STORIA Il Fascismo e il Nazismo. La prima guerra tecnologica: LA SECONDA GUERRA MONDIALE con Alan Turing e i primi sistemi crittografici. L’ITALIA TRA LE DUE GUERRE Secondo il Patto di Londra l’ Italia avrebbe dovuto ottenere la Dalmazia, lasciando la città di Fiume agli Austro-ungarici. Il nuovo stato iugoslavo rivendicò però la regione dalmata. La delegazione italiana guidata dal presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando pretese il rispetto del Patto di Londra, ma contemporaneamente, cercò di ottentenere anche l’annessione di Fiume. Gli alleati contrastarono questa presa di posizione, soprattutto il presidente americano Wilson, favorevole alla formazione dello Stato iugoslavo. Il 24 aprile l’Italia lasciò la riunione per protesta, ma sotto minaccia del presidente Wilson fu costretta al ritorno. Il malcontento generale sfocia in quella che fu definita da Gabriele D’Annunzio come una vittoria mutilata. Il governo Orlando si dimise a metà giugno e fu eletto presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti. Il nuovo presidente si trovò immediatamente ad affrontare il malcontento dell’opinione pubblica borghese, maggiormente rappresentato dalle frequenti manifestazioni dei nazionalisti e dagli atteggiamenti provocatori di D’Annunzio, capace di una clamorosa impresa: l’occupazione di Fiume. Anche a causa delle incertezze di Nitti, tornò al governo Giolitti nel 1920, stesso anno in cui firmò il Trattato di Rapallo: la Iugoslavia ottenne la Dalmazia, l’Italia la città di Istria e Fiume divenne uno Stato libero e indipendente. Un importante fatto politico avvenuto nel 1919 fu la nascita del movimento chiamato Fasci di combattimento, fondato da Benito Mussolini a Milano. Inizialmente si trattò di un piccolo gruppo dall’ideologia politica confusa, che si collocò politicamente a sinistra, battendosi per delle radicali riforme sociali. In breve tempo Mussolini si sbarazzò del suo programma originale (programma di San Sepolcro) e il movimento si caratterizzò per la violenza e l’ aggressività verbale dei suoi componenti. IL FASCISMO MUSSOLINI ALLA CONQUISTA DEL POTERE Alla fine del 1919 e l’inizio del 1921 vennero formate le famose squadre d’azione fasciste per intimidire e colpire duramente il movimento socialista ed in particolare le organizzazioni contadine. Giolitti decise di indire nuove elezioni nel maggio 1921, alla quali i fascisti parteciparono in liste comuni con liberali e gruppi di centro, ma le perse e dovette rinunciare al governo. A questo punto al Congresso dei Fasci del novembre 1921, Mussolini decise di trasformare il movimento del Partito Nazionale Fascista (PNF) e modificò significativamente il suo programma dichiarandosi favorevole alla monarchia e sostenendo l’opportunità di una politica economica liberalista. Organizzato e definito il piano di governo attraverso il PNF, Mussolini nel 1922 riunì le camicie nere e ordinò la marcia su Roma, per assumere il potere con la forza. L’allora Presidente Facta, venuto a conoscenza dell’evento, chiese al re Vittorio Emanuele III l’intervento dell’esercito. Il re, si rifiutò e il 30 ottobre del 1922 Mussolini, giunto a Milano, ricevette ufficialmente dal sovrano l’incarico di formare il nuovo governo. Ottenuto l’incarico, egli tra il 1922 e il 1924 guidò un governo di coalizione da fascisti, liberali, popolari e altri componenti. Ciò che chiedevano le opposizioni e gli alleati era soprattuto la fine della violenza come arma di lotta politica e lo sciglimento della squadre fasciste. Mussolini a sua volta, decise di creare la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, legalizzando di fatto lo squadrismo e trasformandolo in forza armata del regime. Sempre in questi anni il futuro duce assunse un atteggiamento “moderato” e tra i provvidenti assunti in questo periodo, di grande rilevanza furono: la riforma della scuola, sotto la responsabilità del ministro Gentile; la legge Acerbo, che riformava il sistema elettorale in senso fortemente maggioritario, assegnando i due terzi dei seggi alla Camera alla maggioranza relativa. Il 30 maggio, in seguito alle elezioni avvenute il 6 aprile 1924 e che videro la netta vittoria del listone formato dai fascisti, il segretario del Partito socialista unitario Giacomo Matteotti, pronunciò un coraggioso discorso alla Camera in cui denunciava i brogli e le violenze delle squadre fasciste. Solo 10 giorni dopo, egli venne rapito a Roma da un gruppo di squadristi e venne ucciso in auto a pugnalate. Vi fu un crollo della popolarità di Mussolini e l’opposizione si dichiarò disponibile a rientrare in Parlamento solo dopo il ripristino della legalità e l’abolizione della Milizia (secessione dell’Aventino), ma il 3 gennaio 1925, in un discorso alla Camera, Mussolini pronunciò: “Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! […] I governo è abbastanza forte per stroncare definitivamente la secessione dell’Aventino”. L’assassinio di Giacomo Matteotti segnò la fine della democrazia liberale e l’affermazione della DITTATURA FASCISTA. L’ITALIA FASCISTA La definitiva trasformazione del fascismo in dittatura fascista passò attraverso l’approvazione delle leggi “fascistissime”, ispirate dal giurista Alfredo Rocco. Il nuovo quadro legislativo prevedeva: Partito Unico fu il PNF; il potere legislativo spettava al capo del governo, responsabile solo davanti al re; i sindaci vennero sostituiti da un funzionario del governo: il podestà; la stampa fu sottoposta censura; l’OVRA proclamata come polizia di Stato, incaricata di individuare e arrestare gli oppositori. Divenne obbligatorio il possesso della tessera del partito per ottenere un posto nell’amministrazione pubblica o per conquistare promozioni e privilegi. Furono create associazioni capai di coinvolgere gli italiani di tutte l’età: l’Opera Nazionale Dopolavoro, il