La corrente elettrica La corrente elettrica rappresenta carica in moto, tipicamente attraverso un materiale conduttore, sospinta da una forza elettromotrice detta differenza di potenziale, o tensione. Oltre una soglia critica di tensione, gli elettroni possono anche essere emessi dalla materia e viaggiare nel vuoto. Per esempio nel caso dei fulmini, o di alcuni esperimenti di fisica della materia detti spettroscopia di fotoemissione elettronica. Hanno a che fare con le correnti elettriche molte categorie professionali: I metereologi, nel caso di fulmini o deboli correnti elettriche presenti in atmosfera Biologi, fisiologi, e ingegneri biomedici, trattando correnti elettriche che governano il sistema nervoso e muscolare, e la loro riabilitazione dopo i traumi Gli ingegneri che si occupano di dispositivi elettronici ed elettrotecnici, dalle centrali elettriche alle memorie per l’informatica, dai telefoni cellulari ai lettori musicali Astrofisici ed ingegneri aerospaziali, studiando i flussi di particelle cariche che provengono dal sole e che disturbano i sistemi di telecomunicazione satellitare Fisici della materia, studiando le proprietà del trasporto elettronico nei materiali semiconduttori drogati alla base di dispositivi come diodi, transistor, celle solari, laser Corrente elettrica ATTENZIONE: non è sufficiente definire la corrente come CARICA in MOTO: a livello microscopico le cariche in un materiale sono sempre in moto, ma non per questo si genera corrente. Affinché ci sia corrente deve esserci un FLUSSO NETTO di carica attraverso una superficie -e -e Ad esempio, gli elettroni all’interno di un conduttore (ad esempio un filo di rame) si muovono in modo casuale con velocità 106 m/s; ma se intersechiamo il filo con un piano non misuriamo alcuna corrente: in media avremo tanti elettroni che attraversano il piano in un senso quanti nell’altro verso. Al netto, non c’è flusso di elettroni. Solo collegando il filo ai capi di una batteria si genererà un flusso netto, poiché gli elettroni saranno spinti da una forza elettromotrice diretta dal polo negativo della batteria a quello positivo. Analogia tra corrente elettrica e flusso del liquido Consideriamo l’analogia tra una corrente elettrica ed il flusso dell’acqua che esce da un rubinetto: ci deve essere una differenza di pressione creata da una pompa o dovuta a un dislivello tra il serbatoio dell’acqua e il rubinetto; ovvero c’e una differenza di energia potenziale gravitazionale che spinge l’acqua ad uscire dal rubinetto. Analogamente, tra due punti di un circuito elettrico la carica elettrica può circolare con continuità e quindi creare una corrente solo se tra essi viene mantenuta una differenza di potenziale elettrico Corrente elettrica come portata della conduttura Per l’acqua la portata della conduttura corrisponde al volume di acqua che esce da un rubinetto nell’unita di tempo; analogamente, considerando il filo metallico come una conduttura attraverso la quale fluisce carica elettrica e misurando la quantità di carica elettrica che percorre il filo in un certo intervallo di tempo, possiamo definire l’intensità di corrente elettrica I come la quantità di carica che scorre attraverso il filo conduttore nell’unità di tempo: dQ i dt Generatore elettrico come pompa idraulica + - DV e Quando il liquido si trova all stesso livello tra due recipienti comunicanti, l’acqua non fluisce; dobbiamo creare il dislivello con una pompa in modo il liquido circoli attraverso i recipienti. La ddp o forza elettromotrice della pila agisce proprio come una pompa idraulica: crea un dislivello di potenziale elettrico nel circuito in modo che la corrente elettrica possa fluire. La corrente elettrica nel filo conduttore Si definisce intensità di corrente elettrica, o più semplicemente corrente, la quantità di carica che attraversa la sezione di un file conduttore nell’unità di tempo dq i dt Inversamente, dalla corrente si può ricavare la carica come: t t 0 0 q dq i dt Dalla conservazione della carica deriva il principio di stazionarietà: la corrente è la stessa in ogni punto del filo conduttore; dunque la carica che attraversa nell’unità di tempo le superfici aa’, bb’, cc’ è la stessa Unità di misura Fisico, matematico, e chimico francese, AndréMarie Ampère (1775-1836) rivelò precoce talento matematico e memoria straordinaria. Suo padre era un giudice e fu ghigliottinato nel 1793. Stabilì le relazioni tra elettricità e magnetismo L’unita di misura dell’intensità di corrente nel Sistema Internazionale è l’Ampere (A), dal nome dello scienziato francese A. M. Ampère. Possiamo dire che in un conduttore circola la corrente di 1 A quando attraverso una sezione del conduttore passa la carica di 1 C al secondo. Analogamente, possiamo dire che il Coulomb è la quantità di carica elettrica che passa nel tempo di 1 s in un conduttore percorso da 1 A di corrente elettrica Q 1C I 1A Dt 1s Esempi di amperaggio: una porta USB 2.0 eroga 0.5 A di corrente; un caricatore per smartphone raggiunge 1 A, mentre quelli per Tablet circa 2 A; la corrente di picco erogata nelle abitazioni è di 16 A. La corrente elettrica come quantità scalare ATTENZIONE: La corrente elettrica è una quantità scalare, non deve confondere il fatto che sia disegnata con una freccia che ne indica il verso. Infatti due correnti che confluiscono o provengono da un solo ramo si sommano come scalari, non come vettori: i0 i1 i2 In altri