiché la rotta seguita da Atene verso Nasso e Delo volgeva da Atene verso sud-est, mentre la rotta che conduceva in Troade seguiva il litorale settentrionale, costeggiando la penisola e la costa della Tracia68. La conquista di Sigeo dunque è da datarsi non molto tempo dopo il 546, pure se si assegna un lasso di tempo sufficiente per la stabilizzazione della tirannide ad Atene, per la riorganizzazione della carriera di Egesistrato e per le operazioni nelle Cicladi: in base alle considerazioni finora espresse, mi pare che una data vicina al 540 sia la più ragionevole69. Sigeo è sicuramente in potere di Atene e dei Pisistratidi nel 510, quando Ippia vi trova rifugio dopo l’espulsione da Atene, e ancora poi nel giro di anni fra il governo di Clistene ad Atene e lo scoppio della rivolta ionica (508-500), per i quali è attestata la presenza di Ippia a Sigeo70. La questione dell’interruzione del potere pisistratide a Sigeo o eventualmente della continuità dell’autorità di Atene sulla colonia è complicata dai fattori dell’espulsione dei Pisistratidi e della loro fuga in Asia Minore, dall’espansione dell’impero persiano oltre l’Ellesponto e dalle considerazioni in merito alla posizione di Sigeo nelle testimonianze relative al V secolo. Fin dal tirannicidio di Ipparco nel 514, e senz’altro dopo la fuga a Sigeo nel 510, Ippia mosse la propria diplomazia nella direzione di ottenere l’appoggio e l’ospitalità del Gran Re di Persia; la storia della Prima Guerra Persiana vede appunto l’antico tiranno di Atene, 66 DUPLOUY 2006, pp. 87s. interpreta invece l’assegnazione di Sigeo ad Egesistrato nel quadro di uno scambio di risorse fra Pisistrato e Gorgilo di Argo: Gorgilo fornì a Pisistrato il contingente di opliti argivi col cui contributo divenne tiranno ad Atene; di conseguenza Pisistrato ricambiò in egual misura il dono del suocero assegnando una tirannide ad Egesistrato ed assicurando dunque anche alla famiglia di Gorgilo una tirannide. La dinamica sarebbe dunque affine alla relazione fra Pisistrato e Ligdami nella creazione delle rispettive tirannidi ad Atene e Nasso. A. Duplouy non tiene conto però, a mio avviso, della relazione familiare fra Pisistrato ed Egesistrato e della storia di Sigeo alla fine del VI che dimostra lo stretto legame fra quell’insediamento e la famiglia dei Pisistratidi. 67 BING 1977, pp. 311s. 68 HOW-WELLS 1928, app. XVI.8; FRENCH 1957, p. 239; HAAS 1985, pp. 43-45; DAVIES 1997, pp. 134s.; LAVELLE 2005, p. 139. 69 BERVE 1937, p. 28, seguito da GRAHAM 1964, p. 32, n. 2, propongono la data del 530 ca. 70 Hdt. V 91, 93s. LEWIS 1988, pp. 301s. 162 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico ormai anziano, condurre i Persiani allo sbarco a Maratona nel 49071. In questa prospettiva dunque è accettabile la ricostruzione secondo cui il Sigeo rimase sotto l’autorità dei Pisistratidi fino all’estinzione o alla caduta della famiglia tirannica locale, nel quadro di una forma di accordo fra il Gran Re e i Pisistratidi72. Alla metà del V secolo Sigeo ricompare nelle fonti come una delle poleis della Lega delio-attica, attestata nei registri della tesoreria e in un’iscrizione onorifica73. Su questi presupposti ritengo si debba sostenere che Sigeo rimase una località sotto il saldo comando dei Pisistratidi certamente fino alla rivolta ionica e con buona probablità anche negli anni successivi e fino alle ultime attestazioni della loro presenza in Asia Minore nel 48074. La storia della condizione politica dell’insediamento di Sigeo La storia dell’occupazione coloniale di Sigeo all’epoca di Frinone, poi la riconquista da parte di Pisistrato e successivamente la tirannide di Egesistrato e Ippia delineano un quadro istituzionale e politico mutevole e complesso per questo insediamento, in merito al quale mi pare utile proporre alcuni chiarimenti. L’episodio della conquista e colonizzazione da parte di Frinone, alla fine del VII secolo, assegna a Sigeo lo status di un insediamento coloniale, promosso dallo stato ateniese, con un ecista aristocratico e un contingente armato di coloni; l’opposizione di Mitilene e il lungo conflitto fra Sigeo e Achilleo non possono che implicare il trasferimento di un numero di uomini consistente e un investimento sociale ed economico significativo75. Fonti epigrafiche attestano inequivocabilmente nel VI secolo la presenza di un pritaneo a Sigeo e l’attività politica e deliberativa di un corpo civico di Greci: sono elementi che caratterizzano l’insediamento come una polis coloniale, socialmente e politicamente organizzata. Le fonti letterarie, pure di epoca tarda, confermano la definizione di polis nei riferimenti a Sigeo76. L’intervento di Pisistrato va interpretato dunque su questi presupposti in maniera non dissimile da quello dello stesso Frinone: il nuovo tiranno ateniese operò con l’obiettivo di riconquistare, rifondare e difendere una colonia che era appartenuta ad Atene più di mezzo secolo prima. Lo stesso testo erodoteo infatti, pur tramandando il ruolo di Pisistrato e della tirannide di Egesistrato, continua nondimeno a fare riferimento agli Ateniesi e ai Mitilenei 71 Thuc. VI 59. MURRAY 1988, pp. 464-466. 73 RHODES 1992, p. 59; LOW 2008, p. 70s. 74 Hdt. VI 9.2, 43, VII 6-7.1, VIII 52. 75 BIRASCHI 1989, p. 50-52; WADE-GERY 1951, pp. 218s.; GRAHAM 1964, pp. 32s.; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 231s.; NOUSSIA 2001, p. 15; HANSEN-SPENCER-WILLIAMS 2004, n. 798, pp. 1026-1030; DECKER 2011, s.v. “Phrynon” in BNP. 76 Hdt. V 94; Strab XIII 1.31. SIG 1.2; SEG IV, n. 667. HICKS-HILL 1901, n. 8; FORNARA 1983, n. 20; MITCHELL 2004, n. 791, p. 1000, s.v. “Sigeion”, p. 1014. 72 163 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico come parti interessate e dunque conserva la nozione di un’operazione comunitaria a cui prese parte un corpo di cittadini sotto la guida del tiranno. Visti i presupposti storici e l’importanza strategica della colonia del Sigeo, la sua riconquista fu senz’altro auspicata dagli Ateniesi e Pisistrato volle condurre quella missione per godere del prestigio e della popolarità che gli avrebbe procurato77. Sigeo non fu dunque un’operazione privata della famiglia tirannica: a sostegno di questa ricostruzione rimane il fatto che Sigeo fu effettivamente una polis con una propria cittadinanza attiva, piuttosto che una roccaforte familiare; la colonia era stata oggetto di un contenzioso che coinvolgeva il corpo sociale ateniese il quale vantava sulla località il proprio impegno militare e rivendicazioni politiche e mitistoriche; infine, il lungo conflitto contro Mitilene sarebbe stato troppo impegnativo anche per le ingenti risorse di Pisistrato78. Si è stabilito che nel 540 ca. il Sigeo fu presto affidato da Pisistrato alla tirannide del figlio Egesistrato. È possibile fornire una contestualizzazione storica della breve notizia erodotea per approfondire il profilo istituzionale di Sigeo in quel momento. La relazione fra Egesistrato e la polis coloniale non va intesa diversamente, a mio avviso, da quella che vigeva fra Pisistrato e Atene: una forma di controllo indiretto, fondato sulla repressione e conciliazione dell’opposizione politica, sull’appoggio della cittadinanza e sul prestigio personale del tiranno. Dalla narrazione erodotea si dovrà inferire che il potere autocratico di Egesistrato trovò una giustificazione nella sua capacità di difendere Sigeo e i concittadini dalle ripetute aggressioni di Mitilene, ricorrendo alle sue già comprovate capacità militari, alle disponibilità economiche e militari della sua famiglia oltre che all’impegno dei Sigeei stessi79. La pratica, qui dimostrata da Pisistrato, di installare membri più giovani della famiglia tirannica al comando delle colonie riprende la strategia seguita dalla tirannide dei Cipselidi nelle colonie di Corinto80. Un’analoga forma di colonizzazione dinastica si riscontra anche nella tirannide della famiglia ateniese dei Filaidi nell’occupazione del Chersoneso Tracico: i Filaidi mantennero il potere personale nella penisola per due generazioni: eppure le fonti delineano il quadro di una fondazione coloniale a cui partecipò parte della popolazione di Atene. Per un 77 LAVELLE 1994. WADE-GERY 1951, pp. 218s.; GRAHAM 1964, p. 32, cita a sua volta BERVE 1937, BENGTSON 1939 e EHRENBERG 1946 come concordi con questa medesima ricostruzione. 79 Contra: LEWIS 1988, p. 297, considera il Sigeo come un possedimento familiare già dall’epoca di Pisistrato. DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 234-240 sul prestigio che sarebbe potuto derivare a Milziade dalla costruzione delle fortificazioni sull’istmo del Chersoneso Tracico. 80 Leucas, Anattorio, Eraclea di Acarnania, Ambracia, Corcira, Potidea sono attestate quali colonie fondate o governate da membri della famiglia dei Cipselidi: Hdt. III 52; Nic. Dam 90 F 57. GRAHAM 1964, pp. 7-33, 118153, propone anche egli la similitudine fra le colonie cipselidi e l’iniziativa pisistratide a Sigeo; GOMME 1937; GWYNN 1918, pp. 117s.; WILL 1955, p. 517-539; DAVERIO ROCCHI 1973, pp. 98s., 101-106; RHODES 1981, ad Aristot. Ath. Pol. 17.4; LINTOTT 1982, p. 42-51; HORNBLOWER 1997, ad Thuc. I 4; SALMON 1997, pp. 132-139. Vd. infra, pp. 65ss. 78 164 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico verso dunque, questo tipo di organizzazione coloniale può considerarsi peculiare poiché comporta l’intervento e la riproduzione della tirannide stessa nella colonia, ma le caratteristiche dell’insediamento implicano la partecipazione di un gruppo sociale ampio. Per altro verso l’intervento dells tirannide non deve distrarre da fatto che i due aspetti, quello dell’iniziativa individuale e quello della partecipazione pubblica, sono caratteristiche che si riscontrano, di fatto, nelle modalità organizzative di tutte le fondazioni coloniali di epoca arcaica: motore iniziale è infatti l’iniziativa privata e l’organizzazione di un ecista di status aristocratico, con il supporto di un circolo di suoi sostenitori, e d’altro canto l’impresa si configura come un’iniziativa a partecipazione pubblica, aperta all’intera cittadianza e il cui controllo ultimo risiede nella polis e nell’auto-organizzazione dei coloni. È proprio in quest’ultimo campo che rimane assicurato per l’ecista un ruolo di governo e di prestigio sociale, a volte eroico, nella nuova fondazione. Nel caso delle colonizzazioni tiranniche si ripresenta dunque quel dualismo fra il pubblico e il privato che informa il governo del tiranno: si riscontrano il peso del potere personale e la cura per la conservazione del potere della famiglia; d’altro canto si riscontrano anche un’evidente attenzione al governo costruttivo della polis e la comprensione degli interessi strategici e internazionali della polis, a vantaggio dei concittadini81. Parte della critica ritiene di dover considerare l’insediamento a Sigeo come un possedimento familiare pisistratide, ma personalmente non condivido questa lettura82. È pur vero che Pisistrato ebbe un ruolo militare decisivo nella riconquista di Sigeo e che Egesistrato assunse, apparentemente senza contrasti interni, la tirannide sulla colonia; inoltre, quegli Ateniesi che seguirono Pisistrato e poi Egesistrato nella ricolonizzazione di Sigeo sono da considerarsi fra i sostenitori dei Pisistratidi o perlomeno acquiescenti alla supremazia politica della famiglia negli affari della polis. Questi fattori dunque configurano senz’altro un controllo specialmente stretto dei tiranni ateniesi sul Sigeo; tuttavia la contestualizzazione finora addotta e le notizie fornite dalle fonti impongono di qualificare il Sigeo come una colonia ateniese piuttosto che come un esclusivo possesso familiare dei Pisistratidi. Tutt’al più, il carattere familiare della gestione politica e militare di Sigeo da parte dei Pisistratidi trova la propria giustificazione nella necessità di condurre con decisione e mano ferma l’attività di Sigeo: per 81 GWYNN 1918, pp. 117s.; GOMME 1937 qualifica Sigeo, come anche l’occupazione filaide del Chersoneo, come delle apoikìai e rifiuta di considerarle come primi casi di cleruchie e pure ribadisce nella sua ricostruzione il ruolo dell’iniziativa familiare; CULASSO GASTALDI 2011, p. 123. Sul ruolo e il potere dell’ecista e sul potere dei tiranni nelle colonie: GRAHAM 1964, pp. 29-39; LAVELLE 1994. Sulla condizione giuridica delle colonie ateniesi, vd. critica in WADE-GERY 1951, p. 218 n. 36 contro le posizioni di H. Berve; CULASSO GASTALDI 2011, pp. 135-138; DEN BOER 1969, pp. 325-327 sulla relazione fra iniziativa privata e responsabilità verso la polis. 82 BERVE 1937, pp. 26s.; GOMME 1937; GRAHAM 1964, p. 32-34, 192-194 non sostiene questa interpretazione ma ne offre un quadro conoscitivo e una critica; LEWIS 1988, p. 297. 165 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico via dell’importanza strategica della posizione di Sigeo per gli interessi marittimi di Atene nell’area dell’Ellesponto, per via della necessità di soccorrere quegli Ateniesi insediati al Sigeo dal VII secolo che vivevano affrontando le rivendicazioni di Mitilene e conseguentemente per via dell’appoggio sociale che i Pisistratidi dovettero godere fra i coloni sigeei83. A mio avviso, quell’interpretazione di Sigeo come possedimento familiare origina, e si avvicina invece ad essere più appropriata, entro la situazione politica attestata piuttosto per l’attività di Ippia negli anni a cavallo fra il VI e il V secolo: in quel contesto vi sono motivi sufficienti per ritenere che la disposizione politica di Sigeo fosse cambiata. Nel 510 Ippia e i Pisistratidi si arresero al fortunato assedio dell’acropoli condotto dall’esercito spartano con l’appoggio degli Alcmeonidi, i tiranni accettarono di lasciare l’Attica entro cinque giorni e dunque ripararono al Sigeo, durante l’arcontato di Arpactide84. Pochi anni dopo l’instaurazione del governo isonomico di Clistene ad Atene, la politica di Sparta nei confronti degli Ateniesi mutò radicalmente e Cleomene decise di appoggiare il ritorno dei Pisistratidi nella loro madrepatria: allora, narra Erodoto, gli Spartani mandarono a chiamare Ippia al Sigeo, ove i Pisistratidi vivevano dal momento della fuga da Atene (µετεπέµποντο Ἱππίην τὸν Πεισιστράτου ἀπὸ Σιγείου τοῦ ἐν Ἑλλησπόντῳ ἐς ὃ καταφεύγουσι οἱ Πεισιστρατίδαι)85; la strategia di Sparta non ebbe alcun supporto dai membri della Lega del Peloponneso e dunque Ippia fece nuovamente ritorno al Sigeo86. Questa serie di contatti spartano-pisistratidi non riceve una datazione nelle fonti, nondimeno può collocarsi negli anni 507-50087. In quel momento Sigeo doveva costituire un sito di particolare valore per i Pisistratidi poiché in quella fase Ippia ricevette offerte di ospitalità dai sovrani macedoni, che gli offrirono Antemunte su cui governare, e dai Tessali che offrirono Iolco (di/dwmi)88: eppure Ippia preferì invece ritirarsi a Sigeo ove, si dovrà dedurre, egli godeva di una sicurezza e di un potere superiori a quelli che avrebbe avuto in quei nuovi possedimenti personali e monarchici89. Queste notizie storiche sembrano mostrare, per gli ultimi anni del VI secolo, un consolidamento della posizione dei Pisistratidi a Sigeo e viceversa una rinuncia, se non 83 GWYNN 1918, pp. 117s.; WADE-GERY 1951, pp. 218s.; GRAHAM 1964, pp. 191-194; LAVELLE 1994. Hdt. V 65; Aristot. Ath. Pol. 19.6. 85 Hdt. V 91. 86 Hdt. V 93s. 87 Il terminus post quem è l’instaurazione del governo di Clistene nel 508, il terminus ante quem è da fissarsi all’ambascieria di Aristagora da Mileto presso Sparta nel 500. PETER 1882, p. 32 propone una datazione al 507; MERITT 1939, pp. 61-65 propone una data poco successiva al 504; ROBINSON 1945, p. 250, propone il 504; OLMSTEAD 1982, p. 94 permette di ricavare una data fra il 507 e il 504; BALTRUSCH 2002, p. 44 propone il 506; MUSTI 2006, p. 249, propone anche egli il 506. 88 Hdt. V 94.1. CASSON 1926, pp. 117s.; ROBINSON 1945, pp. 246s.; SORDI 1958, pp. 54-84; BORZA 1990, pp. 117s.; NENCI 2006, ad Hdt. V 17. 89 LEWIS 1988, p. 302. 84 166 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico l’impossibilità, del nuovo governo democratico di Atene ad esercitare la propria direzione e il proprio controllo sull’antico insediamento coloniale: il Sigeo sembra configurarsi dunque come un rifugio e un dominio familiare per Ippia e i membri dei Pisistratidi che con lui vi risiedevano. Ritengo che si possa trovare una spiegazione per questa svolta nella natura politica di Sigeo, entro le mutate condizioni della Grecità d’Asia Minore in relazione all’espansionismo dell’impero persiano. Dalla fine del VI secolo l’impero persiano affermò con violenza il proprio domino nell’area della Troade e dell’Ellesponto90: nel 513 la spedizione scitica di Dario, in Tracia e in Scizia, comportò l’asservimento, o perlomeno la pacificazione, di tutto il retroterra asiaticoellenico dell’area affacciata sulle sponde della Propontide; la repressione della rivolta ionica, conclusa nel 493, segnò definitivamente la sottomissione della Grecità d’Asia Minore alla Persia; già dalla seconda metà del VI secolo gran parte delle poleis greche micrasiatiche era governata da regimi tirannici locali, invisi ai concittadini, ma appoggiati dall’autorità politica e dalla forza militare dei Persiani91. Ippia aveva avviato la costruzione di una rete di contatti familiari in Ellesponto fin dal tirannicidio del fratello Ipparco nel 514, dopo il quale strinse un’alleanza matrimoniale con i tiranni di Lampsaco, secondo Tucidide, col fine di entrare, per tramite dei tiranni lampsaceni, nel circuito di alleanze della corte achemenide92. Dopo il fallimento del tentativo spartano di reinsediare i Pisistratidi ad Atene, nel 504 ca., dalla sua posizione sicura a Sigeo Ippia entrò nei favori del Gran Re Dario e del satrapo persiano Artafrene93; infine Ippia condusse personalmente lo sbarco persiano a Maratona nel 49094. Per comprendere la posizione di Ippia e di Sigeo entro il quadro politico persiano, è significativo considerare che, nel 493, all’approssimarsi della flotta persiana, Milziade II e i Filaidi che reggevano la tirannide in Chersoneso Tracico fuggirono precipitosamente dagli insediamenti ellespontini per fare ritorno ad Atene95: al contrario, poste le notizie dei contatti favorevoli di Ippia con la corte achemenide, si può concludere che Ippia rimase allora in possesso del Sigeo e anzi vide rafforzato e garantito il suo potere dalla presenza militare persiana e dalla soppressione del movimento anti-tirannico della rivolta96. 90 Sulle pratiche violente di conquista dei Persiani contro i Greci: Hdt. VI 31s. Hdt. IV 137, VI 31, 33, VII 106. OLMSTEAD 1982, pp. 91-144; WALLINGA 1984; AUSTIN 1990, 289-306; MITCHELL 1997, pp. 111-133; LURAGHI 1998; ANDRESON 2005, pp. 191 n. 50, 210-215. 92 Thuc. VI, 59.3. WADE-GERY 1951, pp. 215s., 219; DUPLOUY 2006, pp. 88-90. 93 Hdt. V 96. 94 Hdt. VI 102, 107s. 95 Hdt. VI 40s. 96 WADE-GERY 1951, pp. 216-219. 91 167 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico Assume dunque cogenza una ricostruzione secondo la quale il Sigeo entrò nella sfera politica dell’impero persiano a partire dal 513, con la spedizione scitica: è appunto per quel motivo che Ippia si legò presto ai tiranni filo-persiani lampsaceni e che potè considerare Sigeo come un rifugio sicuro nel 510 e poi nel 504 ca.97. Successivamente Atene vide irrimediabilmente recisi i legami con quella comunità in occasione della rivolta ionica nel 500493, quando l’esercito e la flotta persiana sottomisero le sponde e le acque dell’Ellesponto al proprio dominio98. Viceversa Ippia, in quegli anni vide rafforzato il proprio potere sulla polis di Sigeo e il proprio ruolo politico in qualità di personalità autorevole di collegamento fra l’amministrazione locale dei cittadini di Sigeo e il sistema imperiale achemenide99. In questo senso, Sigeo rimase pure sempre una polis nelle sue qualità urbanisitiche e sociali, ma relativamente alla sua situazione politica passò gradualmente dall’essere una fondazione coloniale di Atene ad un dominio persiano-pisistratide. La strategia di accesso alle rotte marittime verso la Propontide Stabilito un quadro cronologico e politico della storia di Sigeo, mi pare fondamentale tentare di comprendere quali moventi strategici, militari, politici o economici fossero sottesi all’iniziativa di Pisistrato di riconquistare Sigeo e all’interesse che il sito ebbe per i Pisistratidi e in genere per Atene, durante e dopo la tirannide. In prima istanza, Pisistrato scelse di intervenire specificamente a Sigeo in virtù della più antica storia coloniale di Atene nella Troade, che risaliva alla fondazione di Frinone alla fine del VII secolo: si trattò per il tiranno di farsi carico delle rivendicazioni della propria polis su un insediamento che da Mitilene era stato ingiustamente sottratto alla sovranità di Atene, giacchè l’arbitrato di Periandro, all’inizio del VI secolo, aveva giudicato favorevolmente le rivendicazioni ateniesi. In questo senso Sigeo va interpretata come una rifondazione coloniale e dunque mi pare corretto attribuire a quell’iniziativa le consuete implicazioni socio-economiche che la critica ha riconosciuto per il fenomeno della colonizzazione greca: l’opportunità cioè di ricollocare una porzione della popolazione ateniese e, sul sito, di assegnare agli emigrati nuovi lotti di terreni; dunque un’iniziativa volta essenzialmente ad alleggerire il rapporto fra popolazione e risorse alimentari in Attica100. 97 BERVE 1937, pp. 49, 88 ritiene che già nel 546, con la conquista dell’impero lidio da parte del persiano Ciro, Egesistrato dovette sottomettersi alla Persia e associare la propria sovranità sul Sigeo al beneplacito del Gran Re; GRAHAM 1964, pp. 32-34, 192-196; AUSTIN 1990, p. 297, n. 29 concorda con BERVE 1937. 98 TOZZI 1978, pp. 125s.; WALLINGA 1984. 99 MURRAY 1988, p. 464-466. 100 GWYNN 1918; WADE-GERY 1951, pp. 218s.; WHITE 1961; GRAHAM 1964, pp. 5, 29s., 193s.; SEALEY 1976 a, pp. 30-33; ANDREWES 1982, p. 372s.; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 211-217; MURRAY 1996, pp. 102-123; DE STE. CROIX 2004, pp. 349-351; MORENO 2007, p. 140-143, 206-210; MORRIS 2009, pp. 66-68, 103. 168 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico È innegabile tuttavia che alla base della strategia internazionale di Pisistrato vi fosse il chiaro e non secondario obiettivo di assicurare ad Atene una posizione favorevole entro le rotte marittime che conducevano dall’Egeo attraverso l’Ellesponto e verso l’area commerciale del Ponto Eusino. Non si spiegherebbero altrimenti né la scelta del sito, né lo sforzo economico, marittimo, militare e sociale che i tiranni di Atene investirono per tre generazioni nel controllo di Sigeo e nella difesa contro le aggressioni di Mitilene. La parallela iniziativa coloniale dei Filaidi in Chersoneso d’altronde contribuisce a far riconoscere, nelle scelte dei Pisistratidi e dei Filaidi, fra loro alleati, una chiara strategia marittima indirizzata verso l’Ellesponto. La tirannide di Milziade I, e successivamente degli altri Filaidi, nel Chersoneso Tracico, durata per tutta la seconda metà del VI secolo, e insieme la tirannide di Egesistrato al Sigeo sono due situazioni che vanno necessariamente essere interpretate congiuntamente. Il Chersoneso e il Sigeo furono infatti conquistati approssimativamente nel medesimo giro di anni; l’iniziativa dei Filaidi fu chiaramente concertata insieme ai Pisistratidi poiché è riconoscibile una duratura intesa politica fra le due famiglie101. La conformazione geografica dell’imbocco dell’Ellesponto dimostra il chiaro proposito di installare insediamenti in due posizioni strategiche, sulle due opposte rive dell’accesso allo stretto, così da permettere ai Pisistratidi e ai Filaidi, e conseguentemente agli Ateniesi, di accedere alla navigazione verso la Propontide e di controllarne le rotte marittime102. Parte della critica ha cautamente proposto di riconoscere questa medesima strategia di posizionamento sulle opposte rive dell’Ellesponto già nelle iniziative di Atene fra il VII e il VI secolo: come si è visto, Frinone conquistò il Sigeo e vi fondò la colonia ateniese, ma per il medesimo contesto cronologico è riconosciuta una fondazione ateniese anche sull’estremità meridionale del Chersoneso, nella località di Elaious, che dunque precorrerebbe la strategia pisistratidie-filaide103. Se questa interpretazione è da ritenersi valida, si conferma ulteriormente il proposito di Pisistrato ed Egesistrato di assumersi la responsabilità delle iniziative di lungo periodo della polis e di operare nell’interesse della posizione internazionale di Atene, piuttosto che solamente in difesa del potere familiare tirannico104. 101 Infra, pp. 190ss, 213ss. WADE-GERY 1951, pp. 214, 218s.. Sul ruolo dei Filaidi e di Pisistrato nella fondazione delle Grandi Panatenee e dei relativi agoni: DAVISON 1958, pp. 28-29; PARKE 1986, pp. 34-35; FROST 1994, pp. 51-59; RAAFLAUB 1996; PARKER 1996, pp. 67-71. 102 TREVER 1925, p. 125; HOW-WELLS 1928, app. XVI.8; WADE-GERY 1951, P. 218; ANDREWES 1958, pp. 112s.; GRAHAM 1964, p. 193-197; NENCI 1988, ad Hdt. VI 34; KOROMILA 1991, Pp. 191s.; KEEN 2000, pp. 66s.; LAVELLE 2005, p. 127; HORNBLOWER 2008, ad Thuc. VI 54. 103 Ps. Scymn. 707s. WADE-GERY 1951, pp. 218s.; GRAHAM 1964, pp. 33 n. 5; BIRASCHI 1989, pp. 30-33, 50-52; DEVELIN 1989, pp. 32s.; KEEN 2000, pp. 66s.; LOUKOPOULOU 2004, n. 663, p. 906; MORENO 2007, pp. 144s., 165167; TIVERIOS 2008, pp. 122s.; HOUBY NIELSEN 2009, p. 197. 104 URE 1922, p. 63; ANDREWES 1958, p. 112-114. 169 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico Numerosi studiosi ritengono che la preoccupazione di mantenere aperta la rotta marittima verso la Propontide nascesse dalla necessità per Atene di accedere alle risorse agricole provenienti dalle coste del Ponto Eusino. Il Sigeo ebbe cioè per Atene la funzione di una località sicura, in quanto polis coloniale e alleata, verso cui navigare e ove attraccare, al fine di disporre del circuito commerciale delle esportazioni di grano che giungevano dalle colonie sulle coste settentrionali e occidentali del Ponto Eusino che disponevano di un ampio surplus produttivo. Nel quadro del sistema internazionale ellenico, Sigeo e il Chersoneso Tracico fornirono ad Atene delle posizioni vantaggiose tramite cui garantire la capacità della madrepatria di difendere e mantenere l’afflusso degli approvvigionamenti cerealicoli contro eventuali azioni di disturbo di altre poleis avversarie. Per altro verso, a sua volta Atene poteva da là influenzare e ostacolare la navigazione e l’approvvigionamento delle altre poleis della Grecia continentale, qualora si trovassero nella necessità di dover fare affidamento sulle importazioni di grano105. La navigazione attraverso l’Ellesponto era peraltro di particolare difficoltà poiché attraverso il Bosforo, la Propontide e l’Ellesponto per una parte dell’anno spirano venti dalla direzione di nord-nordest, provenienti dalle steppe della Scizia e dal Ponto Eusino, che agitano le acque e impediscono ai navigli di fare vela e risalire dall’Egeo verso la Propontide, o da questo mare al Ponto Eusino: perciò i piloti greci erano costretti ad ormeggiare presso i porti posizionati all’imbocco dello stretto e attendere venti favorevoli da sud. La Propontide era inoltre interessata da una continua corrente marina che rendeva difficoltosa la navigazione in mare aperto e richiedeva manovre particolari ai piloti che risalivano dall’Egeo. Poste queste condizioni geo-metereologiche, si palesa l’importanza della posizione di Sigeo106. La valutazione del ruolo di Sigeo entro la politica marittima pisistratide in relazione all’importazione di cereali dal Ponto Eusino deve essere comprovata alla luce della complessa, e tutt’ora discussa, questione storica relativa alle capacità alimentari del territorio dell’Attica in epoca arcaica, cioè al rapporto fra la produzione agricola e la crescita della popolazione, e alla 105 WRIGHT 1892, pp. 9, 55, 65, 73s.; HOW-WELLS 1928, app. XVI.8; WADE-GERY 1951, p. 218; WHITE 1955, p. 17; FRENCH 1957, pp. 9, 50, 52, 55s.; ANDREWES 1958, pp. 111-113; GRAHAM 1964, pp. 32-34, 192s.; PICCIRILLI 1973, n. 7; HAAS 1985, pp. 41-43; NENCI 1988, ad Hdt. VI 34; DAVIES 1992, pp. 300s.; AUSTIN 1994, pp. 558564; DAVIES 1997, pp. 134s.; SCOTT 2000, p. 98; DE STE. CROIX 2004, pp. 353-367; HOUBY-NIELSEN 2009, pp. 196s. 106 ANDREWES 1982 a, p. 374; ANDREWES 1982 b, pp. 404s.; KOROMILA 1991, pp. 16-40; GREAVES 2000, p. 4849; HÜNEMÖRDER 2011, s.v. “Etesiai” in BNP. Sull’impossibilità di navigare da Atene verso Lemno con vento contrario vd. Hdt. VI 139.4. Viceversa sul favorevole influsso dei venti Etesii di nord-est nella navigazione dall’Ellesponto in direzione dell’Egeo, vd. Hdt. VI 140. Non diversamente dalla situazione qui discussa, nel IV secolo i venti Etesii influenzano le scelte militari e politiche di Filippo II di Macedonia e di Atene nelle operazioni in Chersoneso e nell’Ellesponto: vd. Demosth. De Chers. 8.14-18. Sulla corrente marina nella Propontide, oltre alla bibliografia citata, si veda l’attestazione in Strab. XIII 1.22. 170 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico possibilità di stimare la produttività del suolo e l’andamento dei raccolti delle antiche poleis greche. Per altro verso la ricostruzione proposta per Sigeo richiede la verifica dello sviluppo e dell’evoluzione diacronica della produzione agricola delle colonie elleniche nel Ponto Eusino e, particolarmente, dell’esportazione di surplus cerealicolo verso la Grecia, o perlomeno verso la Propontide. Gli studi specializzati in questa materia hanno determinato infatti che Atene e l’Attica furono perlopiù autosufficienti dal punto di vista alimentare fino al IV secolo: questa stima smentirebbe dunque che la strategia pisistratide fosse volta, nel VI secolo, a procurare alla polis le risorse cerealicole del Ponto107. Eppure, le analisi più approfondite valutano non solo il rapporto dell’area coltivabile dell’Attica in relazione alla stima della crescita della popolazione, ma prendono in considerazione un complesso sistema di fattori quali, ad esempio, la bassa produttività del suolo in Attica, la mancata pratica di un’adeguata rotazione dei raccolti e concimazione dei terreni in Grecia, il basso rapporto fra seminato e produzione, soprattutto la peculiare caratteristica della Grecia di subire drammatiche fluttuazioni annuali delle precipitazioni; si consideri infine che eventi accidentali o militari potevano facilmente sconvolgere l’equilibrio fra risorse e popolazione108. Questi ed altri fattori agronomici delineano dunque per la Grecia arcaica un sistema di poleis che, pur rientrando entro i parametri medi dell’autosufficienza alimentare, corsero sempre, fin dall’epoca più antica, il rischio di non raggiungere, di anno in anno, una produzione sufficiente alle necessità della propria popolazione. Si potrà pur riconoscere dunque che le importazioni alimentari non furono lo strumento principe della politica alimentare di Atene fino al IV secolo, tuttavia fin dall’arcaismo Atene dovette almeno poter fare affidamento su fonti alternative, esterene all’Attica, per implementare il proprio mercato cerealicolo in ricorrenti situazioni di necessità, emergenza o pericolo109. Per implementare le proprie risorse alimentari le poleis greche fecero certo ricorso ad un sistema economico regionale di centri e territori produttivi. In questo senso si potrebbe aggiungere un interesse economico ai moventi di Pisistrato nel mantenimento delle alleanze con Eretria e i Tessali, entrambe regioni ad alta produttività agricola110. Alla luce di una 107 DAVIES 1997, pp. 134s. GARNSEY 1988, pp. 107-133; KEEN 2000, soprattutto p. 63-65, 70-73; SCOTT 2000, pp. 99s.; REED 2003, pp. 15-19, 47s.; MORENO 2007. 109 Ps. Xen. Ath. Pol. II 6 esplicita le disconitinuità regionali della produzione cerealicola e stringe un chiaro nesso fra risorse alimentari e importazioni via mare; Plut. Sol. 24.1 tramanda della preoccupazione di Solone, nel 594, di limitare le esportazioni di cereali dall’Attica. DAVIES 1992, pp. 300s.; KEEN 2000, pp. 64-66; MORENO 2007, pp. 165-210. 110 MORENO 2007, pp. 37-76 sul sistema economico alimentare dei mercati interni all’Attica, pure nel V e IV secolo, pp. 77-140 sul sistema regionale di mercati cerealicoli legati all’Attica; TSETSKHLADZE, 2009, p. 335. 108 171 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico preoccupazione per l’autosufficienza alimentare dell’Attica nonché per il consolidamento di un sistema economico affidabile è da interpretarsi anche il fenomeno della colonizzazione, nel caso specifico la fondazione di Sigeo: la colonia consentì di dislocare parte della cittadinanza e alleggerire così il carico che gravava sulla produzione agricola attica; inoltre la nuova colonia poteva a sua volta creare un mercato ulteriore per rifornire Atene di risorse agricole e per l’esportazione delle produzioni specializzate dell’Attica, quali l’olio di oliva111. Spostando l’analisi all’area del Ponto Eusino, l’archeologia conferma effettivamente che dalla metà del VI secolo si intensificarono i contatti commerciali fra le colonie e la Grecia sia asiatica sia continentale. La ceramica attica, in particolare, compare in percentuali significative, insieme a ceramica di provenienza micrasiatica, fra i reperti di scavo in tutte le colonie greche del Ponto Eusino, dalla Scizia alla Colchide, proprio a partire dall’epoca della tirannide pisistratide112. Non mi pare il caso di discutere in questa sede il problema dell’identificazione dei vettori di questo commercio, che non necessariamente dovettero essere commercianti ateniesi113, ma intendo sostenere che la fondazione pisistratide a Sigeo trova la propria ragione d’essere nel quadro di questo sistema economico e commerciale che andava allora prendendo forma. Non era cioè una priorità che i commercianti ateniesi giungessero a navigare la Propontide e tantomeno il Ponto Eusino, delle cui pericolose acque non avevano peraltro alcuna esperienza: la considerazione di Pisistrato dovette piuttosto essere quella di garantire ai navigli provenienti da, o diretti ad, Atene un attracco sicuro in una regione di tangenza ed accesso a questo nuovo e dinamico areale commerciale114. Gli specialisti nello studio della grecità coloniale del Ponto notano la ingente e costante produttività delle coltivazioni di quelle poleis; proprio a partire dalla metà del VI secolo, è riconoscibile con chiarezza una tendenza nelle poleis dell’area danubiana e scitica ad espandere il territorio messo a coltivazione, tramite la fondazione di insediamenti rurali nella propria chora: è innegabile dunque che da quel periodo in avanti i Greci del Ponto Eusino producessero cereali in surplus, specificamente in vista della loro esportazione115. In considerazione dunque della storia che si è tracciata degli approvvigionamenti alimentari della Grecia e di Atene e in considerazione della cronologia dello sviluppo del 111 Plut. Sol. 24.1. HAAS 1985, pp. 43s.; MORENO 2007, pp. 33-74. KATCHARAVA 1990; LORDKIPANIDZÉ-MIKÉLADZÉ 1990, pp. 173-185; PAROMOV 1990; VINOGRADOVZOLOTAREV 1990; KATCHARAVA 1997; KREBS 1997; LICHELI 1997. 113 KEEN 2000, p. 63. 114 URE 1922, p. 63; DE STE. CROIX 2004, pp. 353s. 115 NOONAN 1973; PAROMOV 1990; ŠČEGLOV 1990; KREBS 1997; KEEN 2000; TSETSKHLADZE 2009, pp. 337-345. La prima attestazione letteraria dell’importazione di cereali dal Ponto Eusino verso la Grecia continentale riguarda l’inizio del V secolo: Hdt. VI 5, 26; VII 147. 112 172 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico commercio greco-pontico, mi pare innegabile che il Sigeo fosse inteso anche come un approdo ateniese che consentisse di accedere alle esportazioni di grano dal Ponto Eusino. Quand’anche si volesse applicare una giusta cautela nel valutare la portata delle importazioni ateniesi di grano dal Ponto Eusino in epoca arcaica, mi pare non superficiale considerare che attraverso l’Ellesponto transitava una varietà di merci di grande interesse provenienti dall’area pontica: dall’area danubiana e dalla Scizia provenivano essenziali materie prime e lavorate quali pelli, pelliccie, miele, cera, fibre di canapa, bestiame e cacciagione, nonché cavalli; dalle poleis costiere si esportavano grandi quantità di pesce essicato; Sciti e Traci erano fra i principali bacini umani da cui provenivano gli schiavi alla Grecia; i grandi fiumi che sfociavano nel Ponto Eusino dovevano essere una delle vie di transito per il commercio dei frammenti di ambra provenienti dall’Europa settentrionale; la Colchide era un’area di produzione di metalli preziosi; l’intero arco montano dei Carpazi, nella Tracia interna, era un’importante area metallifera i cui prodotti giungevano al Ponto lungo le vie di transito fluviale dell’Istro e dei suoi affluenti116. In conclusione mi pare vi siano sufficienti dati per considerare il fattore alimentare e commerciale fra i moventi principali della strategia di Pisistrato ed Egesistrato a Sigeo. In prima istanza Pisistrato dovette ritenere utile difendere la causa dell’antica fondazione coloniale ateniese in Troade, derivandone un immediato prestigio sociale e militare e trovandovi un espediente per mitigare le tensioni sociali in Atene e per migliorare il rapporto fra risorse e popolazione. In virtù anche della sua pregressa esperienza nell’Egeo settentrionale, Pisistrato era però anche al corrente del traffico commerciale che era andato sviluppandosi fra la Grecia propria e la grecità coloniale del Ponto e volle assicurarsi che Atene, la sua classe aristocratica e la sua stessa famiglia, non fossero tagliati fuori da questi sviluppi: Sigeo ricoprì dunque parallelamente questa funzione di accesso e controllo delle rotte commerciali verso la Propontide e allo stesso modo funse anche il possedimento tirannico dei Filaidi in Chersoneso. 116 Hdt. V 6; Strab. VII 4.6; XI 1.3; Pol. IV 38.4s. LORDKIPANIDZÉ-MIKÉLADZÉ 1990, pp. 170-185; ŠČEGLOV 1990, pp. 151-153; KOROMILA 1991, pp. 87s., 192-196; KATCHARAVA 1997; REED 2003, pp. 21-23; MORENO 2007, pp. 165-167; VON BREDOW-BOROFFKA 2011, s.v. “Thraci, Thracia” in BNP. 173 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico IV.4. La tradizione sulla conduzione della politica interna da parte dei Pisistratidi (540527) Con la terza e definitiva tirannide Pisistrato controllò Atene per diciannove anni, dal 546 al 528/7, fino alla sua morte117. La tradizione letteraria fornisce, come si è visto finora, un buon novero di notizie e informazioni sull’instaurazione della tirannide nel 546, circa le relazioni internazionali della famiglia tirannica e la conduzione della politica di Atene sul piano locale e inter-statale nei primi anni della tirannide, nel periodo 546-540 ca. La biografia di Pisistrato e le iniziative di natura internazionale dei Pisistratidi rimangono però senza trattazione puntuale per buona parte dei 19 anni di tirannide, fino alla successione di Ippia nel 528/7. La tradizione scritta fornisce piuttosto memoria del modo in cui Pisistrato condusse la politica locale ad Atene: il governo di Pisistrato fu ricordato come non gravoso, né odioso, misurato e saggio, rispettoso delle consuetudini e delle istituzioni politiche dello stato; i Pisistratidi imposero una tassazione oculata e dedicarono particolare attenzione alle condizioni economiche degli strati più bassi della società, pure ottenendo comunque l’appoggio di “molti dei nobili come dei democratici (τῶν γνωρίµων καὶ τῶν δηµοτικῶν οἱ πολλοί)118; il giudizio nelle fonti fu tanto positivo che alcuni inserirono il tiranno Pisistrato nel novero dei sapienti della Grecia119. I dati archeologici e la critica moderna concordano con la tradizione antica nell’attribuire a Pisistrato una politica locale di un certo rilievo soprattutto nell’ambito urbanistico, cultuale e giuridico120. Se non per un cenno in Tucidide in merito alla conduzione positiva delle guerre di Atene, questa tradizione non apporta dati utili alla ricostruzione dell’operato di Pisistrato sul piano internazionale. Per un verso sembra si debba dunque inferire che, dopo la conquista del potere ad Atene, Pisistrato abbia posto subito i capisaldi della propria politica internazionale e che poi, per il resto del suo governo e della sua vita, egli abbia rinunciato ad ulteriori interventi, piuttosto mantenendo e consolidando la rete creata a partire dai primi anni della sua vita pubblica, poi durante l’esilio dal 556 e infine nei primi anni di tirannide successivi al 546. Per altro verso, il silenzio delle fonti sulle relazioni internazionali di Pisistrato nel periodo 540-528 può, a mio avviso, colmarsi con un’analisi e una contestualizzazione storica delle informazioni disponibili per la tirannide del successore Ippia, ricostruendo cioè la catena di eventi e cambiamenti intercorsi fra l’uno e l’altro e dunque infine delineando un quadro più dinamico anche dei rimanenti dodici anni dell’operato di Pisistrato. 117 Aristot. Ath. Pol. 17.1. SANDYS 1912, pp. 58-60, 68s.; ADCOCK 1924; RHODES 1981, ad Aristot. Ath. Pol. 17.1. Aristot. Ath. Pol. 16.9. 119 Hdt. I 59.6; Thuc. VI 53.3, 54.5-7; Aristot. Ath. Pol. 14.3, 16.1-17.1; Diod. IX 57; Diog. Laert. I 9. 120 KYLE 1987, p. 159. 118 174 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico IV.5. Le risorse economiche e militari del Pangeo nel mantenimento del potere di Pisistrato La terza e definitiva tirannide di Pisistrato fu “radicata” (rhizòo), secondo le fonti, grazie alle numerose guardie armate mercenarie (epìkouroi) e alle ingenti ricchezze (chrèmata) provenienti dall’Attica e dal fiume Strimone121. Queste ricchezze derivavano certamente dalle miniere del monte Pangeo in Tracia, ove Pisistrato aveva istituito un possedimento personale durante l’esilio da Atene nel periodo 556-546; è evidente peraltro che quelle stesse risorse finanziarie furono il mezzo per assoldare e mantenere le proprie guardie mercenarie testé menzionate122. Nelle “ricchezze provenienti da Atene” (χρηµάτων συνόδοισι, τῶν µὲν αὐτόθεν) la critica ha identificato i proventi dell’attività estrattiva presso le miniere del Laurion in Attica123; a questi introiti mi pare necessario aggiungere anche una serie di ricchezze che il tiranno dovette avere modo di raccogliere in patria da fonti alternative all’attività mineraria, dalla gestione delle proprietà familiari o dai vantaggi derivati dall’ampio potere politico che poteva esercitare entro lo stato ateniese124. Volendo dunque accettare le parole di Erodoto dovremo avanzare la ricostruzione secondo cui, anche durante la tirannide, i proventi economici del Pangeo in Tracia e i mercenari che questi assicuravano furono strumenti importanti nel mantenimento del potere personale contro le possibilità di reazione degli avversari aristocratici ateniesi125. Nondimeno Pisistrato integrò queste due risorse in un insieme molto più ampio di interventi politici, sociali, urbanistici ed 121 Hdt. I 64.1; Aristot. Ath. Pol. 15.2. G. Grote ritenne di dover interpretare il passo erodoteo nel senso che le ricchezze provenissero dall’Attica, mentre i mercenari provenissero dallo Strimone: GROTE 1862, vol. IV, p. 145. Personalmente concordo con l’obiezione mossa a Grote da G. Rawlinson che non riconobbe elementi sufficienti per attribuire alle parole di Erodoto tale distinzione: RAWLINSON 1858, vol. I, p. 201. Mi pare ormai ampiamente provato il carattere minerario e il ruolo economico che lo stanziamento al Pangeo ebbe per Pisistrato; si può d’altronde infine accettare che le squadre di mercenari impiegate dal tiranno provenissero effettivamente dalla Tracia, piuttosto che dall’Attica. HOPPER 1961, pp. 141-146; COLE 1975. 123 DESBOROUGH COOLEY – LARCHER 1844 vol. I, p. 69; URE 1922, pp. 41-51, 291s.; HOPPER 1961, pp. 141-144; DAVERIO ROCCHI 1973, pp. 95-97, 106; ANDREWES 1982b, pp. 394s; WATERS-ANNIBALETTO 2000, n. 1 ad Hdt. I 64; HOUBY NIELSEN 2009, pp. 193-196. 124 Erodoto stesso non menziona infatti le miniere dell’Attica, ma usa invece un avverbio non specifico per riferirsi a “ricchezze raccolte sul luogo (Atene)”: il riferimento potrebbe essere dunque a sovvenzioni dei clienti locali, requisizioni agli avversari espulsi, introiti familiari agricoli o commerciali, forme di tassazione o di appropriazione di risorse pubbliche. Non è peraltro questione di secondo ordine quella in merito al grado di controllo che il tiranno fu in grado esercitare sui beni pubblici quali appunto le miniere del Laurion. Hdt. VII 144. RAWLINSON 1858, vol. 1, pp. 200s.; HOPPER 1961, pp. 140s.; ANDREWES 1982b, p. 409. Sulla tassazione imposta agli Ateniesi dai Pisistratidi: Thuc. VI 54. Sulla questione del ruolo dei mercenari stranieri alla battaglia di Pallene e nel mantenimento del potere di Pisistrato: ANDREWES 1958, pp. 107-115; DREWES 1972, p. 144; FROST 1984, pp. 291293; BETTALLI 1995, pp. 88-90; DE LIBERO 1996, pp. 65s.; HÖLKESKAMP 1997, p. 484; LAVELLE 1997; DE LIBERO 1998; LAVELLE 2005, pp. 136-139. 125 STEIN HÖLKESKAMP 1996, pp. 654-656; DELIBERO 1996, pp. 81-84; LAVELLE 1997 recensione a DE LIBERO 1996; DELIBERO 1997 fornisce risposta a LAVELLE 1997. 122 175 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico economici rivolti alla gestione della polis e tendenzialmente di carattere demagogico tesi ad assicurare un consenso ampio e trasversale, sia fra il dèmos che fra le famiglie più eminenti126. È interessante rilevare da questa ricostruzione il meccanismo per cui le iniziative di politica estera, quale fu appunto l’intervento in Tracia, ebbero per i tiranni non solo un ruolo nell’affermazione del ruolo della famiglia e della polis entro il sistema internazionale, ma anche nella successiva gestione del potere e del consenso al livello locale ateniese, insieme agli interventi propriamente di gestione amministrativa: si afferma dunque quella relazione di dipendenza reciproca fra ambito locale e ambito internazione che è uno dei temi che emergono ricorrenti in questa ricerca. Ora si ripropone il problema relativo alla durata del controllo pisistratide dell’insediamento al Pangeo, poiché ci si pone l’obiettivo di capire quali elementi della politica internazionale furono determinanti nell’assicurare il mantenimento, a lungo termine, del potere tirannico di Pisistrato e dei suoi successori, dunque nel periodo 540-528/7 e poi in seguito. Parte della critica moderna ritiene che l’insediamento presso le miniere del Pangeo sia coinciso con il decennio di esilio (556-546), cioè che sia stata un’operazione limitata e temporanea volta all’accumulo di risorse economiche e militari in vista del rientro forzato ad Atene e in funzione delle spese militari da sostenere nella preparazione dello sbarco a Maratona. Alla luce di questa ricostruzione si potrebbe giustificare infatti il fatto che la tradizione storica ne abbia perso presto le tracce127. Relativamente invece al precedente insediamento para-coloniale di Rhaikelos si è ipotizzato che esso si sia unito ad altri centri preesistenti dell’area, venendo così assorbito da entità statali più organizzate128; d’altronde lo sviluppo della situazione al Mt Pangeo presso il fiume Strimone rimane invece poco chiaro e poco analizzato. Senz’altro i Pisistratidi controllavano e sfruttarono l’insediamento del Pangeo nel 546, quando, in preparazione del rientro in Attica dall’esilio, dalla Tracia pervennero ricchezze e corpi armati mercenari che assicurarono la vittoria alle forze del tiranno. Eppure non mi pare si debba sottovalutare l’osservazione di Erodoto secondo cui durante la terza tirannide, dunque anche dopo il rientro in Attica e dopo la stabilizzazione della tirannide, Pisistrato rese saldo il proprio potere grazie ai mercenari (epìkouroi) e alle ricchezze (chrèmata) provenienti dallo Strimone129. Questa testimonianza impone dunque di escludere che i Pisistratidi abbiano abbandonato il loro insediamento presso lo Strimone pur essendo rientrati in Attica: l’insediamento familiare in Tracia rimase cioè strategico anche nel corso della tirannide di 126 Aristot. Ath. Pol. 16.9. COLE 1975, pp. 42-44; VENEDIKOV 1977; ISAAC 1986, pp. 14-17, 33, 145s.; BRAUND 2001, pp. 7, 13-25. 128 COLE 1975. 129 Hdt. I 64; Aristot. Ath. Pol. 15.2. COLE 1975; BING 1977, p. 311. 127 176 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico Pisistrato il quale continuò a usufruire dei proventi economici derivanti dallo sfruttamento dell’area mineraria, trasferendo ricchezze a vantaggio del potere personale che deteneva ad Atene130. Se non è dunque necessario legare il rientro in Attica all’abbandono delle attività in Tracia, ritengo più sicuro scendere nella cronologia della storia dei Pisistratidi e dell’area tracica per verificarvi situazioni ed eventi politico-strategici che abbiano potuto sconvolger gli equilibri della zona: in questo senso ritengo si debba abbassare la data della fine dell’insediamento pisistratide presso il Pangeo al periodo della spedizione scitica di Dario I, nel 513, dunque durante la tirannide di Ippia, periodo per il quale le fonti mostrano un significativo silenzio in merito alla presenza dei Pisistratidi in Tracia, peraltro nonostante le notizie sulle operazioni militari del generale persiano Megabazo. IV.6. L’esilio e il rientro di Cimone filaide e la proclamazione olimpionica di Pisistrato (532) La storia della famiglia dei Filaidi fornisce una traccia per aggiungere alcune informazioni sulla posizione di Pisistrato sul piano internazionale nel periodo 540-528. Quando il Filaide Cimone riportò la sua prima vittoria olimpica con la celebra quadriga di cavalle, secondo Erodoto, egli era allora in esilio, allontanato da Atene da Pisistrato; questo avvenimento è stato collocato nell’Olimpiade 61, nel 536. Nella successiva olimpiade (Ol. 62, nel 532) Cimone vinse per la seconda volta la gara delle quadrighe, ma egli concesse a Pisistrato di essere proclamato vincitore (παραδιδοῖ Πεισιστράτῳ ἀνακηρυχθῆναι): così, secondo l’accordo stretto col tiranno (ὑπόσπονδος), egli poté fare ritorno ad Atene e riottenere le sue proprietà. La terza vittoria, all’Olimpiade 63, che rese Cimone oltremodo celebre, ricade in un’epoca in cui Pisistrato era già morto, se pur da poco, nel 528/27131. L’imposizione dell’esilio a Cimone da parte di Pisistrato è apparentemente in controtendenza rispetto all’intesa inter-familiare che questa ricerca è andata individuando fra Pisistratidi e Filaidi132. È pure comprensibile che moventi, atteggiamenti e scelte individuali abbiano caratterizzato il rapporto fra i Pisistratidi e singoli individui dei Filaidi: la storia tracciata per questa famiglia ha infatti individuato per Cimone una posizione e uno status atipici rispetto a quelli del resto dei Filaidi. Gli elementi che si pongono in evidenza nel motivare 130 HOPPER 1961, pp. 141-146. Hdt. VI 103. 132 CULASSO GASTALDI 1996, pp. 507s. 131 177 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico l’alleanza che i Pisistratidi furono interessati a mantenere con i Filaidi sono infatti quelli della discendenza dai Cipselidi, tiranni di Corinto133, e l’impegno congiunto nell’organizzare la colonizzazione del Chersoneso Tracico e nel posizionamento di insediamenti ateniesi sulle rotte dell’Ellesponto. Cimone non rispondeva invece a nessuna di queste due caratteristiche: egli era figlio di Stesagora e non di Cipselo ateniese; inoltre la stessa notizia dell’esilio, del rientro e della successiva riappropriazione delle ricchezze in Attica testimoniano la volontà di Cimone di rimanere ad Atene. Questi aspetti del carattere e dell’operato di Cimone giustificano l’attrito fra lui e Pisistrato che provocò il suo esilio alcuni anni prima del 536. Inoltre queste medesime caratteristiche furono il motivo per cui, più tardi, anche Ippia, nel 528/7, venne in disaccordo aperto con Cimone, al punto che si giustifica agli occhi della tradizione storiografica successiva l’attribuzione del commissionamento dell’assassinio di Cimone, di recente vincitore olimpico, alla volontà del tiranno appena insediato al potere. Se pure dunque nel 540 ca. Pisistrato godeva di una buona e costruttiva intesa con Milziade I, attivo nella penisola del Chersoneso Tracico, viceversa la presenza di Cimone ad Atene e la sua attività agonale sul piano panellenico rappresentarono invece una minaccia per il tiranno. La storia dell’esilio di Cimone e poi dell’accordo che permise il suo rientro ad Atene ha fornito alla critica l’occasione per riflettere sull’interesse dei Pisistratidi per l’ippotrofia134; relativamente all’analisi delle relazioni internazionali, mi pare che la notizia sia significativa perché permette di collocare i Pisistratidi entro il circuito sociale e culturale panellenico del santuario di Olimpia e in genere entro quel gruppo aristocratico panellenico che frequentava i grandi santuari e le celebrazioni agonistiche dell’Ellade135. Già il padre di Pisistrato, Ippocrate, visitò il santuario di Olimpia in occasione delle celebrazioni panelleniche in onore di Zeus, alla fine del VII sec: in quel contesto si colloca l’incontro tra lui e lo spartano Chilone136. L’accordo che Pisistrato strinse con Cimone in occasione dell’Olimpiade del 532 ebbe come scopo proprio quello di guadagnare l’onore e la celebrità della vittoria olimpica alla medesima celebrazione cultuale panellenica. È attestata epigraficamente una dedica di Ipparco, figlio di Pisistrato, al tempio di Athena Pronaia presso il santuario di Apollo Ptoios in Beozia. L’analisi e la contestualizzazione che la critica ha condotto su questa epigrafe e su un’altra ad essa affine, ma 133 ANDREWES 1958, pp. 105s. Sull’importanza dell’ippotrofia per i Pisistratidi la critica ha messo in evidenza l’onomastica familiare, in cui abbondano nomi con la radice Hipp-, il rientro di Pisistrato dal primo esilio a bordo di un carro (Hdt. I 60; Aristot. Ath. Pol. 14.4), nonché l’attenzione al programma agonale delle Grandi Panatenee, ad Atene; a queste osservazioni aggiungo la notizia erodotea secondo cui i figli a cavallo, al comando di un contingente di cavalieri, inseguirono gli Ateniesi in fuga dal campo di battaglia di Pallene, nel 546 (Hdt. I 63). KYLE 1987, pp. 158s.; DUPLOUY 2006, pp. 133-135; contra DAVIES 1971, p. 454. 135 NENCI 1988, ad Hdt. VI 103. 136 Hdt. I 59. 134 178 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico dedicata invece da un membro degli Alcmeonidi, porta a ritenere che l’iscrizione fosse apposta sulla base di una statua di Atena e che l’occasione per la dedica fosse quella di una vittoria agli agoni delle Grandi Panatenee di Atene, nel 520 ca137. Se questa ricostruzione fosse valida contribuirebbe a confermare ulteriormente l’attenzione dei Pisistratidi non solo verso il santuario di Olimpia, ma in genere verso l’agonismo aristocratico, le forme di proclamazione pubblica e il circuito dei santuari panellenici. Come per i Filaidi Milziade I e Cimone, entrambi vincitori olimpionici, anche per i Pisistratidi la frequentazione dei santuari panellenici e particolarmente, nel caso in discussione, del santuario di Olimpia aveva un valore non solo cultuale e onorifico, ma anche politico: la partecipazione e la vittoria negli agoni offrivano l’opportunità di dimostrare e affermare il proprio merito personale e il prestigio della famiglia, costituivano momenti di visibilità internazionale privilegiati e dunque anche di propaganda, di dimostrazione e ricollocamento del proprio status: conseguentemente ne derivava anche un miglioramento del proprio ascendente politico, sia entro la polis nei confronti dei concittadini, sia nel contesto internazionale e nel circuito aristocratico panellenico; per Pisistrato e per i tiranni si trattava anche di giustificare tramite azioni fisiche e simboliche il ruolo di comando che essi detenevano nella gestione della politica statale. La proclamazione della vittoria olimpica e tanto più la cessione da parte di Cimone di quell’onore furono una dimostrazione per il popolo e gli aristocratici di Atene del potere di Pisistrato e della necessità per tutti di cedere alla sua tirannide. Viceversa l’accordo fra Pisistrato e Cimone privava il Filaide degli onori olimpionici, imponeva una riduzione del suo status e una sottomissione della sua libertà di auto-affermazione nei confronti del tiranno138. Nel contesto internazionale Pisistrato proclamava indiscutibilmente la propria supremazia su Atene e dunque la sua posizione quale referente politico per i concittadini e lo stato. IV.7. I figli durante la tirannide di Pisistrato Pisistrato ebbe quattro figli nel corso della propria vita: Ippia e Ipparco nacquero da una donna ateniese che egli sposò prima della tirannide del 560; nel periodo intorno alla prima tirannide egli sposò Timonassa di Argo da cui ebbe i figli Egesistrato, soprannominato Tessalo, e Iofonte. Ippia era il primogenito e perciò fu il naturale ed indiscusso erede e successore di Pisistrato nel controllo tirannico: alla morte di Pisistrato, nel 528, Ippia subentrò perciò al padre 137 138 SHAPIRO 1989, pp. 49s.; KYLE 1987, pp. 158s. NENCI 1988, ad Hdt. VI 103; KYLE 1987, pp. 158s. 179 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico nella gestione dell’òikos pisistratide, ereditò le relazioni familiari e personali che Pisistrato aveva costruito, assunse la tirannide e perciò il controllo politico di Atene e portò avanti dunque anche le relazioni internazionali dei Pisistratidi e la direzione della politica estera di Atene139. Nonostante la posizione preminente di Ippia, si è già puntualizzato come la gestione della tirannide dipendesse da un’organizzazione familiare organica ed allargata che faceva in modo di assicurare il controllo di posizioni politiche nella polis oppure di contesti strategici o geografici extra-poleici tramite l’intervento e il posizionamento di membri della famiglia o alleati a loro vicini. Si riscontra dunque il fatto che i due figli ateniesi, Ippia ma anche Ipparco, ricoprirono ruoli significativi nella storia e nella politica di Atene degli ultimi decenni del VI secolo; dei due figli argivi si conosce la carriera di Egesistrato/Tessalo nel conservare il potere dei Pisistratidi a Sigeo in Troade140. Appunto entro la prospettiva della gestione familiare, piuttosto che personale, del potere tirannico già durante la tirannide di Pisistrato si può notare l’intervento dei figli nella gestione del controllo su Atene e delle iniziative internazionali. Il consiglio ad Eretria in vista del rientro ad Atene (546) La prima notizia relativa alla partecipazione al potere di Ippia risale all’epoca del secondo decennale esilio dei Pisistratidi da Atene: allora Pisistrato, rifugiatosi ad Eretria nel periodo precedente al 546, tenne un consiglio insieme ai propri figli per decidere come procedere. L’opinione che prevalse fu quella di Ippia, al quale Erodoto attribuisce la proposta di raccogliere alleati, denaro e soldati fra quelle poleis che avevano degli obblighi nei confronti della loro famiglia e dunque di rientrare con la forza ad Atene per conquistare il potere141. In prima istanza il passo di Erodoto fornisce testimonianza della partecipazione della famiglia nei processi decisionali della tirannide e dimostra come, già nel 546, il successore destinato Ippia ricoprisse un ruolo significativo e attivo e fosse in grado di coadiuvare il padre e impostare la strategia per la famiglia. Relativamente alla comprensione delle relazioni internazionali dei Pisistratidi, il resoconto erodoteo implica che Ippia fosse a conoscenza della struttura della rete di alleanze costruita e sostenuta da Pisistrato: almeno già nel 546 egli era cioè al corrente di quali fossero gli alleati e gli associati della propria famiglia e delle loro posizioni strategiche e politiche, era in grado di valutare la natura e il grado di reciprocità e il legame che li univa ai Pisistratidi, possedeva informazioni sufficienti in merito alle loro 139 Hdt. V 94; Thuc. VI 54s.; Aristot. Ath. Pol. 17s. HOW-WELLS 1928, ad Hdt. V 94; SUTHERLAND 1943, p. 142; DAVIES 1971, n. 11793; RHODES 1981, ad Aristot. Ath. Pol. 14-19; LAVELLE 2005, pp. 103s., 207; DUPLOUY 2006, pp. 86s.; HORNBLOWER 2008, ad Thuc. VI 54; KINZL 2011, s.v. “Peisistratids”, in BNP. 140 Aristot. Ath. Pol. 18.1s. 141 Hdt. I 60. VIVIERS 1987. 180 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico capacità politiche, economiche o militari e al contributo che avrebbero potuto fornire per il rientro ad Atene. La compartecipazione dei figli in questa circostanza nasce anche dalla natura stessa delle relazioni internazionali che segnavano la posizione dei Pisistratidi nella comunità di élite della Grecia arcaica, specificamente in quel momento della loro carriera politica: si è infatti più volte avuto modo di notare come la natura personale e familiare di quelle relazioni comportasse la loro applicabilità all’òikos dei contraenti e soprattutto si è chiarito il loro carattere ereditario. In questo senso dunque fu naturale, se non indispensabile, per Pisistrato chiamare i figli, e soprattutto il primogenito Ippia, a partecipare della gestione della tirannide e delle relazioni internazionali sue ma, per necessaria estensione, anche della famiglia. Sulla base di queste considerazioni dunque si giustifica anche quella naturale continuità che si rileva nella narrazione della vicenda storica dei Pisistratidi al momento della morte di Pisistrato e dell’assunzione del potere da parte di Ippia142. Quando fu poi messa in atto la proposta di Ippia e i Pisistratidi con i propri alleati giunsero alla decisiva battaglia di Pallene, nel 546, di nuovo Erodoto fornisce testimonianza dell’intervento attivo dei figli. Nella battaglia la maggior parte dell’esercito ateniese fu presto volta in fuga; allora Pisistrato ordinò ai figli di inseguire gli Ateniesi per assicurarli delle sue intenzioni non violente e per persuaderli a rientrare con tranquillità nelle proprie abitazioni e a riprendere le loro abituali occupazioni143. Il passo testimonia di una posizione di Ippia e Ipparco nell’organizzazione militare delle forze pisistratidi, quali comandanti della cavalleria; inoltre è segno del carattere di rappresentatività politica e di autorità dei figli quali portavoce di Pisistrato nei confronti della comunità. 142 143 SUTHERLAND 1943, p. 142. Hdt. I 63. 