Il nodo ordinato è più veloce Quanto tempo serve a un virus per infettare una cellula? 25 Novembre 2013 Il meccanismo chiave di “attacco” dei virus consiste nel riversare il proprio DNA dentro la cellula infettata, parassitando poi i meccanismi di trascrizione dell’ospite e usandoli per riprodursi. Per combattere l’azione dei virus o sfruttarla a nostro favore gli scienziati cercano di comprendere nei dettagli questo processo. Un gruppo di ricercatori -­‐ fra i quali uno della SISSA -­‐ ha studiato la scansione temporale del “riversamento” (quanto tempo ci vuole e qual è precisamente la sequenza di eventi), osservando che questa dipende da quanto e come è aggrovigliato il doppio filamento di DNA all’interno del virus. I virus sono elementi tanto semplici quanto “furbi”: troppo rudimentali per riprodursi da soli, sfruttano il “macchinario” riproduttivo delle cellule, inserendovi pezzi del proprio DNA, in modo che venga trascritto dall’ospite. Per fare questo prima di tutto devono iniettare il proprio materiale genetico all’interno delle cellule che parassitano. Un team internazionale di ricercatori, fra cui Cristian Micheletti della SISSA (la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste), ha studiato come avviene e quanto tempo ci vuole perché questo passaggio si completi. Micheletti e colleghi hanno costruito un modello al computer del DNA del virus e hanno poi simulato l’inserimento del materiale genetico dal capside virale al nucleo della cellula ospite. Il passaggio è tutt’altro che fluido, e anzi è soggetto a forze d’attrito che dipendono dalla conformazione del filamento di DNA. “La fluidità del passaggio dipende da quanto e come il DNA del virus è aggrovigliato”, spiega Micheletti. “Più il doppio filamento che costituisce il genoma è topologicamente ordinato più velocemente questo fuoriesce dal virus. La situazione ha alcune analogie con il comportamento di un cavo d’ancora che sia stato preparato correttamente: quando l’ancora viene gettata fuoribordo, il cavo si svolge in maniera efficiente senza blocchi o strattoni dovuti a grovigli.” Il DNA ha una caratteristica intrinseca che rende molto particolare il suo modo spontaneo di aggrovigliarsi. Per il semplice fatto di essere una doppia elica, è predisposto a formare spontaneamente avvolgimenti molto ordinati, similmente alle corde d’ancora o ai rocchetti di filo. Questo non succede con i polimeri generici, che formano grovigli complessi e caotici. Nelle simulazioni di Micheletti, e colleghi sono stati confrontati il comportamento di un filamento modello di DNA e di un filamento semplice di polimero generico. “Nel 95% dei casi il DNA modello è scivolato attraverso il poro di uscita del virus molto più velocemente del polimero semplice, proprio per via del maggior ordine spontaneo della sua conformazione”, commenta Micheletti. “I filamenti semplici arrivano a essere ben dieci volte più lenti di quelli di DNA. Altra cosa interessante però è che i filamenti semplici nelle nostre osservazioni, seppur molto più lentamente, alla fine sono sempre riusciti a fuoriuscire completamente dai virus. Il DNA invece in una piccola porzione di casi è rimasto del tutto bloccato. Anche questo è legato alla sua tendenza a formare spolette che possono occasionalmente ospitare nodi ‘toroidali’-­‐ a ciambella -­‐ così complessi da impedire del tutto la fuoriuscita dal virus”. Gli ordini temporali di passaggio osservati da Micheletti e colleghi sono perfettamente compatibili con le osservazioni empiriche, “compresi i casi in cui il DNA si blocca del tutto, che sono stati riportati, ma non spiegati, in alcuni esperimenti”, conclude Micheletti. “Lo studio svolto, che consente di stimare i tempi di fuoriuscita del DNA virale in funzione della sua lunghezza e grado di impacchettamento, potrebbe costituire un punto di partenza utile per il disegno di vettori virali artificiali”. Lo studio è stato appena pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) e oltre a Micheletti vi hanno collaborato Davide Marenduzzo, dell’Università di Edimburgo, Enzo Orlandini , dell’Università di Padova, e De Witt Sumners, della Florida State University. IMMAGINE: • configurazione ordinata del modello di DNA impacchettato nel capside virale (Crediti: SISSA) Contatti: Ufficio comunicazione: [email protected] Tel: (+39) 040 3787557 | (+39) 340-­‐5473118, (+39) 333-­‐5275592 via Bonomea, 265 34136 Trieste Maggiori informazioni sulla SISSA: www.sissa.it