microrganismi e virus d`interesse biotecnologico mb

7
7.1.
M
MICRORGANISMI E VIRUS D’INTERESSE
B
BIOTECNOLOGICO
DEFINIZIONE DI BIOTECNOLOGIE
Le biotecnologie sono le applicazioni che si servono
di sistemi biologici, organismi viventi o derivati di questi ultimi, per ottenere beni o servizi.
Le biotecnologie possono essere suddivise in due
tipi:
• tradizionali (allevamento, agricoltura, produzione
di bevande e cibi fermentati, ecc.).
• innovative (con l’impiego della tecnologia del DNA
ricombinante: produzione di OGM, biorisanamento,
produzione di farmaci, ecc.).
Le biotecnologie che impiegano i microrganismi
sono definite microbiotecnologie.
Con il termine biotecnologie si devono intendere tutte le
applicazioni che si servono di sistemi biologici, organismi
viventi o derivati di questi ultimi, al fine di ottenere beni o
servizi.
7.1.1.
Le biotecnologie tradizionali
Sono esempi di biotecnologie l’allevamento, l’agricoltura, la
panificazione, la produzione di bevande alcoliche fermentate, la produzione di latticini, vale a dire settori molto antichi
delle attività umane. Si ritiene che le prime biotecnologie
siano comparse accanto ai primi insediamenti umani con
la semina delle colture e l’addomesticamento degli animali. Attraverso le biotecnologie l’uomo ha potuto mettere a
punto strategie non solo per produrre grandi quantità di
alimenti animali e vegetali, ma anche per avviare processi
di trasformazione degli alimenti finalizzati alla loro conservazione.
Un importante settore biotecnologico è quello che impiega i microrganismi (microbiotecnologie). I primi processi
microbiotecnologici sono antichissimi ed hanno preceduto
di molto la scoperta dei microrganismi. Si ritiene che la
produzione di bevande alcoliche fermentate e la lievitazione
del pane sia avvenuta nella civiltà egizia intorno al 6.000
a.C. La scoperta dei microrganismi è avvenuta soltanto alla
fine del diciassettesimo secolo ed il loro studio approfondito è iniziato solo nella seconda metà del diciannovesimo
secolo. Dopo la comprensione del ruolo svolto dai microbi
nei processi fermentativi da parte di Louis Pasteur, le microbiotecnologie hanno subito un grande impulso ed hanno
avuto un’importante ricaduta nelle attività umane.
Un esempio di questo tipo è rappresentato dalla produzione dalle penicilline. Queste molecole sono state estratte
per la prima volta nel 1929 da Alexander Fleming da colture
di Penicillium notatum che avevano mostrato una spiccata
azione antibatterica. Una volta messe a punto le strategie
per una loro produzione su larga scala, le penicilline sono
state impiegate con successo nella lotta contro le malattie
infettive di origine batterica.
7.1.2. Le biotecnologie innovative
La scoperta della struttura (1953) e delle proprietà del DNA
ha aperto la strada ai processi di ricombinazione che coinvolgevano questa molecola. Il DNA può essere prelevato,
frammentato, isolato, sequenziato, legato e trasferito da un
organismo ad un altro. Le biotecnologie che si avvalgono
della ricombinazione del DNA presentano enormi possibi-
lità applicative, per cui si ritiene che, in prospettiva futura,
il loro ruolo nelle attività umane sarà sempre più diffuso e
importante.
Le principali applicazioni delle biotecnologie interessano i seguenti settori:
• scientifico, per l’approfondimento delle conoscenze relative al genoma degli organismi in genere e dell’uomo in
particolare;
• farmacologico e medico, in particolare per la produzione
di farmaci e prodotti diagnostici;
• agricolo, veterinario e zootecnico, per la produzione di organismi (animali e piante) transgenici, qualitativamente
superiori, più produttivi, più resistenti agli agenti patogeni, in grado di sopportare condizioni ambientali non
favorevoli e capaci di produrre molecole benefiche per
la salute umana;
• industriale, per la produzione di vitamine, amminoacidi,
enzimi, alimenti e bevande;
• ambientale, per lo smaltimento dei rifiuti, la depurazione
delle acque contaminate e l’identificazione di sostanze
tossiche presenti nel terreno, nell’aria e nelle acque.
7.2. LE PRINCIPALI TAPPE DELLE
BIOTECNOLOGIE
• 8000 a.C. in Mesopotamia. Raccolta di sementi da desti•
nare alle coltivazioni. Uso dell’incrocio (selezione artificiale) al fine di migliorare il bestiame.
6000 a.C. in Egitto. Fermentazioni e produzione di birra,
vino e pane (mediante l’impiego di lieviti).
1
2
Le basi microbiologiche della Biochimica
• 4000 a.C. in Cina. Produzione di yogurt e formaggi (mediante batteri lattici).
I microrganismi coinvolti nelle biotecnologie sono
o
numerosi ed appartengono alle specie più disparate.
Sono compresi in particolare tra i funghi, i batteri ed
i virus.
• 1500. Diffusione delle specie vegetali dai luoghi d’origine in tutto il mondo attraverso i viaggi transoceanici.
• 1675. In Olanda Antoni van Leeuwenhoek, impiegando un
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
microscopio semplice, scopre l’esistenza di microrganismi.
1700. I naturalisti identificano alcuni tipi di piante ibride,
derivanti cioè dall’incrocio di più varietà vegetali.
1861. In Francia Louis Pasteur, il fondatore della microbiologia, definisce il ruolo dei microrganismi nelle fermentazioni.
1865. Gregor Mendel formula le tre fondamentali leggi
sulla trasmissione ereditaria.
1900. I botanici europei Correns, Tschermak e De Vries riscoprono l’importanza delle leggi di Mendel e le utilizzano nel miglioramento di alcune specie vegetali.
1919. Karl Ereky, un agronomo ungherese, usa per la prima volta il termine biotecnologia.
1950. Per la prima volta, intere piante vengono generate
da una coltura in vitro.
1953. Francis Crick, James Watson e Maurice Wilkins descrivono la struttura a doppia elica del DNA, responsabile della trasmissione di informazioni da una generazione
all’altra.
1972. Viene dimostrato che la composizione del DNA
umano è identica al 99% a quella dello scimpanzé e del
gorilla.
1973. Stanley Cohen dell’Università di Stanford e Herbert
Boyer ricombinano con successo il DNA batterico con un
gene estraneo.
1975. Kohler e Milstein producono gli anticorpi monoclonali.
1980. Il batterio Escherichia coli viene ricombinato con
geni umani per produrre l’insulina.
1981. Biologi cinesi clonano la carpa dorata.
1982. Viene commercializzata l’insulina umana, ottenuta
con la tecnologia del DNA ricombinante, a fini terapeutici. Da parte di Kary e B. Mullis viene messa a punto la PCR
(Polymerase Chain Reaction) destinata a rivoluzionare le
biotecnologie.