181 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte IV: Pisistrato al potere tirannico 182 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi PARTE V: I FILAIDI V.1. I Filaidi: la posizione della famiglia nella diplomazia internazionale Insieme ai Pisistratidi che tennero la tirannide e agli Alcmeonidi che a questi si opposero, i Filaidi furono una delle famiglie influenti e attive nell’Atene di epoca arcaica e del V secolo; i Filaidi si inserirono appieno nell’élite aristocratica panellenica e internazionale, ebbero un ruolo nella gestione della politica estera di Atene e mantennero una dinastia tirannica nel Chersoneso Tracico durante il periodo della tirannide pisistratide ad Atene. La prestigiosa parentela dei Filaidi con i Cipselidi di Corinto Le prime tracce degli interventi dei Filaidi sul piano extra-poleico risalgono alla seconda metà del VII secolo, quando la famiglia strinse legami di parentela con la celebre e potente dinastia dei Cipselidi, tiranni di Corinto. La ricostruzione della genealogia dei Filaidi è compromessa dalla frammentarietà e imprecisione delle fonti e si è prestata a interpretazioni diverse; ciononostante la critica ha ricostruito un quadro piuttosto preciso entro il quale, specificamente, la parentela con i Cipselidi è un dato indiscusso1. Nel 576 ca., il celebre tiranno di Sicione, Clistene, diede in sposa la figlia Agariste e per scegliere il migliore fra i pretendenti tenne un convito panellenico cui parteciparono tredici aristocratici provenienti da tutto il mondo greco2. In un primo momento il favorito fra quel gruppo di élite fu l’ateniese Ippoclide, figlio di Tisandro, della famiglia ateniese dei Filaidi; sebbene la vicenda si sviluppò in modo tale che Agariste andò infine in sposa al secondo pretendente proveniente da Atene, l’Alcmeonide Megacle, figlio di Alcmeone. La notizia è significativa, non solo per la preferenza inizialmente accordata a Ippoclide, ma perché questi costituì un valido pretendente esplicitamente in virtù della parentela che i Filaidi avevano con i Cipselidi di Corinto (καὶ ὅτι τὸ ἀνέκαθεν τοῖσι ἐν Κορίνθῳ Κυψελίδῃσι ἦν προσήκων), oltre che per la prestanza del giovane stesso (καὶ κατ᾽ ἀνδραγαθίην ἐκρίνετο)3. Questa discendenza di membri dei Filaidi dai potenti tiranni di Corinto trova ulteriore conferma nei dati ricavabili dall’onomastica: il filaide Milziade I, vissuto nella seconda metà del VI 1 Hdt. VI 34, 103.1; Pherecyd. Ath. BNJ 3 F 2 (ap. Marcell. Vit. Thuc. 2-5) giunge nondimeno in forma frammentaria e certamente corrotta; Paus. IV 23.10, VI 19.6, VIII 39.3 confonde Milziade I per Milziade II figlio di Cimone. BLAKESLEY 1854, ad Hdt. VI 34, n. 84; ANDREWES 1958, pp. 105s.; RAWLINSON 1858, ad Hdt. VI 35; HAMMOND 1956; MEIGGS-LEWIS 1969, p. 11; DAVIES 1971 n. 8429, pp. 293-312; FORNARA 1983, n. 26, pp. 25s.; DUPLOUY 2006, pp. 56-64; KINZL 2011, s.v. “Miltiades” in BNP. 2 MCGREGOR 1941, pp. 268-279, 287; MORETTI 1957, n. 96 data la vittoria olimpica di Clistene al 572, in occasione della quale fu annunciato l’invito del tiranno a concorrere per la mano di Agariste; PARKER 1994, pp. 412s., 416s., 421. 3 Hdt. VI 126-130, in particolare 128. Contra ALEXANDER 1959, p. 133. 183 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi secolo, è riconosciuto dalle fonti affidabili come il figlio di Cipselo4; questi è da identificarsi non con l’omonimo tiranno corinzio, ma senza dubbio con un omonimo ateniese che ricoprì l’arcontato nel 597/6, secondo attestazioni epigrafiche5. Confrontando fra loro i dati dunque assume cogenza la ricostruzione secondo cui, nella seconda metà avanzata del VII secolo, il tiranno di Corinto, Cipselo, diede una figlia in sposa ad un membro dei Filaidi di Atene, Agamestore. Da quel matrimonio nacquero due figli: il primo ebbe nome Tisandro e fu il padre di Ippoclide, il secondo prese il nome dal nonno materno e fu appunto quel Cipselo ateniese che fu arconte eponimo nel 597/6 e il padre di Milziade I. Sulla base della data dell’arcontato di Cipselo e dell’età minima di trenta anni per ricoprire quella carica, si desume che questo Cipselo filaide nacque poco prima del 627 e che il matrimonio di Agamestore con la donna cipselide dovette avere luogo pochi anni prima, nel 635-6306. Fra le pratiche elleniche più comuni nella scelta dei nomi dei neonati vi era quella di tramandare il nome del nonno, cioè del padre di uno dei genitori; normalmente i nomi erano tramandati all’interno della linea paterna; quando la scelta ricadeva invece sulla linea materna si possono desumere circostanze in cui il nonno era un personaggio di particolare spicco nella società aristocratica panellenica, oppure casi in cui il padre del neonato assegnava una particolare importanza personale o politica all’alleanza inter-familiare che il matrimonio aveva sancito e che la nascita contribuiva a convalidare7. La genealogia dei Filaidi era dunque indubitabilmente legata ai Cipselidi di Corinto per via dell’alleanza matrimoniale fra il filaide Agamestore e il tiranno Cipselo; che quella alleanza fu poi onorata e tenuta in alta considerazione dalla famiglia ateniese è comprovato dall’onomastica scelta per uno dei figli nati dall’unione interdinastica. Questa parentela si dimostrò ancora valida un quarto di secolo più tardi, nel 576 ca., quando fu un elemento favorevole nella valutazione dei meriti del filaide Ippoclide alla corte di Clistene di Sicione. È significativo che Clistene valuti con tale interesse la discendenza cipselide, in un’epoca in cui già la tirannide era decaduta a Corinto: si tratta a mio avviso di un’ulteriore traccia del valore onorifico e del prestigio sociale che il legame con i celebri tiranni di Corinto poteva assicurare entro l’élite aristocratica panellenica8. 4 Hdt. VI 34.1, 35.1, 36.1. MEIGGS-LEWIS 1969, n. 6 pp. 9-12. 6 HOW-WELLS 1928 ad Hdt. VI 38; DAVIES 1971, pp. 297-299; HOLLADAY 1977, pp. 43s., 55 n. 11; PICCIRILLI 1978; HERMAN 1990, p. 352. 7 Su questo punto nonchè sulla pratica delle alleanze interdinastiche entro l’aristocrazia ellenica e dunque anche fra tiranni in genere: WILL 1955, PP. 440, 546; ANDREWES 1958, pp. 105s.; DAVERIO ROCCHI 1973; VERNANT 1973; HOLLADAY 1977, pp. 43-44; GERNET 1983, pp. 157-159, 287-299; HERMAN 1990, pp. 19-26, 352s.; CAWKWELL 1995, p. 84, p. 84; ANDERSON 2005, 183-192. 8 WILL 1955, pp. 363-371. Vd. supra, pp. 64ss. 5 184 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi L’alleanza matrimoniale fra Filaidi e Cipselidi nel contesto internazionale Mi pare opportuno tentare di contestualizzare quest’alleanza interfamiliare entro il quadro degli eventi coevi e della situazione politica internazionale, al fine di comprenderne gli eventuali moventi. L’alleanza matrimoniale fra i Filaidi e i Cipselidi, stretta tramite il matrimonio di Agamestore con una figlia di Cipselo, fu sostanzialmente coeva all’alleanza che portò l’ateniese Cilone a sposare la figlia di Teagene, tiranno di Megara. Il matrimonio di Agamestore può essere avvenuto nel periodo 535-530 mentre quello di Cilone dovrebbe risalire a poco prima del suo tentativo di prendere la tirannide ad Atene, dunque poco prima del 536 o del 5329. Ad un primo livello interpretativo, le due coeve alleanze familiari sono espressione della rivalità politica fra le famiglie aristocratiche e politicamente attive di Atene e dimostrano quali furono gli strumenti della lotta politica nella polis arcaica. Il prestigio e la ricchezza costituirono mezzi con cui assicurarsi alleanze personali utili al di fuori della polis; da quegli alleati potenti derivava ulteriore capacità operativa: nel caso di Cilone l’aiuto militare e nel caso dei Filaidi un duraturo marchio di prestigio nell’élite panellenica10. La relazione fra Cilone e Teagene, è noto, ebbe un chiaro scopo politico-militare poiché, grazie al contributo del suocero, Cilone conquistò l’acropoli di Atene; l’alleanza trova una contestualizzazione entro il conflitto di lungo periodo fra Atene e Megara per il controllo di Salamina. La storia del fallimento del tentativo ciloniano e le notizie sui continuati scontri fra Ciloniani e Alcmeonidi negli anni successivi testimoniano della presenza nella classe politica ateniese di opposte correnti di pensiero, in merito alla politica da seguire nelle relazioni con Megara e nella questione di Salamina: una favorevole alla riconciliazione con Megara e un’altra, al contrario, votata a una politica militare e navale. Per quest’ultimo gruppo politico Corinto rappresentò un naturale alleato, in funzione anti-megarese. In questa prospettiva di politica internazionale va, a mio avviso, interpretata l’alleanza matrimoniale fra Agamestore e Cipselo11. La scelta di politica matrimoniale dei Filaidi è dunque uno specchio della loro inclinazione nella conduzione della politica internazionale della polis e il matrimonio interfamiliare costituì esso stesso uno strumento della diplomazia internazionale condotta dai Filaidi; le ricadute di quell’alleanza influirono non solo nella gestione del prestigio panellenico della famiglia, ma anche nella disposizione di Atene entro la geopolitica del Golfo Saronico. 9 WRIGHT 1892; ALEXANDER 1959; DAVIES 1971, n. 8429 [II], p. 293-296; DAVERIO ROCCHI 1973; DUPLOUY 2006, p. 84. 10 WILL 1955, pp. 517, 545s., 567-570. 11 ANDREWES 1982 a, pp. 372-375. 185 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Secondo un altro punto di vista le due alleanze matrimoniali in discussione potrebbero essere interpretate non solo come scelte operative delle due famiglie ateniesi, ma anche come il tentativo di due tiranni già politicamente affermati, Cipselo e Teagene, di guadagnare alleati all’interno della classe dirigente di Atene e dunque condizionare a proprio favore le scelte che gli Ateniesi avrebbero compiuto in politica estera12. Fig. 4: genealogia dei Filaidi secondo la ricostruzione degli eventi proposta in questo scritto Le vittorie olimpiche di Milziade e Cimone La storia della famiglia dei Filaidi è contraddistinta da una sequenza notevole di vittorie negli agoni di Olimpia: la portata panellenica delle feste olimpiche, il significato ideologico delle vittorie agonistiche e le conseguenze in relazione alla storia della tirannide ad Atene impongono di fornire qui un’analisi degli eventi e delle loro implicazioni nella prospettiva delle relazioni internazionali. Nel medesimo periodo in cui ad Atene Pisistrato teneva saldamente la tirannide, il filaide Cimone, figlio di Stesagora e fratello uterino del più celebre Milziade, vinse per tre volte la corsa con le quadrighe (téthrippon) a Olimpia13, in tre celebrazioni penteteriche successive, gareggiando ogni volta con la medesima squadra di cavalle. La datazione di queste vittorie non è tramandata e la critica non offre ricostruzioni concordi, ma l’attribuzione che mi pare più sicura è alle Olimpiadi n. 61, 62 e 63, tenutesi negli anni 536, 532 e 52814. 12 DAVERIO ROCCHI 1973. DREES 1968, pp. 96-100 per una specifica esposizione degli agoni ippici di Olimpia. 14 Hdt. VI 103.2-3; Plut. Cat. Mai. 5.4. DESBOROUGH COOLEY – LARCHER 1844, ad Hdt. VI 103; WOODBURN HYDE 1921, p. 363; WADE-GERY 1951 pp. 212-214, 219; ANDREWES 1958, p. 106; DAVIES 1971, n. 8429 VII; 13 186 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Anche il fratello uterino di Cimone, Milziade I, figlio di Cipselo, vinse la medesima gara ippica a Olimpia, secondo le fonti, non molto prima di lasciare Atene per la fondazione coloniale in Chersoneso Tracico. Anche per la data della vittoria olimpica di Milziade è necessario confrontarsi con interpretazioni discordi: Erodoto informa il lettore solamente del fatto che, all’epoca in cui Pisistrato era tiranno ad Atene, Milziade, già vincitore olimpionico, lasciò Atene alla volta dell’Ellesponto15. Non ci sono dati sicuri per identificare quale dei tre periodi di tirannide di Pisistrato sia lo sfondo politico della spedizione tracica di Milziade e nemmeno siamo informati su quanto tempo fosse trascorso tra la vittoria olimpica e la sua partenza da Atene, eppure i due eventi sono senz’altro fra loro relazionati in considerazione delle implicazioni politiche e del prestigio ricavato dalla vittoria olimpica. Il vincitore della gara di quadrighe nelle Olimpiadi n. 61, 62 e 63, come si è menzionato, fu il filaide Cimone; Erodoto nota nel suo testo l’eccezionalità della sua sequenza di vittorie e tramanda il dettaglio che l’unico altro atleta che era stato in precedenza in grado di emulare l’impresa era stato lo spartano Evagora16; dunque le vittorie di Evagora devono perlomeno risalire necessariamente alle tre Olimpiadi precedenti quelle in cui vinse Cimone, cioè alle Olimpiadi n. 58, 59 e 60, rispettivamente negli anni 548, 544 e 54017. Pure, ritengo che le tre vittorie consecutive di Evagora non necessariamente precedettero immediatamente quelle di Cimone, ed è più probabile anzi che vi furono altri vincitori alle quadrighe nel periodo fra Evagora e Cimone; la narrazione erodotea non esclude affatto questa sequenza. In base a queste considerazioni, la vittoria olimpica di Milziade è da individuarsi nelle Olimpiadi n. 55, 56 o 57, tenutesi negli anni 560, 556 e 55218; fra queste ritengo che la più storicamente plausibile sia la prima, cioè l’Olimpiade 55 del 560. Seguendo infatti il testo erodoteo e la contestualizzazione storica, emerge che la vittoria di Milziade a Olimpia costituì una premessa funzionale alla successiva spedizione che egli condusse in Chersoneso Tracico; a sua volta, si vedrà, questa spedizione è da collocarsi durante il periodo della seconda tirannide di Pisistrato, antecedente al 556: IMMERWAHR 1972, p. 183; MORETTI 1975, n. 120, 124, 127; STEIN HÖLKESKAMP 2011, s.v. “Cimon” in BNP. Una datazione diversa da quella qui proposta abbassa la sequenza nella misura di un evento olimpico attribuendo dunque le tre vittorie alle Olimpiadi n. 62, 63 e 64, negli anni 532, 528, 524: HOW-WELLS 1928, ad Hdt. VI 103; HAMMOND 1956, pp. 117, 119; ANNIBALETTO 2000, ad Hdt. VI 103, n. 1. Concorda con questa datazione ribassata il Prof. R. Lane Fox col quale ho avuto il privilegio di discutere della questione personalmente. 15 Hdt. VI 36.1. 16 Hdt. VI 103.4. Paus. VI 10.8 sulla dedica offerta da Evagora in commemorazione delle sue vittorie. 17 La critica concorda unanimemente su queste date: WOODBURN HYDE 1921, p. 265; MORETTI 1957, n. 110; HODKINSON 1997, p. 49 e n. 54 p. 53; BLAKE TYRRELL 2004, p. 85; SCOTT 2010, p. 161. Contra: DESBOROUGH COOLEY – LARCHER 1844, ad Hdt. VI 103 asserisce non sia possibile ricostruire la datazione di queste vittorie. 18 WADE-GERY 1951, p. 219: pone la vittoria al 548; MORETTI 1957, n. 106: data la vittoria al 560; DAVIES 1971, n. 8429 VI, segue H.T. Wade-Gery nella data del 548; KINZL 2011, s.v. “Miltiades” in BNP, data al 548. 187 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi incrociando questi dati, l’unica data per la vittoria di Milziade a Olimpia che soddisfa le premesse discusse rimane appunto quella dell’Olimpiade 55, dunque da collocarsi nel 560. L’attività agonistica panellenica contribuisce a caratterizzare la famiglia dei Filaidi come aristocratica e ricca, riconosciuta a livello locale e panellenico, per fama, prestigio e importanza politica. La possibilità di partecipare agli agoni panellenici implica di necessità che l’atleta disponesse di quelle ampie risorse economiche necessarie a garantirgli la possibilità di investire il proprio tempo negli allenamenti e di viaggiare e soggiornare presso i santuari panellenici anche per vari mesi19. Queste considerazioni sono ancor più valide nel caso dei Filaidi che le fonti specificano essere stata “una casata che manteneva cavalli per la corsa alle quadrighe” (oi)ko/j teqrippotro/foj)20: l’ippotrofia era un’attività, ovviamente, molto dispendiosa che richiedeva infrastrutture e attrezzature specifiche, la disponibilità di cavalli e la capacità di allevarli e inserisce di necessità la famiglia perlomeno nella classe timocratica soloniana degli hippèis; d’altro canto un òikos tethrippotròphos era compensato con un elevato status di onore e prestigio sociale agli occhi del pubblico, dei partecipanti agli agoni e dei concittadini21. La vittoria a Olimpia, come agli altri agoni panellenici, aveva una serie di ricadute ampie e profonde, che non si limitavano all’aristocratica dimostrazione di eccellenza e di superiorità tipica della cultura agonale ellenica22. Il premio per i vincitori delle Olimpiadi consisteva in una semplice corona di olivo selvatico: non solo questa era il simbolo agli occhi della Grecia della prestanza fisica dell’atleta, ma la vittoria era essa stessa un segno del favore e approvazione di cui gli dèi investivano l’individuo23. Era pratica consueta, da parte dei vincitori, dedicare le proprie corone e altre offerte nel santuario di Zeus; coloro che, come Cimone, avevano ottenuto una triplice vittoria avevano il raro privilegio di dedicare una statua che rappresentasse le loro stesse fattezze24; si considerino dunque la visibilità internazionale e il valore propagandistico conferito da questa concessione. Se il premio conferito dal santuario di Zeus era simbolico, in patria i vincitori ricevevano però consistenti premi di valore economico dallo stato25; le testimonianze riguardanti Solone tramandano che il nomoteta impose un limite di 500 dracme per il premio pubblico ateniese conferito ai vincitori olimpici, sufficienti comunque per innalzare il ricevente, qualora già non lo fosse stato, al rango più alto delle classi timocratiche 19 DREES 1969, pp. 43s. per la durata dell’allenamento e del soggiorno ad Olimpia. Hdt. VI 35.1. HOW-WELLS 1928, ad Hdt. VI 35; IMMERWAHR 1972. 21 RAWLINSON 1858, ad Hdt. VI 35; YOUNG 2004, pp. 92-97; FISHER 2009, pp. 530-536. 22 Hom. Il. VI 108, XI 784; Xen. Mem. 2.6.35. MURRAY 1996, pp. 245-266; HÖLKESKAMP 1997, pp. 485-489; DUPLOUY 2006, pp. 271-277. 23 DREES 1968, pp. 101-104. 24 Paus. VI 15.8, 18.7; VIII 40.1-2; Plin. Nat. Hist. XXXIV 9.4. DREES 1964, pp. 104s. 25 Xenoph. fr. 2.1-11 West. 20 188 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi soloniane26. Anche nella propria polis il valore della vittoria agonale trascendeva d’altronde gli aspetti materiali: la cittadinanza attribuiva un ingresso trionfale agli atleti vittoriosi e in quelle circostanze erano recitati epinici commissionati per elogiare l’atleta e la sua famiglia27; il vincitore era onorato come un rappresentante internazionale della propria polis, la quale con lui condivideva l’onore della fama. Anche nel santuario poliade era consuetudine commemorare la propria vittoria con la dedica di una statua alla divinità o della decima del premio pubblico. Inoltre un vincitore panellenico godeva della proedrìa agli spettacoli della polis e di pasti a spese pubbliche nel pritaneo (sìtesis); quest’ultima misura, si consideri, metteva il vincitore in diretto contatto quotidiano e conviviale con i magistrati operativi dello stato ateniese, in un momento forse non decisionale, ma certamente significativo per il suo valore sociale oltre che ideologico28. La celebrazione nella polis era dunque non lontana da una forma di eroizzazione del vincitore e insieme consentiva un subitaneo innalzamento alla massima visibilità nei luoghi sacri e politici più eminenti della polis e del circuito panellenico. La vittoria olimpica era occasione di auto-rappresentazione e di affermazione sociale e politica sia entro l’élite degli esponenti dell’aristocrazia panellenica, a Olimpia, che in patria fra i propri concittadini; la vittoria forniva l’occasione per dimostrare ed elevare il proprio status sociale, rafforzare la propria posizione politica, mostrare e ampliare la propria ricchezza. La vittoria olimpica dunque era un chiaro strumento della politica di prestigio nella lotta fra le famiglie influenti per il controllo della polis. Nella prospettiva della società di élite aristocratica internazionale riunita agli agoni, il vincitore dimostrava di essere un elemento importante della vita politica della propria polis, cioè un interlocutore affidabile con cui era utile o necessario legare nella conduzione della diplomazia inter-poleica, o perlomeno un interessante alleato per un accordo matrimoniale. Queste considerazioni vanno dunque mantenute nel comprendere la posizione favorevole che per quattro volte i Filaidi, prima con Milziade e poi con Cimone, riuscirono ad ottenere nell’ambito dei rapporti politici all’interno di Atene e nella Grecia29. Questi importanti vantaggi e questo riconosciuto prestigio sottendono al ruolo che i Filaidi ebbero nella storia di Atene nel VI secolo e giustificano la scelta dei Pisistratidi di mantenere con loro una relazione conciliante e costruttiva nella spartizione del potere ad Atene e nella conduzione delle iniziative internazionali in Ellesponto. Il prestigio derivato a Milziade I dalla vittoria olimpica è da 26 Plut. Sol. 23. YOUNG 2004, pp. 97-101. DREES 1964, pp. 101-104; HARRELL 2002, sul valore politico degli epinici recitati per I vincitori panellenici; EMMET 2011, s.v. “Pindarus” [2] in BNP. 28 Xenoph. fr. 2.1-11 West. CONNOR 1987; FISHER 2009, pp. 530s. 29 ANDREWES 1958, pp. 105-113; FISHER 2009, pp. 536-538. 27 189 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi considerarsi come premessa ideologica e propagandistica della sua spedizione in Chersoneso Tracico30. La relazione discontinua e infine drammaticamente conflittuale fra Cimone e i Pisistratidi è, in effetti, imperniata sulle attività agonistiche del Filaide, sia nei momenti di riconciliazione, sia nell’occasione che, secondo le fonti, portò all’assassinio di Cimone. L’intesa fra Filaidi e Pisistratidi Le notizie fornite dalle fonti e una loro analisi contestuale permettono di ricostruire l’esistenza di un rapporto continuativo fra i Filaidi e i Pisistratidi tendenzialmente costruttivo. Questa collaborazione fra le due famiglie può essere, a mio avviso, fatta risalire in prima istanza al 566, in base ad alcune considerazioni sulla datazione e sull’attribuzione della rifondazione delle celebrazioni cultuali e agonistiche della festa delle Panatenee penteteriche ad Atene. Sull’autorità di uno scolio all’orazione panatenaica di Elio Aristide, la critica ha stabilito una diretta relazione fra il tiranno Pisistrato e la fondazione delle grandi Panatenee, contestualizzando l’attribuzione entro la politica centralistica religiosa, sociale e culturale della tirannide31; per altro verso, la tradizione cronografica ha conservato la data dell’istituzione delle Grandi Panatenee e degli agoni a esse associate, collocandola nel 566, durante l’arcontato di Ippoclide, un membro della famiglia dei Filaidi32. Si delineano apparentemente due tradizioni alternative in merito all’autorità a cui si dovrebbe ascrivere la rifondazione e riorganizzazione della massima festa religiosa ateniese, attribuendone cioè la responsabilità all’arconte oppure al tiranno33; se invece accettiamo la coincidenza fra le due tradizioni, si potrà ricostruire che Pisistrato si adoperò nella riorganizzazione delle Panatenee già nel 566, durante l’arcontato e con l’approvazione del filaide Ippoclide. Il 566 potrebbe sembrare una data troppo alta perché Pisistrato fosse in grado di agire sull’ordinamento civico ateniese, ma questa obiezione perde peso a fronte del ruolo già eminente che Pisistrato si era in precedenza guadagnato nelle operazioni militari contro Megara: già allora egli doveva essere una personalità politica di spicco, pur non avendo ancora tentato di acquisire la tirannide. È plausibile altrimenti l’obiezione che le due tradizioni storiche potrebbero riferirsi una all’istituzione della festività da 30 MORETTI 1957, n. 106. Schol. Aristid. Panath. p. 189.4 (=3.323 Dindorf; Aristot. Peplos F 637 Rose): ta\ de\ mega/la Peisi/stratoj e)poi/hse. Sulla fondazione delle Panatenee: Marcell. Vit. Thuc. 2-5; Harp. s.v. “Panathenaia”. DAVISON 1958, pp. 26-29; BRELICH 1969, p. 319-320; PARKE 1986, pp. 34s.; KYLE 1987, pp. 15-31; SHAPIRO 1989, pp. 19-21; BRUIT ZAIDMAN – SCHMITT PANTEL 1992, pp. 84-86 ; DAVERIO ROCCHI 1993, pp. 151-153; FROST 1994, pp. 51-59; CALAME 1996, p. 474-476 ; RAAFLAUB 1996, pp. 1070-1071; PARKER 1996, pp. 67-71; HURWIT 1999, pp. 23-24, 30-31, 45, 104-116. 32 Pherec. FGrHist 3 F 2 (Marcell. Vit. Thuc. 2-4); Euseb. Chron. ap. Hieron. p. 181c Helm. CADOUX 1948, p. 104. Ippoclide è da identificarsi in quel pretendente alla mano di Agariste, figlia di Clistene di Sicione, che fu poi rifiutato in favore del pretendente degli Alcmeonidi: vd. Hdt. VI 126-129. 33 DAVISON 1958, ppp. 28-36; PARKE 1986, pp.34s., 45s., 171s.; KYLE 1987, pp. 15-31, 57s.; SHAPIRO 1989, pp. 17-21, 40-47; HURWIT 1999, pp. 23-24, 30-31, 45, 107-111. 31 190 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi parte di Ippoclide nel 566 e l’altra a innovazioni introdotte nel programma festivo successivamente da Pisistrato durante la tirannide, dopo il 546. Nonostante le obiezioni la questione fornisce una traccia dei modi di conduzione della politica religiosa cittadina e conferma che era in opera perlomeno una convergenza d’interessi e di indirizzo fra Filaidi e Pisistratidi che li portò ad agire in modo affine, se non effettivamente a collaborare, nella conduzione della politica ateniese. Nel quadro della ricostruzione che qui propongo, è possibile che, anticipando la presa del potere da parte di Pisistrato, i Filaidi abbiano deciso di associarsi a lui promuovendone l’affermazione e conservando d’altronde per sé una posizione di favore durante la successiva tirannide. L’ipotesi di un’intesa inter-familiare nel 566 coincide peraltro cronologicamente con le vittoriose imprese di Pisistrato nella guerra contro Megara e confermerebbe, dunque, che egli si era schierato fin dal principio con quel partito ateniese che avversava Megara, che perseguiva l’apertura di Atene alle attività oltremare e che conseguentemente trovava un naturale alleato in Corinto, a cui anche i Filaidi appartenevano. Successivamente, traccia di questa intesa collaborativa fra Pisistrato e i Filaidi si può a mio avviso rilevare riflettendo sulle circostanze della politica matrimoniale di Pisistrato. Nel 560 ca. Pisistrato prese in sposa l’aristocratica Timonassa di Argo, vedova del tiranno di Ambracia, Archino, un discendente della famiglia dei Cipselidi. Il matrimonio segnò in primo luogo un’alleanza fra Pisistrato e il padre di Timonassa, Gorgilo di Argo; tuttavia non mi pare un dettaglio trascurabile quello del precedente matrimonio della giovane con un Cipselide. Ritengo che i Filaidi possano avere costituito gli intermediari fra i Pisistratidi ateniesi e la famiglia filo-cipselide di Gorgilo ad Argo; questa intermediazione poté esercitarsi, da un lato, in virtù della discendenza dei Filaidi dal capostipite eponimo dei Cipselidi, tiranni di Corinto, e in virtù, d’altro canto, dei legami di matrimonio che avevano in precedenza unito Timonassa e la sua famiglia argiva con quel ramo dei Cipselidi che aveva governato Ambracia fino alla morte di Archino. Il valore e l’efficacia di questo tipo di legami personali nella gestione della diplomazia familiare internazionale dei tiranni e degli aristocratici è comprovato dalle considerazioni che Erodoto attribuisce a Clistene di Sicione, soltanto un decennio prima del 560, nella preferenza perlomeno inizialmente accordata a Ippoclide fra tutti i pretendenti alla mano di sua figlia: il Filaide fu infatti esplicitamente apprezzato allora per la sua discendenza dalla famiglia dei Cipselidi34. Propongo dunque una ricostruzione secondo la quale Pisistrato, una volta avviata la propria carriera politica ad Atene e poi ottenuta la tirannide, si avviò a costruire una personale rete di alleanze internazionali; nel medesimo momento Gorgilo di Argo 34 Hdt. VI 128. DAVERIO ROCCHI 1973. 191 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi si trovò nella situazione di dover rimaritare la figlia Timonassa dopo la morte del precedente marito Archino. Furono in quel momento i Filaidi a mettere dunque in contatto Pisistrato e Gorgilo: essi costituirono per Pisistrato il tramite per accedere all’élite internazionale panellenica e per entrare in contatto con quella cerchia sociale che godeva del prestigio della memoria dei tiranni di Corinto; per Gorgilo rappresentarono una famiglia di consanguinei, legata come lui ai Cipselidi, e l’occasione per trovare un nuovo pretendente alla mano della figlia in un secondo matrimonio35. Nel corso della seconda metà del VI secolo i Filaidi mantennero essi stessi una propria tirannide nel Chersoneso Tracico. Milziade I colonizzò per primo la penisola affacciata sull’Ellesopnto e vi impose una prima organizzazione, il comando fu ereditato poi dal fratello Stesagora e in seguito da Milziade II il quale mantenne il controllo fino al 493 quando l’area fu conquistata dall’impero Persiano. La critica ha spesso messo in evidenza una stretta relazione fra l’iniziativa dei Pisistratidi a Sigeo e quella dei Filaidi in Chersoneso. La penisola tracica e l’insediamento in Troade costituiscono due località strategiche nel controllo delle rotte attraverso l’Ellesponto. Peraltro non solo Sigeo ma anche il Chersoneso Tracico, nella località di Elaious, potrebbe rientrare fra gli interessi dell’Atene pre-tirannica già alla fine del VII secolo, all’epoca delle imprese di Frinone. Nonostante le difficoltà cronologiche che si presentano nella datazione precisa dell’avvio della missione dei Filaidi in Chersoneso, la concomitanza delle attività delle due famiglie alleate, Filaidi e Pisistratidi, sulle sponde dell’Ellesponto è palese. Se non per le iniziative dell’ecista Milziade I e di Stesagora, la pratica di una strategia comune fra Pisistratidi e Filaidi è attestata con sicurezza nella narrazione erodotea relativa alla tirannide di Ippia e alla spedizioni in Chersoneso di Milziade II, giacché l’invio del Filaide è descritto come una decisione dei Pisistratidi. Si può concludere che la strategia di occupazione di Sigeo e del Chersoneso Tracico furono due elementi di una strategia congiunta, stabilita e concordata fra Pisistratidi e Filaidi36. L’interesse delle due famiglie per l’area strategica dell’Ellesponto e per questa direzione di politica estera conferma l’appartenenza delle due famiglie a un gruppo della classe politica ateniese che mirava a condurre Atene in direzione di una politica navale e marittima, dunque in opposizione al potere di Megara e in un’intesa strutturale con Corinto37. Le testimonianze letterarie ed epigrafiche relative alla gestione dell’arcontato durante la tirannide di Ippia confermano la partecipazione dei Filaidi al governo di Atene: è noto che 35 WILL 1955, pp. 517-522, 544, 546; DAVERIO ROCCHI 1973, pp. 98-102, 104-107 TREVER 1925, pp. 117, 124; WILL 1955, pp. 381-391; GRAHAM 1964, pp. 7, 30-35, 76; ANDREWES 1982 b, pp. 403-405, 415s.; CULASSO GASTALDI 1996, pp. 507s.; KEEN 2000, pp. 66-73; HORNBLOWER 2008, ad Thuc. VI 54. 37 WELLS 1923, pp. 112-124. 36 192 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Milziade II, prima di recarsi in Chersoneso, fu arconte eponimo ad Atene nel 524/338. A questa positiva intesa politica devono probabilmente riferirsi le parole di Erodoto secondo il quale i Pisistratidi trattarono Milziade con riguardo ad Atene, nel periodo precedente la sua missione in Chersoneso Tracico (ἐν Ἀθήνῃσι ἐποίευν εὖ), nonostante avessero assassinato Cimone39. Critica della storicità delle notizie sull’assassinio di Cimone In contraddizione con l’esistenza di questa intesa politica fra le famiglie dei Pisistratidi e dei Filaidi si pongono le testimonianze concernenti l’esilio e l’assassinio di Cimone I, fratello uterino di Milziade I e padre di Milziade II. La prima vittoria olimpica di Cimone (536) fu infatti guadagnata, secondo le fonti scritte, in un periodo in cui egli si era allontanato da Atene a causa del pericolo rappresentato per lui dal potere di Pisistrato. La seconda vittoria olimpica (532) fu però poi lo strumento della riconciliazione fra Cimone e Pisistrato, secondo un preciso accordo stipulato fra i due aristocratici: Cimone cedette a Pisistrato il titolo della vittoria e dunque il privilegio della proclamazione olimpionica; in cambio di quell’onore egli poté rientrare ad Atene e riprendere possesso dei propri beni che erano stati confiscati da Pisistrato40. Queste informazioni dimostrano in primo luogo come a un aristocratico quale Cimone, pure in esilio, rimanessero aperte possibilità di autoaffermazione nel circuito internazionale ed extrapoleico e come proprio queste attività gli consentissero di rinegoziare la relazione con il tiranno che controllava Atene. L’accordo del 532, in occasione della seconda vittoria, è indicativo di come la vittoria olimpionica potesse cioè essere commutata e spesa entro le dinamiche della gestione del potere politico e del prestigio sociale, di fatto costituendo un ulteriore strumento della diplomazia inter-aristocratica arcaica. In un’epoca in cui Pisistrato era già deceduto, Cimone vinse la sua terza e più celebre vittoria olimpica; Erodoto sembra implicare nella sequenza della propria narrazione che questo successo fu la causa che portò Ippia a organizzarne, poco dopo, l’assassinio. L’assassinio di Cimone per ordine di Ippia è stato contestualizzato dalla critica entro la situazione di tensione accesasi al momento della morte di Pisistrato: da un lato il tiranno era morto e Ippia si ritrovò nella posizione di farsi carico della famiglia e del potere politico acquisito dal padre ad Atene e sul piano internazionale; d’altro canto Cimone, nel 532, era rientrato ad Atene e aveva riacquisito il possesso e la conduzione delle proprie sostanze e senz’altro di un proprio seguito personale; poi, con la terza vittoria olimpica nel 528, si assicurò 38 Dion. Hal. Ant. Rom. VII 3.1. IG I3 1031. MERITT 1939, pp. 60-62; CADOUX 1948, pp. 90, 109s., 122; MEIGGSLEWIS 1983, n. 6. 39 Hdt. VI 39.1. CULASSO GASTALDI 1996, pp. 507s. 40 Hdt. VI 103. MORETTI 1975, n. 124; RHODES 1981, ad Aristot. Ath. Pol. 26.1. 193 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi fama imperitura a Olimpia e una posizione sociale e politica di ancor maggiore preminenza ad Atene. Cimone avrebbe allora costituito un avversario eccessivamente pericoloso ed esperto perché Ippia potesse affrontarlo entro i limiti della regolare lotta politica interaristocratica: per questo motivo larga parte della critica ritiene che Ippia avrebbe commissionato l’assassinio di Cimone41. Insieme ad Erodoto ci si meraviglia d’altronde delle palesi discrepanze nel comportamento degli interessati, fra la relazione di Ippia con Cimone da un lato e dall’altro con Milziade II, figlio dello stesso Cimone: meno di quattro anni dopo la morte violenta di suo padre per opera del tiranno, Milziade II mostra di essere in intesa con i suoi assassini: ricoprì l’arcontato e poco dopo ricevette il pieno supporto di Ippia nel mantenimento della tirannide filaide in Chersoneso Tracico, giacché egli giunse in Ellesponto d’intesa con Ippia e a bordo di una trireme concessa dal tiranno stesso. Dal canto suo Ippia, dopo avere assassinato il padre di Milziade II, sembra comunque ritenere questi un uomo di fiducia al punto da affidargli prima l’arcontato e poi il controllo della strategica posizione sull’Ellesponto42. Questa incoerenza di comportamento fra tutti i soggetti coinvolti attira tanto più l’attenzione a confronto con quell’intesa politica che si è andata ricostruendo finora fra le due famiglie e merita perciò alcune considerazioni. Personalmente ritengo che l’attribuzione dell’assassinio di Cimone all’ordine di Ippia sia una costruzione storiografica anti-tirannica di parte filaide, risalente all’epoca post-tirannica. Nel 493 Milziade II lasciò il Chersoneso Tracico fuggendo la rappresaglia persiana che schiacciava la rivolta ionica, rientrò ad Atene quando era ormai retta dal governo isonomico e fu allora processato sotto l’accusa di avere praticato la tirannide. L’accusa si fondava in prima istanza sui sistemi di governo praticati dai Filaidi nella colonia tracica dell’Ellesponto, ma quello non avrebbe costituito un elemento sufficiente per un processo poiché l’accusa riguardava solo il territorio oltremare, di fatto al di fuori di Atene43. L’accusa era invece 41 WADE-GERY 1951, pp. 212-214; MORETTI 1975, n. 127; FISHER 2009, pp. 536-538. CULASSO GASTALDI 1996, pp. 507s. 43 La validità dell’obiezione dipende dal rapporto che si attribuisce ad Atene con le proprie colonie: cioè il livello di controllo che si ritiene la madrepatria potesse esercitare sulle colonie e viceversa il valore della dipendenza delle colonie dalle istituzioni di Atene. A questo proposito H. Berve e A.W. Gomme qualificano il Chersoneso e Lemno come delle apoikìai in piena regola, ove dunque gli abitanti avevano perso lo statuto di cittadini di Atene per assumere quello nuovo di Chersonesiti e Lemni, vd. GOMME 1937. Al contrario, A. Moreno, citando V.L. Ehrenberg, sostiene la posizione secondo cui le colonie fondate da Atene non acquisirono mai uno status indipendente rimanendo piuttosto come delle sezioni aggiunte di chòra attica oltremare: EHRENBERG 1946; MORENO 2007, pp. 140-143. Sulla posizione giuridica della colonia del Chersoneso: Hdt. VI 140. GRAHAM 1964, pp. 164-170; DAVIES 1971, n. 8429 XVI; KEEN 2000, pp. 66s. La riflessione è complicata dal peculiare fenomeno ateniese della creazione delle cleruchie, in particolare vd. decreto relativo alla cleruchia su Salamina, IG I2 1 (= IG I3 1): HICKS-HILL 1901, pp. 6s.; TOD 1933, n. 11; MERITT 1941, pp. 301-307; ANDREWES 1982 a, pp. 372-375, pp. 372s.; MEIGGS-LEWIS 1989, n. 14, pp. 25-27; LAVELLE 2005, pp. 30-32, 386s.; MORENO 2007, pp. 77-143, 320s. 42 194 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi giustificata anche nell’ambito politico ateniese in virtù proprio di quella lunga intesa familiare che i Filaidi avevano mantenuto fin dall’inizio con i Pisistratidi al potere e dunque in questo senso Milziade II era accusato di connivenza con i tiranni pisistratidi e veniva processato da un tribunale ateniese. I due aspetti erano peraltro fra loro strettamente legati entro la strategia di politica estera pisistratide-filaide di controllo dell’Ellesponto. La difesa adottata da Milziade di fronte all’heliàia dovette consistere in un’esposizione della storia e dei meriti pubblici, cioè democratici, della propria famiglia44. In questa fase storica, all’omonimo predecessore di questo Milziade, cioè Milziade I ecista del Chersoneso, si attribuì quale movente, per l’iniziativa coloniale, quello dell’insofferenza del cittadino libero per il governo tirannico di Pisistrato; in questa revisione della storia familiare filaide che operò Milziade II, l’assassinio notturno di suo padre Cimone ad opera di sicari si sarebbe potuto facilmente attribuire a un ordine del giovane Ippia; la supposizione lanciata da Milziade II poté essere peraltro tanto più credibile in quanto il tiranno aveva davvero assunto un atteggiamento più intransigente e repressivo contro gli aristocratici di Atene dopo il 514 e l’assassinio del fratello Ipparco45. Non propongo d’altronde di smentire del tutto la testimonianza erodotea sulla biografia di Cimone: al contrario, la sua chiara posizione antagonistica rispetto ai Pisistratidi è in linea con quella di un aristocratico che mantenne con successo la fama e il prestigio dei Filaidi ad Atene e nel contesto panellenico e che accumulò alti onori personali. Mentre il fratello uterino Milziade e i suoi stessi figli, Stesagora e Milziade II, scelsero tutti di intraprendere la propria carriera in Tracia, Cimone dimostrò chiaramente di voler rimanere in Atene e questo costituì senz’altro un motivo di attrito con i Pisistratidi in prima istanza e con gli altri aristocratici attivi nella polis. Appunto alla luce dell’eminenza dell’individualità di Cimone si spiega il suo assassinio, si spiega il fatto che l’accusa postuma rivolta ai Pisistratidi sembrò plausibile all’uditorio del tribunale che giudicava Milziade II e, successivamente, anche alla selezione storica di Erodoto. Si consideri infine che l’attribuzione dell’assassinio all’ordine di Ippia giovava non solo al buon nome di Milziade II, ma anche a quello dei reali committenti da identificarsi in un’altra delle famiglie aristocratiche di Atene avverse ai Pisistratidi e ai Filaidi, forse gli Alcmeonidi46. Riflessione affine e perciò utile la critica conduce sulla posizione giuridica delle colonie di Corinto rispetto alla madrepatria: WILL 1955, p. 517-519. 44 WADE-GERY 1951, pp. 215-218; CAWKWELL 1995, pp. 79s.; CULASSO GASTALDI 1996, pp. 507-510. 45 DUPLOUY 2006, pp. 54-64 riflette sull’influenza che il contesto storico del processo per tirannide contro Milziade II poté avere sulla formazione della tradizione sui Filaidi. 46 Questa ricostruzione, di cui mi assumo piena responsabilità, nasce da considerazioni suggeritemi in un colloquio personale con il Prof. R. Lane Fox al quale va la mia gratitudine. 195 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi V.2. La tirannide dei Filaidi in Chersoneso Tracico Milziade I, la spedizione in Chersoneso e la realizzazione della tirannide secondo Erodoto La famiglia dei Filaidi merita una discussione entro questo scritto specificamente per le notizie riguardanti la tirannide istituita ed esercitata nella penisola del Chersoneso Tracico, per due generazioni, durante la seconda metà del VI secolo47. Secondo la narrazione di Erodoto, nel Chersoneso Tracico la popolazione locale dei Traci Dolonci subiva gli attacchi dei Traci Apsinti, stanziati a nord della penisola; i re delle tribù dei Dolonci si rivolsero perciò all’oracolo di Delfi e ricevettero il responso di condurre nel proprio paese, come ecista, il primo uomo che avesse loro offerto ospitalità (ἐπὶ ξείνια καλέσῃ). La delegazione tracica percorse tutta la Via Sacra48 in attesa che si verificasse il segno premonitore ma, non essendosi compiuto alcun prodigio, giunsero fino ad Atene e fu dunque infine Milziade I a notarli passare e ad offrire loro ospitalità (cei/nia): perciò i Traci pregarono Milziade di seguirli, in obbedienza all’oracolo apollineo. In quel momento, ad Atene, Pisistrato aveva massimo potere, ma anche Milziade godeva di grande influenza (εἶχε µὲν τὸ πᾶν κράτος Πεισίστρατος ἀτὰρ ἐδυνάστευέ γε καὶ Μιλτιάδης) e aveva in precedenza riportato la vittoria agonistica a Olimpia; secondo il racconto, il Filaide accolse l’offerta dei Traci perché non sopportava la supremazia di Pisistrato e desiderava lasciare Atene. Milziade consultò dunque l’oracolo di Delfi e ricevette un responso positivo, poi prese con sé quegli Ateniesi che si offrirono di partecipare alla colonizzazione e navigò alla volta del Chersoneso Tracico, dove prese possesso del territorio (ἔσχε τὴν χώρην) e fu fatto tiranno49. Vi sono alcuni elementi del testo erodoteo la cui storicità ritengo sia il caso di vagliare e discutere. Mi pare infatti evidente che siano di natura favolistica quelle nozioni che si riferiscono all’interrogazione oracolare dei basilèis traci e del compimento della profezia apollinea da parte di Milziade50; non credo d’altronde che i Traci e l’oracolo delfico siano soggetti del tutto immaginari e fabbricati dalla tradizione. La causa scaturente da cui Erodoto avvia la propria narrazione è quella del conflitto che i Traci Dolonci sostenevano contro i vicini Apsinti: al suo arrivo in Chersoneso, Milziade si preoccupò in effetti di edificare infrastrutture di difesa sulla strettoia dell’istmo e fu impegnato militarmente nella regione. Questi dati concordano nell’individuare un pericolo militare posto dai Traci a nord del Chersoneso, sia nei 47 BERVE 1967, pp. 79-88. Sulla via sacra da Atene a Delfi: HOW-WELLS 1928, ad Hdt. VI 34; DAVERIO ROCCHI 2011, pp. 71-84. 49 Hdt. VI 34-36; Scymn. 689-702; Paus. VI 19.6 confonde questo Milziade I figlio di Cipselo con l’omonimo figlio di Cimone che ereditò effettivamente la tirannide del Chersoneso Tracico nella generazione successiva all’ecista, suo zio. 50 MALKIN 1987, pp. 77s. 48 196 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi confronti della colonia ateniese che della popolazione tracica locale dei Dolonci51. Se pure la dinamica della profetica scelta di Milziade come ecista dei Traci sia chiaramente un’invenzione, il santuario di Delfi ebbe necessariamente un ruolo nelle premesse che portarono all’impresa dei Filaidi in Tracia. Il racconto e il lessico erodoteo nonché le notizie storiche sul Chersoneso Tracico confermano infatti che l’impresa di Milziade fu di fatto una fondazione coloniale ateniese: perciò Milziade, con l’incarico di ecista ateniese designato, interrogò l’oracolo di Delfi per ricevere preventivamente l’approvazione del santuario alla nuova fondazione, nel rispetto della consuetudine ellenica relativa alle pratiche coloniali52. Intorno a questa interrogazione oracolare e intorno al ruolo di ecista assunto da Milziade si può ritenere che si sia andata formando quella leggenda eziologica registrata da Erodoto relativa all’oracolo ricevuto dall’ambasceria tracica e alla portentosa scelta di Milziade come ecista. La conclusione più sicura mi pare quella di considerare la spedizione in Chersoneso Tracico come un’iniziativa nata ad Atene, specificamente per iniziativa congiunta di Filaidi e Pisistratidi. L’intesa fra Milziade e i Traci Dolonci, di carattere quasi soprannaturale, che Erodoto colloca all’origine del proprio racconto assume un certo grado di attendibilità storica se collocata dopo l’arrivo di Milziade in Chersoneso Tracico: mi pare plausibile infatti che, una volta insediatosi, il contingente ateniese abbia trovato un motivo di accordo con i locali Traci Dolonci nella comune e condivisa necessità di difendere il territorio dai Traci Apsinti53. Su questi presupposti dunque nacque poi, fra la popolazione del Chersoneso Tracico, oppure presso il santuario di Delfi, quella leggenda eziologica incentrata sull’oracolo pitico. Erodoto afferma inoltre che Milziade fu lieto di intraprendere l’iniziativa coloniale in Chersoneso Tracico perché era desideroso di lasciare Atene per via dell’oppressione e del potere tirannico di Pisistrato: anche questo elemento del racconto non è, a mio avviso, storicamente reale54. Erodoto è esplicito nel tramandare che Pisistrato e Milziade erano, in quel momento, entrambi individui di riconosciuto potere politico e che Milziade era stato vincitore olimpionico. In questa situazione Milziade non avrebbe avuto alcun motivo per abbandonare la competizione politica e fuggire da Atene: egli non era affatto in una posizione sfavorevole; al contrario la sua vittoria olimpica aveva certo favorito il suo prestigio: egli avrebbe potuto perciò facilmente tenere testa al potere di Pisistrato e inoltre la sua partenza sembra essere stata spontanea e non imposta come un esilio da parte del tiranno. La spedizione in Chersoneso è 51 DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 234-240. Hdt. V 42. GRAHAM 1964, pp. 25-27. 53 Sulla familiarità con la cultura greca, sul filellenismo delle corti tracie e sulla collaborazione di condottieri ellenici con popolazioni tracie, vd. MITCHELL 1997, pp. 134-147; BRAUND 2001, pp. 20s. 54 CULASSO GASTALDI 1996, pp. 507-509. 52 197 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi chiaramente descritta come una fondazione coloniale: Milziade ne fu l’ecista, prima di organizzare la partenza egli interpellò la Pizia e ne ottenne l’approvazione, in Atene fu raccolta una massa di volontari disposti a trasferirsi in Chersoneso Tracico. Queste caratteristiche delineano l’impresa come un’iniziativa non solo filaide ma più in genere ateniese, condivisa e approvata dunque dalla polis. Difficilmente avrebbe potuto avere luogo dunque senza l’approvazione e il sostegno di Pisistrato il quale controllava la politica ad Atene. Si riconsiderino a questo punto gli elementi che puntano all’esistenza di un’intesa di lungo periodo fra Pisistratidi e Filaidi, precedentemente analizzati, e particolarmente la possibilità che le due famiglie condividessero idee affini sulla conduzione della politica estera di Atene e sulla direzione delle attività oltremare, prima contro la posizione di Megara nel Golfo Saronico e in seguito in direzione dell’Ellesponto. La realtà storica è dunque che la colonizzazione del Chersoneso e la tirannide dei Filaidi colà furono avviate di comune accordo e sotto l’autorità di Milziade e Pisistrato. La notizia registrata da Erodoto sull’insofferenza di Milziade I per lo strapotere di Pisistrato nacque dunque, a mio avviso, all’interno di quella revisione della storia dei Filaidi operata da Milziade II nel 493 durante il processo per tirannide a suo carico55. La data della spedizione in Chersoneso Tracico: 558 ca. La datazione di questa spedizione di Milziade rimane soggetto aperto a discussione e critica poiché gli elementi forniti dalla nostra fonte storica non consentono di identificare una data né un contesto cronologico sicuri56; ritengo tuttavia che la contestualizzazione dei rapporti fra Filaidi e Pisistratidi e una considerazione del valore politico e sociale dell’agonismo panellenico possano contribuire a sciogliere quelle difficoltà. Alcune notizie fornite da Erodoto sulle circostanze della partenza di Milziade per il Chersoneso Tracico e sugli eventi successivi al suo insediamento mi spingono a collocare la fondazione della colonia ellespontica al periodo intorno al 558. 55 CAWKWELL 1995, pp. 79s. Gli studiosi moderni assumono posizioni disomogenee e forniscono per la spedizione di Milziade diverse date, precise oppure indicative: DESBOROUGH COOLEY – LARCHER 1844, ad Hdt. VI 35.32, pone la data al 560; WADEGERY 1951, p. 219, pone la data al 546, nel breve lasso di tempo fra la battaglia di Pallene e la caduta di Sardi; HAMMOND 1956, p. 113, 121, 123, 129, al 556; GRAHAM 1964, p. 32, fra il 561 e il 556; DAVIES 1971, n. 8429 [VI], afferma che la communis opinio data l’evento al 560 oppure al 556 egli tuttavia non accetta la datazione della caduta di Creso al 546 e pone la missione di Milziade al 540 ca.; JEFFERY 1978, p. 96, limita la data alla prima oppure alla seconda tirannide di Pisistrato, nel 560 oppure nel 556; RHODES 1981, pp. 191s., pone la data al 561/60; GRAHAM 1982, p. 121, ripropone il periodo 561-556; HAAS 1985, p. 43, data al 560 ca.; ISAAC 1986: p. 170-172 pone il terminus ante quem del 546; NENCI 1988, ad Hdt. VI 35.1, implica la coincidenza con la prima tirannide di Pisistrato che egli data al periodo 561-557; THOMAS 1989, p. 290, data la fondazione coloniale entro il periodo 559-556; SCHWERTHEIM 2011, s.v. “Lampsacus” in BNP, utilizza la data del 560 per i fatti di poco successivi all’arrivo di Milziade in Chersoneso Tracico. 56 198 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Erodoto è esplicito nel contestualizzare gli eventi entro uno dei periodi di tirannide di Pisistrato, dunque durante la prima o la seconda tirannide, nel periodo 561-556, oppure dopo la definitiva presa di potere successiva al 546. La vittoria olimpica di Milziade mi pare un elemento da non trascurarsi nella comprensione degli eventi: come si è visto, il prestigio e la notorietà, locali e internazionali, che quell’affermazione di prodezza individuale apportò costituiscono un antecedente significativo e funzionale alla spedizione coloniale di Milziade, sia nel determinare il favore con cui l’oracolo delfico rispose alla sua interpellanza, sia nel determinare l’appoggio sociale e la partecipazione dei concittadini ateniesi alla fondazione coloniale e al ruolo di ecista di Milziade. Ritengo perciò che il Filaide sfruttò la propria recente fama di olimpionico per organizzare e condurre la spedizione in Ellesponto e che dovette dunque muovere alla volta del Chersoneso Tracico non molti anni dopo la sua vittoria. Incrociando le possibili date stabilite per vittoria olimpica di Milziade, cioè il 560, 556, oppure il 552 al più tardi, si giunge a escludere dalle considerazioni cronologiche il contesto dell’ultima e definitiva tirannide di Pisistrato, un periodo cioè troppo lontano anche dalla data più bassa fra le tre proposte per la vittoria olimpica. Questa conclusione concorda peraltro con la notizia relativa ai contatti che vi furono fra Milziade I e il sovrano di Lidia Creso, nei primi anni dello stanziamento in Chersoneso. La sconfitta di Creso e la caduta dell’impero lidio sono da datarsi probabilmente al 546: perciò la datazione della spedizione in Chersoneso entro l’ultima tirannide di Pisistrato, dopo il 546, non è plausibile poiché non consentirebbe tempo sufficiente affinché il contingente ateniese si insediasse in Chersoneso, Milziade avviasse le proprie attività e intavolasse infine i contatti con Creso57. La ricostruzione che si è offerta della prima tirannide di Pisistrato stabilisce che fu di breve durata e di minore incidenza politica; il primo esilio dovette anch’esso essere breve; la seconda tirannide ebbe invece una durata più lunga della prima58. La collocazione cronologica più logica e appropriata per la spedizione di Milziade I in Chersoneso rientra dunque in un giro di anni durante la seconda tirannide di Pisistrato: in un momento successivo al 560, quando Pisistrato fu espulso dalla sua prima tirannide, eppure antecedente al 556, quando sappiamo che Pisistrato era al potere ad Atene ma subì il secondo esilio. Si può proporre, in conclusione e a titolo di convenzione, una data intorno al 558 ca. Se si accetta la necessità di legare fra loro in rapporto temporale e causale la vittoria olimpica di Milziade I con la spedizione in Ellesponto, in conseguenza di queste considerazioni, 57 58 ISAAC 1986: p. 170-172. Vd. supra, pp. 61ss., 71ss. 199 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi la vittoria nella corsa delle quadrighe trova la propria necessaria collocazione cronologica soltanto all’Olimpiade 58, appunto nel 560. L’intesa con i Traci Dolonci e la difesa contro i Traci Apsinti Il racconto di Erodoto, dopo le notizie sull’insediamento di Milziade e dei suoi volontari in Chersoneso Tracico, prosegue con la storia degli interventi dell’ecista in quel territorio. Milziade fu posto come tiranno da coloro che lo accompagnavano (ἐπαγαγόµενοι τύραννον κατεστήσαντο); la sua prima iniziativa fu di costruire un muro per sbarrare la penisola del Chersoneso Tracico dalla terraferma: la fortificazione fu costruita nella sezione più stretta dell’istmo, collegando la polis di Cardia, sul versante settentrionale, con quella di Pactie, affacciata sulla Propontide59. In questo modo il tiranno impedì le scorrerie dei Traci Apsinti che, secondo Erodoto, avevano costituito la ragione stessa del suo invito da parte dei locali Traci Dolonci. Lo stretto istmo e l’aggiunta della fortificazione rendevano il Chersoneso Tracico un territorio particolarmente difendibile contro gli attacchi provenienti dal continente: da quel momento in poi i Traci Apsinti non sembrano avere costituito più un pericolo60. La notizia è significativo indice di una volontà di Milziade non solo di proteggere i volontari che erano con lui, ma soprattutto di impegnare il proprio governo e le proprie risorse in opere infrastrutturali, non diversamente da quello che fu l’atteggiamento diffuso fra i tiranni arcaici nei confronti del tessuto urbano della polis61. La narrazione erodotea ritrae Milziade impegnato nella difesa dei Traci Dolonci presso cui egli è tiranno, in ottemperanza al volere di Apollo e secondo quell’accordo raggiunto fra il Filaide e la delegazione reale tracica che aveva interpellato l’oracolo di Delfi. Come si è anticipato nell’analisi letteraria del passo, ritengo che questa relazione sia piuttosto frutto di una costruzione storiografica apologetica filo-filaide, oppure di origine delfica, prodotta allo scopo giustificare e fornire un’eziologia positiva e portentosa alla spedizione coloniale dei Filaidi in Chersoneso Tracico62. Eppure gli elementi del racconto relativi all’accordo stretto fra Traci Dolonci e Milziade e alla difesa del Chersoneso contro i Traci Apsinti possono, a mio avviso, essere accolti nel senso che, successivamente al loro insediamento nella penisola, Milziade e gli 59 Hdt. VI 36. RAWLINSON 1858, ad Hdt. VI 37, pp. 436s. RAWLINSON 1858, ad Hdt. VI 37, pp. 436s.; LOUKOPOULOU 2004, p. 900. 61 DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 234-240. 62 CAWKWELL 1995, p. 79. Parte della critica suggerisce la possibilità che i Traci Dolonci stessi avessero potuto ricercare o favorire l’insediamento di una colonia ellenica allo scopo di ottenere alleati nella loro resistenza agli Apsinti; ma anche quei commentatori che propongono questa ipotesi ritengono comunque più probabile una ricostruzione affine a quella che viene proposta in questo scritto, secondo cui cioè la responsabilità dell’iniziativa è da ascriversi a Milziade e agli Ateniesi: MACAN 1895, ad Hdt. VI 34; HOW-WELLS 1928, ad Htd. VI 35; NENCI 1988, ad hdt. VI 34.3. Testimonianze a favore della pratica dei Traci di ricorrere all’aiuto militare di condottieri e contingenti ellenici, pure in periodi successivi all’arcaismo, in MITCHELL 1997, pp. 134-147; BRAUND 2001, pp. 13-25. 60 200 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Ateniesi ebbero modo di stringere rapporti pacifici e collaborativi con i locali Traci Dolonci, convivendo nel medesimo territorio63. È sulla base di questa collaborazione che poté poi svilupparsi in maniera credibile la leggendaria eziologia della spedizione filaide con la vicenda della consultazione oracolare dei basilèis traci e il portentoso compimento della predizione pitica da parte di Milziade. A convalidare la storicità dell’esistenza di un’intesa fra Milziade e i Traci nel Chersoneso contribuisce anche il lessico utilizzato da Erodoto nel racconto dell’interpellanza oracolare dei Traci e in quello del loro incontro con Milziade ad Atene: in entrambi i casi le formule usate dallo storiografo incorporano un riferimento alle pratiche e alle regole di comportamento della xenìa64; questa considerazione potrebbe far luce sulla forma della relazione che legò Milziade e i Traci Dolonci. Le formule usate sono accettate e tradotte dalla critica moderna come riferimenti all’offerta di ospitalità e di commensalità; eppure è noto che la xenìa fu un’istituzione fondamentale nella costruzione delle relazioni internazionali delle élites della Grecia arcaica e uno degli strumenti specifici nel contatto fra individui di poleis e culture diverse. L’ospitalità e la condivisione della mensa erano parte delle effettive azioni rituali della xenìa ma, per loro tramite, fra le parti contraenti veniva istituita una relazione personale di ospitalità, amicizia, alleanza e supporto reciproco, estesa alle famiglie e allargata ai campi di intervento dei contraenti65: nel caso di individui di ampio potere personale, come appunto il tiranno Milziade e i sovrani traci, queste relazioni private potevano assumere un valore diplomatico significativo. In questa prospettiva dunque, le formule erodotee relative alla xenìa potrebbero preservare traccia della forma che assunsero le relazioni istituite fra il condottiero aristocratico filaide Milziade e i basilèis dei Traci Dolonci: non cioè semplici momenti di ospitalità, ma piuttosto forme para-diplomatiche di alleanza e accordo inter-aristocratico che suggellavano rapporti pacifici fra le comunità dei coloni ateniesi e dei Traci autoctoni66. La guerra contro Lampsaco La narrazione erodotea passa rapidamente a trattare l’iniziativa militare che Milziade subito rivolse contro Lampsaco, polis coloniale ellenica sul litorale micrasiatico della Troade, fondata nel VII secolo da Focea, o meno probabilmente da Mileto, localizzata all’estremità 63 Aristot. Pol. VII 2.9-15 (1324b) testimonia dell’apprezzamento dei Traci per le capacità militari. BRAUND 2001, pp. 20s. 64 Hdt. VI 34.2: ξείνια καλέσῃ, cioè “(il primo che li avesse) invitati a un pranzo ospitale”. Hdt. VI 35.2: ἐπηγγείλατο καταγωγὴν καὶ ξείνια, cioè “(Milziade) offrì loro un luogo di ristoro e trattamenti ospitali”. NENCI 1988, ad Hdt. VI 34.2, citando SPITZER 1993, riconosce nelle parole usate da Erodoto una costruzione formulare; RUNDIN 1996, p. 193; BUDIN 2004, pp. 136-142. 65 DAVERIO ROCCHI 1993, pp. 79-81; BRAUND 2001, pp. 13-25. 66 Sul valore pubblico e statale che il termine xenìa poteva assume nel volgere dell’epoca arcaica vd. RAVIOLA 2005. 201 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi settentrionale dello stretto dell’Ellesponto, 15 Km a sud di Pactie67. Dalle essenziali notazioni di Erodoto si ricava che il conflitto perdurò per lungo tempo, senz’altro fin dopo la morte di Milziade I e quella del successore Stesagora68: il successore alla tirannide di Milziade I fu infatti Stesagora, suo nipote, figlio di suo fratello uterino Cimone69; questi continuò il conflitto contro Lampsaco e fu assassinato da un Lampsaceno che riuscì ad avvicinarlo fingendosi un disertore70. L’animosità fra i Chersonesiti e gli abitanti di Lampsaco rimane registrata nelle usanze religiose del Chersoneso giacché i Lampsaceni, ancora nel V secolo, erano esclusi dalla partecipazione agli agoni che si tenevano in osservanza del culto eroico di Milziade I come ecista71. Lo svolgimento degli eventi nell’ultimo quindicennio del VI secolo e le iniziative di Ippia dimostrano quanto Lampsaco sia rimasta, anche in seguito, un soggetto politico e diplomatico con cui era necessario confrontarsi e con cui i Pisistratidi, si vedrà, preferirono infine venire a patti, di fatto tradendo quell’intesa familiare che li aveva legati ai Filaidi per il precedente mezzo secolo. La tradizione letteraria non fornisce ulteriori dati relativi al conflitto fra Milziade in Chersoneso e Lampsaco, ma vale la pena procedere contestualizzando storicamente. È certo che l’insediamento della colonia ateniese in Chersoneso non fosse stato accolto di buon grado dalle locali poleis affacciate sullo stretto quali Lampsaco o Abido, che detenevano propri interessi marittimi. Ritengo si possa inferire che l’attrito sia nato dalla posizione stessa di Lampsaco rispetto alla importante località del Chersoneso, Crithote: Lampsaco si trovava sul litorale asiatico, in prossimità della strettoia che segnava l’estremità settentrionale del passaggio dell’Ellesponto; sul versante direttamente opposto dello sbocco che conduce dall’Ellesponto nella Propontide, sulla costa del Chersoneso Tracico, si trovava la località di Crithote, secondo una fonte, fondata dallo stesso Milziade I72. Posta l’importanza, che andava proprio allora sviluppandosi, del controllo della navigazione attraverso l’Ellesponto, l’imboccatura settentrionale di quello stretto braccio di mare può avere costituito un’area di significativi interessi e di accesi conflitti fra i due poteri che vi si affacciavano. Forse il conflitto sorse perché Milziade fu interessato a stabilire una posizione di forza sul versante asiatico dell’Ellesponto, interferendo perciò nell’area direttamente sotto il controllo di 67 Hdt. VI 37; Strab. XIII 1.19; Euseb. Chron. ap. Hieron. p. 167d Helm. NENCI 1988, ad Hdt. VI 36; BAKHUIZEN 1990, p. 57; SCHWERTHEIM 2011, s.v. “Lampsacus”, in BNP. 68 WADE-GERY 1951, pp. 212, 216, 218; ISAAC 1986: p. 170-172; SCOTT 2000, ad Hdt. VI 34-41, pp. 163-179. 69 Hdt. VI 37. 70 Hdt. VI 38.2. 71 Hdt. VI 38.1. 72 Ps. Scymn. 706-712. 202 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Lampsaco73: quest’ipotesi collima con la storia dell’occupazione di Sigeo in Troade, iniziata già alla fine del VII secolo, ripresa proprio da Pisistrato stesso, nel 540 ca., una volta instaurata la tirannide ad Atene e aspramente contesa contro gli interessi di Mitilene che controllava l’area. La scelta operata da Pisistrato di puntare alla conquista di Sigeo e poi la scelta di Ippia di passare a un’alleanza inter-familiare con i tiranni di Lampsaco possono cogliersi come indizi delle difficoltà e del poco successo che i Filaidi dovettero riscuotere nell’opporsi a Lampsaco. In senso più riduttivo e con maggiore sicurezza, il conflitto può essere visto non come una campagna militare organizzata, ma piuttosto come una serie di azioni violente reciproche, nel quadro di una forma di naturale conflittualità di frontiera fra poleis elleniche, oppure come conseguenza di vicendevoli atti di pirateria nelle acque dell’Ellesponto74. L’intercessione di Creso di Lidia nella guerra fra Milziade e Lampsaco Erodoto tramanda la notizia che, nel corso del conflitto contro Lampsaco, Milziade fu fatto prigioniero in un’imboscata; il Filaide però godeva del favore personale di Creso, sovrano di Lidia (ὁ Μιλτιάδης Κροίσῳ τῷ Λυδῷ ἐν γνώµῃ γεγονώς): cosicché quando Creso seppe della situazione in cui versava Milziade, mandò ordine ai Lampsaceni di rilasciare l’ostaggio, minacciando gravemente la distruzione della città; gli abitanti di Lampsaco, temendo il potere dell’impero lidio, non poterono fare altro che liberare incolume il loro nemico. Milziade dunque si salvò grazie all’intervento di Creso: così conclude Erodoto75. La notizia potrebbe suscitare perplessità poiché non siamo a conoscenza di altre relazioni, precedenti o successive, fra i Filaidi e la corte lidia; Erodoto dimostra peraltro di disporre di una cronologia alquanto confusa dei regni dei sovrani di Lidia e la sua narrazione cede spesso al leggendario e al novellistico nel tramandare la storia della dinastia dei Mermnadi, appunto proprio in merito al personaggio di Creso76; a quest’ultimo proposito proprio il passo ora discusso dedica un’ampia sezione alle emblematiche parole con cui Creso si rivolse ai Lampsaceni e al modo in cui furono accolte e interpretate dai destinatari. 