spazio e velocità - Liceo Duca D`Aosta

RELAZIONE SPAZIO-VELOCITÀ
NEL MOTO UNIFORMEMENTE ACCELERATO
G. Mezzetti
Riguardo al moto uniformemente vario, o accelerato, abbiamo studiato due leggi:
Relazione tra tempo e spazio: l’abbiamo anche chiamata legge oraria per la
posizione, è la legge
1
(1)
s(t) = a(t − t0 )2 + v0 (t − t0 ) + s0
2
Relazione tra tempo e velocità: l’abbiamo anche chiamata legge oraria per
la velocità, è la legge
(2)
v(t) = a(t − t0 ) + v0
In queste due leggi:
• a è l’accelerazione del moto;
• t0 è un istante fissato (istante di riferimento);
• s0 = s(t0 ) è la posizione all’istante t0 ;
• v0 = v(t0 ) è la velocità all’istante t0 .
Con queste leggi, è facile ricavare, per esempio, la velocità che il corpo in movimento possiede in un dato istante, o l’istante in cui raggiunge una data posizione,
e così via; si riescono a risolvere facilmente, cioè, quei problemi in cui si richiede di
passare dal tempo alla velocità, o viceversa, o dal tempo alla posizione, o viceversa,
come suggerisce schematicamente il seguente diagramma:
tempo
posizione
velocità
In molti problemi naturali, però, c’è bisogno di ricavare, per esempio, la velocità
posseduta dal corpo in corrispondenza di una data posizione, o più in generale di
stabilire una relazione diretta fra posizione e velocità, cioè la connessione indicata
dalle frecce più spesse del diagramma seguente:
tempo
posizione
velocità
Consideriamo, ad esempio, un problema del tutto tipico e naturale: determinare
quanto spazio percorre un’auto durante una frenata. Un’auto che frena si muove,
con buona approssimazione, di moto rettilineo uniformemente vario, quindi rientra
nel caso che stiamo studiando. Per dare concretezza al problema, fissiamo dei dati:
diciamo che un’auto, che procede inizialmente a 20 m/s (pari a circa 70 km/h),
frena con una decelerazione costante di 4 m s−2 (una frenata decisamente brusca);
vogliamo calcolare quanto spazio essa percorre durante la frenata.
c 2012 Gustavo Mezzetti, tutti i diritti riservati.
1
2
G. MEZZETTI
t = t0 = 0
inizio frenata
s0 = s(t0 ) = 0
t = t1
fine frenata
d
s(t1 )
Figura 1. Problema dello spazio di frenata
Ragioniamo così: poniamo t = t0 = 0 nell’istante in cui l’auto inizia a frenare,
e s = s0 = 0 nel punto in cui l’auto inizia a frenare; osserviamo che v0 , la velocità
all’istante t0 , è nota (20 m/s); d’altra parte, lo spazio percorso d è dato da
d = s(t1 ) − s0 = s(t1 ) − 0 = s(t1 ),
cio è non è altro che la posizione s(t1 ) in cui l’auto si trova all’istante t1 in cui essa
si ferma, cioè in cui la sua velocità è diventata uguale a zero. Bisognerà dunque
procedere nel modo seguente:
(i ) trovare l’istante t1 in cui la velocità si annulla;
(ii ) calcolare la posizione s(t1 ) raggiunta dall’auto all’istante t1 .
Per svolgere il punto (i ), ci serviremo della relazione tempo-velocità (2): basterà
imporre alla velocità v(t) di annullarsi, e risolvere l’equazione in t così ottenuta.