termini, la freccia indica soltanto il VERSO della corrente, ma NON la DIREZIONE nello spazio, come avviene per i vettori Verso della corrente Per convenzione si e stabilito che la corrente elettrica è un flusso di cariche positive che si muovono dal polo positivo (cioè quello a potenziale maggiore) al polo negativo; in realtà, nei conduttori metallici sono le cariche negative, (gli elettroni) che si muovono, e quindi vanno dal polo negativo al polo positivo. Quando in un circuito elettrico la corrente fluisce sempre nella stessa direzione si dice che è corrente continua. Le pile e le batterie sono generatori che producono corrente continua. Sugli apparecchi elettrici la corrente continua è indicata con la sigla DC (–), dall’inglese “direct current”. In alcune situazioni (ad esempio nel caso di trasmissione di energia elettrica a distanza) è però più conveniente utilizzare la corrente alternata, che ha la caratteristica di invertire con periodicità il verso. Per esempio la corrente che circola nella rete elettrica delle nostre case è alternata, ed inverte il verso di percorrenza da I=+16 A a I=-16 A per 50 volte al secondo (ovvero lavora a 50 Hertz di frequenza). La corrente alternata è indicata con la sigla AC (∼), ovvero “alternating current”. La corrente come flusso: densità di corrente A volte possiamo essere interessati alla corrente che scorre attraverso una superficie qualsiasi, non necessariamente attraverso un filo conduttore. In questo caso, dobbiamo considerare una definizione più generale, ovvero la corrente come flusso di carica attraverso una superficie. A tale scopo dobbiamo definire il vettore DENSITA’ di CORRENTE J: J ha la direzione della velocità della carica, e per convenzione il verso concorde con il moto delle cariche positive, e discorde col moto delle cariche negative; se dA è il vettore areale infinitesimo, la corrente elettrica è data dal flusso di J attraverso A: i J dA A Se J è uniforme e perpendicolare ad A in ogni punto, chiaramente si ha i i J dA J A J A A A J 2 m Densità di corrente e velocità di drift Quando si applica al conduttore una differenza di potenziale, gli elettroni acquistano una direzione netta di spostamento; la velocità con cui avviene questo moto collettivo si dice velocità di drift vd (in italiano velocità di “trascinamento”, o di “deriva”) Se indichiamo con n la densità di portatori (particelle cariche che contribuiscono alla corrente per unità di volume), la carica che attraversa la superficie A nell’unità di tempo è q i (nAvd )e t J n e vd i J dA ne vd dA A A e: carica elementare col segno relativo Densità di corrente e velocità di drift i J dA ne vd dA A A J n e vd Corrente e densità di corrente sono sempre rivolti nel verso della velocità delle cariche positive; se la carica che si muove è negativa (come di fatto accade nei conduttori) il loro verso è opposto a quello della vd elettronica La velocità di drift all’interno di un conduttore è piccolissima, mentre la reale velocità degli elettroni è enorme: m 6 m vd 10 10 ; ve 10 s s 4 5 Linee di flusso della densità di corrente J Come tutti i campi vettoriali, anche la densità di corrente può disegnarsi mediante linee di flusso. Consideriamo in Figura la corrente attraverso un conduttore strozzato. Per definizione la tangente alla linea in ogni punto dà la direzione della corrente, mentre la densità delle linee esprime il valore assoluto della densità di corrente. Nell’ipotesi di regime stazionario, la corrente (ovvero il flusso) attraverso la parte larga e la parte strozzata deve essere lo stesso. Questo vuol dire che nella parte strozzata, essendo l’area più piccola, deve aumentare il modulo di J, ovvero la velocità di drift: questo è graficamente riprodotto dal fatto che nella parte strozzata le linee di flusso sono più ravvicinate, dunque esprimono un aumento di modulo di J rispetto alla parte più larga del conduttore. Problema 26.2 Si consideri un conduttore cilindrico di raggio R=2 mm con densità di corrente uniforme e perpendicolare alla sezione del cilindro J=2x105 A/m2. Si calcoli il valore della corrente nella sola regione cilindrica compresa tra R/2 ed R Essendo J uniforme su tutti i punti della superficie attraversata si ha che la corrente totale è: i J dA J R 2 A Per calcolare la corrente che viaggia nel cilindro compreso tra R/2 ed R basta sottrarre alla precedente il contributo dell’area di raggio R/2: 2 3 R 3 2 4 1 2 2 JR i J R J 10 A 1.9 A 4 4 4 Problema 26.2 Si consideri lo stesso conduttore cilindrico di raggio R=2 mm ma con densità di corrente radiale J=ar2 ed a=3x1011 A/m4. Si calcoli la corrente nella regione tra R/2 ed R J ha simmetria radiale sulla sezione sferica del cilindro, ovvero J è costante lungo un qualsiasi cerchio di raggio r; il trucco è quindi considerare il flusso infinitesimo su un anello di raggio r e spessore dr e quindi integrare su r: R i J dA 2a r 3dr A R/2 1 4R a 4 1 15 2a r R 1 4 aR 4 7.1A 4 R/2 2 2 32 Problema 26.3 Una corrente i=17 mA scorre in un filo di rame avente raggio r=900 mm; sia J uniforme. Qual è la velocità di drift (deriva) degli elettroni di conduzione? Si consideri che ogni atomi di rame fornisce 1 elettrone di conduzione, e che la densità atomica del rame n=8.51028 atomi/m3. i 17 103 A 3 A J 6.7 10 2 8 2 A 8110 m m A 6.7 10 2 J 7 m m vd 4.9 10 ne 8.5 1028 1 1.602 1019 C s m3 3 Resistenza elettrica: definizione Se si applica la stessa ddp all’estremità di