Virus dell’epatite C e crioglobulinemia
in donatori di sangue con anticorpi anti-HCV:
osservazione triennale
Marina Guglielmetti, Daniela Podagrosi, Michelina Miceli, Fabio Carlucci,
Angela Di Lorenzo, Lucia Quintiliani
Centro Nazionale Trasfusione Sangue - CRI - Roma
Responsabile dell’attività scientifica del CNTS-CRI: d.ssa Lucia Quintiliani
A hepatitis C virus (HCV) infection has been
demonstrated in the most patients with mixed
cryoglobulinaemia; it has suggested a role for HCV in
the phatogenesis of this autoimmune disorder. In this
view, blood donors with anti-HCV antibodies were
examined for the presence of serum cryoglobulinic
fractions and viral RNA to verify the effects of the HCV
persistent stimulation on the immune system.
Ninetynine blood donors were found anti-HCV Ab
positive at the third generation ELISA screening and
confirmed by RIBA test.
The amount of serum cryoglobulins, the serum
levels of immunoglobulins, of complement factors C'3
e C'4, of circulating immune complexes and of alanineamino-transferase activity were determined in each
subject.
At the first observation, cryoglobulinaemic
fractions, all of type III, were present in 16/99 subjects
(16%) and the frequency of serum HCV-RNA was 77%
(72/94 of the examined cases). The presence of the
virus was significantly associated with the detectable
levels of cryoglobulins (15/16 of the positive cases).
Seventyfour subjects were followed-up for three
years: 20 out of them, including 6 cases with
cryoglobulins, after liver biopsy, were treated by
α therapy. At the end of therapy cycles, 8 of
interferon-α
these subjects became negative for the research of
viral genoma and, in two cases, of cryoglobulinemic
fractions. The other investigated variables were not
significantly altered, as well as the clinical signs of
mixed cryoglobulinaemic syndrome were not present.
These results seem to indicate that the arising
cryoglobulinaemic phenomenon in subjects with antiHCV antibodies, its qualitative and quantitative
characteristics and its development during the followup period are linked with the immune response to the
virus stimulation, at least within of our observation
time.
Ricevuto: 20 aprile 1998 - Accettato: 30 giugno 1998
Corrispondenza: Dott. Marina Guglielmetti
CNTS-CRI
via Ramazzini 15
00151 - ROMA
Parole chiave: donatori di sangue anti-HCV positivi,
crioglobulinemia mista, virus dell'epatite C e
crioglobulinemia.
Key words: anti-HCV Ab-positive blood donors, mixed
cryoglobulinaemia, HCV and cryoglobulinaemia.
Introduzione
L'infezione da virus dell'epatite C (Hepatitis C Virus, HCV) è associata a condizioni patologiche diverse, epatiche ed extra-epatiche1-4; il virus, infatti,
ha uno spiccato tropismo sia per gli epatociti che per
le cellule del sistema immune, linfociti e monocitimacrofagi5.
L'associazione fra crioglobulinemia mista (CM) e
virus dell'epatite C è così significativamente rilevante
da suffragare ampiamente l'ipotesi di un ruolo determinante del virus nella patogenesi della crioglobulinemia mista essenziale. Risulta ora chiaro che la
maggior parte dei pazienti con questa diagnosi hanno
una crioglobulinemia mista secondaria a una infezione da HCV, come pure la maggior parte dei pazienti
diagnosticati come affetti da crioglobulinemia mista
secondaria a linfoma maligno, rientrano in questa categoria6,7.
Il linfotropismo del virus C presuppone un suo
ruolo nell'innescare meccanismi, diretti o indiretti, di
espansione dei cloni di cellule B, che producono le
crioglobuline e, in combinazione con fattori genetici e
ambientali, di induzione dell'evento mutazionale capace di provocare una neoplasia delle cellule B8,9.