73 ANDREWES 1982 b, p. 405; GRAHAM 1982, pp. 121s. BLAKESLEY 1854, ad Hdt. VI 37, n. 87; SCOTT 2000, ad Hdt. VI 34-41. Sulla stretta relazione fra pirateria, brigantaggio individuale e intervento militare pubblico: LINTOTT 1982, pp. 1-31; JACKSON 2000, pp. 133-140; ALONSO TRONCOSO 2007. Un inquadramento dei conflitti di frontiera nel mondo greco in DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 28-31, 61-64, 225-240. 75 Hdt. VI 37. Si nota che critica ha dedicato scarsa attenzione a questo passaggio, concentrando piuttosto gli studi sulla tirannide filaide in Chersoneso Tracico in relazione ai contemporanei eventi in Atene oppure, in direzione dei regni orientali, solo in relazione all’impero persiano: WADE-GERY 1951; HAMMOND 1956; BERVE 1967, pp. 79-81, PEMBERTON 1988, pp. 231-234; AUSTIN 1990, pp. 295, 300-304. 76 MAZZARINO 1966, pp. 130-141; KINDT 2006. Hdt. I 29-34 narra ampiamente di una visita di Solone presso la corte di Creso e costituisce un excursus prettamente filosofico e leggendario. Hdt. VI, 125 tramanda notizia di una visita di Alcmeone presso la corte di Creso: come si è discusso il passo presenta caratteri novellistici nonché una impossibilità cronologica, vd. supra, pp. 114ss. 74 203 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi È d’altronde un elemento storicamente ineludibile l’atteggiamento filellenico che contraddistinse i sovrani Mermnadi e particolarmente il regno di Creso: questo sovrano fu estremamente attivo nella costruzione di una rete di contatti e alleanze internazionali, in oriente quanto in Grecia77, e fu devoto a numerosi santuari e oracoli ellenici78. Creso strinse rapporti di xenìa con i Greci delle isole79; è noto e discusso il trattato di alleanza che egli stipulò con Sparta, alla vigilia del suo scontro con l’impero persiano in espansione80; Creso interrogò gli oracoli ellenici in vista di quel conflitto, ma dimostrò particolare devozione verso quello di Delfi con ricchissime offerte votive e l’oracolo ricambiò conferendogli ambiti onori81. Questa dimestichezza con la cultura greca e l’attivo interesse per le poleis, la classe dirigente e i santuari ellenici sono caratteristiche già riscontrabili nel predecessore di Creso, suo padre Aliatte: questi fu ospite dell’Ateniese Alcmeone nelle consultazioni dell’oracolo di Delfi e ricompensò quell’attività di intermediazione con ampi donativi alla famiglia82; Aliatte fu xénos del tiranno di Mileto, Trasibulo83, ed ebbe contatti con il tiranno corinzio Periandro84. Secondo queste premesse, mi pare più che credibile che Creso avrebbe trovato facile e interessante entrare in contatto con Milziade e gli Ateniesi stanziati in Chersoneso Tracico: dunque la testimonianza di Erodoto merita un certo grado di attendibilità storica e un’analisi più attenta85. Creso scelse dunque di intervenire nel conflitto fra i Filaidi e Lampsaco e scelse di prendere le parti dei Chersonesiti: è necessario concludere perciò che quella dovette sembrare allora la direzione più utile e vantaggiosa da impartire alla politica della Lidia nell’area dell’Eolide e dell’Ellesponto. Lampsaco era effettivamente una polis potente e ricca giacché nel proprio entroterra disponeva di miniere d’oro86. È incerta l’attribuzione della fondazione di 77 In oriente Creso e il padre Aliatte strinsero contatti diplomatici con i sovrani di Cilicia, Babilonia, Media ed Egitto: Hdt. I, 69-70, 74, 77. NENCI 1981, pp. 57-61, 68s. 78 NENCI 1981, pp. 61-65. La celebre storia delle interrogazioni oracolari di Creso presso i santuari del mondo orientale e greco: Hdt. I 46-55. 79 Hdt. I 27.5. 80 Hdt. I 69s. SALMON 1996, pp. 857-859; PANESSA 1999, pp. 76-81; RAVIOLA 2005, pp. 104s.. 81 Creso sacrificò 3000 capi di bestiame, offrì letti placcati d'oro e d'argento, coppe d'oro, vestiti di porpora, 117 mattoni d'oro, una statua leonina di oro puro, un cratere d'oro e uno di argento, quattro giare d'argento, due urne lustrali rispettivamente d'oro e d'argento, altri vasi d'argento, una statua femminile, le collane delle sue mogli, le proprie cinture ornate, due stateri d'argento ad ogni cittadino di Delfi, uno scudo d'oro, un incensiere d'argento; in cambio Delfi concesse a Creso e ai Lidi la precedenza nelle consultazioni, l’esenzione dalle tasse, la proedrìa ai Giochi Pitici e la possibilità di ottenere il diritto di cittadinanza: Hdt. I 50s., 54, 92; IV 162; Paus. X 8.7 82 Hdt. VI 125. Vd. supra, pp. 114ss. Sulla relazione fra xenìa e conduzione dell’attività presso i santuari: DOPICO CAINZOS 1997, p. 530. 83 Hdt. I 16-22. 84 Hdt. I 25, III 48s., 53; Paus. X 16, 1-2; Ath. V 45. OLIVIERI 2010. 85 ANDERSON 2005, pp. 184, 191, 201. 86 KOROMILA 1991, pp. 32, 52-55. 204 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Lampsaco nel 654, assegnata a Focea oppure, meno probabilmente, a Mileto87; pure sia Mileto che Focea furono potenze strategiche ed economiche della Ionia, mantennero contatti con le proprie colonie nella Propontide, come approdi utili nella navigazione che conduceva verso il Mar Nero88: indebolire Lampsaco avrebbe potuto contribuire a rendere la madrepatria fondatrice meno indipendente e dunque più permeabile al controllo lidio. Per altro verso, l’insediamento ateniese in Chersoneso Tracico si trovava al di là dell’Ellesponto, in Europa, fuori dall’area di interesse della Lidia, e non costituiva perciò un pericolo per l’autorità e il dominio di Creso. Sono questi, forse, motivi sufficienti perché Creso prendesse allora le difese di Milziade sottoponendo Lampsaco alla minaccia di un casus belli, riaffermando l’autorità dei sovrani di Lidia sul continente e fornendo ai Lampsaceni e a Milziade una prova della potenza diplomatica del trono di Lidia. Ritengo d’altronde che Creso stesse allora agendo non solo in considerazione delle circostanze strategiche finora esposte, ma che egli stesse rispettando l’eredità di un legame di reciprocità inter-familiare di lunga data che lo associava, almeno indirettamente, a Milziade. È possibile ricostruire l’esistenza di un’intesa personale che associò i Mermnadi di Lidia e i tiranni Cipselidi di Corinto, a partire dalla fine del VII secolo. La dinastia dei Mermnadi di Lidia si legò all’autorità sacrale di Delfi fin dalla propria ascesa e i sovrani Gige, Aliatte e il suo successore Creso depositarono generosissime offerte presso il santuario oracolare di Apollo89. I popoli orientali non ebbero però mai il privilegio di edificare un proprio òikos, un tesoro votivo, presso i santuari ellenici90: nel caso di Delfi, le fonti attestano appunto che, nella gran parte dei casi, le offerte dei Mermnadi si trovarono depositate presso il tesoro dei Corinzi, edificato e dedicato da Cipselo, il fondatore della dinastia tirannica di Corinto. Questo significa che i Cipselidi accolsero nel proprio tesoro familiare le dediche dei Mermnadi e ne garantirono la protezione; in senso lato questa pratica si allargava però alla necessità per i Lidi di disporre di un ospite greco presso il santuario, cioè un intermediario che appoggiasse, proteggesse e garantisse per le ambascerie della corte lidia in occasione delle visite devozionali e delle consultazioni oracolari presso il santuario91. In base a queste premesse dunque si individua l’esistenza di un rapporto di ospitalità fra i Cipselidi e i Mermnadi, secondo le modalità messe in pratica nelle relazioni di xenìa. La storia delle relazioni internazionali del secondo tiranno di 87 Strab. XIII 1.19. afferma che Lampsaco è una colonia di Mileto. Euseb. Chron. ap. Hieron. p. 167d Helm. RADET 1893, pp. 187-195; GRAHAM 1982, p. 161; BAKHUIZEN 1990, p. 57; JACKSON 2000, pp. 140-142. 88 FOSSEY 1997. 89 MIDDLETON 1888, pp. 287, 291s., 308-310; LLOYD-JONES 1976, pp. 63s.; KINDT 2006. 90 Unica eccezione sembra essere costituita dall’òikos Lydòn a Delo: MIDDLETON 1888, in particolare pp. 308s.; DYER 1905, in particolare pp. 308-310. 91 DOPICO CAINZOS 1997, p. 530; MOSSÉ 2009, pp. 8-10. 205 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Corinto, Periandro, dimostra la continuità di questa ospitalità e inoltre la capacità di Periandro di agire come mediatore diplomatico per il sovrano di Lidia, Aliatte92. Per altro verso, si è sopra esplicitato il legame familiare per cui era riconosciuta ai Filaidi, Milziade e Ippoclide, la discendenza dai Cipselidi di Corinto; l’onomastica di Milziade (Miltia/dhj o( Kuye/lou) e la fama di Ippoclide in occasione del matrimonio di Agariste confermano che quel retaggio familiare costituiva ancora un elemento significativo nelle relazioni internazionali personali dei Filaidi a metà del VI secolo93. È noto infine che le forme di alleanza personale e inter-familiare, quali appunto la xenìa e altre più generiche relazioni di ospitalità, erano considerate applicabili e fruibili entro l’ambito allargato delle famiglie e dei parenti dei due contraenti ed erano normalmente intese come ereditarie, perlomeno certamente rinnovabili, da una generazione alla successiva. Per il tramite dunque del loro legame di parentela con i Cipselidi, i Filaidi poterono sfruttare anche il retaggio delle relazioni personali e familiari che avevano costruito i tiranni di Corinto, Cipselo e poi Periandro, appunto con i Mermnadi94. In base alle considerazioni finora esposte mi pare vada dunque interpretata quella attestazione di contatto e collaborazione fra Milziade I e Creso all’epoca della guerra fra i coloni del Chersoneso e Lampsaco95. Negli anni di quel conflitto, poco dopo il 548 ca., Milziade era da poco giunto in Ellesponto e non aveva mai conosciuto la sponda micrasiatica; come si è detto, non esistono notizie di precedenti contatti fra i Filaidi e i sovrani orientali: ciononostante Milziade fu considerato da Creso come un individuo a lui caro e Milziade poté fare appello all’appoggio e all’autorità di Creso nell’assicurarsi la propria liberazione da Lampsaco96. Il presupposto che agì allora a fondamento di questa, altrimenti inaspettata, intesa non poté essere altro che quello di una discendenza da individui fra loro associati: cioè il presupposto di una relazione personale, che Creso ereditava dal padre Aliatte e dai Mermnadi, per via della quale egli stesso si trovava associato in una xenìa all’òikos allargato dei Cipselidi, di cui Milziade poteva dirsi un discendente diretto. È vero che in Grecia, a quell’epoca, la tirannide dei Cipselidi era finita da un quarto di secolo; eppure si è già avuto modo di notare l’allure della fama di quella famiglia tirannica, entro la politica matrimoniale dei tiranni Clistene di Sicione e Pisistrato ad Atene, e inoltre 92 Vd. il caso dell’intermediazione di Periandro nel conflitto fra la Lidia e Mileto all’inizio del VI secolo. OLIVIERI 2010, in particolare pp. 127-132. 93 PARKER 1994, pp. 408, 417s. 94 L’associazione con i sovrani orientali costituì un elemento di legittimazione del potere dei tiranni: ANDERSON 2005. 95 WILL 1955, pp. 546-551, riporta e appoggia una ricostruzione già enunciata in MAZZARINO 1939. 96 ISAAC 1986: p. 170-172. 206 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi l’importanza della storia politica delle poleis continentali deve essere parsa ridimensionata ancor più agli occhi del re di Lidia. Creso agiva entro il quadro culturale della monarchia personale orientale e Milziade, dal canto suo, agiva entro i parametri culturali e comportamentali dell’aristocrazia ellenica: nella prospettiva dei due interessati rimanevano perciò attivi e vincolanti quegli obblighi familiari istituiti fra il padre di Creso, Aliatte, e gli antenati di Milziade, i Cipselidi; Creso stesso poteva ancora provare riconoscenza nei confronti della famiglia cipselide per l’ospitalità e l’intermediazione presso Delfi97. La riflessione ora scaturita sulle posizioni di Milziade e Creso può essere approfondita ulteriormente: è possibile infatti che la discendenza cipselide di Milziade sia stata un fattore che Milziade stesso e Pisistrato presero effettivamente in considerazione nella progettazione della spedizione in Chersoneso Tracico e della loro generale strategia nell’Ellesponto. Milziade cioè sarebbe potuto essere perfettamente consapevole del valore della sua parentela con Periandro, di fatto suo prozio materno, e dei vantaggi che potevano derivarne; inoltre si deve ritenere che l’élite tirannica arcaica fosse perfettamente a conoscenza della posizione della dinastia mermnade entro le genealogie e le relazioni delle importanti famiglie aristocratiche elleniche e delle dinastie orientali. A questo punto l’intesa familiare fra Pisistratidi e Filaidi acquisisce un’ulteriore elemento di pregnanza nella valutazione del ruolo dei Filaidi nella gestione della politica internazionale di Pisistrato. La scelta di Pisistrato di appoggiare la spedizione di Milziade e di affidargli la propria fiducia fu dovuta anche all’ascendenza del Filaide ai Cipselidi: Pisistrato e Milziade dovettero ritenere che quella caratteristica genealogica avrebbe potuto rivelarsi utile nell’operare nell’Ellesponto, un’area geo-politica tangente al sistema di governo della Lidia, ove regnava appunto un sovrano che doveva ai Cipselidi la propria riconoscenza per la possibilità di consultare e fare offerte presso Delfi. Per altro verso, il fratello uterino di Milziade, Cimone, era nato non da quel Cipselo ateniese legato ai tiranni di Corinto, ma piuttosto da Stesagora, di ascendenza locale, e non poteva dunque vantare alcun legame di discendenza con i tiranni di Corinto: perciò Cimone risultò non costituire un alleato utile per Pisistrato e fu di fatto estromesso dalla gestione congiunta della politica di Atene. Si presenta dunque alla ricostruzione storica un elemento ulteriore per comprendere l’indirizzo che presero le relazioni positive fra Milziade e i Pisistratidi e viceversa quell’atteggiamento antagonistico che distinse il rapporto di questi con Cimone. 97 DOPICO CAINZOS 1997, p. 530. Sul ruolo delle genealogie nell’auto-identificazione dell’aristocrazia ellenica: MAZZARINO 1966, pp. 130-141; JEFFERY 1976, pp. 34-38; GERNET 1981, pp. 294s.; ANDERSON 2005, pp. 178, 184-189; DUPLOUY 2006, pp. 56-69. 207 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi In conclusione, l’intervento di Creso nelle dinamiche fra Milziade e Lampsaco deve essere compreso alla luce di entrambi gli aspetti finora discussi: sia entro il quadro degli interessi strategici dell’impero lidio nell’area, sia entro il quadro ideologico della genealogia filaide e delle relazioni familiari ereditarie dei Mermnadi; soprattutto quest’ultimo aspetto rende conto dell’esistenza di una storia personale pregressa di Milziade e Creso capace di spiegare l’interesse del sovrano di Lidia nei confronti del nuovo arrivato in Chersoneso Tracico. V.3. Il significato della tirannide di Milziade I in Chersoneso Tracico Mi pare opportuno cercare di approfondire la natura del ruolo di comando di Milziade I e dei Filaidi nel governo dello stanziamento del Chersoneso Tracico e di tracciare un quadro politico e istituzionale della penisola, al fine di valutare il senso storico e politico della tirannide filaide, cioè di valutare la portata dell’intervento di Milziade entro il sistema internazionale, nella conduzione della politica estera di Atene e nei rapporti con la politica estera della tirannide di Pisistrato. La spedizione in Chersoneso Tracico: una fondazione coloniale Si dispone di sufficienti dati letterari, storici e contestuali per riconoscere con chiarezza nella missione di Milziade I in Chersoneso una spedizione coloniale ateniese: in primo luogo, la narrazione e il vocabolario della fonte principale, Erodoto, riprendono la prassi e le espressioni formulari normalmente usate nel caso appunto delle fondazioni coloniali arcaiche in aree extraelleniche. Una volta accettata l’offerta dei Traci, nonostante fosse stato proprio l’oracolo pitico a indurre la loro visita ad Atene, Milziade I si recò nuovamente egli stesso a Delfi allo scopo di ricevere dal santuario l’approvazione per la sua impresa98: è noto infatti che la consultazione dell’oracolo apollineo sanciva l’avvio delle fondazioni coloniali e dunque né Milziade né la narrazione erodotea potevano evitare quell’atto devozionale99. In Atene, Milziade prese con sé tutti i concittadini che volessero partecipare alla spedizione: in questa circostanza il testo erodoteo ricalca con precisione la formula conosciuta per l’arruolamento dei volontari in vista di una spedizione coloniale100. La figura di Milziade ha i chiari connotati dell’ecista, il conduttore e fondatore della colonia. Nel testo erodoteo, il responso pitico ricevuto dai Traci Dolonci ingiunge di affidare al loro ospite l’incarico di fondare una colonia, definendolo 98 Hdt. VI 35.3-36.1. GWYN 1918, pp. 98s.; FORREST 1957; GRAHAM 1964, pp. 25-28; NENCI 1988, ad Hdt. VI 36.1; MURRAY 1996, p. 142. 100 Hdt. VI 36.1: τότε παραλαβὼν Ἀθηναίων πάντα τὸν βουλόµενον. NENCI 1988, ad Hdt. VI 36.1. 99 208 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi appunto oi)kisth/j; le successive fonti storiografiche associano spesso a Milziade questo epiteto, oppure il corrispondente verbo kti/zw. Infine, dopo la morte di Milziade, i Chersonesiti istituirono sacrifici e agoni ippici e ginnici in suo onore: questa notizia testimonia l’istituzione di un culto pubblico, come era costume per le figure degli ecisti101. Le fonti antiche, e particolarmente quelle geografiche, tramandano per varie località del Chersoneso la definizione di colonie ateniesi o attiche e ne attribuiscono la fondazione, o la rifondazione, a Milziade I: Elaious, Crithote, Pactie, Agorà102. All’epoca della spedizione di Milziade II per la conquista di Lemno, nel 500 ca., Erodoto descrive testualmente il Chersoneso come sotto il dominio degli Ateniesi, piuttosto che dei soli Filaidi103. La storia della tirannide dei Filaidi in Chersoneso conosce, per il periodo del 525 ca., l’esistenza di un pritaneo nella fondazione istituita da Milziade I: il pritaneo è un elemento urbanistico che implica chiaramente l’esistenza di istituzioni e di un sistema di governo tipici di una polis, dell’auto-governo e della partecipazione alla politica del corpo dei cittadini-coloni104. Anche la numismatica potrebbe contribuire a identificare fin da subito l’insediamento di Milziade come una polis coloniale indipendente dalla madrepatria giacché sono attestate coniazioni, per il periodo 515-498, interpretate di norma dalla critica come il segno di un’iniziativa statale, locale e pubblica105. Le fonti antiche descrivono il Chersoneso come un territorio fertile, ricco di terreni coltivabili e di buoni pascoli e la stessa toponomastica dei luoghi determina associazioni di significato con la coltivazione di cereali e olivi e con la disponibilità di legname; dal Chersoneso, nel V secolo, Atene importava infatti risorse cerealicole106. Queste caratteristiche, prescindendo dalla strategia marittima pisistratide che si sta ricostruendo in questo scritto, sono elementi fondamentali per il richiamo dei coloni ellenici e per la scelta dei luoghi ove insediare le apoikìai, in risposta alle speranze dei volontari di ottenere nuovi e più produttivi terreni107. 101 Hdt. VI 34.2, 38; Thuc. V 11.1; Ps. Scymn. 711s.; Ael. Var Hist. 12.35; Marcell. Vit. Thuc. 8.3, 10.3. HAMMOND 1956, pp. 114-117; GRAHAM 1964, pp. 29-39; BERVE 1967, p. 80; DAVIES 1971, n. 8429 [VI]; FONTENROSE 1978, pp. 304s.; NENCI 1988, ad Hdt. VI 34.1, ad Hdt. VI 38 pp. 201s.; LAVELLE 1994 discute il modello del tiranno fondatore. Non escludo che sia i Greci che i Traci del Chersoneso Tracico partecipassero agli agoni cittadini in onore dell’Ecista ed è indubbio che i barbari perlomeno apprezzarono e compresero pienamente il senso del rito e dell’agone: sulle strette affinità fra i sacrifici, gli agoni cittadini greci e i riti funebri per uomini di riguardo presso i Traci, vd. Hdt. V 8. Se questa supposizione fosse corretta si disporrebbe di un ulteriore elemento culturale di unione e concordia fra i coloni e le istituzioni di origine ateniese e la popolazione autoctona. 102 Hdt. VII 58; Ephor. FGrHist 70 F 40; Ps. Scymn. 711s. LOUKOPOULOU 2004; SCOTT 2005, ad Hdt. VI 140.1, p. 453. 103 Hdt. VI 140. 104 Hdt. VI 38.2. LOUKOPOULOU 2004, p. 901, n. 661 p. 905; SCOTT 2005, ad Hdt. VI 38.2, p. 177. 105 ISAAC 1986, pp. 167s.; LOUKOPOULOU 2004, n. 661, p. 904s. Contra DAVIES 1971, n. 842 [XVI]. 106 Xen. Anab. V 6.25; Id. Hell. III 2.10; Aristoph. Eq. 262. Il senso del toponimo Krithote fa riferimento all’orzo; Elaious agli olivi; Pteleon richiama la disponibilità di legname. ISAAC 1986, pp. 159-197. 107 DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 46, 237-240 fornisce un’inquadramento storico per comprendere lo sfruttamento del territorio chersonesita; MORENO 2007 ritiene primari questi elementi nella scelta della fondazione coloniale di Milziade I, piuttosto che il movente strategico relazionato alla navigazione dell’Ellesponto. 209 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Mi pare corretto dunque concludere che la spedizione condotta da Milziade I nel 558 ca. fu a tutti gli effetti una spedizione coloniale: il Filaide assunse il ruolo di ecista, in virtù del suo status sociale aristocratico, delle sue capacità di governo e dell’appoggio di cui godeva ad Atene; i volontari che accompagnarono Milziade, e ne assicurarono poi la tirannide, furono il contingente che andò a costituire la cittadinanza della nuova polis108. In questo senso, la colonizzazione del Chersoneso Tracico condotta da Milziade fu un’impresa pubblica: cioè un’iniziativa, un onere e un vantaggio per la cittadinanza di Atene, o più specificamente per quegli Ateniesi che decisero di lasciare la madrepatria e ristabilirsi nel nuovo territorio di colonizzazione, e a questo gruppo è necessario attribuire un fattore decisionale nella genesi della spedizione109. Milziade, prescindendo dalla tirannide che le fonti gli attribuiscono in Chersoneso, fu innanzitutto piuttosto un condottiero ateniese, l’oi)kisth/j appunto, investito dai propri concittadini del potere di decidere e comandare l’organizzazione della spedizione coloniale e detentore della responsabilità sacrale e politica nella nuova comunità110. Lo scenario geo-politico del Chersoneso Tracico La comprensione della posizione geografica e politica occupata dalla colonia fondata da Milziade in Chersoneso Tracico è resa problematica non solo dalla presenza delle locali popolazioni traciche nella penisola, ma anche dai pre-esistenti insediamenti coloniali ellenici. Prima dello stanziamento coloniale di Milziade, il Chersoneso Tracico era stato infatti oggetto di colonizzazione eolica e ionica nel corso del VII e VI secolo. Coloni provenienti da Lesbo fondarono Sesto e Madytos, sulla costa meridionale affacciata sull'Ellesponto, e Alopeconneso sulla costa settentrionale al limite meridionale del Golfo di Melas. Mileto fondò Limnai, sul litorale occidentale; Mileto e Clazomene insieme fondarono Cardia nell'insenatura del Golfo di Melas111. A Milziade I è attribuita specificamente la fondazione di alcuni insediamenti nei pressi dell’istmo che separava la penisola dal continente: Crithote, Pactie e una polis il cui toponimo le fonti confondono fra Agorà, Chersonesos oppure Cherronesos; l’opera dell’ecista è associata anche alla rifondazione di Elaious, sull’estremità meridionale della penisola112. 108 GOMME 1937; BERVE 1967, p. 80; MALKIN 1987, pp. 189s.; HORNBLOWER 1997, ad Thuc. I 4. MORENO 2007. 110 GOMME 1937 ritiene pure che la missione di Milziade fosse un’apoikìa per quello che concerne lo status di quegli Ateniesi che si recarono in Chersoneso, ma considera nondimeno l’impresa come un’iniziativa privata di Milziade I; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 234-240 menziona il prestigio personale che potè derivare a Milziade dalle operazioni di difesa e dalla costruzione delle fortificazioni. 111 Ps. Scymn. 700-3; Strab. VI fr. 5. 112 Ephor. Fr. 40; Ps. Scymn. 711.s. RAWLINSON 1858, ad Hdt. VI 37, pp. 436s.; ISAAC 1986, pp. 18-20, 146-197; LOUKOUPOULOU 2004, pp. 901, 903, n. 659 p. 904, n. 661 p. 905, n. 664 p. 907, n. 667 p. 908, n. 669 p. 909, n. 671 p. 909, n. 672 p. 910; SCOTT 2005, ad Hdt. VI 140.1, p. 453. 109 210 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi L’estensione e l’influenza politica dello stato fondato da Milziade in Chersoneso Tracico dipesero dunque dal condizionamento dei pre-esistenti insediamenti ellenici e dalle reciproche posizioni e relazioni fra la sopraggiunta comunità ateniese-filaide e quelle ioniche ed eoliche. Le fonti al riguardo sono scarse e imprecise e conseguentemente la critica non ha al momento offerto un’analisi conclusiva. Alcune considerazioni si possono trarre dalla presenza delle poleis del Chersoneso entro la Lega Delio-Attica e nelle liste dei tributi versati dagli alleati al tesoro della Lega, nel V secolo, pure con la precauzione di tenere in conto la collocazione cronologica più tarda di quelle informazioni. Si ricava nondimeno un dato utile che mette in luce un’evidente disomogeneità in merito all’entità politica e al peso economico delle varie poleis del Chersoneso: alcune località furono sempre poleis indipendenti e forti, come è il caso della milesia Limnai, altre invece non ebbero voci proprie nelle liste tributarie della Lega ma furono accorpate sotto la voce “Chersonesiti”, altre ancora sembrano essere state soltanto degli empori commerciali come nel caso di Deris113. Si potrebbe perciò desumere che le comunità pre-esistenti più consolidate resistettero all’influenza politica di Milziade; altri insediamenti, di entità e capacità più ridotte, trovarono invece utile associarsi, o incorporarsi, all’organizzazione della nuova colonia ateniese di Chersonesos (o “Cherronesos”). Il principale insediamento filaide sembra abbia avuto nome Chersonesos, o Cherronesos, anche se in fonti il nucleo urbano principale fu conosciuto con il nome di Agorà; nondimeno la legenda XER sulle coniazioni della colonia ateniese non lascia grossi dubbi sulla denominazione della polis. La critica ha notato d’altronde come non sempre i riferimenti delle fonti siano chiaramente indirizzati a designare la polis fondata da Milziade I, l’etnonimo dei coloni e il toponimo geografica per la penisola114. Non sono documentate esplicite interazioni di Milziade e dei coloni ateniesi con le poleis che sorgevano in Chersoneso al loro arrivo; eppure alcune informazioni testimoniano dell’esistenza di una forma di coesistenza pacifica, di intesa o anche di collaborazione. La monetazione della polis di Chersonesos, risalente al periodo 515-498, cioè alla tirannide di Milziade II, reca su un lato la legenda XER e lo stemma della testa di Atena, sull’altro lato lo stemma di un leone. La testa di Atene indica l’auto-identificazione ideologica con la provenienza ateniese dei coloni; il leone è invece il simbolo della città di Mileto, madrepatria della vicina Cardia. La critica ritiene dunque che l’estensione territoriale e politica della polis fondata da Milziade I, Chersonesos, avesse assorbito e comprendesse la più antica colonia di Cardia; altrimenti è possibile dedurre, perlomeno, che la popolazione di Chersonesos fosse, fin 113 114 LOUKOPOULOU 2004, nn. 659, 662, 668, pp. 904-908. LOUKOPOULOU 2004, n. 661, pp. 904s. 211 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi dai primi anni, composta di coloni ateniesi e immigrati dalla vicina Cardia. Questa osservazione si combina con la notizia secondo cui Milziade II, in fuga dal Chersoneso nel 493, avrebbe preso il largo appunto dal porto di Cardia115: la critica ha ritenuto che Cardia fungesse da località portuale di Agorà/Chersonesos situata invece nell’entroterra dell’istmo del Chersoneso Tracico116. L’assenza di notizie in merito a conflitti con le pre-esistenti entità politiche potrebbe dunque non risultare da una mera lacuna delle fonti, quanto piuttosto da un’effettiva coesistenza pacifica fra i nuovi arrivati Ateniesi e i coloni eolici e ionici. In questo senso è una differenza significativa il fatto che fino al 540 ca. i Pisistratidi insediati a Sigeo abbiano sostenuto un lungo conflitto contro Mitilene di Lesbo per il possesso della località, mentre Milziade I e i suoi volontari non ebbero apparentemente alcun problema con le colonie fondate dalla stessa Lesbo nel Chersoneso Tracico. Il novero di dati finora esposti non mi pare sufficiente per tracciare con sicurezza un quadro geo-politico della situazione che si creò con l’arrivo dei coloni ateniesi in Chersoneso e con l’affermazione del potere tirannico di Milziade; nondimeno voglio proporre alcune considerazioni che, a mio avviso, presentano un grado di cogenza superiore alla semplice speculazione. Assume cogenza una ricostruzione secondo cui l’insediamento di Milziade e dei coloni ateniesi non interessò l’intera penisola del Chersoneso Tracico, ma si concentrò nell’area dell’istmo, dove sono localizzate le poleis a lui appunto attribuite o associate: Cardia, Agorà (o Chersoneso), Pactie, sull’istmo, e poco più a sud lungo il litorale ellespontico la località di Krithote. Non è da trascurarsi la prossimità di quest’area insediativa al muro difensivo che Milziade I edificò all’istmo: le aree di insediamento ateniese e le strutture difensive erano cioè funzionalmente associate fra loro e alla conduzione politica e militare di Milziade I117. Nonostante le pesanti incertezze toponomastiche, la critica concorda nell’identificare una polis con funzione di capitale politica e di centro economico, denominata Chersonesos oppure Agorà, da localizzarsi appunto al centro dell’istmo e dello sbarramento difensivo di Milziade I118. Contribuiscono a questa ricostruzione lo stesso toponimo “Agorà”, la coniazione attestata 115 Hdt. VI 41. LOUKOPOULOU 2004, n. 665, p. 907. 117 RAWLINSON 1858, ad Hdt. VI 37, pp. 436s.; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 11-13, 34-37, 234-240 mette in evidenza che le opere difensive in genere, e specificamente il muro costruito da Milziade in Chersoneso Tracico, non sono da assumersi come il segno di un territorio economicamente arretrato, ma al contrario contradistinto da funzioni economiche ed agricole significative. 118 DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 46, 234-240 sul significato territoriale, politico ed economico dello sbarramento difensivo. 116 212 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi fin dall’epoca di Milziade II e la stessa posizione geografica centrale e vicina allo sbarramento difensivo119. Nell’area scelta da Milziade I gli insediamenti non necessariamente presero la forma di poleis indipendenti e auto-sufficienti, ma piuttosto dovette trattarsi di villaggi che si svilupparono come centri di sfruttamento agricolo e di occupazione territoriale senza comportare la creazione in ciascuno delle istituzioni e degli organi politici tipici delle cittàstato120. Nelle funzioni politiche e organizzative gli insediamenti minori poterono dipendere dalla località centrale di Agorà/Chersonesos, ove si trovavano appunto l’agorà e il pritaneo e dove si svolgevano dunque la vita assembleare e l’attività politica. È in quest’ultima località che avevano probabilmente dimora i Filaidi e appunto dal controllo stretto e centralizzato delle funzioni politiche che derivava loro quell’ampio potere che assicurò la tirannide di Milziade e dei successori121. Le fonti non testimoniano di alcun caso di ostilità fra Milziade I, nonché il successore Stesagora, e i precedenti coloni ellenici del Chersoneso Tracico; le notizie raccolte sulle relazioni con Cardia e altri insediamenti minori puntano verso l’esistenza di rapporti non solo pacifici, ma collaborativi e costruttivi. Voglio formulare l’ipotesi che tale buona disposizione dei Greci di origine eolica e ionica nascesse in riconoscimento dei meriti per l’iniziativa difensiva intrapresa e organizzata da Milziade all’istmo del Chersoneso: il Filaide dimostrò cioè ai Chersonesiti la sua buona volontà e la sua capacità militare e organizzativa occupando quell’area strategica nelle comunicazioni terrestri fra Chersoneso e Tracia e costruendovi un sistema difensivo di cui si avvantaggiarono non solo i coloni ateniesi che lo accompagnavano, ma certo anche le altre poleis elleniche della penisola. In virtù di questa responsabilità Milziade dovette ottenere il consenso dei Greci locali e dei coloni ateniesi e guadagnare presso entrambi i gruppi una posizione organizzativa e di comando militare, sia pure non istituzionale, ma fondata sul prestigio; da questa situazione deriva, a mio avviso, il potere personale di Milziade nel Chersoneso Tracico nonché la stessa tradizione storiografica sulla tirannide filaide. Milziade I ecista, tiranno e alleato dei Pisistratidi e la politica estera ateniese per il controllo dell’Ellesponto 119 RAWLINSON 1858, ad Hdt. VI 37, pp. 436s. Il modello qui proposto, di un insediamento coloniale nella forma di villaggi volti allo sfruttamento agricolo del territorio, trova un paragone, in un periodo coevo, nello sviluppo della colonizzazione greca nell’area del Ponto Eusino: PAROMOV 1990; KREBS 1997. Il quadro dell’antropizzazione del territorio di Anfipoli in Tracia che si può ricavare dalla cronaca di Tucidide per l’anno 424 potrebbe accostarsi a questo modello: Thuc. IV 103.5-104.1. 121 SCOTT 2005, ad Hdt. VI 38.2, p. 177. 120 213 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Alla luce dei dati e delle considerazioni finora esposte è utile rileggere la tradizione relativa alla tirannide di Milziade I e al suo operato in Chersoneso Tracico. Il profilo istituzionale dell’insediamento che Milziade I condusse in Chersoneso Tracico è innegabilmente quello di una apoikìa di Ateniesi, sotto il comando di Milziade in qualità di ecista e autorità suprema122; fermo restando il carattere più frammentario e scarsamente urbanizzato a livello insediativo che si è intravisto per l’area di occupazione scelta da Milziade e dai suoi volontari. È innegabile d’altronde che una volta in Tracia, al comando di Milziade I, e ancor più nel passaggio di potere ai successori Stesagora e Milziade II, il ruolo di comando di cui i Filaidi godevano venne assimilato a una tirannide. La tirannide filaide in Chersoneso va dunque però interpretata non come la fondazione di un insediamento familiare o di una roccaforte personale, ma piuttosto come una fondazione coloniale nella quale Milziade e i suoi successori, con vari mezzi, mantennero un potere personale molto superiore a quello degli altri soggetti attivi nelle decisioni politiche. Propongo in sostanza di applicare alla tirannide filaide del Chersoneso Tracico uno dei modelli storici interpretativi che la ricerca ha ormai definito per la tirannide in genere: cioè quello di un controllo informale, implicito, non-istituzionalizzato, nato da ruoli o azioni pubbliche cruciali, spesso militari, e poi perpetuato e sostenuto piuttosto dalle capacità personali del tiranno e dalle relazioni internazionali della famiglia123. In questo senso la tirannide del Chersoneso Tracico va distinta dal modello di occupazione individuato, ad esempio, per i Pisistratidi in Tracia e può essere invece paragonata alla posizione tirannica che i Pisistratidi acquisirono nella colonia di Sigeo. Il potere tirannico di Milziade I gli derivò in prima istanza dal ruolo di ecista che egli ricoprì nella fondazione coloniale: Milziade fu, per decisione consensuale dei coloni, il referente per i primi momenti di organizzazione e decisione politica. La posizione di massima eminenza politica e autorità decisionale rimase poi appannaggio di Milziade per una serie di fattori che credo siano ormai evidenti: la capacità politica e la ricchezza economica della famiglia ad Atene; l’appoggio politico assicurato dall’alleanza con il tiranno di Atene Pisistrato; il suo ampio prestigio internazionale, derivato dalla discendenza familiare e dalla tradizione agonistica; la capacità di assicurarsi l’appoggio dei monarchi di Lidia; la sua capacità organizzativa e militare dimostrata nella conduzione della guerra contro i Traci Apsinti, contro Lampsaco e nella costruzione del muro all’istmo124. 122 BERVE 1967, p. 80. ANDREWES 1968; ANDERSON 2005; DUPLOUY 2006, pp. 11-130; LAVELLE 2010, s.v. “Tyranny”. 124 RAWLINSON 1858, ad Hdt. VI 36, pp. 436s. sulla fortificazione dell’istmo; LAVELLE 1994. Sul prestigio e il potere detenuto e poi conservato dall’Ecista si consideri il caso di Batto, fondatore di Cirene: FORNARA 1983, nn. 17s. 123 214 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi La forma di occupazione territoriale lassa che pare contraddistinguere sia l’antropizzazione che le istituzioni della colonizzazione ateniese del Chersoneso Tracico, cioè provvista di un unico centro politico presso la polis di Agorà/Chersoneso, può avere contribuito alla centralizzazione delle istituzioni e dei processi decisionali e conseguentemente al mantenimento del potere individuale di Milziade I. Nella medesima direzione può avere contribuito anche il contesto sociale e geo-politico della Tracia, nel quale era necessario intrattenere relazioni con tribù traciche governate monarchicamente e nel quale era necessario mantenere un certo grado di militarizzazione. La storia della tirannide dei Filaidi nel Chersoneso Tracico nei periodi successivi, e soprattutto il comando di Milziade II, dimostra una tendenza all’inasprimento dei metodi di preservazione del potere e un’evidente cristallizzazione dinastica della tirannide: da questi fattori consegue uno slittamento dell’identità della comunità di coloni verso la forma di un dominio dinastico familiare, verso cioè un’iniziativa piuttosto privata dei Filaidi. Testimonianze relative agli interessi della famiglia nei confronti del Chersoneso Tracico e delle rotte che vi conducevano si riscontrano nella tirannide di Milziade II, ma anche nel V secolo, quando l’area rimase cruciale per Atene e per Cimone II, figlio di Milziade II; Cimone II vide interrompersi la propria carriera politica quando fu colpito da ostracismo nel 461 e si ritirò allora in Chersoneso Tracico: segno che la famiglia ancora vi deteneva una forma di controllo o di primato125. In conclusione, l’impresa di Milziade si configura secondo tre fattori: la direzione della politica estera poleica da parte di Pisistrato, il potere e le facoltà personali di Milziade I, infine il contributo degli Ateniesi che partirono per il Chersoneso. La fondazione coloniale è in prima istanza una decisione e una necessità della comunità di Atene e specificamente di coloro che sarebbero poi stati i coloni: nata dalla prospettiva di ricollocazione in territori nuovi e della ripartizione di nuovi terreni. L’aspetto organizzativo della spedizione coloniale ebbe origine entro i disegni strategici di Milziade I e di Pisistrato, eppure non in maniera artificiale, ma in risposta alle volontà e necessità pubbliche. Seguendo le fonti storiografiche, Milziade I deve senz’altro essere considerato il promotore e il responsabile organizzativo e politico della spedizione, dal momento della fase preparatoria ad Atene, a quello dell’organizzazione e dell’amministrazione degli insediamenti in Chersoneso; egli mantenne in seguito, con la tirannide, una posizione di ampia decisionalità politica e responsabilità personale126. 125 Andoc. De Pace, 3.3. Sul continuato interesse dei Filaidi per l’Egeo settentrionale vd. CULASSO GASTALDI 2011, pp. 122-124. 126 DEN BOER 1969; LAVELLE 1994. 215 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi L’alleanza politica fra Filaidi e Pisistratidi, la coesistenza dei due poteri personali di Milziade I e Pisistrato ad Atene all’epoca della partenza della spedizione, nonché la posizione di potere tirannico di cui godeva Pisistrato sono dati storici che consentono di individuare un ulteriore livello decisionale. Concordo dunque con quella parte della critica che ritiene che la spedizione sarebbe stata impossibile senza perlomeno un avallo o un tacito consenso del tiranno ateniese; da Pisistrato dovette venire perciò l’appoggio all’iniziativa e un contributo nella promozione politica ed economica della spedizione. La direzione della tirannide di Pisistrato dovette intervenire sugli aspetti organizzativi e politici della spedizione: cioè nelle scelte in merito al momento in cui agire, all’ecista a cui affidare il potere e all’area verso cui dirigere gli sforzi dei coloni ateniesi. In base a queste ultime considerazioni, dunque, l’occupazione filaide del Chersoneso Tracico fu parte organica della politica estera di Pisistrato, insieme con un novero significativo di altre iniziative che influenzarono il sistema internazionale dell’Egeo nella seconda metà del VI secolo. Nel loro insieme queste notizie mettono in evidenza chiaramente un progetto di politica estera avviato da Pisistrato e Milziade I e implementato attraverso il potere tirannico del primo ad Atene e del secondo in Chersoneso; la strategia dei due tiranni aveva lo scopo di assicurare ad Atene la navigazione verso l’Ellesponto, l’accesso alla Propontide e una posizione di forza nel controllo delle rotte marittime ellespontiche. Sulla base di queste considerazioni mi pare si possa concludere con sicurezza che l’operazione in Chersoneso Tracico fu decisa e organizzata sotto l’impulso politico congiunto di Pisistrato e Milziade I127. L’avvio di questa strategia congiunta potrebbe riconoscersi già nel 565 ca. quando Pisistrato concluse vittoriosamente il conflitto fra Atene e Megara per il possesso di Salamina: si consentì così ad Atene il libero accesso all’isola e una più ampia mobilità navale nel Golfo Saronico e verso l’Egeo. Già per questo periodo, durante l’arcontato di Ippoclide nel 566, si sono messe in luce le tracce di un’intesa fra Pisistratidi e Filaidi perlomeno nella gestione della politica culturale e religiosa della polis. Meno di un decennio dopo, nel 558, durante la seconda tirannide di Pisistrato, la fondazione coloniale nel Chersoneso Tracico sembra essere stata, si è detto, una decisione politica concordata fra il tiranno e Milziade I. Si stabilì allora un indirizzo di politica estera per Atene volto a un’espansione oltremare e all’insediamento in una zona strategica nella navigazione fra l’Egeo e la Propontide che allora andava prendendo piede128. La tirannide di Milziade I nella colonia è indice di un accresciuto potere del filaide e di una 127 HOW-WELLS 1928, app. XVI.8; GRAHAM 1964; AUSTIN 1994, pp. 558-564; DAVIES 1997, N. 8429 [VI]; DE STE. CROIX 2004, pp. 46-49; MORENO 2007: pp. 165-167. Contra GOMME 1937. 128 FOSSEY 1997. 216 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi ripartizione delle aree di influenza fra i due alleati; i Filaidi stessi separarono la famiglia in due nuclei di potere: Milziade e il suo seguito si stabilirono in Chersoneso; il mezzo-fratello Cimone rimase invece ad Atene. La guerra subito ingaggiata fra Milziade I e Lampsaco è sintomatica dell’importanza che l’Ellesponto ricopriva allora. Nel 556 Pisistrato fu espulso da Atene e si insediò egli stesso in Tracia, nell’area mineraria del Pangeo: questo significa che, a partire da quella data e fino alla fine dell’occupazione di quest’ultimo insediamento, intorno al 513129, per quattro decenni le due famiglie alleate controllarono due posizioni strategiche sulle coste dell’Egeo settentrionale, forse dunque influendo sulle rotte che costeggiavano quel litorale nella navigazione fra le coste della Grecia orientale e l’Ellesponto. Con la definitiva terza tirannide di Pisistrato si riconosce una serie di interventi che implementarono una strategia di posizionamento di Atene nelle Cicladi: l’alleanza con Ligdami di Nasso, la conquista dell’isola e la purificazione del santuario di Delo. A queste iniziative seguì presto la rioccupazione della colonia a Sigeo e l’assestamento colà della tirannide di Egesistrato, figlio di Pisistrato; il valore assegnato a questa località è testimoniato dalla continuata opposizione militare di Mitilene. L’occupazione pisistratide di Sigeo e la contemporanea tirannide degli alleati filaidi in Chersoneso testimoniano di una politica estera del tiranno di Atene volta verso l’Ellesponto; tale indirizzo strategico era stato già avviato all’epoca della seconda tirannide, con la spedizione di Milziade I, e veniva ripreso dopo la fine dell’esilio di Pisistrato con la presa di Sigeo. È possibile, a mio avviso, che alla conquista di Sigeo abbia contribuito anche un appoggio logistico da parte dei Filaidi sulla sponda opposta dell’Ellesponto, specificamente dalla posizione di Elaious; i Filaidi poterono perlomeno mettere a disposizione di Pisistrato, e poi di Egesistrato, le loro conoscenze pregresse della geografia e della geopolitica dell’area ellespontica. Si vedrà che anche in seguito alle tirannidi di Pisistrato e Milziade I questa strategia marittima congiunta, imperniata sull’Ellesponto e sulle rotte marittime che vi conducono, rimase una costante dei progetti dei Pisistratidi e dei Filaidi. La continuità dell’alleanza e della strategia concordata è testimoniata dall’invio in Chersoneso di Milziade II durante la tirannide di Ippia. I Filaidi manterranno poi per decenni i propri interessi nell’area dell’Ellesponto e della Tracia, conducendovi le imprese dell’Atene democratica nel V secolo130: in questo senso, nel V secolo, la famiglia aristocratica dovette comprendere e condurre le necessità strategiche della polis, non diversamente da quanto Milziade e Pisistrato avevano fatto nel VI secolo. 129 130 Vd. Infra, pp. 301ss. Hdt. IX 108, 114s.; Thuc. I 89. 217 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi V.4. Stesagora, la seconda generazione della tirannide del Chersoneso Tracico (525-520 ca.) La tirannide dei Filaidi in Chersoneso Tracico durò fino al primo decennio inoltrato del V secolo: all’ecista Milziade I successe il nipote Stesagora che a sua volta trasmise il comando al fratello Milziade II. Non appena conchiusa la narrazione dell’intervento di Creso che salvò Milziade dalla prigionia presso i Lampsaceni131, Erodoto fornisce subito la notizia che il tiranno ed ecista morì senza figli, lasciando il potere e le ricchezze a suo nipote Stesagora, il figlio di suo fratello uterino Cimone. Le uniche notizie che Erodoto fornisce su Stesagora sono che anch’egli, come lo zio, condusse una guerra contro Lampsaco nel corso della quale, in un momento in cui egli si trovava nel pritaneo, ricevette a tradimento un fatale colpo di scure da un uomo che si era dichiarato un disertore lampsaceno e che era invece un nemico ed un esaltato; cosicché anche Stesagora, come Milziade I, morì senza figli132. In un altro passo Erodoto dimostra di sapere che nel momento in cui Cimone, dopo la terza consecutiva vittoria olimpica, veniva assassinato ad Atene, suo figlio maggiore Stesagora stava vivendo presso lo zio Milziade I in Chersoneso Tracico133. La genealogia dei Filaidi chiarisce che Cimone, il fratello uterino dell’ecista Milziade I, aveva avuto due figli: Stesagora, il maggiore, prendeva il nome dal nonno paterno, mentre il minore ebbe nome Milziade da quello di suo zio, ecista del Chersoneso Tracico134. La critica calcola che Stesagora II sia nato nel 560-550 ca.135; Stesagora e il fratello Milziade II dovettero lasciare Atene insieme a loro padre Cimone quando questi fu esiliato da Pisistrato resosi tiranno della polis, a partire da una data precedente alla vittoria olimpica del 536136. Il padre e il figlio minore fecero ritorno ad Atene nel 532, ma Erodoto tramanda che nel 528, quando Cimone fu assassinato, Stesagora si trovava già in Chersoneso Tracico con lo zio Milziade I: dunque una ricostruzione verosimile si può ritenere quella secondo cui, durante l’esilio da Atene, la famiglia di Cimone abbia trovato ospitalità presso il mezzo-fratello Milziade I in Chersoneso Tracico; Cimone poi rientrò nella Grecia continentale, ma preferì lasciare il figlio Stesagora presso la tirannide che la famiglia teneva nei territorio 131 Hdt. VI 37-38.1. Hdt. VI 38-39.1. SCOTT 2005, ad Hdt. VI 38.2, p. 177. 133 Hdt. VI 103.4. MORETTI 1957, n. 120. 134 Hdt. VI 34.1, 39, 103. DAVIES 1971, n. 8429 [V]. 135 DAVIES 1971, n. 8429 [VIII] ; IMMERWAHR 1972, p. 183. 136 MORETTI 1957, n. 120. 132 218 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi dell’Ellesponto137. La scelta di lasciare Stesagora con Milziade I potrebbe essere dovuta alla mancanza di figli di quest’ultimo e dunque alla volontà dei due rami dei Filaidi di garantire la continuità dinastica del potere tirannico in Chersoneso Tracico; oppure, secondo un’altra ipotesi, Milziade I potrebbe avere trovato utile disporre di un giovane nel fiore degli anni nella gestione del potere nella penisola e soprattutto nell’affrontare la situazione sempre accesa di conflitto con Lampsaco. Altrimenti potrebbe essersi trattato di una forma di riorganizzazione del potere interna alla famiglia: si è messo in evidenza che fino all’ultimo quarto del VI secolo vi sono indizi che indicherebbero un’intesa interfamiliare dei Pisistratidi con il ramo cipselide della famiglia dei Filaidi, a cui apparteneva appunto Milziade I, piuttosto che con il ramo discendente da Stesagora I, padre di Cimone; il trasferimento del giovane Stesagora presso il semi-zio Milziade I potrebbe dunque interpretarsi come un segno di condivisione del potere e degli interessi familiari fra i due rami dei Filaidi, deciso fra i due fratelli e al di fuori dell’ambito di intervento dei Pisistratidi. Non si dispone di dati sufficienti per datare con precisione o sicurezza né il trapasso della tirannide da Milziade I a Stesagora, né la morte di Stesagora e la successione di Milziade II e dunque in genere per datare gli estremi e la durata della tirannide di Stesagora in Chersoneso Tracico. In base alle notizie sotto analisi, la data della morte di Cimone, il 527, costituisce un valido terminus post quem per la morte di Milziade I138. D’altro canto un terminus ante quem per la morte di Stesagora può rintracciarsi al 520 ca. quando si data l’arrivo di Milziade II in Chersoneso Tracico139. Mi pare inoltre appropriato attribuire una breve durata per la tirannide di Stesagora: l’intera tradizione storiografica offre scarsissime attestazioni di questo individuo, al contrario di quanto d’altronde si è conservato per altri membri dei Filaidi; la scarsezza di notizie è resa ancor più significativa in considerazione del fatto che la sua tirannide in Chersoneso Tracico non fu pacifica e senza eventi drammatici, ma egli condusse invece la guerra contro Lampsaco; infine si consideri che egli morì senza generare figli. Concluderei datando la morte di Milziade e dunque l’avvio della tirannide di Stesagora al 525 ca. e attribuendo a quest’ultima una durata di circa cinque anni, fino al 520 ca.140. 137 DAVIES 1971, n. 8429 [VIII]; KINZL 2011, s.v. “Miltiades” [1], in BNP. Reperti ceramici ritrovati in Attica concordano con la datazione qui fornita della presenza di Stesagora in Attica e del momento in cui si sarebbe trasferito in Chersoneso Tracico: IMMERWAHR 1972; NENCI 1988, ad Hdt. VI 38, p. 202. 138 Hdt. VI 103.4. DAVIES 1971, n. 8429 [VI]. 139 KINZL 2011, s.v. “Miltiades” [2], in BNP. 140 KINZL 2011, s.v. “Miltiades” [1], [2], in BNP. CLINTON 1834, p. 26; MACAN, 1895, vol. I, ad Hdt. VI 38, p. 298: fissano il terminus ante quem per la morte di Stesagora al 515 ca. WADE-GERY 1951, pp. 212, 217, 220s. data la morte di Stesagora e la tirannide di Milziade II al 516. 219 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Continuità dinastica della tirannide e natura del conflitto fra il Chersoneso Tracico e Lampsaco Secondo il testo erodoteo, quando Milziade I morì senza figli, egli lasciò il dominio (arché) e le ricchezze (chrérmata) al nipote Stesagora. L’arché non è da intendersi in altro modo che come quella forma di controllo politico, sociale e militare che distingue la tirannide arcaica, non regolato e non identificabile entro una specifica istituzione della polis, ma piuttosto come una posizione de facto di capacità decisionale e operativa nella direzione della polis. I chrèmata sono ricchezze mobili da identificarsi con metallo in lingotti o in monete coniate, utili appunto alla gestione degli emolumenti ai sostenitori politici e ai soldati mercenari agli ordini del tiranno141. Stesagora eredita dunque la posizione socio-politica di Milziade e i mezzi economici per mantenerla. Inoltre la notizia relativa alla presenza di Stesagora nel pritaneo in Chersoneso deve essere accolta come una attestazione della posizione raggiunta da Stesagora anche all’interno delle istituzioni statali del Chersoneso, almeno nell’anno della sua morte. Il quadro che prende forma è quello di un passaggio di potere, familiare, tirannico e politico, da Milziade a Stesagora, senza soluzione di continuità142. Senza soluzione di continuità rispetto al proprio predecessore si direbbe sia stata anche la conduzione della politica extra-poleica durante la tirannide di Stesagora: egli portò avanti il conflitto contro Lampsaco che già aveva impegnato e messo in pericolo Milziade I. Dalla narrazione erodotea sembrerebbe che il conflitto fosse scoppiato entro poco tempo dalla fondazione di Milziade I, dunque pochi anni dopo il 558; certamente era in atto prima del 546 poiché il sovrano lidio Creso ebbe modo di intervenire in favore del Filaide143. Stesagora visse il conflitto certamente nell’epoca della sua morte. Questi dati sono di ordine non secondario al fine di approfondire la comprensione delle relazioni fra la tirannide filaide del Chersoneso Tracico e la polis di Lampsaco: si impone infatti di riconoscere il conflitto fra le due parti non come una guerra campale e continua, ma piuttosto come una prolungata situazione di attrito fra poleis confinanti e vicendevolmente ostili, che poteva rimanere latente ed erompere in diversi scontri militari minori e circostanziali144. L’inferenza si impone in virtù dell’ampio arco temporale fra la prima attestazione delle ostilità, all’epoca del primo periodo di tirannide di 141 Il riferimento a beni mobili è una ulteriore traccia per identificare in questo strumento il mezzo per assicurare ai tiranni del Chersoneso la loro capacità operativa: di conseguenza si esclude la possibilità che fossero gli esclusivi proprietari del terreno in Chersoneso e dunque che il Chersoneso Tracico fosse un possedimento familiare dei Filaidi, ma piuttosto una colonia di diritto comunitario: DAVIES 1971, n. 8429 [XVI]. 142 WELLS 1923, pp. 112-124; ISAAC 1976, pp. 170-172; LOUKOPOULOU 2004, p. 901; SCOTT 2005, ad Hdt. VI 38.2, p. 177. 143 ISAAC 1986: p. 170-172. 144 SCOTT 2000, pp. 95-115; SCOTT 2005, ad Hdt. VI 38.2, p. 177. 220 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Milziade I, nel 555 ca., e la tirannide di Stesagora, morto nel 520 ca.; ma una guerra interpoleica di una trentina d’anni avrebbe certo lasciato tracce più evidenti nella storiografia pervenuta. D’altro canto, si può anche notare che i motivi di contrasto fra la colonia ateniese e Lampsaco, per il controllo dell’area ellespontica, erano ancora attivi nel 525-520 come a metà del secolo e non erano giunti ad alcuna soluzione145. L’internazionalismo dei Filaidi La breve biografia di Stesagora che si è qui raccolta permette di trarre alcune considerazioni sulla politica e sulle relazioni internazionali della famiglia dei Filaidi. L’esilio e il trasferimento di Cimone e dei figli presso la colonia del Chersoneso Tracico e il fatto che Stesagora vi fosse rimasto sono l’indice che questa famiglia, come le grandi famiglie aristocratiche operative sul piano internazionale, aveva la capacità di gestire e sfruttare molteplici posizioni sparse per il mondo greco e di adattarsi a contesti geopolitici distanti e diversi. Come si è notato nel considerare le iniziative dei Pisistratidi, anche i Filaidi sembrano avere fatto affidamento in modo organico e organizzato su ciascun membro della famiglia per gestire e mantenere la propria rete internazionale di posizioni e di interessi, spostando tanto le risorse quanto gli individui da un luogo ad un altro e affidando ad ognuno il perseguimento o la difesa di specifici obiettivi. Per un verso il riferimento alla presenza del pritaneo in Chersoneso Tracico segna chiaramente l’esistenza di un’istituzione politica statale, cioè di una città-stato e dunque una vita politica comunitaria; d’altronde proprio la presenza di Stesagora stesso nel pritaneo potrebbe testimoniare di una forma di controllo delle istituzioni politiche da parte della tirannide, perlomeno della partecipazione del Filaide all’attività politica146. Malgrado dunque l’attestazione di un’istituzione politica statale e malgrado il quadro politico che si è in precedenza delineato per la colonia del Chersoneso Tracico, la maniera incondizionata e fluida in cui il potere passò in via ereditaria da Milziade I a Stesagora dimostra che il controllo che i Filaidi esercitarono su coloni e Traci del Chersoneso fu a tutti gli effetti di tipo tirannico e personale, continuativo, ereditario e dinastico, nonché senza opposizione interna perlomeno fino al 520 ca.147. Le differenze fra l’opera di Milziade I in qualità di ecista e le modalità in cui Stesagora prese il potere possono interpretarsi come il segno che la tirannide filaide andò 145 Questo potrebbe costituire uno dei motivi che spinsero Ippia a tentare la soluzione diplomatica conciliatoria dopo il 514, quando concesse la figlia Archedice in sposa proprio ad Eantide il tiranno di Lampsaco. Vd. infra, pp. 356ss. 146 NENCI 1988, ad Hdt. VI 39, p. 202; SCOTT 2005, ad Hdt. VI 38.2, p. 177. 147 ISAAC 1986, p. 170; KINZL 2011, s.v. “Miltiades” [1], in BNP. 221 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi gradualmente spostandosi verso forme più autocratiche148. Il lungo periodo di tirannide di Milziade I, dal 558 al 520 ca., deve senz’altro avere contribuito a rafforzare le prerogative e l’influenza del tiranno. Si è determinato che Stesagora fu trasferito in Chersoneso Tracico in giovane età e perciò si trovava presso la corte filaide da un quindicennio quando suo zio l’ecista venne a morire: il giovane avrà certamente avuto l’occasione di venire gradualmente associato al potere personale di Milziade, di partecipare alla vita politica e istituzionale dello stato e di dimostrare le proprie capacità organizzative o militari; è stato anche ipotizzato che Milziade I avesse a tutti gli effetti adottato il nipote e questo sarebbe potuto avvenire dopo la morte di Cimone nel 528/7149. In questo senso si inquadra la facilità con cui Stesagora ereditò e portò avanti la tirannide filaide in Chersoneso Tracico. Fig. 5: il Chersoneso Tracico, le poleis e le fondazioni interessate dall’attività dei Filaidi 148 149 ISAAC 1986, pp. 170-172. DAVIES 1971, n. 8429 [VII]. 222 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi V.5. Milziade II figlio di Cimone V.5.1. La carriera di Milziade II e l’assunzione della tirannide in Chersoneso Tracico L’ultimo Filaide che tenne la tirannide in Chersoneso Tracico fu Milziade II, figlio di Cimone e fratello di Stesagora; dei due fratelli Milziade era il figlio minore. Gli studiosi valutano che questo Milziade sia nato nel 555 ca.150. Insieme a loro padre Cimone, Milziade e Stesagora lasciarono Atene nel periodo fra l’instaurazione della tirannide di Pisistrato e la prima vittoria del padre ad Olimpia (546-536); la famiglia dovette trovare ospitalità presso lo zio Milziade I in Chersoneso; poi Stesagora, forse perché il primogenito, rimase presso la tirannide familiare sull’Ellesponto, mentre, dopo un decennio o poco meno di esilio, Milziade II fece ritorno ad Atene con il padre Cimone quando questi cedette la seconda vittoria olimpica a Pisistrato nel 532151. Nel 528-27 Cimone fu assassinato, stando alla narrazione di Erodoto, per mandato dei Pisistratidi; eppure ad Atene i tiranni riservarono invece un buon trattamento nei confronti di suo figlio Milziade, come se essi non fossero stati coinvolti nell’assassinio del padre152. Dati storiografici ed epigrafici consentono di attribuire a questo Milziade II l’arcontato ad Atene nell’anno 524/3153. Intorno al 520 Stesagora trovò la morte per mano di un sicario lampsaceno esaltato: i Pisistratidi subito reagirono inviando in Chersoneso Tracico Milziade II, fratello del tiranno defunto, a bordo di una trireme, affinché egli assumesse il governo colà154. Giunto in Chersoneso Tracico, Milziade si ritirò nella casa di famiglia per onorare il fratello morto; quando ne furono a conoscenza, i Chersonesiti si radunarono da ogni luogo e i capi da tutte le città (del Chersoneso) si recarono insieme da Milziade come per esibire le loro condoglianze; ma egli li mise tutti in catene e così tenne in proprio controllo il Chersoneso Tracico, stipendiando un contingente di 500 mercenari. Milziade poi prese in moglie Egesipile, la figlia di Oloro il re dei Traci155. 150 WADE-GERY 1951, pp. 212, 220 data la nascita al 550 ca.; DAVIES 1971, n. 8429 [VIII]; KINZL 2011, s.v. “Miltiades” [2], in BNP. 151 Hdt. VI 103. 152 Hdt. VI 39.1. Ringrazio il Prof. F. Raviola per avere discusso con me la traduzione e l’interpretazione qui proposta del passo erodoteo, di cui mi assumo comunque la responsabilità. 153 Dion. Hal Ant. Rom. VII, 3.1. IG I3 103 Ia. MERITT 1939, n. 21, pp. 59-65; CADOUX 1948, pp. 90, 109-112, 122; FORNARA 1983, n. 23, pp. 27s. È appunto sulla base della data dell’arcontato e dell’età minima perché un cittadino potesse ricoprire quella carica che gli studiosi calcolano la data di nascita di Milziade II intorno al 555 ca. 154 Hdt. VI 39.1. 155 Hdt. VI 39.2. BERVE 1967, pp. 81-85. 