due conduttori di uguale dimensione e forma ma diverso materiale, per esempio uno di rame e uno di grafite, l’intensità di corrente che percorre i due fili è diversa: la corrente che circola nella bacchetta di rame è maggiore di quella che circola in quella di grafite. Il rapporto tra la differenza di potenziale applicata e l’intensità di corrente definisce una nuova grandezza, caratteristica di ciascun conduttore: la resistenza elettrica: DV R I La resistenza elettrica misura la resistenza di un materiale conduttore ad essere attraversato dalla corrente. Benché conduttore, il materiale pone un ‘freno’ agli elettroni che lo attraversano. Questo freno dipende dalle caratteristiche specifiche del materiale. Resistenza elettrica: unità di misura DV DV R I DV IR I R Georg Simon Ohm (17871854). I suoi risultati furono inizialmente respinti dalla comunità scientifica. Visse in povertà fino al 1833 quando fu assunto al politecnico di Norimberga; nel 1853 divenne professore all’Università di Monaco. La resistenza elettrica si misura in Ohm, indicata col simbolo W (omega), in onore del fisico tedesco G.S. Ohm che nella prima metà del XIX secolo formulò la celebre legge di Ohm Volt R Ohm Ampere Prima legge di Ohm Per misurare la resistenza di un filo conduttore si applica una DV ai capi del conduttore e si misura la corrente; dal rapporto tra le misure si ottiene il valore della resistenza: R Rame e grafite seguono la legge di Ohm: il rapporto tra I e DV è COSTANTE. La retta con la pendenza maggiore è quella con la resistenza minore DV I Si ripete poi la misura per tanti valori di DV: se il valore di R non varia con DV (dunque il rapporto DV/I è costante) si dice che il materiale ha un comportamento Ohmico, ovvero obbedisce alla legge di Ohm. Un materiale obbedisce alla prima legge di Ohm se, a temperatura costante, la resistenza non dipende dalla differenza di potenziale applicata ai capi del conduttore; in questo caso, la corrente elettrica in un conduttore è direttamente proporzionale alla differenza di potenziale, ed inversamente proporzionale alla resistenza Prima legge di Ohm Conduttore ohmico In realtà, parlare di “Legge di Ohm” è improprio: più che una legge, quello di Ohm è un comportamento che molti conduttori, MA NON TUTTI, seguono. I conduttori che seguono il comportamento di Ohm sono detti ohmici; quelli che non seguono Ohm sono detti non-ohmici. In figura si vede chiaramente la differenza tra un conduttore ohmico e non-ohmico; i moderni circuiti microelettronici nei calcolatori, tablet, smartphone sono pieni zeppi di conduttori non-ohmici !! Diodo al silicio non-ohmico ATTENZIONE: per entrambe le tipologie di materiali la resistenza è sempre definita: R DV I La distinzione tra ohmico e non ohmico NON è in questa definizione, ma nel fatto che per gli ohmici R non varia con la DV applicata !! Effetto della temperatura in generale la resistenza di un conduttore varia fortemente con la temperatura, per cui se durante il processo di misura la temperatura varia, anche la resistenza varia. R DV I In Figura è riportata la curva I-DV per una lampadina a incandescenza. Sembrerebbe che l’andamento della curva violi la legge di Ohm, ma non è così !! Il filamento di tungsteno è un conduttore ohmico, tuttavia al crescere della corrente, aumenta la temperatura del filo incandescente (effetto Joule). Nel filo di tungsteno la pendenza della curva I-V diminuisce poiché R aumenta con la temperatura Nei metalli l’aumento di temperatura causa un aumento di resistenza: dunque R sta aumentando non perché dipende da DV, ma perché la temperatura non è costante con l’aumentare della corrente Resistività e seconda legge di Ohm Con i suoi esperimenti Ohm verifico che la resistenza elettrica di un conduttore dipende non soltanto dalla sostanza di cui e costituito il materiale, ma anche dalle sue caratteristiche geometriche: consideriamo un filo conduttore di lunghezza L, e sia A l’area della sezione del filo, e DV la ddp ai capi del filo. Supponendo il campo elettrico costante all’interno del filo, la legge di Ohm ci dà: R DV E L ; I JA Rr E r J L A La resistenza R di un conduttore di sezione costante è proporzionale alla lunghezza (L) e inversamente proporzionale all’area (A) della sezione (2a legge di Ohm) r (rapporto tra campo elettrico e densità di corrente) si dice resistenza specifica o resistività; essa dipende solo dalla sostanza del campione e dalla temperatura, ma non dalla sua forma o estensione. La resistività è dunque una grandezza intensiva, a differenza della resistenza che è estensiva Resistività e seconda legge di Ohm r R A r W m L L’unità di misura della resistività è ohm per metro (Wm). La resistività rappresenta dunque la resistenza di un conduttore di lunghezza 1 m e di sezione 1 m2 La resistività misura la capacità di un materiale di opporsi al passaggio della corrente rJ E 1 J E s E r La resistenza è una quantità macroscopica, connessa a quantità tipicamente misurate nei circuiti come corrente e tensione; la resistività è microscopica, relativa alle proprietà fondamentali del materiale La resistività connette due grandezze vettoriali: campo elettrico e densità di carica, ed è una quantità scalare solo nel caso di sistema isotropo (altrimenti sarebbe una matrice!) L’inverso della resistività si dice conducibilità e si indica con s: la conducibilità misura l’attitudine del materiale ad essere attraversato dalla