1983. Viene prodotta la prima pianta transgenica del tabacco.
1988. Viene impiegata la chimosina (enzima proteolitico)
ricombinante in medicina.
• 1990. In Europa vengono emanate direttive sull’uso con•
•
•
•
•
•
finato e l’immissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati.
1994. Negli USA è commercializzato il primo alimento
geneticamente modificato: il pomodoro Flavr Savr. In
Europa è commercializzata una pianta di tabacco transgenica, resistente ad un erbicida.
1996. In Europa è importata per uso alimentare la soia
transgenica, modificata per tollerare gli erbicidi.
1997. È clonato un mammifero (pecora Dolly), utilizzando
il DNA di un organismo adulto.
2000. È completato il Progetto Genoma Umano.
2002. È sequenziato il genoma della pianta di riso.
2007. È sintetizzato il più piccolo corredo genetico, dotato di una vita autonoma.
7.3. I GRUPPI MICROBICI E VIRUS D'INTERESSE
BIOTECNOLOGICO
I microrganismi coinvolti nelle biotecnologie sono innumerevoli ed appartengono alle specie più disparate. Schematizzando si può affermare che sono compresi soprattutto
tra funghi, batteri e virus. Nell’impossibilità di descrivere in
modo completo tutti i gruppi che presentano un interesse
biotecnologico, ci occuperemo di quelli che si caratterizzano per un maggiore rilievo pratico. In particolare ci occuperemo dei lieviti, di alcuni gruppi batterici e virali.
7.3.1.
I lieviti d’interesse biotecnologico
I lieviti sono organismi eucariotici compresi nel regno dei
funghi (tab. 7.1). Sono unicellulari o pluricellulari. Si riproducono asessualmente per gemmazione (ad eccezione del
genere Schizosaccharomyces in cui si riproducono per scissione binaria) e sessualmente mediante ascospore. Le morfologie cellulari più comuni dei lieviti sono:
TABELLA 7.1. La tradizionale classificazione (Ainsworth 1973) della divisione Eumycota e le principali
proprietà dei gruppi inseriti
Sottodivisione
Organizzazione
Caratteristiche
del micelio
Riproduzione
asessuata
Riproduzione
sessuata
Mastigomycotina
Ficomiceti acquatici
Pluricellulare
Ife non settate
Zoospore flagellate
Oospore
Zygomycotina
Ficomiceti terrestri
Pluricellulare
Ife non settate
Sporangiospore
Zigospore
Ascomycotina
Ascomiceti
Unicellulare
Pluricellulare
Ife settate
Gemmazione
Conidiospore
Ascospore
Ascospore
Deuteromycotina
Deuteromiceti o
Funghi mitosporici
Unicellulare
Pluricellulare
Ife settate
Gemmazione
Conidiospore
Assente
Assente
Basidiomycotina
Basidiomiceti
Pluricellulare
Ife parzialmente settate
Assente
Basidiospore
Capitolo 7. Microrganismi e virus d'interesse biotecnologico
3
FIGURA 7.1 ◗ Nella fase di formazione della gemma si forma una cicatrice che può essere facilmente evidenziata mediante la microscopia
elettronica (rappresentazione schematica).
FIGURA 7.2 ◗ Crescita dimorfica dei lieviti. È evidente la presenza di
elementi unicellulari con varia conformazione e strutture pseudoifali.
Osservazione a 1000× in contrasto di interferenza differenziale (DIC).
• a limone. È presente negli apiculati (ed es. nel genere
asporigeni. Si ritiene che le forme asporigene siano, in realtà, forme sporigene in cui non è mai stata osservata la formazione di spore sessuali. La superficie delle spore sessuali è liscia nel genere Saccharomyces, mentre è rugosa nel
genere Debaryomyces.
Kloeckera);
• sferica-ovoidale. È tipica di numerose specie del genere Saccharomyces;
• a pera. Possiedono questa forma alcune specie del genere Saccharomyces;
• allungata. Si ritrova, ad esempio, nella specie Saccharomyces pastorianus;
La morfologia dei lieviti è influenzata dal tipo di gemmazione, che può essere:
• monopolare;
• bipolare;
• multilaterale.
Nell’area di sviluppo della gemma resta una cicatrice
sulla quale non si possono formare altre gemme (fig. 7.1);
ne consegue che il numero delle gemmazioni prodotte da
una cellula di lievito è limitato. I lieviti possono essere unicellulari o pluricellulari. Gli aggregati pluricellulari si formano quando le gemme alla fine del loro sviluppo restano
adese alle cellule madri, con il risultato finale di produrre,
catene lineari, catene ramificate o grappoli.
Nel genere Saccharomyces, di norma, si ritrovano lieviti
unicellulari, mentre nel genere Candida, accanto a forme
unicellulari, si presentano anche filamenti pluricellulari
(pseudoife; fig. 7.2). Gli aggregati ifali sono denominati
pseudomiceli o falsi miceli e sono finalizzati alla formazione
di spore asessuali (clamidospore). Morfologia cellulare, modalità riproduttiva, presenza o meno di pseudomicelio e
morfologia sporale sono importanti elementi tassonomici.
Le spore asessuali possono essere:
• filiformi o ad ago; nel genere Metschnikowia;
• a saturno; nei generi Pichia e Hansenula;
• sferoidali; nel genere Saccharomyces, sono presenti spore con parete liscia, mentre in Debaryomyces le spore
possiedono una parete rugosa;
• a cappello; nei generi Pichia e Hansenula.
Alcuni lieviti possono formare strutture molto resistenti
denominate artrospore che, dal punto di vista citologico
sono cellule a parete ispessita prodotte dalla disgregazione
delle ife. Le artrospore sono strutture più resistenti delle
normali cellule prodotte in presenza di condizioni ambientali avverse. Sono tipiche del genere Trichosporon.
Le spore sessuali dei lieviti sono denominate ascospore;
sono cellule aploidi che, per coniugazione, formano uno
zigote diploide. Non tutti i lieviti sono in grado di produrre
spore sessuali, per cui in natura esistono lieviti sporigeni ed
7.3.1.1. Classificazione dei lieviti d’interesse
biotecnologico
Tradizionalmente i lieviti sono inseriti nella divisione Eumycota, sottodivisione Ascomycotina e Deuteromycotina
(sottodivisione comprendente i funghi imperfetti). I lieviti
di interesse biotecnologico sono inseriti in diversi gruppi
(tab. 7.2).
Classe Archiascomycetes
Ordine Schizosaccharomycetales
Famiglia Schizosaccharomycetaceae
Genere Schizosaccharomyces. I lieviti compresi in
questo genere si riproducono per scissione binaria. La morfologia cellulare varia da globosa a cilindrica. Le cellule si
dispongono singolarmente, a coppia o a piccoli gruppi.