223 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi L’intesa interfamiliare fra Pisistratidi e Filaidi nella generazione di Ippia e Milziade II Nell’esposizione del lògos di cui dispone sui Filaidi, Erodoto utilizza un tono di sorpresa nel notare l’incoerenza fra il comportamento tenuto dai Pisistratidi nei confronti di Cimone e poi verso suo figlio Milziade II: l’assassinio del primo, nel 528/7, venne infatti attribuito ai tiranni ateniesi, eppure Milziade II fu da loro trattato bene (ἐν Ἀθήνῃσι ἐποίευν εὖ) e fu peraltro di lì a poco scelto per la missione in Chersoneso; Erodoto aggiunge che i Pisistratidi si comportavano con Milziade “come se non fossero stati implicati nell’assassinio di suo padre”156. Si è già discussa l’interpretazione secondo cui l’attribuzione dell’assassinio di Cimone al volere dei Pisistratidi sarebbe una costruzione storiografica anti-tirannica risalente all’epoca del processo per tirannide contro Milziade II, nel 493: in epoca post-tirannica ad Atene vi sarebbe stato cioè il tentativo di dissociare la famiglia dall’alleanza con i Pisistratidi e di assimilare anch’essa, come gli Alcmeonidi, alla fazione anti-tirannica157. Non è d’altronde da rifiutarsi la storicità di quegli aspetti di accesa competizione nel rapporto fra Pisistrato e Cimone, evidenti nella notizia dell’esilio e nella vicenda incentrata sulle vittorie olimpiche del Filaide. Accettare però che nel 528/7 la relazione fra Ippia e Cimone sia degenerata al punto di giungere fino alla violenza e all’assassinio è del tutto incoerente con il comportamento e la fiducia che il tiranno dimostrò subito negli anni successivi nei confronti del figlio naturale di Cimone ed altrettanto incoerente sarebbe stato viceversa il comportamento di Milziade II nei confronti di colui che avrebbe dovuto essere l’assassino di suo padre. Il trattamento favorevole che Erodoto menziona essere stato riservato dai Pisistratidi a Milziade II trova un riscontro sia storiografico che epigrafico che dimostra che questi ricoprì l’arcontato nel 524/3158. Il controllo che la tirannide esercitò sullo stato fu perlopiù di natura informale e indiretta e la tradizione attribuisce proprio ai Pisistratidi il merito di non avere alterato le istituzioni cittadine; la medesima tradizione asserisce però che i tiranni si assicurarono che le cariche civiche fossero assegnate ad individui a loro associati159. In questo senso dunque il quadro che l’epigrafia tramanda di un’alternanza fra le famiglie aristocratiche più importanti alla carica dell’arcontato deve considerarsi, in genere, come il segno di una tendenza conciliatoria nella gestione della politica interna di Ippia. Nel 525/24 fu arconte eponimo Clistene: il dato è da considerarsi come l’indice di una apertura conciliatoria di Ippia 156 Hdt. VI 39.1. WADE-GERY 1951, pp. 216-218; CULASSO GASTALDI 1996, pp. 507-509; DUPLOUY 1996, pp. 63s., 84s. 158 Hdt. VI 39; Dion. Hal Ant. Rom. VII, 3.1. IG I3 103 Ia. TOD 1933, n. 8; MERITT 1939, n. 21, pp. 59-65; CADOUX 1948, pp. 90, 109-112, 122; ANDREWES 1958, pp. 111-114; KINZL 1976; FORNARA 1983, n. 23, pp. 27s.; MEIGGS-LEWIS 1989, n. 6 associano esplicitamente le parole di Erodoto alla carica dell’arcontato di Milziade II; KEEN 2006, p. 66. 159 Thuc. VI 54.6. JEFFERY 1976, pp. 39-45; ANDERSON 2005; DUPLOUY 2006, pp. 11-35. 157 224 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi verso gli Alcmeonidi160. Nel caso dell’arcontato, l’anno successivo, di Milziade II, il dato è da accogliersi come il segno della continuazione, entro la gestione del potere politico locale, della relazione d’intesa fra Pisistratidi e Filaidi avviata nella generazione precedente161. A distanza di pochi anni dall’arcontato di Milziade II ad Atene, Stesagora che comandava la tirannide in Chersoneso Tracico venne a morire nel 520 ca. Questo vuoto di potere costituì sia un’emergenza dinastica filaide, sia un’emergenza politico-strategica per i tiranni di Atene: nel quadro delle relazioni costruttive fra Ippia e Milziade, la narrazione della fonte evidenzia appunto sia il coinvolgimento decisionale di Ippia, sia il ruolo attivo di Milziade162. Nelle circostanze della morte di Stesagora in Chersoneso Tracico, sede in effetti di una tirannide familiare da due generazioni, ci si sarebbe verosimilmente potuto aspettare la riunione di un consesso di parenti autorevoli di Stesagora e dei Filaidi per deliberare sul da farsi163: perciò risulta significativa la posizione decisionale che viene riservata a Ippia. Erodoto afferma che furono i Pisistratidi, cioè Ippia, a mandare Milziade in Chersoneso; il verbo a)poste/llw, che viene utilizzato nel passo, ha il senso fondamentale di “mandare” o “inviare”, ma è significativo che compaia anche in circostanze relative all’invio di messaggi, messaggeri, contingenti di uomini e armati: dunque non è da escludersi l’ambito semantico di una operazione strategica e politico-militare164. Il testo erodoteo è esplicito nel delineare il proposito con cui Ippia affida la missione a Milziade: egli viene inviato per “prendere possesso degli affari in Chersoneso Tracico” (καταλαµψόµενον τὰ πρήγµατα ἐπὶ Χερσονήσου)165. La precedente missione dell’omonimo zio di questo Filaide è stata classificata in questa ricerca, in base anche ad un’analisi lessicale, piuttosto nell’ambito di una fondazione coloniale nella quale l’ecista acquisì e mantenne prestigio, prerogative e potere personale superiori al consueto; la breve tirannide di Stesagora fu poi una naturale successione dinastica. La presa del potere da parte di Milziade II sembra vada piuttosto interpretata come un’iniziativa di forza, propriamente tirannica nel senso classico del termine, imposta agli abitanti del Chersoneso Tracico dall’esterno e contro il loro volere166. 160 IG I3 103 Ia. TOD 1933, n. 8; MERITT 1939, n. 21, pp. 59-65; CADOUX 1948, pp. 90, 109-112, 122; ANDREWES 1958, pp. 112-117. 161 WADE-GERY 1951, pp. 214, 217-219; DAVIES 1971, n. 8429 [VIII.B], p. 301; ]KEEN 2000, pp. 66s. 162 KEEN 2000, pp. 66s. 163 Pure in risposta a necessità diverse da quelle che interessarono il Chersoneso e Stesagora, un consesso familiare ebbe luogo fra i Pisistratidi quando fu decisa la strategia da seguire alla fine dell’esilio in Tracia alla vigilia del 546. 164 KEEN 2000, pp. 66s. 165 Hdt. VI 39.1. 166 HAMMOND 1956, p. 123. 225 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Ippia affida a Milziade una trireme (trih/rhj) per compiere il viaggio e, verosimilmente, da aggiungere poi alle forze navali che fossero già del Chersoneso Tracico167. Si fa menzione qui di un’imbarcazione militare di tipo specifico, giacché la fonte avrebbe altrimenti usato il termine di ναῦς nel caso di una imbarcazione da trasporto generica. Potrebbe trattarsi di un anacronismo di Erodoto, il cui pubblico di V secolo conosceva quel modello di imbarcazione come principale strumento dell’egemonia attraverso i mari; nondimeno la diffusione delle attestazioni letterarie e iconografiche di triremi già in epoca arcaica, e ancor più chiaramente nel periodo ora in questione della fine del VI secolo, porta a rifiutare con sicurezza questa obiezione168. La trireme era un tipo di nave precipuamente destinata ad operazioni militari, progettata per disporre di grande manovrabilità e velocità negli scontri sul mare contro altre navi, ed aveva dunque una funzione militare univoca e specializzata; la costruzione e il mantenimento di triremi richiedevano materie prime e risorse finanziarie ingenti, infrastrutture ed equipaggi specializzati: in base a queste caratteristiche si tende ad escludere che privati aristocratici costruissero e disponessero di triremi, e che il coinvolgimento, perlomeno parziale, dell’iniziativa statale fosse indispensabile169. Ippia dunque ebbe accesso a questa risorsa militare della polis, e la affidò poi all’alleato Milziade, in virtù sia del controllo tirannico che esercitava sullo stato, sia dell’interesse pubblico che l’iniziativa in Chersoneso Tracico ricopriva170. 167 HAMMOND 1956, p. 123; SCOTT 2000, pp. 93-115. Hdt. II 159; III 4, 44, 136, V 32, 38, 47, 85, 99, 112, VI 5, 8; Thuc. I 13s.; Nic. Dam. FGrHist 90 F 59 Muller (= F 60 Jacoby); Euseb. Chron. ap. Hieron. p. 147a Helm; Suda, s.v. Περίανδρος, P 1068. URE 1922, pp. 321-331; HAAS 1985; MEIJER 1988; HORNBLOWER 1997, ad Thuc. I 13, pp. 41-47; SALMON 1997, p. 135; COATESMORRISON-RANKOV 2000, pp. 25-49; GREAVES 2000, pp. 49-53; JACKSON 2000, pp. 143s.; SCOTT 2000; SCHNEIDER 2010, s.v. “Trireme”, in BNP; TILLEY 2010, s.v. “Trireme”, in BNP. 169 Vero è che la critica non concorda unanimemente su questa interpretazione proprio nei casi, come quello ora discusso, in cui le fonti menzionano singole triremi o numeri esigui di queste imbarcazioni; in questo senso sono attestati casi espliciti di triremi di proprietà individuale: Filippo di Crotone (Hdt. V 47) e l’Ateniese Clinia (Hdt. VIII 17). Nel caso della singola trireme affidata da Ippia a Milziade II potrebbe dunque trattarsi di una trireme di proprietà privata, del tiranno o di Milziade, entrambi in effetti individui di ampie risorse economiche ed interessi marittimi. La questione rientra però piuttosto nella storia della sviluppo delle istituzioni poleiche piuttosto che in quella delle relazioni internazionali: mi limito dunque ora ad inserirla in quel novero di attestazioni e di attività peculiari alla tirannide per le quali l’ambito privato e quello pubblico risulta di difficile distinzione. URE 1922, p. 239; HAAS 1985; COATES-MORRISON-RANKOV 2000, pp. 25-49; SCOTT 2000; SCHNEIDER 2010, s.v. “Trireme”, in BNP; TILLER 2010, s.v. “Trireme”, in BNP. È stato notato che questo passo costituisce la prima attestazione storiografica della presenza di triremi ad Atene o presso gli Ateniesi. 170 SCOTT 2000. 168 226 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Fig. 6: trireme Olympias varata dalla marina militare greca nel 1987 <http://www.hellenicnavy.gr> Si può concludere con sicurezza che, perlomeno fino a queste circostanze del 520 ca., perdurò tra Ippia e Milziade II quell’intesa interfamiliare di lungo periodo fra Pisistratidi e Filaidi nella conduzione delle relazioni e della politica internazionale che la presente ricerca ha messo in luce in numerose occasioni fin da prima dell’avvio del potere tirannico di Pisistrato ad Atene. Come si è visto, questa intesa fra le famiglie era volta alla preservazione delle reciproche posizioni di potere in Atene, ma soprattutto fu funzionale al perseguimento di una concorde linea di politica estera, indirizzata essenzialmente al controllo navale delle rotte per l’Ellesponto171. La spedizione coloniale di Milziade I in Chersoneso Tracico è stata riconosciuta come un’impresa pubblica, decisa dalla direzione politica di Pisistrato, organizzata congiuntamente fra il tiranno e Milziade e affidata alla gestione diretta, sul luogo, dei Filaidi. Il quadro che emerge dall’analisi della vicenda di Milziade II ad Atene e dalle tracce delle relazioni con il tiranno Ippia giustifica una interpretazione in tutto affine alla relazione che a suo tempo aveva legato Pisistrato all’omonimo Filaide e che si perpetuò dunque linearmente nella generazione successiva. L’analisi finora condotta sul testo fornisce molteplici elementi a questa ricostruzione: il ruolo decisionale di Ippia negli affari dei Filaidi, la favorevole carriera politica di Milziade II durante la tirannide, la fiducia dimostrata da Ippia nei confronti di Milziade II nell’affidargli la missione in Chersoneso e nel dotarlo di risorse navali. Vero è che la scelta di Milziade II nell’affidamento del potere in Chersoneso Tracico fu una scelta quasi obbligata in virtù della tradizione tirannica incontrastata che i Filaidi godevano nell’insediamento, fra i coloni e fra i locali. Eppure è innegabile che la narrazione mostra che Ippia godeva di una misura di libertà operativa, o perlomeno organizzativa, anche in quelle circostanze: perciò se questa fu applicata in favore di Milziade II è da intendersi come il segno 171 WELLS 1923, pp. 112-124. 227 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi che il tiranno riponeva la propria fiducia in quel Filaide. Viceversa Ippia non avrebbe avuto l’autorità e i mezzi per gestire a distanza la successione dinastica della tirannide del Chersoneso Tracico qualora non avesse goduto dell’approvazione e dell’alleanza dei Filaidi172. Come nella generazione precedente, di Pisistrato e Milziade I, anche nel 520 ca. la missione in Chersoneso Tracico fu un’operazione decisa e gestita in accordo fra gli esponenti delle due famiglie. Anche nel 520 ca. Filaidi e Pisistratidi condividevano interessi personali negli insediamenti all’imbocco dell’Ellesponto, nonché una affine politica espansionistica navale verso le rotte di quelle aree marittime. Anche nel 520 ca. il tiranno e il Filaide agirono non solo seguendo un progetto politico familiare, ma anche in osservanza degli interessi internazionali della polis di Atene173. L’insediamento del Chersoneso, fondato da Milziade I nel 558 ca., fu effettivamente una colonia ateniese: perciò in virtù dei contatti fra madrepatria e colonia e dei vantaggi economici e navali che gli Ateniesi potevano ricavare da quella posizione sull’Ellesponto fu certo importante anche per la comunità mantenere un controllo efficiente sul governo del Chersoneso Tracico174. La stessa polis di Atene dimostra di perseguire una politica estera di lunghissimo periodo mirante a controllare l’Ellesponto e a preservare per sé la rotta che dall’Attica vi conduceva175. In questo senso si intende il ruolo direttivo del tiranno, quale motore principale delle scelte politiche dello stato, nell’organizzazione della spedizione di Milziade I: dunque in virtù del coinvolgimento degli interessi della polis si giustificano quegli aspetti strategico-militari rilevabili dal lessico erodoteo e soprattutto dalla menzione della trireme fra le risorse impiegate. V.5.2. Milziade II e il conflitto con i dinasti del Chersoneso La narrazione erodotea dei fatti che si susseguirono all’arrivo di Milziade II in Chersoneso Tracico merita una rilettura attenta in virtù degli episodi drammatici che si verificarono e con l’obiettivo di estrarne una ricostruzione storica della situazione politica dell’insediamento e della posizione della tirannide di Milziade II. L’ordine narrativo seguito da Erodoto implica che Milziade II abbia preso dimora nella casa di famiglia (òikos) e che dopo poco la notizia del suo arrivo si sia diffusa nelle poleis della penisola; in reazione i Chersonesiti, specificamente i dinasti al potere, da tutte le città si radunarono (συνελέχθησαν ἀπὸ πασέων τῶν πολίων οἱ 172 MAZZARINO 1939; KEEN 2000, pp. 66s. WELLS 1923, pp. 112-124; KINZL 2011, s.v. “Miltiades” [2], in BNP. 174 Non è questa la sede per discutere la pure peculiare posizione giuridica delle colonie di Atene nei confronti della madrepatria; si consideri però che nel 493 il Chersoneso Tracico sembra fosse considerato dagli Ateniesi stessi come territorio attico: Hdt. VI 140. KEEN 2000, pp. 66s. 175 Hdt. VI 140; Diod. Sic. X 19.6. WELLS 1923, pp. 112-124; GRAHAM 1964; DAVIES 1997, pp. 134s. 173 228 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi δυναστεύοντες πάντοθεν) con lo scopo di dirigersi insieme alla dimora di Milziade per porgere le loro dimostrazioni di cordoglio176. Situazione politico-sociale del Chersoneso Tracico nel 520 ca.: poleis e dinasti locali La lettera del testo è significativa in quanto, pur in poche parole, fornisce importanti informazioni sulle condizioni sociali e politiche del Chersoneso Tracico in quel momento. Nel 520 ca. il territorio sembra essere stato caratterizzato da un numero di insediamenti definiti dalla fonte come delle poleis: cioè delle città-stato, con un nucleo urbano e un territorio afferente, autonome e dotate di proprie istituzioni politiche. La tradizione coloniale eolica risalente al VII secolo, nonché il trentennio trascorso dall’insediamento dei primi coloni ateniesi al seguito di Milziade I corroborano questo quadro dell’antropizzazione del territorio per l’epoca dell’arrivo di Milziade II177. I dinasti menzionati nel testo sono da intendersi come uno strato sociale di natura aristocratica, numericamente ristretto, detentore del potere politico e decisionale all’interno delle proprie comunità. Il sostantivo è fondato sul verbo dynastéuo, che ha il significato di “avere il potere”, “essere influente”, “prevalere”: il termine cioè non identifica un’istituzione o una carica politica, ma piuttosto una condizione di capacità di intervento entro la comunità, di operatività politica in senso lato; l’analisi semantica in questo senso concorda con le attestazioni d’uso nelle fonti. Dunque i dinasti del Chersoneso non sembrano avere costituito un gruppo di magistrati propriamente istituzionalizzati, ma piuttosto un insieme generico di individui altolocati con attivi interessi politici e capaci di dirigere i concittadini e la gestione del territorio178. Se da un lato il Chersoneso Tracico sembra configurarsi come un territorio coloniale di piccole poleis governate da regimi aristocratici debolmente istituzionalizzati, per altro verso la storia della tirannide dei Filaidi aggiunge a questo quadro la presenza di una forma di organizzazione sovra-poleica regionale affidata all’ecista Milziade I e poi ereditata dai suoi successori in virtù del potere personale, del prestigio, delle capacità di comando e delle risorse della famiglia. È stato possibile identificare un centro urbano di maggiore importanza rispetto agli altri, denominato Chersonesos/Cherronesos, ove certamente esistevano istituzioni politiche (nelle fonti è citato il pritaneo) su cui e tramite le quali i Filaidi imponevano il proprio controllo ed esercitavano la tirannide179: verosimilmente questa era anche la sede dell’òikos dei Filaidi e 176 Hdt. VI 39. Hdt. VII 58; Ps. Scymn. 698-710; Strab. VII fr. 50; Ephor. Fr. 40. HAAS 1985, pp. 40-44; ISAAC 1986, pp. 159175; NENCI 1988, ad Hdt. VI 39; LOUKOPOULOU 2004, pp. 900-911. 178 Hdt. IX 2.3; Thuc. VI 89; Isocr. Panath. 12.82. LOUKOPOULOU 2004, pp. 900-911; MORLEY 2008, pp. 133-138. 179 Hecat. FGrHist 1 F 163; Hdt. VII 58.2, VI 38.2.; Ps. Scyl. 67; Demosth. De Halonn. 7.39. IG I3 259.II.28, 268.II.7. LOUKOPOULOU 2004, n. 661, pp. 900-911; SCOTT 2005, ad Hdt. VI 38.2, p. 177. 177 229 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi dunque il luogo ove Milziade II restava in lutto e verso cui si diressero gli aristocratici chersonesiti. L’opposizione aristocratica ellenica locale e l’involuzione autocratica della tirannide di Milziade II Stando alla narrazione di Erodoto, la spedizione dei dinasti chersonesiti aveva il pietoso scopo di portare le condoglianze a Milziade II; eppure il nuovo tiranno reagì imprigionandoli tutti (δέω: lett. “mettere in catene”) e proprio anzi in conseguenza di questa iniziativa fulminea, e del fatto di disporre di un esercito mercenario di 500 uomini, Milziade II tenne in proprio potere (ìscho) il Chersoneso Tracico. Questi comportamenti drammatici, violenti e fra loro discordanti meritano una riflessione e una contestualizzazione storica180. Si è determinato che nel 520 ca. il Chersoneso Tracico poteva avere raggiunto un naturale grado di antropizzazione e sviluppo politico, con poleis autonome e una propria classe dirigente aristocratica; a questo si aggiunga che nel trentennio dalla fondazione coloniale ateniese era andata montando l’importanza del territorio nella regione dell’Ellesponto181: in questo contesto è verosimile che le classi dirigenti locali avessero per allora preso coscienza del proprio ruolo e auspicassero cambiamenti in direzione di una maggiore autonomia nelle forme di governo e nelle relazioni nei confronti dei fondatori della colonia. Da un'altra prospettiva, in quel momento la tirannide dei Filaidi giungeva alla seconda generazione e al terzo tiranno e poteva apparire come una forma di controllo e organizzazione ormai non necessaria. Milziade I aveva infatti avuto il prestigioso ruolo di ecista, cruciale per l’organizzazione civica e militare; Stesagora aveva preso parte al governo dello zio da anni prima di salire egli stesso al potere e la sua tirannide può essere sembrata fisiologia e accettabile; non è secondario il fatto che egli poté disporre del tempo e delle opportunità per creare intorno a sé un circolo di sostenitori politici locali182. Di fronte alla società e alla classe politica del Chersoneso, Milziade II risultava invece in effetti come una presenza estranea, nuova, che giungeva dall’esterno e per mandato di poteri che avevano ormai pochi contatti con la realtà locale; unico diritto che egli poteva vantare era la parentela con il precedente tiranno; i mezzi di cui poteva servirsi per far valere quel diritto erano quelli procuratisi da sé e affidatigli da Ippia, ma mancava di una solida rete di legami personali e politici nel Chersoneso Tracico183. È noto inoltre che il modello storico delle tirannidi arcaiche mostra nella stragrande maggioranza dei casi una durata massima di due 180 HAMMOND 1956, p. 123. WELLS 1923, pp. 112-124. 182 SCOTT 2005, ad Hdt. VI 38.1-2, pp. 174-177. 183 HAMMOND 1956, p. 118; ISAAC 1986, pp. 170-172. 181 230 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi generazioni184. Il quadro che si sviluppa da queste premesse mostra che il ruolo di potere paraistituzionale e personale che Milziade II veniva a ricoprire in Chersoneso Tracico aveva ormai perduto la propria ragione d’essere e la propria giustificazione di fronte all’aristocrazia locale. Nelle condizioni politiche e sociale in cui versava il Chersoneso Tracico e in base alle premesse finora analizzate, quando Stesagora morì senza lasciare discendenti è del tutto logico che gli aristocratici locali si attendessero la fine dello strapotere dei Filaidi e l’opportunità di rimaneggiare secondo forme a loro più consone gli equilibri del poter politico e gestionale del territorio. Invece Ippia e Milziade II fra loro d’intesa ad Atene reagirono velocemente alla crisi dinastica, decisero l’invio di Milziade II in Chersoneso Tracico e disposero l’utilizzo di una fulminea trireme da guerra per compiere il viaggio. Stando alla narrazione di Erodoto, gli eventi si accavallarono drammatici nel breve tempo di un mese: Stesagora fu assassinato e Milziade II lasciò presto Atene; nel proprio òikos a Chersonesos provvide alle onoranze funebri per il fratello; quando i Chersonesiti vennero a conoscenza dei fatti, organizzarono la collettiva dimostrazione di condoglianze e giunsero alle porte della casa di Milziade II, egli ancora osservava il lutto per Stesagora185. Dalla narrazione erodotea si può giungere in conclusione a ricavare la ricostruzione della vicenda storica e delle sue cause e implicazioni politiche. Quando si verificò la crisi dinastica nella famiglia dei Filaidi, i notabili delle poleis del Chersoneso Tracico si riunirono per dirigersi insieme verso il centro politico e gestionale del potere, a Chersonesos, alle porte della casa della famiglia tirannica, ove da poco era giunto Milziade II da Atene: il proposito era però verosimilmente quello di spodestare Milziade II dalla posizione di potere, o altresì genericamente imporre il proprio peso politico e la propria autonomia contro il nuovo tiranno, e dividere e concordare fra loro su nuove basi l’accesso al potere politico186. Solo reinterpretando il proposito dei dinasti e solo postulando un’immediata, o perfino pregressa, situazione di pericolo e conflitto fra Milziade II e i capi chersonesiti lo svolgimento degli eventi e la reazione violenta di Milziade hanno una spiegazione razionale. Ippia e Milziade II dovevano avere chiara fin dalla sua partenza da Atene la situazione che il Filaide avrebbe potuto trovare al suo 184 Aristot. Pol. V 13 (1312b 21-25; 1315b11–18, 21–39). URE 1922, p. 306; WILL 1955, pp. 504s.; ANDREWES 1958, p. 20; MORRIS 1987, p. 25; MCGLEW 1993, pp. 83-85; 133s.; MURRAY 1996, p. 169; LAVELLE 1997; DILLON-GARLAND 2000, pp. 34s., 66; BUDIN 2004, pp. 192s.; BRODY-MURRAY-SACKS 2005, s.v. “Tyrants”, p. 357. 185 Il perìdeipnon, banchetto nel quale i parenti onoravano il morto, si teneva nel terzo giorno dalla sepoltura e poteva essere ripetuto nel nono e nel trentesimo giorno. A questo rituale si dovrà riferire l’azione di Milziade II in onore del fratello morto menzionata in Hdt. VI 39.2. BRUIT ZAIDMAN – SCHMITT PANTEL 1992, pp. 93-99; KIERDORF 2011, s.v. “Perideipnon”, in BNP. 186 In questo senso il participio sulluphqhso/menoi preceduto da w(j usato da Erodoto (Hdt. VI 39.2) nel descrivere il proposito pietistico dei Chersonesiti può dare adito alla traduzione con “come per dimostrare il loro cordoglio”, finanche “fare finta di dimostrare il loro cordoglio”. 231 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi arrivo: perciò questi sfruttò abilmente le circostanze di quella minacciosa riunione dei notabili per operare un colpo di mano violento, atterrire la resistenza delle aristocrazie locali e consolidare la propria posizione personale187. L’iniziativa di catturare e imprigionare i capi politici locali può a mio avviso assimilarsi ad altre circostanze in cui i tiranni reagirono violentemente di fronte agli avversari politici aristocratici, non necessariamente giungendo a delle uccisioni, ma piuttosto imponendo esili, oppure prendendo in ostaggio membri delle famiglie degli oppositori. I dinasti che Milziade imprigionò erano soggetti politici attivi e cruciali entro le rispettive poleis ed erano inoltre membri importanti delle rispettive famiglie. La possibilità di tenere questi individui in proprio potere offriva a Milziade il vantaggio di scardinare l’opposizione e la gestione politica nelle città del Chersoneso, rendendo viceversa funzionale il suo ruolo tirannico di governo. Altrettanto vantaggiosa era la possibilità di controllare e reprimere gli altri componenti delle famiglie aristocratiche con la minaccia di ritorsioni sui prigionieri. Dopo l’imprigionamento dei notabili locali la seguente iniziativa di Milziade II fu di dotarsi di un contingente di 500 mercenari (epìkouroi), probabilmente di origine trace188. Il modello storico del fenomeno della tirannide dimostra anche in altri casi il ricorso a questa risorsa militare, quasi sempre in generazioni tiranniche successive alla prima e volta sempre alla preservazione del potere personale contro l’opposizione degli avversari aristocratici locali, mai invece in funzione di operazioni militari contro nemici esterni189. Né per Milziade I, né per Stesagora vi fu la necessità di disporre di un corpo di guardia di questo tipo, o almeno così pare; di fronte invece all’opposizione politica anti-tirannica che Milziade II si ritrovò a dover gestire, il corpo di guardia divenne uno strumento necessario per imporre con la forza il suo controllo sul territorio. A questa risorsa militare si aggiunga quella trireme con cui Ippia aveva previdentemente mandato Milziade II in Chersoneso e quelle costruite e mantenute negli anni successivi colà190. Esito infine di questi eventi e di queste iniziative fu dunque che Milziade II tenne in proprio controllo il Chersoneso Tracico. Il verbo usato da Erodoto, ìscho, si traduce con “tenere”, “tenere in proprio possesso”, oppure anche “frenare, bloccare, reprimere” e fornisce dunque anch’esso un rimando a mezzi violenti piuttosto che a strumenti politici o consensuali. 187 HAMMOND 1956, p. 123. BRAUND 2001, pp. 14s. Contra ISAAC 1986, pp. 170-172. 189 Aristot. Pol. V 6 (1036a), V 10 (1310b-1311b); Diod. Sic. VI fr. 10; Polyaen. V 1.1. ANDREWES 1958, pp. 4953 per il caso analogo della prima e seconda generazione dei tiranni Cipselidi di Corinto. 190 Hdt. VI 39.1. Quando Milziade II lasciò il Chersoneso Tracico nel 493 egli poté disporre almeno di cinque triremi: Hdt. VI 41.1. HAMMOND 1956, p. 123; BETTALLI 1995, p. 91; SCOTT 2000. 188 232 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi In conclusione la tirannide istituita da Milziade II in Chersoneso Tracico trovò subito un’opposizione locale, organizzata e comune; reagendo al pericolo di una trasformazione politica e della perdita dei privilegi tirannici, la scelta quasi naturale di Milziade II fu di fare ricorso a iniziative violente e a risorse militari, cosicché l’ultima tirannide filaide assunse carattere oppressivo191. La violenza che il Filaide dovette esercitare e le risorse economiche e militari che dovette impiegare per conservare il potere contribuiscono a mettere in luce l’importanza che il Chersoneso Tracico doveva avere entro gli interessi dei Filaidi, nonché dei Pisistratidi e di Atene192. Per Milziade II era in gioco un territorio che, pur essendo antropizzato da città-stato e pur essendo una colonia di Atene, egli doveva comunque considerare un luogo di pertinenza familiare, una necessaria posizione sicura di potere e rifugio contro avversari politici ad Atene o nell’Egeo. Sul piano strettamente materiale non doveva essere un movente di secondo ordine per Milziade la volontà di preservare i terreni e i beni di proprietà familiare accumulati dai predecessori nel ricco territorio cerealicolo del Chersoneso Tracico193. Per Milziade II era imprescindibile ristabilire il controllo che per due generazioni la sua famiglia aveva detenuto di diritto sulla penisola. Ippia non aveva interessi personali in Chersoneso; nondimeno, in quanto detentore del potere sovrano ad Atene, su di lui ricadeva la responsabilità di assicurarsi che la polis non perdesse il contatto e il controllo sulla colonia che era stata fondata appena una generazione avanti. La posizione del Chersoneso era vitale per mantenere la strategia marittima verso cui Pisistrato prima e Ippia poi avevano diretto la politica estera ateniese, indirizzata alla navigazione verso l’Ellesponto e da là verso l’areale commerciale del Ponto Eusino. La posizione tirannica dei Filaidi in Chersoneso Tracico risultava funzionale al controllo della politica estera delle poleis locali: tramite il patto fra Pisistratidi e Filaidi si manteneva cioè il controllo della madrepatria ateniese sui coloni chersonesiti194. La crisi dinastica in Chersoneso rischiava di provocare la rottura di questa catena di relazioni di alleanza e dipendenza e le poleis del Chersoneso avrebbero potuto non avere più interesse a mantenere rapporti aperti o costruttivi con la madrepatria Atene; nell’area rimaneva vivo il pericolo dell’annoso scontro fra l’insediamento ateniese e l’avversaria Lampsaco; sul versante asiatico dell’imbocco dell’Ellesponto la colonia pisistratide di Sigeo aveva un contenzioso aperto con Mitilene di Lesbo; a loro volta gli Eoli di Lesbo e della Troade avevano certo percepito come una intrusione l’arrivo degli Ateniesi a Sigeo e in Chersoneso; il fertile Chersoneso Tracico vantava 191 HAMMOND 1956, p. 118, 123; ISAAC 1986, pp. 170-172; BETTALLI 1995, p. 91. WELLS 1923, pp. 112-124. 193 SCOTT 2005, ad Hdt. VI 38.1, p. 175. 194 WELLS 1923, pp. 113-118; HOW-WELLS 1928, app. XVI.8. 192 233 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi un sicuro surplus di risorse cerealicole su cui Atene intendeva fare affidamento in circostanze di necessità. Tutti questi fattori insieme giustificano appieno la volontà di Ippia e della classe di governo ateniese di mantenere uno stretto controllo sul Chersoneso Tracico, contro gli interessi autonomistici dell’aristocrazia locale. Così la reazione violenta di Milziade II di fronte ai dinasti chersonesiti trovò un movente razionale anche entro il quadro delle relazioni internazionali tiranniche195. Gli eventi qui analizzati si realizzano dunque su due livelli: sul piano delle individualità e della biografia dei tiranni sono attivi gli interessi e i progetti personali di Ippia e soprattutto di Milziade II; sul piano politico e della storia delle poleis sono d’altronde in azione le necessità e le posizioni internazionali delle comunità civiche di Atene da un lato e dei Chersonesiti dall’altro196. Sotto quest’ultimo punto di vista la vicenda rientra nella questione storica della comprensione delle relazioni fra madrepatria e colonia; è noto peraltro che i territori oltremare di Atene ebbero sempre uno status non del tutto indipendente, come fu invece il caso usuale nelle colonie: così si nota per il territorio di Salamina, oppure per le fondazioni delle cleruchie come quella in Eubea; le fonti dimostrano proprio per il Chersoneso tracico un’ambiguità ricorrente nel considerare il territorio come suolo ateniese piuttosto che come una colonia indipendente197. Il rapporto stretto e il controllo dinastico che Atene sembra interessata a preservare con i propri insediamenti oltremare sembra peraltro ricalcare da vicino il modello storico della colonizzazione corinzia all’epoca della tirannide di Cipselo e di Periandro198. Stesagora tiranno indesiderato La riflessione sull’opposizione da parte dei Chersonesiti alla tirannide di Milziade II porta a sollevare dei dubbi su alcuni aspetti emblematici della morte violenta di Stesagora. L’ecista Milziade I aveva avuto il pieno appoggio dei propri concittadini, tanto quelli di origine ateniese quanto i Traci autoctoni, e fu onorato dai Chersonesiti dopo la propria morte. Di Stesagora non sono pervenute informazioni in merito al rapporto costruito con i propri concittadini. Nei confronti di Milziade II i Chersonesiti dimostrarono invece un’accesa animosità fin dai primissimi momenti tanto che lo stesso Milziade aveva lasciato Atene preparato forse ad affrontare l’opposizione anti-tirannica locale e ad agire con violenta risoluzione in brevissimo tempo dal suo primo insediamento in Chersoneso Tracico. Se si accetta di attribuire quei 195 GRAHAM 1964, pp. 34-36. WELLS 1923, pp. 112-118. 197 Hdt, VI 140. GOMME 1937; GRAHAM 1964, pp. 32, 34-37, 166s.; ANDREWES 1982 a, pp. 405, 415s.; LAVELLE 2005, pp. 32s.; MORENO 2007, pp. 77ss. 198 GWYNN 1918, pp. 117s.; WILL 1955, pp. 373, 517-539; ANDREWES 1958, pp. 49-53; GRAHAM 1964, pp. 118153; SALMON 1997, pp. 209-218; LAVELLE 2010, s.v. “Tyranny”, in BNP. 196 234 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi moventi socio-politici, economici e strutturali sopra indagati all’avversione dimostrata dai Chersonesiti alla tirannide filaide nel 520 ca. e non si limita dunque la ricerca delle cause alla circostanziale animosità contro la persona stessa di Milziade II, è ragionevole allora ritenere che la rottura dell’intesa fra i tiranni e i Chersonesiti sia avvenuta secondo un processo storico graduale e dunque che fosse già avviata nel corso della breve tirannide di Stesagora. Erodoto preserva la nozione che l’eclatante assassinio di Stesagora sarebbe stata opera di un sedicente ed esaltato disertore lampsaceno. Il tiranno fu ucciso da un colpo di ascia: un’arma nondimeno che si accompagna a profondi significati simbolici e rituali legati alla sfera religiosa e morale. Anche il luogo in cui avvenne l’aggressione mortale, il pritaneo, è altamente significativo: questo costituiva uno dei luoghi cardinali delle attività politiche e civiche della polis, era sede del focolare comune e luogo di rappresentanza della comunità, dunque anch’esso carico di significato simbolico199. La preparazione nascosta dell’assassinio di Stesagora, il chiaro proposito di caricare quel gesto di significati simbolici eppure noti ai cittadini, nonché la scelta di un luogo pubblico e centrale della polis per agire sono tutte caratteristiche che benissimo si adatterebbero alle forme d’azione di un tirannicidio, di una iniziativa cioè antitirannica organizzata dagli avversari politici, volta a vendicare l’oppressione tirannica e a provocare un cambio nelle famiglie di governo200. Si dispone a mio avviso di dati non sufficienti a rivedere la communis opinio e la narrazione preservata dalle fonti storiografiche; eppure sono argomenti bastevoli ad alimentare il dubbio sulla veridicità delle informazioni giunte all’attenzione di Erodoto. L’opposizione dei Chersonesiti ai Filaidi potrebbe facilmente essere sorta e giunta ad un momento di crisi già durante il governo di Stesagora; secondo l’interpretazione che si sta proponendo, questi sarebbe stato assassinato non da un Lampsaceno esaltato, ma da un sicario arruolato a bella posta in una congiura ordita da oppositori politici Chersonesiti: si spiegherebbe così quel carattere di emergenza riconosciuto nell’invio di Milziade II da Atene e soprattutto il manifestarsi subitaneo della violenza del Filaide contro gli avversari politici locali201. Le fonti di cui Erodoto dispose nel V secolo in merito a quelle vicende sarebbero state inquinate, come già si è avuto modo di discutere, nel corso del processo per tirannide intentato contro Milziade II al suo rientro in Atene nel 493, con lo scopo di dare forma a un’immagine dei Filaidi distante dall’alleanza con i Pisistratidi, aliena dalle forme tiranniche autoritarie e invece vicina al popolo della nuova polis democratica. Già per le notizie sull’assassinio di 199 SCOTT 2005, ad Hdt. VI 38.2, p. 177; EDER 2011, s.v. “Prytaneion”, in BNP. Il tirannicidio di Ipparco ebbe luogo durante la preparazione della processione panatenaica nel Ceramico: Thuc. VI 56s. 201 SCOTT 2005, ad Hdt. VI 38.2, p. 177s. 200 235 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Cimone si è ricostruito che l’attribuzione ad Ippia è probabilmente falsa e nata dal proposito di ritrarre i Filaidi come anti-tirannici e nemici dei Pisistratidi. In merito alle vicende di Milziade II, solo l’analisi storica ha messo in luce l’opposizione locale al suo potere, altrimenti del tutto opacizzata nelle notizie erodotee; viceversa i metodi tirannici, autoritari e violenti usati da Milziade II, se pure ne rimane traccia nelle fonti, non vengono affatto messi in evidenza e non ricevono la minima nota di biasimo. La medesima operazione sulle testimonianze potrebbe essere stata compiuta per la storia della tirannide di Stesagora, il cui tirannicidio fu facilmente attribuito ai nemici lampsaceni, con lo scopo mostrare di Stesasoga l’immagine di un governante legittimo e ben accetto dai concittadini, anzi sacrificatosi in difesa del Chersoneso contro i nemici esterni. Preferisco però concludere con una nota di riserva in merito a questa ricostruzione che va piuttosto considerata come un esercizio di induzione storica: le fonti in merito a Stesagora sono drammaticamente scarse e inoltre potrebbe essere in atto una applicazione ai fatti di un modello storico derivato dalle vicende del tirannicidio ateniese di Ipparco. V.5.3. Il matrimonio con Egesipyle e l’alleanza con Oloro re dei Traci (516-510) Si attribuiscono con sicurezza a Milziade II due matrimoni: prima di Egesipile egli ebbe infatti una prima moglie ateniese che sposò prima della partenza per il Chersoneso Tracico; da questo matrimonio nacque il figlio Metioco che nel 493 viveva con lui in Chersoneso Tracico e comandò una delle triremi con cui i Filaidi fuggirono dalle acque del Chersoneso verso Atene202. La ricostruzione dell’identità e ancor più della biografia della prima moglie ateniese di Milziade II è altamente ipotetica203. È possibile che la madre di Metioco fosse morta prematuramente all’epoca delle attività di Milziade II in Chersoneso Tracico, ma non è una condizione necessaria perché Milziade sposasse poi Egesipile: la critica ha sviluppato un attendibile modello storico secondo cui, presso l’èlite tirannica, vigeva la pratica della poligamia come attestata in epoca omerica. In particolare, pur senza costituire una regola fissa, si possono verosimilmente riconoscere casi di poligamia extrapoleica matrilocale: la sposa cioè entrava naturalmente a fare parte dell’òikos del marito, ma conservava la residenza presso la propria città e presso la casa del padre. Questi meccanismi assumono un significato e un senso pratico alla luce dell’alleanza fra lo sposo e il suocero che il matrimonio stesso suggellava. 202 Hdt. VI 41.2; Marcellin. Vit. Milt. 11. HAMMOND 1956, p. 118; DAVIES 1971, n. 8429 [IX], p. 302. Esistono convincenti argomenti a favore di una origine pisistratide di questa donna: WADE-GERY 1951, p. 219; BURN 1962, p. 217; DAVIES 1971, n. 8429 [IX], p. 302, n. 11793 [IX], p. 452; SCOTT 2005, ad Hdt. VI 39.2, pp. 180s. 203 236 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Perciò è verosimile che la moglie ateniese fosse rimasta in patria presso la famiglia o presso l’òikos filaide locale, mentre la nuova moglie trace sia stata inserita nella rete familiare filaide del Chersoneso Tracico204. Egesipile fu dunque la seconda moglie di Milziade II: ciononostante, e pur trattandosi di una donna di origine non-greca, è evidente dall’analisi lessicale come da quella storica che si trattò di una unione regolare, ufficiale e onorata. Il verbo preservato dal testo erodoteo (gaméo) viene infatti utilizzato in riferimento a regolari unioni riconosciute dalla comunità e dalle leggi della polis; a favore del pieno status come sposa legittima di Egesipile all’interno dell’òikos filaide si pone la testimoniata dall’indiscusso riconoscimento dei diritti civici e politici del figlio Cimone negli anni successivi al rientro della famiglia ad Atene205. È verosimile dunque che Egesipile abbia seguito il marito ad Atene nel 493; si ritiene che da questa donna di origine trace sia nato ad Atene un figlio che prese il nome di Oloro secondo la linea matrilineare e che da questo Oloro ateniese abbia avuto i propri natali lo storico Tucidide206. Altra figlia nata dal matrimonio di Milziade ed Egesipile fu Elpinice che sposò l’ateniese Callia dopo che i Filaidi erano rientrati dal Chersoneso. Le fonti attestano come il marito fosse di bassi natali, ma la moglie potesse vantare una nobile discendenza, sia in virtù della positiva memoria civica degli antenati paterni, sia in virtù dell’origine regale della famiglia materna207. Fenomeni di matrimoni fra Greci e non-Greci sono rintracciabili con una certa facilità nella storia delle relazioni internazionali delle èlites di epoca arcaica; nel caso dei rapporti culturali fra Greci e Traci la critica riscontra una facilità all’intesa e alla condivisione di istituzioni sociali, quali appunto il matrimonio, ma anche la xenìa, la philìa, il legame morale reciproco istituito dalla scambio di doni e dall’euergesìa208. Questa serie pur frammentaria di dati contribuisce in conclusione a delineare il matrimonio di Milziade II ed Egesipile con sicurezza come un legame istituzionalizzato e ufficiale: questo è il segno pertanto che quel matrimonio segnava un’alleanza interfamiliare in funzione politica sviluppatasi, concordata e infine suggellata fra lo sposo e il padre della sposa, il sovrano trace Oloro209. 204 VERNANT 1973; GERNET 1983, pp. 177-199; HERMAN 1990, pp. 352s. DAVIES 1971, n. 8429 X, p. 302; HERMAN 1990, pp. 352s. 206 Thuc. IV 104; Marcell. Vit. Thuc. 1; RAWLINSON 1858, ad Hdt. VI 39, n. 3, pp. 439; PACKARD 1873, pp. 50-59; HOPPER 1961, pp. 141-146; HABICHT 2000, pp. 119-121; BRAUND 2001, pp. 7, 13-25. Contra HERMAN 1990, pp. 349-353. 207 TANNER 1923, p. 146. 208 Hdt. V 21. RAWLINSON 1858, ad Hdt. VI 39, n. 3, pp. 439; GWYNN 1918, pp. 107-109; HERMAN 1987, pp. 34, 40, 77, 98s., 103s., 127; MITCHELL 1997, pp. 134-147; BRAUND 2001, pp. 13-25; Gazzano 2002, pp. 9-17; ANDERSON 2005, pp. 184-191; MAZZARINO 2007, pp. 26s., 105-164, 178-202, 278-288 . 209 BRAUND 2001, pp. 14-22. 205 237 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi La datazione della sequenza di eventi: 520-515 ca. Il passo erodoteo in cui si tramandano gli eventi che segnarono le fasi iniziali della tirannide di Milziade II in Chersoneso Tracico offre scarsi capisaldi cronologici ad esclusione della sequenza narrativa in base alla quale il matrimonio di Milziade con la principessa Egesipile ebbe luogo dopo i provvedimenti violenti contro i dinasti chersonesiti. Secondo la ricostruzione che si è proposta, l’arrivo di Milziade II in Chersoneso Tracico sarebbe da datarsi al 520 ca.; nondimeno il matrimonio con Egesipile sembra debba ragionevolmente appartenere ad un periodo di alcuni anni successivo. Dal matrimonio di Milziade II ed Egesipile nacque infatti Cimone II che in età adulta assunse la conduzione della politica estera dell’Atene democratica nella prima metà del V secolo; la biografia plutarchea di questo Cimone offre alcune informazioni utili per valutarne la data di nascita: quando Milziade II morì in carcere ad Atene, nel 489, i figli avuti con Egesipile, Cimone II e la sorella Elpinice, erano entrambi di giovane età; vero è d’altronde che al medesimo tempo Cimone non era più un adolescente perché era già in un’età sufficientemente avanzata da permettergli di avere una reputazione pubblica, se pur cattiva210; in base alla notizia per cui Cimone condusse le operazioni a Sesto e Bisanzio nel 478, si può stabilire che in quella data egli avesse già compiuto il trentesimo anno di età211. La critica dunque colloca la nascita di Cimone II nel periodo 515-507 e personalmente concordo con quegli studiosi che propendono per una data alta entro quell’arco cronologico212. Mi pare opportuno infine seguire N.G.L. Hammond nell’intento di rispettare la sequenza degli eventi, perlomeno quelli principali, tracciata dalla narrazione di Erodoto: ritengo perciò che il matrimonio di Milziade ed Egesipile debba rispettare il terminus ante quem della spedizione scitica di Dario, nel 513213. In conclusione Cimone nacque intorno al 515 da un matrimonio che poté dunque avere luogo non più di pochi anni prima, nel periodo 518-516. La sequenza narrativa che Erodoto esaurisce in pochi passaggi deve dunque essere assegnata ad una serie di eventi che ebbero luogo nell’arco di circa cinque anni. L’arrivo di Milziade in Chersoneso e l’attacco contro i dinasti locali si verificarono certamente entro il primo mese dalla morte di Stesagora214. A questo primo intervento repentino seguì un periodo, della durata di qualche anno, di assestamento e consolidamento del potere al quale si possono attribuire il reclutamento, l’organizzazione e l’acquartieramento del contingente di 500 210 Plut. Cim. 4.4s. Plut. Cim. 9.1. FUSCAGNI 1989, p. 96. 212 WADE-GERY 1951, p. 212, 218;DAVIES 1971, n. 8429 data al 510 ca.; STEIN HÖLKESKAMP 2011, s.v. “Cimon”, in BNP. 213 HAMMOND 1956, p. 118. 214 Vd. supra, pp. 218ss. 211 238 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi epìkouroi, nonché l’instaurarsi di contatti con il locale sovrano trace Oloro che condussero nel 517 ca. al matrimonio con la figlia Egesipile e infine, qualche anno più tardi, alla nascita del figlio Cimone II nel 515 ca. L’intesa politica fra Milziade II e Oloro re dei Traci In merito al suocero trace di Milziade storici antichi e moderni non dispongono di altri dati al di fuori della menzione qui fornita da Erodoto215. Il testo definisce Oloro come un basiléus: è noto che il vocabolo fu comunemente applicato a contesti istituzionali delle monarchie non greche, orientali o appunto traci, oltre che in ambiti ellenici, con applicazione però diversificata e più problematica216. Mi pare che l’inferenza che si trae necessariamente è che Erodoto voglia marcare una distinzione fra il ruolo istituzionale e l’appartenenza culturale del re dei Traci (tou= Qrhi/kwn basile/oj) Oloro da una parte e quelle dei dinasti delle poleis elleniche menzionati nei passaggi precedenti dall’altra. L’appartenenza tribale e l’estensione del regno di Oloro non ricevono trattazione alcuna nella tradizione antica; ciononostante pare logico seguire la communis opinio nel ritenere che Oloro fosse il sovrano di quelle popolazioni di Traci che risiedevano entro la penisola del Chersoneso Tracico, coabitando con gli insediamenti coloniali greci antichi e recenti217: mi pare in effetti verosimile che Oloro non governasse popolazioni traci al di fuori dell’istmo del Chersoneso giacché, in primo luogo, Milziade I si adoperò proprio per la difesa dei Traci chersonesiti contro popolazioni tracie del continente, fissando all’istmo il baluardo territoriale, e difensivo218, e soprattutto il comportamento di Milziade II non dimostra interesse alcuno, nemmeno dopo il matrimonio con Egesipile, per i territori al di fuori della penisola in Europa. Come si è anticipato, il matrimonio di Milziade II con Egesipile deve essere considerato come il segno e la consacrazione definitiva di un’intesa interfamiliare costituita e costruita negli anni precedenti fra lo sposo e il padre della sposa: quest’alleanza fra i due leader aristocratici doveva avere la funzione politica, oltre che personale, di rafforzare le reciproche posizioni nella gestione del potere e della supremazia entro il Chersoneso Tracico219. È verosimile che Milziade II abbia preso contatto con Oloro fin dal suo primo arrivo in Chersoneso Tracico, se non altro in via conoscitiva, in quanto il sovrano ricopriva un ruolo rappresentativo per una componente numerosa e non di secondo ordine della popolazione della 215 ARCHIBALD 1988, p. 80, 113s. Anacr. Fr. 491 Page. TOD 1933, nn. 1, 4, 6, 10; ANDREWES 1968; DREWES 1972, n. 31, p. 137; JEFFERY 1976, pp. 39s.; HAMMOND 1982 b, p. 353; GSCHNITZER 1988, p. 71; ASHERI 1992, pp. 149, 161; LAVELLE 1994; MURRAY 1996, p. 54; SALMON 1997, p. 207; DUPLOUY 2006, pp. 11-35. 217 ARCHIBALD 1988, pp. 80, 113s ; PETER 2011, s.v. “Olorus”, in BNP. 218 DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 46, 234-240. 219 GWYNN 1918, p. 107; BRAUND 2001, pp. 14-22. 216 239 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi penisola. La costituzione di un’alleanza personale fra i due sovrani, il tiranno e il basilèus, divenne per Milziade II una scelta necessaria man mano che egli perse la propria legittimazione presso l’aristocrazia greca. È probabile che fra i due si sia dunque formata prima una relazione di reciprocità, affine a quella che fondava le relazioni della xenìa o della philìa, in base alla quale i due capi coadiuvarono e appoggiarono le iniziative e le posizioni uno dell’altro; questa relazione di reciprocità aristocratica fu poi presto cementata e istituzionalizzata tramite l’alleanza matrimoniale che rinforzò la relazione e ne assicurò la continuità nel tempo220. Alla luce dei dati finora raccolti mi pare attendibile proporre la ricostruzione secondo la quale Milziade II, appena insediatosi in Chersoneso, incontrò l’opposizione politica al suo poter personale da parte della classe dirigente ellenica delle poleis locali e comprese dunque di avere perduto il prestigio e la legittimazione di cui aveva goduto la sua famiglia fino ad allora: di fronte al pericolo di perdere la tirannide Milziade reagì applicando una duplice strategia. Come si è visto, nei confronti dell’aristocrazia greca il tiranno reagì opprimendo con violenza gli oppositori più pericolosi e proteggendo la propria incolumità e la propria preminenza con lo strumento militare dei 500 epìkouroi. Nondimeno, una seconda direttrice della strategia di Milziade utilizzò vie diplomatiche e fu rivolta alla componente sociale e politica della popolazione tracia locale e alla sua élite dirigente. Per Milziade, Oloro costituì un alleato locale dotato di un ampio seguito politico e di risorse militari che lo mettevano in grado di rafforzare la sua posizione di potere contro gli avversari aristocratici greci, adoperandosi sia con l’uso - o con la minaccia dell’uso - della violenza, sia con un’azione diplomatica e politica di legittimazione221. Per Oloro, l’alleanza con il tiranno greco locale dovette viceversa assicurare appoggio politico e militare e prestigio sociale utili a confermare la sua posizione di preminenza regale all’interno degli equilibri di potere fra i capi delle varie tribù in cui i Traci erano divisi. I Filaidi come interpreti delle necessità strategiche internazionali della comunità ateniese in Tracia Applicando una prospettiva di lungo periodo a questa analisi emerge una tendenza strutturale da parte dei Filaidi a gestire relazioni costruttive e vantaggiose con l’elemento etnico dei Traci222: questa scelta è chiaramente dovuta in primo luogo al quadro stesso del popolamento della regione del Chersoneso Tracico che per tutta la seconda parte del VI secolo venne a costituire la principale area di pertinenza dei Filaidi, fra quelle interessate dalle direttrici della politica estera di Atene. Già nella storia della conduzione delle relazioni 220 ARCHIBALD 1988, p. 80, 113s.; JONES 1999, pp. 6-35; BRAUND 2001, pp. 14-22; ANDERSON 2005. GWYNN 1918, p. 107; ARCHIBALD 1988, p. 80, 113s. 222 RAWLINSON 1858, ad Hdt. VI 39, n. 3, pp. 439; GWYNN 1918, p. 107; BRAUND 2001, pp. 14-22. 221 240 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi internazionali da parte di Milziade I i Traci ebbero un ruolo significativo: il lògos eziologico della fondazione coloniale in Chersoneso Tracico identifica proprio nella richiesta di ausilio dei locali Traci Dolonci un movente per la decisione di Milziade; la contestualizzazione storica ha stabilito l’esistenza di un’intesa in funzione difensiva fra l’ecista e i barbari autoctoni del Chersoneso. D. Braund ritiene probabile che sia Milziade I che il successore Stesagora abbiano avuto moglie tracia, come è poi attestato per Milziade II223. Quando Milziade II cercò l’alleanza di Oloro e poi ne prese in sposa la figlia certamente agiva in risposta ad una necessità contingente di recuperare un alleato influente contro l’opposizione politica greca; il fatto però che egli abbia operato proprio la scelta nella direzione dell’elemento trace, il fatto che abbia stretto un contatto con il più alto vertice politico dei Traci e il fatto che l’intesa sia stata approfondita al punto da unire le due famiglie segnalano però che Milziade II stava allora seguendo e praticando una strategia delle relazioni familiari internazionali di lungo periodo, avviata nella generazione precedente dal suo omonimo zio, che in quel momento drammatico veniva soltanto convertita in un’intesa più stretta224. La storia della famiglia dei Filaidi nelle generazioni successive a Milziade II esula dalla storia delle relazioni internazionali tiranniche poiché essi persero quella posizione di comando autocratico fuggendo dal Chersoneso Tracico nel 493; ciononostante vi sono chiare testimonianze del fatto che il legame che univa la famiglia all’area della Tracia perdurò anche nel V secolo. Già Milziade II, una volta rientrato ad Atene ed assunto un ruolo direttivo nella politica della nuova polis democratica, dimostrò di volere continuare la precedente politica marittima espansiva quando tentò la conquista di Paro225. Suo figlio Cimone II operò negli anni ’70 e ’60 del V secolo in qualità di stratego ateniese conducendo una serie di operazioni militari e navali che facevano chiaramente parte di un progetto volto a difendere la posizione di Atene in Tracia: così fu certamente per la conquista di Eione sullo Strimone, la colonizzazione di Anfipoli, la riconquista del Chersoneso stesso ai Persiani, l’attacco a Taso prospiciente le coste della Tracia e il disastroso tentativo a Drabesco presso il Pangeo. Quando Cimone II subì l’ostracismo da Atene egli trascorse l’esilio in Tracia: chiaro segno che la famiglia ancora manteneva là possessi personali, o perlomeno relazioni di ospitalità226. La genealogia dello storico Tucidide si lega alla famiglia dei Filaidi: il padre di Tucidide nacque dai discendenti nati ad Atene da Milziade II ed Egesipile e prese appunto il nome dell’onorato padre della Trace, 223 BRAUND 2001, pp. 20s. ARCHIBALD 1988, p. 80, 113s. 225 Hdt. VI 132-136. 226 Thuc. I 98.1, 100, IV 102.2; And. De Pace 3.3; Diod. XI 70.5; Plut. Cim. 7, 8.3, 14.1-3. PACKARD 1873, p. 55; WELLS 1923, pp. 133s.; BRAUND 2001, pp. 14-22; CULASSO GASTALDI 2011, pp. 122-124; STEIN HÖLKESKAMP 2011, s.v. “Cimon” [2], in BNP. 224 241 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Oloro227. In considerazione della tradizione familiare e dell’ascendenza di Tucidide non sorprende dunque riscontrare che egli ricoprì un incarico militare in Tracia durante la stessa guerra di cui fu il cronista, nel 424, a Taso e ad Anfipoli. Lo stesso Tucidide tramanda, fra i pochi cenni biografici nella sua opera, nozione dei possedimenti minerari familiari in Tracia, presso la località di Skapté Hyle, da cui egli derivava la propria ricchezza; qui la tradizione colloca anche le circostanze della morte dello storiografo228. Queste informazioni insieme indirizzano a ricostruire, anche nel caso di questo individuo, una continuità generazionale dei contatti della famiglia dei Filaidi, pur nelle sue componenti allargate, verso l’area strategica della Tracia, sia tramite interessi economici personali sia in osservanza di incarichi direttivi pubblici, pur a distanza di anni dalla tirannide che essi avevano mantenuto nel Chersoneso Tracico. In conclusione, l’analisi di lungo periodo dimostra la continuità del coinvolgimento dei Filaidi nelle faccende della Tracia, sia durante la tirannide dei Pisistratidi che successivamente durante il governo democratico. Questa conclusione fa parte di un modello interpretativo della storia delle relazioni internazionali tiranniche che lega a doppio filo gli interessi privati dei tiranni a quelli pubblici della comunità di Atene e viceversa. I Filaidi cioè agirono in primo luogo evidentemente perseguendo vantaggi e interessi familiari: per preservare la posizione di potere e prestigio acquisita e conquistata nel tempo in Chersoneso e per preservare beni mobili e immobili e assetti finanziari che essi avevano sviluppato in Tracia e sui quali si fondava parte della ricchezza della famiglia229. È innegabile d’altronde che esista una continuità diacronica degli interventi di Atene, e dell’impiego delle risorse pubbliche economiche ed umane, in direzione della Tracia, del Chersoneso e del’Ellesponto: un interesse e una volontà civica che esulavano cioè dalle aspirazioni di potere di una singola famiglia e che anzi ebbero il potere di imporre al proprio ceto dirigente il disegno generale degli interventi internazionali da perseguire, pubblici, ma anche privati e familiari. È noto che l’interesse di Atene come di altre poleis e soggetti politici ellenici per l’area della Tracia era dovuto essenzialmente all’abbondanza di risorse e materie prime cruciali eppure scarse sul continente greco: legname, fondamentale per la costruzione delle imbarcazioni, e depositi minerari di particolare ricchezza d’oro e soprattutto d’argento230. 227 Thuc. IV 104.4; Plut. Cim. 4.1-4. RAWLINSON 1858, ad Hdt. VI 39, n. 3, pp. 439; PACKARD 1873, pp. 54, 59; HOPPER 1961, pp. 141-146; HERMAN 1990, presenta la communis opinio e offre anche una interpretazione diversa per il trasferimento del nome trace nella famiglia ateniese di Tucidide; HABICHT 2000, pp. 119-121; BRAUND 2001, pp. 14-22. 228 Thuc. IV 104s. Plut. Cim. 4.1-4. PACKARD 1873, pp. 50s.; HOPPER 1961, pp. 141-146; LAVELLE 1997. 229 PACKARD 1873, pp. 50s.; HOPPER 1961, pp. 141-146; STAHL 1987, pp. 201-228. 230 Thuc. IV 102. HOPPER 1961, pp. 141-146; ERRINGTON 2001, s.v. “Amphipolis”, in BNP. 242 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Come si è già messo in evidenza per le relazioni internazionali dei Pisistratidi, così anche per quelle dei Filaidi si può riconoscere un interesse strategico ed economico della comunità degli Ateniesi che si espresse a metà del VI secolo tramite la conduzione politica di Pisistrato e Milziade, poi nella seconda metà del secolo tramite quella di Ippia e Milziade II, nel V secolo, infine, pur entro il quadro istituzionale democratico e non più tirannico, tramite la conduzione politica e militare dello stratego Cimone II, nonché da ultimo di Tucidide di Oloro. Ai Filaidi si dovrà dunque ascrivere sia un interesse familiare quanto anche la presa in carico di un volere pubblico. Viceversa la continuità della delega pubblica delle attività in Tracia all’iniziativa dei Filaidi, per tre generazioni ed oltre, trova giustificazione in virtù delle tradizioni di famiglia, delle sue conoscenze pregresse di quell’area, della sua rete di contatti e alleanze personali la cui operatività poteva essere trasferita dai singoli al vantaggio dell’intera comunità. V.5.4. Imperi orientali e Greci d’Asia Minore: poleis e tiranni ellenici nell’amministrazione persiana Episodi di contatti collaborativi fra tiranni greci e imperi orientali risalgono all’epoca dell’impero di Lidia, quando esistettero relazioni di reciprocità fra la dinastia regnante dei Mermnadi e, fra altri, membri delle famiglie tiranniche dei Cipselidi, degli Alcmeonidi e dei Filaidi231. Nel 546 l’impero persiano, sotto la conduzione di Ciro il Grande, sconfisse le armate del sovrano lidio Creso e incorporò l’impero di Lidia entro i confini del multietnico impero di Persia; insieme ai territori della Lidia passarono all’amministrazione achemenide anche le poleis greche d’Asia Minore collocate sul litorale asiatico dell’Egeo, dalla Troade fino alla Ionia. Erodoto ricorda come una svolta epocale la sottomissione dei Greci di Ionia e delle isole al potere di Ciro232. Rispetto agli accordi che avevano in precedenza legato le poleis all’impero di Lidia, l’amministrazione persiana di Ciro e poi dei suoi successori impose uncontrollo più stretto sulla popolazione e sulle entità statuali preesistenti233. 231 Contatti dei Mermnadi con l’élite ellenica: NENCI 1981, pp. 61-65. Periandro: Hdt. I 19-22, III 48. AUSTIN 1990, pp. 295; OLIVIERI 2010. Alcmeone: Hdt. VI, 125. ANNIBALETTO 2000, n. 1 p. 1107; HERMAN 1987, p. 89; AUSTIN 1990, p. 295. Milziade: Hdt. VI 35-38. DESBOROUGH COOLEY – LARCHER 1844, v.II, p. 200; HOW-WELLS 1928, ad Hdt. VI, 37. 232 Hdt. I 169. MAZZARINO 2007, pp. 136-137. 233 A riprova del cambio di regime e dell’insoddisfazione dei Greci si consideri la rivolta delle poleis della Ionia al seguito del funzionario Pacties poco dopo che Ciro si fu allontanato dalla Lidia nel 546: Hdt. I 153ss. BURN 1962, pp. 108-119, 137-139; OLMSTEAD 1982, pp. 93-144; AUSTIN 1990, pp. 293-297; MAZZARINO 2007, pp. 159, 136s., 352s. nn. 470-472. 243 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Il Gran Re Dario I ascese al trono di Persia nel 521 e procedette a una riorganizzazione dell’impero che interessò gli strumenti amministrativi, le ripartizioni territoriali, la richiesta dei tributi e le forniture militari a cui i sudditi erano tenuti a conformarsi: i Greci d’Asia Minore furono allora più strettamente inseriti nella compagine imperiale achemenide e soprattutto le classi dirigenti delle poleis si legarono in maniera più organica all’apparato amministrativo persiano nonché al sovrano stesso. Dario procedette inoltre al consolidamento e all’allargamento dei confini del regno: perciò, a differenza di quanto era avvenuto con i suoi predecessori, durante il suo regno le poleis greche dell’area dell’Egeo nordorientale, dell’Ellesponto e della Propontide dovettero accettare definitivi compromessi con lo stato achemenide, come avevano già fatto i Greci della Ionia all’epoca di Ciro234. Dario intraprese nel 513 un’imponente spedizione volta ad ampliare i confini dell’impero achemenide oltre l’Ellesponto, in Europa, con il progetto di sottomettere gli Sciti oltre l’Istro e la Tracia: in conseguenza di questi interventi in Europa gli interessi dei Greci in Tracia furono pesantemente intaccati e Pisistratidi e Filaidi dovettero entrambi definire una propria strategia politica nella gestione delle relazioni con il nuovo potere sopraggiunto dall’Asia235. Nel contatto fra impero persiano e poleis greche d’Asia Minore, particolarmente durante il regno di Dario, vennero a convergere, da un lato, le modalità e le necessità specifiche del sistema di governo persiano e, d’altro lato, i metodi di affermazione del potere politico e di alleanza personale usati dalle classi aristocratiche elleniche: essenzialmente la combinazione di questi due fattori diede impulso ad una nuova diffusione della tirannide presso le poleis greche micrasiatiche236. I Persiani lasciarono ampia discrezione e autonomia nelle gestione della politica interna a tutte le realtà statali preesistenti perché l’interesse precipuo del Gran Re fu piuttosto quello di assicurare che le amministrazioni locali provvedessero al versamento del tributo e alla leva militare237. Nelle poleis greche il controllo della politica locale fu sempre oggetto di un acceso conflitto interaristocratico: la tirannide sorse appunto da questo conflitto in quei casi in cui un singolo individuo riuscì ad imporsi sopra i propri avversari e ad eliminare le loro possibilità di opposizione politica. Le relazioni internazionali furono uno degli strumenti tramite cui gli aristocratici e i tiranni si assicurarono un maggiore potere personale ricorrendo 234 Hdt. III 89-99. OLMSTEAD 1939, pp. 310-311; AUSTIN 1990, pp. 289-292, 295-306; LURAGHI 1998, 26-27, 4043; WIESEHÖFER 2003, pp. 24-32, 40-71; ANDERSON 2005, pp. 173-210; MUSTI 2006, pp. 277-279. 