I soggetti con una risposta immune anti-virus C,
apparentemente sani, rappresentano un campione di
popolazione che, comunque, è venuto a contatto con
il virus e ha prodotto gli anticorpi specifici. Questa
LA TRASFUSIONE DEL SANGUE vol. 44 - num. 1 gennaio-febbraio 1999 (23-27)
23
M Guglielmetti et al.
Tabella I: catteristiche cliniche e di
laboratorio di soggetti anti-HCV positivi, media (DS)
Totale soggetti esaminati
Maschi
Femmine
99
65
34
Età
43 (11,01)
42 (11,05)
44 (10,7)
IgG (mg/dL)
1.322 (101,38)
1.328 (247,2)
1.305 (272,6)
IgA(mg/dL)
205 (101.38)
218 (103.9)
178 (82.2)
IgM (mg/dL)
108 (48,26)
100 (42,9)*
122 (54,8)
C3 (mg/dL)
114 (20,86)
115 (22,2)
112 (18,09)
C4 (mg/dL)
25 (7,12)
25 (7,8)
25 (5,03)
0,109 (0,037)
0,107 (0,037)
0,118 (0,038)
ALT (UI/L)
54 (45,93)
63 (50,4)**
31 (21,4)
AST (UI/L)
26 (13,71)
29 (15,03)
20 (7,83)
Crioglobulinemia
16
11
5
HCV-RNA (pos/n)
72/94
50
22
HCV-RNA(Neg/N)
22/94
12
10
IC (DO)
* p=0,030 (test della varianza)
* * p=0,001 (test della varianza)
popolazione è di particolare interesse per la sua eterogeneità, sia perché include soggetti in cui la comparsa e, quindi, la permanenza di anticorpi anti-HCV
è recente o di vecchia data, sia perché include soggetti che ospitano ancora il virus e altri che ne sono privi, sia ancora perché, tra i soggetti HCV-RNA positivi, è stato osservato un livello più o meno elevato delle transaminasi e, nei casi in cui è stata eseguita la
biopsia epatica, una notevole variabilità del danno
tissutale.
L'ipotesi della comparsa di fenomeni autoimmuni
come conseguenza di una persistente stimolazione del
sistema immunitario da parte di un agente virale, ci
ha spinti a verificare se questi soggetti, casualmente
scoperti anti-HCV positivi durante la selezione dei
donatori di sangue o mediante i test di screening eseguiti sulle unità raccolte, presentano, alla prima osservazione o sviluppano nel tempo, frazioni crioglobuliniche sieriche e la eventuale evoluzione verso una
sindrome crioglobulinemica vera e propria.
Materiali e metodi
Tra il 1994 e il 1997 sono stati studiati 99 soggetti
(65 di sesso maschile e 34 di sesso femminile, età media
44 anni) rilevati tutti anti-HCV positivi alla donazione di sangue, pur in assenza di segni clinici di sofferenza epatica.
Lo screening iniziale per la ricerca degli anticorpi
anti-HCV è stato eseguito con test ELISA (Abbott,
24
Laboratories, Wiesbaden, Germania; Ortho Clinical
Diagnostics, Neckargemünd, Germania); il test di conferma è stato effettuato con RIBA (Chiron-RIBAOrtho Clinical Diagnostics, Milano, Italia).