Possono formare uno pseudomicelio. Producono 2-8 ascospore di forma sferica, reniforme od ovoidale. La specie più
importante dal punto di vista enologico è lo S. pombe un
lievito dotato di alto potere alcoligeno, capacità di crescere
alle alte concentrazioni zuccherine, elevata resistenza
all’anidride solforosa e fermentazione malo-alcolica.
Classe Hemiascomycetes
Ordine Saccharomycetales
Famiglia Metshinikowiaceae
Genere Metshnikowia. I lieviti di questo genere possiedono cellule sferiche od ovoidali. Formano 1-2 ascospore
filiformi. In anaerobiosi possono formare uno pseudomicelio. Sono anaerobi facoltativi in quanto possiedono un metabolismo ossidativo e fermentativo. Alcuni ceppi sono in
grado di produrre la pulcherrimina un pigmento di colore
rosso. In questo genere la più importante specie dal punto
di vista enologico è la M. pulcherrima. Possiede uno scarso
potere alcoligeno, bassa resistenza all’anidride solforosa e
la capacità di crescere ad alte concentrazioni zuccherine.
Famiglia Saccharomycetaceae
Genere Debaryomyces. I lieviti di questo genere possiedono cellule globose che si riproducono per gemmazione. Si
differenziano dal genere Saccharomyces per la rugosità delle
spore. Partecipano alla maturazione di salumi e formaggi.
4
Le basi microbiologiche della Biochimica
TABELLA 7.2. I lieviti di maggior interesse biotecnologico
Genere
Dekkera
Specie
Asco
Origine
2
Allungato
Hansenula
30
Allungato
Kluyveromyces
12
Da sferico ad allungato
Suolo, acqua, frutta, prodotti caseari e
materiale vegetale di scarto
Fermentanti
Pichia
90
Da sferico ad ovoidale
Suolo, alberi, frutta, acqua, insetti
Alcune specie
fermentanti
Saccharomyces
9
Da sferico ad ovoidale
Suolo, frutta, cibo, bevande
Fortemente fermentanti
Schizosaccharomyces
4
Allungato
Frutta o succhi di frutta, vino
Fortemente fermentanti
Yaowia
1
Da sferico ad ovoidale
Suolo e residui industriali
Non fermentanti
Genere Dekkera. I lieviti di questo genere possiedono
cellule ovali e gemmazione multilaterale ed aschi con 1-4
spore. Possono formare pseudomiceli. Possiedono un metabolismo fermentativo con alte produzioni di acido acetico.
Genere Kluyveromyces. Comprendono lieviti importanti in enologia in quanto si comportano da starter. Questi
lieviti sono impiegati per effettuare fermentazioni scalari, in
cui vengono inoculate nel mosto elevate quantità di lievito in modo che prendano il sopravvento sugli altri microrganismi. Producono scarse quantità di etanolo e di acido
acetico.
Genere Pichia e Hansenula. Le cellule appartenenti
a questo genere sono sferiche. Formano pseudomiceli. Gli
aschi contengono 4 ascospore sferiche, a cappello o a saturno. Sono anaerobi facoltativi in quanto possiedono un
metabolismo ossidativo e fermentativo. Le più importanti
specie comprese in questo genere sono: P. membranaefaciens e H. anomala. Sono responsabili della fioretta insieme
ad alcune specie del genere Candida.
Genere Saccharomyces. Le specie comprese in questo
genere possiedono una morfologia ovoidale più o meno
FIGURA 7.3 ◗ Saccharomyces cerevisiae. Sono evidenti cellule a forma globosa ed in fase di gemmazione. Osservazione a 1000× in contrasto di interferenza differenziale (DIC).
Stomaco e feci dei conigli
Caratteristiche
metaboliche
Debolmente
fermentanti
Alcune specie
fermentanti
allungata (fig. 7.3). La gemmazione è multilaterale. Possiedono un’elevata capacità fermentativa, per cui sono importanti dal punto di vista biotecnologico. Gli aschi contengono da 1 a 4 spore globose od ovoidali con parete liscia.
Le specie più importanti sono S. cerevisiae, S. bayanus e S.
pastorianus.
• S. cerevisiae. Presenta cellule singole, talora a coppie o a
catena. È il lievito più importante dal punto di vista biotecnologico in quanto possiede un alto potere fermentativo, un alto potere alcoligeno, una notevole resistenza
agli antisettici ed una notevole adattabilità alle diverse
condizioni ambientali.
• S. bayanus. Possiede un basso potere alcoligeno, tuttavia
è impiegato nella rifermentazione degli spumanti.
• S. pastorianus. È la specie di lievito tipica della produzione della birra prodotta con fermentazione a bassa temperatura.
Genere Torulaspora. In questo genere sono comprese
tre specie di interesse enologico, quella più importante è
T. delbrueckii. Questa specie possiede cellule globose od
ellittiche di piccole dimensioni, disposte singolarmente, talora a coppia. La moltiplicazione avviene per gemmazione
multilaterale. La forma delle ascospore è sferoidale. Possiede buone caratteristiche enologiche in quanto ha un forte
vigore fermentativo, un discreto potere alcoligeno (10°),
una buona resistenza all’anidride solforosa ed una discreta osmofilia. T. delbrueckii è usata nella rifermentazione in
bottiglia.
Genere Zygosaccharomyces. Le specie di questo
genere possiedono cellule globose, ovoidali e cilindriche. Le cellule sono singole, a coppia, talvolta a catena
od a grappolo. La gemmazione è multilaterale. Possono
formare pseudoife. Gli aschi possiedono 2-4 spore globose od ovoidali lisce. Sono anaerobi facoltativi in quanto dotati di metabolismo ossidativo e fermentativo. Possiedono un’elevata resistenza all’anidride solforosa ed
all’alta gradazione alcolica, una buona attività fermentativa ed un’elevata osmofilia, per cui sono impiegati per
realizzare fermentazioni scalari. Sono i principali responsabili delle alterazioni di prodotti ad alta concentrazione
zuccherina.
Capitolo 7. Microrganismi e virus d'interesse biotecnologico
Famiglia Saccharomycoidaceae
Genere Hanseniaspora. Le specie di questo genere
possiedono piccole cellule ed un’elevata attività fermentativa; non sono considerati buoni lieviti dal punto di vista
enologico in quanto conferiscono ai vini un’elevata acidità
volatile. Prediligono ambienti caldi. Le spore prodotte sono
aploidi e, germinando, producono cellule diploidi.
Genere Saccharomycodes. Comprende una sola specie: S. Ludwigii. Le cellule di questa specie sono dotate di
forma apiculata e di grandi dimensioni; si moltiplicano per
gemmazione bipolare. Gli aschi contengono 4 spore in genere unite in due coppie. La principale caratteristica di S.
Ludwigii è quella di avere un’alta resistenza alla SO2. Questa
specie possiede un alto potere alcoligeno, ma forma acetaldeide ed altri esteri che alterano notevolmente il processo di
vinificazione; pertanto è considerata una specie dannosa.
