Copia di 6e228950c1f1108dca69cfaeccee831a Pianeta scienza MARTEDÌ 29 LUGLIO 2014 IL PICCOLO Ecco come muovere i nodi del Dna con un potenziale elettrico Il Dna è una molecola elettricamente carica, per questo i nodi che si formano spontaneamente sul filamento possono essere manipolati applicando dei campi elettrici, come hanno fatto Cristian Micheletti, professore della Sissa, e il suo team. La ricerca è stata appena pubblicata su “Soft Matter” ed è il primo esempio di tecnica che permette di muovere i nodi del Dna dall’esterno. Il Dna ha il vizio di ingarbugliarsi formando dei nodi. Gli scienziati questi nodi li studiano, per comprenderne la funzione e per capire come scioglierli (serve per esempio nelle tecniche di sequenziamento genico). Cristian Micheletti e il suo team conducono da anni ricerche in cui simulano questi nodi e la loro dinamica. Nell’ultimo studio appena pubblicato Micheletti assieme a Marco Di Stefano, primo autore e dottorando alla Sissa, e colleghi di Lubiana e San Diego hanno ideato e testato una metodologia che si basa sull’applicazione di campi elettrici e “pinzette ottiche”. Il Dna è infatti una molecola elettricamente carica, che reagisce alla presenza di cariche opposte. «Nel nostro studio, teorico-computazionale, abbiamo preso in considerazione un filamento di Dna “teso”, con gli estremi cioè im- mobilizzati da due pinzette ottiche che fungono da ancore per tenerli separati. Siamo riusciti a far scivolare il nodo, inserito nella configurazione, accendendo un campo elettrico», spiega Micheletti. «Provate a immaginare una corda annodata che viene tenuta sollevata da un estremo: scuotendola delicatamente si può far scendere giù il nodo con l’aiuto della forza di gravità. Una cosa analoga succede AL MICROSCOPIO nei nostri esperimenti». «Il nostro lavoro - conclude Micheletti - fornisce indicazioni utili per realizzare nuovi esperimenti dove il movimento dei nodi nel Dna può essere controllato dall’esterno». Finora infatti negli studi di questo genere il movimento del nodo era “stocastico”, prodotto cioè dal rumore termico, il movimento casuale degli atomi prodotto dall’innalzamento della temperatura del sistema, e non in maniera direttamente controllata dalla sperimentatore. Studiare il lievito per battere i tumori Anche l’Icgeb di Trieste in una ricerca che ha coinvolto studiosi russi e dell’Università di Salisburgo di Simona Regina Il lievito di birra, il Saccharomyces cerevisiae, è un organismo unicellulare il cui Dna, completamente sequenziato nel 1996, ha molte analogie con le cellule di mammifero. Per questo è un ottimo modello di laboratorio, per effettuare una molteplicità di esperimenti nel campo della biomedicina e poter far luce su diversi meccanismi cellulari umani. Proprio utilizzando le cellule del comune lievito per la panificazione, ricercatori dell'Accademia Russa delle Scienze di Pushchino, dell'Università di Salisburgo e del Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologia (Icgeb) di Trieste, coordinati da Carlo Bruschi, hanno scoperto come si potrebbe superare la resistenza delle cellule tumorali alla chemioterapia, che rappresenta una delle principali cause di fallimento delle cure anticancro. Come illustrano sulla rivista scientifica European Journal of Cell Biology, hanno preso in esame due comuni chemioterapici somministrati ai malati di tumore e hanno scoperto che la resistenza ai trattamenti deriva dall'abnorme espressione di alcuni geni (PRK1, PDR1 e PDR3) che alterano la parete cellulare. Oggi è ormai noto, grazie al RICERCA Il riso africano contro la siccità L'arma segreta per combattere la siccità si trova nel Dna del riso africano, una varietà di riso completamente diversa rispetto a quella asiatica. A decifrare la chiave che in futuro potrebbe rendere coltivabili zone aride e perfino deserti è la ricerca pubblicata sulla rivista Nature Genetics e coordinata dall'università dell'Arizona, alla quale ha contribuito la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e l'università di Pisa. Rispetto a quello asiatico, il riso africano è meglio adattato a condizioni di stress, come quelle causate da siccità e suolo acido. Valentina