CONI, i Fasci Giovanili, i Gruppi Universitari Fascisti (GUF) e soprattutto l’Opera Nazionale Balilla, a quest’ultima partecipavano i ragazzi fra gli 8 e 14 anni (balilla) e quelli fra i 14 e 18 anni (avanguardisti), i quali venivano educati alla dottrina fascista e al culto di Mussolini con esercitazioni, marce e parate militari. Con la Chiesa la Dittatura fascista stipulò quelli che alla storia sono passati come Patti lateranensi, che prevedevano: il trattato internazionale con cui la Santa Sede riconosceva lo Stato italiano; una convenzione finanziaria che lo Stato stesso si impegnava a versare al Vaticano; un concordato che stabilì che la religione cattolica veniva riconosciuta come religione di Stato, regolamentò l’insegnamento di quest’ultima nelle scuole, garantì libertà alla Chiesa nell’ministrazione dei beni ecclesiastici e nella scelta dei vescovi. ECONOMIA Dal punto di vista economico, la prima fase della politica economica fascista fu di stampo liberista, ma poco dopo Mussolini adottò misure protezionistiche e accentuati interventi statali nell’economia. Famoso rimase il discorso tenuto a Pesaro sulla rivoluzione della lira: venne fissato l’obiettivo del cambio con la sterlina a 90 lire. Uno dei primi importanti provvedimenti economici fu l’aumento del dazio sui cereali, accompagnato dalla battaglia del grano. In questo senso nel 1928 venne iniziato il progetto di bonifica integrale delle maggiori zone paludose italiane. Significativi furono gli interventi realizzati nell’Argo Pontino dove venne costruita la città di Littoria (oggi Latina). Fu questo il primo passo della politica dell’autarchia che caratterizzerà il Fascismo degli anni Trenta, soprattutto a livello ideologico. Per quanto riguardava i rapporti tra operai e imprenditori, la dittatura condannò lo sciopero e la lotta di classe, abolendo ogni libertà di contrattazione. Nel 1926 venne dichiarata legge un’intesa tra i sindacati fascisti e Confindustria che prevedeva l’impedimento dell’azione sindacale ai socialisti, comunisti e cattolici. Secondo Mussolini, il datore di lavoro e i lavoratori stessi, dovevano collaborare nell’interesse della nazione. Questa nuova posizione ideologica, distinta dalle idee socialiste e da quelle liberali prende il nome di corporativismo. L’ordinamento corporativo venne ufficializzato nella Carta del lavoro del 1927: tutti i settori di produzione avrebbero dovuto organizzarsi in corporazioni, ovvero organizzazioni composte da lavoratori e padroni appartenenti allo stesso settore economico. LA POLITICA ESTERA Forte della sua ideologia nazionalista, Mussolini, voglioso di fare rivivere le gloriose esperienze della Roma imperiale e deluso dalle penalizzazioni subite in seguito alla prima Guerra Mondiale con il Trattato di Versailles, decise l’occupazione dell’Etiopia il 3 ottobre 1935. Il duce era deciso a donare all’Italia un impero di possedimenti coloniali già acquisiti (Libia, Somalia, Eritrea). Pochi giorni dopo l’inizio dell’invasione, la Società delle Nazioni condannò l’Italia in quanto aggressore di un altro Paese membro, decretandole sanzioni economiche e vietando al Paese stesso la vendita di beni militari. Fu questo il periodo in cui Mussolini e il fascismo godettero del maggior consenso. Il 9 maggio 1936 Mussolini annunciò la fondazione dell’Impero dell’Africa Orientale Italiana (AOI) e offrì a Vittorio Emanuele III la corona di imperatore d’Etiopia. La conseguenza più grave della guerra in Etiopia, fu l’avvicinamento di Mussolini a Hitler e alla Germania, che aveva appoggiato la conquista coloniale italiana. Nell’ottobre del 1936 Italia e Germania stipularono un patto d’amicizia, detto Asse Roma-Berlino. Nel 1938, il regime fascista promulgò leggi razziali contro gli ebrei, imitando quelle introdotte in Germania poco prima. Tale promulgazione indeboliva il regime fascista e ne preparava la crisi che giungerà in seguito con la Seconda Guerra Mondiale. L’ ITALIA ANTIFASCISTA Nel corso della sua affermazione la Dittatura fascista trovò i cosiddetti movimenti antifascisti. Il primo a dichiarare il proprio dissenso al regime attraverso il Manifesto degli intellettuali antifascisti, fu Benedetto Croce nel 1925. Seguirono Giustizia e Libertà, un movimento nato a opera di profughi italiano (Rosselli, Lussu, Rossi) che cercarono di coniugare liberalismo e marxismo e infine, i comunisti guidati da Palmiro Togliatti, i quali si stabilirono a Parigi e furono la forza politica che meglio seppe organizzare una rete di opposizione clandestina in Italia. IL NAZISMO Mentre in Italia si sviluppò il regime fascista, espressione di un stato totalitario, allo stesso modo in Germania si ebbe il regime nazista. LA GERMANIA REPUBBLICANA Il 9 novembre 1918 la monarchia fu sostituita dalla Repubblica e il socialdemocratico Ebert indisse le elezioni per formare un’Assemblea Costituente: a favore di posizioni riformiste e democratiche era il Partito Socialdemocratico (SPD), si dichiarava contrario a esiti rivoluzionari e intendeva costruire in Germania un sistema parlamentare. Contrario all’Assemblea Costituente erano il Partito Socialdemocratico Indipendente (USPD) e la Lega di Spartaco. Ogni tentativo rivoluzionario venne però stroncato dall’esercito. All’Assemblea Costituente, che il 19 gennaio 1919 si riuniva nella città di Weimar, l’SPD ottenne la maggioranza e approvò la nuova Costituzione: la Germania divenne una Repubblica federale; il potere legislativo andò al Parlamento; il potere esecutivo al governo presieduto da un cancelliere nominato dal Presidente della Repubblica; quest’ultimo era eletto dal popolo, era al comando delle forza armate e poteva assumere poteri straordinari. Nel frattempo le potenze vincitrici della Prima Guerra Mondiale, avevano imposto alla Germania l’umiliazione del Trattato di Versailles, rafforzando il