Il valore della Comunicazione

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Il valore della Comunicazione
1 Necessità della comunicazione
Comunicazione è una parola che viene dal latino cum = con e dal verbo
munire = legare, significa quindi legare insieme.
La necessità di comunicare è una caratteristica propria dell'uomo, perché
noi siamo “animali sociali”. E' sin dall'età della pietra che l'uomo ha cercato
l'approccio con i suoi simili, prima con gesti poi con parole: il linguaggio è
una capacità innata dell’uomo che per la sua stessa sopravvivenza ha
bisogno del gruppo sociale. Nessun altro animale ha infatti un periodo così
lungo di dipendenza dagli altri prima della propria autonomia fisica. e
sicuramente l’uomo psicologicamente più di tutto sente il bisogno di
“appartenere” ad un gruppo di simili. Perciò anche se i modi di comunicare
sono cambiati molto e cambieranno ancora, la voglia di comunicare non si
esaurirà mai. Il problema è però che noi comunichiamo in modo
abitudinario e automatico tanto che non abbiamo consapevolezza del
messaggio che inviamo e di come lo facciamo, rischiando incomprensioni e
conflitti. Molti di noi parlano, ma non comunicano, attuano un monologo
concentrandosi principalmente nel far valere le proprie ragioni, senza
prendere in considerazione il punto di vista dell’altro. Essenziale a questo
punto diventa come ci si valuta, come si considera l’altro (superiore,
inferiore, paritario) e come si desidera che risponda alla comunicazione.
Occorre sempre intendere l’altro come “persona” (soggetto che ha il
riconoscimento da parte degli altri e quindi può affermare e confermare se
stesso), soprattutto i bambini e i giovani che stanno costruendo ora la loro
identità. Resta il fatto comunque che non si può ben comunicare e non ci
può ben relazionare se non si sa comunicare bene e non si elabora una
buona relazione con se stessi
Chi desidera parlare
ha un unico assillo, le cose da dire.
Chi desidera comunicare
ha un solo imperativo: farsi comprendere
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2- La comunicazione: processo di trasmissione di informazioni e mezzo
di relazioni
Si può sicuramente dire che “ non si può non comunicare “in una relazione
perché ogni comportamento è già comunicazione e ogni comunicazione ha
due aspetti, uno di contenuto (quello che si dice) e uno di relazione (come
lo si dice, a chi, in quale ambiente)
Possiamo quindi avere una comunicazione ottima, in cui due o più persone
dialogano in maniera costruttiva e aperta, oppure una pura e semplice
trasmissione, con un’unica direzione, senza possibilità di replica, di quelle
che sembrano “semplici” informazioni (imbonimento televisivo) Nel
mezzo, naturalmente, vi sono le mille diverse occasioni comunicative che
tutti viviamo ogni giorno, in famiglia, a scuola, in ufficio, in città.
In ogni caso quindi la comunicazione esiste anche se i soggetti, che magari
restano senza fare niente o silenziosi, sembrano non comunicare nulla.
Abbiamo infatti diverse forme di comunicazione:
* Comunicazione verbale, che avviene attraverso l'uso del linguaggio, sia
scritto che orale, e che ha precise regole grammaticali;
* Comunicazione non verbale, che è un linguaggio che si manifesta
attraverso i segnali del corpo, quali mimiche facciali, sguardi (si stabilisce
un contatto con chi ascolta), gesti (sottolineano quello che si sta dicendo),
posture (rilassate o aggressive), abiti (l’abito fa il monaco) Importante è
anche il linguaggio paraverbale che riguarda il tono, il volume e il ritmo
della voce di chi parla, le pause ed altre espressioni sonore (come lo
schiarirsi la voce) e non (come il giocherellare con le mani con qualsiasi
cosa capiti a tiro). Uno stile di comunicazione errato dà spesso origine a
incomprensioni e discussioni e non è molto facile controllare la nostra
comunicazione non verbale: molto più semplice è vederla negli altri,
percepirla, esserne influenzati. Quando le comunicazioni (verbale e non
verbale) si contraddicono, prevale quella non verbale.