Famiglia Candidaceae
Questa famiglia comprende lieviti tradizionalmente inseriti
nei deuteromiceti (funghi imperfetti o mitosporici) in cui
non sono state evidenziate modalità riproduttive sessuali.
Comprende diversi generi; i più importanti dal punto di vista biotecnologico sono il genere Kloeckera e Candida.
Genere Kloeckera. La specie più importante di questo
genere è Kloekera apiculata. Possiede cellule dotate di forma
di limone che si riproducono asessualmente per gemmazione bipolare. La sua importanza biotecnologica è modesta per
la scarsa capacità fermentativa. È sempre presente nelle prime fasi della fermentazione spontanea di mosti non trattati
con solfito La sua attività cessa a bassi gradi alcolici (3-4°).
Genere Candida. Le specie inserite in questo genere possiedono cellule con forma ovoidale più o meno allungata. La
riproduzione asessuale si ha per gemmazione multilaterale.
Possono formare pseudomiceli (fig. 7.4). Comprendono spe-
C6H12O6 + 2Pi + 2ADP 
 2CH3–CH2OH + 2ATP + 2CO2 + 2H2O
Nella fermentazione alcolica l’acido piruvico prodotto
alla fine della glicolisi è decarbossilato ad acetaldeide,
quindi ridotto ad alcol etilico (fig. 7.5).
O–
O
C
C
H
H
O
Piruvato
decarbossilasi
CH3
C
O + CO2
+ NADH + H+
H
Alcool
deidrogenasi
CH3
Piruvato
Acetaldeide
C
OH + NAD+
CH3
Etanolo
FIGURA 7.5 ◗ Nella fermentazione alcolica il piruvato viene decarbossilato ad acetaldeide che, successivamente, è deidrogenata ad etanolo.
Il rendimento in alcol etilico corrisponde a circa il 50%
del peso rispetto al glucosio fermentato. Durante la fermentazione alcolica, tuttavia, oltre all’etanolo si formano
numerosi altri composti indicati come sottoprodotti; in
particolare: acetoino, acido acetico, acido piruvico, acido
succinico, aldeide acetica e glicerina.
7.3.1.3.
Identificazione dei lieviti
Nella routine l’identificazione dei lieviti si ottiene sulla base
di parametri fenotipici, in particolare microscopici, colturali, biochimici e sierologici. Tuttavia, oltre a questi aspetti, i
processi di identificazione devono prendere sempre più in
considerazione i caratteri molecolari (delle proteine e degli
acidi nucleici) che in questi ultimi decenni sono divenuti un
punto di riferimento fondamentale nella classificazione di
tutti i viventi.
A) Dal punto di vista microscopico sono esaminate la forma
cellulare, la presenza o meno di uno pseudomicelio e la
morfologia sporale.
B) Dal punto di vista colturale sono presi in considerazione
le modalità di crescita nei terreni solidi (caratteri delle colonie) e nei terreni liquidi (torbidità, formazione di precipitati ed altro). Delle colonie sono presi in considerazione
in particolare:
• la forma. Puntiforme, circolare (fig. 7.6), irregolare,
ecc.;
• la dimensione. In genere di diversi mm;
• la pigmentazione. Dal bianco, al rosa o al rosso
(come in Rhodosporidium) ed altro;
FIGURA 7.4 ◗ Formazione di uno pseudomicelio in un lievito del genere Candida. Osservazione in contrasto di interferenza differenziale
(DIC). Da R. Cevenini, Microbiologia clinica, II ed. Piccin Nuova Libraria.
Padova 2010.
cie che possiedono uno scarso rilievo biotecnologico. Il loro
ruolo è essenzialmente legato alla formazione della fioretta.
L’unica specie di un certo interesse enologico è C. stellata che
possiede una discreta capacità fermentativa ed un buon potere alcoligeno utilizzando in particolare il fruttosio. Produce
elevate quantità di glicerina ed acido acetico.
7.3.1.2.
La fermentazione alcolica
Nella fermentazione alcolica il composto di partenza è il
glucosio, mentre i prodotti finali sono l’alcol etilico (etanolo)
e la CO2. Il guadagno energetico netto è costituito da due
molecole di ATP.
5
FIGURA 7.6 ◗ Colonie di Saccharomyces cerevisiae.
6
Le basi microbiologiche della Biochimica
• il bordo. Regolare, ondulato, frastagliato (è tipico di
lieviti che producono pseudomiceli);
• il rilievo. Piatto, rilevato, umbonato, ecc;
C) Dal punto di vista biochimico possono essere esaminate
le proprietà enzimatiche dei lieviti mediante sistemi miniaturizzati di identificazione, come ad esempio l’API 20C
AUX.
7.3.2.
I batteri d’interesse biotecnologico
I batteri formano un gruppo molto complesso e diversificato. Sono inseriti nel regno Monera in cui sono compresi tutti
gli organismi unicellulari procarioti, cioè privi di una membrana nucleare che separa il nucleo dal citoplasma. I batteri
possiedono numerose morfologie, che schematicamente
sono riassumibili in tre tipologie principali: sferica, bastoncellare diritta e bastoncellare ricurva. La dimensione delle
cellule batteriche è compresa tra 1 e 10 μm ma, in alcune
situazioni, varia notevolmente rispetto a questi valori.
I batteri si riproducono asessualmente per scissione binaria, talora per gemmazione; frequentemente presentano
processi di ricombinazione genica (trasformazione, coniugazione e trasduzione) che garantiscono la variabilità all’interno della specie ed il trasferimento di geni tra specie diverse, talora molto lontane dal punto di vista evolutivo.
I batteri comprendono forme autotrofe (chemio- e fotoautotrofe) e chemioeterotrofe. Una caratteristica che contraddistingue i batteri chemioeterotrofi è la capacità di
degradare le sostanze organiche. I batteri chemioeterotrofi, sulla base delle relazioni che stabiliscono con gli organismi circostanti, possono essere classificati: da una parte in
saprofiti e saprozoi, dall’altra in simbionti:
• i saprofiti ed i saprozoi degradano la sostanza organica
prodotta rispettivamente da animali e vegetali morti.
• i simbionti vivono sulla superficie o all’interno di organismi viventi con cui possono instaurare relazioni mutualistiche, commensalistiche o parassitiche.
Le sostanze che i batteri sono in grado di degradare sono numerosissime ed altrettante sono le sostanze prodotte
al termine dei diversi processi metabolici attuati. In genere
ogni specie possiede una specializzazione metabolica in
quanto tende ad utilizzare un numero limitato di substrati
ed a produrre un numero limitato di sostanze.