nazionalismo tedesco e lo spirito di rivincita delle forza reazionarie che accentuarono la loro campagna antisocialista e antidemocratica. Le condizioni di pace portarono lo Stato tedesco a una gravissima crisi economica. La Francia, inoltre, nel 1923 forte della debolezza della Germania, colse l’occasione del mancato pagamento di una rata della regione della Ruhr. I Tedeschi risposero con la resistenza passiva. L’inflazioni, in questo periodo raggiunse livelli inauditi: 1 dollaro statunitense valeva 4 200 miliardi di marchi. Per lo Stato Tedesco era vicino il tracollo economico. La grave situazione economica favorì diversi tentativi per rovesciare il governo e nel 1923, a Monaco, non riuscì l’insurrezione voluta dal Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP), fondato da Adolf Hitler. In campo economico si ebbe un risollevamento quando gli Stati Uniti decisero di aiutare la Germania, nel quadro del piano di Dawes, a cui fornirono investimenti e prestigi agevolati. Tale ripresa però, strettamente dipendente dai finanziamenti esteri, si interruppe con la crisi di sovrapproduzione che interessò gli Stati Uniti (1929), che determinò di fatto la fine dei finanziamenti. Dapprima il governo aveva posto fine alla resistenza passiva nella Ruhr e superata tale questione, nel 1925 Germania e Francia giunsero agli Accordi di Locarno: la Germania riconosceva la perdita dell’Alsazia e della Lorena; accettava la smilitarizzazione della Renania, ma non assumeva impegni riguardo alle frontiere orientali. La stabilizzazione delle relazioni internazionali fu consolidata dal Patto Briand-Kellog (1928) con cui 62 Paesi si impegnarono a rinunciare alla guerra. LA FINE DELLA GERMANIA REPUBBLICANA Nel 1929, in seguito alla nuove crisi sfociata a causa della fine dei crediti statunitensi, sia a destra che a sinistra vi fu un processo di radicalizzazione delle opposizioni, che portò a nuove elezioni. Il Partito nazista di Hitler ottenne un ottimo risultato. Con tale successo elettorale Hitler era ormai diventato un importante interlocutore politico anche per la destra non estremista. Il 30 gennaio 1933 così gli venne affidato il compito di formare il nuovo governo. Finisce così la Repubblica. HITLER E LA NASCITA DEL NAZISMO Il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori nacque a Monaco nel 1920, nel clima di delusione e rabbia per gli esiti della pace di Versailles. Il nazismo, infatti, può essere ricondotto alle ideologie della destra tedesca, nazionalista e militarista, che rifiutava gli esiti della prima guerra mondiale e considerava il Trattato di Versailles un vero e proprio diktat imposto alla Germania. Nell’ideologia nazista vigeva l’aspetto dell’anticapitalismo, favorendo dunque il corporativismo, come strumento per evitare la conflittualità sociale. Nei fatti, questo stette a significare il piegamento della classe operaia alla volontà della grande industria. Nelle premesse ideologiche del Partito nazista era centrale il concetto di purezza della razza tedesca, i mito dell’arianesimo. Il nazismo individuò nell’ebraismo la fonte di tutti i mali che affliggevano la Germania. Ma la difesa della razza doveva essere esercitata anche contro gli zingari, i portatori di handicap, gli omosessuali, i malati di mente, tutti colpevoli di “contaminare” il popolo tedesco. Antisemitismo e razzismo si tradussero in un delirante progetto politico. Strumento di questa rigenerazione doveva essere un nuovo Reich (impero), con a capo la figura del Führer (capo supremo). Nel 1923 Hitler, scrisse il Mein Kampf (“La mia battaglia”), base teorico del nazismo. Questo prevedeva: la lotta contro il liberalismo e il disprezzo per la democrazia e il parlamentarismo; la lotta al marxismo materialista; la lotta contro gli ebrei. Il carisma del Führer, secondo Hitler era sufficiente a far apparire legittima la sua autorità, egli si proponeva come l’uomo del destino, ispirato da una concezione straordinaria e da principi superiori. Dopo il 1924, Hitler decise di dare al suo movimento una veste legalitaria che permettesse di far accrescere i consensi nei suoi confronti. Non con questo, rinunciò a utilizzare il braccio armato del suo partito: le SA (truppe d’assalto), che colpivano le organizzazioni comuniste. IL TERZO REICH Hitler andò al governo il 28 gennaio 1933. Un mese dopo un incendio distrusse il Reichstag (Parlamento) e la colpa cadde sui comunisti, nonostante i veri colpevoli fossero proprio gli stessi nazisti . L’occasione fu colta al volo da Hitler per scatenare una feroce lotta contro i comunisti di introdurre misure eccezionali. Vennero sospese le garanzie costituzionali e fissate le nuove elezioni per il 5 marzo 1933. Egli ottenne l’assoluta maggioranza in Parlamento e poté procedere in modo formalmente legale alla “nazificazione” della Germania. Il 23 marzo 1933, Hitler chiese una legge che gli assegnasse i pieni poteri epurati i comunisti, tutti gli altri partiti si piegarono alla volontà di Hitler. Iniziava così la dittatura del führer, che in sostanza prevedeva: Partito Unico fu il Partito nazionalsocialista; soppressione dei sindacati a favore di associazioni corporative; la creazione di una nuova polizia di Stato: la Gestapo, controllata da Himmler, capo delle SS. La componente nazista, guidata da Ernst Rohm, si opponeva al legame che Hitler stava fortificando tra sé, la grande industria e la finanza. Tale componente era rappresentata soprattutto dalle SA. A questo forma di opposizione, il dittatore, rispose con l’epurazione, in quella che passò alla storia come notte dei lunghi coltelli (30 giugno 1934). Le SS e la Gestapo uccisero Rohm e moltissimi rappresentanti delle SA. Complessivamente ci furono oltre mille morti. L’ultimo passaggio della costruzione del regime avvenne il 2 agosto 1934, quando l’allora Presidente Hindenburg morì. Hitler