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3 L’ascolto
C’è differenza tra sentire e ascoltare. Il primo fa riferimento ad un processo
legato ai sensi, è superficiale, il secondo invece si riferisce ad un
coinvolgimento interiore, ad un “mettersi nei panni” dell’altro.
L’ascolto è quindi fondamentale nella comunicazione, perché influenza in
maniera determinante la relazione: è l’arte di accogliere le informazioni di
chi parla, altre persone o se stessi, senza esprimere giudizi, rispecchiandosi
nell’altro per mettersi sulla stessa lunghezza d’onda, per entrare in armonia
con pensieri, parole, sentimenti. L’ascolto efficace permette alle persone di
riconoscere i punti di vista altrui e avvicinarli nella comprensione dei
bisogni di ognuno. E’ infatti chiaro che ciascuno di noi è diverso dall’altro
per cultura, esperienza, età, modo di sentire, sesso, il che rende impossibile
capirsi immediatamente.
Se invece il rapporto è teso e la fiducia è scarsa, se i dati trasmessi sono
complessi o sconosciuti, se non siamo sicuri di aver capito, oppure gli altri
hanno la sensazione di non essere compresi, la relazione ne soffre in
maniera a volte irreparabile. La buona comunicazione richiede tempo, ma
molto meno di quanto ce ne vuole per correggere errori di valutazione
quando ci si è già spinti molto avanti.
Il semplice fatto di essere ascoltati da qualcuno dà la forza di accettare
situazioni inaccettabili o confuse perché non si è da soli a doverle risolvere.
Se invece la persona non ha nessuno con cui parlare, i pensieri possono
cominciare a diventare sempre più grandi ed invasivi, e ci si sente soli ed
incompresi Bisogna anche dire che ascoltare veramente è molto faticoso,
soprattutto se c’è un forte coinvolgimento emotivo. E naturalmente non
risolve magicamente i problemi della persona ma lo aiuta a trovare dentro di
sé le risorse e gli strumenti per affrontarlo. Si trasmette calore e la relazione
può crescere.
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4 La comunicazione verbale
Appena il 7% della comunicazione è di tipo verbale. Questo non significa
che le parole non siano importanti, anzi possono essere pietre…
Le parole erano originariamente incantesimi, e la parola ha conservato
ancora oggi molto del suo antico potere magico. Con le parole un uomo
può rendere felice un altro o spingerlo alla disperazione, con le parole
l’insegnante trasmette il suo sapere agli studenti, con le parole l’oratore
trascina l’uditorio con sé e ne determina i giudizi e le decisioni. Le parole
suscitano affetti e sono il mezzo generale con cui gli uomini si influenzano
reciprocamente.(Sigmund Freud)
Il linguaggio è la capacità dell’uomo di comunicare attraverso una lingua ed
è una capacità solo sua nel mondo animale, non esiste infatti in nessun altro
essere vivente. Attraverso la lingua, parlata o scritta, noi organizziamo la
realtà che ci circonda ed è un’abilità che dobbiamo apprendere dagli altri, in
famiglia innanzitutto ma poi anche a scuola e nel nostro ambiente sociale.
Fra gli stili verbali di comunicazione ci sono vari linguaggi: il linguaggio
ingiuntivo (autoritario, di chi dà ordini e comandi senza aspettarsi
discussioni in merito); linguaggio indicativo (oggettivo, non influenza ma
dà informazioni); linguaggio evocativo (creazione di immagini mentali che
colpiscono emotivamente, come una poesia o una lettera). Poiché la parola
crea in chi ascolta immagini mentali e suggestioni, si deve puntare sulle
suggestioni positive, evocate da termini come nuovo, crescita, soluzione,
con l'uso del noi ed evitare le suggestioni negative di espressioni causate da
un 'eccessivo uso del pronome io, dall'uso del no, da parole di dubbio,
incertezza e scoraggiamento. Per esempio “Evita di fumare” è una
comunicazione diversa da “non fumare” è un’esortazione , l’altra un ordine:
l’uso di una frase invece dell’altra dipende appunto dal messaggio che
vogliamo comunicare
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5 Le Frasi da semaforo rosso
E’ importante scegliere le parole adatte in una buona comunicazione. Le
frasi da evitare (da semaforo rosso) sono quelle che evocano un senso di
inferiorità in chi ascolta. Conservarle senza prudenza prepara l’insuccesso
della comunicazione.