corrente. Valori della resistività nei materiali Valori della resistività a T ambiente L’unità di misura della resistività è ohm per metro (Wm). La resistività rappresenta dunque la resistenza di un conduttore di lunghezza 1 m e di sezione 1 m2 Problema 26.4 Un blocco di ferro ha dimensioni 1.0 cm 1.0 cm 10 cm; calcolare la resistenza misurata in direzione z ed x; la resistività del ferro è r= 10-7 W m. x z y Lungo z: Lungo x o y: L 10cm 7 4 R r 10 W m 10 W 2 A 1cm L 1cm 7 6 R r 10 W m 10 W 2 A 10cm NB: il materiale è isotropo, ovvero stessa resistività lungo x,y,z; la resistenza cambia a causa del diverso rapporto tra lunghezza percorsa dalla corrente (L) e sezione attraversata (A): maggiore è questo rapporto, maggiore la resistenza incontrata. Resistori in commercio In molte apparecchiature elettriche sono inseriti componenti che devono avere una ben determinata resistenza elettrica; questi prendono il nome di resistori, o semplicemente resistenze. Per facilitare l’utilizzo di queste resistenze, esse sono vendute utilizzando un codice di colori standard che identificano le caratteristiche della resistenza. In genere sul resistore sono impresse quattro strisce colorate; i colori delle prime due indicano il valore della resistenza, la terza striscia indica l’esponente della potenza di 10, la quarta la tolleranza. Quindi, per esempio: verde (=5), blu (=6), arancio (3), oro (=5%) significa R=56x103 W con tolleranza del 5%. Origine microscopica della resistività Nei conduttori alcuni elettroni (“elettroni di conduzione”) sono liberi di spostarsi da un atomo all’altro. In un conduttore tipico (ad es. rame) la velocità media di questi elettroni è ve 106 m/s. Se si accende un campo elettrico all’interno di un conduttore, ci aspettiamo che gli elettroni fluiscano collettivamente attraverso il conduttore a quella stessa velocità; invece, sotto l’azione del campo, la velocità del flusso elettronico netto nella direzione del campo (“velocità di deriva”) è ENORMEMENTE più bassa: vd 10-6 - 10-7 m/s !! Perché il moto elettronico è così frenato all’interno del conduttore ? Da cosa origina, a livello microscopico, il fenomeno della resistenza elettrica? Il moto degli elettroni NON è completamente libero: come in un fluido gli urti tra molecole causano una certa viscosità che riduce il flusso del liquido, così gli elettroni di conduzioni ‘urtano’ con vari ostacoli nel loro percorso. Fino a temperature non troppo alte (temperatura ambiente), gli urti più importanti sono tra elettroni e vibrazioni atomiche: vibrando attorno alle posizioni di equilibrio, gli atomi urtano con gli elettroni e ne ostacolano il flusso. Più è forte l’interazione tra elettroni e vibrazioni atomiche, maggiore è la resistività del materiale A temperature molto elevate, gli elettroni iniziano ad urtare fortemente anche tra loro: l’interazione tra elettroni diventa il fattore predominante nel determinare la resistività Origine microscopica della resistività In Figura, la traiettoria nera rappresenta il moto dell’elettrone SENZA campo, causato dall’energia cinetica dell’elettrone ed influenzato soltanto dalle collisioni, che cambiano continuamente la direzione del moto. La traiettoria verde è quella seguita in presenza del campo: gli urti sono gli stessi ma tra un urto e l’altro le traiettorie sono spostate verso destra dalla presenza del campo. Dunque, lo spostamento effettivo dovuto al campo è soltanto quello relativo alla differenza tra B e B’: per unità di tempo questo spostamento rappresenta la velocità di deriva, ed è enormemente più piccolo della traiettoria reale percorsa dall’elettrone nello stesso tempo. Un elettrone libero accelerato dal campo elettrico aumenta via via la velocità, dunque acquista progressivamente energia cinetica. Ma ogni volta che urta contro un atomo, esso cede parte di questa energia al reticolo cristallino, provocando così un incremento della vibrazione reticolare e dunque della temperatura del cristallo. Con gli urti l’elettrone perde l’energia cinetica acquisita grazie al lavoro compiuto dal campo, e la trasferisce al materiale sotto forma di ENERGIA TERMICA (effetto Joule). Origine microscopica della resistività Tra un urto e l’altro l’elettrone è libero di muoversi, e sottoposto al campo elettrico, subisce un’accelerazione: F eE a m m Quando urta, l’elettrone ‘perde memoria’ della sua direzione precedente e riparte con direzione casuale. Se definiamo t il tempo che intercorre in media tra un urto e l’altro (“tempo di rilassamento”) si ha: eEt J m vd at E J rJ 2 m ne t ne m r t n e2 s e n 2 t m Possiamo ipotizzare che t non dipenda in modo significativo dal campo applicato. Da questa assunzione segue che resistività (e conduttività) sono espresse da quantità tutte indipendenti dal campo applicato, e dunque che un conduttore ordinario obbedisce alla legge di Ohm. Dipendenza della resistività dalla temperature La resistività ha una forte dipendenza dalla temperatura. Si veda in figura la resistività in funzione di T per il rame. Con l’aumento di T aumentano ampiezza e frequenza di oscillazione degli atomi attorno alle posizioni di equilibrio, e dunque aumenta la probabilità di urto tra atomi e cariche mobili. L’aumento degli urti produce la diminuzione del tempo di rilassamento t, e dunque l’aumento di r: m r t n e2 La variazione di r con T in molti metalli comuni è circa lineare; per cui viene usata la legge empirica: r r0 r0 (T T0 ) T0 è una temperatura di riferimento (tipicamente la temperatura ambiente T0 =293 K), r0 la resistività relativa a T0, è detto coefficiente termico di resistività. Si noti che nella formula precedente la temperatura compare soltanto come differenza tra due valori, per cui usare gradi Kelvin o Celsius è totalmente indifferente. Problema 26.6 Calcolare il tempo medio tra due urti nel rame; per il rame n=8.51028 elettroni/m3 ; r= 1.710-8 W m; ricordiamo che la massa dell’elettrone è m=9.1 10-31 Kg. t m r n e2 2 C W 2 28 8 2 38 18 Kg nre (8.5 10 )(1.7 10 )(1.6) 10 37 10 2 m s Dimensioni fisiche: ricordiamo che CW Vs; V / m N / C C 2W C (CW) C (Vs ) C s V C s N s s Kg m Kg N 2 2 2 2 m m m m m m C m m s s m 9.11031 Kg 13 t 0 . 