Il ruolo dei batteri nell’ambito delle biotecnologie è molto complesso. Per le loro capacità metaboliche possono
essere impiegati nella produzione di sostanze (etanolo,
acetone, acido acetico, antibiotici ed altro), nei processi di
trasformazione degli alimenti (yogurt, formaggi, aceto ed
altro) e nei processi di biorisanamento (depurazione delle
acque). Di grande rilievo è il ruolo dei batteri nell’ambito
della tecnologia del DNA ricombinante: i batteri forniscono
gli strumenti come le forbici molecolari (enzimi di restrizione), i vettori (plasmidi) ed i serbatoi (E. coli) per ricombinare
il DNA di altri batteri, animali e piante. Alcuni batteri, come
l’A. tumefaciens, possono permettere il trasferimento di
plasmidi, di cui sono dotati, all’interno di cellule ospiti vegetali al fine di ottenere piante transgeniche.
7.3.2.1. La classificazione dei batteri d’interesse
biotecnologico
Per lungo tempo nella classificazione batterica sono stati
presi in considerazione i caratteri fenotipici, come la morfologia e la struttura cellulare, il metabolismo ed i caratteri antigene. Attualmente, accanto a questi, sono stati impiegati
parametri molecolari, come il sequenziamento dell’rRNA
16S della subunità ribosomiale minore (30S). Il sequenziamento dell’rRNA 16S ha permesso di suddividere i viventi
in due domini procariotici: Archaea e Bacteria ed uno eucariotico Eukarya.
Nelle più recenti pubblicazioni del Bergey’s Manual of
Systematic Bacteriology i batteri sono stati classificati sulla
base dei caratteri fenotipici precedentemente indicati, del
sequenziamento dell’rRNA, del DNA e delle proteine. Con
questo tipo di strategia è stata ottenuta una classificazione
di tipo filogenetico che ha permesso di rivedere ed affinare
le classificazioni precedenti.
La seconda edizione del Manuale Bergey of Systematic
Bacteriology è stata pubblicata in 5 volumi:
• Volume 1 (2001) – Gli Archaea ed i batteri fototrofi.
• Volume 2 (2005) – I Proteobacteria.
• Volume 3 (2009) – I Firmicutes.
• Volume 4 (2011) – I Planctomycetes.
• Volume 5 (2012) – Gli Actinobacteria.
Famiglia: Lactobacillaceae
Genere: Lactobacillus. Comprende numerose specie
caratterizzate da forme lunghe e strette (fig. 7.7) che, in
FIGURA 7.7 ◗ Aspetto dei lattobacilli all’osservazione microscopica
dopo colorazione di Gramo a 1000×. Sono Gram+ con morfologia bacillare.
coltura, danno luogo a tipiche formazioni a caput medusae.
Sono capaci di fermentare i carboidrati producendo forti
quantitativi di acidi (specialmente acido lattico) che inibiscono lo sviluppo alla maggior parte degli altri batteri. Si osservano nei materiali vegetativi in fermentazione, nel tratto
intestinale o in ferite e lesioni corporee di varia natura. Dal
punto di vista metabolico, i batteri appartenenti al genere
Lactobacillus possono essere suddivisi in omofermentanti ed eterofermentanti; i primi attuano una fermentazione
omolattica con produzione quasi esclusiva di acido lattico,
mentre gli eterofermentanti attuano una fermentazione
eterolattica con produzione di acido lattico ed etanolo:
• Omofermentativi (Gruppo I) – L. acidophilus, L. delbrueckii, L. helveticus, L. salivarius
• Eterofermentativi facoltativi (Gruppo II) – L. casei, L. curvatus, L. plantarum, L. sakei
• Eterofermentativi obbligati (Gruppo III) – L. brevis, L.
buchneri, L. fermentum, L. reuteri
Diverse specie sono impiegate nella produzione di formaggi e dei crauti, nell’insilamento dei foraggi e come
probiotici.
Capitolo 7. Microrganismi e virus d'interesse biotecnologico
Famiglia: Streptococcaceae
Genere: Streptococcus. Gli streptococchi sono batteri
sferici Gram+, con aggregazioni a coppie o a catena (fig.
7.8). Sono aerotolleranti, ossidasi negativi, catalasi negativi,
asporigeni ed immobili. Sono classificati sulla base di criteri antigene. Sono dotati di un metabolismo fermentativo
mediante il quale producono elevate quantità di acido lattico. È per questo motivo che alcune specie appartenenti
a questo genere sono impiegate in processi di trasformazione alimentare, in particolare nella produzione di latticini.
Comprendono diverse specie, come Streptococcus thermophilus.
Streptococcus thermophilus. È una specie che cresce
con difficoltà a temperature ambientali (18-20 °C), mentre
cresce in modo rigoglioso tra 37 e 42 °C. Può resistere ad un
trattamento di bassa pastorizzazione (62 °C per 30 minuti).
Si ritrova nel latte ed in molte colture naturali per la produzione di formaggi come asiago, provolone, emmenthal,
groviera, montasio, mozzarella e yogurt. Insieme al Lactobacillus bulgaricus è uno dei batteri usati nella produzione di
yogurt secondo la normativa vigente.
FIGURA 7.8 ◗ Aspetto degli streptococchi all’osservazione microscopica dopo colorazione di Gram a 1000×. È ben evidente la morfologia
ovoidale e la disposizione a catena.
Famiglia: Bifidobacteriaceae
Genere: Bifidobacterium. Questo gruppo è costituito
da batteri Gram+, bastoncellari, ramificati, immobili, anaerobi ed ubiquitari (fig. 7.9). I bifidobatteri sono importanti
costituenti della flora batterica intestinale dei mammiferi
(B. bifidum) ed ospiti abituali dei distretti vaginale ed orale (B. dentium) dei mammiferi e di altri animali. Le specie
appartenenti al genere Bifidobacterium erano inserite nella famiglia delle lactobacillaceae, tuttavia recenti indagini
molecolari hanno evidenziato rispetto ad essi differenze
significative, per cui sono stati inseriti in un gruppo a parte.
Alcuni bifidobatteri sono considerati importanti probiotici,
in quanto si ritiene possano superare la barriera gastrica e
colonizzare l’intestino. Per questo sono largamente impiegati dall’industria alimentare. I bifidobatteri producono una
serie di effetti positivi sulla salute, in particolare:
• regolano la composizione della flora microbica intestinale;
• inibiscono la proliferazione dei germi patogeni;
• producono vitamine e convertono molti composti alimentari in molecole bioattive.
7
FIGURA 7.9 ◗ Morfologia dei bifidobatteri. Rappresentazione grafica.
Nei bambini che si nutrono di latte materno i bifidobatteri limitano lo sviluppo dei batteri Gram– compresi i patogeni che hanno una scarsa resistenza a bassi valori di pH;
ciò è dovuto al fatto che il latte umano contiene alte concentrazioni di lattosio che, fermentato dai bifidobatteri nel
tratto gastrointestinale, riduce in modo significativo il pH
con conseguente inibizione della crescita dei batteri
Gram–.