poté riunire in sé le funzioni di Presidente che si unirono a quelle di cancelliere, assumendo totalmente il titolo di führer e divenendo il capo assoluto del Terzo Reich, ovvero quello che in ordine storico doveva essere il terzo impero, dopo il Sacro Romano impero medievale e l’impero ottocentesco di Guglielmo I. Con la Chiesa Cattolica ed in particolare con Pio XI, Hitler stipulò un concordato che garantiva allo Stato tedesco la libertà di culto. Quattro anni dopo, dinnanzi alla politica antireligiosa del führer, Pio XI condannò il governo tedesco e fu così che migliaia di cattolici vennero perseguitati. Per la Chiesa era intollerabile l’ideologia nazista che prevedeva la persecuzione degli ebrei. Tale persecuzione si articolò in tre fasi distinte: Dal 1933 al 1935 venne scatenata una violenta propaganda per diffondere le ostilità dei Tedeschi; Nel 1935 la persecuzione fu legalizzata: con le leggi di Norimberga si escludevano gli ebrei dalla “Comunità nazionale”; e tra il 9 e il 10 novembre 1938 (notte dei cristalli) vennero infrante le vetrine dei negozi degli ebrei, distrutte le sinagoghe, incendiate le abitazioni, arrestati, feriti e uccisi in tutta la Germania; Nel 1941 venne presa la decisione di procedere allo sterminio e nel corso del 1942 si avviò la deportazione nei lager: era questa l’attuazione della cosiddetta “soluzione finale” che provocò la morte di circa 6 milioni di ebrei. ECONOMIA Dal punto di vista economico, nel settore agricolo Hitler perseguì l’autosufficienza alimentare. Gli sforzi maggiori furono però rivolti a risollevare l’industria, che si riprese grazie alla politica del riarmo. L’economia tedesca fu posta così al servizio della guerra che Hitler si preparava a intraprendere. Tra il 1934 e il 1935 il regime varò leggi che impedirono la libertà di scelta del posto di lavoro e istituirono il servizio di lavoro obbligatorio per i giovani fra i 18 e i 25 anni. Lo Stato esercitò il suo controllo anche sulla società e sulle famiglie. L’obiettivo della politica sociale di Hitler era quello di un’educazione nazionalsocialista delle masse fondata sull’istruzione militare e sulla gestione del tempo libero. MUSSOLINI E HITLER A CONFRONTO REGIME FASCISTA PARTITO NAZIONALE FASCISTA (P.N.F.) Leggi “fascistissime” come quadro legislativo che prevedevano: Partito Unico fu il PNF; Il potere legislativo spettava al capo del governo, responsabile solo davanti al re; I sindaci vennero sostituiti da un funzionario del governo: il podestà; La stampa fu sottoposta censura; L’OVRA proclamata come polizia di Stato, incaricata di individuare e arrestare gli oppositori. REGIME NAZISTA PARTITO NAZIONALSOCIALISTA DEI LAVORATORI TEDESCHI (N.S.D.A.P.) Mein Kampf (“La mia battaglia”), base teorico del nazismo. Questo prevedeva: Partito Unico fu l’NSDAP; La lotta contro il liberalismo e il disprezzo per la democrazia e il parlamentarismo; La lotta al marxismo materialista; La lotta contro gli ebrei; La creazione di una nuova polizia di Stato: la Gestapo, controllata da Himmler, capo delle SS. Accordi con la CHIESA: cattolicesimo religione di Stato, la Chiesa riconosce lo Stato e il governo si impegna a versare un’indennità al Vaticano. (PATTI LATERANENSI) Accordi con la CHIESA: libertà di culto proclamato in un concordato con PIO XI, che anni dopo condanna la politica antireligiosa dei Tedeschi. Persecuzione per i cattolici. Politica ECONOMICA: rivalutazione della lira e politica economica basata sull’autarchia. Favorevole alle organizzazioni corporative (CORPORATIVISMO). Politica ECONOMICA: autosufficienza alimentare ed economia strettamente dipendente all’industria militare. Favorevole alle organizzazioni corporative (CORPORATIVISMO). LA SECONDA GUERRA MONDIALE CRISI E TENSIONI INTERNAZIONALI La situazione in Europa a seguito delle decisioni prese con il trattato di Versailles si rivelarono bel presto del tutto inadeguate. Una pericolosa tensione si creò tra Francia e Germania sulla questione riguardante l’occupazione della Ruhr. L’Accordo di Locarno (1925) e il successivo Patto Briand–Kellog (1928) intendeva addirittura aprire una nuova era di pace; ma, realmente la rivalità tra le grandi potenze, non fu nemmeno minimamente contenuta, al contrario si aggravò al seguito alla crisi del 1929. Anche in Asia i trattati di pace concorsero a creare instabilità. Infatti, né il Giappone e né la Cina rimasero soddisfatte, entrambe sottoposte alle decisioni di Francia e Inghilterra. Al potere dal 1933 Hitler, il quale reclamava lo spazio vitale per la costruzione della grande Germania, violò i patti di Versailles, riarmò il Paese, riportò le truppe in Renania e tentò l’annessione dell’Austria. Francia, Gran Bretagna ed Italia (1935) si limitarono a condannare le azioni tedesche. Quest’ultima, rappresentata da Mussolini, occupò l’Etiopia (1935), con il conseguente avvicinamento alla Germania nazista. Già citata in precedenza si venne a formare l’Asse Roma-Berlino, che non più tardi grazie all’avvicinamento della Germania al Giappone, nell’ottico di un dominio tedesco in Europa e giapponese in Asia, si allargò formando quella che fu l’Asse Roma-Berlino-Tokyo. La formazione dell’Asse vide la reazione delle altre potenze, anche se la stessa Società delle Nazioni si dimostrò impotente contro la politica dell’Asse stessa. Gli Stati Uniti erano chiusi nell’isolazionismo, mentre la Gran Bretagna condusse una politica di appaesement, secondo cui la pace doveva essere mantenuta anche al costo di concessioni a Hitler. Chi invece, sin da subito volle reagire fu l’URSS, che in unione ad alcune forze democratiche fecero fronte comune: in Europa presero vita fronti popolari che raggruppavano le forze antifasciste, dai cattolici ai socialisti, e con i quali il VII Congresso dell’Internazionale Comunista decise di allearsi. LA VIGILIA DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE Portando avanti la sua politica imperialista la Germania inglobò l’Austria (1938). Non contenti i Tedeschi reclamarono i Sudeti ceco-slovacchi che divennero propri con l’assenso di Francia e Gran Bretagna quando, convinti che la condizione di Pace potesse arrivare con la sottoscrizione dei contratti, durante la Conferenza di Monaco la Germania garantì l’indipendenza della Cecoslovacchia. La politica espansionistica di Hitler portata a termine la sua missione, faceva si che la Germania volesse occupare sempre più territori, infatti, non rispettando i comuni accordi, quest’ultima occupò la Boemia e la Moravia. Anche queste conquiste non bastarono a Hitler che il 21 marzo 1939 chiese alla Polonia la città di Danzica e in particolar modo la disponibilità della striscia di terra che univa la città alla Polonia stessa (il corridoio polacco). La Polonia respinse la richiesta e, inoltre, la Francia e la Gran Bretagna, venute a conoscenza della richiesta dei Tedeschi, si impegnarono a difendere l’indipendenza dei Polacchi e se fosse stato necessario anche scendendo in guerra. Pochi giorni dopo l’Italia fascista si allineò alla politica aggressiva portata avanti dalla Germania, occupando l’Albania che venne annessa all’impero. Il rapporto di amicizia fra Italia e Germania si rafforzò con la stipulazione del Patto d’Acciaio il 22 maggio 1939 che sanciva l’impegno di aiutarsi in caso di guerra, sia difensiva che offensiva. Alla Germania non restava che garantirsi la neutralità da parte dell’URSS in caso di occupazione della Polonia. Tra lo stupore generale e nonostante la rivalità feroce tra Hitler e Stalin, il 23 agosto 1939 i ministri degli esteri von Ribbentrop e Molotov, firmarono un patto di non aggressione della durata di dieci anni. A tale patto si univa un protocollo rimasto segreto per diversi anni, che sanciva: le modalità di spartizione della Polonia; l’annessione di territori baltici tra Germania e URSS, assegnati a quest’ultimi. Il 1° settembre 1939 la Germania invase la Polonia, provocando la dichiarazione di guerra d parte di Francia e Inghilterra, inoltre al conflitto prese parte anche l’URSS, forte della rivendicazione del patto Molotov-Ribbentrop. Quest’invasione portava all’inizio del conflitto più atroce e feroce della storia e di fatto nessuno avrebbe mai potuto pensare che una guerra così lunga e di grossa portata: inizia la Seconda Guerra Mondiale. LA GUERRA LAMPO All’occupazione della Polonia seguì una fase di stallo in cui i Tedeschi ebbero modo di riorganizzare le proprie forze e in aprile essi, infatti, ripresero il conflitto. Il 9 aprile 1940, quest’ultimi occuparono la Danimarca e la Norvegia. L’intenzione era quella di condurre una “guerra lampo”: un’offensiva massiccia e rapidissima condotta con aerei e carri armati. Questo perché i Tedeschi non avevano abbastanza risorse economiche per garantire una guerra di logoramento. Mentre l’esercito tedesco stava completando l’occupazione della Norvegia, Hitler decise di attaccare a sorpresa la Francia il 10 maggio 1940 con il piano Mainstein. Parigi fu invasa il 14 giugno. Per la Francia non restava che trovare l’armistizio con i rivali, il quale fu trovato e stipulato il 22 giugno 1940. Secondo le sue clausole, il territorio francese venne diviso in due parti: il Centro-Nord rimase sotto l’occupazione tedesca; il Centro-Sud ebbe il governo collaborazionista di Pétain con sede a Vichy. L’INTERVENTO DELL’ITALIA Nel 1939 l’Italia si trovò a dover rispettare il Patto d’Acciaio, con la consapevolezza del fatto che non era pronta ad affrontare un conflitto viste le esperienze in Etiopia e in Spagna. Allora il governo fascista annunciò la condizione di non belligeranza: l’Italia non entrava in guerra, ma allo stesso tempo non si dichiarava neutrale. I successi Tedeschi però, facevano credere a Mussolini che la guerra si sarebbe presto risolta e che il proprio Paese non poteva permettersi di restar fuori dai profitti della vittoria. Allora egli in un colloquio segreto, osò dire: “L’Italia ha bisogno di qualche migliaio di morti da gettare sul tavolo della pace.” Il 10 giugno 1940 l’Italia entrò in guerra contro la Francia e contro l’Inghilterra, schierandosi con i nazisti. La debolezza dell’esercito però non fece che non permette né l’acquisizione dagli Inglesi di Malta e Somalia, né l’occupazione della Grecia. Oltretutto la disfatta militare venne evitata grazie agli interventi nazisti. LA BATTAGLIA D’INGHILTERRA Sconfitta la Francia, rimaneva la Gran Bretagna a combattere la Germania. Nel maggio 1940 venne eletto primo ministro Winston Churcill, che accantonò la politica di appaesement precedentemente imposta durante le opere di conquista della Germania, annunciando l’intenzione di combattere contro il nemico fino alla vittoria. Il 10 agosto 1940 i Tedeschi tentarono la mossa decisiva sbarcando sulle coste britanniche, (Operazione leone marino). Per invadere la Gran Bretagna però, di fondamentale importanza era distruggere l’aviazione inglese. Per due mesi la RAF e la Luftwaffe si scontrarono in quella che venne chiamata “la battaglia d’Inghilterra”. Londra e diverse altre città inglesi subirono devastanti bombardamenti, ma ciò nonostante la RAF ebbe la meglio e riuscì a infliggere ai Tedeschi delle pesanti perdite. Il 17 settembre Hitler doveva rinunciare al progetto di invadere la Gran Bretagna, rinunciando anche alla convinzione che si sarebbe trattato di una guerra lampo. Si passava a una guerra di logoramento, benché diversa da quella che ha caratterizzato il 1914-18. Per i Tedeschi però il bilancio della guerra che era stata finora risultava essere più che positivo, anche grazie alla firma del Patto Tripartito, che sanciva l’alleanza tra Germania, Italia e Giappone. LA GERMANIA A SOSTEGNO DELL’ITALIA Nella primavera del 