25 10 s 25 fs 2 18 r ne 37 10 ( Kg / s) Adesso capiamo perché la velocità di drift è così piccola: il tempo medio tra due urti nel rame è brevissimo !! Problema 26.6 Per il rame n=8.51028 elettroni/m3 ; r= 1.710-8 W m; ricordiamo che la massa dell’elettrone è m=9.1 10-31 Kg. Assumendo la velocità media degli elettroni di conduzione del rame ve=1.6106 m/s, B calcolare il cammino libero medio L, ovvero la distanza media percorsa tra due urti. ve A L vd E L vet (1.6 106 )(25 1015 )m 40 109 m 40 nm La distanza media tra due atomi è circa 0.5 nm, dunque l’elettrone viaggia indisturbato attraversando ‘in media’ circa un centinaio di atomi prima di colpirne uno! Trasformazione di energia nel circuito In Figura, un dispositivo non specificato è connesso ad una batteria B, che mantiene una DV fissata; la batteria genera una corrente continua i attraverso il circuito. Il lavoro compiuto (energia spesa) dalla batteria per far circolare una carica infinitesima dq nel tempo dt è dato da: dU dq DV i dt DV Se la forza elettromotrice DV è costante, L’energia totale erogata nel tempo t è quindi: t DU DV i dt qDV 0 Ove q è l’intera carica circolata nel circuito nel tempo t; ovviamente l’energia non può perdersi nel nulla, deve conservarsi: che fine ha fatto? : Se il dispositivo è un motore elettrico, si è trasformata in lavoro meccanico compiuto dal motore; Se il dispositivo è un accumulatore di energia (ad esempio un condensatore) è stata immagazzinata nel dispositivo Se il dispositivo è un resistore, si è trasformata in energia termica (ovvero CALORE) del resistore Trasformazione di energia nel circuito Nei circuiti elettrici, più che il lavoro o l’energia potenziale, la grandezza tipicamente considerata è la potenza, ovvero il lavoro per unità di tempo: P dU dq DV i DV dt dt (1) La cui unità di misura è il Watt: 1 W = 1 A 1 V = (1 J / 1 s). Da: DV R i DV 2 P i2R R (2) ATTENZIONE: la formula (1) si applica in tutti i casi ed è più generale della (2) in cui compare R, che si applica soltanto nei casi in cui la potenza è dissipata su una resistenza. In pratica, comunque, qualunque motore ha sempre una minima resistenza interna, per cui nessun dispositivo è totalmente privo di energia dissipata in calore Trasformazione di energia elettrica in calore: Legge di Joule Consideriamo un resistore, ai cui capi sia applicata una tensione DV DV la potenza dissipata nel resistore è data da: dL dq P DV i DV i 2 R dt dt Se tutto il lavoro si trasforma in calore assorbito dal materiale, indicando con Q il calore sviluppato nel tempo t, si ha ovviamente: Q P Q i2R t t Questa formula è la celebre LEGGE DI JOULE: la quantità di calore per unità di tempo sviluppata nel passaggio di una corrente elettrica attraverso il resistore è data dal prodotto del quadrato della corrente per la resistenza del resistore Effetto Joule in motori elettrici e resistori Nel passaggio di corrente attraverso il conduttore, il lavoro del campo elettrico speso per accelerare gli elettroni si trasforma attraverso gli urti in energia cinetica degli atomi, ovvero in calore. Dunque nei conduttori percorsi da corrente avviene sempre un certo riscaldamento. La trasformazione dell’energia elettrica in calore si dice effetto Joule. Questo calore rappresenta energia dissipata nei motori elettrici, mentre è utilmente sfruttata come sorgente di riscaldamento mediante i resistori. Motori elettrici: macchine che trasformano energia elettrica in energia meccanica, come un rasoio elettrico o un trapano; hanno tutti una loro resistenza interna che genera calore, dunque energia persa rispetto al lavoro erogato dal generatore Resistori: materiali conduttori con alta resistività utilizzati per la generazione di calore. Nelle stufe elettriche, le resistenze si riscaldano al punto di diventare incandescenti ed emettere calore per irraggiamento. Nelle lampadine ad incandescenza, il filo incandescente emette una porzione (piccola) di radiazione elettromagnetica nel visibile, così da permette l’illuminazione. Nel phon c’è una resistenza che scaldandosi emette aria calda. Altri esempi sono la caldaia, la lavastoviglie, la lavatrice, il bollitore Problema 26.7 Consideriamo una stufa elettrica con tipica resistenza avvolta a spirale costituita da lega nichel/cromo/ferro (detta nichelcromo); sia R= 72 W; 1) Sia DV=120 V; calcolare la potenza dissipata dalla stufa DV 2 (120V )2 (1.2)2 104 P W 200W R 72 W 72 W 2) Immaginiamo di tagliare la resistenza a metà e di applicare V=120 V su ciascuna delle due metà; calcolare la potenza dissipata. Essendo le due metà in serie, è come avere un’unica resistenza con una V doppia agli estremi, per cui: (2 120V ) 2 P 4 200W 72 W Curiosità varie