Sul siero di questi soggetti sono stati eseguiti i seguenti test:
- la determinazione delle quantità di crioprecipitato
e la sua tipizzazione mediante immunoelettroforesi;
brevemente, il prelievo di sangue (20-25 mL) era
eseguito sul paziente acclimatato per circa 15 min
alla temperatura dell'ambiente (20-22 °C circa), il
sangue raccolto in provette pre-riscaldate era immediatamente posto a 37 °C per 2h. circa, il siero
ottenuto dopo la centrifugazione era introdotto in
provetta graduata e mantenuto a 4 °C per 7 giorni;
dopo centrifugazione a 1.700 g a 4 °C per 15 min,
era misurato il volume del crioprecipitato e la quantità di crioglobulina espressa come percentuale del
volume totale del siero; dopo lavaggio il
crioprecipitato era solubilizzato a 37 °C e, quindi,
analizzato per IgG, A, M, catene leggere kappa e
lambda, con analisi immunoelettroforetica;
- dosaggio degli immunocomplessi circolanti secondo il metodo di Digeon et al.10;
- dosaggio dell'aminotrasferasi (ALT) e dell'aspartatoaminotrasferasi (AST) con analizzatore automatico Dupont;
- dosaggio delle immunoglobuline (Ig) e dei fattori
del complemento C3 e C4 con nefelometro ArrayProtein System, (Beckman Instuments, Francoforte, Germania);
Virus C e crioglobulinemia
-
ricerca di RNA virale con primers derivati dalla
regione 5' non traslata del genoma HCV (AmplicorTM, HCV, Roche, Basilea, Svizzera).
sentato un criocrito massimo di 1,25%, che è poi diminuito fino a risultare indosabile nei controlli successivi.
Risultati
Nella tabella I sono riportate le caratteristiche cliniche e di laboratorio dei soggetti in esame.
In 16 dei 99 soggetti sono state messe in evidenza
alla prima osservazione frazioni crioglobuliniche comprese tra 0,6 e 1,8% del volume del siero1.
Per quanto riguarda il dosaggio delle Ig e delle
transaminasi, sono state evidenziate differenze significative fra soggetti di sesso maschile e quelli di sesso
femminile: nei primi, infatti, erano significativamente
più bassi i livelli sierici delle IgM e più elevati quelli
delle transaminasi. Non vi era, invece, differenziazione
nella frequenza delle crioglobulinemie nei due
sottogruppi.
La ricerca dell'RNA virale eseguita su 94 soggetti
è risultata positiva in 72 casi (77%), di cui 15 con
crioglobulinemia (tabella II).
I soggetti HCV-RNA negativi non mostravano frazioni crioglobulinemiche ad eccezione di un solo caso,
in cui il crioprecipitato era di scarsa entità e rimaneva
tale per tutto il tempo di osservazione.
Settantaquattro soggetti sono stati seguiti per 3
anni: di questi 57 (77%) HCV-RNA positivi comprendevano 11 soggetti con frazioni crioglobulinemiche;
un solo soggetto con crioglobulinemia era, come già
segnalato, HCV-RNA negativo (tabella III).
Venti di essi, che includevano 6 casi con frazioni
crioglobu-liniche, dopo biopsia epatica, furono sottoposti a terapia con interferon-alfa (IFN-α) per 6-12
mesi. In seguito a tali cicli di terapia, 8 soggetti divennero negativi alla ricerca dell'HCV-RNA sierico
e, in 4 casi, anche delle frazioni crioglobuliniche.
Dei 54 soggetti non trattati, 37 (pari al 68%) risultavano HCV-RNA positivi e 17 (32%) HCV-RNA
negativi; tale situazione era riconfermata nei successivi controlli negli anni seguenti, senza alcuna modifica. Sette casi tra i 54 esaminati (11%) mostravano
frazioni crioglobuliniche ed erano tutti, eccetto un caso,
positivi per la presenza di RNA virale.
La presenza di frazioni crioglobuliniche era confermata nei controlli successivi in 5 soggetti con valori bassi ma relativamente costanti (tabella IV).