Facciamolo:
v(t) = 0,
cioè, per la (2),
at + v0 = 0
(si ricordi che t0 = 0); t1 è la soluzione di questa equazione, e quindi è
v0
t1 = − .
a
Passiamo al punto (ii ), calcolando la posizione s(t1 ) raggiunta all’istante t1 ;
basta porre t = t1 nella relazione tempo-spazio (1), ricordando sempre che t0 = 0 e
che s0 = 0:
1
s(t1 ) = at21 + v0 t1
2
2
1
v0
v0
= a· −
+ v0 −
2
a
a
av02
v02
v02
v02
v2
= 2 −
=
−
=− 0
2a
a
2a
a
2a
Abbiamo così ricavato una formula che dà direttamente la soluzione del nostro
problema; non resta che sostituire i valori numerici, ricordando che a = −4 m s−2
perchè l’accelerazione, trattandosi di una decelerazione, è negativa:
d = s(t1 ) = −
v02
(20 m/s)2
400 m2 s−2
=−
=
= 50 m
2a
2 · (−4 m s−2 )
8 m s−2
(l’unità di misura è giusta perché si tratta di una lunghezza). Notiamo che il segno
meno nella formula che ci siamo ricavati è giusto, proprio perché l’accelerazione è
negativa: senza quel segno meno, avremmo ottenuto che la macchina, frenando,
percorre −50 m, cioè 50 m all’indietro, risultato chiaramente assurdo.
Notiamo anche un’altra cosa, da tenere a mente quando si guida un’automobile o
anche un motorino: la formula trovata ci dice che la lunghezza dello spazio di frenata
è direttamente proporzionale al quadrato della velocità iniziale; questo vuol dire che,
se la velocità iniziale raddoppia, lo spazio necessario per fermarsi quadruplica!
RELAZIONE SPAZIO-VELOCITA
t = t0 = 0
v = v(t0 ) = v0
s0 = s(t0 ) = 0
3
t = t1
v = v(t1 ) = v1
d
s1 = s(t1 )
Figura 2. Problema generale della relazione spazio-velocità
Il problema dello spazio di frenata è un classico problema di tipo spazio-velocità:
quanto spazio ha percorso il corpo quando la sua velocità assume un certo valore
(nel nostro caso, zero). Come si vede, per risolverlo è stato necessario “passare per
il tempo”, cioè trovare prima che valore t1 assumeva il tempo quando la velocità era
uguale a zero. Sarebbe comodo avere a disposizione una legge che consentisse di
passare direttamente dallo spazio alla velocità e viceversa, appunto come dicevamo
all’inizio. Ciò non solo perché i problemi di tipo spazio-velocità capitano abbastanza
spesso, ma anche, e soprattutto, perché essi sono legati, come vedremo più avanti,
all’energia cinetica e al lavoro di una forza.1 Studiare questo tipo di problemi ci
servirà come introduzione a tali concetti fondamentali.
Speriamo che tutto ciò abbia convinto il lettore che ricavare una relazione tra
spazio e velocità nel moto uniformemente vario è una «cosa che val la pena di fare».
Sia come sia, noi ora la facciamo. Ci poniamo dunque un problema più generale di
quello dello spazio di frenata, che possiamo enunciare come segue:
Un punto materiale si muove di moto rettilineo uniformemente vario,
con accelerazione a. A un certo istante t0 , la sua velocità è v0 = v(t0 ),
mentre in un altro istante t1 la sua velocità è v1 = v(t1 ). Calcolare
quanto spazio il punto materiale ha percorso nell’intervallo di tempo
che va da t0 a t1 .
Per risolvere questo problema teorico (non specifichiamo i valori delle varie
grandezze, perché siamo interessati a ricavare una formula generale), conviene porre
s0 = s(t0 ) = posizione all’istante t0 ,
s1 = s(t1 ) = posizione all’istante t1 .
Per semplificare i conti, conviene anche scegliere l’origine dei tempi e delle posizioni
in modo che sia t0 = 0 e s0 = 0. Viene dunque chiesto di calcolare la distanza
d = s1 − s0 = s1 (si veda la fig. 2, praticamente uguale alla fig. 1, con l’unica
differenza che ora la velocità finale non è più necessariamente nulla, ma è una
velocità qualsiasi). Procederemo esattamente come abbiamo fatto sopra: prima
determineremo qual è l’istante t1 in cui la velocità diventa uguale a v1 , poi troveremo
la posizione s1 raggiunta dal punto nell’istante t1 appena determinato.