Tosato, Carlo Bruschi e Dmitri Nikitin lavoro decennale del team di Bruschi, responsabile del Laboratorio di Genetica Molecolare del Lievito dell’Icgeb, che le fusioni tra cromosomi, le cosiddette traslocazioni cromosomiche, sono anomalie genetiche strettamente correlate all'insorgenza di tumori, come la leucemia mieloide cronica. Il biochimico russo Dmitri Nikitin, proprio studiando il meccanismo di traslocazione cromosomica indotta artificialmente, ha scoperto come questa alterazione del geno- ma renda le cellule di lievito resistenti a due farmaci, la Doxorubicina e la Latrunculina A, tipicamente utilizzati con pazienti oncologici. «La resistenza è dovuta a una aumentata impermeabilità della cellula causata dalle alterazioni della parete cellulare conseguenti alla traslocazione cromosomica» spiega la biotecnologa Valentina Tosato dell’Icgeb. Partendo da questa osservazione, il team è riuscito a trovare il modo di superare la farmacoresistenza: ricorrendo all'uso combinato della Anfotericina B, farmaco comunemente utilizzato per la cura delle micosi, che sono infezioni causate da funghi patogeni. A dosi elevate, l'Anfotericina B è tossica per l'apparato uditivo tuttavia, fatta penetrare in modo controllato all'interno della cellula, si è rivelata capace non solo di inibire la resistenza ai due antitumorali ma addirittura di rafforzarne l'effetto. «Lo scorso anno abbiamo illustrato sulla rivista Frontiers l'uso, ormai consolidato, del levito come cellula modello per quelle del cancro. Ora - ci spiega la ricercatrice dai laboratori nel campus di Padriciano di Area Science Park – aver riscontrato in questo microrganismo lo stesso fenomeno di resistenza ai farmaci tipico delle cellule umane, non solo rafforza il suo valore modellistico, ma ci dà anche la possibilità di studiare molto più in profondità il fenomeno. E speriamo che il nostro lavoro sia di aiuto a chi combatte farmacologicamente il cancro con la chemioterapia». Carlo Bruschi, che insieme a Valentina Tosato ha ideato nel 2005 la tecnica (si chiama BIT, Bridge-Induced Translocation) che permette di indurre artificialmente l'unione fra parti di cromosomi diversi e che ha permesso di dimostrare il ruolo determinante di questo fenomeno nella formazione di cellule cancerose, non nasconde l'entusiasmo per il risultato raggiunto. «Sono molto soddisfatto di questa ricerca, date le sue potenziali implicazioni nelle modifiche ai protocolli di trattamento anticancro più diffusi - sottolinea -. È stato un bel lavoro di squadra i cui risultati, oltre che accrescere le nostre conoscenze sui meccanismi cellulari legati al cancro, potranno avere grande importanza anche dal punto di vista clinico». “Human brain project”, piovono le critiche Centinaia di firme, anche da Trieste, contro il progetto miliardario della Comunità europea Un progetto miliardario con un obiettivo ambizioso: riprodurre il funzionamento dell’intero cervello umano. Ma la comunità dei neuroscienziati europei ha inviato una lettera di protesta ufficiale alla Commissione Europea, chiedendo criteri più rigorosi per la valutazione del progetto e minacciando di boicottarlo massicciamente se le richieste non verranno accolte. Le neuroscienze cognitive sono diventate le “cenerentole” dello Human Brain Project da quando sono state escluse dai “core projects” della prossima fase del progetto. I sintomi di quest’esclusione si erano palesati già da tempo, tanto che molti laboratori di ricerca specializzati in questo settore si erano rifiutati di entrare nel progetto fin dall’inizio e altri l’avevano abbandonato in questi pochi mesi dall’avvio della prima fase. Recentemente 156 neuroscienziati europei hanno firmato una lettera ufficiale indi- rizzata alla Commissione Europea dove richiedono criteri più rigorosi nella valutazione della seconda fase del progetto “bandiera”, quella in cui nei prossimi anni verranno erogati la maggior parte dei fondi previsti (il totale dovrebbe raggiungere il miliardo di euro). Se i criteri proposti non verranno soddisfatti dal progetto, si chiede alla Commissione di non rifinanziare Hbp, pena il boicottaggio da parte della comunità dei neuroscienziati europei. Fra