L'insorgenza del fenomeno crioglobulinemico durante il periodo di osservazione è stato accertato solo
in un soggetto che, in 6 successivi controlli, ha pre-
Tabella II: dosaggio delle attività enzimatiche ALT, AST e
presenza di frazioni crioglobuliniche in 94 soggetti HCVRNA positivi e negativi
HCV-RNA +
72 (77%)
HCV-RNA 22 (23%)
ALT UI/L Media
DS
61,9
(48,6)
24.5
(13,9)
AST UI/L Media
DS
29,7
(14,02)
15,7
(3,99)
Crioglobulinemia (n.) 14/72 (19,4 %)
1/22 (4,5%)
Tabella III: follow-up di 74 soggetti HCV-RNA positivi e
negativi. Dosaggio delle attività ALT e AST e presenza
della crioglobulinemia
HCV-RNA+
57 (77%)
HCV-RNA 17 (23%)
ALT UI/L Media
DS
59
(57,2)
31
(20,1)
AST UI/L Media
DS
29,3
(21,1)
16,9
(12)
11 (19%)
1 (5,8%)
Crioglobulinemia (n.)
Tabella IV: follow-up di 54 soggetti HCV-RNA positivi e
negativi non trattati. Dosaggio delle attività ALT e AST e
presenza di crioglobulinemia
HCV-RNA+
37 (68%)
HCV-RNA17 (32%)
49,4
30,5
DS
(31)
(20,1)
AST UI/L Media
27,1
16,9
ALT UI/L Media
DS
Crioglobulinemia (n.)
(18,3)
(12)
6 (16 %)
1 (5,9%)
25
M Guglielmetti et al.
Discussione
In questo studio sono state messe in evidenza frazioni crioglobuliniche sieriche nel 16% dei soggetti
con anticorpi anti-HCV casualmente scoperti durante
la selezione dei donatori di sangue e apparentemente
sani. Un livello sierico delle IgM significativamente
più basso nei soggetti di sesso maschile, riscontrato
in questo studio, era già stato osservato in soggetti
normali11; non è, quindi, indicativo di una situazione
immunologica legata ad una patologia particolare,
bensì a condizioni di immunizzazione diverse tra uomini e donne (per es., le gravidanze multiple). Altro
aspetto evidenziato è una mancata prevalenza del sesso
femminile fra i soggetti con crioglobulinemia, che è,
invece, caratteristica della sindrome crioglobulinemica
mista.
La produzione di anticorpi di classe IgM, con attività di fattore reumatoide (FR), capaci di precipitare
a freddo, era contenuta mediamente intorno all'1%,
ed era sempre di tipo III.
Queste caratteristiche del crioprecipitato sono rimaste tali, per tutto il periodo di osservazione protrattosi per 3 anni.
La eterogeneità del campione studiato è confermata dalla presenza del virus nel 77% dei soggetti.
Nell'altro 23% il virus non era più presente perché già
eliminato o perché non ancora in quantità tale da essere evidenziabile; queste due ultime condizioni, ovviamente, sono molto diverse tra loro poiché esprimono momenti diversi della reattività del sistema immune, ma non è possibile discriminare tra esse. Inoltre, altri fattori possono condizionare la comparsa di
fenomeni autoimmuni; in particolare, la varietà del
genoma virale, la predisposizione genetica dell'ospite
determinata da antigeni HLA di classe I e II, la
omologia di sequenze nucleotidiche o di aminoacidi
che si può verificare fra il virus e l'ospite; questi fattori, quindi, possono rendere conto del fatto che non
tutti i pazienti con infezione da virus C sono anche
crioglobulinemici.
D'altra parte, la persistenza del virus, nel caso che
il sistema immune non fosse in grado di neutralizzarlo, potrebbe essere responsabile, prolungandosi nel
tempo, dell'evoluzione di una risposta proliferativa
policlonale verso una risposta oligoclonale prima e
monoclonale poi, come pure favorire la produzione di
autoanticorpi9,12.
Va sottolineato, infatti, che quasi tutti i soggetti
con frazioni crioglobuliniche sieriche sono anche positivi per l'RNA sierico e che fra i soggetti anti-HCV
26
e RNA positivi, sottoposti a terapia con IFN-α, le
crioglobuline scompaiono in 4 su 6 casi.
Peraltro, questo fenomeno era evidente anche nei
pazienti con una sindrome di crioglobulinemia mista
sottoposti ad un identico trattamento anti-virale13,14.