1941 la Germania fu costretta a intervenire sostenendo l’Italia, che stava correndo il rischio di una pericolosa disfatta militare: le truppe naziste giunsero a pochi chilometri dal canale di Suez, guidate dal generale Erwin Rommel; nei Balcani, la Germania conquistò la Iugoslavia, la Grecia, e impose alleanze forzate a Romania e Bulgaria. Così per l’Italia fascista crebbe la convinzione di dover rinunciare all’idea di una guerra autonoma. Hitler da parte sua, aveva sconfitto tutti i rivali in Europa e poteva puntare all’estensione del suo impero. L’INVASIONE DELL’URSS Il patto tra URSS e Germania per la spartizione della Polonia, risultava sin da subito qualcosa di temporaneo in quanto l’interesse della Germania era sempre risultato essere l’Est europeo. D’altra parte diversi erano i motivi che portavano Hitler a voler occupare l’Unione Sovietica: i popoli slavi erano ritenuti inferiori; l’unione Sovietica era la patria del comunismo; la Russia era ricchissima di materie prime, di cui la Germania aveva bisogno per continuare il conflitto. Il 22 giugno, la Germania invase la Russia seguendo il piano Barbarossa, che prevedeva il rapido annientamento dei rivali (guerra lampo) e a tale impresa partecipò anche l’Italia inviando il CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia). I Sovietici persero i Paesi Baltici, la Bielorussia, gran parte dell’Ucraina e la Crimea settentrionale, ma riuscirono a resistere. Con il lungo e freddo inverno russo, si passò anche qui da una guerra lampo a una guerra di logoramento. LA FINE DELL’ISOLAMENTO DEGLI STATI UNITI Dapprima gli Stati Uniti avevano proseguito la propria politica di isolamento intrapresa alla fine della prima guerra mondiale e accentuata in seguito alla crisi del 1929. Il presidente Roosevelt, eletto per la terza volta nel 1940, si impegnò invece in senso opposto. Venne stipulata la Legge afflitti e prestiti, che sancivano di fatto il fornimento di materiale bellico per Gran Bretagna e per i Paesi antifascisti. Roosevelt così facendo rendeva gli Stati Uniti “l’arsenale democratico”. L’avvicinamento tra Gran Bretagna e Stati Uniti si concretizzò nella redazione della Carta Atlantica (agosto 1941). L’attacco dei giapponesi indusse gli Stati Uniti ad abbandonare l’isolazionismo e ad entrare in guerra. L’entrata in guerra favorì notevolmente lo sviluppo industriale, aumentando di molti milioni il numero di impiegati nello stesso settore industriale. IL DOMINIO NAZISTA IN EUROPA Nel 1942 il dominio della Germania nazista raggiunse la massima espansione. Il regime nazista intendeva costruire una “nuova Europa”, che a capo prevedeva la “grande Germania”, dopo si trovano i Paesi satelliti come la Francia di Vichy e l’Italia. All’interno di questa ideologia, la supremazia doveva spettare alla razza ariana. I popoli slavi dovevano fornire manodopera e risorse necessarie per concorrere allo sviluppo dell’economia Tedesca. Per questo motivo il dominio nazista fu feroce in Polonia e nell’Unione Sovietica. LO STERMINIO DEGLI EBREI Se i popoli slavi venivano ridotti in schiavitù, la popolazione ebraica veniva completamente sterminata. Perciò i nazisti crearono più di novecento lager, situati in Germania, Polonia, Austria e Cecoslovacchia. Dopo la notte dei cristalli, avvenuta nel 1938 cominciarono le deportazioni nei lager. Nel 1942 Hitler attuò la “soluzione finale”, ovvero lo sterminio di tutti gli ebrei d’Europa, si realizzò così quello che passò alla storia come l’Olocausto. Si trattò di un vero e proprio genocidio. LA RESISTENZA AL NAZISMO La resistenza al nazismo fu una condizione di opposizione al regime fascista verificatasi in diversi Paesi Europei, tra cui la stessa Germania. In Francia la reazione venne guidata da De Gaulle- in Iugoslavia i partigiani comunisti di Tito. Nella stessa Germania si organizzò un tentativo di attentato a Hitler (luglio 1944) che però fallì. IL COLLABORAZIONISMO L’opposizione al Reich si manifestò anche in gruppi di collaborazionisti che appoggiarono gli invasori, in modo diverso e secondo le proprie possibilità. Il primo clamoroso esempio fu quello del norvegese Vidkun Quisling, egli fu capo del governo collaborazionista creato in Norvegia nel 1942. 1942-1943: LA SVOLTA Fra il 1942 e 1943 il conflitto volse a vantaggio degli Alleati. Il Giappone venne sconfitto dagli USA nella guerra del Pacifico e gli Anglo-Americani spezzarono l’accerchiamento Italo-Tedesco contro chi portava rifornimenti e vinsero la cosiddetta battaglia dell’Atlantico. Allo stesso tempo gli Alleati volsero il loro impegno in Africa, dove vi era il dominio nazifascista. Gli Italo-Tedeschi furono sconfitti nella battaglia a El Alamein e furono costretti a ripiegare. Sul fronte orientale il conflitto tra Tedeschi e Russi divenne molto più lungo e duro delle aspettative di Hitler, che nella ricerca della conquista del Caucaso, intraprese nel luglio 1942 la terribile battaglia di Stalingrado. Per sette mesi la città fu completamente assediata dai conflitti e Hitler ordinò la resistenza a oltranza. I Sovietici però costrinsero i Tedeschi alla resa. In seguito alla vittoria nel Nord Africa gli Anglo-Americani avevano il totale controllo del Mediterraneo. Così si impegnarono all’occupazione dell’Italia, dapprima con l’occupazione della Sicilia, in seguito con il bombardamento di diverse città italiane. La guerra fece scoppiare la protesta nel marzo 1943 e nella notte tra il 24 e il 25 luglio, il duce Mussolini venne messo in minoranza dal Gran Consiglio del fascismo. Si sfaldava così il regime fascista con l’imprigionamento del duce nel Gran Sasso. L’8 settembre fu reso pubblico l’armistizio stretto dall’Italia con gli Alleati. Il re e Badoglio fuggirono a Brindisi, lasciando l’esercito del Paese nel più totale sbando. Nel frattempo i Tedeschi occuparono l’Italia centrale e liberarono Mussolini, che diede vita alla Repubblica Sociale Italiana (RSI), con capitale a Salò. Nel 1944 gli Alleati, liberata Roma, respinsero i Tedeschi fino alla linea gotica. 