235 Hdt. IV 83-93, 97s., V 2, 10. STAHL 1987, pp. 201-228; FOL-HAMMOND 1988. 236 AUSTIN 1990; CORSARO 1997, pp. 27-47. 237 Hdt. I 7, 27. WARDMAN 1961; LURAGHI 1998, pp. 27-31; 28-30, 35-38; PANESSA 1999, pp. xviii, 82-84; PANAINO 2001, pp. 84-93; WIESEHÖFER, 2003, pp. 28-32, 40-60; MAZZARINO 2007, pp. 196-202. 244 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi ad alleati personali che potessero di volta in volta offrire l’aiuto necessario per prevalere238. Nella prospettiva di questo meccanismo che legava l’affermazione del potere personale nella polis alla disponibilità di alleati internazionali influenti, fu naturale per le famiglie tiranniche elleniche d’Asia Minore ricercare l’alleanza dei sovrani orientali che potevano contribuire con risorse economiche e militari sconfinate e sostegno diplomatico autorevole a che la loro tirannide rimanesse salda e sicura contro i nemici interni ed esterni239. Il fondamento delle relazioni e delle alleanze fra tiranni greci e sovrani orientali rimaneva peraltro il medesimo che regolava le relazioni personali e familiari presso l’élite panellenica della Grecità: le élites aristocratiche internazionali dei Greci e dei Barbari condividevano ampiamente cioè modelli di comportamento sociale, paradigmi ideologici e persino le forme delle istituzioni che regolavano il contatto. Istituzioni quali la xenìa, la philìa, l’euergesìa, l’hiketèia, nonché le forme di intesa di più lassa istituzionalizzazione, si fondavano tutte sul vincolo interpersonale della reciprocità, del dono e del contro-dono, compreso a livello interculturale: a fronte di un’azione positiva di uno dei due associati, la controparte godeva in primo luogo di un vantaggio per sé, ma veniva legata a rispondere e ricambiare con un dono o un favore di eguale valore, o di valore superiore, creando così una continuità virtuosa che poteva potenzialmente giungere ad approfondire e intensificare l’intesa fra i due soggetti, ampliandosi così dall’ambito personale a quello politico240. I sovrani achemenidi, avvicinati da individui greci aristocratici e capaci, abili nella gestione politica e nella pratica diplomatica, furono a loro volta disposti a istituire con questi delle alleanze personali: la gestione del potere nei regni orientali prevedeva infatti da parte del sovrano la concessione a individui fidati di privilegi politici e posizioni preminenti e la concessione delle risorse necessarie al mantenimento del potere; tramite costoro il Gran Re poteva disporre di un’autorità rappresentativa univoca nei rapporti fra la corte e le singole comunità. Il rapporto di reciprocità che veniva così a crearsi legava indissolubilmente il beneficiario locale a mantenere una stretta fedeltà al sovrano, sotto l’impulso di rispettare un codice morale aristocratico e soprattutto sotto l’impulso di mantenere la benevolenza dell’autorità che in primo luogo assicurava il suo potere personale241. 238 VERNANT 1973; GERNET 1983, pp. 77-81, 146-153; MITCHELL 1997, pp. 111-120; ANDERSON 2005, p. 184, n. 27-29. 239 ANDREWES 1958, pp. 116-127; TOZZI 1978, pp. 118-124; OLMSTEAD 1982, pp. 79-94; BURN 1985, pp. 295296; GRAF 1984; AUSTIN 1990, pp. 289-292, 295, 306; LURAGHI 1998; ANDERSON 2005, pp. 209-218. 240 GERNET 1983, pp. 77-81, 146-153; HERMAN 1987; AUSTIN 1990, pp. 289-292, 295-306; DAVERIO ROCCHI 1993, pp. 177-189; KONSTAN 1997; MITCHELL 1997; LURAGHI 1998, soprattutto pp. 27-29, 35-45; PANESSA 1999, pp. pp. XV-XXVI, 82-84; PICCIRILLI 2002, pp. 65-70. 241 ANDREWES 1958, pp. 116-127; TOZZI 1978, pp. 118-124; BURN 1985, pp. 295-296; GRAF 1984; HERMAN 1987, pp. 39-45, 73-106, 118-128; GERNET 1983, pp. 77-81, 146-153, 160-170, 177-179; AUSTIN 1990, pp. 289-306. 245 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Tramite questa serie di meccanismi politici e di relazioni interpersonali, si rende conto dunque della particolare situazione della Grecità d’Asia Minore nell’ultimo quarto del VI secolo e della diffusione sia delle tirannidi che delle posizioni filo-persiane presso la classe dirigente locale242. Questo è dunque il contesto entro cui Filaidi e Pisistratidi si trovarono a gestire in Asia le relazioni internazionali, da un lato con le poleis greche, e d’altro lato con l’impero persiano. Nel caso dei Filaidi il quadro finora delineato funge da premessa alle relazioni e ai moventi che regolarono le iniziative di Milziade II negli anni successivi alla spedizione di Dario in Europa e fino alla fuga dei tiranni dal Chersoneso Tracico nel 493 durante la repressione della rivolta ionica contro la Persia243. Per Ippia il potere e la protezione che Dario dimostrava di accordare ai tiranni divennero sempre più importanti a partire dalla crisi del tirannicidio di Ipparco ad Atene, poi soprattutto nel momento dell’espulsione dei Pisistratidi da Atene nel 510 e infine determinarono l’avvicinamento di Ippia presso la corte di Susa244. Casi di relazione fra sovrani persiani e tiranni greci Una relazione di reciprocità fra un tiranno greco e un sovrano persiano si riconosce già durante il regno di Ciro il Grande, a metà del VI secolo, quando il sovrano donò al greco Pitarco di Cizico sette città della Troade245. Il successore di Ciro, Cambise, strinse una forma di alleanza militare con il tiranno di Samo Policrate all’epoca della conquista dell’Egitto nel 525246. Le relazioni fra impero persiano e la tirannide di Samo proseguirono nella generazione successiva a quella di Cambise: durante la campagna per la conquista dell’Egitto, il fratello del tiranno samio, Silosonte, aveva avuto modo di entrare in contatto con Dario quando questi era soltanto un lanciere al comando di Cambise e di guadagnarne il favore con una euergesìa, cioè una azione favorevole. Quando Dario fu poi sul trono di Persia, Silosonte poté chiedere al nuovo sovrano il contraccambio del suo precedente favore, nel rispetto delle pratiche della reciprocità: Dario concesse perciò un corpo di spedizione navale e militare persiano affinché Silosonte potesse impossessarsi di Samo e ottenere la tirannide; in questo modo nondimeno CORSARO 1997, pp. 27-47; KONSTAN 1997, pp. 23-37, 84-87; MITCHELL 1997, pp. 111-120, 131-133; LURAGHI 1998, pp. 28-43; ANDERSON 2005, pp. 184, n. 27-29, 173-122, 209-218. 242 AUSTIN 1990; ANDERSON 2005. 243 Hdt. VI 40s. 244 Hdt. V 94, 96-98. DUPLOUY 1996, p. 90. 245 Heracl. Lemb. Exc. Pol. 38; Agat. Cyz. FGrHist 472 F 6; Ath. I 52. HUXLEY 1966, p. 121; GERNET 1983, pp. 77-81, 146-153; AUSTIN 1990, pp. 296-297; MITCHELL 1997, pp. 4-10, 18-21, 111-120; LURAGHI 1998, pp. 31-35. 246 Hdt. III 44. LATTIMORE 1939, pp.26, 32; DE STE. CROIX 1977, p. 146; LA BUA 1978, pp. 1-30; HERMAN 1987, pp. 1-47, 71-72; MITCHELL 1997, pp. 7s., 20-22; PANESSA 1999, pp. 85-87; WIESEHÖFER 2003, pp. 24-32, 40-71. 246 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi l’isola e il potere del tiranno passarono entro un rapporto vincolante di fedeltà a Dario e di dipendenza dalla Persia247. La spedizione scitica di Dario (513-512) La spedizione scitica condotta da Dario I in Europa costituisce il caso certamente più significativo in cui riconoscere i fenomeni storici dell’ultimo quarto del VI secolo finora discussi: cioè la diffusione del potere tirannico nelle poleis elleniche micrasiatiche; le forme in cui le poleis furono incorporate entro l’amministrazione politica e militare dell’impero persiano; l’istituzione di relazioni di reciprocità e soggezione che legarono i tiranni greci al sovrano achemenide248. Nel 513 Dario intraprese la spedizione in Europa249: l’obiettivo di Dario fu quello di oltrepassare il Bosforo, procedere a nord oltre il corso del fiume Istro e percorrere le steppe a occidente e settentrione delle coste del Ponto Eusino per sottomettere le tribù dei cavalieri sciti; obiettivo non secondario della spedizione fu di conquistare la Tracia e incorporare all’impero quei territori europei, costieri quanto interni, affacciati sulla sponda settentrionale dell’Egeo, fino al regno di Macedonia250. La spedizione scitica fornì anche l’opportunità per consolidare definitivamente il potere persiano sui territori nordoccidentali della penisola anatolica: in Misia, Eolide, Troade, Propontide ed Ellesponto. 247 Hdt. III 45-49. OLMSTEAD 1982, pp. 67s., 79; LURAGHI 1998, p. 31. BERVE 1967, pp. 85-88. Sulla spedizione scitica vd. Hdt. IV, 83-89, 97-98, 128, 133, 136-139. Il racconto della spedizione scitica di Dario funge in Erodoto da precedente e modello per la spedizione di Serse contro la Grecia, si distingue un comune modulo letterario che comprende: la vendetta come movente, l’inascoltato consiglio prudente, la leva militare dalle nazioni, il ponte sul mare, la lealtà filo-persiana degli Ioni, la sconfitta e la fuga del Gran Re: FOL-HAMMOND 1988, pp. 234-235. 249 Dareus Behistun, I 12-17, V 74-76; Hdt. IV 83-98, 118-144; Ctes. FgrHist 688 FF 13, 16-22, 82-87; Aristot. Rhet. III 16.6; Pol. IV 42; Diod. X 19.5s.; Strab. VII 3.9 (= Ephor. FGrHist 70 F 42), XIV 1.17; Polyaen. VII 11; Ath. XII 522. IG XIV 1297, II.8-27. La questione della datazione della spedizione scitica di Dario I è in effetti complessa e non priva di controversie: uno spoglio della critica esistente, sia degli storici orientalisti che dei classicisti, raccoglie proposte di datazione per tutti gli anni che vanno dal 520 al 511; le date che godono di maggiore credito sono quella del 519, del 514 e del 513. L’iscrizione reale persiana di Behistun, nonché la sequenza narrativa offerta dalla maggior parte delle fonti greche imporrebbero di datare la spedizione scitica al 519; nondimeno l’analisi linguistica ed epigrafica delle iscrizioni persiane e una contestualizzazione della sequenza di eventi relativi ai primi anni del regno di Dario I porta a ricostruire l’esistenza di una prima e più antica spedizione persiana contro popolazioni scitiche stanziate però al confine dei territori orientali dell’impero persiano. La spedizione ricordata dalle fonti greche sarebbe dunque una seconda spedizione contro gli Sciti dell’area europea appunto e contro i Traci, da datarsi nel 514-513; entro quel periodo la datazione più diffusa fra classicisti e orientalisti è quella del 513. In questa ricerca accetto quest’ultima data: non solo per la maggiore diffusione e autorevolezza presso la critica moderna, ma soprattutto perché mi pare quella più coerente con gli eventi e le conseguenze collegati appunto alla spedizione persiana, nonché con la ricostruzione delle successive operazioni prima in Scizia e poi in Tracia. KING-THOMPSON 1907; OLMSTEAD 1938; CAMERON 1943; WADE-GERY 1951, p. 215, nn. 14s. e bibliografia citata; BURN 1962, pp. 127-139; BALCER 1972; OLMSTEAD 1982, pp. 84s., 89-94; FOLHAMMOND 1988, pp. 235-244; SEKUNDA 1992, pp. 13-14; ANNIBALETTO 2000, ad Hdt. IV 1, p. 645; WIESEHÖFER 2003, pp. 14-23, 29-31, 40-71. 250 OLMSTEAD 1982, pp. 89-92; FOL-HAMMOND 1988, pp. 234-157. 248 247 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi L’esercito di Dario fu raccolto con la leva ordinaria ei Persiani; ai sudditi ellenici di Ionia, Eolide e dell’Ellesponto giunse invece l’ordine del Gran Re di allestire e condurre la flotta che avrebbe appoggiato l’avanzata dell’esercito sulla terraferma251. Il greco Mandrocle di Samo fu incaricato di costruire un ponte di barche per unire le due rive del Bosforo ove l’esercito persiano passò in Europa252. Ai Greci che conducevano la flotta fu affidato il compito di avanzare lungo le coste del Ponto Eusino, di imboccare e risalire il fiume Istro fino al punto in cui si dipartivano i numerosi rami della foce e là costruire un ponte di barche che avrebbe permesso ai Persiani l’accesso alla Scizia; i contingenti dei Greci si fermarono poi a guardia del ponte che costituiva l’unico passaggio e l’unica via di ritirata per la spedizione di Dario253. Erodoto tramanda un elenco delle poleis e dei tiranni che egli ritenne più degni di nota fra quelli che presero parte alla spedizione scitica, da cui emerge un campione significativo dell’ampia diffusione della tirannide fra le poleis greche soggette alla Persia. Le tirannidi dell’Ellesponto che seguirono Dario nella spedizione scitica furono Dafni di Abido, Ippoclo di Lampsaco, Eforanto di Pario, Metrodoro di Proconneso, Aristagora di Cizico, Aristone di Bisanzio; a questi si deve aggiungere Milziade II del Chersoneso Tracico. Per l’area della Ionia i nomi notevoli furono: Stratti di Chio, Eace II di Samo, Laodamante di Focea, Istieo di Mileto. L’unico che Erodoto ritenne degno di memoria fra i tiranni dell’Eolide fu Aristagora di Cuma. Erodoto stesso afferma esplicitamente di fornire una lista parziale secondo il criterio di tramandare solo i nomi di quei tiranni e strategòi (comandanti militari) che presero parte alle assemblee per le decisioni comuni dei Greci durante la spedizione e fra questi solo i nomi, e dunque le poleis, di coloro che il sovrano di Persia riteneva degni di considerazione254. Secondo la ricostruzione storica che il brano erodoteo permette di trarre, le poleis elleniche d’Asia Minore entro l’impero persiano, nel 513, erano dunque in buona parte governate da tiranni locali. Questi aristocratici godevano cioè di una supremazia politica, pur non istituzionalizzata, fra i propri concittadini, secondo il consueto modello della tirannide; eppure tale controllo locale era esercitato da individui che godevano dell’approvazione e dell’appoggio del sovrano di Persia il quale non solo ne accettava la posizione nella politica locale, ma anzi assicurava loro i mezzi economici, militari e diplomatici per mantenerla. In questo senso, il discorso tenuto da Istieo, tiranno di Mileto, è inequivocabile. I tiranni ellenici vengono d’altronde ripetutamente definiti come strategòi dei contingenti navali delle rispettive 251 Hdt. IV 83, 87. ROEBUCK 1953, soprattutto p. 11; BRAUND 2001, pp. 37-38. Hdt. IV 87-89. 253 Hdt. IV 83, 87-89, 137. 254 Hdt. IV 137s. WELLS 1923, pp. 95-111 sulle fonti di Erodoto per questo passo; BLAMIRE 1959, pp. 142s., 145, 149, 152s. 252 248 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi poleis: il dato è da intendersi dalla prospettiva dell’amministrazione persiana per la quale i tiranni ricoprivano un incarico militare ufficiale e istituzionalizzato e una funzione di rappresentanza della propria polis nei confronti del governo del Gran Re255. Fig. 7: le poleis elleniche che fornirono la flotta per la spedizione scitica di Dario I L’assemblea dei Greci all’Istro: i tiranni filo-persiani e le poleis anti-tiranniche La narrazione erodotea riporta una descrizione ampia dei fatti della campagna di Dario in Scizia all’interno della quale la notizia dell’incidente avvenuto nel campo greco al ponte sull’Istro costituisce uno strumento imprescindibile per comprendere la posizione dei tiranni greci verso il Gran Re, verso i propri concittadini e, non da ultimo, per comprendere lo sviluppo della posizione e delle relazioni internazionali delle tirannidi di Ippia e di Milziade II256. Ad un certo momento dell’avanzata persiana attraverso le steppe della Scizia, fu chiaro a Dario che l’iniziativa si stava rivelando fallimentare e fu perciò decisa la ritirata; un contingente 255 Hdt. IV 137. BURY 1897; BERVE 1967, pp. 85-88; GERNET 1983, pp. 77-81, 146-153; HERMAN 1987, pp. 14s., 39-49, 70, 89-91, 102-108; AUSTIN 1990, pp. 289-306; MITCHELL 1997, pp. 111-120, 131-133; soprattutto LURAGHI 1998; GAZZANO 2002, pp. 15, 30-31 fa luce sulla scarsa precisione terminologica di Erodoto nella designazioni di sovrani, despoti, tiranni e comandanti; ANDERSON 2005, pp. 178, 184, 192, 211-213. 256 Hdt. IV 137. BURY 1897; HERMAN 1987, p. 102; AUSTIN 1990; DUPLOUY 1996, p. 90; LURAGHI 1998. 249 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi di cavalieri sciti sopravanzò però i Persiani e giunse al campo dei Greci all’Istro: gli Sciti suggerirono allora ai comandanti di disertare gli ordini del Gran Re, distruggere il ponte di barche, ritornare alle proprie sedi e godere infine della libertà dal giogo persiano; grazie alla loro sfiancante tattica militare gli Sciti avrebbero infatti assicurato che né l’esercito né il sovrano di Persia sopravvivessero257. I Greci tennero allora un’assemblea nella quale Milziade II, tiranno del Chersoneso Tracico, prese la parola e convinse gli astanti a seguire la proposta degli Sciti. Parlò poi Istieo, il tiranno di Mileto, le cui parole inquadrano con chiarezza le forme di potere e dipendenza vigenti allora nella grecità micrasiatica: il tiranno milesio ricordò ai propri pari che era il Gran Re Dario ad assicurare loro il potere e la sovranità nella loro poleis e qualora fosse venuta a mancare la sua autorità i Greci avrebbero certamente espulso i tiranni e avrebbero preferito reggersi con regimi democratici. Il consesso dei generali greci scelse infatti di seguire l’opinione filo-persiana di Istieo e i Greci rimasero dunque fedeli agli ordini di Dario258. La critica tratta naturalmente il brano erodoteo con le giuste cautele in merito alla libertà compositiva dello storiografo, alla possibilità di Erodoto di disporre di testimoni e fonti relativi all’evento, all’uso dei discorsi nelle scelte stilistiche dell’autore259. Pur accettando queste valutazioni, è possibile preservare una ricostruzione storica secondo la quale, durante l’assenza dell’esercito persiano e del Gran Re, in un momento critico della campagna militare persiana, fra gli strateghi greci vi fu l’opportunità di mettere in discussione la loro aderenza ai progetti del Gran Re e personaggi di particolare levatura rappresentarono posizioni discordi al riguardo260. Alla luce delle parole di Istieo e delle premesse finora esposte, si mette in evidenza come le tirannidi elleniche in Asia Minore dipesero in maniera vitale dall’appoggio persiano; inoltre proprio le sproporzionate capacità del Gran Re assicurarono ai tiranni la loro posizione nelle rispettive poleis, annullando cioè sia la fisiologica contrapposizione politica locale interaristocratica, sia la necessità per il tiranno di godere di una misura di legittimazione presso i concittadini. Gli sviluppi della rivolta ionica (500-493) confermano questa ricostruzione poiché è evidente, tanto dalle fonti quanto nei giudizi della critica moderna, che quello fu 257 Hdt. IV 136s. Hdt. IV 137. BERVE 1967, pp. 85-88. 259 AUSTIN 1990; BURY 1897; GAZZANO 2002, pp. 10-24. 260 BURY 1897, p. 278; BLAMIRE 1949, p. 142; SEALEY 1973, p. 19; AUSTIN 1990, p. 291. 258 250 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi essenzialmente, e pur nelle variegate dinamiche regionali, un moto non solo anti-persiano, ma anche in egual misura anti-tirannico261. Il legame fra Dario e i tiranni si fondava sul rapporto di reciprocità secondo il quale il Gran Re garantiva la posizione di supremazia locale ai tiranni e questi, viceversa, garantivano l’adesione delle poleis alla politica dell’impero persiano. Associato a quest’obbligo morale della reciprocità, il quadro ideologico delle monarchie orientali prevedeva peraltro il comportamento secondo cui il sovrano ricambiava i sudditi fedeli con doni e ricompense e altrettanto gli atti di sedizione e tradimento con la repressione; entrambi erano proporzionati non solo e non tanto alle azioni dei sudditi, ma piuttosto alle capacità e alle possibilità sproporzionatamente superiori del monarca262. Anche su questo presupposto il legame di reciprocità dei tiranni con il Gran Re era de facto una forma di sudditanza di difficile solubilità. I tiranni favoriti da Dario I La relazione di reciprocità e soggezione, riconoscenza e dipendenza, che legava Dario e i tiranni ellenici è il criterio dunque con cui si deve identificare e caratterizzare la scelta compiuta da Erodoto nell’elencare le tirannidi degne di nota che parteciparono alla spedizione scitica: in questo senso dunque la selezione erodotea costituisce non solo una lista delle più notevoli tirannidi micrasiatiche, ma più specificamente un elenco di quei tiranni che nell’assemblea all’Istro votarono a favore della proposta di Istieo, fautori cioè di una politica filo-persiana, che rimasero allora fedeli a Dario; la considerazione di cui Erodoto tramanda essi godevano presso il Gran Re nasceva appunto in virtù e in conseguenza della fedeltà personale e politica dimostrata in quelle circostanze critiche263. Non sorprende dunque che Milziade II, pur menzionato nella narrazione di Erodoto dei fatti dell’Istro, ma in virtù della posizione antipersiana assunta nell’assemblea, non figuri in effetti nella sezione del testo relativa ai tiranni favoriti da Dario. Per alcuni di quei tiranni è possibile tracciare le conseguenze del contributo di fedeltà alla Persia e del favore presso Dario negli anni immediatamente successivi alla campagna scitica. Erodoto tramanda che, rientrato in Persia, Dario volle infatti ricompensare per le loro importanti euergesìai (le azioni favorevoli) Istieo di Mileto e Coes di Mitilene: invitò i due a corte e si impegnò a concedere loro l’approvazione per qualunque richiesta avessero fatto. 261 TOZZI 1978, pp. 44-52, 118-128, 134-143, 210-217; WALLINGA 1984, pp. 411-436; AUSTIN 1990, pp. 289-292; LURAGHI 1998, pp. 37-38; PANAINO 2001, pp. 84-93; ANDERSON 2005, pp. 210-215; MAZZARINO 2007, pp. 45, 237s. 262 LIVERANI 1994, p. 168-182; MITCHELL 1997, pp. 111-120; LURAGHI 1998, pp. 31-25; WIESEHÖFER 2003,pp. 43-45. 263 BLAMIRE 1959. 251 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Durante la spedizione in Scizia, Coes era stato soltanto lo strategòs del proprio contingente navale, ma già era stato apostrofato quale xènos dal Gran Re: cioè un ospite-onorario legato tramite un vincolo di amicizia personale. Dietro sua richiesta, Coes ottenne la tirannide di Mitilene. Istieo chiese e ottenne la possibilità di fondare e gestire una colonia in Tracia, a Mircino, presso il fiume Strimone; anche negli anni a seguire Istieo mantenne una relazione di amicizia, perfino intima, con Dario264. Riguardo al tiranno di Lampsaco, Ippoclo, si conserva conoscenza dell’esistenza di un legame preferenziale della sua famiglia con Dario; vero è che la notizia non lega il favore del Gran Re a cause o moventi specifici, eppure la presenza di Ippoclo fra gli strategòi fedeli all’Istro fornisce una circostanza appropriata da cui può avere avuto origine la gratitudine di Dario265. A Samo già Silosonte aveva ottenuto la tirannide con l’appoggio militare di Dario e aveva insieme posto l’isola sotto la soggezione dalla Persia266; il figlio e successore fu Eace II che figura preminentemente nelle vicende fra Greci e Persiani negli anni a cavallo fra il VI e il V secolo. Nel 513 Eace II è infatti il tiranno strategòs di Samo nella spedizione scitica e uno dei tiranni che all’Istro confermarono la fedeltà a Dario ottenendone il favore particolare267. Allo scoppio della rivolta ionica nel 499 Eace II fu dunque fra quei tiranni invisi ai concittadini che furono espulsi dalle proprie poleis; quando la rivolta giunse alla decisiva battaglia di Lade, nel 494, egli si adoperò con successo perché i Samii disertassero lo schieramento greco268. Quando il sommovimento dei Greci d’Asia Minore fu sedato, in riconoscenza degli alti meriti e dei servigi resi alla causa persiana, Eace II fu ricondotto dalla flotta persiana a Samo e restituito alla sua posizione di comando; in quel momento i Sami riconobbero esplicitamente nel ritorno di Eace II la rinnovata soggezione alla Persia269. In conclusione il meccanismo che accomuna tutti questi casi è quello di una relazione sia personale che politica fra il tiranno e il sovrano di Persia in osservanza della quale, in circostanze critiche, il tiranno rimase fedele all’autorità di Dario e apportò servigi vantaggiosi; in riconoscenza il Gran Re attribuì al tiranno considerazione particolarmente favorevole, contribuì al mantenimento della sua posizione nella polis e ne favorì gli obiettivi anche sul piano internazionale. 264 Hdt. V 11. BURY 1897, pp. 177-190; LATTIMORE 1939, p. 27; LURAGHI 1998, p. 26, n. 14, 31-38. Thuc. VI 59. CAMERON 1943, p. 313 n.22; AUSTIN 1990. 266 Hdt. III 120, 140. 267 Hdt. IV 138. 268 Hdt. VI 13s. 269 Hdt. VI 22, 25. WHITE 1954; BARRON 1964, in particolare pp. 210-211, 217-219; LA BUA 1978, pp. 39-50; TOZZI 1978, pp. 113-127; WALLINGA 1984; AUSTIN 1990, pp. 289-291, 295-306; ANDERSON 2005, pp. 210-215. 265 252 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi In virtù appunto dei vantaggi sul piano internazionale che Dario assicurò ai tiranni propri alleati, non solo l’impero persiano, ma anche i tiranni più strettamente associati alla corte achemenide sono da considerarsi soggetti attivi del sistema internazionale, soprattutto nella regione nordorientale dell’Egeo. Nella comprensione delle dinamiche che influenzarono e modificarono gli interessi internazionali di Ippia e di Milziade II è essenziale considerare da un lato l’azione della Persia, del Gran Re, dei satrapi o dei generali persiani, soprattutto per via delle vaste risorse e della imponente capacità militare; d’altro lato, la rete delle alleanze del Gran Re includeva anche i tiranni filo-persiani, ognuno dei quali perseguiva d’altronde in propri interessi internazionali. La conquista persiana della Tracia (513-512) La fallimentare conquista della Scizia si risolse in una disastrosa ritirata dalle terre oltre l’Istro e il Gran Re Dario fece ritorno in Persia; non terminò così però la campagna persiana in Europa poiché il Gran Re lasciò preciso ordine al persiano Megabazo, in qualità di stratego in Europa (στρατηγὸν ἐν τῇ Εὐρώπῃ), di sottomettere la Tracia e a tale scopo furono stanziati ai suoi ordini 80.000 soldati270. Megabazo conquistò Perinto sulla Propontide, polis che doveva essersi ribellata durante la campagna scitica; poi l’esercito persiano si spinse attraverso tutti i territori della Tracia muovendo sempre verso occidente e sottomettendo tutte le tribù dei Traci; particolarmente le zone costiere furono interessate dall’occupazione persiana271. L’avanzata persiana si spinse fino al fiume Axio che segnava il confine fra i territori della penisola Calcidica e il regno di Macedonia: qui le pratiche di deportazione conosciute presso le monarchie orientali furono messe a frutto per riassestare gli equilibri in maniera favorevole al consolidamento delle posizioni persiane272. Aminta il sovrano di Macedonia ricevette gli emissari persiani consegnando terra e acqua, da intendersi in senso lato come segno della sua alleanza, o soggezione, nei confronti del potere del Gran Re di Persia273. Gli specialisti di orientalistica riconoscono nella conquista dei territori della Tracia e della Macedonia l’istituzione in quel momento della nuova satrapia di Skudra274. È in vista di una strategia di conquista della Tracia e dello sfruttamento delle risorse minerarie della regione che si devono 270 Hdt. IV 143.1. BERVE 1967, pp. 85-88. Hdt. V 10. 272 Hdt. V 1s., 12.1, 14, 17.1, DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 51s. sugli elementi fluviali del territorio in qualità di segno confinario; FOL-HAMMOND 1988, soprattutto pp. 241-246. 273 Hdt. V 17s. OLMSTEAD 1939, p. 308-312; GERNET 1983, pp. 168-170; MITCHELL 1997, pp. 111-120. 274 OLMSTEAD 1939, p. 308; OLMSTEAD 1982, pp. 79-94; FOL-HAMMOND 1988, pp. 236-250; PANAINO 2001, pp. 91s. 271 253 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi intendere i moventi della conquista ordinata a Megabazo; le medesime considerazioni fondarono chiaramente la concessione della colonia sul fiume Strimone ad Istieo di Mileto275. Fig. 8: Persepoli, rilievo dell’Apadana, probabile processione dei Traci <www.livius.org> Otane e la riconquista delle poleis elleniche anti-persiane (512-511) L’anno successivo, nel 512, il comando del contingente in Europa fu affidato al persiano Otane276. Il nuovo stratego d’Europa reclutò un contingente navale a Lesbo, certamente facendo leva sull’autorità locale del tiranno di Mitilene Coes che, si è visto, aveva da poco imposto il proprio potere proprio per concessione di Dario; con le navi lesbie Otane procedette a sottomettere Bisanzio e Calcedone all’imbocco del Bosforo; poi in Troade fu conquistata Antandro; l’anno successivo, nel 511, le operazioni navali incorporarono alla Persia le strategiche isole di Lemno e Imbro. Al governo di Lemno Otane pose il greco Licareto, già associato alla gestione del potere tirannico di Samo negli anni precedenti277. Erodoto definisce Licareto un hýparchos, utilizzando cioè un termine attestato per figure di governatori facenti parte dell’apparato amministrativo persiano: questa scelta lessicale, piuttosto che quella del termine týrannos, è indice significativo e storicamente rilevante della nuova condizione di dipendenza con cui i poteri autocratici della grecità micrasiatica si erano sottoposti all’autorità e alla protezione del Gran Re278. Erodoto tramanda la notizia della fedeltà pressoché unanime dei tiranni ellenici al potere di Dario durante la campagna in Scizia; nondimeno, le missioni di Otane contro le poleis 275 BLAMIRE 1959; BURY 1897; FOL-HAMMOND 1988, pp. 235-248. Hdt. V 25s. 277 Hdt. III 143, V 27. FERNANDEZ NIETO 1975, n. 86 pp. 200s.; CULASSO GASTALDI 2011, pp. 116-118. 278 Si vedano le attestazioni del termine hýparchos usate sia in riferimento a Greci che a dignitari persiani: Hdt. V 20, 25. VII 26, 33, 194, IX 116. BERVE 1967, pp. 85-88; WALLINGA 1984, pp. 411-436; AUSTIN 1990; LURAGHI 1998, p. 22; ANDERSON 2005, pp. 211-213. 276 254 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi elleniche rivelano che fra i Greci sudditi della Persia era diffusa anche una tendenza di segno contrario, anti-persiana. Erodoto trasmette le ragioni dell’intervento di Otane: il generale persiano accusava alcuni di avere disertato la spedizione contro la Scizia, altri erano accusati di avere molestato l’esercito di Dario durante la ritirata dalla Scizia279. Le circostanze delineate nella fonte, la repressione di Otane e la cronologia di questi fatti collimano con la posizione dissidente assunta da Milziade II all’Istro. La spedizione di Dario in Scizia si era conclusa con un pericoloso e drammatico fallimento che poteva cogliersi come il segno che anche l’esercito persiano non era invincibile; dal punto di vista politico l’episodio presso l’Istro aveva messo a nudo l’esistenza di un disaccordo fra i tiranni alleati del Gran Re in merito all’opportunità di rimanere sotto la protezione persiana, anche se non giunse ad una crisi decisiva e al distacco del contingente ellenico. Dario rientrò in Asia con parte dell’esercito, mentre il contingente europeo al comando di Megabazo si spinse progressivamente verso le regioni occidentali della Tracia. In questo contesto e in quel momento dunque le poleis che si sentivano più lontane dal pericolo persiano, appunto nelle regioni della Propontide e dell’Ellesponto, si dissociarono da Dario e dal giogo dei tributi dovuti alla Persia280. Le operazioni militari di Otane e le esplicite notizie recepite da Erodoto al riguardo rivelano appunto la necessità per il nuovo generale persiano delle regioni europee di riassestare il dominio achemenide sui confini nordoccidentali dell’impero281. La narrazione erodotea ricorda infine esplicitamente che a conclusione di questi eventi perdurò un breve periodo in cui non sorsero difficoltà per i Greci d’Asia282; per poco più di un decennio cioè, dal 511 al 500, le relazioni fra poleis greche micrasiatiche e impero persiano rimasero pacifiche, certo sotto il minaccioso controllo del potere e della potenza persiana e dei tiranni dipendenti, fino allo scoppio della rivolta ionica. Il nuovo sistema internazionale dell’egemonia persiana: il contesto per le scelte di Ippia e Milziade II nell’ultimo quarto del VI secolo La storia fino a qui tracciata segna essenzialmente un processo che vide l’imposizione del potere persiano sulle aree di insediamento e, più in genere, di interesse dei Greci in Asia e in Tracia nel corso della seconda metà del VI secolo: si tratta dunque di un fenomeno ineludibile per la comprensione della politica internazionale delle tirannidi elleniche283. 279 Hdt. V 27.2. BURY 1897, p. TOZZI 1978, p. 127; OLMSTEAD 1982, pp. 89-102. 281 Hdt. V 27. 282 Hdt. V 28. 283 BERVE 1967, pp. 85-88. 280 255 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Il sopraggiungere del potere persiano nelle aree elleniche comportò conseguenze sia sul piano locale che su quello internazionale per i cittadini e i governanti delle poleis. I Greci, pur rimanendo polìtai delle proprie città-stato, divennero anche sudditi del Gran Re e ai loro governanti fu richiesto di diventare membri dell’apparato amministrativo achemenide: la reazione a questo cambiamento tanto istituzionale quanto culturale informa il modo in cui le poleis, insieme e singolarmente, parteciparono del sistema internazionale su cui era egemone la Persia. Gli eventi discussi mostrano come l’adeguamento della prospettiva internazionale presso i Greci e i tiranni fu problematico, dinamico e non univoco: la storia della spedizione scitica, delle conquiste di Megabazo e di Otane e successivamente della rivolta ionica mostrano una varietà di esiti per i tiranni di quelle regioni e una varietà di posizioni nelle relazioni con il Gran Re. Conseguenza cruciale fu lo spostamento delle tirannidi entro una forma di clientelismo verso il sovrano di Persia, invisa però ai concittadini delle loro stesse poleis. Per comprendere il sistema internazionale a cui afferivano le famiglie tiranniche ateniesi nell’ultimo quarto del VI secolo diventa imprescindibile prendere atto dell’espansione dell’impero persiano in Europa, cioè in Ellesponto e in Tracia284. Si è riconosciuta infatti una serie di interessi strategici ateniesi proprio nell’area dell’Egeo nordorientale: la colonia di Sigeo in Troade, la colonia in Chersoneso Tracico, l’accesso alla rotta marittima attraverso l’Ellesponto e verso il Ponto Eusino. Direttamente interessate furono perciò le comunità dei coloni ateniesi là stanziati che dovettero necessariamente accettare l’annessione persiana; indirettamente però anche la stessa Atene risentì delle modificazioni che avvenivano in Ellesponto. Le parole di Milziade II all’Istro, nella misura in cui si voglia accettarne il grado di storicità, segnalano la delusione del tiranno per la dipendenza in cui egli e la sua comunità dovevano versare nei confronti della Persia. Come Milziade II, anche i Pisistratidi stanziati a Sigeo dovettero adeguarsi a fare riferimento al Gran Re per le questioni relative alla politica estera; con la conquista della Tracia da parte di Megabazo si è ricostruito inoltre che i Pisistratidi persero il controllo dell’insediamento minerario sul fiume Strimone, regione peraltro ambita anche dai tiranni di Mileto e dallo stesso strategòs persiano. Le scelte operate da Milziade II e da Ippia segnano due percorsi diversi che giunsero infine ad essere opposti uno all’altro. Il primo, fin dal discorso all’Istro, progettò il distacco e l’indipendenza del Chersoneso Tracico dall’impero persiano e perseguì attività di matrice anti-persiana compromettendosi al punto da dover abbandonare infine gli insediamenti familiari e rientrare ad Atene nel 493. Viceversa Ippia colse nell’espansione del potere di Dario la necessità di adeguarsi e ritagliare 284 TOZZI 1978, pp. 125s., 160-163. 256 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi per la sua famiglia una posizione entro la rete di alleanze personali del sovrano di Persia e man mano che, nel corso degli anni, i suoi referenti internazionali in Grecia vennero a mancare egli andò avvicinandosi alla corte persiana. È dunque un caso emblematico della storia il fatto che la battaglia di Maratona vide Milziade e Ippia fronteggiarsi infine da due schieramenti opposti, rispettivamente quello ateniese e quello persiano: tanto il conflitto quanto la posizione dei due tiranni nel 490 sono l’esito finale dei processi storici che si stanno ora analizzando. V.5.5. Milziade II alleato di Dario durante la Spedizione Scitica (513) I Filaidi, si è ricostruito, potevano vantare un rapporto personale favorevole con la dinastia dei Mermandi che regnò in Lidia fino al 546: in virtù dell’alta considerazione in cui Creso teneva Milziade I il re di Lidia intervenne per la liberazione del tiranno del Chersoneso Tracico quando questi fu catturato dai Lampsaceni nel corso del conflitto scoppiato fra questi ultimi e i coloni ateniesi. L’analisi di quelle circostanze ha portato a concludere che fra Milziade I e Creso veniva in effetti riattivata una relazione di ospitalità interfamiliare che i due avevano essi stessi ereditato dalle precedenti generazioni285. In merito ai contatti fra la tirannide dei Filaidi in Chersoneso Tracico e l’impero degli Achemenidi, la prima attestazione di cui si dispone presenta Milziade II come uno dei tiranni strategòi che condussero il contingente navale ellenico nella spedizione scitica di Dario, nel 513. Quando i comandanti greci discussero la proposta degli Sciti di distruggere il ponte di barche e tagliare così l’unica via per la ritirata di Dario dalla Scizia, fu Milziade II l’esponente che parlò a favore della proposta degli Sciti, con il proposito di assicurare alla Ionia e ai Greci d’Asia la libertà dalla Persia286. Esiti svantaggiosi per i Filaidi nella fine del regno di Lidia dei Mermnadi Le fonti sono d’altronde mute in merito ai contatti fra Filaidi e impero persiano per tutto il periodo precedente, sulla reazione cioè di Milziade I di fronte al sopraggiungere della Persia e degli Achemenidi quale nuovo potere egemonico in Anatolia. Se è però attendibile l’ipotesi di un’alleanza dei Filaidi con i precedenti sovrani di Lidia della dinastia dei Mermnadi, la caduta di Sardi nel 546 e la conseguente fine del regno lidio di fronte alla conquista di Ciro il Grande dovettero segnare un momento drammatico nel quadro del sistema internazionale conosciuto da Milziade I. La conquista persiana della Lidia potrebbe avere determinato persino una fase di crisi per la rete di alleanze internazionali dei Filaidi, ovvero un momento di debolezza 285 286 Hdt. VI 37s. Vd. supra, pp. 203ss. Hdt. IV 137. 257 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi diplomatica per la tirannide dei Filaidi in Chersoneso, poiché venne allora a mancare un alleato che era stato a loro favorevole e che si era infatti già dimostrato capace di influenzare a loro favore il comportamento delle poleis della regione dell’Anatolia nordoccidentale. Un’ipotesi per l’istituzione dei contatti fra Milziade II e Dario Come tutti i tiranni e i poteri politici dell’Asia Minore, anche i Filaidi trovarono una nuova collocazione entro il quadro dei soggetti politicamente attivi e dei funzionari dell’impero achemenide. Nonostante i legami con i precedenti sovrani di Lidia, o forse in virtù di essi, Milziade I e i suoi successori riuscirono ad entrare in contatto con il Gran Re di Persia. La storiografia non fornisce assolutamente dati in merito alle modalità con cui la tirannide filaide del Chersoneso venne in contatto con i sovrani achemenidi: si possono nondimeno proporre alcune riflessioni e alcune congetture in base alla contestualizzazione storica più appropriata per l’istituzione di quelle relazioni, in base ai modelli storici finora elaborati. Nel 520 ca. morì Stesagora che aveva tenuto la tirannide in Chersoneso Tracico e Milziade II giunse velocemente da Atene con una trireme per raccogliere la gestione degli affari familiari e pubblici della tirannide. Al suo arrivo in Chersoneso Milziade II dovette affrontare l’avversione della classe aristocratica locale al potere tirannico della sua famiglia: si è ricostruita infatti la vicenda che lo portò a distaccarsi dall’aristocrazia ellenica delle poleis del Chersoneso, ad assumere un controllo tirannico più violento e repressivo, a trasferire perciò la sua base di consenso sociale sulla componente tracia e a trovare un nuovo alleato locale nel re dei Traci Oloro287. Essenzialmente dunque si è identificata nel potere di Milziade II la fase di involuzione tirannica del governo filaide sul Chersoneso Tracico e la perdita della legittimazione al suo potere da parte dei concittadini288. Secondo il suddetto modello storico, questo quadro della politica locale risponde perfettamente alle esigenze che spinsero, in genere, le tirannidi a ricercare non più entro la propria polis, ma piuttosto nello scenario internazionale nuovi alleati potenti che con mezzi diplomatici, militari ed economici superiori assicurassero il loro potere indipendentemente dall’avversione aristocratica all’interno della loro comunità. Come si è esposto, questo è il modello di comportamento che segnò l’inserimento delle tirannidi micrasiatiche sotto la protezione dei sovrani di Persia289. Contemporaneamente all’arrivo di Milziade II in Chersoneso Tracico, in Persia Dario I era salito al trono, nel 521, e andava riassestando il potere 287 Hdt. VI 38s. Vd. supra, pp. 228ss. 289 ANDREWES 1958, pp. 116-127; TOZZI 1978, pp. 118-124; OLMSTEAD 1982, pp. 79-102; BURN 1985, pp. 295296; GRAF 1984, pp. 15s.; AUSTIN 1990, pp. 289-292, 295, 306; LURAGHI 1998; WIESEHÖFER 2003, pp. 28-71; ANDERSON 2005, pp. 209-218. 288 258 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi del Gran Re sui territori dell’impero: queste circostanze mi paiono particolarmente appropriate per contestualizzare l’avvio di una relazione di alleanza reciproca personale fra Milziade II e Dario e, per estensione, una condizione di dipendenza dell’insediamento coloniale ateniese in Chersoneso Tracico dall’impero persiano. Milziade II si trovò cioè nella necessità di rinsaldare il proprio potere tirannico contro le aspirazioni della classe politica locale, e dovette allora pensare di rivolgere i propri contatti diplomatici alla corte di Susa, come altri tiranni e Greci avevano già fatto con successo (si consideri il caso di Silosonte di Samo, nel 520 ca.290). Dario I, da poco salito al trono, dovette dal canto suo scorgere nell’alleanza con Milziade II la possibilità di acquisire la fedeltà di una famiglia da tempo instaurata in Ellesponto e già riconosciuta come un valido alleato dai precedenti sovrani di Lidia. È possibile dunque che Dario abbia fornito risorse o ricchezze necessarie a Milziade II per reprimere l’opposizione dell’aristocrazia locale chersonesita e che dunque Milziade II si sia da quel momento ritrovato in debito verso il Gran Re; anzi, la sua stessa posizione di comando autocratico in Chersoneso Tracico può essere dipesa dall’intervento persiano. Se questa ricostruzione è valida, la relazione fra Milziade II e Dario si limitava ad una alleanza personale, un vincolo di reciprocità fra due individui; d’altro canto le ricadute sul piano politico e interstatale dipendevano dalle loro posizioni di comando nelle rispettive realtà politiche. La relazione tra l’insediamento coloniale ateniese del Chersoneso Tracico e l’impero persiano potrebbe essere rimasta esclusa, o potrebbe essere rimasta piuttosto informale, perlomeno fino all’epoca del passaggio persiano in Europa, cioè oltre l’Ellesponto, nel 513. Si tratta dunque di una relazione in parte diversa da quanto si è analizzato nel ricostruire il modello storico delle tirannidi elleniche micrasiatiche entro la compagine imperiale achemenide: nel caso dei territori dell’Asia Minore, il tiranno era legato al sovrano achemenide con un vincolo di reciprocità e d’altro canto la polis era a tutti gli effetti un territorio dell’impero persiano, dunque obbligata a fornire tributi e leva militare e a rispettarne le direttive politiche. Diversamente, per il Chersoneso Tracico è necessario considerare che l’impero persiano non poteva certamente esercitare la propria autorità politica diretta su di un territorio che si trovava oltre l’Ellesponto, in Europa. L’alleanza fra Milziade II e Dario prevedeva naturalmente lo scambio di doni e favori reciproci: Dario potrebbe dunque avere contribuito a fornire le risorse necessarie a Milziade II per conservare il potere tirannico; Milziade II dal canto suo disponeva di risorse economiche e militari infinitamente minori di quelle del Gran Re e aveva dunque limitati mezzi per rispettare 290 Hdt. III, 139-141, 144-149. GERNET-HAMILTON-NAGY 1981, pp. 100s.; ANDERSON 2005, pp. 209-220. 259 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi l’obbligo morale a ricambiare il dono del proprio ospite. Perché l’alleanza fra i due fosse vantaggiosa anche per Dario, Milziade II non poté fornire altro che la sua lealtà: avrebbe dunque associato da quel momento il suo operato in campo internazionale al rispetto delle necessità e delle richieste di Dario e della Persia. Passando per il ruolo direttivo di Milziade II in Chersoneso Tracico, Dario poté naturalmente aspettarsi che il tiranno estendesse la dipendenza personale che li legava individualmente anche entro le rispettive pertinenze statali291. In sostanza, seppure il Chersoneso rimanesse estraneo all’Asia e ai territori persiani, Dario poté associare quel territorio e le sue entità politiche entro l’area di influenza della Persia tramite l’alleanza personale che il Gran Re strinse con il tiranno Milziade II. In questo senso infine si può rendere conto del contributo di navi e uomini fornito dal Chersoneso Tracico, sotto il comando di Milziade II, per la spedizione scitica di Dario nel 513. Obiezioni alla storicità dei discorsi all’Istro La critica ha avanzato significative cautele sia sulla cronaca di Erodoto della spedizione scitica di Dario I, sia specificamente sulla sua versione dell’assemblea dei tiranni greci all’Istro. Da un lato infatti lo storico dimostra di avere avuto a disposizione ottime fonti che permisero di conoscere approfonditamente la regione e l’etnografia degli Sciti, ma per altro verso la cronaca della campagna militare risente di numerose approssimazioni e di punti poco limpidi relativamente alle sezioni sui combattimenti fra Persiani e Sciti oltre l’Istro292. La storiografia moderna ha criticato la notizia della mozione anti-persiana attribuita a Milziade II come un elemento della narrazione artefatto, o perlomeno non storicamente attendibile, prodotto da informatori di parte filaide. È un problema infatti ricorrente e già constatato nella ricostruzione delle vicende relative alla tirannide dei Filaidi quello di riconoscere nelle notizie preservate elementi inventati o travisati di proposto dagli informatori ateniesi filo-filaidi nell’ambito della revisione operata dalla famiglia sulla propria storia tirannica in occasione del processo, appunto per tirannide, a cui Milziade II fu sottoposto nel 493 al suo rientro in patria293. Esistono significative circostanze contestuali e storiche che potrebbero avere incoraggiato i Filaidi a fabbricare questo discorso di matrice filellenica, anti-persiana e anti-tirannica, a favore della libertà della Ionia. L’anno precedente il rientro ad Atene dei Filaidi, i contingenti ellenici avevano subito la sconfitta nella battaglia di Lade e Mileto aveva subito una tragica ed esemplare punizione ad opera dei Persiani294. Nel quadro di un’opinione pubblica ateniese 291 HERMAN 1987, pp. 31-34, 43-45, 73-106, 118-122; AUSTIN 1990, pp. 289-292, 295-306; MITCHELL 1997, pp. 23-30, 54-55, 71, 111-120, 131-133; LURAGHI 1998, pp.24-45. 292 FOL-HAMMOND, 1988, pp. 235-243; WEST 2002. 293 AUSTIN 1990, pp. 289-291, 295-306.; BURY 1897. 294 Hdt. VI 18-22. 260 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi scossa e addolorata, il discorso attribuito a Milziade II da Erodoto avrebbe potuto contribuire a dissociare i Filaidi da una scomoda alleanza con la Persia e con Dario, ovvero a caratterizzare il loro comando in Chersoneso in modo diametralmente opposto alle tirannidi micrasiatiche espulse dagli Ioni nella rivolta del 499; soprattutto le parole attribuite a Milziade II nei fatti del 513 suonano come un’anticipazione del pensiero anti-tirannico e anti-persiano che portò i Greci d’Asia a unirsi per scuotere il giogo persiano nel 499295. Ci si può interrogare in merito a quanto apertamente o esplicitamente Milziade II dimostrò la propria opinione nell’assemblea dell’Istro, sulla circolazione che poterono avere le sue parole, sia nel 513 che negli anni successivi e fino alla loro acquisizione da parte di Erodoto a metà del V secolo. Le obiezioni avanzate sulla storicità dei fatti fanno notare che Dario non sembrerebbe avere tenuto in grande considerazione il tentativo di sedizione di Milziade II poiché, se da un lato ricompensò la fedeltà di Istieo e di Coes, d’altro canto non si conservano narrazioni esplicite in merito a decisioni punitive contro Milziade II296. Se la notizia dell’assemblea dei tiranni e della posizione assunta da Milziade II giunse fino ad Erodoto nel V secolo, difficilmente non sarebbe però giunta all’attenzione del Gran Re durante le operazioni in Europa. Ricostruzione della storicità dei fatti dell’Istro Nonostante le obiezioni sopra esposte non mi pare vi siano motivi sufficienti per dubitare della storia tramandata da Erodoto al punto da considerare la narrazione dei fatti dell’Istro come un’invenzione e dunque eliminare del tutto queste circostanze dalla ricostruzione storica. Una serie di fattori si assomma per contribuire alla ricostruzione, a mio avviso sicura, del fatto che una qualche sorta di incidente di natura sediziosa dovette avere luogo fra i Greci che presiedevano il ponte sull’Istro nel 513297. In primo luogo è chiaramente attestata, oltreché naturale, l’esistenza di un sentimento e di una strategia anti-persiana fra i Greci coinvolti dall’espansione persiana in Europa: quando Otane prese il comando delle operazioni in Europa, nel 512, egli dovette procedere a conquistare le poleis di Calcedone, Bisanzio, Antandro e Lamponio poiché queste, durante o poco dopo la spedizione scitica di Dario, si erano opposte alle operazioni del Gran Re298. Questo dato è da considerarsi come il segno sicuro del fatto che esistevano delle poleis che, nel 513-512, intervennero attivamente contro la Persia: la linea politica anti-persiana e libertaria e 295 Sulla reazione degli Ateniesi alla tragedia di Frinico sulla presa di Mileto: Hdt. VI 21. BURY 1897, p. 278. 297 BURY 1897; ISAAC 1986, pp. pp. xi-xiv, 40-51 298 Hdt. V 25-27. 296 261 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi la scelta strategica di operare nel momento delicato della campagna scitica dimostrate, nei fatti, da questo gruppo di poleis sono le medesime che si riscontrano, d’altro canto, nella retorica del discorso di Milziade II all’Istro. È inoltre significativo che si tratti di un gruppo di poleis tutte afferenti all’area strategica dell’Ellesponto e della Propontide entro cui si può collocare appunto anche il Chersoneso Tracico: dunque le classi di governo di quelle poleis e Milziade II condividevano i medesimi interessi internazionali e regionali, le medesime strategie e le medesime considerazioni rispetto al potere persiano. È verosimile che l’iniziativa, o perlomeno la posizione politica, di queste poleis fosse nota ai tiranni riuniti all’Istro e che i progetti di intervento e la capacità politica e militare di queste poleis abbiano costituito un elemento di considerazione e valutazione durante i dibattiti nell’assemblea dei tiranni: la proposta antitirannica di Milziade II fece cioè probabilmente riferimento a questo elemento strategico nel tentare di convincere gli astanti. È noto che a conclusione della campagna scitica Dario premiò Coes di Mitilene e Istieo di Mileto per i servizi da loro resi alla causa persiana299. La gratitudine di Dario non si spiegherebbe se non si fosse verificato un qualche incidente fra i Greci in virtù del quale l’intervento appunto di questi due tiranni contribuì in qualche modo alla salvaguardia degli interessi di Dario e della Persia. Se il contingente ellenico fosse rimasto fedele non si intenderebbe altrimenti quale posizione speciale Coes e Istieo avrebbero guadagnato rispetto ai loro pari. Altresì, se i discorsi di Milziade II e Istieo fossero un’invenzione letteraria erodotea, Dario non avrebbe avuto motivo per premiare Istieo con la fondazione di Mircino in Tracia300. Sul piano delle operazioni strategiche, dunque, Otane punì le poleis che si ribellarono e parimenti sul piano della diplomazia aristocratica Dario premiò i tiranni che rimasero a lui fedeli. Si è obiettato contro la veridicità storica di Erodoto notando che Milziade II non avrebbe subito ritorsioni in seguito alla sua dissidenza all’Istro, a differenza appunto delle poleis prese d’assalto da Otane nel 512; ritengo invece che si possano identificare le circostanze successive al 513 in cui il potere persiano rivolse il proprio intervento contro il Chersoneso Tracico. La narrazione erodotea offre infatti un passaggio di difficile lettura e interpretazione che testimonia nondimeno, proprio per gli anni fra la spedizione scitica e la rivolta ionica; la necessità per Milziade II di abbandonare, forse a più riprese, il Chersoneso301. L’attacco persiano giunse poi effettivamente nel 493 e Milziade II decise allora di fuggire ad Atene: il movente per 299 BLAMIRE 1959. EVANS 1970. 301 Hdt. VI 40. SEALEY 1973, p. 19; ISAAC 1986, pp. pp. xi-xiv, 40-51; AUSTIN 1990, p. 291. Vd. infra, pp. 266ss. 300 262 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi l’intervento è da contestualizzarsi in primo luogo nei disordini della rivolta ionica, nondimeno lo stesso Erodoto lo interpreta come una ritorsione per la dissidenza all’Istro302. La posizione anti-persiana che Milziade II esprime nella narrazione di Erodoto in occasione dell’assemblea all’Istro è peraltro coerente con la condotta seguita negli anni successivi durante la rivolta ionica, ovvero con la conquista di Lemno e Imbro, che può interpretarsi essenzialmente in funzione antipersiana303. Dal punto di vista strategico, il Chersoneso Tracico sembra essere stata una posizione favorevole e difendibile tanto da giustificare il ritardo della ritorsione persiana: già Milziade I aveva fortificato la strettoia all’imbocco della penisola e nemmeno durante la repressione della rivolta ionica la flotta fenicia riuscì a conquistare tutti i porti chersonesiti304. In conclusione ritengo che il quadro fornito da Erodoto delle opinioni politiche e strategiche dei tiranni greci durante la spedizione scitica sia da accettarsi come una valida testimonianza storica. Valide sono le obiezioni contro un’accettazione letterale della versione erodotea e contro una caratterizzazione estremizzata dei propositi antipersiani attribuiti a Milziade II; d’altronde i momenti, i protagonisti e le posizioni politiche della vicenda sono storicamente attendibili e risultano coerenti con il contesto storico e con gli interessi in gioco in quel momento. Si può disconoscere che il punto in discussione nell’assemblea fosse effettivamente la rottura del ponte di barche all’Istro e forse finanche la proposta di disertare l’esercito persiano. Il tema del taglio del ponte di barche è peraltro ripetuto a distanza piuttosto ravvicinata nella narrazione erodotea in contesti diversi e con moventi inverosimili305. Di taglio letterario sono anche una serie di altri dettagli del racconto: ad esempio le istruzioni del Gran Re di attendere il suo ritorno per 60 giorni e altrimenti lasciare l’Istro senza di lui306. In questo senso, è indubbiamente in azione nelle parole attribuite a Milziade II una componente di invenzione letteraria: è dunque necessario ammettere di non poter giungere ad una ricostruzione storica esatta di quanto avvenne fra i Greci all’Istro. È fuori di dubbio d’altronde che fra i Greci incorporati nell’impero persiano esistessero opinioni numerose e diverse in merito alla posizione da adottare nei confronti del potere persiano, che potevano variare sia da polis a polis, in ragione delle posizioni geografiche e degli interessi strategici, sia in base ai diversi gruppi sociali all’interno delle singole poleis: le parole 302 Hdt. VI 41. SEALEY 1973, p. 19; A ISAAC 1986, pp. pp. xi-xiv, 40-51; AUSTIN 1990, p. 291; MAZZARINO 2007, pp. 238-243. 303 Hdt. VI 136, 140. COX 1876, p. 69. 304 Hdt. VI 33, 37. WALLINGA 1984, pp. 411-436; ISAAC 1986, pp. pp. xi-xiv, 40-51; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 46, 234-240 sul significato territoriale del sistema difensivo di Milziade I. 305 Hdt IV 97. 306 Hdt. IV 98. 263 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi attribuite a Milziade II e ad Istieo rappresentano le posizione estreme ed opposte. La conclusione che mi pare corretto seguire ammette dunque che durante la spedizione scitica di Dario si sia verificato un moto di dissidenza e distacco fra i sudditi greci dell’impero, sia fra le poleis dell’area della Propontide ed Ellesponto, sia fra i generali ellenici del contingente navale all’Istro307. Il contributo greco alla spedizione scitica fu certo significativo: perciò, quando sopraggiunsero difficoltà serie nella ritirata persiana dalla Scizia, è verosimile che i tiranni greci si siano interrogati sulla possibilità di sfruttare in modo per loro vantaggioso tale situazione. Certamente entrò in discussione l’opportunità per quel gruppo di élite di rimanere o meno fedeli agli impegni personali e politici che li legavano al Gran Re e viceversa l’opportunità di appoggiare il moto di ribellione che le poleis di Calcedone, Bisanzio, Antandro e Lamponio avevano avviato o erano in procinto di avviare. Se pure la narrazione erodotea non può prendersi alla lettera per ricostruire la parole e le azioni di Milziade II e Istieo, non è però da mettere in dubbio che i due tiranni furono coinvolti in decisioni drammatiche e cruciali per l’esito delle conquiste della Persia in Europa; è un dato da conservare inoltre il fatto che uno e l’altro assunsero posizioni fra loro opposte: quella di Istieo era di carattere filo-persiano e quella di Milziade filellenica, se non anti-persiana308. Le ragioni della posizione antipersiana di Milziade II Fra i soggetti legati a Dario I, proprio Milziade II è particolarmente suscettibile di avere assunto una posizione se non anti-persiana certamente indipendentista. Si è visto come la tirannide filaide in Chersoneso rispondesse non solo agli interessi di potere personale della famiglia, ma anche alle necessità strategiche internazionali di Atene stessa, in quanto il Chersoneso Tracico assicurava una rotta commerciale fino all’area del Ponto Eusino. Con l’espansione in Europa della Persia e dunque l’incorporamento della Propontide e dell’Ellesponto e della Tracia nell’impero persiano, Atene rischiava di vedere compromessi gli interessi che manteneva in quell’area, a favore dei sudditi ellenici delle poleis ioniche. Milziade II dovette dunque certamente considerare svantaggioso per gli interessi della madrepatria la creazione nella Propontide di un mare persiano309. Come si è anticipato, il Chersoneso Tracico godeva di una posizione strategica che Milziade II può avere considerato particolarmente vantaggiosa nell’eventualità di un attacco persiano: in virtù della relativa sicurezza e difendibilità dei suoi insediamenti Milziade II poté 307 TOZZI 1978, p. 127; ISAAC 1986, pp. pp. xi-xiv, 40-51. BURY 1897; BLAMIRE 1959; EVANS 1970. Sulla vexata quaestio dell’attendibilità di Erodoto e sul carattere dei discorsi diplomatici in Erodoto, v: GAZZANO 2002, pp. 10-24. 309 WADE-GERY 1951, p. 116-119; BERVE 1967, pp. 85-88; TOZZI 1978, pp. 125s. 308 264 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi parlare coraggiosamente all’Istro310. Il Chersoneso si trova infatti in Europa, oltre il braccio di mare dell’Ellesponto che lo separa dall’Asia; nel 513 era chiaro inoltre ai tiranni che Dario doveva affidarsi appunto ai Greci per valicare l’Ellesponto, o il Bosforo, nonché per la navigazione. Alla luce di queste considerazioni strategiche e geografiche Milziade II poteva ritenersi al di fuori dell’ambito di intervento dell’immenso esercito terrestre che l’impero achemenide poteva coscrivere in Asia. Ancor più al sicuro sarebbero stati gli insediamenti europei di Milziade II se egli fosse riuscito a portare dalla sua parte anche gli altri tiranni ellenici e dunque a togliere al Gran Re la sua flotta. A discapito delle considerazioni che qui si attribuiscono a Milziade II, è vero che la Persia disponeva già nel 513 delle capaci flotte di Cipro e della Fenicia: nondimeno si ribadisce che Milziade II e i Greci, se pure ne erano a conoscenza, certamente non potevano comprendere la portata e la capacità della flotta asiatica; piuttosto, nel 513, i tiranni constatavano di ricoprire un ruolo cruciale nelle strategie marittime e fluviali persiane. È vero anche che nel corso della rivolta ionica fu proprio la capacità marittima dei Greci l’elemento a loro favore e che il Gran Re mise in campo un capace flotta persiana solo nella battaglia di Lade e poi nelle ultime fasi della repressione311. Di importanza strategica rimanevano inoltre le fortificazioni sull’istmo erette da Milziade I che avrebbero protetto il Chersoneso Tracico dagli attacchi provenienti dal continente europeo312. Come si è già ricordato, la storia familiare dei Filaidi li associava alla dinastia dei monarchi lidi Mermnadi: il fatto che gli Achemenidi avessero conquistato la Lidia ed eliminato uno degli alleati personali dei Filaidi può, a mio avviso, essere stato un ulteriore motivo perché Milziade II non stimasse la relazione a cui Dario lo legava. In conclusione la ricostruzione che mi pare più corretto seguire per comprendere la posizione di Milziade II nei confronti dell’impero persiano è quella di un tiranno che era diventato un alleato personale del Gran Re nelle prime fasi del suo potere, i cui territori erano sottoposti ad una pressione coercitiva territoriale inferiore a quella che manteneva leali gli altri strategòi ellenici della spedizione scitica313. La conquista dei territori europei da parte della Persia venne dunque a ledere la libertà politica di cui Milziade II aveva fino a quel momento goduto, mise in pericolo le pertinenze territoriali dei Chersonesiti e la sicurezza della penisola, 310 ISAAC 1986, pp. 16-20, 33s., 146-148, 163-174; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 46, 234-240 sul sistema difensivo che Milziade I aveva edificato sull’istmo. 311 Hdt. V 108s., VI 6, 14, 25, 28, 33, 41. SEALEY 1973, p. 19; WALLINGA 1984, pp. 411-436; ISAAC 1986, pp. pp. 16-20, 33s., 146-148, 163-174; AUSTIN 1990, p. 291. 312 Hdt. VI 37. ISAAC 1986, pp. pp. 16-20, 33s., 146-148, 163-174. 313 ISAAC 1986, pp. pp. 16-20, 33s., 146-148, 163-174. 