Tutti questi sono elementi che dimostrano il ruolo del
virus nel meccanismo di formazione di tali frazioni. È
ipotizzabile, però, che un periodo di osservazione limitato a tre anni non sia sufficientemente lungo perché una stimolazione cronica del sistema immune, quale quella esercitata dal virus, con espansione di cloni
di cellule B secernenti le immunoglobuline crioprecipitanti, sia in grado di determinare la comparsa di
una sindrome crioglobulinemica.
Verosimilmente ancora più lungo è il tempo necessario perché si determini un'evoluzione verso un disordine proliferativo monoclonale delle cellule B.
Il fenomeno di crioprecipitazione da noi rilevato,
in assenza di altre alterazioni immunologiche, come
pure in assenza delle manifestazione cliniche caratteristiche della crioglobulinemia mista, (porpora, astenia
e artralgie), sembra dovuto piuttosto ad una risposta
reattiva di carattere infiammatorio del sistema immune stimolato dal virus, pur non potendo escludere una
evoluzione verso una sindrome di crioglobulinemia
mista vera e propria.
Pertanto, l'attività autoanticorpale dimostrata in
questi soggetti, può, tuttavia, ragionevolmente costituire il presupposto per lo sviluppo futuro di una sindrome crioglobulinemica secondaria all'infezione da
HCV. Infatti, la stimolazione persistente del sistema
immune da parte del virus è risultata, anche in questo
studio, fattore patogenetico indispensabile.
Certamente, la coesistenza di qualcuno degli altri
fattori sopra ricordati è altrettanto importante nella
patogenesi di questa malattia, come suggerito dall'assenza del virus nel 23% dei soggetti anti-HCV positivi esaminati.
Riassunto
La frequente associazione tra crioglobulinemia
mista e presenza del virus dell'epatite C (Hepatitis C
Virus, HCV) suggerisce l'ipotesi che soggetti con
anticorpi anti-HCV, senza una storia di epatite acuta, possano nel tempo produrre frazioni crioglobulinemiche, quale fenomeno autoimmune indotto da
una deregolazione del sistema immunitario a causa
della stimolazione virale persistente.
Al fine di verificare questa ipotesi, è stato studia-
Virus C e crioglobulinemia
to il follow-up di 74 soggetti appartenenti ad un gruppo di 99 donatori di sangue, arruolati nello studio
perché positivi allo screening per gli anticorpi antiHCV. Il follow-up comprendeva 2-6 osservazioni, per
un periodo di tempo fino a 3 anni, in cui era controllata l'eventuale insorgenza di crioglobulinemia e
misurata la quantità di criocrito; inoltre, erano determinati i livelli sierici delle immunoglobuline (Ig)
G, A, M, dei fattori del complemento C'3, C'4, degli
immunocomplessi circolanti (ICC) e dell'alanina
amino-transferasi (ALT).
Alla prima osservazione, frazioni crioglobulinemiche erano presenti in 16 dei 99 soggetti esaminati
e appartenevano tutte al tipo III. La ricerca dell'RNA
virale, eseguita complessivamente su 94 soggetti, era
positiva in 72 casi, di cui 15 con crioglobulinemia.
I soggetti HCV-RNA negativi, a eccezione di uno,
non mostravano frazioni crioglobulinemiche. Per
quanto riguarda gli altri parametri studiati, non sono
state osservate modificazioni di rilievo; come pure
la sintomatologia clinica della crioglobulinemia mista non è stata mai evidenziata.
Questi risultati sembrano indicare che l'insorgenza del fenomeno crioglobulinemico nei soggetti con
anticorpi anti-HCV, la sua entità, qualità ed evoluzione nel tempo rappresentino, soprattutto, una risposta immune dell'ospite alla stimolazione del virus, almeno nei limiti di tempo della nostra osservazione.
Ringraziamenti
Gli Autori ringraziano la Sig.ra Daniela Palombo
per l'assistenza tecnica.
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