i 156 firmatari origi- Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming... Precursori dell’odierna schiera di ricercatori che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro) profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica imprimendo svolte decisive al vivere civile. Incoraggiare la ricerca significa optare in concreto per il progresso del benessere sociale. La Fondazione lo crede da sempre. nali ci sono anche Alessandro Treves e Mathew Diamond della Sissa. Nei giorni successivi si sono aggiunte firme fino a sfiorare i 700 nomi. «L’obiettivo ambizioso di Hbp, quello di simulare nel dettaglio il funzionamento del cervello umano, a tanti è sembrato fin dall’inizio una chimera, ma nonostante questo molti scienziati hanno pensato che ci sarebbero potute essere importanti ricadute a livello di conoscenze scientifiche, anche se Hbp alla fine non fosse 21 riuscito nel suo intento», spiega Treves. «Per questo molti neuroscienziati lo hanno sostenuto, o almeno hanno evitato di esternare pubblicamente le loro riserve. Altri invece se ne sono tirati fuori fin da subito, il fronte della protesta è infatti eterogeneo. Ora quasi tutti si sono arresi all’evidenza: la gestione centralizzata e poco trasparente del progetto si sta rivelando come mirata a eliminare qualunque controllo sugli utilizzatori finali di finanziamenti così ingenti». QUESTA PAGINA È REALIZZATA IN COLLABORAZIONE CON Nanoscienze nella Calabria più profonda di MAURO GIACCA Gagliato: piccolo paese della Calabria, sulla cima di una una collina. Contava più di 1800 abitanti negli anni sessanta, ora sono soltanto 400. Molte le case vuote; alcune diroccate, altre in vendita. All'ingresso del paese un cartello sorprendente però recita: “Gagliato, paese della nanoscienza”: l'ultima cosa che uno potrebbe aspettarsi. In alto, di traverso alla strada principale, uno striscione reclamizza “Benvenuti a Nanogagliato 2014”, un evento di portata internazionale. A girare nel paesino, si vede Eleonora, quasi sett'anni, insieme a Barbara Bass di Houston, presidente del collegio dei chirurghi degli Stati Uniti; o Antonio, con due lavori (pastore e web editor), con Joe Fins, di New York, il più grande esperto di bioetica degli stati cerebrali vegetativi. E con loro c'è Mike Perry, il direttore della ricerca della Novartis sulle cellule staminali e Brad Weiner, che guida un gruppo di finanziatori degli Stati Uniti. Nanogagliato 2014 è un think tank: per una settimana una ventina di personaggi eminenti si chiudono nelle stanze del ristorante Galatos, l'unico del paese, per confrontarsi e disegnare scenari futuribili. Come possono le nanotecnologie trasformare la terapia dei tumori? O stimolare la rigenerazione del cuore? Quali saranno i robot che aiuteranno domani il chirurgo? E anche: come finanziare lo sviluppo di nuove aziende biotecnologiche? Quali i problemi etici da risolvere? Nanogagliato, ormai alla sua ottava edizione, è una creatura di Mauro Ferrari, bandiera della scienza italiana negli Stati Uniti e grande manager della scienza a Houston, dove dirige uno degli ospedali di ricerca più prestigiosi. E di sua moglie Paola, che cura la regia di una serie di eventi collaterali di divulgazione e educazione scientifica. Ai bambini del paese una serie di studenti di dottorato spiegano come funziona la genetica; un artista progetta la sala operatoria del futuro, ergonomica e attraente; un filmaker produce un documentario; un guru dello yoga insegna la fisiologia respiratoria. Uno dei momenti clou di ogni appuntamento di Nanogagliato è la serata in piazza: quest' anno, schierati in prima fila c'erano un ex ministro della salute italiano, insieme al prefetto, al sindaco e al comandante dei carabinieri. Davanti a loro, ciascuno degli eminenti invitati ha raccontato con semplicità delle proprie ricerche a un pubblico attento e felice. Si finisce chiacchierando e mangiando i dolci preparati dalle signore gagliatesi. Grazie a Ferrari per dimostrare in maniera efficace che anche la scienza avanzata possa essere portata in piazza e raccontata ai bambini. Con l'augurio che una formula così innovativa possa essere anche esportata altrove.