L’istante t1 è la (unica) soluzione dell’equazione v(t) = v1 (infatti è la risposta
alla domanda «In quale istante t la velocità diventa uguale a v1 ?»), cioè, in base
alla (2), dell’equazione
at + v0 = v1
(si ricordi che t0 = 0). Ricaviamo dunque
v1 − v0
t1 =
a
1 Naturalmente,
le due cose sono collegate: la ragione per cui i problemi di tipo spazio-velocità
si incontrano così spesso è proprio il fatto che essi sono correlati a un concetto importante e
profondo come quello di energia.
4
G. MEZZETTI
Quale sarà, ora, la posizione s1 = s(t1 ) del punto all’istante t1 appena trovato?
Per rispondere, basta porre t = t1 nella (1), osservando che il v0 e l’s0 che compaiono
in quella formula sono proprio il nostro v0 e il nostro s0 : infatti, sono, rispettivamente, la velocità e la posizone all’istante t0 ; inoltre la formula si semplifica perché
t0 = 0 e s0 = 0, grazie alle nostre opportune scelte. Dunque:
1
d = s(t1 ) = at21 + v0 t1
2
2
v1 − v0
v1 − v0
1
+ v0 ·
= a·
2
a
a
=
(v1 − v0 )2
v0 (v1 − v0 )
+
2a
a
=
v0 v1 − v02
v12 − 2v0 v1 + v02
+
2a
a
=
v12 − 2v0 v1 + v02 + 2v0 v1 − 2v02
2a
v12 − v02
2a
Abbiamo così ricavato la desiderata relazione tra spazio e velocità; la riscriviamo
in una forma un po’ più facile da ricordare, indicando:
• v0 , la velocità iniziale, con vini ;
• v1 , la velocità finale, con vfin .
Abbiamo dunque scoperto che
=
2
2
vfin
− vini
,
2a
dove d indica la distanza (con segno) coperta nel passare dalla velocità vini alla
velocità vfin (in quest’ordine); a, naturalmente, è l’accelerazione. Nel caso in cui
vfin = 0 si ritrova proprio la formula che avevamo ricavato per lo spazio di frenata.
Si può anche riscrivere la formula eliminando il denominatore:
d=
(3)
2
2
2ad = vfin
− vini
(Relazione tra spazio e velocità
Questa forma è migliore della precedente perché “funziona” anche quando a = 0.
Insistiamo sul fatto che la formula è (ovviamente) corretta anche riguardo ai segni.
2
2
Per esempio, se vini
> vfin
, a e d devono essere discordi (perché dev’essere ad < 0),
e ciò significa che l’accelerazione è rivolta contro il verso del moto, cioè che si tratta
in realtà di una decelerazione: e infatti, la velocità diminuisce.
Vediamo una semplice applicazione. Un automobilista incosciente sta guidando
in autostrada nella nebbia, alla velocità di 30 m/s (circa 110 km/h). Davanti a lui
è avvenuto un incidente: vi è un TIR fermo, messo di traverso sulla carreggiata,
ma, a causa della ridotta visibilità, l’automobilista lo scorge quando si trova a poco
più di 80 m di distanza; a quel punto egli frena bruscamente. Supponiamo che la
decelerazione durante la frenata sia di 5 m s−2 , e che la frenata si svolga su un tratto
di 80 m (non consideriamo, per semplicità, il tempo di reazione dell’automobilista),
dopodiché l’auto sbatte contro il TIR. Qual è la velocità dell’auto all’impatto?
Dalla (3) si ricava:
q
p
2 =
vfin = 2ad + vini
2 · (−5 m s−2 ) · 80 m + (30 m s−1 )2
p
√
= −800 m2 s−2 + 900 m2 s−2 = 100 m2 s−2
= 10 m/s = 36 km/h.