Per esempio dire:
-“Ora ti spiego io” è come dire all’altro che le sue conoscenze o, peggio, le
sue capacità intellettuali, sono inadeguate e insufficienti, lo valutiamo e lo
correggiamo dandogli un brutto voto;
-“Se ti ritrovi in questa situazione è colpa tua” ci trasforma in giudice che fa
sentire in colpa, facciamo sentire l’altro meritevole di una punizione,
cattivo;
-“Se sto così è colpa tua” è l’astuzia di chi si finge vittima per sottolineare
la propria difficoltà e sottomettere l’altro per ottenere qualcosa;
-“Bisogna farlo perché è giusto così” , si pensa di avere l’autorità di
distinguere il bene dal male, di sapere dov’è la verità;
-“Eppure ti avevo avvertito” fa arrivare in chi ascolta la sensazione di
essere stato limitato e poco accorto nel valutare le conseguenze del suo
agire ;
“Lo faccio perché sei tu, altrimenti…” significa dire all’altro che si deve
sentire in debito, usiamo l’altro per gratificarci pensandoci generosi e
disinteressati;
“Sta tranquillo me ne occupo io” comunica un messaggio che dice che
l’altro è incapace, si è costretti a sostituirsi invece di spingere l’altro ad
attivarsi;
“Vorrei essere d’accordo con te, però…” trasmette un nascosto disprezzo: si
pensa che l’altro abbia opinioni chiaramente insostenibili.
Per esempio sono da evitate frasi come “posso rubarti qualche minuto“: la
parola rubare può sminuire il valore di quello che si ha intenzione di
trasmettere. E’ meglio evitare
termini che implicano svalutazione
dell’interlocutore ( “ma dai….” o “starai scherzando”) oppure giudizi di
valore (“buono“, “cattivo”). Se il nostro obiettivo è una buona
comunicazione tutto ciò che contrasta va eliminato.
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6 Le Frasi da semaforo verde
Come si fa invece ad avere una buona comunicazione con l’altro, da
semaforo verde? Occorre innanzitutto:
-valorizzare chi parla con noi, riconoscendo la validità dei suoi argomenti;
-dire le nostre ragioni perché ci rifletta e non per vincere nella
conversazione;
-confermargli il senso di un rispetto personale che va aldilà di un eventuale
disaccordo sui contenuti;
Quando ci viene posto un problema è anche importante non dare soluzioni.
Così non aiutiamo a crescere l’interlocutore, non lo riconosciamo degno di
responsabilità proprie. Ogni volta andrebbe chiesto “come pensi di poter
risolvere questa situazione?” : dalla risposta partiamo per costruire un
dialogo costruttivo in cui l’altro riceve interesse e considerazione.
Nella comunicazione con gli altri, quindi, cerchiamo di usare parole chiare,
che contengano valori di condivisione come: “facciamo”, “vediamo come
possiamo risolvere questo problema“, oppure parole che dimostrano
interesse come: “cosa ne pensi“, “secondo te“, parole cioè che esprimano
fiducia in noi stessi e nell’altro. Naturalmente questo non significa accettare
comportamenti scorretti o poco rispettosi, ma che occorre evitare sia
atteggiamenti passivi che non ci fanno esprimere le nostre esigenze sia
risposte aggressive che rendono difficile superare i contrasti, in modo da
manifestare le proprie idee e i propri sentimenti rispettando le esigenze
altrui. Questo può essere conquistato solo attraverso un lavoro sulla propria
autostima e fiducia: il primo semaforo verde dobbiamo averlo quando
parliamo con noi stessi, evitando di giudicarci e censurarci, di notare subito
solo gli errori e di dirci continuamente: non so come rispondere, non so
cosa dire, va sempre tutto male, non so come affrontare i problemi, sono
sfortunato, e anche: vivo in mondo ostile da cui devo continuamente
difendermi, gli altri sono nemici.