265 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi infine venne ad intaccare la libera disponibilità commerciale dei naviganti che giungevano in Ellesponto dalla madrepatria314. A compensazione di questi pesanti svantaggi Milziade II non aveva alcun ulteriore privilegio o prospettiva, a differenza invece delle prospettive che muovevano gli altri tiranni delle poleis micrasiatiche della Ionia: per questi l’espansione persiana in Europa avrebbe significato un ampliamento dell’areale politico e dunque commerciale della loro influenza e la conquista della nuova satrapia di Tracia avrebbe aperto possibilità di ricollocamento politico e geografico e opportunità di sfruttamento economico (come fu per Istieo). Per Milziade II l’espansione persiana in Europa avrebbe invece comportato la presenza dell’esercito del Gran Re alle porte del Chersoneso e l’ingerenza di nuovi funzionari imperiali e di tiranni in aree che erano fino ad allora di sua pertinenza. È possibile che Milziade II non abbia assunto ed espresso una posizione intransigentemente ed esplicitamente antipersiana durante la spedizione all’Istro; certamente però maturò proprio in quel momento la volontà di liberarsi dal vincolo di fedeltà verso la Persia e già allora dovette ritenere opportuno che la spedizione in Europa non giungesse a buon esito315. Senz’altro già nelle fasi degli incidenti e del moto di dissidenza durante la campagna di Dario oltre l’Istro Milziade II dovette compromettere la propria posizione. Con il rientro di Dario e dell’esercito persiano in Asia è verosimile che la posizione antipersiana di Milziade II sia andata invece esplicitandosi sempre più: si riconosce una valenza antipersiana degli interventi di Milziade II a Lemno e Imbro ed è possibile che egli si sia schierato con i Greci nella rivolta ionica316: la conclusione della repressione della rivolta pone i Filaidi del Chersoneso Tracico fra le fila dei rivoltosi antipersiani che dovettero evitare il confronto con le forze del Gran Re. V.5.6. La strategia antipersiana di Milziade II (512-493) Nella ricostruzione della storia della tirannide di Milziade II in Chersoneso Tracico e specificamente nella ricostruzione della sua posizione politica e delle sue iniziative nei confronti della Persia, l’analisi risente di una certa limitatezza delle fonti storiografiche: si dispone infatti, tramite Erodoto, di dati relativi alla sua partecipazione alla spedizione scitica di 314 BERVE 1967, pp. 85-88; TOZZI 1978, pp. 125s. SEALEY 1973, p. 19; AUSTIN 1990, p. 291. 316 ISAAC 1986, pp. pp. 16-20, 33s., 146-148, 163-174. 315 266 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Dario, nel 513, particolarmente in merito all’episodio sedizioso all’Istro317; dopodiché ulteriori informazioni specifiche sui rapporti fra Milziade II e l’impero persiano riguardano la fuga dei Filaidi dal Chersoneso Tracico, durante la repressione della rivolta ionica nel 493318. Rimane fra i due estremi cronologici un divario di un ventennio in relazione al quale le fonti non forniscono una narrazione storica univoca, ma piuttosto notizie frammentarie319. In quel ventennio ebbero luogo significativi interventi persiani in Asia Minore, in Ellesponto e in Europa: insieme a Dario e successivamente al suo rientro in Asia il generale persiano Megabazo sottomise la Tracia europea e il regno di Macedonia nel 512320; l’anno seguente Otane fu impegnato in Ellesponto e nell’Egeo nordorientale contro le poleis elleniche321. Di fronte a queste campagne militari significative per gli interessi ellenici in Asia non sembra si possa conoscere la reazione di Milziade II. È però proprio durante la spedizione scitica che Milziade II passò dall’essere uno dei tiranni-hýparchoi che accompagnarono Dario ad essere il portavoce nell’assemblea dei tiranni greci della fazioni anti-persiana e favorevole alla ribellione; da quelle circostanze in poi Milziade II compromise le relazioni con la Persia al punto da considerarsi un nemico della Persia quando, alla fine del periodo in oggetto, la repressione della rivolta ionica toccò il Chersoneso Tracico. La ricostruzione di quel periodo storico contribuirebbe a collocare in un quadro diacronico l’evoluzione delle opinioni politiche di Milziade II e delle sue scelte strategiche in ambito internazionale e regionale: essenzialmente cioè il passaggio, o le fasi di passaggio, dalla condizione di tiranno associato e dipendente a Dario a quella di condottiero anti-persiano. Interpretazione di Erodoto VI, 40 sulla fuga dal Chersoneso Tracico A fornire alcune informazioni sulle vicende di Milziade II nel periodo fra la spedizione scitica e il rientro in Atene, interviene uno dei passi di più complessa lettura dell’opera erodotea. Milziade figlio di Cimone era da poco giunto in Chersoneso Tracico quando fu colpito da disagi peggiori (πρηγµάτων χαλεπώτερα) di quelli che lo avevano colpito in precedenza. Nel terzo anno da questi avvenimenti, già egli era dovuto fuggire di fronte agli Sciti, i quali si erano spinti fino in Chersoneso Tracico perché erano stati provocati da Dario. Milziade non attese l’attacco e fuggì dal Chersoneso, i nemici 317 Hdt. IV 136-139. Hdt. VI 41. 319 BURN 1962, p. 220. 320 IV, 143; V, 2, 10, 15-21. 321 Hdt. V 25-27. 318 267 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi lasciarono poi il territorio e i Traci Dolonci riportarono Milziade in Chersoneso. Questi fatti ebbero luogo nel terzo anno prima delle cose che impegnavano Milziade in quel momento322. A questa narrazione segue immediatamente il resoconto della fuga di Milziade II dal Chersoneso all’arrivo della flotta fenicia durante la repressione della rivolta ionica nel 493323. Nel corso della storia degli studi il passo è stato oggetto di interpretazioni numerose, differenti e fra loro discordanti324. Il capitolo fornisce due volte una nota cronologica relativamente a periodi di (o al medesimo periodo) tre anni, oltreché un primo riferimento temporale non oggettivo ad un periodo di breve durata prima dell’emergere di una situazione di difficoltà non meglio specificata. Le incertezze nell’interpretazione del testo sorgono già nel tentativo di comprendere se le due menzioni cronologiche, dei tre anni, siano da riferirsi a due diversi lassi di tempo oppure ad un medesimo periodo325. Le difficoltà maggiori nondimeno emergono nell’intendere a quali eventi della biografia di Milziade II Erodoto intendesse ancorare i riferimenti cronologici. L’arrivo in Chersoneso menzionato all’inizio del passo viene spesso interpretato come il momento in cui Milziade II giunse da Atene per prendere possesso della tirannide, ma nulla nel testo impone quell’identificazione326. Successivamente il testo menziona due situazioni o periodi di difficoltà e fra loro pone un paragone ritenendo una situazione più grave dell’altra: anche in questo caso la critica è discorde nell’identificazione poiché Milziade II fu in difficoltà al momento del suo primo arrivo, come poté anche esserlo nelle fasi in cui rientrò in Chersoneso Tracico dopo la spedizione oltre l’Istro: il testo menziona d’altronde anche la scorreria degli Sciti e infine l’opera erodotea descrive altre difficoltà ulteriori per Milziade durante la repressione della rivolta ionica; in alternativa potrebbe trattarsi di un riferimento alla operazioni di Megabazo in Tracia nel 513-512327. L’ultimo riferimento del capitolo alle vicende in cui Milziade II sarebbe stato impegnato allora è generalmente inteso come un rimando agli eventi della funga dal Chersoneso Tracico, narrati infatti nel successivo capitolo. La scelta peraltro di un’identificazione o di un caposaldo cronologico o evenemenziale spesso porta a contraddizioni con altre sezioni del passo o dell’opera erodotea. 322 Hdt. VI 40. Ringrazio il Prof. Raviola per avere contribuito a fornire di questo passo un’accurata traduzione, di cui mi assumo nondimeno la responsabilità. 323 Hdt. VI 41. Tr. it. in NENCI 2006. 324 GROTE 1854, vol. IV, pp. 368-371; MACAN 1845, ad Hdt. VI 40, pp. 299s.; RAWLINSON 1858, ad. Hdt. VI 40, p. 439 n. 4; WELLS 1923, pp. 118-122; HOW-WELLS 1928, ad. Hdt. VI 40 contra RAWLINSON 1858 ad loc. cit.; HAMMOND 1956, p. 119; WADE-GERY 1951, pp. 216s.; BURN 1962, pp. 133s., 218-220; PRONTERA 1972 tratta specificamente il passo erodoteo in questione; SCOTT 2005, app. X, pp. 522-532. 325 HOW-WELLS 1928, ad. Hdt. VI 40 a favore dell’identità fra le due menzioni di tre anni. 326 Hdt. VI 39. 327 GROTE 1854, vol. IV, p. 368; HAMMOND 1956, p. 119; NENCI 1988, ad Hdt. VI 34, cita l’opinione di J.B. Salmon; KINZL 2011, s.v. “Milziades” [2], in BNP. 268 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi L’occupazione discontinua del Chersoneso Tracico da parte di Milziade II Alcuni dati, pur non precisi, possono a mio avviso essere estratti per fare luce sulla storia delle relazioni internazionali di Milziade II e per comprendere la sua posizione nello scenario regionale e nei confronti dell’impero persiano. Nonostante le grandi incertezze, la notizia erodotea fornisce con sicurezza il quadro di un’occupazione discontinua del Chersoneso Tracico da parte di Milziade II nel ventennio precedente il suo rientro ad Atene nel 493328. La narrazione menziona e coinvolge negli eventi una pluralità di soggetti politici ed etnici. Oltre che Milziade II, si fa menzione di un’iniziativa militare degli Sciti in Chersoneso Tracico; alla menzione degli Sciti è strettamente legato il sovrano di Persia Dario I; i Traci Dolonci del Chersoneso compaiono nella narrazione come fautori e associati di Milziade II. Il testo lega senza dubbio la fuga di Milziade II ad una scorreria degli Sciti; a sua volta questa sarebbe causata da operazioni militari di Dario contro di loro: con poche incertezze si può identificare il contesto della campagna europea di Dario nel 513 e il conseguente scompiglio che questa arrecò all’area dell’Ellesponto329. Questi elementi assumono un significato storico e un senso logico se si collocano gli eventi descritti qui da Erodoto nella cornice temporale compresa fra la fine della spedizione scitica nel 512 e le ultime fasi della repressione della rivolta ionica nel 493: la stessa sequenza narrativa dell’opera erodotea avvalora questa prospettiva giacché i guai di Milziade II, descritti nel passo, vengono chiaramente associati alla spedizione scitica; inoltre il capitolo a questo successivo tratta appunto della reazione di Milziade II all’arrivo delle forze navali persiane in Chersoneso Tracico330. La ritorsione persiana a seguito della sedizione di Milziade II all’Istro Il passo qui analizzato può dunque assumersi come una testimonianza delle conseguenze della presa di posizione anti-persiana di Milziade II durante la campagna scitica. Quando l’esercito persiano incontrò serie difficoltà in Scizia, presso i Greci si diffuse una tendenza antipersiana e autonomistica testimoniata sia entro l’assemblea dei tiranni all’Istro e dalla posizione di cui Milziade II si eresse a rappresentante, sia fra le poleis elleniche dell’Ellesponto che si ribellarono durante la campagna in Europa nonché al rientro dell’esercito in Asia331. 328 WELLS 1923, pp. 118-122; BURN 1962, pp. 133s., 218-220. WELLS 1923, pp. 118-122; DAVIES 1971, n. 8429 VIII. 330 GROTE 1854, vol. IV, p. 368; WELLS 1923, pp. 118-122; NENCI 1988, ad Hdt. VI 34, cita l’opinione di J.B. Salmon. 331 Hdt. V 27.2. GROTE 1854, vol. IV, p. 159; TOZZI 1978, p. 127. 329 269 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Applicando il passo erodoteo a quelle circostanze storiche, si può giungere alla ricostruzione secondo la quale Milziade II sarebbe rientrato brevemente in Chersoneso Tracico nella fase turbolenta della fine della spedizione scitica per poi essere presto sorpreso dal ritorno dalla Scizia di Dario al comando di quel che restava dell’esercito persiano, nel 512. Dario attraversò la Tracia e giunse al Chersoneso Tracico: nel passare in Europa, il Gran Re e l’esercito attraversarono il Bosforo, a Calcedone; ma nel rientrare in Asia, è noto che il Gran Re navigò l’Ellesponto da Sesto332. Verosimilmente il Gran Re era allora già venuto a conoscenza della rottura degli accordi presi con i tiranni ellenici e della spaccatura fra una fazione leale e una riottosa fra costoro. Similmente era certo noto al Gran Re il moto di ribellioni iniziato presso le poleis elleniche dell’Ellesponto. Come Dario non tardò a porgere la propria ricompensa a Coes e Istieo per la loro fedeltà in Europa, così anche il suo passaggio in Chersoneso Tracico fu dunque volto a punire Milziade II per avere contribuito all’insuccesso della spedizione scitica333. In queste circostanze si deve collocare la scelta di Milziade II di abbandonare il Chersoneso Tracico al fine di evitare l’immediata rappresaglia persiana e in queste circostanze si deve identificare il riferimento all’incursione scitica provocata da Dario, di cui Erodoto fa menzione. Concordo infatti con quegli studiosi che non ritengono verosimile il dettaglio del testo che attribuisce agli Sciti l’organizzazione di una spedizione a sud dell’Istro dopo il 512, in ragione peraltro degli 80.000 soldati persiani sotto il comando di Megabazo che ancora erano stanziati nelle aree orientali della Tracia a quel tempo: allora la memoria storica di un corpo di invasori provenienti da settentrione nel Chersoneso passò ad essere identificata con una scorreria degli Sciti, piuttosto che con l’esercito achemenide di ritorno dalla Scizia334. L’alleanza di Milziade II con i Traci Secondo questa narrazione erodotea Milziade II fu riportato nella propria sede dai Traci Dolonci: la fuga di Milziade II nel 512 fu dunque temporanea e niente affatto un abbandono definitivo. È verosimile che Milziade II fosse al corrente delle perdite subite dall’esercito di Dario in Scizia e si aspettasse perciò che il Gran Re sarebbe rientrato in Asia piuttosto che fermarsi in Europa e in Chersoneso Tracico; il moto di ribellione delle poleis dell’Ellesponto forniva poi ulteriori diversivi al controllo persiano sul Chersoneso Tracico335. 332 Hdt. IV 143.1. WELLS 1923, pp. 118-122; BLAMIRE 1959. 334 Hdt. V 1s. GROTE 1854, vol. IV, p. 368; WELLS 1923, pp. 133s.; SCOTT 2005, app. X, pp. 528s. 335 TOZZI 1978, p. 127. 333 270 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Si è ricostruita una relazione piuttosto stretta fra Milziade II e i Traci locali, governati da suo suocero il re Oloro336: sulla fedeltà di questo gruppo etnico Milziade II poteva dunque fare affidamento al punto da sapere di poter lasciare la sede del Chersoneso Tracico temporaneamente, per evitare l’immediata rappresaglia di Dario, e fare ritorno quando l’area fosse stata sgombrata dal presidio persiano. Erodoto appunto asserisce che i Traci richiamarono Milziade quando i nemici avevano lasciato il Chersoneso. Viceversa l’opposizione della classe politica chersonesita ellenica potrebbe essersi riattivata in un momento di torbidi internazionali e militari e avere costituito una ragione di politica interna perché Milziade II scegliesse la via dell’esilio volontario337. La fuga dal Chersoneso Tracico come scelta di mobilità strategica La ricostruzione qui proposta identifica dunque quali furono le conseguenze della scelta di Milziade II all’Istro: allora egli compì piuttosto un atto politico in circostanze assembleari; subito però ne seguirono conseguenze militari effettive. Milziade II dovette dunque presto assumere responsabilità e coscienza della scelta di campo compiuta all’Istro e da quel momento non ebbe l’opportunità di ritornare sui propri passi. Il capitolo erodoteo qui discusso testimonia proprio dei momenti successivi alla spedizione scitica e documenta che da allora Milziade II fu inviso al Gran Re e dovette ricorrere alla fuga per evitare lo scontro con l’esercito persiano338. Il quadro di discontinuità nell’occupazione del Chersoneso Tracico è stato inoltre associato, in altre ricostruzioni della critica, non solo agli eventi strettamente successivi alla spedizione scitica ma più in genere alle vicende che interessarono Milziade II in tutto il periodo fra il 512 e la fine della tirannide del Chersoneso nel 493. In seguito alla defezione all’Istro e soprattutto nel corso della rivolta ionica è verosimile che, pur mantenendo il potere nell’insediamento chersonesita, Milziade II stesso dovette più volte fare perdere le proprie tracce per evitare di scendere in campo contro le soverchianti forze militari della Persia; in particolare si consideri che negli anni immediatamente successivi alla spedizione scitica furono dislocati in Europa, in Tracia e in Ellesponto i generali persiani Megabazo e poi Otane con ordini di condurre operazioni contro i Traci e i Greci339. D’altro canto, l’assenza di Milziade II dal Chersoneso Tracico non deve necessariamente cogliersi come il segno di una fuga, ma invece la testimonianza di fasi in cui Milziade II lasciò la penisola per condurre operazioni militari o diplomatiche a sostegno della sua strategia anti- 336 Hdt VI 39. SCOTT 2005, app. X, pp. 529 suggerisce queste questioni. 338 Hdt. VI 40. GROTE 1854, vol. IV, p. 368. 339 IV, 143; V 2, 10, 25-27. 337 271 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi persiana e filo-ateniese: egli certamente lasciò il Chersoneso per portare a termine la conquista di Lemno e Imbro nel 500 ca. ed è verosimile che si sia poi impegnato a favore di Atene e dei Greci nel corso della rivolta ionica. Dopo la conquista di Lemno e Imbro il tiranno deve avere peraltro seguito una rotazione nell’occupazione e amministrazione delle diverse sedi sotto il suo controllo340. In conclusione questi dati collimano nel tramandare il quadro del turbolento periodo della strategia di intervento internazionale di Milziade II fra il 512 e il 493, nel periodo successivo alla spedizione scitica e poi una volta scoppiata la rivolta ionica. Fin da subito Milziade II passò dalle parole ai fatti nel confrontarsi con la potenza persiana e andò conseguentemente ridisegnando la propria strategia internazionale secondo un progetto antipersiano; egli seppe d’altronde di non poter mai opporre una resistenza adeguata alle risorse militari della Persia. Perciò negli anni 512-493 sfruttò il Chersoneso Tracico in quanto era la sede del suo potere tirannico e una località di importanza strategica, ma d’altronde adoperò una strategia di stanziamento flessibile, al fine sia di condurre spedizioni marittime, come a Lesbo o Imbro, sia di evitare il confronto in campo aperto con l’esercito persiano. V.5.7. Il corno di Amaltea dedicato ad Olimpia da un Milziade e i suoi soldati Visitando il santuario di Olimpia nel II sec. d.C. il geografo Pausania ebbe modo di vedere, fra le offerte depositate nel tesoro dei Sicionii, una dedicata allo Zeus Olimpio da parte di uomini del Chersoneso al seguito del loro comandante Milziade: a riprova il geografo trascrisse le parole dell’arcaica iscrizione dedicatoria341. La notizia di Pausania e il senso dell’iscrizione pongono forse maggiori problemi di quanti non possano contribuire a risolvere, in primis, l’identificazione del Milziade dedicatario, fra i due Filaidi che portarono quel nome342. Eppure ritengo che la notizia costituisca un’istanza assolutamente non trascurabile: in primo luogo offre una prospettiva nuova per intendere la forma del potere e della legittimazione dei Filaidi nel Chersoneso; soprattutto testimonia di un contatto internazionale, pur di natura cultuale, del tiranno e insieme della sua comunità verso il santuario panellenico di Olimpia e, per tramite di questo, verso il pubblico aristocratico che vi si riuniva. 340 Hdt. VI 140; Diod. Sic. X 19.6. GROTE 1854, vol. IV, p. 159; WELLS 1923, pp. 118-122; SCOTT 2005, app. X, pp. 528s. 341 Paus. VI 10.8, 19.6. 342 DENHAM 1902, pp. 144s.; HAMMOND 1956, pp. 123s.; MORETTI 1957, n. 106; JEFFERY 1963, p. 300; JEFFERY 1976, pp. 37s.; ISAAC 1986, pp. 170-173; GRAHAM 1993. 272 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi L’attribuzione di Pausania a Milziade I L’offerta degna di nota consisteva in un corno che gli esegeti del santuario identificavano nel leggendario corno di Amaltea343; sul corno Pausania lesse una dedica che trascrisse per intero nella sua opera: a Zeus Olimpio un’offerta gradita dal Chersoneso dedicarono coloro che conquistarono il forte di Arato: li comandava Milziade344. Oltre alla descrizione del corno e alla trascrizione della dedica, il testo di Pausania fornisce una contraddittoria identificazione del Milziade dedicatario: da un lato l’autore fornisce il patronimico di Milziade come figlio di Cimone, sulla base del quale si dovrebbe identificare Milziade II, fratello di Stesagora e ultimo tiranno filaide del Chersoneso; d’altro canto di questo stesso dedicatario Pausania dice che fu il primo dei Filaidi a tenere il dominio (arché) del Chersoneso, dunque identificandovi Milziade I, ecista ateniese della comunità del Chersoneso Tracico. L’identificazione del Milziade a cui il testo fa riferimento e a cui sarebbe da attribuire la dedica è dunque problematica e mi pare onesto mettere in guardia dalla possibilità di giungere ad una soluzione sicura. Concordo con la maggior parte degli studiosi moderni nell’accettare che Pausania stia effettivamente facendo riferimento a Milziade I: già in altra parte precedente dell’opera Pausania annuncia che tratterà delle dediche fatte ad Olimpia da parte di quel Milziade che aveva riportato la vittoria nella corsa delle quadrighe, cioè Milziade I, e questo paragrafo realizza senz’altro tale proposito345. Seguo dunque la communis opinio nel ritenere che, nel passo sul corno di Amaltea, Pausania più probabilmente confuse la genealogia di Milziade I, a cui intendeva fare riferimento; si consideri peraltro che all’epoca in cui Pausania scriveva egli disponeva anche di altre opere storiografiche e biografiche in cui veniva iterata questa stessa confusione sul patronimico del Milziade ecista dei Chersoneso Tracico346. Che Pausania stesse scientemente attribuendo, pur con qualche confusione, la dedica del corno di Amaltea ad Olimpia a Milziade I ecista del Chersoneso Tracico non significa d’altronde che si debba accettare quell’attribuzione come un dato storico: ci sono buoni 343 Secondo la leggenda, Amaltea fu la ninfa che protesse Zeus infante dallo sguardo del padre infanticida Crono. Il piccolo dio spezzò giocando una delle corna alla mostruosa capra che lo allattava e dunque ne fece dono alla propria nutrice promettendo che sarebbe stato sempre miracolosamente pieno di tutti i frutti. Sul corno di Amaltea come attributo della dea Tyche: Paus. IV 30.6. BRENNER 2011, s.v. “Amalthea” [1], in BNP. 344 Paus. VI 10.8, 19.6. GRAHAM 1993 contribuisce alla questione con un saggio specifico e una precisa traduzione e analisi linguistica della dedica. 345 Paus. VI 10.8. 346 Si veda la biografia di Cornelio Nepote su Milziade. BERVE 1937, p. 39; HAMMOND 1956, pp. 119-123; GRAHAM 1993, pp. 331-338; RIZZO 2001, p. 595; LOUKOPOULOU 2004, pp. 900s., 903. 273 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi presupposti per dubitare della precisione dei dati di cui disponeva Pausania e della ricostruzione che egli propone nella sua opera. È evidente infatti dalla composizione del testo che il geografo procedette combinando nel suo paragrafo tre distinte tradizioni: Pausania riporta innanzitutto il patronimico di Milziade traendolo dall’onomastica di Milziade II, celebre non solo per avere retto la tirannide del Chersoneso Tracico, ma soprattutto per avere condotto gli Ateniesi alla vittoria di Maratona contro lo sbarco persiano nel 490; d’altronde è evidente che Pausania sta associando al nome di Milziade la tradizione fondata dall’opera storiografica di Erodoto in merito all’insediamento ateniese in Chersoneso tracico sotto la conduzione dell’ecista Milziade I347; la terza serie di informazioni Pausania trae direttamente dalla propria esperienza autoptica nella visita dei tesori di Olimpia nel II sec. d.C. e riguarda la descrizione del corno di Amaltea, la trascrizione della dedica nonché l’attribuzione del reperto fornitagli dagli esegeti del santuario. È possibile che, trattandosi di una dedica proveniente esplicitamente dal Chersoneso e di riconosciuta antichità, sia stato naturale per gli esegeti associarla a quel Milziade I che della comunità chersonesita era stato l’ecista e l’artefice di prima mano: sulla base di queste notizie Pausania associò il corno di Amaltea a Milziade I. Attribuzione a Milziade II e a i suoi mercenari Pur riconoscendo dunque l’attribuzione che Pausania intende dare alla dedica del corno di Amaltea, emerge d’altronde il carattere artificiale e composito della sua ricostruzione storica: ritengo invece che esistano le condizioni per considerare più plausibile l’attribuzione di quella dedica a Milziade II348. A mettere in dubbio l’attribuzione a Milziade I mi pare contribuisca in primo luogo l’imprecisione del testo stesso di Pausania che, confondendo il patronimico di Milziade, dimostra di non disporre di una tradizione solida nella compilazione del suo scritto. Motivo fondante però per l’attribuzione a Milziade II che propongo risiede in un’analisi ragionata e contestualizzata del testo della dedica. La dedica afferma che l’offerta proviene dal Chersoneso, da parte di coloro che conquistarono la fortezza di Arato, sotto il comando di Milziade: in questo testo la critica ha giustamente notato l’assenza completa di qualunque definizione etnica, toponomastica o politica del gruppo dei dedicatari349. Si tratta di un fatto significativo poiché, se si fosse trattato dei coloni ateniesi al seguito di Milziade I, la comunità sarebbe senz’altro stata identificata in tal senso nel testo della dedica con un riferimento agli Ateniesi o ai volontari provenienti da Atene350. Se si fosse trattato d’altronde di una delle 347 Hdt. VI 35-38. HAMMOND 1956, p. 123; ISAAC 1986, pp. 170-172. 349 JEFFERY 1963, p. 300; ISAAC 1986, pp. 170-172; GRAHAM 1993. 350 JEFFERY 1963, p. 300. 348 274 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi comunità poleiche formatesi in Chersoneso Tracico negli anni successivi al primo insediamento vi sarebbe motivo ancor più impellente perché la comunità volesse auto-identificarsi con un etnonimo, perlomeno con il riferimento anche generico di “Chersonesiti”351. Invece la menzione del Chersoneso compare solo per identificare la località di Arato che fu conquistata, non la sede della comunità dedicataria352. Nel caso di una dedica da parte della comunità coloniale ateniese, il riferimento a Milziade I sarebbe stato certamente alla figura dell’ecista (oikistès) e non del governante (éparchos) come era invece inciso sul corno. La comunità che dedicò l’offerta è in effetti da riconoscersi nel ristretto gruppo che attivamente operò la conquista della fortezza di Arato: emerge cioè il quadro di un gruppo ristretto di uomini, di soldati, che conquistarono una fortezza nel territorio del Chersoneso Tracico: fu un gruppo altrimenti disomogeneo che riconobbe un senso di corpo e di cameratismo proprio soltanto in quella specifica azione militare, nonché nel comando di Milziade. Queste caratteristiche mi incoraggiano a identificare nel gruppo dei dedicatari un contingente di soldati mercenari, probabilmente insieme ad altre componenti clientelari, associati alla tirannide di Milziade II353. Si consideri a questo proposito che la tradizione attribuisce solo a Milziade II, e non all’omonimo ecista, il mantenimento di un corpo di mercenari354. A corroborare la ricostruzione di un contingente mercenario si consideri che, se la dedica fosse provenuta da un corpo di armati raccolto da Milziade II fra i coloni chersonesiti, si sarebbe trattato della componente oplitica, per la quale difficilmente l’autoidentificazione entro il corpo sociale sarebbe passata in secondo piano rispetto al comando del tiranno. Nella dedica Milziade è definito come colui che comandava quelli che conquistarono la fortezza di Arato. Il verbo utilizzato è epàrcho: cioè “comandare, governare, essere governatore, comandare un luogo”. Il verbo e i suoi derivati sono attestati non solo con il significato contingente qui evocato, ma più spesso nel senso di una carica autocratica di governo, senza riferimento alla legittimazione popolare, spesso anche in associazione ad ambiti della monarchia orientale. Queste caratteristiche in assoluto si adattano alle forme di comando che praticò Milziade II, a partire dai primi anni della tirannide in Chersoneso quando debellò l’opposizione ellenica locale e ancor più quando divenne uno dei tiranni sotto la protezione, pur malaccetta, del sovrano di Persia, dal 513 ca. Dal punto di vista stilistico infine i critici 351 I dedicanti di un elmo a Olimpia dopo la conquista di Lemno si identificano ad esempio come Ateniesi. JEFFERY 1963, pp. 299s. MEIGGS 1972, p. 242; PEMBERTON 1988, pp. 231s.; KEEN 2000, pp. 66s., riportano le conclusioni del lavoro di E. Kunze; CULASSO GASTALDI 2011, p. 128. Vd. infra, pp. 277ss. 352 GRAHAM 1993. 353 GRAHAM 1993. 354 Hdt. VI 39. ISAAC 1986, pp. 170-172. 275 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi associano la dedica ad una data intorno alla fine del VI secolo piuttosto che alla metà del secolo355. La fortezza di Arato: insediamento di Traci ostili Della località menzionata nella dedica la critica e le fonti non tramandano altre notizie: la dedica non lascia dubbi su fatto che sia da localizzarsi in Chersoneso356; si suppone si trattasse di un insediamento, oppure anche soltanto della piazzaforte associata ad un insediamento, appartenente ad una popolazione di Traci ostili al popolamento greco stanziati nel Chersoneso Tracico oppure poco oltre l’istmo della penisola e dunque forse associati a quei Traci Apsinti che avevano costituito uno dei moventi per l’intervento di Milziade I da Atene357. Nessun dato storiografico d’altronde impone di attribuire il possesso di Arato ai Traci piuttosto che a quei dinasti chersonesiti che si opposero al potere tirannico di Milziade II al suo arrivo, oppure a Greci delle colonie eoliche preesistenti all’arrivo degli Ateniesi. La volontà di rendere pubblica dimostrazione della conquista della fortezza in ambito panellenico, tramite la dedica ad Olimpia appunto, mi incoraggia però a seguire la prima delle due ipotesi: difficilmente il gesto avrebbe altrimenti potuto vantare lode fra tutti i Greci in consesso. Dell’oggetto dedicato non sono pervenute tracce materiali. La critica ha considerato la possibilità che si trattasse di un corno d’avorio preparato per fungere da calice, come un rhytòn, giacché questo tipo di oggetti era particolarmente diffuso proprio nei territori della Tracia358. La data, le circostanze e il significato della dedica di Olimpia In conclusione la conquista del forte di Arato può a mio avviso attribuirsi a Milziade II e la contestualizzazione storica del lessico della dedica meglio si adatta a questo tiranno e alle forme del suo governo piuttosto che all’omonimo Filaide. Il corno di Amaltea faceva dunque parte del bottino di guerra raccolto a seguito di un vittorioso attacco da parte di Milziade II al comando di un contingente di suoi soldati mercenari contro un insediamento militare fortificato di Traci ostili. Il contesto cronologico che meglio si adatta a questa descrizione dei fatti è quello degli anni turbolenti di interferenza da parte delle truppe persiane successivi alla disastrosa spedizione scitica di Dario, o più in genere il periodo 512-493. In tale periodo il comando di Milziade II sui Greci del Chersoneso era ormai inviso alla Persia; Milziade II fu costretto a 355 HAMMOND 1956, p. 123 cita al riguardo un commento di P. Fiedländer. GRAHAM 1993. 357 BERVE 1937, p. 39; RIZZO 2001, p. 595; LOUKOPOULOU 2004, pp. 900s., 903. 358 Xen. Anab. VI 3.21-25; Pherecyd. Ath. FGrHist 333 F 42; Strab. X 2.19; Ath. XI 476. GRAHAM 1993. 356 276 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi lasciare per alcuni intervalli il Chersoneso e il ritorno, in alleanza con i Traci Dolonci, dovette a volte non essere pacifico. La scelta del santuario ove dedicare quella pregevole parte del bottino offre all’analisi alcune considerazioni sui propositi politici del gesto. Inferenza minima sicura è che la dedica del corno di Amaltea ad Olimpia era volta a fornire una rappresentazione, davanti ai Greci di rango aristocratico radunati alle celebrazioni di Olimpia, delle capacità e del potere militare di Milziade II e del suo seguito personale in Chersoneso Tracico. La dedica aveva il senso religioso di rendere la divinità partecipe dei vantaggi della loro conquista e ottenerne in cambio la protezione per sé e per i possedimenti conquistati. Lo svolgimento dei fatti impone necessariamente che una delegazione degli uomini agli ordini di Milziade II, forse insieme a Milziade stesso, si sia recata ad Olimpia, partendo dal Chersoneso e attraversando l’Egeo e la Grecia fino a giungere in Peloponneso ed in Elide, allo scopo di dedicare il corno di Amaltea presso il tesoro del tempio di Zeus Olimpio nell’Altis. In considerazione del viaggio necessario e della difficile situazione internazionale che nell’ultimo ventennio del VI secolo andava prendendo forma intorno ad Atene, ai Pisistratidi e ai Filaidi, ritengo che Milziade dovette potersi certo muovere liberamente nel momento di una celebrazione olimpica e della pace generale che l’evento imponeva. L’evento religioso avrebbe in ogni caso contribuito ad una maggiore visibilità pubblica della dedica e dell’atto dedicatorio stesso. La dedica presso un santuario panellenico come quello di Olimpia testimonia dell’intenzione di Milziade e dei suoi associati di ottenere un riconoscimento dei propri successi, del proprio gruppo e della sua autorità, non solo da parte di Atene, ma da parte dell’élite di tutte le poleis della Grecità. Il richiamo panellenico e l’identificazione dei nemici sconfitti ad Arato potrebbero infine preconizzare l’aspirazione ad un ruolo di rappresentatività ellenica di fronte alla lotta contro nemici barbari. V.5.8. La conquista di Lemno e Imbro da parte di Milziade II (500 ca.) Nel periodo della tirannide in Chersoneso Tracico Milziade II realizzò la conquista delle isole di Lemno e Imbro. Queste iniziative si inseriscono nel discorso storico sulle relazioni internazionali della tirannide filaide non solo in quanto furono condotte contro località al di fuori della sede del tiranno; le località furono oggetto anche dell’occupazione persiana e la questione dunque concerne anche la reazione dei Greci d’Asia all’espansione dell’impero persiano in Europa; inoltre le vicende coinvolsero l’autorità della polis ateniese e dunque la 277 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi posizione del tiranno filaide nei confronti della madrepatria e il valore civico delle sue iniziative personali359. Le mire internazionali su Lemno nella rievocazione storiografica Nel tramandare le vicende della spedizione scitica di Dario, Erodoto fornisce in effetti un quadro più articolato delle operazioni persiane in Europa e in Ellesponto. Nel 513-512, mentre Dario penetrava oltre il fiume Istro, il generale Megabazo seguì l’ordine di conquistare la Tracia; la successiva stagione militare, nel 512-511, il Persiano Otane fu nominato stratego delle forze armate costiere, cioè in Ellesponto ed Europa, e succedette a Megabazo nel comando360. Otane conquistò una serie di località nell’Ellesponto che si erano ribellate al comando persiano durante gli insuccessi di Darion Scizia: Bisanzio, Caldedone, Antandro in Troade e Lamponio. Il generale ottenne poi una flotta da Lesbo e con quella sottomise le isole di Lemno e Imbro. Le due isole erano al tempo abitate dai Pelasgi, una definizione etnica applicata a popolazioni che i Greci consideravano antichi abitanti in numerosi siti dell’Ellade361. Lemno oppose una tenace resistenza, ma fu infine sopraffatta. Ai superstiti Otane impose come governatore (hýparchos) Licareto, fratello di Meandrio che aveva tenuto il potere a Samo dopo la tirannide di Policrate362. Licareto tenne il governo di Lemno fino alla sua morte363. La narrazione erodotea torna poi a trattare della storia di Lemno e del popolamento dell’isola in relazione alle attività di Milziade II, al tempo in cui egli teneva la tirannide in Chersoneso Tracico. Nel 489, l’anno successivo alla vittoria a Maratona, Milziade II condusse una flotta ateniese alla conquista di Paro, ma l’impresa non ebbe successo: al suo ritorno ad Atene egli fu perciò processato per avere ingannato gli Ateniesi364. Nel corso del dibattito i sostenitori di Milziade portarono a sua difesa i particolari della sua condotta e del suo successo a Maratona nonché il fatto che egli avesse conquistato l’isola di Lemno, vendicando così le offese dei Pelasgi contro gli Ateniesi, e avesse infine consegnato l’isola agli Ateniesi 359 Sul significato storico di questa cruciale fase dell’espansione internazionale di Atene: CLUASSO GASTALDI 2011. 360 Hdt. V 25. TOZZI 1978, p. 127. 361 Hdt. V 26. 362 Sulle vicende di Licareto a Samo: Hdt. III 142s. Sul termine hýparchos Si vedano le attestazioni sia in riferimento a Greci che a dignitari persiani: Hdt. V 20, 25. VII 26, 33, 194, IX 116. BERVE 1967, pp. 85-88; WALLINGA 1984, pp. 411-436; AUSTIN 1990; LURAGHI 1998, p. 22; ANDERSON 2005, pp. 211-213. 363 Hdt. V 27. Sulla consegna di Lemno a Licareto: HAMMOND 1956, pp. 124-126; BLAMIRE 1959, pp. 43-44; EVANS 1963, p. 168; SEALEY 1976 a, p. 16; TOZZI 1978, 115-127, 169-178; OLMSTEAD 1982, pp. 89-92; LURAGHI 1998, pp. 89-92; PANAINO 2001, pp. 84-93; MAZZARINO 2007, pp. 242s. 364 Hdt. VI 132-136. GOMME 1937; HAAS 1985, pp. -; DAVIES 1997, pp. 134s.; DUPLOUY 2006, pp. 93s. 278 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi (παρέδωκε Ἀθηναίοισι)365. In questo punto del testo prende avvio l’excursus di Erodoto sulle precise circostanze in cui Milziade aveva conquistato Lemno. Erodoto avvia la propria narrazione con un’eziologia leggendaria della presenza dei Pelasgi a Lemno e dell’ostilità di Milziade e di Atene nei confronti di quelli che abitavano l’isola. In tempi mitici gli Ateniesi avrebbero espulso i Pelasgi dall’Attica e questi si sarebbero insediati a Lemno. In un secondo momento, ma pur sempre in epoca mitica, i Pelasgi di Lemno avrebbero offeso gli Ateniesi ghermendo alcune donne di Atene e portandole sull’isola; dalla prole delle Ateniesi e dei Lemni pelasgi sorsero altri incidenti la cui soluzione fu imposta da un responso oracolare di Delfi che mise Atene in condizione di richiedere ai Pelasgi la cessione di Lemno. A questi incidenti Erodoto associa l’origine dell’espressione proverbiale “azioni lemnie”366. Alla richiesta i Pelasgi avrebbero risposto con una sibillina condizione impossibile: “Quando con vento di nord, in un solo giorno, una nave riuscirà a passare dal vostro paese al nostro, allora ve lo consegneremo”367: la navigazione dall’Attica sulla rotta in direzione nordest era infatti estremamente difficile quando spiravano i venti contrari dal Ponto Eusino368. A questo punto la narrazione giunge a riallacciarsi ad epoche storiche nel riferire infine di come Lemno venne a trovarsi sotto l’autorità di Atene. Milziade II, durante la tirannide filaide in Chersoneso Tracico, salpò da Elaious, con i venti Etesii in poppa giunse in poco tempo a Lemno e impose ai Pelasgi di lasciare l’isola rammentando loro la leggendaria condizione con cui avevano risposto all’antica richiesta degli Ateniesi: il tiranno interpretò a proprio favore cioè lo statuto giuridico dell’insediamento ateniese sotto il suo comando in Chersoneso Tracico. Delle due poleis dell’isola, Efestia si arrese; Mirina invece non riconobbe la definizione di Chersoneso come territorio attico e si oppose, ma fu assediata e infine conquistata da Milziade II369. Erodoto sembra ignorare alcune nozioni ulteriori relative alla resa dei Lemni di Efestia alle condizioni di Milziade II, preservate però tramite autori e lessicografi più tardi. Diodoro Siculo tramanda che i Lemni affermarono di lasciare l’isola a Milziade in ottemperanza all’oracolo, ma che erano in realtà mossi dal timore dei Persiani che al comando di Dario intendevano sottomettere l’Europa. Da queste circostanze nacque la proverbiale espressione “Doni di Hermone” ( (/Ermwnei/ouj xa/ritaj) dal nome del condottiero dei Lemni (tirreni per 365 Hdt. VI 136.2. WADE-GERY 1951, pp. 212, 217. Hdt. VI 138.4. SCOTT 2006, ad Hdt. VI 138.4, p. 451. 367 Hdt. VI 139. 368 ANDREWES 1982 a, pp. 373-375; KOROMILA 1991, pp. 16-50; GREAVES 2000, pp. 48s. 369 Hdt. VI 140. 366 279 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Diodoro) che fece la concessione affettando la propria buona fede, ma in realtà sotto l’impulso delle circostanze di forza maggiore370. Testimonianze epigrafiche ed archeologiche del popolamento ateniese di Lemno Le tracce epigrafiche forniscono una prospettiva ulteriore per comprendere il significato dell’occupazione di Lemno da parte di Milziade II e la concessione dell’isola ad Atene. Un elmo di stile corinzio fu dedicato ad Olimpia dagli Ateniesi di Lemno, recante l’iscrizione )Aqenai=oi [t]o=n e)g Le/mn[o]: può considerarsi testimonianza della presenza di Ateniesi a Lemno nel periodo di poco successivo al 500; il reperto potrebbe essere associato alla dedica del bottino proprio dalla conquista di Lemno, o più specificamente di Mirina, al comando di Milziade II371. Da Efestia perviene un’epigrafe in cui i cittadini compaiono suddivisi entro le ripartizioni tribali ateniesi; l’analisi della forma delle lettere sembrerebbe indicare una datazione intorno ai primi anni del V secolo. Da questa categoria di fonti emerge il quadro storico di un fenomeno di insediamento di popolazione ateniese sull’isola a partire dal primo quarto del V secolo372. L’indagine archeologica sembrerebbe fornire dati coerenti con il quadro di popolamento delineato dall’epigrafia: la diffusione della ceramica attica a Lemno si colloca entro l’ultimo quarto del VI secolo e un’indagine sulla necropoli di Efestia individua la diffusione di inumazioni di foggia ellenica a partire dal 500 ca373. La questione della datazione della conquista di Milziade II La questione della datazione della conquista di Lemno da parte di Milziade II non è puramente cronologica o di erudizione, ma piuttosto strettamente legata alla contestualizzazione politica della vicenda; la critica moderna tuttavia offre molteplici ricostruzioni e collocazioni a questo riguardo che complessivamente vanno dal 515 fino agli anni intorno alla prima guerra persiana: un gruppo nutrito di studiosi concorda nel collocare la vicenda entro gli anni della rivolta ionica, 499-493, ma non mancano proposte autorevoli che individuano il contesto 370 Diod. Sic. X 19.6; Hesych. s.v. Ἑρµώνιος χάρις; Suda, s.v. Ἑρµώνιος χάρις, E 3053 Adler. SCOTT 2005, ad Hdt. 140.2, pp. 453s. 371 IG I3 1466. JEFFERY 1963, pp. 299s. MEIGGS 1972, p. 424; PEMBERTON 1988, pp. 231s.; KEEN 2000, pp. 66s. riportano le conclusioni raggiunte da E. Kunze. CULASSO GASTALDI 2011, p. 128. 372 PICARD-REINACH 1912, pp. 326-338; WADE-GERY 1951, pp. 217s.; JEFFERY 1961, pp. 299s.; JEFFERY 1963, pp. 299ss., n. 59; MEIGGS 1972, p. 424; PEMBERTON 1988, pp. 231s.; KEEN 2000, p. 67; SCOTT 2005, ad Hdt. VI 140.2, p. 454; CULASSO GASTALDI 2011, pp. 117-134 ritiene in genere più opportuno associare le testimonianze epigrafiche ed archeologiche ad una cronologia entro il secondo quarto del V secolo e all’azione di Cimone II. 373 MUSTILLI 1940 offre uno studio della necropoli di Efestia; WADE.GERY 1951, pp. 217s., segnala lo studio di D. Mustilli sulle tombe elleniche scavate a Lemno; HAMMOND 1956 sulla ceramica attica a Lemno; CULASSO GASTALDI 2011, pp. 117s. 280 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi cronologico nell’ultimo decennio del VI secolo, o più specificamente agli anni intorno al 500374. Ampio consenso esiste comunque in merito alla cronologia relativa secondo cui l’intervento di Otane sarebbe da anteporsi a quello di Milziade II e di Atene375. La narrazione storiografica tramanda che Milziade II consegnò Lemno ad Atene e l’autorità della polis trova infatti espressione nelle testimonianze epigrafiche ed archeologiche che attestano la presenza di popolazione ateniese a Lemno: l’intervento di Milziade fu dunque causa e immediato presupposto per l’insediamento ateniese sull’isola376. Quando però Otane prese Lemno e vi pose Licareto al governo egli si trovò a confrontarsi con gli autoctoni Pelasgi e non con degli Ateniesi. D’altronde la conquista di Otane comportò solo l’imposizione di un hýparchos filopersiano: perciò Milziade II giunse a Lemno per trovarvi ancora l’originaria popolazione pelasga. Pare difficile infine che Milziade II avesse avuto il tempo, le risorse e l’opportunità di occuparsi della spedizione a Lemno nei primi anni della presa di potere in Chersoneso Tracico, prima della partecipazione alla spedizione scitica e dunque conseguentemente prima delle operazioni successive a questa di Otane. Perciò si può concordare con la pressoché totalità della critica sul fatto che la conquista di Milziade ebbe luogo dopo quella di Otane377. Mi pare che il testo erodoteo sulla conquista di Otane sia da accettare come testimonianza del fatto che Licareto tenne una forma di governo tirannico a Lemno per un certo periodo, fino alla sua morte naturale378; le fonti permettono dunque di ricostruire che l’autorità a Lemno, specificamente ad Efestia, fu poi assunta dal locale capo Hermon, con cui Milziade II entrò in trattative al suo arrivo. In questo senso dunque è necessario interporre almeno un periodo di alcuni anni fra la conquista di Otane nel 512 e la spedizione di Milziade II379. 374 HAMMOND 1956, pp. 122-127, 129, pne la data a prima della spedizione scitica, nel 515-514. KALCYK 2011, s.v. “Lemnos”, in BNP, pone il 510 come terminus post quem. Concordano nel datare i fatti all’ultima parte del decennio 510-500, a poco prima del 500, o al 500: HAAS 1985, p. 43; NENCI 1988, ad Hdt. VI 34-40, cita l’opinione di J.B. Salmon; PEMBERTON 1988, pp. 131s.¸DAVIES 1997, pp. 134s.; KEEN 2000, p. 67. Ai primi anni della rivolta ionica la vicenda è associata da WADE-GERY 1951, pp. 198; JEFFERY 1963, pp. 299s. cita E. Kunze; MORENO 2007, app. V, segue WADE-GERY 1951. BURN 1962, pp. 218-220, propone il 495 in base a un’interpretazione di Hdt. VI 40. Più in genere entro il periodo di anni della rivolta ionica (499-493) la vicenda è collocata da COX 1876, p. 69; WELLS 1923, pp. 115, 121s.; MEIGGS 1972, pp. 424s.; SCOTT 2005, p. 454, cita la ricostruzione di N. Rausch; CULASSO GASTALDI 2011, p. 116. 375 HOW-WELLS 1928, ad Hdt. IV 137, V 26; BURN 1962, pp. 129, 208s.; WADE-GERY 1971, p. 217; GEORGES 2000, p. 38; CAWKWELL 2005, p. 61; SCOTT 2006, ad. Hdt. VI 41.2, 41.3, p. 84, VI 42-45.4, p. 187; CULASSO GASTALDI 2011, p. 116. Contra HAMMOND 1956, pp. 122-127, 129. 376 PICARD-REINACH 1912, pp. 326s.; JEFFERY 1963, pp. 299s. 377 PEMBERTON 1988, pp. 131s. 378 Hdt. VI 27. 379 WADE-GERY 1951, pp. 212, 217s. 281 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi La conquista di Lemno da parte di Milziade II entro la storia del sistema internazionale Nella prospettiva analitica della presente ricerca, ritengo che la storia di Lemno fra VI e V secolo e specificamente della conquista dell’isola da parte di Milziade II debba inserirsi in una revisione del quadro del sistema internazionale di quel periodo: intorno a Lemno convergono ed entrano in contatto molteplici soggetti storico-politici: la tirannide di Milziade II in Chersoneso, gli interessi internazionali di Atene in Ellesponto, l’impero Persiano nella sua espansione verso l’Europa e l’Egeo nordorientale, la tirannide di Ippia in quanto associato alla Persia e avverso ad Atene e a Milziade II. Da queste considerazioni può emergere una ricostruzione del significato politico e storico degli eventi di Lemno e insieme una collocazione cronologica ragionata. Gli anni fra il 513 e il 510 videro un progressivo peggioramento della posizione di Atene nell’Egeo nordorientale e nella navigazione attraverso l’Ellesponto. A compromettere il controllo di Atene nella regione tracica ed ellespontica questa ricerca ha già portato in evidenza il ruolo della Persia e le difficoltà create rispettivamente da Milziade II e da Ippia. Il significato dell’alleanza fra Atene e Artafrene nel 507 è dunque quello di un tentativo ateniese di recuperare la libertà operativa in Ellesponto che la polis era andata perdendo negli anni precedenti380. L’intervento di Otane aveva posto Lemno sotto il governo indiretto del sovrano Achemenide entro il 511: perciò la successiva conquista da parte di Milziade II ebbe certamente un valore anti-persiano381. È noto poi che Milziade consegnò l’isola ad Atene. L’alleanza fra Atene e Artafrene è però incompatibile con la cessione ad Atene di Lemno da parte di Milziade II: se Milziade avesse conquistato l’isola e l’avesse trasferita all’autorità ateniese prima del 507, Artafrene avrebbe certo allora richiesto la restituzione dell’isola all’autorità di un hýparchos persiano quando fu avvicinato dagli ambasciatori ateniesi; d’altro canto, dopo il 507, Atene non avrebbe potuto mantenere i contatti con l’anti-persiano Milziade II senza rischiare di compromettere i termini dell’alleanza con Artafrene. Nel periodo intorno al 507 Milziade II e la polis ateniese devono considerarsi su opposte e incompatibili posizioni nei confronti dell’impero persiano. Nel 504 Ippia ebbe successo nel guadagnare l’appoggio diplomatico di Artafrene e, al contrario, Atene vide infrangersi la possibilità di un’intesa con il satrapo di Sardi a meno di non rinunciare alla propria fisionomia politica anti-tirannica e anti-pisistratide. Dunque è a partire dal 504 che Atene fu sospinta dalle circostanze a mutare in anti-persiana la propria politica 380 381 Hdt. V 73. BERVE 1967, pp. 85-88; TOZZI 1978, pp. 125s., 160s. WADE-GERY 1951, pp. 215-219. 282 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi internazionale. La conferma di questo cambiamento di indirizzo si ha infatti nel 500 quando gli Ateniesi accolsero la richiesta di aiuto di Aristagora che stava preparando la rivolta ionica. La critica moderna attribuisce infatti l’intervento militare di Atene e di Eretria in Ionia nel 498, fra le altre cause, ad una condizione di attrito che si era venuta a creare entro quella data fra Atene e la Persia, specificamente in merito alla condizione di Lemno e Imbro e più in generale in merito alla libertà di navigazione attraverso l’Ellesponto382. Nel 498 Atene aveva già ritirato il proprio contingente dalle forze degli Ioni; poi nel 494 la battaglia di Lade segnò la sconfitta dei Greci e la fine del moto di ribellione delle poleis micrasiatiche; gli anni seguenti videro il riaffermarsi del potere persiano fino all’Ellesponto e alla Tracia. Le condizioni successive al 494 mi sembrano meno probabili per la cronologia di un intervento di Milziade II a Lemno e soprattutto per un impegno di Atene in aree così vicine alla Persia: avanzerei cioè dei dubbi circa l’entusiasmo con cui gli Ateniesi potrebbero avere scelto di prendere sede a Lemno dopo queste drammatiche dimostrazioni delle capacità della macchina bellica e navale persiana. Milziade stesso infine ritornò ad Atene nel 493. Questa contestualizzazione contribuisce ragionevolmente a fissare una terminus post quem per la conquista di Lemno da parte di Milziade II al 504 e un terminus ante quem al 494. A partire infatti dal 504, e non prima, la nuova classe politica dell’Atene isonomica e il tiranno chersonesita Milziade II si trovarono a convergere entro una comune direttrice anti-persiana e anti-pisistratide nella gestione delle rispettive relazioni internazionali: negli anni subito dopo il 500 Atene scelse poi di perseguire attivamente quell’indirizzo politico contribuendo alla rivolta ionica383. È verosimile anzi che le operazioni a Lemno fossero intese da Atene come una strategia parallela a quelle che si conducevano in Ionia ad opera di Aristagora, costituendo cioè due scenari strategici alternativi; in questo modo l’intervento di Milziade II e l’insediamento degli Ateniesi poterono sfruttare il diversivo che la rivolta in Ionia offrì all’attenzione e alle risorse persiane. Verosimilmente d’altro canto Atene non poté contemporaneamente condurre l’intervento a Lemno e quello in Ionia, ma le iniziative furono attuate a breve distanza una dall’altra, possibilmente in stagioni militari successive. In conclusione propendo per collocare la conquista di Lemno da parte di Milziade II agli anni intorno al 498: forse Milziade II potrebbe essere intervenuto a titolo personale nel 500 ca., prima della spedizione ateniese in Ionia; poi in un secondo momento Atene avrebbe utilizzato le navi rientrate dall’Asia Minore dopo il 498 per condurre l’occupazione coloniale del nuovo territorio insulare. Il significato politico della conquista di Lemno e i moventi dei soggetti coinvolti 382 383 GRAHAM 1964; BERVE 1967, pp. 85-88; TOZZI 1978, pp. 125s., 160s.; WALLINGA 1984, pp. 411-436. WADE-GERY 1951, pp. 215-219. 283 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi La vicenda della presa di Lemno ebbe un carattere spiccatamente anti-persiano, sia per Milziade II che per Atene384. I moventi di Milziade si possono riconoscere nella volontà di conservare il proprio potere personale nella regione, soprattutto in risposta agli interventi persiani e alla formazione dell’intesa fra Ippia, Lampsaco e la Persia, potenziali avversari del suo insediamento in Chersoneso Tracico. Mi sembra probabile inoltre che la conquista di Lemno sia legata a quella confusa fase di presenza discontinua di Milziade II in Chersoneso Tracico successiva alla spedizione scitica di Dario: dovendo cioè abbandonare la gestione degli interessi personali nella penisola per via dell’ingerenza del potere militare persiano, Milziade II avrebbe scelto di creare nuove sedi di potere personale nelle isole prospicienti l’Ellesponto mettendo così i suoi interessi al riparo dalle incursioni dell’esercito terrestre persiano e conservando al contempo una posizione strategica cruciale nella navigazione all’imbocco dell’Ellesponto. I moventi di Atene si riconoscono nella necessità di difendere i propri interessi internazionali e marittimi con un nuovo corso che non poteva più essere diplomatico dopo la rottura dell’intesa con Artafrene nel 504: allora la polis assunse la responsabilità di un’attiva politica anti-persiana e in quel momento trovò vantaggioso riconoscere i contatti che la legavano al tiranno del Chersoneso Milziade II che già da tempo aveva dimostrato la propria avversione alla Persia. Milziade si adoperò nella conquista di Lemno non esclusivamente per vantaggi personali o in favore degli interessi dei Chersonesiti, ma scelse di cedere la propria conquista ad Atene385: il dato deve essere interpretato come il segno della volontà di Milziade II di riconfermare i propri contatti con la madrepatria, di dimostrare agli Ateniesi il proprio ruolo di benefattori della comunità e la propria posizione di capace uomo politico e d’azione. La direttrice anti-persiana della nuova classe politica ateniese fu per Milziade II un momento opportuno per riavvicinarsi alla madrepatria, dopo il periodo di distacco degli ultimi anni della tirannide di Ippia e dell’alleanza di Atene con Artafrene: allora egli poté trovare una rinnovata affinità fra il proprio pensiero politico e la posizione dell’élite politica ateniese. Nel 499 i politici ateniesi scelsero di intervenire nella rivolta ionica, contro la Persia e a favore delle poleis elleniche che anelavano all’autonomia: questa fu, di fatto, la direttrice politica che già Milziade II aveva auspicato nel 513, quando, più di tredici anni prima della rivolta ionica, egli quasi aveva convinto i tiranni ellenici dell’Asia Minore ad accogliere il consiglio degli Sciti giunti al ponte di barche all’Istro, ovvero a determinare la fine del giogo persiano sui Greci 384 385 SCOTT 2005, ad Hdt. VI 41.3, p. 184. PEMBERTON 1988, pp. 230-232. 284 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi d’Asia. Nonostante la distanza temporale sono entrambe scelte anti-persiane e, nonostante la posizione di Milziade II in Chersoneso, anti-tiranniche. La tirannide in Chersoneso cadde nel 493, ma si possono notare segni di vacillamento già negli anni precedenti: l’opposizione aristocratica al suo arrivo già nel 520-515; poi la fuga per via della presenza delle armate persiane negli anni successivi al 513. Come anche aveva fatto Ippia in conseguenza del tirannicidio di Ipparco, così in quel momento Milziade II stava verosimilmente riorganizzando la propria rete di contatti internazionali in modo da assicurare che i Filaidi avrebbero eventualmente trovato alternative e sicure sedi di ospitalità e reinsediamento. Lemno stessa costituì allora un nuovo territorio da lui direttamente dipendente; insieme a Lemno si ritiene che Milziade II prese anche Imbro ove trovò effettivamente rifugio dalla flotta persiana nel 493386. La conquista di Lemno assicurò ad Atene una nuova posizione strategica e un insediamento coloniale; viceversa Milziade si assicurò meriti civici e un sicuro ritorno politico: così anche la madrepatria Atene, dopo gli anni di tirannide in Chersoneso, tornava ad essere luogo accogliente. La validità di questa ricostruzione è comprovata dall’effettivo utilizzo dell’impresa di Lemno come strumento dibattimentale in occasione del processo a Milziade nel 489; d’altronde la necessità imprescindibile per Milziade II di ricostruire ad Atene la propria immagine pubblica e politica è confermata anch’essa dal fatto che egli fu accusato e processato al suo rientro in patria387. Entro un’analisi di lungo periodo, la convergenza anti-persiana che determinò il coinvolgimento sia di Milziade II che della polis ateniese nella conquista di Lemno si può interpretare piuttosto come un episodio di una tendenza generale negli interessi strategici internazionali di Atene a mantenere aperta una rotta verso l’Ellesponto e ad assicurarsi la libertà operativa nel controllo dell’accesso allo stretto: questi furono gli obiettivi della tirannide e della polis all’epoca dell’insediamento di Milziade I in Chersoneso nel 558 e ritornarono a determinare le scelte degli individui e della polis di nuovo alla fine del secolo388. La natura della collaborazione fra Milziade II e la polis di Atene La narrazione storiografica e le testimonianze epigrafiche segnalano entrambe un pronto coinvolgimento di Atene nelle operazioni militari di Milziade II. Lo status giuridico delle poleis di Lemno non è del tutto chiaro alla critica moderna; tuttavia l’insediamento di gruppi di Ateniesi a seguito della conquista di Milziade II non comportò la creazione di una colonia 386 WADE-GERY 1951, pp. 212, 217; JEFFERY 1963, pp. 300; KEEN 2000, pp. 66s.; KINZL 2011, s.v. “Miltiades” [2], in BNP. 387 Hdt. VI 136. 388 GRAHAM 1964; DAVIES 1997, pp. 134s.; KEEN 2000, pp. 66s. 285 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi effettiva, una apoikìa, e la creazione di cleruchie avvenne però forse solo nel corso del V secolo389. È possibile che la conquista di Lemno sia stata fin dall’inizio un’impresa organizzata in collaborazione fra la polis di Atene e il tiranno Milziade II, secondo un accordo per cui la prima avrebbe procurato le risorse navali e militari necessarie nonché un corpo di spedizione consistente, il secondo avrebbe invece riorganizzato le forze dalle vicine sedi del Chersoneso e avrebbe aggiunto le proprie risorse, avrebbe messo a disposizione il porto di Elaious per la partenza e si sarebbe occupato personalmente della conduzione delle operazioni sul campo in virtù della sua esperienza di comando e della conoscenza della regione390. In questo senso si potrebbe spingere l’interpretazione dell’iscrizione sull’elmo dedicato ad Olimpia da parte degli Ateniesi di Lemno391. Se l’operazione fosse stata all’inizio esclusivo appannaggio di Milziade II, e se l’elmo fu un’offerta dal bottino della conquista dell’isola, probabilmente della polis di Mirina, è verosimile che il gruppo dei dedicatari sarebbe stato composto di Chersonesiti e che la dedica avrebbe fatto riferimento anche a Milziade stesso, come è infatti noto per la dedica del corno di Amaltea392. Invece sull’elmo proveniente da Lemno e dedicato ad Olimpia si menzionano degli Ateniesi (ἀθηναῖοι): l’elmo potrebbe costituire una dedica a seguito di sconosciute operazioni militari successive all’insediamento dei primi anni del V secolo, quando ormai gli Ateniesi vivevano a Lemno; oppure i dedicatari potrebbero essere stati coloni ateniesi del Chersoneso che seguirono Milziade II nelle operazioni a Lemno, ma che tuttavia si consideravano ancora Ateniesi di stirpe e di fronte alla divinità a cui offrirono il bottino della presa dell’isola393; altresì gli autori della dedica furono effettivamente dei cittadini di Atene che da subito furono coinvolti nella conquista di Lemno in collaborazione con Milziade II e sotto il suo comando operativo394. Per quest’ultima ricostruzione propendo personalmente. Se questa ricostruzione è corretta, l’uso della notizia della presa di Lemno in tribunale nel 489 a fianco della vittoria di Maratona rievocava di fatto imprese di Milziade II fra loro molto affini per via del coinvolgimento dei cittadini e dello spirito di corpo che il generale-tiranno aveva con loro creato. 389 GOMME 1937; REGER 2004, pp. 742, 756-758; SCOTT 2005, ad Hdt. 140.2, pp. 153s.; MORENO 2007, pp. 140143.; CULASSO GASTALDI 2011, soprattutto pp. 125s., 135-138. 390 JEFFERY 1963, pp. 299s. accenna a questa ricostruzione su presupposti cronologici; SCOTT 2000, ad Hdt. 140.2, pp. 153s. porta questa ricostruzione sulla base del fatto che solo la polis, e non il privato Milziade II, disponeva di finanze sufficienti per mettere in campo un contingente navale efficace. 391 IG I3 1466. JEFFERY 1963, pp. 299s. MEIGGS 1972, p. 424. Vd. supra, pp. 280ss. 392 Paus. VI 10.8, 19.6. Vd. supra, pp. 272ss. 393 Ringrazio il Prof. F. Raviola per avere proposto questa osservazione in uno dei colloqui che ho avuto con lui. 394 JEFFERY 1963, pp. 299s.; KEEN 2000, pp. 66s.; MORENO 2007, pp. 108-111, 335-344. 286 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi Strumentalizzazione della mito-storia dei Pelasgi da parte di Milziade II Nella conquista di Lemno Milziade II strinse un contatto fra la propria iniziativa e gli interessi di Atene anche sul piano della memoria mito-storica e della legittimazione delle proprie rivendicazioni. Le vicende leggendarie tramandate da Erodoto nel suo excursus con funzione eziologica condussero a delle rivendicazioni avanzate dagli Ateniesi su Lemno e alla formulazione, in associazione anche all’intervento dell’oracolo delfico, di una condizione impossibile, altresì di un enigma, per l’appropriazione di Lemno (la risposta dei Pelasgi agli antichi Ateniesi fu: “Quando spinta dal vento del nord la nave compirà il tragitto dal vostro paese al nostro in un giorno, allora vi consegneremo Lemno”)395. Si noti riguardo a questo aspetto delle vicende di Lemno che gli abitanti sconfitti da Milziade II furono Pelasgi nella versione erodotea e nelle conoscenze di Tucidide, Carii in quella di Cornelio Nepote e ancora Tirreni in quella di Diodoro Siculo396. Ritengo vi siano ragioni culturali e contestuali sufficienti per accettare come storico il fatto che proprio nelle circostanze della conquista di Lemno Milziade II abbia rievocato questi elementi della mito-storia greca: non si tratterebbe cioè di un’inserzione erudita o novellistica di Erodoto al proprio testo, ma di un elemento di cronaca397. Quando Milziade mosse alla conquista di Lemno era naturale che egli volesse avallare il proprio atto coercitivo con una qualche autorità morale o politica: la leggenda degli antichi rapporti di Atene con Lemno si prestò allora a fornire uno strumento per il discorso diplomatico coi Lemni e uno strumento di legittimazione della sua imposizione. In questa lettura degli eventi troverebbe conferma quella ricostruzione poc’anzi proposta secondo cui la polis di Atene avrebbe collaborato con Milziade fin dalle fasi organizzative della conquista di Lemno: cosìcchè, quando Milziade e gli Ateniesi sbarcarono sull’isola, egli poté a ragione farsi campione della tradizione e dei diritti mitici dei concittadini che lo accompagnavano. Nel corso di questa stessa ricerca si è già verificato l’uso strumentale di eventi antichissimi o di nozioni di mito-storia al fine di garantire fondamento a determinati diritti in epoca storica e al fine di guadagnare alla propria parte la legittimità morale per rivendicazioni politiche o territoriali. La conquista di Imbro insieme a Lemno La critica è unanime nell’associare strettamente non solo la conquista di Lemno, ma anche quella di Imbro all’iniziativa di Milziade II. A sostegno di questa ricostruzione la fonte addotta 395 Hdt. VI 137-139. Thuc. IV 109.4; Diod. Sic. X 19.6; Nep. Vit. Milt. 2. 