La crescita dei bifidobatteri è notevolmente influenzata
dal potenziale redox ambientale, in particolare l’esposizione all’O2 determina l’accumulo dell’anione superossido (O2–)
e del perossido d’idrogeno (H2O2), che portano alla morte
cellulare. Sulla base della sensibilità alle diverse concentrazioni di O2, i bifidobatteri possono essere classificati in
quattro gruppi:
• O2-ipersensibile;
• O2-sensibile;
• O2-tollerante;
• microaerofili.
In colture continue, sotto la crescente pressione selettiva prodotta dall’H2O2, combinata con la tecnologia delle
cellule immobilizzate, i bifidobatteri possono sviluppare
resistenza all’O2.
Famiglia Acetobacteraceae
Genere Acetobacter. Le specie del genere Acetobacter
possiedono cellule con forma ovoidale o di corti bastoncini (spesso presentano forme involutive, sferiche, allungate, rigonfie, curve o filamentose, fig. 7.10). Sono Gram– o
Gram-variabili, ossidasi negativi, non sporigeni, mesofili
(optimum 25-30°C). Possiedono un metabolismo respira-
FIGURA 7.10 ◗
fica.
Morfologia degli acetobatteri. Rappresentazione gra-
8
Le basi microbiologiche della Biochimica
NAD+
CH3CH2OH
Etanolo
NADH + H+
Alcol
deidrogenasi
CH3CHO
Acetaldeide
H2O
NAD+
CH3CH(OH)2
Acetaldeide
idrata
NADH + H+
Acetaldeide
deidrogenasi
CH3COOH
Acido acetico
FIGURA 7.11 ◗ Schema della reazione di ossidazione dell’etanolo ad
acido acetico operata dagli acetobatteri.
torio. Ossidano l’etanolo ad acido acetico (fig. 7.12) o a CO2
ed H2O. Tutte le specie degli Acetobacter possiedono la
capacità (propria anche di batteri appartenenti ad altri generi) di trasformare l’etanolo in acido acetico. Le specie del
genere Acetobacter (A. aceti, A. pasteurianus, A. xylinum, A.
liquefaciens, A. hansenii, A. methanolicus, A. diazotrophicus)
sono mobili per flagelli peritrichi. Producono acido acetico
attraverso l’ossidazione incompleta dell’etanolo, che blocca il ciclo di Krebs. Alcune specie sono in grado di ossidare
completamente l’etanolo a CO2 ed H2. Questi batteri sono
utilizzati per la fermentazione e la produzione di aceto partendo da prodotti naturali (cereali, frutta, miele) o alcolici
(vino). D’altra parte, sono anche temuti, perché possono
deteriorare partite di vino o di altri prodotti.
FIGURA 7.12 ◗ E. coli dopo colorazione di Gram. Osservazione a
1000×.
Famiglia Enteriobacteriaceae
Genere Escherichia
Specie Escherichia coli (E. coli) È un batterio Gram–,
con forma bastoncellare di 0,4-0,6 μm × 1-1,5 μm (fig. 7.12).
È asporigeno, immobile, lattosio fermentante, ossidasi negativo, catalasi positivo. Il nome di questa specie deriva dal
nome dello studioso tedesco-austriaco Theodor Escherich
che lo ha scoperto. È la sola specie compresa in questo genere. Comprende numerosi ceppi distinti dal punto di vista
antigene. È un ospite abituale del tubo digerente dell’uomo
e degli animali a sangue caldo. È diffuso nelle acque e nel
suolo degli ambienti antropizzati. La sua presenza nelle acque indica una contaminazione fecale. L’E. coli è un batterio
largamente impiegato come modello di studio di numerosi
processi biochimici (replicazione del DNA, sintesi proteica,
trascrizione). Inoltre negli ultimi decenni è stato largamente
impiegato nello sviluppo dei processi biotecnologici.
Famiglia: Rhizobiaceae
Genere: Agrobacterium
Specie: Agrobacterium tumefaciens. Questa specie
possiede cellule batteriche Gram–, di forma bastoncellare
e mobili per la presenza di un gruppo di ciglia poste ad un
polo cellulare (batterio lofòtrico). È inserita nella famiglia
delle Rhizobiaceae, insieme a molti batteri azotofissatori
simbionti delle piante. Rispetto agli altri azotofissatori si
comporta da parassita. Le cellule batteriche di A. tumefaciens che contengono il plasmide Ti sono in grado di infettare numerose specie ed arrecare danni alle colture di numerose piante, per cui la loro diffusione ambientale assume
anche un notevole ruolo economico. L’infezione nella pianta da parte dell’A. tumefaciens avviene attraverso lesioni e
comporta la formazione di tumori definiti a cresta di gallo
attraverso un meccanismo biochimico piuttosto complesso. Il danno è prodotto da un segmento di DNA definito TDNA (lungo circa 180 kb) che, distaccandosi dal plasmide
Ti, può integrarsi nel DNA della cellula vegetale. Le cellule
batteriche prive del plasmide Ti non sono in grado di produrre questa patologia. Per le sue proprietà l’A. tumefaciens
è largamente utilizzato nella produzione di piante transgeniche. In particolare nella ricombinazione delle piante sono
utilizzate cellule di A. tumefaciens trasformate contenenti
due plasmidi. Uno dei quali è il plasmide Ti, da cui è stato
rimosso il segmento T-DNA, l’altro contiene, accanto ad alcune sequenze del T-DNA, il gene di interesse ed un marker
(resistenza alla kanamicina) che permette il riconoscimento
delle cellule vegetali modificate. Il batterio così trasformato
non produce il tumore a cresta di gallo ma, dopo aver infettato la cellula vegetale, integra il plasmide contenente la
sequenza T-DNA nel DNA cellulare trasformandola. Le cellule vegetali trasformate, in seguito, possono essere messe
in coltura ed originare piante modificate (OGM).
Ordine: Actinomycetales
Famiglia: Actinomycetaceae e Streptomycetaceae. Gli
Actinomycetales formano un gruppo molto eterogeneo e di
complessa classificazione. Nonostante la crescita miceliare
caratterizzata dalla formazione di ife ramificate, sono batteri Gram+ (quindi procarioti) filamentosi (fig. 7.13). Sono
generalmente immobili, tuttavia alcune specie possiedono
flagelli. La parete cellulare si differenzia notevolmente tra le
diverse specie. Alcuni attinomiceti possiedono un micelio
aereo che forma alle estremità delle ife spore unicellulari,
denominate conidi, singole o raggruppate in catenelle. Il
ciclo biologico degli attinomiceti avviene in due fasi:
• in buone condizioni nutrizionali la crescita è miceliare,
con micelio infisso nel terreno e senza produzione di
spore;
• in carenza nutrizionale la crescita è miceliare con produzione di spore.