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7 – La comunicazione non verbale
Capita quotidianamente che parliamo a qualcuno e lui guarda da un’altra
parte oppure si dialoga con tono lento e pacato e l’altro replica ad alta voce,
parlando a raffica, o ancora qualcuno durante un colloquio si avvicina e noi
prendiamo le distanze: queste sono scene di ordinaria incomunicabilità,
segnali non verbali che pregiudicano il rapporto e lo compromettono.
Perfino in una situazione anonima come in un vagone della metropolitana
noi emettiamo per i nostri vicini continuamente segnali non verbali (che
significano pressappoco "anche se sono a pochi centimetri da te, non ti
minaccio e non intendo immischiarmi nella tua sfera intima"), e i nostri
compagni di viaggio accolgono il messaggio, lo confermano e lo rinforzano
("bene; lo stesso vale per me nei tuoi confronti").
Inoltre non è detto che il gran numero di messaggi, verbali e non verbali,
emessi in un dato momento, siano sempre in relazione tra loro. Posso dire
due cose diverse con le parole e con i gesti (ad esempio dire ad una persona
che non mi è simpatica "lieto di vederti" con un'espressione del volto assai
dispiaciuta). E’ importante abituarsi a guardare la postura, i gesti delle
persone con cui si sta parlando, osservare come tengono i muscoli delle
spalle e della testa, così da essere in accordo. E dobbiamo stare attenti alle
nostre movenze che potrebbero essere fraintese. Ad esempio ci sono dei
comportamenti da evitare: non picchettare con le dita o parlare troppo
velocemente, sintomo di nervosismo e disagio; non tenere troppo a lungo le
braccia conserte, simbolo di difesa e di distacco … La comunicazione non
verbale (il 93%) ha un 38% che ci perviene dal tono della voce e un 55%
che arriva dai segnali di mani, braccia, gambe, piedi ecc. Hanno
sperimentato che una frase media non dura più di dieci secondi e mezzo: è il
nostro corpo il “chiacchierone”!
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8 Gli stili della comunicazione
Si possono definire diversi stili di comunicazione.
Stile impositivo parole chiave: “Te l’avevo detto. Accade sempre la stessa
cosa. Ora è l’ultima volta” I gesti sono il pugno chiuso oppure la mano a
lama e l’ indice puntato, la postura del corpo è eretta, rigida. Lo stato
d’animo è che l’altro è un nemico, il tono è duro: si cerca la vincita.
Stile accomodante parole chiave: “Forse possiamo trovare un accordo” I
gesti sono le palme delle mani in alto, la postura è lievemente curva verso
l’altro, lo stato d’animo è di chi tende a concordare, a immedesimarsi, il
tono è piano, modulato, invita ad aprirsi.
Stile iperlogico: parole chiave: “Analizziamo il problema” Il tono è medio,
i gesti sono mani che parlando disegnano cerchi, la postura è controllata, lo
stato d’animo è di chi è razionale, teso a convincere.
Stile appianatore: parole chiave: “E’ difficile separare il torto dalla ragione”
I gesti sono le palme rivolte verso il basso, in orizzontale, il tono è
rassicurante, fermo e dolce, lo stato d’animo è costruttivo, di competenza.
Quali sono i limiti e le virtù di questi stili?
Quello Impositivo ha sicuramente i suoi limiti nella diffidenza e nella
chiusura verso le ragioni dell’altro, ha la sua virtù nella certezza e nella
sicurezza che infonde: ci sono momenti in cui occorre dare ordini,
l’impositivo offre un appiglio ad un gruppo indeciso o in dubbio.
Quello accogliente ha i suoi limiti nella compiacenza che può fare avere
comportamenti lontani dal proprio pensiero e attuati solo per evitare
contrasti, ha la sua virtù nella disponibilità ad ascoltare le ragioni e i
sentimenti dell’altro.
Quello iperlogico ha i suoi limiti nel senso di freddezza e distacco che
trasmette e ha il suo pregio nella obiettività che ispira il suo ragionamento.
Quello appianatore ha i suoi limiti nell’iper-concretezza che può infastidire
e il suo pregio nella autorevolezza che ispira con la sua competenza.