Caratteristiche fondamentali degli apparecchi elettrici (utilizzatori): I parametri fondamentali degli utilizzatori sono connessi (P=IV). Per esempio, un rasoio elettrico che lavora a ddp=220 V ed ha P=10 W eroga effettivamente quella potenza solo se la ddp applicata è quella indicata; se si va negli USA dove la ddp è di 110 V anche la potenza è minore (il rasoio gira più lentamente) Trasporto dell’energia elettrica: avviene tramite cavi metallici lunghi centinaia di chilometri: la 2° legge di Ohm ci dice che questo genera grandi resistenze; e per ridurre le perdite di energia in calore si utilizzano alte tensioni (fino a 500 kV) e bassa intensità di corrente. Q 2 P i R i DV t Fusibili di protezione: Il fatto che i conduttori percorsi dalla corrente elettrica si riscaldano viene sfruttato nei cosiddetti fusibili di protezione, componenti elettrici costituiti da un piccolo tratto di filo metallico a basso punto di fusione. Quando la corrente supera un certo valore, per esempio a causa di un cortocircuito, il fusibile fonde, interrompe il circuito e impedisce cosi danni maggiori Il circuito elettrico: il generatore E iR Si chiama circuito elettrico un generico percorso chiuso in cui le cariche elettriche possono muoversi con continuità. Il circuito è costituito da un insieme di componenti elettrici collegati tra loro mediante fili conduttori. I componenti possono essere soltanto due, come la pila e la lampadina presenti in una torcia elettrica, oppure milioni, come quelli, microscopici, all’interno di un computer. Il componente fondamentale di un circuito è il generatore: esso e capace di mantenere una differenza di potenziale tra i due punti del circuito a cui e collegato. Le pile e le batterie, per esempio, sono generatori di differenza di potenziale continua e costante con un polo positivo e uno negativo. La differenza di potenziale generata dalla batteria si dice anche forza elettromotrice, indicata con E. Altre caratteristiche di un generatore sono l’intensità di corrente massima che può erogare, e la potenza Il circuito elettrico: componenti I circuiti elettrici reali possono essere anche molto complessi. Per semplificare lo studio, si utilizzano gli schemi elettrici, in cui i vari componenti del circuito sono rappresentati con simboli, collegati tra loro da linee continue che rappresentano i fili elettrici. In un circuito elettrico il percorso reale dei fili può essere anche molto tortuoso, ma il funzionamento effettivo del circuito non dipende da questo percorso Utilizzatore: L’utilizzatore è qualunque dispositivo che per funzionare richiede corrente elettrica, come ad esempio una lampadina o un motore elettrico. Interruttore: Il circuito viene chiuso o aperto mediante un interruttore. La corrente circola, convenzionalmente, dal polo positivo al polo negativo della pila. Fili elettrici: Il collegamento avviene tramite un filo elettrico in genere di rame, isolato con una guaina di plastica. I fili elettrici hanno una resistenza molto piccola che di solito è trascurabile rispetto a quella dell’utilizzatore. Per questo motivo, se incidentalmente si collegano tra loro direttamente i poli del generatore si ottiene un cortocircuito, con il risultato di scaricare la pila o di danneggiare il generatore stesso. Inoltre il passaggio molto intenso delle cariche da un polo all’altro può provocare un forte riscaldamento e bruciare il filo conduttore. Legge dei nodi o prima legge di Kirchhoff Nei nodi del circuito (punti in cui convergono più rami) la corrente si conserva, ovvero la corrente entrante deve essere uguale a quella uscente (legge dei nodi o prima legge di Kirchhoff) i1 i2 i3 Seconda legge di Kirchhoff c d Risolvere un circuito alimentato da un generatore significa generalmente determinare la relazione tra differenza di potenziale e corrente nel circuito. A tal fine, si utilizzano le Leggi di Kirchhoff: La somma algebrica delle DV calcolate su ciascun ramo di un circuito chiuso è nulla (Seconda legge di Kirchhoff) E (Vb Vc ) (Vc Vd ) (Vd Va ) (Va Vb ) 0 i R1 R2 R3 i R1 i R2 i R3 E c i Se scegliamo il verso opposto della corrente ? Poco male: applichiamo Kirchhoff nel verso opposto: (Vb Va ) (Va Vd ) (Vd Vc ) (Vc Vb ) 0 d E E i R1 R2 R3 i R3 i R2 i R1 Stesso valore ma con segno negativo, il ché ci indica che il verso corretto delle cariche positive è quello di prima Batterie ideali e reali Le batterie ideali sono caratterizzate dalla sola forza elettromotrice. In realtà, come qualsiasi utilizzatore, anche un generatore possiede una sua resistenza interna. In figura si vede che la resistenza della batteria reale (indicata con r) è inclusa come un elemento in serie col resto del circuito. Applicando Kirchhoff si ottiene: E i r i R E 0 E i ( r R) i rR L’effettiva differenza di potenziale ai poli della batteria è Vb Va E i r i R Ovvero corrisponde alla forza elettromotrice meno il potenziale perso a causa della propria resistenza interna; si noti che la forza elettromotrice è una caratteristica propria della batteria, così come la resistenza interna, mentre la perdita di potenziale ir dipende anche dalla corrente e dunque dal ‘carico’ R presente nel circuito Escursioni altimetriche del potenziale Vb Va E i r i R Un modo utile per capire l’andamento del potenziale nel circuito è visualizzarlo dispiegato lungo una linea retta. In questo modo possiamo visualizzare il profilo del potenziale proprio come un profilo altimetrico: partiamo ad esempio dal punto a e percorriamo tutto il circuito fino allo stesso punto: Il filo conduttore si suppone a resistenza trascurabile, per cui lungo i fili il potenziale è sempre costante ed il campo sempre nullo: i fili sono tratti pianeggianti attraversati senza necessità di compiere lavoro. In corrispondenza dell’attraversamento dei poli della batteria, il potenziale aumenta: la batteria è la funivia che spende lavoro consentendo alla carica di ‘salire di quota’ Attraversando le resistenze il potenziale scende: le resistenze rappresentano discese in cui il lavoro della batteria è speso in effetto Joule Resistenze in serie c d Le resistenze si dicono IN SERIE se sono poste in successione lungo lo stesso filo. Dunque in ognuna di esse scorre la stessa corrente, mentre la differenza di potenziale prodotta dal generatore si ripartisce tra tutte le componenti Vb Vc i R1; Vc Vd i R2 ; Vd Va i R3 Vb Va E i( R1 R2 R3 ) E i ; Req Req R1 R2 R3 Le resistenze in serie possono essere sostituite da un’unica resistenza equivalente, uguale alla somma delle singole resistenze, in cui scorre stessa corrente e ai cui capi c’è la stessa ddp complessiva. Problema Dato il circuito in figura, calcolare la ddp tra i punti b ed a Vb Va E i r i R E 12V i 2A r R 6W Vb Va 12V 2 A 2 W 8V Stesso circuito, ma col potenziale Va messo a terra, ovvero collegato con un filo privo di resistenza alla terra: Va =0; nulla cambia per quanto riguarda corrente e differenza di potenziale: Vb Va Vb 8V Se colleghiamo a terra Vb si ha: Vb Va Va 8V Va 8V Problema Calcoliamo la potenza del generatore. La potenza netta trasferita dal generatore al circuito sotto forma di corrente è data da: P i DV iVb Va 16W Questa potenza si può riscrivere come somma di due contributi P iE i r iE i 2r P iE 24W È la potenza ideale erogata dal generatore P i r 8W È la potenza dissipata in calore dal generatore per effetto Joule a causa della sua resistenza interna 2 Problema 27.1 Consideriamo il circuito in Figura, con due batterie in opposizione, con caratteristiche: E1 4.4V r1 2.3 W E2 2.1V r2 1.8 W ed un resistore tra i punti b e c con R=5.5 W 1) Calcolare la corrente nel circuito. E1 E2 ir1 r2 R E1 E2 2.3V i 0.24 A R r1 r2 9.6W 2) Calcolare la ddp ai poli della batteria 1 Va Vb E1 i r1 3.85V Resistenze in parallelo Le resistenze si dicono IN PARALLELO se sono ordinate in rami paralleli con ai capi stessa differenza di potenziale; la corrente totale che attraversa il generatore è la somma delle correnti che scorrono nei singoli rami. E Va Vb i1R1 i2 R2 i3 R3 1 1 1 i i1 i2 i3 Va Vb R1 R2 R3 E i ; Req 1 1 1 1 Req R1 R2 R3 Le resistenze in parallelo possono essere sostituite da un’unica resistenza equivalente, il cui inverso è uguale alla somma degli inversi delle singole resistenze, in cui scorre la corrente totale, e ai cui capi c’è la stessa ddp delle singole resistenze Problema 27.2 La figura mostra un circuito a più maglie con valori: E 12V R1 20 W R2 20 W R3 30 W R4 8 W 1) Calcolare la corrente che transita attraverso la batteria. R2 ed R3 sono in parallelo: 1 1 1 R23 12 W R23 R2 R3 R1, R23 ed R4 sono in serie: Req R1 R23 R4 40 W E 12V i1 0.3 A Req 40W Problema 27.2 La figura mostra un circuito a più maglie con valori: E 12V R1 20 W R2 20 W R3 30 W R4 8 W 2) Calcolare la corrente i2 che transita nel ramo R2 Vb Vc i1R23 0.3 A 12 W 3.6V Vb Vc 3.6V i2 0.18 A R2 20W 3) Calcolare la corrente i3 che transita nel ramo R3 Dalla prima legge di Kirchhoff applicata nel nodo b si ha: i1 i2 i3 i3 i1 i2 0.12 A Problema 27.3 La figura mostra un circuito a più maglie; date le fem e le resistenze, trovare i valori delle correnti in ogni ramo del circuito E1 3V i3 i1 S1 S2 i3 i1 i3 E2 6V R1 2 W R2 4 W Ipotizziamo un verso qualsiasi per ciascuna corrente nelle maglie; se è sbagliato non importa, poiché otterremmo semplicemente un valore con segno negativo. Consideriamo i circuiti chiusi S1 ed S2, e scriviamo le rispettive equazioni; inoltre imponiamo la legge dei nodi nel nodo a: Circuito S1: E1 E2 i1R1 i2 R2 i1R1 2i1R1 i2 R2 Circuito S2: E2 E2 i3 R1 i2 R2 i3 R1 0 i3 i2 R2 / 2R1 Legge dei nodi: 2 R1 i1 i3 i2 i2 i1 2 R1 R2 Sostituisco questo risultato nell’Eq. per S1 e risolvo rispetto ad i1 Problema 27.3 La figura mostra un circuito a più maglie; date le fem e le resistenze, trovare i valori delle correnti in ogni ramo del circuito E1 3V i3 i1 S1 i3 2 R1 i2 i1 0.25 A 2 R1 R2 i3 R2 i3 i2 0.25 A 2 R1 i3 i1 S1 S2 i3 i1 R1 2 W R2 4 W 2 R1 R2 i1 E1 E2 0.5 A 2 4 R1 4 R1R2 S2 i1 E2 6V i3 Il verso delle correnti i1 e i2 è opposto a quanto ipotizzato; era preventivabile considerando che la batteria più potente è la 2, e dunque tende ad imporre il proprio verso di percorrenza stabilito dai suoi poli Resistenza e capacità equivalente: Tabella riassuntiva Collegamento in serie e in parallelo Le lampadine dell’albero di Natale sono connesse in serie: se una si fulmina il circuito si apre: non passa più corrente e nessuna lampadina si illumina più. Gli elettrodomestici di casa (luci, televisore, elettrodomestici) sono tutti connessi in parallelo: se uno smette di funzionare gli altri continuano a funzionare regolarmente Misure nel circuito: voltmetro e amperometro DV DV La ddp si misura col voltmetro; questo deve essere inserito in parallelo, collegando i poli del voltmetro ai capi del circuito tra i quali si vuole misurare la ddp DV DV L’intensità della corrente si misura con l’amperometro. Questo