Gli attinomiceti sono in genere aerobi stretti e chemioeterotrofi. Il loro habitat è tipicamente il suolo in cui svolgo-
FIGURA 7.13 ◗ Morfologia di Actinomyces sp. Rappresentazione
grafica.
Capitolo 7. Microrganismi e virus d'interesse biotecnologico
9
no un ruolo importante come decompositori. L’importanza
biotecnologica degli attinomiceti è legata alla loro capacità
di produrre antibiotici ed altri metaboliti biologicamente
attivi. I geni deputati alla biosintesi di un antibiotico sono
organizzati in grandi gruppi la cui manipolazione genetica
è molto complessa. Tra gli antibiotici i più importanti prodotti dagli attinomiceti possono essere ricordati: la streptomicina, la tetraciclina, l’eritromicina, la clindamicina e la nistatina.
7.3.3.
I virus d’interesse biotecnologico
I virus sono blocchi di materiale genetico (DNA o RNA) dotati di un rivestimento più o meno complesso (capside e
pericapside) in grado di proteggerli e di veicolarli all’interno
di un organismo ospite, all’interno del quale possono riprodursi. I virus, pertanto, sono parassiti obbligati, la cui natura di organismo vivente è discussa, in quanto privi di una
struttura cellulare, così come è in tutti gli organismi eucariotici e procariotici. Secondo alcuni studiosi i virus possono
essere ritenuti esseri viventi all’interno di organismi ospiti,
ma entità inerti fuori di essi.
I virus hanno una dimensione compresa tra 20 e 300 nm.
Presentano un genoma a DNA (deossiribovirus) o a RNA (ribovirus), contenente le informazioni genetiche. Sono rivestiti da un capside di natura proteica all’esterno del quale,
nei virus denominati rivestiti, è presente una struttura lipoproteica denominata pericapside (peplos). I virus privi di
pericapside sono definiti nudi. I rivestimenti (capside o
pericapside) consentono al virus di legarsi ai recettori delle
cellule ospiti e di avviare il ciclo replicativo.
Possono infettare gli organismi di tutti i regni biologici,
per cui vi sono virus dei batteri, dei protisti, dei funghi, delle piante e degli animali. Il parassitismo è conseguente al
fatto che i virus non sono dotati delle strutture e delle vie
metaboliche necessarie alla loro replicazione. Le strutture e
le vie metaboliche che occorrono ai virus sono reperite
all’interno delle cellule ospiti in cui penetrano. La replicazione virale nella cellula ospite provoca danni la cui entità
dipende dal tipo di meccanismo impiegato. In alcune condizioni i danni sono di tale entità da provocare la morte
della cellula ospite.
I virus sono largamente utilizzati nella ricerca medica
come veicolo del materiale genetico all’interno delle cellule. Quando un virus infetta una cellula, inserisce al suo interno il proprio acido nucleico (DNA o RNA) che può rimanere indipendente o inserirsi nel DNA della cellula ospite
divenendone parte integrante. I virus che integrano il proprio genoma in quello cellulare sono impiegati nelle biotecnologie.
I virus possono essere impiegati come vettori di clonaggio per introdurre geni esogeni nei batteri (in alternativa ai
plasmidi) o nelle cellule eucariotiche animali. Per attuare
questo tipo di processo, alcuni geni virali sono sostituiti da
geni ritenuti utili (di qualunque provenienza) e da un gene
marcatore che permetta di verificare l’avvenuto trasferimento.
Un virus impiegabile nelle biotecnologie deve essere in
grado di infettare la cellula e di aggiungere ad essa le sequenze di DNA ritenute utili, tuttavia è essenziale che sia
innocuo; per questo deve essere privato delle sequenze che
possano interferire con la normale funzionalità cellulare.
I virus che infettano i batteri sono denominati batteriofagi (o fagi, fig. 7.14) classificati in virulenti e temperati. I primi,
una volta infettata (fig. 7.15) una cellula batterica, danno
luogo ad una fase proliferativa con lisi batterica (ciclo liti-
FIGURA 7.14 ◗ Struttura del fago T2 dell’E. coli.
FIGURA 7.15 ◗
Inizio dell’infezione di una cellula batterica da parte
di numerosi fagi.
co). I fagi temperati, invece, durante l’infezione batterica
integrano il proprio genoma con quello batterico. Il DNA
fagico integrato nel cromosoma batterico è denominato
profago.
Il profago resta latente nella cellula ospite e nella sua
discendenza, senza interferire sui loro processi (ciclo lisogeno). In alcune condizioni particolari (induzione) il genoma
fagico si distacca dal genoma cellulare per riprodursi e liberarsi dalla cellula ospite che viene lisata. I fagi temperati,
come il fago λ dell’E. coli, sono ampiamente utilizzati come
vettori genici.
7.3.3.1. Classificazione dei virus d’interesse
biotecnologico
Anche negli animali esistono virus in grado di integrare il
proprio genoma con quello della cellula ospite. Possiedono
questa proprietà sia virus a DNA (Parvovidirae, Herpesviridae, Adenoviridae, Hepadnaviridae, Papillomaviridae), sia
virus a RNA (Retroviridae).
Famiglia: Adenoviridae. Gli adenovirus (fig. 7.16) sono
responsabili di infezioni del tratto respiratorio. Presentano
un genoma costituito da un doppio filamento di DNA di
circa 35 kb, 30 delle quali possono essere sostituite con i
geni che interessa inserire nel DNA ospite. Penetrato nella
cellula ospite, l’adenovirus non integra il suo DNA nel genoma cellulare, ma si replica nel nucleo come un episoma.
10
Le basi microbiologiche della Biochimica
• Il vettore ricombinante non ha un sito di integrazione
specifico.
Famiglia: Herpesviridae. Gli herpesvirus, sono virus a
doppio filamento di DNA (dsDNA) di 152 kb contenente
oltre 80 geni. Possiedono un capside icosaedrico ed un involucro costituito da un doppio strato fosfolipidico (fig.
7.17). Nelle biotecnologie viene utilizzato in particolare il
FIGURA 7.16 ◗
Schema di un adenovirus.
Gli adenovirus impiegati nelle biotecnologie:
• sono ben conosciuti;
• sono sicuri in quanto non integrano il proprio genoma
nel genoma cellulare;
• sono facilmente manipolabili;
• sono stabili;
• si ottengono ad alti titoli;
• infettano cellule quiescenti e in riproduzione;
• possono veicolare inserti di grosse dimensioni (36 kb).
Tuttavia possiedono alcuni limiti in quanto danno
luogo:
• ad un’espressione non stabile (transiente);
• ad un’alta risposta immunitaria.