1944-1945: LA VITTORIA DEGLI ALLEATI Gli Stati Uniti costrinsero il Giappone ad abbandonare i territori occupati. L’avanzata sovietica continuava a propagarsi inarrestabilmente. Dopo aver liberato il territorio russo dalla presenza degli invasori nazisti, l’Armata Rossa si spinse verso i territori Balcani, l’Europa centrale e puntò la Germania. Il 1944, per gli Alleati fu l’anno di apertura in Europa di un “secondo fronte” dopo quello italiano. I tre alleati scelsero di attuare uno sbarco in Normandia (notte tra il 5 e il 6 giugno), nel Nord della Francia: l’operazione Overlord. Sotto il comando del generale americano Eisenhower gli Alleati iniziarono ad invadere la Normandia. Dopo due mesi di aspri conflitti il muro Tedesco venne sfondato. Allo sbarco in Normandia seguiva quello in Provenza. Il 26 agosto 1944 gli Alleati e il generale De Gualle entravano trionfalmente a Parigi. Alla metà di settembre la Francia era completamente liberata. Hitler non intendeva arrendersi, ma mentre il 25 aprile l’Italia venne liberata e i Tedeschi iniziarono la ritirata, si trovò l’entrata dei Russi a Berlino e con questo decise di suicidarsi. Il suo successore Dönitz, firmò il 7 maggio 1945 la resa senza condizioni. Nella primavera del 1945 la guerra risultava ormai essere finita in Europa, ma proseguiva nell’Oceano Pacifico. I Giapponesi opponevano resistenza affidandosi anche ai kamikaze, ma non poteva bastare a quella che doveva essere la resa nei confronti del grande potenziale degli Stati Uniti. Il 12 aprile 1945 il Presidente Roosevelt morì e gli succedette Harry Truman. Egli decise di piegare definitivamente il Giappone facendo uso della bomba atomica, che il 6 agosto 1945 rase completamente al suolo Hiroshima. Tre giorni dopo fu la volta di Nagasaki. L’URSS aveva dichiarato guerra al Giappone aprendo le ostilità in Corea e in Manciuria. All’impero giapponese non rimaneva che chiedere la resa senza condizioni. Era la fine della Seconda Guerra Mondiale. Un conflitto di circa 50 milioni di morti, oltre ai feriti e ai dispersi. DALLA GUERRA TOTALE AI TRATTATI DI PACE Già durante la Guerra le potenze iniziarono a interrogarsi sui nuovi possibili assetti internazionali. Nel 1941 Inglesi e Americani compilarono la Carta Atlantica, che conteneva i principi democratici da seguire a seguito della fine del dominio del regime nazista. Il 26 gennaio 1942 ventisei Paesi, richiamandosi ai principi della Carta Atlantica , si proclamavano Nazioni Unite. Nel novembre 1943 si svolse a Teheran una Conferenza a cui parteciparono Churcill, Roosevelt e Stalin: Roosevelt insisteva affinché potesse nascere un’organizzazione mondiale di fronte alla quale venisse discussa e risolta ogni controversia internazionale; Stalin ottenne assicurazioni per i futuri confini dell’URSS e auspicò che i Paesi confinanti divenissero alleati. Un nuovo incontro tra i tre vi fu a Yalta, in Crimea nel febbraio 1945: la Germania fu divisa in quattro zone di occupazione(controllate dagli Alleati), lo scioglimento dell’esercito tedesco, la persecuzione dei criminali nazisti; Principio atlantico, ovvero il diritto per i Paesi liberati di autodeterminare il proprio futuro. Alla Conferenza di Potsdam partecipò Truman: la Polonia e l’Unione Sovietica vedevano riconoscere i propri territori occupati precedentemente dai Tedeschi. LA GUERRA E LA RESISTENZA IN ITALIA Dopo l’8 settembre il Paese era diviso in due parti: la Repubblica di Salò al Centro-Nord; il regno d’Italia, appoggiato dagli Alleati al Sud. Si creò un movimento contro i nazifascisti formato dai partigiani, che diedero inizio e vita a quella che fu la Resistenza in Italia. Questo fenomeno rappresenta un fenomeno molto complesso all’interno del quale, si intrecciarono tre diversi conflitti: una guerra patriottica, condotta per liberare il Paese dai Tedeschi; una guerra civile tra i partigiani e i fascisti appartenenti alla Repubblica di Salò; una guerra di classe condotta dai comunisti contro i capitalisti. Nel settembre 1943 si costituì il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), a cui aderirono forze eterogenee, ma accomunate dall’ideale antifascista: nel CLN i cattolici e i liberali erano per il mantenimento della monarchia, comunisti e socialisti volevano l’instaurazione della Repubblica. Su proposta di Togliatti si decise di rimandare la decisione in un referendum popolare da tenersi quando sarebbe terminata la guerra. Dopo la liberazione di Roma fu costituito il governo Bonomi con esponenti del CLN. Mussolini cercò di fuggire in Svizzera, ma venne catturato e fucilato. LA PRIMA GUERRA TECNLOGICA La tecnologia e la logistica ebbero un ruolo decisivo nella Seconda Guerra Mondiale, sia per lo svolgimento, sia per i suoi esiti: fu dunque guerra totale, per la prima volta, anche in questi settori. Se infatti durante la Grande Guerra erano già comparse molte innovazioni, spesso a livello di prototipo, fu solo nel secondo conflitto mondiale che esse conquistarono un'importanza enorme. Ricordiamo, tra gli altri, l'aeronautica militare, con l'arma micidiale del bombardamento aereo, i carri armati, i sottomarini, la crittografia, e, infine, la bomba atomica. La Seconda Guerra Mondiale fu il conflitto che vide più di ogni altro, nel passato, l'enfatizzazione nella ricerca e sviluppo di nuove armi: le sperimentazioni furono addirittura migliaia, in particolare da parte della Germania e degli Stati Uniti d'America. Durante la Seconda Guerra Mondiale, maggiormente che nella Prima, e più che in altre guerre del passato, i servizi segreti delle varie nazioni si sfidarono per carpire al nemico informazioni di ogni genere. Uno dei maggiori successi