deve essere inserito in serie con il tratto di circuito di cui si vuole misurare la corrente. L’amperometro deve essere attraversato dalla corrente che si vuole misurare, per cui si deve interrompere il circuito e inserire lo strumento Misure nel circuito: voltmetro e amperometro Come qualunque altro componente, anche amperometro e voltmetro hanno una loro resistenza interna. Questa resistenza non deve alterare il valore della resistenza da misurare, per cui: l’amperometro collegato in serie, deve avere una resistenza piccola e trascurabile voltmetro connesso in parallelo deve avere una resistenza più grande possibile. NON collegare un voltmetro in serie: la sua grande resistenza interna impedirebbe alla corrente di scorrere, interrompendo il circuito MAI usare un amperometro in parallelo: potrebbe causare un cortocircuito e bruciare il circuito elettrico. Gli strumenti più diffusi sono chiamati multimetri o tester. Questi permettono misure di ddp, corrente e resistenza. Un multimetro presenta due poli, detti anche boccole o morsetti, i quali, per mezzo di appositi spinotti e cavi, devono essere collegati al circuito elettrico. Quando si misurano grandezze continue si deve rispettare la polarità dei morsetti. Per convenzione, il polo positivo viene collegato con il cavetto di colore rosso, quello negativo con il cavetto di colore nero. Circuiti RC: processo di carica del condensatore In figura è riportato un circuito con una resistenza e un condensatore inizialmente scarico. Per caricarlo chiudiamo il circuito mettendo in contatto l’interruttore S col punto a: la batteria inizia a trasferire carica al condensatore, finché si giunge all’equilibrio nel momento in cui DV ai piatti del condensatore eguaglia la forza elettromotrice; la carica di equilibrio ai piatti del condensatore è: q CE Esaminiamo il processo di carica: tutte le grandezze devono essere valutate come variabili nel tempo: siano q(t), VC(t) carica e differenza di potenziale ai piatti del condensatore; i(t) è la corrente nel circuito. In un dato istante durante la carica, l’equazione della corrente dà: E VC iR Si noti che pila e condensatore sono in opposizione tra loro, essendo il polo positivo (negativo) a contatto col piatto positivo (negativo). Inoltre, l’equazione precedente ci dice che la corrente si annulla quando VC eguaglia la forza elettromotrice. Circuiti RC: processo di carica del condensatore E VC iR Riscriviamo VC(t) e i(t) in termini di carica: dq(t ) q(t ) R E dt C La variazione della carica ai piatti del condensatore è descritta da una equazione differenziale del 1° ordine; si può dimostrare che la soluzione è data da: q(t ) CE 1 et /(RC ) (1) Notiamo come l’equazione (1) descriva gli istanti iniziali e finali del processo di carica: per t=0 q=0 (condensatore scarico); per t l’ esponenziale svanisce, per cui q C E (condensatore carico). Dalla carica otteniamo: i(t ) dq / dt E t /( RC ) e R (2) L’Eq. (2) mostra che per t=0 i(t)= E /R; per t i(t) 0; dunque a t=0 il condensatore si comporta come un conduttore con resistenza trascurabile (corto circuito); a carica avvenuta, il condensatore è come un conduttore ‘tagliato’ (circuito aperto) Circuiti RC: processo di carica del condensatore Infine VC(t) è ottenuto semplicemente come VC (t ) q(t ) E 1 et /(RC ) C (3) Come ci aspettavamo, per t=0 VC=0 (condensatore scarico); per t VC = E (condensatore carico). Il termine RC = t è detto costante di tempo capacitiva: infatti, si può vedere facilmente che ha le dimensioni fisiche del tempo: V C C RC WF s AV A Dall’Eq. (3) si vede che: VC (t ) E 1 e1 0.63 E Dunque t è il tempo impiegato dal processo per caricare il condensatore al 63% del suo massimo valore, corrispondente a VC = E ; in altre parole, t il condensatore si è rappresenta una stima del tempo impiegato dal condensatore a caricarsi completamente. Circuiti RC: scarica del condensatore Consideriamo il processo inverso: il condensatore è carico, con: q0 C E Giriamo l’interruttore S dal punto a al punto b, in modo che i piatti del condensatore siano posti in cortocircuito attraverso resistenza R; adesso l’equazione della corrente è: VC iR dq(t ) q(t ) R 0 dt C Si dimostra che la soluzione dell’equazione precedente è: q(t ) q0et /t Dunque q(t), diminuisce esponenzialmente col tempo; per t = t: il condensatore si è scaricato del 37%: q(t ) q e1 0.37q 0 Dalla carica si ricava facilmente la corrente: i(t ) dq / dt 0 q0 t et /t Nel condensatore carica e corrente variano esponenzialmente col tempo Circuiti RC: scarica del condensatore La rapidità con cui un condensatore può caricarsi per mezzo di un generatore o scaricarsi per spendere l’energia immagazzinata in esso è la caratteristica più importante del condensatore; un generatore elettrochimico come la pila o la batteria può accumulare una quantità di carica e dunque un’energia totale enormemente maggiore che un condensatore, ma il processo di erogazione dell’energia è molto più lento. La rapidità con cui il condensatore si carica e si scarica è dovuto all’andamento esponenziale nel tempo della variazione della carica e del potenziale, e dal tempo caratteristico RC = t che governa il processo di carica e scarica; consideriamo ad esempio un tipico ordine di grandezza della capacità come il mF ed un carico R=1000 W; si ottiene: t RC 1000W mF 103 s il tempo caratteristico con cui il condensatore carica e scarica è dell’ordine del millisecondo !