397 CULASSO GASTALDI 2011, p. 123. Vero è d’altronde che nella versione trasmessa da Cornelio Nepote la condizione posta dai Lemni che gli Ateniesi giungessero con i venti Etesii è collocata non nel passato mitico, ma invece in una prima fase delle operazioni di Milziade stesso: Nep. Vit. Milt. 1. 396 287 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi è nuovamente la narrazione fornita da Erodoto sulla biografia di Milziade II. Nel 493, all’approssimarsi della flotta fenicia al Chersoneso, Milziade II raccolse una piccola flotta di cinque triremi e lasciò il Chersoneso Tracico alla volta di Atene; i Fenici furono addosso al convoglio, ma all’ultimo Milziade riuscì a raggiungere con quattro navi l’isola di Imbro e a mettersi in salvo (kataphéugo); da là raggiunsero in sicurezza Atene398. L’isola di Imbro torna ad essere caratterizzata come luogo sicuro per Milziade II in altro luogo dell’opera erodotea: due volte, Erodoto sintetizza, Milziade II sfuggì alla morte, la prima fu nella fuga dai Fenici che lo inseguirono fino ad Imbro; la seconda in patria, in tribunale399. Nella fonte erodotea Imbro costituisce dunque una località sicura per Milziade II, presso la quale egli trova rifugio ed oltre la quale la flotta persiana non prosegue la propria navigazione in direzione della Grecia. Strategicamente Imbro è chiaramente legata, da un lato al Chersoneso e all’imbocco dell’Ellesponto e d’altro lato all’isola di Lemno. Questa connessione è confermata dalle operazioni di Otane nel 512-511 nelle quali appunto il persiano conquistò insieme entrambe le isole400. Milziade II tratta chiaramente Imbro come un base da cui poter operare liberamente, o perlomeno navigare in sicurezza, ma le fonti non trasmettono mai notizia delle circostanze in cui egli venne ad accorparla alla propria rete di pertinenze. In questo senso la critica rende ragione della ricostruzione secondo la quale Milziade II conquistò Lemno e Imbro nella medesima operazione401. La ricerca epigrafica sembra trovare una conferma di questa ricostruzione in un epitaffio in stile attico ritrovato a Lemno e risalente alla prima metà del V secolo402. Sarei propenso ad accogliere anche la ricostruzione più specifica secondo la quale Milziade II cedette Lemno ad Atene, ma non altrettanto avrebbe fatto con Imbro: quest’isola sarebbe stata cioè considerata come un nuovo territorio aggiuntosi all’insediamento del Chersoneso Tracico e su di essa Milziade II avrebbe dunque esteso la propria autorità tirannica personale. Questa ricostruzione renderebbe ragione della sicurezza con cui i Filaidi che fuggivano da Chersoneso nel 493 si considerarono in salvo una volta giunti a Imbro403. 398 Hdt. VI 41. Hdt. VI 104. CULASSO GASTALDI 2011, p. 123. 400 Hdt. V 25-27. 401 WADE-GERY 1951, pp. 212, 217; MEIGGS 1972, pp. 424s.; KEEN 2000, pp. 66-68; REGER 2004, p. 742; MORENO 2007, pp. 107-113; KINZL 2011, s.v. “Milziades” [2], in BNP. 402 JEFFERY 1963, p. 300, n. 60. 403 WADE-GERY 1951, pp. 212, 216s.; MEIGGS 1972, pp. 424s. 399 288 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi V.5.9. La repressione della rivolta ionica e la fine della tirannide filaide in Chersoneso Tracico (493) Nel 493 gli ultimi focolai della rivolta ionica venivano definitivamente stroncati: dopo avere svernato presso la conquistata Mileto (494) la flotta persiana procedette verso settentrione e sottomise le isole di Chio, Lesbo e Tenedo404; da là la flotta procedette verso l’Ellesponto: allora tutte le località del Chersoneso furono catturate o distrutte, ad eccezione di Cardia sulla costa nordorientale405. Quando Milziade II seppe che la flotta fenicia era giunta all’altezza di Tenedo, egli raccolse una piccola flotta di cinque triremi che caricò delle ricchezze che poté (chrèmata) e fece vela verso Atene. Milziade salpò da Cardia e attraversò il golfo Melas; quando le navi filaidi oltrepassarono la penisola del Chersoneso la flotta fenicia prese ad inseguire il loro convoglio; ma Milziade riuscì a condurre quattro navi fino ad Imbro ove furono in salvo e poi di là giunse ad Atene406. Il movente dei Persiani: il coinvolgimento di Milziade II nella rivolta ionica Le relazioni internazionali di Milziade II assunsero un carattere di avversione al potere persiano nelle circostanze della spedizione scitica, nel 513, e del progetto di diserzione di cui egli si rese portavoce nell’assemblea dei tiranni ellenici all’Istro407. Mancano notizie esplicite in merito alla posizione di Milziade II verso la Persia nel ventennio successivo; nondimeno il quadro dell’occupazione discontinua del Chersoneso Tracico dopo il 513 e la conquista di Lemno e Imbro nel 500 ca. sono notizie che si interpretano coerentemente come il segno del fatto che Milziade II perseguì in quel periodo una strategia anti-persiana408. La notizia ora in discussione, relativa alla fuga dal Chersoneso Tracico di fronte al sopraggiungere della flotta persiana, costituisce una conferma della posizione anti-persiana di Milziade II fino alla fine della rivolta ionica: nel 493 Milziade II continuava ad essere considerato e a considerarsi un nemico della Persia. Il movente dei fenici nell’attaccare il Chersoneso Tracico si sarebbe fondato, secondo il testo, sul tradimento di Milziade II ai danni di Dario all’epoca della spedizione scitica409; eppure fra la repressione della rivolta ionica nel 493 e la spedizione scitica nel 513 erano ormai trascorsi vent’anni: mi pare inverosimile dunque che i Fenici avessero ricevuto ordine di punire il Filaide dopo tanto tempo. Le testimonianze della continuità dell’avversione di Milziade II ai 404 Hdt. VI 31.1. Hdt. VI 33. 406 Hdt. VI 41.4. 407 Hdt. IV 137. 408 BURN 1962, pp. 218-220; SCOTT 2005, ad Hdt. VI 41.3, p. 184. 409 Hdt. VI 41.3. 405 289 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi progetti persiani e il fatto stesso che egli fuggì nel 493 di fronte alle operazioni navali persiane nell’ambito della rivolta mi paiono elementi validi per attribuire a Milziade II un ruolo nelle operazioni dei Greci durante la rivolta ionica410. L’Ellesponto fu subito infatti uno dei teatri cruciali della rivolta, sia per i Greci che per i Persiani; la critica ritiene anzi che Aristagora dovette da subito assicurarsi l’adesione delle poleis dell’Ellesponto e della Propontide: altrimenti la rivolta non avrebbe assolutamente potuto sperare di avere successo, in virtù dell’importanza cruciale dei rifornimenti di risorse alimentari dal Ponto Eusino411. La cronaca erodotea della rivolta ionica preserva notizie specifiche sulle operazioni dei generali persiani Daurise e poi Imea nella repressione delle sollevazioni delle poleis della regione dell’Ellesponto e delle coste asiatiche della Propontide412. La strategia di Aristagora testimonia la volontà di spostare la rivolta non solo in Ellesponto, ma anche verso la Tracia, ove la Persia aveva imposto la nuova satrapia dal 513-512413. Vero è che le fonti non tramandano notizie riguardo ad operazioni dei Greci o dei Persiani specificamente in Chersoneso Tracico, né si preserva memoria di alcuna iniziativa di Milziade II nel corso della rivolta; eccezione però altamente significativa è appunto la vicenda ora discussa della spedizione navale persiana contro il Chersoneso nel 493 e della fuga di Milziade II di fronte a quel pericolo. L’attacco persiano contro il Chersoneso e la reazione allora di Milziade II non mi pare trovino altra spiegazione ragionevole se non accettando la ricostruzione secondo cui il tiranno chersonesita appoggiò gli Ioni durante la rivolta414. Che i Persiani abbiano rivolto la propria attenzione contro Milziade II solo nella fase finale della rivolta è peraltro comprensibile: in primo luogo le priorità della strategia persiana furono logicamente rivolte ai teatri della terraferma asiatica ove l’incendio di Sardi aveva dimostrato la pericolosità dei Greci per le infrastrutture persiane415; inoltre il vantaggio tattico dei Greci fu sempre fondato sul controllo della navigazione e i Persiani impiegarono più tempo a recuperare il libero accesso ai mari e dunque alla sponda europea dell’Ellesponto416. Mancando notizie in merito alla natura dell’attività di Milziade II durante la rivolta spingo l’interpretazione storica ad attribuirgli un impegno bellico indiretti, o piuttosto logistico e di supporto: se infatti Milziade II avesse condotto iniziative di successo nel corso della rivolta 410 WADE-GERY 1951, p. 217; BURN 1962, pp. 208, 217-220; GEORGES 2000, pp. 37-39; SCOTT 2005, ad Hdt. VI 41.3, p. 184. 411 TOZZI 1978, pp. 125s., 163s.; WALLINGA 1984, pp. 411-436. 412 Hdt. V 103, 117, 122. 413 TOZZI 1978, pp. 110s., 166, 172s., 163, 186s., 191. 414 TOZZI 1978, pp. 44, 161, 164, 150, 158. 415 Hdt. V 102, 105.1, 108.1. 416 TOZZI 1978, pp. 46-49, 110-128; WALLINGA 1984, pp. 411-436; HIRSCH 1986 discute le implicazioni strategiche e culturali della marineria ionica nel rapporto dei Greci con gli imperi terrestri d’Asia. 290 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi ionica è verosimile che la memoria storica dei Filaidi ne avrebbe preservato testimonianza, come fu per la conquista di Lemno e Imbro e per la vittoria a Maratona. Il contributo di Milziade II alla rivolta potè consistere nell’offerta di approdi sicuri in Chersoneso, o nella gestione di rifornimenti alimentari. Entro il quadro delle attività di Milziade II durante la rivolta ionica si inserisce a mio avviso la confusa notizia di Erodoto sulla discontinua occupazione del Chersoneso Tracico da parte di Milziade II417. La posizione strategica di Cardia Il passo erodoteo permette di cogliere alcuni dati in merito alla strategia militare seguita da Milziade II: è significativo a mio avviso il dettaglio secondo il quale Milziade II avrebbe preparato la piccola flotta di cinque triremi e sarebbe salpato dal porto di Cardia. Cardia fu infatti una polis significativa nel sistema della penisola chersonesita: il muro difensivo costruito da Milziade I all’epoca della prima occupazione del territorio correva da Pactie sulla sponda meridionale della penisola, attraverso il nucleo di Chersonesos/Agorà, per giungere infine a Cardia sulla sponda settentrionale418. Quando poi i Persiani occuparono il Chersoneso dopo la fuga di Milziade II, Cardia fu l’unico insediamento che, per un certo tempo, resistette alla conquista419. Nel 493 Milziade II salpò da Cardia quando avrebbe potuto invece prendere il largo da Elaious sull’estremità opposta del Chersoneso a poco più di venti chilometri da Imbro, come infatti aveva fatto quando era partito alla conquista di Lemno420. Questa scelta conferma a mio avviso che, negli anni precedenti il 493, Milziade II si era impegnato personalmente contro le forze persiane: egli scelse di fare di Cardia la propria sede perché era una posizione sicura e difendibile dagli attacchi persiani; inoltre la posizione sulla costa settentrionale consentì di operare al segreto delle ricognizioni dei Persiani che operavano più attivamente nell’Ellesponto421. V.6. La cattura di Metioco e la sua naturalizzazione in Persia (493) Del convoglio dei Filaidi che fuggivano la flotta persiana nel 493, la quinta nave fu catturata dai Fenici; al comando di quella nave era Metioco, il figlio ateniese e primogenito di Milziade II. I Fenici condussero Metioco al cospetto di Dario perché erano consapevoli del fatto 417 Hdt. VI 40. Hdt. VI 36. HAMMOND 1956, pp. 117-124; ISAAC 1986, pp. 59s.; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 46, 234-240 sulla storia e sul significato territoriale e politico del sistema difensivo che Milziade I per primo edificò a protezione delle colonie del Chersoneso Tracico; LOUKOPOULOU 2004, pp. 900s. 419 Hdt. VI 34. BURN 1962, pp. 216s. 420 Hdt. VI 140.1. SCOTT 2005, ad 140.1, p. 452. 421 BURN 1962, p. 217. 418 291 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi che Milziade si era compromesso con Dario dall’epoca della sedizione ellenica all’Istro. Il Gran Re non fece alcun male a Metioco, ma al contrario gli concesse grandi favori: donò a Metioco una casa e dei possedimenti e una moglie persiana dalla quale ebbe figli che furono accettati come Persiani422. Erodoto stesso non rende ragione e non sembra poter spiegare la reazione di Dario di fronte al Filaide Metioco: egli avrebbe dovuto rivolgere contro il figlio la punizione per cui i Fenici erano stati inviati contro il padre. Il passo potrebbe anche infatti utilizzarsi a detrimento della ricostruzione che ho accettato e proposto, secondo la quale Milziade II seguì una strategia anti-persiana, e dunque potrebbe utilizzarsi a detrimento della credibilità del racconto erodoteo dei fatti dell’Istro. Il trattamento favorevole di Metioco alla corte persiana sarebbe cioè testimonianza del fatto che in realtà Milziade II e i Filaidi ancora godevano, nel 493, della fiducia amichevole che il Gran Re aveva in loro riposto ai tempi della spedizione scitica423. Questa interpretazione non rende ragione della stessa spedizione fenicia in Chersoneso nel 493, indirizzata a sedare là gli ultimi esiti della rivolta ionica. Ipotetica parentela di Metioco con Ippia Il testo erodoteo è esplicito nell’affermare che Metioco era il figlio maggiore di Milziade II, nato non da Egesipyle, ma da un’altra donna424; nondimeno le fonti non permettono di approfondire con sicurezza la genealogia di Metioco. A questo proposito si è già avuto modo di fare un accenno alla convincente tesi di H.T. Wade-Gery che rende ragione del trattamento favorevole ricevuto presso Dario facendo appello ad una possibile ricostruzione dei legami familiari di Metioco425. Un’analisi della cronologia e della biografia di Milziade II porta a collocare il suo primo matrimonio entro il periodo trascorso ad Atene426; fino al 513, d’altro canto, si è ricostruito che esistette una stretta collaborazione fra Pisistratidi e Filaidi: è possibile dunque che quell’alleanza fra aristocratici fosse stata suggellata con uno scambio matrimoniale per cui Ippia abbia dato in sposa una propria figlia a Milziade II. Se questa genealogia di Metioco fosse valida, egli sarebbe stato dunque un nipote di Ippia. Quest’ultimo era certamente in contatto personale con Dario entro la data del 491 ed è verosimile dunque che fosse personalmente presente alla corte achemenide negli anni precedenti, probabilmente chiamato come consigliere sugli affari ellenici fin dallo scoppio della rivolta nel 499. In conclusione, 422 Hdt. VI 41.4. TURNER 1876, p. 301; AUSTIN 1990, p. 303; SCOTT 2005, ad Hdt. VI 41.3, p. 184. 424 Hdt. VI 41.2. 425 WADE-GERY 1951, p. 219; BURN 1962, p. 217; DAVIES 1971, n. 8429 [IX], p. 302, n. 11793 [IX], p. 452; GERNET 1983, pp. 177-199; HERMAN 1990, pp. 352s.;SCOTT 2005, ad Hdt. VI 39.2, pp. 180s. Vd. supra, pp. 236ss. 426 DAVIES 1971, n. 8429 [IX], [X]. 423 292 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi quando Metioco fu portato alla corte di Dario, Ippia avrebbe riconosciuto nel giovane uomo il figlio di sua figlia e avrebbe certamente chiesto al sovrano la grazia per quel suo parente prossimo. In quel momento Ippia già godeva di una posizione di riguardo presso l’entourage di Dario e perciò il sovrano rispose con tanta magnanimità per onorare sia il nuovo ospite che il più vecchio consigliere427. Metioco come ostaggio di riguardo È possibile peraltro a mio avviso che la posizione di Metioco presso la corte di Dario fosse quella di un ostaggio: il Gran Re avrebbe cioè accolto vicino a sé il figlio primogenito di Milziade II per poter disporre di un elemento di persuasione e ricatto nelle future trattative diplomatiche con Milziade II e con Atene428. Quando i Fenici portarono Metioco al cospetto di Dario, Milziade II aveva da anni assunto una strategia anti-persiana e aveva ripreso a difendere gli interessi di Atene, e in genere dei Greci, in Ellesponto; con l’intervento di Milziade II, Atene aveva aperto un contenzioso con la Persia per l’autorità su Lemno e Imbro; nel 498 Atene aveva contribuito alla ribellione che aveva incendiato Sardi e provocato la sollevazione di tutte le poleis dell’Asia Minore; infine, con la repressione della rivolta ionica in quel momento, era naturale aspettarsi che Atene e Milziade II avrebbero tentato di riprendere il territorio del Chersoneso Tracico negli anni a seguire429. Quando Metioco fu alla corte di Sardi, oppure di Susa, già Milziade II doveva trovarsi al sicuro ad Atene: Dario stesso poteva supporre dunque quale influenza politica l’antico tiranno chersonesita avrebbe esercitato ad Atene e Ippia, presso la sua corte, avrebbe contribuito a chiarire ulteriormente lo status di Milziade II, di Metioco e in genere dei Filaidi. Verosimilmente l’intento di far seguire alla repressione della rivolta la punizione di Atene ed Eretria era già nei progetti di Dario nel 493. Questo quadro di considerazioni strategiche e politiche doveva essere ben chiaro nella mente del Gran Re di Persia: sarebbe certo stato più utile tenere Metioco prigioniero a corte piuttosto che giustiziarlo. Nella prospettiva di dovere probabilmente tornare a confrontarsi con Atene e Milziade II negli anni seguenti, Dario tenne Metioco presso di sé per poter esercitare una pressione al fine di portare Milziade II e Atene su posizioni concilianti. A conferma di questa ricostruzione si consideri che l’espediente di tenere i familiari in ostaggio è stato già osservato nelle strategie di repressione messe in atto dalla tirannide di Pisistrato e si riscontra 427 WADE-GERY 1951, p. 219; BURN 1962, p. 217; DAVIES 1971, n. 8429 [IX], p. 302, n. 11793 [IX], p. 452; SCOTT 2005, ad Hdt. VI 39.2, pp. 180s. 428 La ricostruzione è suggerita in LOADER 1947, p. 21, ove è però circostanziata all’utilizzo di Metioco come ostaggio in occasione dello scontro di Maratona. 429 GRAHAM 1964; DAVIES 1997, pp. 134s. 293 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte V: i Filaidi inoltre esplicitamente come strumento dei re di Persia per mantenere la fedeltà dei sudditi greci, sia presso Dario che presso il successore Serse430. Metioco entro l’élite achemenide Non solo Metioco non subì la punizione di Dario per la sedizione del padre, ma fu trattato onorevolmente e di fatto completamente naturalizzato nell’élite possidente persiana: ricevette in dono dal Gran Re una casa (òikos) e insieme delle proprietà (ktésin), ricevette una donna persiana e i figli che nacquero dalla sua unione furono riconosciuti come Persiani legittimi431. È evidente che qui la narrazione erodotea sta operando una compressione cronologica degli anni che seguirono l’arrivo a corte di Metioco. Il comportamento di Dario può spiegarsi considerando la tendenza delle grandi corti monarchiche orientali ad accogliere entro il proprio sistema burocratico individui delle diverse nazionalità su cui si estendeva l’impero, secondo il criterio di usufruire delle loro competenze specializzate e conoscenze di prima mano per le relazioni con le diverse entità sociali o politiche con cui il regno entrava in contatto432. I sovrani achemenidi si dimostrarono inoltre sempre generosi e magnanimi verso i propri ospiti, anche quando non vi era la necessità di creare legami di reciprocità o di alleanza, ma con il solo proposito di ostentare supremazia e ricchezza433. La reazione di fronte a Metioco poté forse costituire anche un messaggio rivolto ai grandi aristocratici di Ionia e del mondo greco inteso a dimostrare la volontà di Dario di soprassedere ai più vecchi rancori della rivolta ionica e di accogliere individui di rango elevato nell’impero achemenide in posizioni a loro connaturate: cioè un gesto propagandistico volto ad accendere entro la classe politica aristocratica ellenica una posizione filo-persiana. In conclusione mi pare verosimile che queste tre interpretazioni dello status di Metioco e dei moventi di Dario non siano affatto necessariamente esclusive e che anzi più probabilmente abbiano agito insieme nel determinare l’esito delle vicenda e della vita di Metioco. 430 Hdt. I 64, Pisistrato prese in ostaggio i figli degli oppositori politici, dopo lo scontro di Pallene; VI 99.1, nella prima guerra persiana furono presi in ostaggio i figli degli isolani nel tragitto verso l’Eubea; VII 52 gli Ioni nell’esercito di Serse rimasero fedeli perché avevano lasciato mogli, figli e beni in Asia. PARKE 1946, pp. 107s. Un’analisi di taglio antropologico sulla pratica della cattura e scambio di ostaggi in RAAFLAUB 2007, pp. 10, 17s.; YATES 2007, pp. 36-39. 431 Hdt. VI 41.4. 432 Emblematico è il caso della relazione fra Istieo di Mileto e Dario I: Hdt. V 24. BLAMIRE 1959, p. 153; EVANS 1963, pp. 116-117; FOL-HAMMOND 1988, pp. 243-149; MITCHELL 1997, pp. 111-120; LURAGHI 1998, pp. 31-25, 43-45. 433 FOL-HAMMOND 1988, pp. 135-253; AUSTIN 1990, 289-291, 295-306; MITCHELL 1997, pp. 111-120; LURAGHI 1998, pp. 33-39; SCOTT 2005, ad Hdt. VI 24.2, pp. 137s. 294 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) PARTE VI: LA TIRANNIDE DI IPPIA (527-510; 510-490) VI.1. Il rapporto storico fra le tirannidi di Pisistrato e Ippia È necessario riconoscere che esistono poche notizie o attestazioni concernenti le relazioni interstatali o la politica estera di Pisistrato dopo quel novero di interventi significativi narrati per i primi anni della tirannide, collocati da questa analisi entro il periodo 546-540 ca.: le uniche informazioni giunte tramite la tradizione storiografica riguardano le circostanze della proclamazione olimpionica concordata con Cimone agli agoni panellenici del 532 e la notizia della morte di Pisistrato e della successione alla tirannide del figlio Ippia, da collocarsi nel 528/71. Ippia aveva in effetti già assunto un ruolo e una responsabilità operativa in occasione dell’instaurazione della definitiva tirannide del padre ad Atene nel 546. In qualità di figlio ateniese primogenito, Ippia era il naturale e legittimo successore di Pisistrato nella conduzione dell’òikos e della polis. Ippia subentrò dunque al padre in qualità di capofamiglia dei Pisistratidi, in qualità di detentore delle ricchezze e dei beni e fu da quel momento il riferimento sociale dell’òikos. Elemento caratteristico infatti di tutte le tirannidi, da cui i non si discostarono Pisistratidi, era che il figlio ereditasse il potere e l’autorità socio-politica del tiranno e raccogliesse senza soluzione di continuità la posizione tirannica nella polis2. Allo stesso modo, insieme al potere tirannico, Ippia ereditò anche il sistema di relazioni internazionali che Pisistrato aveva costruito al di fuori di Atene: una delle caratteristiche precipue delle relazioni quali la xenìa, la philìa e dei legami di reciprocità era appunto l’ereditarietà e la loro estensione agli ambiti familiari dei contraenti. Con la tirannide, Ippia ereditò la gestione della politica estera di Atene nella conformazione in cui l’aveva lasciata Pisistrato: egli trovò aperte e attive quelle direttrici internazionali sviluppate da suo padre e ne fu il nuovo responsabile. È logico dunque che Ippia, dal 527, abbia proseguito l’attività internazionale, sia familiare che statale, sfruttando le posizioni raggiunte fino ad allora dal padre. Nella prospettiva dell’analisi storica è corretto dunque riconoscere un fattore di continuità fra il quadro della politica internazionale ricostruito per Pisistrato e quello mostrato da Ippia. L’operato internazionale di Ippia fu in molti casi anche il punto di arrivo di processi avviati all’epoca di Pisistrato. Nella prospettiva della continuità, le notizie che si ricavano per la storia 1 2 Vd. supra, pp. 177ss. Hdt. I 61; Thuc. I 20.2, VI 55. SUTHERLAND 1943, p. 142. 295 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) dei Pisistratidi negli anni successivi al 528/7, possono fornire perciò un caposaldo comparativo per dare forma a una ricostruzione della storia della politica internazionale di Pisistrato anche nel periodo che va dal 540 ca. fino alla sua morte per il quale le fonti non trasmettono che pochi dati. Viceversa però la tirannide di Ippia è chiaramente distinta da elementi di discontinuità storica rispetto a quella del padre. Ippia si trovò naturalmente a fronteggiare dinamiche specifiche e modificazioni anche drammatiche del sistema internazionale nel corso della sua tirannide: a partire dall’ultimo quarto del VI secolo la Grecia centrale fu interessata da nuovi equilibri di potere fra Tessaglia e Beozia; nelle Cicladi si affermò la talassocrazia di Samo; l’espansione dell’impero persiano modificò per sempre il sistema internazionale. Di fronte a questi e ad altri eventi Ippia operò delle scelte personali e modificò la strategia internazionale familiare e pubblica. In conclusione è costruttivo stabilire sempre un confronto storico fra le notizie relative alla politica internazionale di Ippia e il quadro ricavato per Pisistrato per ricostruire una storia di lungo periodo della politica internazionale della famiglia dei Pisistratidi: cioè giungere a dare uno spessore cronologico e ad ampliare i nessi causali dall’ambito delle contingenze a quello delle cause profonde. Di volta in volta è dunque necessario verificare la presenza di fenomeni di continuità oppure circostanze di discontinuità. VI.2. La tirannide di Ippia alla morte di Pisistrato (528/7) Le fonti letterarie e gli studiosi moderni concordano tutti nel collocare la morte di Pisistrato al 528/7: il tiranno morì anziano per cause naturali, trentatré anni dopo la prima tirannide e dopo avere comandato Atene per 19 anni senza provocare disordini o significative contestazioni avendo gestito in maniera oculata il rapporto con il popolo, l’aristocrazia e con le istituzioni dello stato3. Da quel momento la tirannide fu assunta dal primogenito Ippia. Il fratello Ipparco sembra abbia contribuito alla gestione del potere ad Atene occupandosi di aspetti culturali utili alla politica di prestigio della famiglia. Il loro mezzo fratello Egesistrato si trovava a Sigeo, ormai dai primi anni successivi al 546, ove deteneva la tirannide e assicurava il controllo della posizione cruciale in Troade a vantaggio dei Pisistratidi e di Atene. 3 Aristot. Ath. Pol. 17.1; Euseb. Chron. ap. Hieron. p. 185k Helm. BERVE 1967, pp. 63-77; RHODES 1981, ad. Aristot. Ath. Pol. 17, pp. 191-199; LAVELLE 2005, pp. 210-222. 296 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) VI.3. La politica culturale internazionale di Ipparco Nella ricostruzione della gestione del potere dei Pisistratidi si può asserire che Ippia e Ipparco collaborarono in una certa misura e in taluni aspetti del controllo su Atene: in questo senso si devono leggere i riferimenti ai “Pisistratidi” quali tiranni di Atene nel periodo successivo a Pisistrato, cioè come un riferimento ai due fratelli Ippia e Ipparco, anziché al solo tiranno primogenito4; questa osservazione è d’altronde in linea con quelle pratiche di compartecipazione al potere e gestione organica degli interessi familiari già messe in evidenza per la tirannide di Pisistrato. Non è possibile ignorare quelle fonti e quella critica che puntualizzano la primogenitura di Ippia e dunque la sua successione diretta al padre Pisistrato nel comando della famiglia: è innegabile perciò che il referente politico dei Pisistratidi e della tirannide ateniese fosse appunto Ippia. Per il fratello minore Ipparco si delinea dunque un ruolo di secondo piano, centrato sulle gestione delle attività culturali e degli aspetti religiosi entro il governo tirannico di Atene e del mecenatismo della corte pisistratide5. Le fonti coinvolgono Ipparco nell’introduzione della poesia omerica ad Atene e possibilmente della redazione di un canone dei canti omerici, ad Ipparco sarebbe da attribuirsi l’introduzione della regola panatenaica che stabiliva le modalità di competizione negli agoni rapsodici delle Grandi Panatenee, egli sarebbe il responsabile dell’erezione di un gran numero di Erme in tutto il territorio ateniese che ebbero funzione e carattere tanto cultuale quanto sapienziale in considerazione delle massime che vi erano iscritte6. Sotto l’aspetto della politica culturale e in relazione alla posizione internazionale dei Pisistratidi, sono interessanti le notizie sulla presenza ad Atene e presso la corte dei tiranni di poeti lirici protagonisti della temperie culturale dell’epoca. Simonide e Anacreonte alla corte dei Pisistratidi Secondo le fonti, Ipparco, durante la tirannide del fratello Ippia, fece venire ad Atene un certo numero di poeti lirici, fra i quali i più celebri furono Simonide di Ceo e Anacreonte di Teo7. I frammenti pervenuti di Anacreonte permettono effettivamente di ricavare espliciti 4 A titolo d’esempio cito i seguenti passi in cui le fonti non identificano con precisione un individuo, Ippia o Ipparco, ma scelgono il riferimento ai “Pisistratidi”: Hdt. VI 39.1, 62.2, 63.2-3, 65, 70.1, 90, VI 103.3, VII 6.4-5; Thuc. VI 54.5-6; Schol. Aristoph. Lys. 665; Aristot. Ath. Pol. 19.3-6; Pol. V 10 (1311a.36-39), V 11 (1313b.24), V 12 (1315b.29s.). ANNIBALETTO 2000, ad Hdt. VII 6, n. 1. 5 Plat. Hipparch. 228b-229d (= Anacr. Test. 6 Page); Aristot. Ath. Pol. 18.1. CAMPBELL 1988, pp. 3s. Pure si tengano presenti le cautele espresse da J.K. Davies sulle caratteristiche storiografiche delle fonti relative a quest’aspetto del carattere di Ipparco: DAVIES 1971, n. 11793. 6 Plat. Hipparch. 228d-229b. MAHAFFY 1892, pp. 85s.; MURRAY 1901, pp. 10-23; DAVISON 1958, pp. 29, 38; LONG 1987, pp. 68, 159s., 170; SHAPIRO 1989, pp. 40-47, 125-132; CALAME 1996, pp. 471-489; PARKER 1996, pp. 89-92; FORD 1999, pp. 231-241; HURWIT 1999, pp. 352. 7 Plat. Hipparch. 228b-229d (= Anacr. Test. 6 Page); Aristot. Ath. Pol. 18.1. BERVE 1967, pp. 66s.; CAMPBELL 1988, pp. 3s.; KEESLING 2000, pp. 60-66; MURRAY 2009, p. 517. 297 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) rimandi all’ambiente ateniese e alla tirannide pisistratide8. Di entrambe queste personalità poetiche la critica letteraria ha messo in evidenza il carattere simposiale della produzione: le liriche sono eminentemente centrate sui temi dei piaceri e dei divertimenti del simposio, del godimento del vino e sull’amore; viceversa si può notare una chiara assenza di argomentazioni politiche o polemiche di alcun tipo; diversamente, buona parte delle liriche simposiali arcaiche menzionano invece direttamente, o allegoricamente, fatti e circostanze politico-sociali, come è il caso, ad esempio, nella produzione di Archiloco, Alceo o Teognide. Da queste caratteristiche la critica ha argomentato che Anacreonte e Simonide vissero alla corte dei tiranni, quali poeti stipendiati dai Pisistratidi per allietare gli ospiti dei simposi e dei ricevimenti presso la loro residenza, un pubblico per il quale i riferimenti poetici ad argomenti controversi, politicamente sensibili o a problemi sociali avrebbero potuto creare tensioni o rotture9. L’analisi dei testi poetici concorda dunque con i riferimenti nelle fonti in merito all’intervento personale di Ipparco il quale avrebbe inviato una pentecontere a prelevare Anacreonte dalla Ionia e avrebbe stipendiato Simonide con compensi e costosi doni10. Della biografia di Anacreonte si è ricostruito che visse ed operò presso la corte del tiranno Policrate di Samo; alla morte di Policrate nel 522 Ipparco avrebbe dunque provveduto all’invio della trireme per prelevare ed ingaggiare il rinomato poeta lirico11. È possibile dunque a mio avviso che fra i poeti non individualmente specificati nel passo aristotelico sopra citato vi fossero anche altre personalità artistiche provenienti dalla ricca e celebre corte tirannica di Samo. Anacreonte sembra sia poi rimasto ad Atene, sopravvivendo alla caduta della tirannide fino ad una età avanzata12. La poesia di Simonide testimonia invece la sua presenza presso la corte dei sovrani Alevadi di Tessaglia e si suppone dunque che egli abbia lasciato Atene dopo il 514, quando fu assassinato il suo patrono Ipparco, oppure dopo la fuga di Ippia nel 51013. È nota poi la presenza di Simonide anche alla corte dei Dinomenidi, tiranni di Siracusa14. Questi dati letterari e biografici sui due poeti lirici e la notizia del loro ingaggio presso la corte di Ippia e Ipparco permettono di trarre alcune conclusioni sulle relazioni internazionali dei Pisistratidi o perlomeno sulla loro posizione nello scenario internazionale. Non sorprende 8 Anacr. frr. 412, 495, 500, Page. CAMPBELL 1988, p. 3s. CAMPBELL 1988, pp. 3s.; LABARBE 1962; KANTZIOS 2005; LAVELLE 2010, s.v. "Tyranny", in BNP. Contro questa interpretazione si potrebbero tuttavia mettere in luce la testimonianza di Anacr. FF 348, 353 Page, in cui è possibile rilevare dei riferimenti all’ambiente politico di Samo, ove il poeta visse prima di giungere ad Atene, vd. CAMPBELL 1988, pp. 3s. 10 Plat. Hipparch. 228b-c; Aristot. Ath. Pol. 18.1. BERVE 1967, pp. 66s. 11 Anacr. Test. 1, 2 ed. Page. CAMPBELL 1988, pp. 3s. 12 Plat. Hipparch. 228c; Paus. I 25.1. 13 Simon. frr. 107, 108DD, ed. Page. SORDI 1958, pp. 61, 84; CAMPBELL 1988, pp. 3s.; MURRAY 2009, p. 517. 14 Timae. FGrHist 566 F 93; Diod. XI.48 3-8. ASHERI 1992, p. 147, 149, 152-154, 170, . 9 298 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) l’interesse dei due Pisistratidi per la poesia lirica simposiale poiché è del tutto in linea con la collocazione sociale dei tiranni entro l’élite aristocratica, politicamente ma anche culturalmente attiva, dell’epoca arcaica. Il dato contribuisce a chiarire l’ampiezza dell’intervento dei tiranni dal punto di vista della molteplicità e varietà degli ambiti sociali e culturali in cui operarono; la presenza di poeti ed artisti di fama alla corte pisistratide fa luce sugli strumenti e i meccanismi di auto-affermazione, di giustificazione del potere tirannico e di visibilità di quel potere ad Atene e nell’Ellade. Una riflessione su questo punto permette di aggiungere ulteriori aspetti ed ambiti delle relazioni internazionali dei Pisistratidi alternativi ed integranti rispetto alle iniziative di natura inter-personale, familiare, politica o diplomatica. Ipparco e Ippia furono cioè non solo attivi nella costruzione delle relazioni inter-aristocratiche e diplomatiche extrapoleiche con altri soggetti politicamente significativi, non solo furono sensibili agli strumenti di visibilità sociale e affermazione di prestigio che offrivano i centri cultuali panellenici: i tiranni ateniesi furono anche attenti osservatori e fruitori delle tendenze artistiche internazionali del proprio tempo, culturalmente partecipi del mondo della poesia e dell’arte su cui l’aristocrazia ellenica e micrasiatica stendeva il proprio patronato. La politica culturale di Ipparco ebbe dunque un chiaro respiro internazionale e una funzione propagandistica: non semplicemente era volta al godimento di produzioni artistiche di lusso: piuttosto la presenza di Anacreonte, Simonide e altri lirici presso la corte dei Pisistratidi aveva la funzione di affermare il loro status e il loro potere, era un segnale rivolto agli ospiti della corte di Ippia, agli aristocratici di Atene e della Grecia, inteso a dimostrare l’appartenenza culturale dei Pisistratidi all’élite internazionale del loro tempo. In questo senso dunque si può concludere che il progetto artistico-culturale di Ipparco si integrasse entro quello strategico-politico portato avanti dal fratello Ippia ed avesse anch’esso un chiaro valore entro il quadro delle relazioni internazionali15. Suscita interesse la constatazione della presenza di Anacreonte prima alla corte di Policrate e poi presso quella di Ippia, in quanto trova una propria contestualizzazione entro la sovrapposizione e la successione degli interventi di Pisistrato e di Policrate nelle Cicladi, a Nasso e a Delo16. Cronologicamente, l’attività di Pisistrato a Nasso e a Delo è da collocarsi ai primi anni della sua tirannide, nel periodo intorno al 545; l’intervento di Policrate fu successivo e può farsi coincidere con la sua tirannide a Samo, nel periodo 537-522, probabilmente verso la fine di quel periodo. Da prospettive differenti e sulla base di queste osservazioni, alcuni studiosi hanno proposto la possibilità che vi sia stato un contatto o un’alleanza fra i tiranni di Atene e di 15 MAHAFFY 1892, pp. 85s. Alleanza di Pisistrato con Ligdami di Nasso: Hdt. I 61; Aristot. Ath. Pol. 15.2s. Alleanza di Policrate con Ligdami di Nasso: Polyaen. I 23.2. 16 299 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) Samo17. A mio avviso si tratta però di notizie configurate in modo troppo disorganico e relative a momenti differenti; soprattutto nessuna fonte pone mai in contatto fra loro i Pisistratidi e Policrate e ancor meno accenna ad un’alleanza fra le due tirannidi: postulare l’esistenza di un’alleanza o di un’intesa non mi pare perciò possibile18. Sicuramente però Pisistrato e Policrate ebbero modo di conoscere le rispettive personalità e i rispettivi interventi in ambito internazionale, se non anche ricevettero notizie in merito agli avvenimenti di Atene e Samo, seppero misurare il significato della fama uno dell’altro e sicuramente avranno avuto uno sguardo vigile sui progetti e sulle iniziative uno dell’altro19; dall’analisi sopra condotta è necessario dedurre infine che i due condivisero affine gusto artistico e cultura letteraria. In questa contestualizzazione di più lungo periodo e di interazione, se pure indiretta, fra Pisistrato e Policrate assume il proprio pieno significato la politica culturale internazionale di Ipparco. Quando cioè Ippia successe al padre nella gestione del potere della tirannide, la presenza di Policrate nelle Cicladi era un tema significativo e allarmante; Ippia e il fratello erano pienamente al corrente della posizione internazionale di Policrate, del potere navale di Samo, del lusso di quella corte, perfino delle personalità artistiche che vivevano presso il tiranno. Nell’iniziativa che vide il trasferimento di Anacreonte dalla corte di Policrate a quella di Ippia ritengo si possa leggere una volontà di emulazione dei giovani tiranni di Atene nei confronti della ricca e famigerata tirannide e talassocrazia di Samo. Durante la sua tirannide, fra gli interventi urbanistici ad Atene, Ippia avviò anche la costruzione di un colossale tempio a doppio peristilio dedicato a Zeus Olimpio: come per il mecenatismo artistico verso Anacreonte, è possibile che fra i moventi per questa iniziativa e questa scelta architettonica vi fosse la volontà di eguagliare le colossali opere pubbliche realizzate a Samo da Policrate, in particolare l’Heraion, ricordate dalla storiografia antica20. In base alla storia delle relazioni di Ipparco con Anacreonte vorrei anzi avanzare l’ipotesi che Ipparco e Ippia avessero avuto modo di frequentare la corte di Policrate, non necessariamente per missioni politiche o diplomatiche, e avrebbero allora potuto apprezzare le liriche del poeta. 17 LEAHY 1957, p. 274, nn. 26, 27, 29 cita a questo proposito le posizioni di H. Bengtson, F. Cornelius, F. Schachermeyr, F.E. Adcock e W.W. How e J. Wells, pur esprimendo il proprio dissenso; ANDREWES 1982 b, p. 403; KEESLING 2005, pp. 409s. 18 PARKE 1946, pp. 105-108; LEAHY 1957, p. 274. 19 Sulle celebri opere urbanistiche di Policrate a Samo e il ragguardevole palazzo del tiranno: Hdt. III 60; Aristot. Pol. 1313b 24 (V 11); Svet. Calig. 21. 20 PARKER 1996, pp. 87-89, 97-99. 300 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) VI.4. L’insediamento pisistratide sul fiume Strimone in Tracia durante la tirannide di Ippia (558-513 ca.) Non vi sono motivi per cui Pisistrato avrebbe dovuto abbandonare l’insediamento familiare al Monte Pangeo sullo Strimone, in Tracia, dopo il 546 e il ritorno ad Atene dall’esilio e le fonti dimostrano di riconoscere che le ricchezze minerarie e le truppe mercenarie provenienti dallo Strimone fossero fra gli strumenti con cui Pisistrato mantenne saldo il proprio potere ad Atene, nel 546 come nel corso di tutta la sua tirannide21. Su queste premesse si può ritenere che nel 527 Ippia ereditò dal padre l’insediamento presso lo Strimone in Tracia e che anche egli poté usufruire dei vantaggi economici e militari che ne derivavano. È corretto riconoscere che non disponiamo per Ippia di attestazioni che lo legano esplicitamente all’insediamento tracico, come sono invece note per Pisistrato; eppure diverse fonti identificano con chiarezza la presenza di un corpo di guardia di mercenari stranieri (epikòuroi o doryphòroi) agli ordini di Ippia, perlomeno fino all’epoca dell’episodio del tirannicidio del fratello Ipparco nel 514: in queste risorse militari a disposizione di Ippia si debbono a mio avviso riconoscere quei medesimi corpi armati di mercenari traci, provenienti dall’area del fiume Strimone, di cui Pisistrato si servì nella battaglia di Pallene e che gli assicurarono il potere fino alla sua morte22. Tuttavia un’analisi della storia della tirannide di Ippia, dopo la presa del potere, delle attestazioni riferite alla Tracia e all’area del Pangeo nonché degli sviluppi geopolitici nell’area tracica nell’ultima parte del VI secolo, porta, a mio avviso, a riconoscere che l’insediamento pisistratide al Pangeo fu effettivamente abbandonato nel corso della tirannide di Ippia all’epoca della spedizione condotta dall’impero persiano in Europa e contro gli Sciti, nel 513. Senz’altro i Pisistratidi avevano lasciato l’area entro il 504 ca: a quell’epoca infatti, dopo il fallimento del tentativo di rientro ad Atene sotto l’egida spartana, Ippia decise di abbandonare definitivamente l’attività diplomatica nella Grecia continentale, ma fra le possibilità che gli si prospettarono nella scelta di una nuova sede, né Rhaikelos, né il Pangeo o la foce dello Strimone, né la Tracia in genere, vengono affatto menzionati; piuttosto egli scelse di ritirarsi presso la colonia di Sigeo in Troade23. Sigeo era in controllo di Egesistrato, fratello per parte di padre di Ippia stesso, da poco dopo il 546, e sorgeva in una posizione strategicamente cruciale. Diversamente da Sigeo, che era di fatto una colonia ateniese pur in controllo della tirannide 21 Hdt. I 64.1; Aristot. Ath. Pol. 15.2. HOPPER 1961, pp. 141-146; COLE 1975; STAHL 1987, pp. 201, 227s. Thuc. VI 56.2, 57.1, 4, 58.2; Aristoph. Eq. 447-449; Aristot. Ath. Pol. 18.4; riflessione generale sui corpi di guardia usati dai tiranni in Aristot. Pol. 1285a-1286b (III 14s.). Nel senso di una eredità non solo del potere, ma anche della guardia armata del tiranno, potrebbe leggersi Polyaen. I 21.3. DREWES 1972, pp. 141s.; BING 1977, p. 111; RHODES 1981, ad Aristot. Ath. Pol. 15.2, p. 207s.; LINTOTT 1982, p. 15-31; FINE 1983, pp. 225s.; FROST 1984, pp. 291-293; DE LIBERO 1996, pp. 65s.; DE LIBERO 1998. Contra BETTALLI 1995, pp. 88-90. 23 Hdt. V 91.1. MERITT 1939, pp. 115-119; MCGREGOR 1987, p. 13. 22 301 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) pisistratide, lo stanziamento sul fiume Strimone in Tracia aveva il chiaro carattere di un insediamento familiare, cioè un possedimento di cui Ippia e i Pisistratidi avrebbero potuto disporre in completa autonomia e libertà; le risorse che l’area rendeva disponibili potevano rivelarsi di grande utilità in vista di un possibile rientro ad Atene, come infatti si era dimostrato per suo padre Pisistrato nel 556-546. Ciononostante, nel 504 ca., Ippia preferì recarsi a Sigeo piuttosto che in Tracia: si dovrà inferire, a mio avviso, che in quel momento i Pisistratidi non disponessero più della loro posizione in Tracia24. Il 504 ca. costituisce dunque un sicuro terminus ante quem per l’abbandono da parte dei Pisistratidi dei loro interessi in Tracia; nondimeno ritengo si debba risalire di un altro decennio nella ricerca delle circostanze che segnano la fine dell’insediamento al Pangeo. Nel 513 il Gran Re di Persia Dario I compì una prima spedizione in Europa con l’intento di conquistare la Tracia e di effettuare una incursione contro gli Sciti a nord dell’Istro; la datazione di questa cosiddetta spedizione scitica è di non semplice soluzione, ma un’analisi delle fonti, sia greche che persiane, e della critica più attenta alla cronologia dei regni dei sovrani achemenidi porta a collocare l’episodio con buona sicurezza entro il biennio 513-51225. La conquista della Tracia fu affidata da Dario al generale persiano Megabazo le cui operazioni portarono all’occupazione della Tracia affacciata sull’Egeo settentrionale, dall’Ellesponto fino all’area dello Strimone, e di significative porzioni dell’entroterra; i territorio conquistati furono inseriti nell’organizzazione achemenide con la creazione della nuova satrapia di Tracia (Skùdra nella fonti persiane)26. Le risorse principali della satrapia erano oro e argento come dimostrano i beni tramite cui era versato il tributo al Gran Re: da questo dato è possibile comprendere meglio, e da una prospettiva non-ellenica, quale fosse l’interesse internazionale per la posizione strategica e per le risorse della Tracia. Nella narrazione piuttosto dettagliata preservata dalle fonti non vi è menzione della presenza di insediamenti ateniesi o pisistratidi nella zona del Pangeo: piuttosto il soggetto politico con cui i Persiani entrarono in contatto furono i Traci; è sicuro peraltro che le operazioni persiane interessarono tanto le aree costiere quanto l’entroterra27. Specificamente l’area del monte Pangeo e del fiume Strimone ebbero una rilevante importanza strategica per le operazioni militari di Megabazo nel 513-512, nonché per le scelte organizzative e politiche operate da Dario negli anni successivi alla spedizione scitica. La narrazione erodotea dimostra infatti di conoscere interessanti dettagli della campagna di 24 DAVERIO ROCCHI 1973, pp. 95-99. Vd. supra, n. 857 pp. 247ss. 26 OLMSTEAD 1939, p. 308s.; CAMERON 1943, p. 312; BALCER 1972, soprattutto pp. 124-126; TALBERT 1985, p. 18; FOL-HAMMOND 1988, pp. 246-249. 27 BURY, 1897; FOL-HAMMOND 1988. 25 302 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) Megabazo sul confine dello Strimone e in prossimità del monte Pangeo e riporta i successi e le difficoltà incontrate dal generale persiano nell’assoggettamento delle numerose popolazioni traciche28. Dalla medesima fonte si evincono il valore strategico-geografico del fiume Strimone e del parallelo fiume Axio, più a occidente e la condizione delle vie di comunicazione che conducono dalla Tracia verso la confinante Macedonia29. Poco tempo dopo il rientro in Asia, nel 512 ca., in riconoscenza dei meriti acquisiti durante la spedizione scitica, Dario ricompensò il greco Istieo, tiranno di Mileto, con la concessione di un insediamento a Mircino, un sito localizzato 25 Km a nord del costone montuoso del Pangeo30. Anche negli anni successivi al 512 e all’installazione di Istieo presso Mircino, l’area deve considerarsi di particolare sensibilità poiché il generale Megabazo non rinunciò a influenzare le decisioni di Dario in merito alla gestione dello sfruttamento e dell’insediamento di Mircino e dell’area tracica31. Sia l’occupazione persiana della Tracia che l’importanza strategica degli insediamenti lungo il fiume Strimone sono riconfermate ancora nel 486-480, all’epoca in cui il Gran Re Serse andava approntando la spedizione contro la Grecia: uno dei quattro siti in cui si raccolsero i rifornimenti per l’esercito di Persia fu Eione, una località sulla foce dello Strimone a pochissimi chilometri dal promontorio del Monte Pangeo32. In tutte le circostanze sopra discusse non compare né si allude mai alla presenza di insediamenti pisistratidi, né ateniesi o principalmente greci; eppure, il contesto strategico di grandi cambiamenti e di interessante mobilità avrebbe imposto necessariamente ai Pisistratidi di intervenire o interagire con i Traci o con i Persiani. Il silenzio delle fonti va dunque interpretato come il segno dell’assenza dei Pisistratidi dall’area. In conclusione, mi pare che il periodo della spedizione di Dario in Tracia costituisca un contesto storico e cronologico appropriato per la fine dell’occupazione pisistratide al Pangeo: lo stanziamento dell’esercito persiano, la riorganizzazione amministrativa del territorio e lo sfruttamento delle risorse minerarie da parte dell’impero achemenide mi paiono infatti moventi sufficienti perché i Pisistratidi si vedessero costretti a lasciare la Tracia33. Successivamente al 514 la situazione ad Atene divenne 28 Hdt. V 15s.: Megabazo conquistò tutti i Traci: Peoni, Siriopeoni, Peopli, fino al Lago Prasia (Prasiados limne); non riuscì a completare l’assoggettamento dei Traci che abitavano il Monte Pangeo, né quelli che abitavano il lago Prasia: Doberi, Agriani e Odomanti (tr. it. NENCI 2006) 29 Hdt. V 17. DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 51s. sul valore dei fiumi come segno territoriale di confine. 30 Hdt. V 11. 31 Hdt. V 23: Megabazo convinse Dario a ritirare Istieo da Mircino poiché le ricchezze minerarie, le risorse naturali di legname e la disponibilità di mercenari rendevano l’affidamento dell’insediamento al Greco troppo pericoloso. 32 Hdt. VII 25. 33 SELTMAN 1924, p. 84 ritiene che l’abbandono del Pangeo e delle miniere da parte dei Pisistratidi sia da datare al 512; HOPPER 1961, pp. 141-146 ritiene che un collegamento fra Atene e l’area mineraria del Pangeo sia rimasto attivo fin anche dopo la spedizione scitica di Dario e dunque fino ai primi anni del V secolo; FINE 1983, pp. 225s. offre una ricostruzione, datazione e contestualizzazione in tutto affini a quella qui proposta. 303 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) particolarmente difficile per Ippia e si mettono in evidenza i segni del tracollo del suo potere tirannico locale: ad Atene una congiura aristocratica assassinò il fratello Ipparco, sia fuori dell’Attica che entro la penisola si intensificò l’attività degli esuli alcmeonidi, Ippia sembra avesse perso l’appoggio fra i concittadini e avviò la ricerca di nuovi alleati personali all’esterno; la situazione infine precipitò nel 510 con l’espulsione dei Pisistratidi da Atene durante l’arcontato di Arpactide34. Considerando la datazione sopra proposta per la fine dell’occupazione in Tracia, mi pare plausibile porre una relazione causale fra l’interruzione dell’afflusso di ricchezze e mercenari dal Pangeo con la serie di difficoltà che la tirannide incominciò proprio allora ad affrontare nel mantenimento del potere ad Atene e infine con l’espulsione nel 51035. VI.5. L’esclusione dei Pisistratidi dalle Cicladi Nel 546 Pisistrato e Ligdami di Nasso si legarono in un’alleanza personale reciproca in osservanza della quale il Nassio fornì risorse economiche e militari (chrèmata kai àndras) a Pisistrato per assicurargli la presa della tirannide ad Atene e viceversa Pisistrato intraprese presto (545ca.) una spedizione navale che rese Ligdami tiranno di Nasso36. L’alleanza, si è argomentato, ebbe sia un carattere personale e reciproco fra i due uomini di potere, sia una funzione politica e civica volta ad assicurare ad Atene un accesso facilitato nell’area delle Cicladi. Nasso inoltre servì a Pisistrato come luogo sicuro ove esiliare in ostaggio membri delle famiglie che più si erano opposte al suo rientro ad Atene. La cattura di Nasso si associa, strategicamente e propagandisticamente, alla purificazione da parte di Pisistrato del santuario di Apollo a Delo. Dopo questi fatti vengono a mancare notizie relative alla posizione della tirannide pisistratide nelle Cicladi, a Nasso o a Delo; gli interessi di Atene e dei Pisistratidi nelle Cicladi mi paiono nondimeno di importanza tale da richiedere un tentativo di ricostruzione della storia di quell’area geografica, cioè della relativa posizione di Pisistrato per il restante periodo di tirannide e successivamente della politica seguita da Ippia. La talassocrazia di Policrate di Samo È noto che poco più di un decennio dopo l’incursione marittima di Pisistrato a Nasso e a Delo l’Egeo orientale e le Cicladi furono interessate dall’azione diplomatica e militare di 34 Hdt. V 65; Aristot. Ath. Pol. 19.6. URE 1922, pp. 291s. suggerisce questa considerazione, ma associa causalmente la fine delle disponibilità di risorse dal Pangeo alla data del 510 e dunque alla caduta della tirannide. 36 Hdt. I 61; Aristot. Ath. Pol. 15.2-3. 35 304 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) Policrate, tiranno di Samo. Le fonti preservano una narrazione piuttosto completa della storia della tirannide di Policrate dalla sua ascesa fino alla morte37. Policrate e i suoi fratelli conquistarono la tirannide di Samo anche in virtù dell’aiuto giunto loro da Ligdami, il tiranno che Pisistrato aveva imposto a Nasso; presto poi Policrate estromise i fratelli dal potere e fu l’unico e incontestato tiranno di Samo. Policrate resse la tirannide a Samo dal 533 al 522/21; in tale periodo egli condusse una politica di intenso attivismo militare e navale che portò la tradizione storiografica ad ascrivere al tiranno e alla sua polis una delle talassocrazie storiche38: la fama e i successi di Policrate furono conosciuti e ammirati nella Ionia e in tutta la Grecia; egli giunse ad allestire e comandare una flotta di 100 pentecontere e di 40 triremi e un esercito di 1000 arcieri e di soldati mercenari con cui praticò una spietata pirateria nell’Egeo39; conquistò numerose isole e città della costa micrasiatica, sconfisse in battaglia, catturò e schiavizzò le forze alleate di Lesbo e Mileto e difese con successo Samo e il proprio potere tirannico dall’assedio portato da Sparta in aiuto degli esuli politici40; intrattenne relazioni diplomatiche con le potenze vicino-orientali, l'Egitto e la Persia, ed è possibile ricostruire come egli sia stato un importante elemento strategico nelle vicende dell'espansione dell'impero achemenide nell'Egeo orientale e della conquista dell'Egitto41. Nel quadro dell’imposizione della talassocrazia samia nell’Egeo orientale a partire dal 530 ca. Policrate conquistò e dedicò al santuario di Apollo Delio l’intera vicina isola di Rheneia, legandola con una catena all’isoletta 37 Anacr. Fr. 349, 353, 483, 491 Page; Hdt. III, 39-48, 54-56, 120-128, 139-149; Thuc. I 13, III 104; Diod. Sic. I 95, X 16; Plut. De Her. Mal. 21 (Mor. 859b-d); Polyaen.I 23.1-2; Euseb. Chron. ap. Hieron. p. 185g Helm; Suda s.v. Ταῦτά σοι καὶ Πύθια καὶ ∆ήλια T 175 Adler. Nel caso di Erodoto la critica identifica un lògos policrateo, il nono dell’opera; inoltre la critica nota che, in considerazione della sua origine micrasiatica, è naturale che questo storico possedesse una buona dimestichezza con la storia di Samo. IMMERWAHR 1957; IMMERWAHR 1966, pp. 104s.; BERVE 1967, pp. 107-116; DREWES 1969; BAKKER 2002, pp. 16-19; DE JONG 2002, pp. 250-258; DEWALD 2002, pp. 274-289 RAAFLAUB 2002, pp. 183s.; ASHERI 2007, ad Hdt. III 39-60, 120-128. 38 Quella di Policrate fu la prima talassocrazia storica secondo il criterio seguito da Erodoto (Hdt. III 122.2) e una delle poche esplicitamente ricordate da Tucidide (Thuc. I 13.6) il quale include però anche personaggi della mitologia; la talassocrazia attribuita a Policrate da Erodoto e Tucidide può identificarsi nella tredicesima della lista di talassocrazie preservata dalla cronologia di Eusebio e attribuita ai Sami: malgrado la data non possa ricavarsi dal testo, il suo inizio è certamente collocato nel periodo di poco successivo al 540 (Euseb. Chron. arm. p. 321 Aucher). WHITE 1954; BARRON 1964; FORREST 1969 b, pp. 95-98; HAAS 1985, pp. 37-39; HORNBLOWER 1997, ad Thuc. I 13. 39 Hdt. III 39, 45. BERVE 1967, pp. 107-113; Sulle navi utilizzate da Policrate vd. COATES-MORRIS-RANKOV 2000, pp. 40s.; SCOTT 2000, p. 108. Sulla Pirateria samia e di Policrate: TOD 1933, n. 7; HAAS 1985, pp. 37-41; SHIPLEY 1987, pp. 69-72, 94-96; GREAVES 2000, pp. 48s.; JACKSON 2000, pp. 141-149. 40 GREAVES 2000, pp. 48-52; JACKSON 2000, p. 142 sulla conflittualità fra Samo e Mileto. 41 Anacr. F 491 ed. Page; Hdt. II 178, 182, III 39-48, 54-56, 120-125, 139-149; Thuc. I 13.6, III 104.2; Diod. X, 16, 4. ANDREWES 1958, pp. 117-122; FORREST 1969 b, pp. 96-98; MOSSÉ 1969, pp. 15-19; HERMAN 1987, pp. 17, 46 n. 14, 60, 168; SHIPLEY 1987, pp. 94ss.; AUSTIN 1990, p. 292s., 298-304; DE LIBERO 1996, pp. 176-181; HORNBLOWER 1997, p. 46; JACKSON 2000, p. 142; ASSMANN 2001, pp. 401-408; WIESEHÖFER 2003, pp. 24-32, 40-71; ANDERSON 2005, p. 184; RAVIOLA 2005, pp. 114s.; MAZZARINO 2007, pp. 150s., 233s. 305 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) sacra e in quell’occasione tentò, seppure senza successo, di reintrodurre la celebrazione dell’antica panégyris degli Ioni42. Il confronto fra la storia della politica egea di Pisistrato e la storia della tirannide e della talassocrazia di Policrate di Samo mette in luce con chiarezza analogie nei metodi e una sovrapposizione degli ambiti di interesse fra i due tiranni, specificamente nell’instaurazione di un controllo militare, politico e culturale entro l’arcipelago cicladico. È mia intenzione argomentare che queste analogie debbano interpretarsi come il segno di un processo storico e strategico che vide la retrocessione dei Pisistratidi e di Atene dalla posizione guadagnata nelle Cicladi e la sostituzione del loro controllo sull’arcipelago con quello di Policrate di Samo. L’alleanza fra Ligdami e Policrate La cronologia della presa del potere da parte di Policrate non è sicura ed oscilla nelle ricostruzioni della critica entro il decennio degli anni ’30 del VI secolo; la data più probabile sembra comunque essere quella del 533 trasmessa da Eusebio, ma non è da escludersi la possibilità di risalire all’inizio del decennio, al 53743. Sull’inizio della tirannide perviene, tramite Polieno, la notizia che la conquista dell’acropoli non consentì effettivamente a Policrate e ai suoi fratelli la presa salda del potere, ma essi furono in grado di prendere la tirannide di Samo quando giunsero i soldati (stratiòtai) inviati in loro aiuto da Ligdami di Nasso44. Al più tardi dunque nel 533 Ligdami fornì il proprio aiuto a Policrate, nella forma dell’invio di un contingente militare, con lo scopo di contribuire a renderlo tiranno di Samo. Il modello di comportamento adottato da Ligdami in quell’occasione è in tutto simile a quello che egli aveva seguito nel 546 nei confronti di Pisistrato: come con Pisistrato, Ligdami intervenne a favore di Policrate in un momento per quest’ultimo cruciale, contribuendo al successo della pericolosa iniziativa e dunque vincolando Policrate ad un debito di riconoscenza verso di sé; per iniziativa di Ligdami si istituì così un’alleanza personale e reciproca fra i due tiranni. Nel caso di Pisistrato è possibile riconoscere nella conquista di Nasso la dimostrazione e il compimento della chàris, cioè la riconoscenza, con cui egli ricambiò la precedente azione favorevole, euergesìa, ricevuta da Ligdami. Nel caso dell’alleanza fra Policrate e Ligdami non si dispone di 42 Thuc. I 13.6, III 104.2; Suda s.v. Pu/qia kai\ Dh/lia, P 3128 Adler; s.v. Ταῦτά σοι καὶ Πύθια καὶ ∆ήλια, T 175 Adler. SHAPIRO 1989, pp. 48s. 43 Euseb. Chron. ap. Hieron. p. 185g Helm, data al 533 la presa della tirannide di Policrate e dei fratelli a Samo; tuttavia alcuni critici fanno notare che l’opera cronografica potrebbe confondendere la data dell’acmé del tiranno con quella della presa del potere; mi pare significativo inoltre che in un paragrafo a questo poco precedente del Chronicon (Euseb. Chron. ap. Hieron. p. 182m Helm) anche la presa della tirannide di Pisistrato venga datata con 4 anni di ritardo, al 542 piuttosto che al 546. PETER 1882, p. 32; SANDYS 1912, ad Aristot. Ath. Pol. 15.3, p. 62; WHITE 1954; BARRON 1964, soprattutto pp. 210-223; HIND 1974, pp. 15s.; DE LIBERO 1996, pp. 259s.; COBET 2011, s.v. “Polycrates”, in BNP. 44 Polyaen. I 23.2. SANDYS 1912, ad Aristot. Ath. Pol. 15.3, p. 62. 306 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) notizie relative a come Policrate abbia ricambiato la benemerenza di Ligdami; non dubito però che gli anni successivi provarono la lungimiranza di Ligdami nel scegliere un alleato che sarebbe divenuto, per un decennio, un motore cruciale della storia dell’Egeo orientale: Ligdami si assicurò in primo luogo un alleato potente che dall’esterno sarebbe potuto intervenire in caso di dissidi che mettessero a repentaglio il suo potere personale a Nasso, mentre a livello diplomatico protesse l’autonomia e la posizione di Nasso nelle Cicladi e poté forse ampliare il campo di intervento nassio verso le coste micrasiatiche45. In mancanza di notizie in contrario, si deve certo ritenere che nel 533 fosse d’altronde ancora valida e attiva l’alleanza che legava Pisistrato e Ligdami: il contatto stabilito da Ligdami con Policrate non è cioè affatto da considerarsi come una testimonianza dell’interruzione della sua più vecchia alleanza con il tiranno ateniese; al contrario era normale che tiranni e aristocratici volessero ampliare in molteplici direzioni la propria rete di alleanze, legando a sé individui e gruppi familiari provenienti da molteplici poleis e ambiti regionali, moltiplicando e diversificando dunque i contesti di intervento di ciascuno. Seguendo all’estremo questa constatazione, parte della critica ritiene che l’alleanza fra Ligdami e Policrate avrebbe potuto costituire una sorta di ponte diplomatico perché entrassero in contatto reciproco i Pisistratidi e Policrate, oppure che esistesse una sorta di alleanza tripartita che associava fra loro Ligdami, Pisistrato e Policrate nella prospettiva di una forma di condominio sull’Ellade, una spartizione fra loro della Grecia continentale, della Grecità d’Asia Minore e delle poleis insulari dell’Egeo. Questa ricostruzione è però a mio avviso da rifiutarsi in primo luogo per l’assenza di attestazioni o anche minime inferenze al riguardo e inoltre perché la sovrapposizione di interessi e l’emulazione di comportamenti fra Pisistrato e Policrate nelle Cicladi, che si sta qui analizzando, mi pare indirizzi piuttosto alla ricostruzione dell’esistenza di motivi di attrito ed ostilità fra i due46. La notizia dell’alleanza fra Ligdami e Policrate contribuisce dunque ad insinuare i primi dubbi sulla tenuta del potere pisistratide nelle Cicladi nel periodo intorno al 533 e sulla capacità effettiva del tiranno ateniese di agire come protettore della comunità culturale degli Ioni: accogliendo questi dubbi assume infatti un senso e un movente il fatto che Ligdami abbia reputato utile o necessario trovare allora e di propria iniziativa un alleato nuovo, forse più affidabile, nell’emergente tirannide di Samo. D’altronde quando Ligdami si associò a Policrate, 45 BLAKESLEY 1854 vol. I, pp. 46s.; HIND 1974, pp. 15s.; FORREST 1982 a, pp. 258s.; HERMAN 1987, pp. 90s.; CRAIK 1996, pp. 891s.; POSTLETHWAITE 1998, p. 183. 