conseguiti dai Servizi Segreti britannici avvenne nel maggio 1941, quando i britannici riuscirono fortuitamente ad impadronirsi di un esemplare della macchina crittografica Enigma, che i tedeschi usualmente impiegavano per la codifica e la decodifica di messaggi cifrati segreti, per impartire ordini operativi alle proprie forze armate. Grazie a questa macchina, intercettando i messaggi crittografati dei tedeschi, i servizi segreti britannici riuscirono a scoprire ed anticipare molti movimenti del nemico soprattutto per ciò che riguardava le operazioni navali in Atlantico e nel Mediterraneo. Enigma fu una macchina elettro-meccanica per cifrare e decifrare. Fu ampiamente utilizzata dal servizio delle forze armate tedesche durante il periodo nazista e la Seconda Guerra Mondiale. Un nutrito gruppo di esperti si impegnò a lungo con successo per violarla. Il contributore maggiore fu Marian Rejewski, matematico polacco, che grazie ad informazioni di intelligence, ebbe qualche dato di base. La decrittazione dei messaggi cifrati con Enigma fornì per quasi tutta la Seconda Guerra Mondiale importantissime informazioni alle forze alleate. Lo spionaggio e la crittografia, rispetto al passato, furono elementi decisivi per gli esiti di molte battaglie. I servizi segreti delle varie nazioni si sfidarono per carpire al nemico informazioni di ogni genere, dall'infiltrazione di spie dietro le linee nemiche all'intercettazione dei messaggi cifrati. Forse in nessun’ altra guerra come nella Seconda Guerra Mondiale la crittografia ha svolto un ruolo di primo piano. La vera novità del secolo scorso è l'invenzione di una tecnica crittografica che utilizza chiavi diverse per cifrare e per decifrare un messaggio, facilitando incredibilmente il compito di distribuzione delle chiavi. Infatti in questo caso non è necessario nascondere le chiavi o le password: c'è una chiave per crittografare, che chiunque può vedere, e una per decifrare, che conosce solo il destinatario senza necessità quindi di riceverla (scambiarla) dal mittente. In altre parole, se A vuole ricevere un messaggio segreto da B, manda a B una scatola vuota con un lucchetto aperto senza chiavi. B mette dentro il messaggio, chiude il lucchetto, e rimanda il tutto ad A, che è l'unico ad avere le chiavi. Chiunque può vedere passare la scatola, ma non gli serve a niente. A non deve correre rischi con le sue chiavi. "È possibile inventare una singola macchina che possa essere usata per calcolare qualsiasi sequenza computabile". Con queste parole Alan Turing, il leggendario matematico che riuscì a decrittare il codice enigma dei nazisti, immaginò nel 1936 l'esistenza di quello che per noi oggi è un oggetto quotidiano: il computer. Quasi vent'anni dopo, nel 1953, un gruppo di fisici e ingegneri guidati dal genio di John von Neumann diede forma alla profetica intuizione di Turing e costruì a Princeton il primo calcolatore programmabile, dedicato inizialmente all'industria militare. ALAN TURING Alan Mathison Turing (Londra, 23 giugno 1912 – Wilmslow, 7 giugno 1954) è stato un matematico, logico e crittografo britannico, considerato uno dei padri dell'informatica e uno dei più grandi matematici del XX secolo. Il suo lavoro ebbe vasta influenza sullo sviluppo dell'informatica, grazie alla sua formalizzazione dei concetti di algoritmo e calcolo mediante la macchina di Turing, che a sua volta ha svolto un ruolo significativo nella creazione del moderno computer. Per questi contributi Turing è solitamente considerato il padre della scienza informatica e dell'intelligenza artificiale, da lui teorizzate già negli anni trenta (quando non era ancora stato creato il primo vero computer). Fu anche uno dei più brillanti crittoanalisti che operavano in Inghilterra, durante la Seconda Guerra Mondiale, per decifrare i messaggi scambiati da diplomatici e militari delle Potenze dell'Asse. Turing lavorò infatti a Bletchley Park, il principale centro di crittoanalisi del Regno Unito, dove ideò una serie di tecniche per violare i cifrari tedeschi, incluso il metodo della Bomba, una macchina elettromeccanica in grado di decodificare codici creati mediante la macchina Enigma. Il lavoro più noto di Turing è “On Computable Numbers” del 1936, nel quale il matematico presenta la sua macchina di calcolo logico, poi definita macchina di Turing. Una macchina di Turing è soltanto un modello teorico, poiché prevede un tempo e uno spazio (cioè il nastro) infiniti. Secondo Turing sarebbe stato possibile inventare una macchina che potesse essere utilizzata per qualsiasi sequenza computabile. Turing sicuramente stimolò il progetto di realizzazione di un computer, ma i computer reali non si basano sul suo modello perché sarebbero estremamente lenti e inefficienti. I computer reali si basano invece su un modello ideato da un altro logico, John von Neumann. Quest'ultimo tra l'altro conobbe Turing all'università di Princeton e dopo il dottorato gli propose un posto come suo assistente. Il matematico rifiutò l'offerta e fece ritorno in Inghilterra, dove partecipò al programma di decrittazione dei codici con i quali i tedeschi comunicavano ai sommergibili gli obiettivi militari da colpire, il famoso sistema Enigma. Turing visionario? Secondo i critici Turing è stato un visionario nel senso che immaginò un modello di macchina capace di effettuare calcoli di ogni genere, ed immaginò macchine intelligenti dotate di capacità superiori a quelle dei computer attuali. Come tanti visionari, però, Turing era più a suo agio con i sogni che con la realtà. Infatti, quando si passò alla realizzazione dei primi computer reali, il suo contributo non fu di primo piano. È certo però che a soli 24 anni scrisse uno dei trattati più brillanti e innovativi della sua epoca, influendo sugli studi di chi poi avrebbe effettivamente realizzato la "macchina universale".