Famiglia: Parvoviridae
I virus Adenoassociati (AAV). Sono compresi nella
famiglia Parvoviridae. Sono piccoli virus non patogeni per
l’uomo dotati di un genoma a DNA ed a catena singola
(ssDNA) di circa 5 kb. Possono infettare cellule proliferanti
e non. Non possono replicarsi autonomamente. Per la loro
riproduzione richiedono la presenza di un altro virus, come
ad esempio un adenovirus o un herpesvirus. I virus adenoassociati impiegati nelle biotecnologie:
• non sono patogeni per l’uomo;
• sono stabili;
• vengono ottenuti con alti titoli;
• possiedono un’alta efficienza di trasferimento genico;
• infettano, oltre alle cellule in proliferazione, anche cellule quiescenti;
• integrano il transgene nel genoma cellulare.
Anche i virus adenoassociati possiedono limiti applicativi, in quanto:
• possono trasferire soltanto sequenze geniche limitate
(<4.7 kb). Attualmente la potenzialità di questi vettori
nel trasferire sequenze geniche è stata aumentata impiegando due vettori, ognuno dei quali codificante per
metà della proteina d’interesse;
FIGURA 7.17 ◗ Schema di un herpesvirus. Sono evidenziati il pericapside con i suoi peplomeri e all’interno il capside icosaedrico
virus Herpes simplex di tipo 1 (HSV-1). Questo virus possiede
un’azione neurotropa in quanto infetta le cellule di alcuni
distretti del sistema nervoso. Il virus HSV-1 può dar luogo
ad un ciclo litico, in alternativa può permanere all’interno
delle cellule infettate il cui genoma è integrato nel genoma
cellulare. Nella fase iniziale del ciclo litico sono attivati geni
precoci che codificano per le proteine coinvolte nella replicazione e nella replicazione del DNA virale. Successivamente
sono attivati geni tardivi che codificano per le proteine
strutturali virali. Una volta completato l’assemblaggio del
nucleocapside ed acquisito il pericapside, il ciclo si conclude con la lisi della cellula ospite. I virus HSV-1 utilizzabili
come vettori nella terapia genica, sono stati ottenuti modificando il genoma virale per permettere l’infezione e limitare l’azione neurotossica.
Famiglia: Retroviridae. Sono virus rivestiti dotati di
RNA ricoperto da un mantello troncoconico contenuto
all’interno di un capside icosaedrico. All’esterno del capside
è presente un pericapside dotato di peplomeri (fig. 7.18). I
retrovirus sono stati i primi virus ad essere studiati nella
terapia genica. Il loro genoma è costituito da due copie
identiche di un RNA con dimensioni di circa 10 kb, contenente 3 geni essenziali: gag (codificante per le proteine del
core), pol (codificante per la trascrittasi inversa) ed env (codificante per le proteine del capside). Oltre a questi geni,
HIV contiene altri sette geni accessori che regolano il ciclo
virale e la sintesi proteica: Tat, Rew, Nef, Vpr, Tev, Vif, Vpu
(Vpx nell’HIV-2). A ciascuna estremità vi sono regioni LTR
Capitolo 7. Microrganismi e virus d'interesse biotecnologico
FIGURA 7.18 ◗ Schema di un retrovirus in cui è evidenziato, all’interno del pericapside, un capside icosaedrico contenente un mantello
troncoconico. All’interno del mantello troncoconico sono presenti le
due catene dell’RNA virale
11
(long terminal repeats) contenenti le sequenze di regolazione dell’espressione genica.
Una volta infettata la cellula, attraverso un processo di
retrotrascrizione si forma un doppio filamento di DNA che
si integra nel genoma della cellula ospite esprimendo così
le proteine virali. I retrovirus comunemente usati nelle biotecnologie derivano dal virus della leucemia murina (MoMLV) modificato: i 3 geni essenziali sono sostituiti con il gene
d’interesse, mentre vengono mantenute le sequenze regolatrici. A queste sequenze possono essere aggiunti geni
marcatori (NEO) e promotori alternativi di origine virale
(CMV) o cellulare (beta actina, tirosina).
I retrovirus impiegati nelle biotecnologie:
• possiedono un’elevata efficienza di trasferimento dei
geni;
• inducono una scarsa risposta immunitaria nell’ospite;
• esprimono i geni trasferiti per tutta la vita dell’ospite;
• infettano un’ampia varietà di tipi cellulari;
• integrano il materiale genetico nel genoma delle cellule
bersaglio.
• Tuttavia i retrovirus presentano una serie di problemi. In
particolare:
• possiedono potere oncogeno in quanto integrano il proprio genoma nel genoma dell’ospite in diversi siti;
• infettano le cellule nella fase proliferativa;
• la loro coltivazione è molto difficile;
• possono subire inattivazione trascrizionale in vivo.
QUESITI DEL CAPITOLO 7
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
9)
10)
11)
12)
13)
14)
15)
16)
Dai una definizione di “biotecnologie”.
Quali sono le principali biotecnologie tradizionali?
Dai una definizione di “microbiotecnologie”.
Che cosa s’intende per “biotecnologie innovative”?
Quali sono gli ambiti in cui sono impiegate le biotecnologie?
Indica le principali tappe delle biotecnologie distinguendo, tra quelle riportate, le tradizionali dalle innovative.
A quali gruppi appartengono i microrganismi impiegati nelle biotecnologie?
Come sono classificati i funghi (divisione Eumycota)?
Dai una definizione di “lievito”.
Quali parametri sono impiegati nella descrizione morfologica dei lieviti?
Quali sono le principali modalità riproduttive dei funghi?
Dai una definizione di “gemmazione”, “pseudomicelio”
e “clamidospora”.
Che cosa si intende per “ascospora”?
Evidenzia i caratteri fondamentali dei lieviti appartenenti ai generi Saccharomyces e Candida.
Evidenzia gli elementi distintivi tra i processi fermentativi ed ossidativi.
Descrivi la fermentazione alcolica.
17) Quali sono i parametri esaminati nella classificazione
dei lieviti?
18) Evidenzia i fondamentali elementi morfologici dei batteri.
19) Evidenzia le modalità riproduttive dei batteri.
20) Come sono classificati i batteri dal punto di vista nutrizionale?
21) Come sono classificati i batteri dal punto di vista ecologico?
22) Evidenzia il ruolo dei batteri nell’ambito delle biotecnologie.
23) Quali sono i principali gruppi batterici impiegati
nell’ambito delle biotecnologie?
24) Descrivi la fermentazione lattica.
25) Evidenzia i caratteri fondamentali dei batteri appartenenti alla famiglia delle Streptococcaceae?
26) Descrivi i caratteri fondamentali dei batteri appartenenti alla famiglia Bifidobacteriaceae.
27) Descrivi gli acetobatteri e la fermentazione acetica.
28) Dai una definizione di virus.
29) Quali sono i principali gruppi virali impiegati nell’ambito delle biotecnologie.
30) Dai una definizione di fago virulento e temperato.
31) Quale differenza è presente tra ribovirus e desossiribovirus?
32) Evidenzia le caratteristiche strutturali del virus HIV.