46 HOLM 1894, p. 108; LEAHY 1957, pp. 274s.; MILLER 1971, pp. 28s. 307 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) questi ancora non deteneva quel potere talassocratico per cui passò alla cronaca della storiografia e che ne determinò il decisivo ruolo nei rapporti di potere internazionale. Le narrazioni sia di Erodoto che di Tucidide stringono esplicitamente un nesso cronologico fra il regno di Cambise in Persia e la talassocrazia di Policrate: indipendentemente dalla data in cui si accetta abbia avuto inizio la tirannide a Samo, nel 533 oppure all’inizio di quel decennio, è dunque solo a partire dal 530 in poi che si dovrà porre l’estensione del controllo politico-militare di Policrate dalle coste dell’Asia Minore alle acque delle Cicladi e viceversa dunque la retrocessione della libertà d’azione dei Pisistratidi in Egeo47. La ricostruzione di una capacità militare più incisiva e di un dominio marittimo più stretto a partire dal 530 è del tutto coerente con il ruolo che Policrate venne a ricoprire, appunto nel medesimo periodo, nello scenario diplomatico-militare del Vicino Oriente, nei rapporti con l’impero achemenide e con l’Egitto faraonico: la posizione significativa che Policrate fu in grado di ricavare per sé e nei confronti di queste potenti realtà statali orientali si appoggiò interamente sulla capacità militare e navale sua privata e di Samo. L’episodio che potrebbe essere individuato come segno dell’acmé delle capacità di intervento internazionali della tirannide samia risale al periodo di poco precedente alla conquista persiana dell’Egitto, avvenuta nel 525, quando Policrate allacciò contatti diplomatici sia con il Gran Re Cambise che con il faraone egizio Amasi e fu un elemento del bilanciamento di potere fra le due potenze orientali precedentemente alla crisi del 525 che vide il crollo dell’Egitto48. La capacità militare samia è ribadita poco dopo, nel 524, dalla vittoriosa difesa della tirannide contro l’assedio congiunto del contingente spartano e della flotta corinzia. In conclusione, già al momento dell’ascesa di Policrate, nel 533, la scelta di Ligdami potrebbe forse interpretarsi come un primo, vago, segno di disinteresse per le prerogative precedentemente accordate a Pisistrato e ad Atene. A partire dal 530 Policrate andò poi assumendo un ruolo diplomatico e militare di rilievo internazionale e certamente divenne allora un fattore di vantaggio diplomatico per Ligdami e viceversa di preoccupazione per Pisistrato e i suoi figli, in considerazione dell’area di contingenza che Samo e Atene avevano nelle Cicladi. Dagli anni intorno al 525 Policrate può considerarsi una delle potenze indiscusse dell’Egeo orientale e delle Cicladi, perlomeno fra i Greci, un potere di fronte al quale i Pisistratidi non potevano sperare di opporsi. Fino a quel periodo, e dunque fino agli ultimi anni di vita di Pisistrato, è possibile d’altronde conservare per i tiranni e per la polis di Atene il quadro di una presenza navale e diplomatica nelle Cicladi, se pure di segno gradualmente declinante. 47 48 OLMSTEAD 1982, pp. 60-66; AUSTIN 1990; ASSMANN 2001, pp. 401-408; WIESEHÖFER 2003, pp. 24-32, 40-71. COOK 1937, pp. 232, 235s.; PARKE 1946; MILLER 1971, pp. 25-32; DOPICO CAINZOS 1997, pp. 532-536. 308 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) Policrate nuovo prostàtes di Delo La strategia seguita da Policrate nell’espansione entro le Cicladi fu tripartita, fondata senz’altro sull’appoggio dell’alleato Ligdami a Nasso, su una propaganda religiosa e culturale presso Delo, ma principalmente sulla conquista armata: secondo il lessico usato dalle fonti bisognerà ritenere infatti che l’intervento di Policrate presso le isole egee di Delo e Rheneia abbia avuto carattere militare e l’esito di imporre una forma di sottomissione a quelle ed altre città-stato (τῶν νήσων ὑπηκόους ἐποιήσατο καὶ Ῥήνειαν ἑλὼν ἀνέθηκε)49. Conquista l’isola di Rheneia, vicinissima a Delo, Policrate fece di quell’intero territorio una offerta dedicatoria al santuario di Apollo, legando le due isole con una catene sospesa sul braccio di mare che le separava. Sempre in quelle circostanze Policrate istituì una celebrazione religiosa agonale a Delo per onorare il culto di Apollo; sul nome da dare a quella festa, “Pýthia” oppure “Délia”, il tiranno interrogò l’oracolo di Delfi, ma la Pizia espresse il disinteresse di Apollo e la premonizione che presto Policrate sarebbe venuto a morire50. È chiaro che il movente dell’intervento dedicatorio di Policrate a Delo fu del tutto affine all’operato di Pisistrato nel 54551. Anche Pisistrato aveva condotto una spedizione navale militare nelle Cicladi, alla conquista di Nasso; una volta sottomessa l’isola e affidata alle cure della tirannide dell’alleato Ligdami, egli purificò l’isola di Delo rimuovendo le tombe visibili dal santuario di Apollo. Per Pisistrato l’iniziativa religiosa a Delo aveva avuto uno scopo propagandisticoculturale a supporto della strategia di posizionamento dei Pisistratidi e di Atene nelle Cicladi52: identici moventi ritengo si possano ascrivere alle scelte di Policrate, in considerazione degli interessi strategici della sua tirannide e delle analogie della sua talassocrazia con la politica cicladica precedentemente seguita da Pisistrato. Come Pisistrato in precedenza, anche Policrate intendeva in questo modo dare al mondo greco prova della propria devozione verso Apollo e guadagnare altresì il favore degli abitanti e del clero dell’isola sacra ponendosi come prostàtes del santuario, del culto e degli Ioni; il destinatario privilegiato di queste dimostrazioni propagandistiche, oltre ai Delii, erano dunque i Greci insulari e dell’Asia Minore fra i quali Policrate affermava appunto il proprio primato e a cui proponeva simbolicamente la propria guida, non solo militarmente con il potere navale, ma in questo modo anche ideologicamente al cospetto della divinità apollinea ionica53. 49 Thuc. I 13.6. Thuc. I 13.6, III 104.2; Suda, s.v. Πύθια καὶ ∆ήλια, P 3128 Adler, s.v. Ταῦτά σοι καὶ Πύθια καὶ ∆ήλια, T 175 Adler. 51 MILLER 1971, pp. 28s.; SHAPIRO 1989, pp. 48-60. 52 Hdt. I 64; Thuc. III 104. 53 Thuc. I 13.6, III 104.2; Suda, s.v. Ταῦτά σοι καὶ Πύθια καὶ ∆ήλια, T 175 Adler. JEBB 1880, p. 19; PARKE 1946; CRAIK 1996, p. 900. 50 309 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) Stando alla risposta oracolare in merito al nome della festa agonale creata da Policrate, gli eventi che videro la dedica di Rheneia e il tentativo re-istituire la festività pan-ionica andrebbero collocati verso la fine della vita e dell’operato di Policrate. Dalla sincronia con la transizione fra il regno di Cambise e quello di Dario I in Persia è noto che il tiranno morì nel 522: dunque una data plausibile per la conquista di Rheneia ricade nel periodo 525-52254. Entro il decennio della talassocrazia samia, a partire dal 530, il primo periodo deve dunque essere considerato come una fase di ascesa, affermazione diplomatica ed espansione, senza contare la necessità per Policrate di gestire la propria posizione di fronte ai cambiamenti drammatici che accompagnarono la conquista persiana dell’Egitto nel 525; l’intervento a Rheneia e a Delo nel 525-522 è da interpretarsi come il segno di un’imposizione definitiva forte e personale dell’autorità e degli interessi di Policrate nel cuore dell’arcipelago cicladico55. Si può collocare perciò entro questo periodo l’abbandono pressoché completo della politica cicladica da parte dei Pisistratidi sotto il comando di Ippia e la loro sostituzione con l’autorità di Policrate. La tirannide di Ippia: l’abbandono delle Cicladi Raccogliendo le notizie trasmesse dalle fonti storiografiche, riconsiderando l’analisi finora condotta sui moventi e sui metodi dell’operato di Policrate e infine tenendo presenti le ricostruzioni cronologiche ricavate, mi pare si possa giungere alla conclusione che ci si trovi davanti ad un processo storico graduale per cui, cominciando dagli ultimi anni della tirannide di Pisistrato e successivamente nel passaggio alla tirannide di Ippia ad Atene, i Pisistratidi si videro estromessi dall’area strategico-politica delle Cicladi. Il fatto che sia stato lo stesso Ligdami ad interessarsi a fondare un’alleanza con il nascente potere tirannico di Samo, fin dal 533, se non dal 537, può dare adito alla ricostruzione secondo cui l’uscita dei Pisistratidi dall’areale strategico delle Cicladi non soltanto fu una conseguenza dello sforzo espansivo della tirannide di Samo, che giunse infatti ad imporsi colà solo intorno al 54 É logico e necessario associare la dedica di Rheneia al santuario di Apollo con il tentativo di re-istituzione della celebrazione delia: i due interventi fecero parte non solo della medesima strategia ma anche di una medesima spedizione militare e diplomatica. D’altro canto le fonti sono esplicite nel collocare il tentativo di introdurre la festività a Delo in un periodo prossimo alla morte di Policrate avvenuta nel 522. Nel periodo 525-524 Policrate fu impegnato prima nelle trattative diplomatiche con il sovrano persiano Cambise e Amasi il faraone egizio e successivamente nella difesa dalla spedizione spartana: su questi presupposti la maggior parte della critica desume di poter collocare la spedizione di Policrate a Delo nel periodo 523-522. D’altronde Tucidide sembra stringere un forte nesso cronologico fra il regno di Cambise, la talassocrazia samia e la dedica di Rheneia: ritengo che la campagna per la conquista dell’Egitto, nel 525, potrebbe essere stata quell’evento del regno di Cambise che fu preso come riferimento cronologico dai testimoni, delii o delfici, che preservarono la notizia raccolta successivamente da Tucidide. In questa prospettiva ci sarebbero i presupposti sufficienti per collocare gli eventi della tirannide di Policrate relativi a Delo nel 525 ca., in alternativa alla data del 523-522. Thuc. I 13, III 104; Suda, s.v. Πύθια καὶ ∆ήλια, P 3128 Adler, s.v. Ταῦτάσοι καὶ Πύθια καὶ ∆ήλια, T 175 Adler. PARKE 1946; LEAHY 1957, pp. 273; FORREST 1969 b, pp. 96-98; HORNBLOWER 1997, ad Thuc. I 13. 55 MILLER 1971, pp. 25-28. 310 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) 525, ma piuttosto anche in parte il risultato di una disattenzione, o dell’abbandono volontario delle iniziative, di Atene e della famiglia tirannica stessa: è possibile cioè che a distanza di qualche anno dopo il primo intervento a Nasso e a Delo, nel periodo 545-537/533, Pisistrato abbia voluto reindirizzare le proprie risorse finanziarie e strategiche verso altri obiettivi, in particolare cioè verso l’area ellespontica e verso il consolidamento della rotta commerciale e cerealicola del Ponto Eusino che appunto nell’ultimo quarto del VI secolo andava acquistando vivacità e importanza56. La descrizione delle fonti e l’analisi storica e geopolitica concordano nel presentare Samo come dotata di eccezionali capacità e risorse militari, soprattutto navali, sotto il comando di Policrate, a partire dal 530 in poi, al punto da costituire motivo di calcolo politico non solo per le poleis elleniche dell’Asia Minore, ma finanche per gli imperi orientali di Persia ed Egitto: a partire dal 530 Atene e i Pisistratidi non furono perciò in condizione di avversare, né politicamente né tantomeno militarmente, l’espansione dell’influenza di Policrate sulle isole greche57. Non pervengono notizie di scontri fra le tirannidi o le poleis di Atene e Samo: perciò la conclusione necessaria è che i Pisistratidi abbiano rinunciato pacificamente, se non volontariamente, ai propri interessi dalle Cicladi. La cronologia che si è giunti a stilare per l’espansione della talassocrazia di Policrate nelle Cicladi non è lontana dal coincidere con l’epoca del passaggio dalla tirannide di Pisistrato a quella di Ippia: nella seconda generazione della tirannide ateniese si deve dunque individuare il momento di svolta nella politica marittima dei Pisistratidi e di Atene e il momento di rottura degli equilibri a favore di Policrate. Nel 528/7, alla morte di Pisistrato, Ippia ereditò la tirannide e la posizione di capofamiglia: insieme a queste, al nuovo tiranno sarebbero dovuti passare anche l’alleanza personale che aveva legato la sua famiglia a Ligdami di Nasso nonché il rapporto privilegiato che Pisistrato aveva costruito nel 545 con il santuario di Delo58. Di queste due direttrici diplomatiche e strategiche non si può però inferire traccia alcuna nella ricostruzione della storia della tirannide di Ippia. Per entrambi i contatti, con Nasso e con Delo cioè, non poté trattarsi che di una eredità poco più che formale e nominale, senza alcuna validità e praticità e senza alcuna conseguenza: ritengo perciò che entrambe le relazioni si fossero da tempo raffreddate, ancora quando Pisistrato era in vita, e con il passaggio di potere alla generazione tirannica successiva nessuna delle due fu rinnovata. Deve essere stata intenzione di entrambe le parti, sia 56 URE 1922, p. 63; NOONAN 1973; ANDREWES 1982 b, pp. 404s. Hdt. II 182, III 39s., 44. HERMAN 1987, p. 60; AUSTIN 1990, pp. 292s. 58 SUTHERLAND 1943, p. 142. 57 311 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) di Ippia che di Ligdami, lasciare decadere la validità della relazione di reciprocità che aveva legato il Nassio ai Pisistratidi poiché per nessuna delle due parti quella relazione presentava ormai alcuna utilità nel 527: Ligdami governava ormai sotto l’egida della temibile talassocrazia di Policrate il quale appunto pochi anni dopo avrebbe dato prova della propria capacità militare fra l’altro conquistando varie isole cicladiche e Rheneia; Ippia, dal canto suo, doveva essere a conoscenza della fedeltà con cui l’antico alleato si era legato a Policrate e doveva mancare dunque di alcun motivo per confidare nell’appoggio dell’autorità di Nasso per favorire la sua famiglia o suoi concittadini nell’arcipelago e presso Delo, di fronte e a scapito degli interessi samii. La relazione che Pisistrato aveva potuto vantare con l’Apollo di Delo risaliva al 545 e dopo più di 15 anni, nel 527, al momento della presa del potere da parte di Ippia, sarebbe stato necessario che il nuovo tiranno riaffermasse la devozione dei Pisistratidi verso il santuario degli Ioni; eppure mancano notizie in tal senso. Dopo pochi anni fu invece Policrate ad affermare, con l’autorità del conquistatore di Rheneia, la protezione del suo potere sul santuario degli Ioni. Anche se Ippia avesse voluto riconfermare la protezione pisistratide sul santuario di Delo, ritengo che già nel 527 Policrate sarebbe intervenuto ad impedire tale interferenza, o perlomeno senz’altro a superare in grandiosità qualunque offerta avessero fatto i Pisistratidi. La spedizione spartana nelle Cicladi e a Samo e l’astensione di Ippia (525-524) Il quadro che si sta qui costruendo, che vede cioè l’abbandono, in parte volontario e in parte forzato, dell’interventismo pisistratide nelle Cicladi a partire dalla tirannide di Ippia, concorda con quanto è possibile constatare in merito agli eventi della spedizione mossa da Sparta e Corinto contro Samo e Nasso nel 525-524. Secondo la narrazione di Erodoto, quando Cambise attaccò l’Egitto, nel 525, Policrate contribuì alle forze persiane con una flotta di 40 triremi; gli equipaggi di quelle navi furono tuttavia composti di oppositori politici del tiranno: perciò le navi disertarono, fecero rotta verso Sparta e ne ottennero l’aiuto per rientrare a Samo, con l’obiettivo di abbattere la tirannide di Policrate e prendere il potere59. La critica concorda nella ricostruzione secondo cui Sparta poté contare sull’alleanza di Corinto, in qualità di uno dei primi membri della Lega del Peloponneso, per disporre di una flotta capace60. Nella rotta attraverso le Cicladi la spedizione spartano-corinzia fece tappa a Nasso; in prima istanza gli Spartani tentarono di intavolare delle trattative con Ligdami e ottenerne l’appoggio; non ricevendo risposte convincenti da parte di Ligdami, gli Spartani abbatterono il 59 Hdt. III 39.1, 44-48.1, 122.2. WILL 1955, pp. 374s.; BARRON 1964, pp. 212-217; SALMON 1996, pp. 856-863; JACKSON 2000, pp. 143s. 60 DICKINS 1912, pp. 28s.; CAWKWELL 1993; SALMON 1996, pp. 856-862; SALMON 1997, pp. 240-251. 312 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) potere del tiranno e consegnarono il governo dell’isola ad un gruppo di oligarchi61. Il tentativo di portare dalla propria parte Ligdami e la decisione poi di eliminarlo furono iniziative necessarie nella spedizione contro Samo poiché appunto Ligdami era alleato di Policrate e avrebbe potuto intervenire in suo aiuto, tanto più che proseguendo verso il litorale micrasiatico la flotta corinzia si sarebbe altrimenti ritrovata ad avere un potenziale nemico alle spalle, pronto a tagliare loro la via del ritorno62. Giunti a destinazione gli Spartani assediarono Samo, ma senza ottenere successi; non intenzionati, come nella consuetudine laconica, a impegnarsi per tempi lunghi in una spedizione oltremare, essi abbandonarono l’impresa e insieme agli esuli anti-tirannici di Samo fecero ritorno in Peloponneso63. Le fonti non conoscono alcun intervento o reazione di Ippia di fronte a questi eventi drammatici, né la critica ha ricostruito per Ippia alcun segno di interessamento per gli esiti dei cambiamenti che stavano avendo luogo nell’Egeo orientale. Ippia non sembra sia intervenuto al momento delle trattative diplomatiche intercorse fra Ligdami e gli Spartani; anche quando poi il corpo di spedizione lacedemone attaccò e conquistò Nasso ed espulse Ligdami, favorendo un cambio di governo, non si dispone di alcuna notizia in merito ad un intervento di Ippia o di Atene, né in favore di Nasso o Ligdami, né contro Sparta64. Questi dati costituiscono a mio avviso una riprova del fatto che nel 525-524 non vigeva ormai più alcun vincolo di reciprocità fra i tiranni di Atene e di Nasso: perciò Ippia non fu tenuto a soccorrere Ligdami a Nasso né a contrastare Sparta nella Grecia continentale e nemmeno ricevette richieste in tal senso. Altresì è significativa l’assenza di notizie e di dati storici in genere in merito ad una reazione di Ippia e di Atene di fronte alle modificazioni politiche che l’attacco spartanocorinzio implicava. I rapporti della seconda generazione dei Pisistratidi con Sparta e con Corinto non furono in genere di segno positivo, sono di ricostruzione complessa per il primo periodo di tirannide ed è notorio che si incrinarono a partire dal 511. Ciononostante, nel 525524, Ippia avrebbe certo potuto tentare di sfruttare la spedizione cicladica di Sparta a proprio favore: per avvantaggiarsi della perdita di posizioni della talassocrazia di Policrate, per riassestare gli interessi ateniesi nei confronti del nuovo governo oligarchico di Nasso, per riguadagnare spazio all’azione dei Pisistratidi e degli Ateniesi nelle Cicladi. Eppure mancano attestazioni di sorta in quel senso: si riconferma a mio avviso la ricostruzione proposta secondo 61 Schol. Aesch. II.77; Aristot. Pol. 1312a; Plut. Apophtegm. Lac. (Mor. 236c.7-12); Id. De Mal. Her. 21 (Mor. 859d). WILL 1955, pp. 374s. 62 LEAHY 1957. 63 Hdt. III 54-57.1. PARKE 1946. 64 PARKE 1946 propone la ricostruzione secondo cui nel 524 Ippia stesse vivendo un momento di debolezza politica interna ad Atene e adduce a conferma l’arcontato dell’Alcmeonide Clistene nell’anno 525/524. 313 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) cui l’abbandono dell’areale cicladico sarebbe stato in parte anche una scelta consapevole nella gestione della politica estera pisistratide e ateniese. Policrate resistette con successo all’assedio del contingente spartano, la sua flotta, si potrà desumere, fu in grado di tenere testa a quella corinzia ed eliminò un pericoloso e attivo gruppo di oppositori politici dall’isola65. Le vicende del 525-524 segnarono un pieno successo e dovettero dunque accompagnarsi ad un ulteriore impulso al potere di Policrate, sia sul piano del consenso interno, sia su quello del controllo marittimo delle acque dell’Egeo orientale e delle Cicladi, nonostante la perdita dell’alleato Ligdami nella relazione verso Nasso. Il rientro degli esuli da Nasso Una delle conseguenze per Ippia della perdita dell’alleanza con Ligdami fu certamente la liberazione degli ostaggi ateniesi confinati a Nasso, figli di oppositori anti-pisistratidi particolarmente accaniti che Pisistrato aveva mandato a Nasso dopo la vittoria alla battaglia di Pallene nel 54666. La condizione e la capacità di azione di questo gruppo di oppositori politici dovettero a mio avviso seguire la parabola delle relazioni interpersonali fra Ligdami e i Pisistratidi che si è andata finora ricostruendo. Gli ostaggi, le loro famiglie e il loro seguito, riguadagnarono certamente piena libertà con l’espulsione di Ligdami dal potere tirannico e l’imposizione del nuovo governo oligarchico, ad opera di Sparta, nel 525-52467. Si è d’altronde ricostruito il processo storico di un allentamento della relazione già fra Pisistrato e Ligdami, a partire dal 533, e poi di un tacito annullamento degli obblighi di reciprocità fra Ippia e il tiranno nassio nel 528/7: se questa ricostruzione è valida, già durante gli ultimi anni di vita di Pisistrato e nel periodo dell’ascesa al potere di Ippia gli ostaggi ateniesi dovettero godere di una più ampia libertà d’azione, se non della possibilità di lasciare Nasso e ritornare in Attica o ad Atene, dipendendo dalle condizioni politiche delle famiglie rimaste in patria. Nel momento in cui ereditò il potere della tirannide Ippia dovette dunque gestire una situazione politica e sociale più difficile e di nuovo sviluppo, fra gli altri motivi, appunto a causa del probabile rientro di questi gruppi di aristocratici ateniesi cresciuti a Nasso e desiderosi di riguadagnare le posizioni perdute in patria. Questa nuova presenza di Ateniesi aristocratici costituisce, a mio avviso, uno dei moventi per quell’atteggiamento conciliatorio, nei confronti delle famiglie ateniesi politicamente decisive, che la critica ha ricostruito per il primo periodo di tirannide di Ippia ad Atene: la tradizione epigrafica sulla sequenza degli arconti ateniesi nel primo periodo di tirannide di Ippia, dal 526 al 521, attesta infatti l’assegnazione della massima carica politica 65 Hdt. III 44s, 47s., 54-56. LEAHY 1957. Hdt. I 64. 67 PARKE 1946; LAVELLE 2005, pp. 136-139. 66 314 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) ateniese sia ai principali membri della famiglia tirannica, ma anche a membri dei Filaidi e degli Alcmeonidi, nonché di famiglie di minore peso storico68. Mi pare significativo soffermare l’attenzione sulla ricostruzione dei movimenti degli ostaggi ateniesi a Nasso, sulla loro relazione con le vicende dei poteri ellenici nell’Egeo e con la storia politica di Atene sotto Ippia: questo specifico caso riafferma emblematicamente infatti il legame fra il contesto internazionale, financo Mediterraneo, e quello locale e poleico, fra la politica estera dei tiranni e la gestione della vita civica entro la polis. Diffusione della ceramica attica a figure rosse e della ceramica samia I dati archeologici, pur non in maniera vincolante, potrebbero interpretarsi come una conferma del quadro finora delineato. La produzione e diffusione della ceramica attica a figure rosse ebbe inizio nel 530-525; per quel che concerne la diffusione di questo materiale, gli scavi ne attestano la presenza a Samo, Delo e Rodi in virtù della cruciale posizione commerciale di queste località, ma significativamente risultano assenti da gran parte delle poleis d’Asia Minore, dalle Cicladi e dal Dodecaneso, oltre che da Creta. Al contrario molti reperti provengono dall’area del Ponto Eusino e da Taso. Viceversa la ceramica samia non ebbe diffusione nel Ponto Eusino69. I due areali commerciali esclusivi individuati dai reperti ceramici sembrano combaciare dunque con le aree di influenza rispettivamente di Policrate e di Ippia. Si premette che le cause di fenomeni artistici, culturali ed economici come quelli attestati dai reperti ceramici sono da ricercarsi in ambiti disciplinari propri, nelle sfere dell’economia e delle tendenze artistiche locali e generali, e dunque su questi fenomeni il potere tirannico non poté influire che in misura minima e non decisiva. Per altro verso vorrei accettare queste informazioni entro la discussione che si sta sviluppando sul fondamento metodologico che vede le iniziative della tirannide, sia private che politiche, legarsi in buona misura all’appoggio del dèmos e in genere dei propri concittadini: cioè gli interventi del tiranno rientravano, e per altro verso dirigevano, le direttrici dell’opinione pubblica e della volontà politica dei cittadini da cui egli riceveva l’approvazione e viceversa su cui manteneva il comando personale. In questa prospettiva è costruttivo confrontare le informazioni archeologiche sulla diffusione della ceramica coeva, e dunque sulle direttrici economiche delle poleis, con la ricostruzione della politica internazionale di Ippia e di Policrate. 68 MERITT 1939, pp. 59-65; CADOUX 1948, pp. 109-112, 122; ANDREWES 1958, pp. 108-110; MOSSÉ 1969, pp. 6870; BICKNELL 1970; MEIGGS-LEWIS 1989, n. 6. 69 COOK-DUPONT 1998, p. 169; CHARBONNEAUX-MARTIN-VILLARD 2005, pp. 303-339; PALEOTHODOROS 2008, pp. 168, 175 nn. 51, 61, 181s. 315 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) I dati archeologici qui presentati collimano dunque con la ricostruzione di Samo e Atene, e rispettivamente di Policrate e Ippia, come poteri reciprocamente avversi, con interessi ed aree di influenza reciprocamente esclusive. Nella prospettiva economica che i ritrovamenti ceramici permettono di intravedere, Ippia avrebbe abbandonato l’areale delle isole micrasiatiche e cicladiche a favore dell’espansione verso la rotta del Ponto Eusino, mentre, sotto la protezione delle capacità militari di Policrate, i commercianti samii avrebbero goduto di una posizione privilegiata nella diffusione delle proprie produzioni ad eccezione appunto che in quell’area. In conclusione tutta questa serie di notizie e inferenze analitiche restituisce il quadro storico di un passaggio graduale dell’influenza politica, culturale ed economica sulle Cicladi dalla tirannide dei Pisistratidi a quella di Policrate e dunque da Atene a Samo. Si tratta di un processo a mio avviso contemporaneo all’emergere entro lo scenario strategico-economico ellenico dell’areale dell’Ellesponto e delle rotte verso il Ponto Eusino e parallelamente, e conseguentemente, delle scelte dinamiche di politica estera intraprese da Pisistrato nel corso della sua tirannide. Il disinteresse dei Pisistratidi per le Cicladi può riconoscersi già nello spostamento delle alleanze di Ligdami, nel 533, verso Policrate, Samo e dunque la Ionia. Nel 528, con il passaggio di potere da Pisistrato a Ippia si rende evidente e riconoscibile l’abbandono, da parte dei tiranni ateniesi, della politica marittima cicladica e la scelta di politica estera di Ippia è riconfermata nel corso della sua tirannide e nella reazione agli eventi nell’Egeo nel 525-524. Contemporaneamente si affacciò sull’Egeo orientale il potere marittimo di Samo sotto il comando tirannico di Policrate che nel periodo 533-524 andò ampliando la propria area di influenza militare, diplomatica e culturale fino al cuore delle Cicladi, scalzando il ruolo diplomatico e religioso anzitempo ricoperto dalla figura di Pisistrato. La sanzione definitiva di questo trasferimento di poteri giunse nel 525-522 con la dedica di Rheneia al santuario apollineo da parte di Policrate e, ancor più, con l’ambizione del tiranno di riattivare l’antica panégyris ionica. VI.6. L’invio di Milziade II in Chersoneso Tracico (520 ca.) Questa ricerca permette di ricostruire il significativo ruolo di Ippia nella gestione delle attività internazionali della famiglia dei Filaidi in Chersoneso Tracico e insieme degli interessi strategici ed economici di Atene nell’area dell’Ellesponto. I Filaidi tennero la tirannide in Chersoneso Tracico dal 558 ca. fino al 493, attraverso due generazioni e tre membri della famiglia. La fondazione della colonia ateniese e della tirannide familiare fu opera di Milziade I e si è d’altronde messa in luce una stretta cooperazione politica 316 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) fra l’ecista filaide e il tiranno ateniese Pisistrato negli aspetti politici e organizzativi dell’iniziativa. Milziade I morì senza figli e il potere tirannico passò per via ereditaria al nipote Stesagora il quale ebbe però un governo molto breve prima di essere assassinato, secondo le fonti, da un attentatore proveniente dalla polis di Lampsaco con cui l’insediamento ateniese fu a lungo in guerra. Stesagora dunque morì nel 520 ca. senza successori e questo provocò un crisi dinastica e un vuoto di potere nel Chersoneso Tracico: le fonti sono esplicite nel tramandare che fu allora il tiranno ateniese Ippia a reagire alla notizia e a prendere la decisione di inviare Milziade II, fratello di Stesagora, in Chersoneso Tracico, affidandogli una trireme, perché assumesse là il controllo degli affari70. Il testo erodoteo implica che fu cioè il tiranno Ippia ad accogliere la notizia della morte di Stesagora71; Ippia scelse di intervenire e si appellò a Milziade II, che viveva allora ad Atene, perché si facesse carico degli affari nei possedimenti del Cherosneso Tracico; Ippia fornì a Milziade II una trireme per compiere velocemente il viaggio e perché disponesse poi di uno strumento bellico all’avanguardia nelle acque dell’Ellesponto. Emerge dunque il peso del potere decisionale e la volontà di Ippia nella gestione degli interessi filaidi in Chersoneso Tracico in funzione delle implicazioni che esse avevano per la posizione di Atene sul piano internazionale72. In considerazione d’altronde delle prerogative familiari ed ereditarie che Milziade II stesso poteva vantare, l’iniziativa è da intendersi come uno sforzo organizzativo, politico, militare ed economico concordato e condiviso fra Ippia e Milziade II. Gli eventi relativi alla tirannide di Milziade II, nonché l’intera storia della tirannide filaide in Chersoneso Tracico, ricevono trattazione ed analisi esaustive entro la storia della politica internazionale della famiglia dei Filaidi, anche nelle implicazioni che riguardarono la tirannide e la posizione internazionale dei Pisistratidi e di Ippia: piuttosto che presentare argomentazioni ridondanti in questa parte del lavoro, si preferisce ora ricordare in maniera sintetica alcuni degli aspetti per cui questa notizia costituisce un elemento funzionale per la ricostruzione diacronica della storia della politica internazionale della tirannide di Ippia; alla sezione relativa alla tirannide dei Filaidi si rimanda per una critica delle fonti e una contestualizzazione esaustiva. L’intesa interfamiliare fra Pisistratidi e Filaidi nella generazione di Ippia e Milziade II La notizia della successione tirannica di Milziade II a Stesagora nel 520 ca. costituisce innanzitutto una traccia del persistere nella generazione di Ippia e di Milziade II di quella intesa interfamiliare che si è ricostruito esistere fra i Pisistratidi e i Filaidi nel corso di buona parte 70 Hdt. VI 33-40. BERVE 1967, pp. 66s., 81-85. Hdt. VI 39. 72 URE 1922, p. 63; HOW-WELLS 1928, App. XVI.8; WADE-GERY 1951, pp. 117-221. 71 317 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) della seconda metà del VI secolo. In questo passo Erodoto afferma esplicitamente che esisteva una relazione amichevole e costruttiva fra Ippia e Milziade II già nel periodo precedente alla partenza per il Chersoneso Tracico73; storiografia ed epigrafia confermano che Milziade II ricoprì la carica di arconte eponimo nel 524/374. Alcuni studiosi ritengono anzi che la prima moglie ateniese di Milziade II fosse in effetti una figlia di Ippia, sebbene i presupposti per questa identificazione non siano inequivocabili. È noto certamente che Milziade sposò una donna ateniese prima di lasciare la madrepatria nel 520 ca.: da quel matrimoni nacque il figlio Metioco che seguì il padre in Tracia. Nel 493, nella repressione della rivolta ionica, i Filaidi fuggirono dal Chersoneso Tracico; allora la flotta fenicia catturò una delle triremi del convoglio comandata da Metioco: consegnato al sovrano Dario il giovane Filaide fu nondimeno trattato con grandi onori, fu naturalizzato persiano, ricevette una moglie persiana e un possedimento in Asia Minore. Il comportamento favorevole di Dario verso Metioco potrebbe spiegarsi in ragione dell’intercessione di un proprio cliente ellenico e a quell’epoca Ippia aveva lasciato da tempo Atene ed era in effetti entrato nei favori del sovrano achemenide. Eppure Ippia e Milziade II nel 493 avevano ormai compromesso in maniera critica l’alleanza familiare che li aveva precedentemente legati. In conseguenza di queste considerazioni gli studiosi ritengono che Ippia si sia prodigato presso Dario a favore di Metioco in ragione di un legame di parentela per cui il Filaide sarebbe stato appunto suo nipote, figlio della giovane che egli avrebbe concesso in sposa a Milziade II intorno al 525 ca. ad Atene75. La tradizione familiare di reciprocità fra Pisistratidi e Filaidi e la specifica intesa individuata fra Ippia e Milziade II insieme rendono conto coerentemente della gestione congiunta fra il tiranno e il Filaide della spedizione in Tracia del 520 ca. Il modo in cui Ippia e Milziade cooperarono nella gestione degli affari in Chersoneso Tracico nel 520 ca. ricalca da vicino quanto avvenne nella precedente generazione fra Pisistrato e Milziade I nel 558 ca.: in entrambi i casi l’iniziativa fu approvata, concordata e organizzata ad Atene congiuntamente fra i due e sotto il governo tirannico pisistratide, poi l’esecuzione effettiva dell’impresa in Tracia vene assegnata ai Filaidi76. Queste considerazioni permettono di affermare con sicurezza che nel 527, alla morte di Pisistrato, Ippia ereditò, fra le altre relazioni personali del padre, anche quella con la famiglia 73 Hdt. VI 39. Dion. Hal. Ant. Rom. VII, 3.1. IG I3 103 Ia. MERITT 1939, n. 21, pp. 59-65; CADOUX 1948, pp. 109-112, 122; WADE-GERY 1951, p. 212-214, 217-220; FORNARA 1983, n. 23, pp. 27s. 75 WADE-GERY 1951, p. 219; DAVIES 1971, n. 8429 [VIII], [IX]; NENCI 1988, ad Hdt. VI 39. 76 CULASSO GASTALDI 1996, pp. 507s. 74 318 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) dei Filaidi e che anzi fu personalmente interessato a costruire e rinsaldare quell’alleanza familiare perpetuandola nella propria generazione nei confronti di Milziade II77. Un primo e più immediato scopo di questa intesa interfamiliare, per Ippia quanto per Milziade II, apparteneva all’ambito della politica interna ateniese: i due poterono cioè disporre di un alleato nell’ambito della lotta politica interaristocratica e si assicurarono appoggio e protezione vicendevole per le reciproche posizioni politiche e la possibilità di concertare pacificamente e a proprio vantaggio la divisione del potere entro la polis. Il controllo del Chersoneso Tracico: interessi familiari e interessi pubblici L’intesa fra Pisistratidi e Filaidi aveva però anche una duplice funzione nell’ambito internazionale. Dal punto di vista delle relazioni internazionali a livello personale, entrambe le famiglie avevano ampie reti di contatti internazionali: perciò l’intesa fra loro assicurava un grado di compartecipazione e condivisione di quegli ambiti reciprocamente vantaggiosi, nonché dunque la possibilità di collaborare con l’alleato anche sull’areale strategico ellenico ed egeo. Dal punto di vista della gestione della politica estera civica i due aristocratici condividevano affini impostazioni e potevano entrambi mettere a disposizione, in maniera organizzata e organica, le capacità familiari al fine comune del vantaggio pubblico. I Filaidi controllavano il Chersoneso Tracico fin dal 558 ca: si trattò di una fondazione coloniale di Milziade I che da subito assicurò però ai Filaidi una posizione di predominio politico indiscusso, cioè una tirannide; il comportamento di Milziade II rinsaldò ulteriormente il potere tirannico. D’altro canto, dal 540 ca. i Pisistratidi avevano rifondato la colonia ateniese di Sigeo in Troade e la gestivano come un possedimento familiare sicuro: prova ne è il fatto che alla fuga da Atene nel 510 Ippia scelse di ritirarsi appunto a Sigeo. Sia lo stanziamento filaide in Chersoneso che quello pisistratide in Troade incontrarono la resistenza di poleis locali che rivendicarono il possesso di quei territori o con cui si verificarono lunghi conflitti militari frontalieri: Lampsaco si oppose alla fondazione chersonesita, Mitilene di Lesbo fu in guerra contro Sigeo78. Posta l’alleanza interfamiliare che già vigeva ad Atene fra Filaidi e Pisistratidi da prima del 560, è dunque una logica considerazione ritenere che le due famiglie furono interessate a contribuire vicendevolmente a rinsaldare le reciproche posizioni anche nell’Egeo nordorientale fornendosi forme di aiuto di volta in volta necessarie. Le due regioni del Chersoneso Tracico e della Troade erano entrambe di grande importanza geo-strategica e offrivano essenziali approdi, per la navigazione attraverso 77 SUTHERLAND 1943, p. 142. WADE-GERY 1951, pp. 212, 215s., 218s.; HAAS 1985, p. 43; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 28-31, 61-64, 225-240 per un inquadramento dei conflitti di frontiera nel mondo greco. 78 319 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) l’Ellesponto, verso il Ponto Eusino, soprattutto in considerazione delle difficili condizioni del mare e dei venti. La posizione tirannica di Ippia ad Atene e la conduzione della comunità coloniale di Sigeo sotto Egesistrato mettono chiaramente i Pisistratidi, specificamente Ippia, in una posizione di comando della compagine civica. Lo stesso vale d’altronde per i Filaidi in Chersoneso Tracico a cui faceva capo la comunità ateniese là insediata: Milziade I ebbe l’ufficio poleico di ecista e i successori Stesagora e Milziade II comandarono come tiranni. Ad Ippia e Milziade II era dunque affidata non solo la conduzione delle rispettive famiglie, ma anche la responsabilità del benessere della comunità, delle colonie e per estensione di Atene stessa. L’analisi che si propone qui dei moventi e della strategia di Ippia è coerente con le modificazioni di più ampia portata nell’Egeo. Si è infatti fornita un’analisi diacronica di un processo di arretramento della posizione dei Pisistratidi nelle Cicladi e viceversa di un avanzamento in quell’area della talassocrazia samia sotto la tirannide di Policrate; nel passaggio alla tirannide di Ippia, specificamente negli anni intorno al 525, si è individuato in effetti il momento di rottura degli equilibri di potere fra i due poli tirannici e la fase critica in cui l’influenza di Policrate non poté ulteriormente essere contrastata dalle risorse di Atene e di Ippia. La scelta obbligata di ritirare i propri sforzi e le proprie risorse dalle operazioni nelle Cicladi dovette dunque imporre ed offrire la possibilità a Ippia di reindirizzare e concentrare la propria politica marittima esclusivamente in direzione dell’Ellesponto, combinando così efficacemente la reazione alla politica talassocratica di Policrate di Samo nelle Cicladi all’emergere del ruolo dell’areale pontico negli interessi economici di Atene e della Grecia. VI.7. Ippia nelle relazioni internazionali con la Beozia e i Tessali Nel corso dell’ultimo quarto del VI secolo Tebe perseguì una politica regionale volta a riunire le poleis della Beozia in una lega militare sotto la propria egemonia79. Nel 520 ca. la polis di Platea, sul confine meridionale della Beozia, affacciata sull’Attica, subiva perciò le pressioni di Tebe e si vide imposta contro la propria volontà e autonomia la partecipazione alla Lega Beotica. Platea si rivolse allora a Sparta poiché proprio allora si trovava nella zona un contingente spartano condotto dal re Cleomene; questi rifiutò però di proteggere Platea dall’ingerenza tebana giustificando la scelta in virtù della lontananza di Sparta dalla Beozia. I Plateesi si rivolsero allora in seconda istanza ad Atene: la delegazione plateese giunse ad Atene 79 Hdt. VI 108; Thuc. III 55, 61.2, 68.5. GARDNER 1918, pp. 55-57; SORDI 1958, pp. 54-84; MORETTI 1962, pp. 97110; GRAHAM 1964, pp. 126s.; BUCK 1979, pp. 107-17; FORREST 1982 b, pp. 292ss.; BUCK 1996, pp. 878-883 320 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) durante i sacrifici che si compivano presso l’altare dei dodici Dei nell’agorà; i Plateesi si sedettero presso quell’altare in qualità di supplici e consegnarono la propria città nelle mani degli Ateniesi. Fra Atene e Platea fu perciò istituita una stretta, vincolante e duratura alleanza. Quando i Tebani vennero a conoscenza dell’iniziativa di Platea e degli Ateniesi, subito mossero in armi contro Platea; viceversa l’esercito ateniese si recò a Platea in difesa del suo recente alleato. La battaglia fu inizialmente evitata per intercessione dei Corinzi: Tebani e Ateniesi accettarono di affidare la soluzione pacifica del contenzioso all’arbitrato di una corte di giudici di Corinto. Gli arbitri corinzi pacificarono le parti, decisero in merito alla ridefinizione del confine dei territori di Tebe e Platea e imposero ai Tebani di lasciare libertà decisionale alle poleis minori in merito alla partecipazione alla nascente Lega Beotica. In prima istanza dunque Platea ottenne la definizione giuridica del proprio territorio e l’avallo della propria autonomia80. Tebe fu scontenta della soluzione arbitrale: perciò attese che i Corinzi e l’esercito ateniese avessero lasciato il campo e stessero ritirandosi, poi mosse all’attacco. Gli Ateniesi furono però in grado di riguadagnare una posizione di combattimento e sconfissero i Tebani; approfittarono poi del vantaggio acquisito e incalzarono i Tebani fin oltre i confini che erano stati in precedenza definiti dall’arbitrato dei giudici corinzi, limitando il confine del territorio tebano dalla parte di Platea e Isie alla linea del fiume Asopo81. La vicenda è riferita da Erodoto e da Tucidide; i due storiografi concordano in effetti da vicino e la critica ritiene che Tucidide dipenda in certa misura dallo stesso Erodoto82. Per altro verso le due fonti forniscono informazioni diverse, hanno impostazioni narrative e storiografiche indipendenti, e offrono scelte lessicali e criteri di selezione storiografica diversi. Insieme permettono di ricostruire con precisione la narrazione, la contestualizzazione storica, l’eziologia e la datazione della vicenda. Erodoto inserisce questa notizia come un excursus nella narrazione della battaglia di Maratona, al fine di fornire l’eziologia del soccorso che i Plateesi prontamente prestarono agli Ateniesi contro l’attacco persiano. Il riferimento che Erodoto forniva al suo pubblico era però quello della posizione filo-ateniese che contraddistinse sempre la storia delle relazioni interstatali di Platea e che i contemporanei di Erodoto conoscevano in relazione agli eventi della Guerra del Peloponneso83. Sia Erodoto che Tucidide ricordano che il motivo addotto dagli Spartani per rifiutare il proprio aiuto a Platea fu la lontananza fra le due poleis e, viceversa, il suggerimento offerto di 80 PICCIRILLI 1973, n. 9. Hdt. VI 108; Thuc. III 55, 61.2, 63.2, 65.2, 66.1, 68.5. DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 28-33, 51s., 61-64, 79, 180184, 225-240. 82 NENCI 1988, ad Hdt. VI 108, p. 273. 83 Thuc. II 2. NENCI 1988, ad Hdt. VI 108, pp. 272s. 81 321 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) rivolgersi ad Atene fu dato in virtù della vicinanza. Erodoto però trasmette la notizia che il reale movente di Cleomene nel rispondere in questi termini sarebbe stata la volontà di mettere Atene in difficoltà, spingendola a farsi coinvolgere nelle difficili diatribe interpoleiche della Beozia84. Tucidide preserva una narrazione meno estesa ed organica, piuttosto inserendo rimandi a questi avvenimenti nei discorsi attribuiti ai delegati plateesi e tebani in occasione della capitolazione di Platea nel corso della Guerra del Peloponneso, nel 42785. Entrambi gli storici rimandano a questi fatti come origine e momento iniziale della relazione di intesa che distinse sempre i rapporti fra Atene e Platea e viceversa della contrapposizione in cui si trovarono Atene e Tebe per tutto il V secolo; per entrambi gli autori esiste dunque un profondo legame fra le vicende dell’ultimo quarto del VI secolo e la situazione, i problemi e le questioni morali sotto gli occhi dell’opinione pubblica a cui si rivolgevano86. La datazione dell’alleanza fra Atene e Platea: 519 contra 509 Tucidide offre una precisa datazione di queste vicende ricordando che quando Platea fu distrutta nel corso della Guerra del Peloponneso erano trascorsi 93 anni dalla stipula dell’alleanza fra Platea e Atene: con questi riferimenti cronologici l’alleanza deve essere datata al 51987. È stata avanzata più volte una critica a questa cronologia, proponendo la necessità di emendare le cifre del testo tucidideo abbassando la data degli eventi al 509, sulla base della considerazione che questo contesto storico-politico meglio si adatterebbe alle descrizioni degli eventi. In particolare la critica si è interrogata sulla presenza di Cleomene e del contingente spartano nella Beozia meridionale in concomitanza con l’alleanza fra Atene e Platea: uno dei presupposti che hanno spinto alcuni a spostare gli eventi al 509 è il fatto che non siano attestate spedizioni spartane oltre l’istmo nell’ultimo quarto del VI secolo, ad eccezione di quelle condotte contro Ippia e i Pisistratidi nel 511 sotto la guida di Anchimolio e appunto poi nel 511/510 sotto il comando di Cleomene, nell’anno di arcontato di Arpactide ad Atene88. Altre critiche riguardano le intenzioni anti-ateniesi che Erodoto attribuisce al consiglio con cui Cleomene rispose alla richiesta di aiuto dei Plateesi: il 519 sarebbe una data troppo alta perché 84 Hdt. VI 108.2s. Thuc. III 55.1, 86 NENCI 1988, ad Hdt. VI 108, pp. 272s.; DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 33s., 51, 61s., 79, 180-186, 205-207, 211217; HORNBLOWER 1997, ad Thuc. III 61.2; TIRTLE 2007, pp. 174-182. 87 Thuc. III 68.5. 88 Hdt. V 65; Aristot. Ath. Pol. 19.6. 85 322 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) Sparta avesse adottato già una posizione avversa ai Pisistratidi; piuttosto questo movente sarebbe più adatto appunto all’epoca dell’attacco condotto nel 511/51089. Se pure questi siano interrogativi su cui è necessario riflettere, non mi paiono d’altronde elementi sufficienti per smentire l’affermazione esplicita della nostra fonte in merito alla cronologia dei fatti: concordo perciò con quella preponderante parte degli studiosi che difende e conserva per questi fatti la cronologia del 51990. In primo luogo non si vedono ragioni valide per dubitare delle cifre riscontrabili nei manoscritti91; dal punto di vista storico non ci sono ragioni per dubitare della data offerta da Tucidide: al contrario essa mi pare costituire un contesto storico e politico più adatto del 509. È vero che la presenza di un contingente spartano in Beozia nel 519 non è altrimenti attestata nelle fonti; non per questo d’altronde si può ritenere sicura la deduzione che quella attestazione debba necessariamente essere fatta coincidere con altre serie di interventi spartani in Attica di epoca successiva; è altrettanto valida cioè la ricostruzione che accetti la notizia come una attestazione indipendente. Sicuramente la cronologia del regno di Cleomene, pur se di non chiara soluzione, non esclude che il sovrano fosse già attivo in quella data92. L’attestazione della spedizione spartana anti-ateniese del 510, con cui una parte degli storici moderni vorrebbe far collimare la menzione di Cleomene, riguarda peraltro il territorio dell’Attica e l’assedio all’acropoli ateniese, località a 45 chilometri a sud di Platea e dunque niente affatto vicina alla Beozia. Il comportamento ateniese descritto dalla narrazione non si addice in effetti al contesto politico interno post-pisistratide. Nel 509 Atene aveva infatti appena subito l’assedio di Sparta e un drammatico cambio di governo, la classe politica si preparava ad un serio scontro interno per guadagnare l’alleanza di Sparta o altri alleati internazionali, l’appoggio del popolo e il controllo politico della città: mi pare assolutamente un contesto inappropriato in cui voler collocare l’iniziativa della stipula dell’alleanza con Platea e l’impegno militare contro Tebe. 89 Esposizioni dei termini della questione e delle posizioni a favore di ciascuna data in MORETTI 1962, pp. 105107; FROST 1984, pp. 291s.; BUCK 1979, p. 107; PICCIRILLI 1973, n. 9, pp. 43s.; BUCK 1996, p. 882. Queste analisi fanno risalire il tentativo di emendare la data al 509 in prima istanza agli studi di G. Grote, G. Busolt, P.E. Legrand, J.B. Salmon. 90 La datazione degli eventi al 519 sembra essere la ricostruzione più diffusamente accolta: WELLS 1905; HOWWELLS 1928, ad. Hdt. VI 108; HAMMOND 1955, p. 393; WYCHERLEY 1957, pp. 119s.; MORETTI 1962, pp. 105107; GRAHAM 1964, pp. 126s.; BUCK 1972, pp. 94-96; PICCIRILLI 1973, vol. I, n. 9, pp. 42-46; FORREST 1982 b, pp. 293s.; FROST 1984, pp. 291s.; HAAS 1985, p. 42; NENCI 1988, ad Hdt. VI 108, pp. 272s.; ARNUSH 1995, p. 137. HORNBLOWER 1997, ad Thuc. II 2, pp. 464, ad Thuc. III 55.1, 68.5, pp. 448-452; DAVERIO ROCCHI – FERRARI – FINLEY 1998, vol. I, ad Thuc. II 2.1, pp. 462. Contra vengono citate le analisi di G. Grote, G. Busolt, P.E. Legrand, J.B. Salmon, quali principali studiosi a favore di emendare la data al 509. 91 FROST 1984, pp. 291s. 92 WELWEI 2011, s.v. “Cleomenes” [3], in BNP. 323 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) Alcuni dei critici della datazione al 519 ritengono che il 509 sia, delle due, l’unica data adatta alla contestualizzazione del segreto movente anti-ateniese che Erodoto attribuisce al suggerimento fornito da Cleomene ai Plateesi93. Anche questa obiezione non mi pare giustificata poiché è evidente che la comprensione di questa discrepanza è da affrontarsi sul piano dell’analisi storiografica del testo e del suo autore, piuttosto che dell’analisi storica. La natura stessa di questa informazione la distingue come un’inferenza analitica inserita da Erodoto stesso: si tratta cioè di una notizia strettamente relativa alla psiche e all’intimità di Cleomene, di cui mi pare impossibile lo storiografo potesse essere realmente venuto a conoscenza. Sia Erodoto che Tucidide trasmettono in termini non dissimili la risposta e la giustificazione di Cleomene: che cioè Sparta era troppo lontana da Platea per costituire un alleato utile, mentre Atene era la potenza più vicina. Soltanto Erodoto però aggiunge quel proposito nascosto che Cleomene avrebbe avuto di voler spingere Atene a compromettersi nel mutevole e difficile areale strategico della Beozia. In questo passo Erodoto interpreta le azioni e le scelte di Sparta e del suo sovrano in virtù degli eventi che egli sapeva sarebbero seguiti, nel 511 e soprattutto nel 510; ad un ulteriore livello testuale, è evidente che l’osservazione fosse indirizzata al pubblico di V secolo a cui lo storiografo si rivolgeva e che recepiva la storia del VI secolo alla luce della bipolare contrapposizione politica e ideologica che divideva l’Ellade in cui viveva94. D’altronde l’inferenza di Erodoto non si allontana, a mio avviso, da una corretta interpretazione della realtà storica: la particolare instabilità della Beozia appunto nel periodo intorno al 520 giustifica appieno un interesse di Atene e di Ippia per l’espansione in quella direzione e la posizione anti-pisistratide che Sparta dimostrò con chiarezza nel 511 aveva certamente avuto inizio negli anni precedenti95. In conclusione non vi sono motivi per cercare di emendare il testo tucidideo ed alterare la datazione, anzi la data del 519 perfettamente si adatta ad inserire l’alleanza fra Atene e Platea e lo scontro fra Atene e Tebe entro il contesto storico-politico di Atene e della Grecia Centrale96. La questione della determinazione della cronologia di questi avvenimenti è significativa in quanto la conclusione a cui l’analisi è fin qui giunta determina l’inserimento di questi fatti della storia delle relazioni internazionali di Atene nel novero degli interventi di politica estera operati durante la tirannide di Ippia. 93 FROST 1984, pp. 291s. MORETTI 1962, p. 106s.; STADTER 2006; THOMAS 2006. 95 DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 180-184 sulla condizione di instabilità del confine attico-beotico. 96 Vd. supra, n. 90 p. 323. 94 324 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) La relazione istituita fra Atene e Platea: un’alleanza con egemonia ateniese Nel 519 Platea si rivolse ad Atene chiedendone l’aiuto per difendere la propria autonomia contro le pressioni di Tebe; il risultato fu l’istituzione di un’alleanza interstatale fra le due poleis e, in ottemperanza a quest’ultima, l’intervento armato di Atene contro Tebe. La ricchezza dei dettagli lessicali delle fonti finora discusse e dei dati storici incoraggiano a tentare di comprendere con maggiore precisione la natura istituzionale dell’alleanza che si venne allora a creare fra le due poleis. Il lessico di Erodoto non fa in effetti riferimento ad una symmachìa, cioè una “alleanza militare”, o ad una philìa, nel senso di una relazione di “amicizia” fra le due entità politiche, ma piuttosto tramanda il chiaro quadro di una sottomissione volontaria dei Plateesi all’egemonia di Atene. Secondo il racconto dello storico, quando la delegazione plateese si recò ad Atene, si stavano là compiendo i sacrifici civici presso l’altare dei dodici Dei, nell’agorà; i Plateesi si sedettero ai piedi di quell’altare, si dichiararono supplici ( i(ke/tai) e si consegnarono (ἐδίδοσαν σφέας αὐτούς) nelle mani degli Ateniesi colà riuniti. Nel richiedere l’alleanza, sia prima nei confronti degli Spartani di Cleomene che successivamente verso gli Ateniesi riuniti nell’agorà, il testo usa sempre e ripetutamente il verbo dìdomi in costruzione riflessiva, che ha il significato di “concedersi”, “darsi”, “offrirsi”, “consegnarsi”, “donarsi”. La supplica (hiketèia) e l’affidamento (dìdomi) sono azioni sia para-diplomatiche che rituali, nonché religiose, fra loro profondamente connesse, e costituiscono due degli strumenti delle relazioni interstatali, fra individui oppure fra comunità, messe in atto dalla cultura ellenica e attestate a partire dalle fonti omeriche, per tutta la storia dell’epoca arcaica, e usate e riattualizzate fino a tutta l’epoca ellenistica97. L’hiketèia si compiva e veniva espressa tramite un’articolata serie di gesti rituali, i cui elementi fondamentali sono presenti nella descrizione della richiesta dei Plateesi: il supplice si recava presso un altare o un luogo sacro e così in prima istanza invocava su di sé la protezione della divinità del santuario e l’inviolabilità sacrale. La supplica rientrava dunque in prima istanza nell’ambito del rapporto con il divino, ma comportava delle immediate ricadute nelle fattive relazioni umane: il contatto con il suolo sacro, l’invocazione di supplica e la protezione divina forzavano gli astanti, amici quanto ostili, a rispettare l’incolumità del supplice e a concedere de facto un privilegio di asylìa, cioè la protezione dal diritto di rappresaglia, e in 97 Sul significato e gli aspetti diplomatici della pratica dell’hiketèia: GOULD 1973; DAVERIO ROCCHI 1993, pp. 190-193; SCHUMACHER 1993, pp. 55-57. Sugli aspetti morali ed emotivi della pratica e dell’istituzione cito a titolo esemplificativo alcuni casi della letteratura omerica e della tragedia classica: Hom. Il. XXIV 158, 187, XXIV 485506; Aesch. Supp.; Suda, s.v. Fru/nixoj, F 762 Adler. FLACELIÈRE 1972, p. 44, 140; WINNINGTON INGRAM 1989, pp. 512-515. 325 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) effetti l’immunità98. In questo senso l’hiketèia dunque impone un’interruzione a tutte le azioni che potrebbero nuocere al supplice. L’hiketèia non interessa esclusivamente l’ambito sacro e divino, ma coinvolge anche le relazioni interpersonali e inter-comunitarie, poiché insieme alla inviolabilità sacrale della divinità il supplice invoca l’ospitalità e l’effettiva protezione da parte dell’individuo o della comunità presso cui ha luogo la supplica, a cui è negli effetti demandata la responsabilità di accogliere il supplice e di rispettarne e farne rispettare l’incolumità. Per questa componente dell’ospitalità e dell’accoglienza, in parte simile alle relazioni di xenìa, l’hiketèia era una istituzione precipuamente Utilizzata nei contatti fra stranieri appartenenti a poleis o anche a culture diverse99. Conseguentemente l’hiketèia poteva funzionare come una procedura per chiedere l’introduzione e l’integrazione entro la comunità familiare oppure civica dell’ospite. Ospitalità e integrazione tramite hiketèia potevano applicarsi sia a livello delle relazioni interpersonali fra individui e famiglie, sia nei contatti inter-comunitari e inter-statali fra un individuo e un gruppo civico o anche fra due comunità politiche. Tratto fondamentale dell’hiketèia era la relazione non paritaria fra le due parti; in questo senso vige una profonda distinzione con la xenìa e in questo senso questa istituzione si integra al verbo dìdomi tanto spesso usato nel passo erodoteo. Nel cercare il contatto e nel chiedere di stringere una relazione, è la parte supplice a prendere l’iniziativa, ad abbisognare dell’alleanza e del contributo della controparte, poiché si trova in circostanze svantaggiate o disperate; nell’alleanza il supplice non ha nulla da offrire, non è in condizione di ricambiare reciprocamente ai vantaggi che spera di ricevere dal proprio nuovo ospite, il quale invece sosterrà caritatevolmente degli aggravi senza alcuna garanzia di ritorno. Perciò l’individuo o la comunità che ascolta la supplica e ne accetta l’impegno è spesso definita euergétes, cioè “benefattore”. Non diversamente da quanto avviene nei rapporti di reciprocità quali la xenìa o la philìa, vi sono una richiesta e una concessione di aiuto, oppure di risorse, e si crea conseguentemente il vincolo della riconoscenza e l’impegno a ricambiare; diversamente però 98 DAVERIO ROCCHI 1993, pp. 190-193; SCHUMACHER 1993, pp. 55s. sulla distinzione fra hiketèia e asylìa; FURLEY 2007, p. 127 sull’hiktèia in ambito cultuale. 99 Si veda il caso dell’hiketèia di un gruppo di Lidi presso Policrate di Samo: Diod. X, 16.4. Sul valore para-statale che può asusmere la xenìa: Hdt. I 22.4 il caso di Aliatte insieme a Mileto e l’alleanza e ospitalità con Aliatte e il regno di Lidia; I 69.3 il caso dell’alleanza fra Sparta e Creso di Lidia; VI 21 il caso di Sibari e Mileto. DOPICO CAINZOS 1997, p. 532; KONSTAN 1997, pp. 25-37; MITCHELL 1997, pp. 2-4, 54-55; PANESSA 1999, pp. xii, xvxviii, xxvs, 85-87; RAVIOLA 2005. 326 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) nell’hiketèia la relazione non nasce paritaria, ma piuttosto sbilanciata, e così tende a conservarsi nel tempo100. Il soggetto richiedente sceglie specificamente lo strumento diplomatico dell’hiketèia in prima istanza per esprimere l’impellenza e la gravità della situazione in cui si trova e dunque spronare ad una soluzione rapida, ma anche perché dichiara apertamente la propria condizione di incapacità e di vulnerabilità101: dimostra di riporre la propria fiducia, oltreché le proprie speranze, nella controparte affinché questa non scelga di approfittare della propria posizione di forza. Quest’analisi chiarisce dunque il senso profondo delle scelte lessicali di Erodoto del verbo dìdomi (donare, concedere) e dell’azione di supplica; in base a quella specifica relazione che scaturisce dall’hiketèia è inoltre pertinente, non solo storicamente ma anche istituzionalmente e semanticamente, l’affermazione di Erodoto secondo cui gli Ateniesi avevano sostenuto parecchie fatiche in favore dei Plateesi ed erano considerati euergétai (benefattori) dei Plateesi102. Infine è dall’impegno contratto in questa relazione che nacquero il sentimento di riconoscenza dei Plateesi verso Atene e la riconosciuta superiorità di Atene nei confronti di Platea che informano la storia delle due poleis nel corso di tutto il V secolo103. In conclusione, dal lessico erodoteo si ricaverebbe un quadro istituzionale secondo cui nel 519 Platea si trovò in una condizione irrecuperabile di inferiorità politica e militare nei confronti di Tebe; piuttosto che cadere entro la sfera di controllo di Tebe i Plateesi preferirono invece entrare in contatto con Atene e gravitare verso l’area di influenza di quest’altra polis. IN cambio del loro aiuto, agli Ateniesi e alla loro classe politica i Plateesi non ebbero altri vantaggi da offrire se non una posizione egemonica e una libertà decisionale della quale le fonti non danno una definizione. Senz’altro l’hiketèia di Platea fu lo sprone per la stipula di una symmachìa, un’alleanza militare, pur sbilanciata a favore di Atene, secondo la quale Platea si impegnò a conformarsi alle scelte di politica estera dell’alleata e a provvedere secondo le proprie capacità alle sue richieste di aiuto: questo è il quadro istituzionale implicato dal comportamento di Platea nella narrazione di Erodoto del corso delle Guerre Persiane. È naturale che la posizione egemonica di Atene abbia contemplato anche una qualche forma di libertà, o di concessione, nell’occupazione e gestione del territorio frontaliero fra l’Attica e la Beozia, sul quale appunto 100 HERMAN 1987, pp. 56-58; DAVERIO ROCCHI 1993, pp. 190-193; JONES 1999, pp. 6-10; FURLEY 2007, p. 127. 102 Hdt. VI 108.1. DAVERIO ROCCHI 1988, pp. 33s., 51, 61s., 79, 180-186, 205-207, 211-217. 103 Thuc. III 61.2. HORNBLOWER 1997, ad Thuc. III 61.2. 101 327 Università degli Studi di Padova, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, indirizzo Storia, ciclo XXIV Dott. Matteo F. Olivieri La politica internazionale dei tiranni nella Grecia arcaica: il caso di Atene Parte VI: la tirannide di Ippia (527-510-490) insisteva la chòra di Platea. La supposizione nasce dalla constatazione del comportamento militare di Atene nella difesa di Platea: quando infatti Atene ottemperò all’alleanza contrattaccando all’avanzata di Tebe, una volta messo in rotta l’esercito nemico, perseguì l’avanzata ampliando il confine del territorio plateese al fiume Asopo. Questa scelta andò oltre l’impegno difensivo pattuito con l’alleata e dimostra un chiaro interesse nel fissare capisaldi territoriali difendibili e riconoscibili, nel limitare territorialmente l’azione politica di Tebe e in genere nell’affermare una propria presenza militare sicura sulla frontiera beotica104. Mi pare del tutto condivisibile l’induzione che Atene non avrebbe sostenuto quello sforzo militare ad esclusivo vantaggio della recente alleata, ma che stava necessariamente perseguendo degli interessi propri nella zona. A complemento di questa ricostruzione si consideri che per tutta l’epoca arcaica, come in molte circostanze durante il V secolo, proprio la zona di frontiera fra Attica e Beozia fu caratterizzata da particolare fluidità. D’altro canto il lessico impiegato da Tucidide nel riferire delle relazioni istituite e poi vigenti fra Platea e Atene mette in luce tutt’altri strumenti diplomatici e una situazione istituzionale in parte diversa. Escluse le specifiche impostazioni storiografiche dei due autori, le loro peculiarità stilistiche e la possibilità che avessero sfruttato fonti diverse, la ricostruzione storica della forma istituzionale dell’alleanza fra Atene e i Plateesi del 519 deve necessariamente risultare da un’analisi, comparazione e integrazione delle due narrazioni. Nella narrazione di Tucidide, in occasione dei discorsi tenutisi davanti ai giudici spartani nel 427, è lo stesso delegato plateese a spiegare che nel 519 i Plateesi avevano ottenuto benefici da Atene e, dietro loro stessa richiesta, avevano ottenuto da Atene un’alleanza e la concessione della cittadinanza (ἄλλως τε καὶ οὓς εὖ παθών τις καὶ αὐτὸς δεόµενος προσηγάγετο ξυµµάχους καὶ πολιτείας µετέλαβεν) e che dunque sul fondamento di quei privilegi i Plateesi avevano sempre seguito Atene nelle sue azioni militari e nelle sue scelte politic