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9 I canali sensoriali
Il mondo esterno arriva a noi attraverso i cinque canali sensoriali: Il canale
visivo è legato alla vista, l’auditivo all’ udito, il cinestesicoo alle sensazioni
fisiche, alla pelle, l’olfattivo è legato all’olfatto, il gustativo al gusto.
I nostri sensi quindi raccolgono infaticabilmente milioni di informazioni al
secondo su ciò che ci circonda: esse vengono elaborate in un battito di
ciglia e nelle relazioni la conclusione decide sulla fiducia da concedere o da
negare all’altro. Questo processo si aggancia alla preistorica esigenza di
riconoscere l’altro come amico o nemico, per risolvere situazioni di
minaccia o di pericolo incombente e si è raffinato nel tempo per permetterci
di selezionare quello che veramente ci interessa. Per questo motivo per
esempio un ambiente non è lo stesso per tutti: c’è la foresta del cercatore
di funghi, del cacciatore, degli innamorati, del fuggitivo, degli animali, del
giorno, della notte …
Ogni essere umano ha un canale privilegiato: conoscerlo favorisce
l’accordo ed evita malintesi. Difficilmente infatti il visivo sopporterà il
contatto ravvicinato con uno estraneo al primo incontro, il cinestesico potrà
facilmente abbracciare ed esprimere cordialità con gesti di accoglienza,
l’olfattivo sarà molto attento agli odori dell’altro (è il canale più intimo) e
l’uditivo per esempio amerà concentrarsi nel suo lavoro o nello studio con
una musica di sottofondo. Perciò è importante sapere che per esempio i
visivi sono coinvolti da immagini, grafici, colori, gli auditivi vogliono
ascoltare parole, ricevere spiegazioni verbali, i cinestesici rendono al
meglio quando si sperimenta, ci si muove, si crea un gruppo di lavoro.
L’impiego esclusivo di un canale è come parlare un linguaggio
comprensibile ad alcuni e straniero per tutti gli altri. Ecco che allora le
“parole giuste” per ogni occasione non esistono, ma occorre scegliere le
parole che arrivano all’altro più facilmente.
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10 Essenziale rimane LO SCOPO.
Nello scopo si può esprimere l’ insieme di valori ai quali si ispira chi
sceglie di dialogare: se a guidarci non è la competizione, la volontà di
primeggiare sull’altro, ma sono i valori della partecipazione, del rispetto e
della consapevolezza, allora ci sarà anche il desiderio di conoscere i propri
stili di comunicazione e di imparare a gestirli perché le possibilità per
comunicare efficacemente sono molteplici.
Per una buona comunicazione quindi occorre:
1 percepire il comportamento non verbale dell’altro, ossia cogliere i suoi
aspetti sensoriali.
2 percepire l’aspetto verbale, cioè tradurre le parole e le idee dell’altro
3 Comprendere il punto di vista dell’altro, ossia i significati che il suo
discorso esprime ed i suoi valori
4 Scambiarsi i punti di vista.
5 Trovare l’ intesa.
La comunicazione è efficace quando il messaggio trasmesso possiede il
medesimo significato sia per colui che parla che per colui che ascolta:
quest’ultimo deve essere in grado di comprendere ciò che l’altro vuole
comunicargli, per potersi relazionare con lui.
Nella buona comunicazione c’è inoltre la capacità di esprimere i propri
bisogni e i propri diritti, le proprie sensazioni positive o negative, senza
violare i diritti ed i limiti altrui : Comunicare è entrare nell’altro, ma
sorvegliandoci, entrarvi senza invaderlo.(Leonardo Sciascia)
E dobbiamo essere consapevoli che siccome riceviamo milioni di
informazioni, per evitarci un sovraccarico dobbiamo cancellarne la maggior
parte, eliminando quelle che pensiamo non possano interessarci: è un
processo naturale ed è per questo che per esempio certi particolari di un
evento colpiscono solo noi e gli altri non li hanno nemmeno notati.
Concludendo, quando si lavora con bambini, ragazzi e adolescenti è
assolutamente indispensabile imparare ad ascoltarli e a ben relazionarsi con
loro, e questo diventa ancora più vero quando si parla di alunni con
disabilità.
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