7 7.1. M MICRORGANISMI E VIRUS D’INTERESSE B BIOTECNOLOGICO DEFINIZIONE DI BIOTECNOLOGIE Le biotecnologie sono le applicazioni che si servono di sistemi biologici, organismi viventi o derivati di questi ultimi, per ottenere beni o servizi. Le biotecnologie possono essere suddivise in due tipi: • tradizionali (allevamento, agricoltura, produzione di bevande e cibi fermentati, ecc.). • innovative (con l’impiego della tecnologia del DNA ricombinante: produzione di OGM, biorisanamento, produzione di farmaci, ecc.). Le biotecnologie che impiegano i microrganismi sono definite microbiotecnologie. Con il termine biotecnologie si devono intendere tutte le applicazioni che si servono di sistemi biologici, organismi viventi o derivati di questi ultimi, al fine di ottenere beni o servizi. 7.1.1. Le biotecnologie tradizionali Sono esempi di biotecnologie l’allevamento, l’agricoltura, la panificazione, la produzione di bevande alcoliche fermentate, la produzione di latticini, vale a dire settori molto antichi delle attività umane. Si ritiene che le prime biotecnologie siano comparse accanto ai primi insediamenti umani con la semina delle colture e l’addomesticamento degli animali. Attraverso le biotecnologie l’uomo ha potuto mettere a punto strategie non solo per produrre grandi quantità di alimenti animali e vegetali, ma anche per avviare processi di trasformazione degli alimenti finalizzati alla loro conservazione. Un importante settore biotecnologico è quello che impiega i microrganismi (microbiotecnologie). I primi processi microbiotecnologici sono antichissimi ed hanno preceduto di molto la scoperta dei microrganismi. Si ritiene che la produzione di bevande alcoliche fermentate e la lievitazione del pane sia avvenuta nella civiltà egizia intorno al 6.000 a.C. La scoperta dei microrganismi è avvenuta soltanto alla fine del diciassettesimo secolo ed il loro studio approfondito è iniziato solo nella seconda metà del diciannovesimo secolo. Dopo la comprensione del ruolo svolto dai microbi nei processi fermentativi da parte di Louis Pasteur, le microbiotecnologie hanno subito un grande impulso ed hanno avuto un’importante ricaduta nelle attività umane. Un esempio di questo tipo è rappresentato dalla produzione dalle penicilline. Queste molecole sono state estratte per la prima volta nel 1929 da Alexander Fleming da colture di Penicillium notatum che avevano mostrato una spiccata azione antibatterica. Una volta messe a punto le strategie per una loro produzione su larga scala, le penicilline sono state impiegate con successo nella lotta contro le malattie infettive di origine batterica. 7.1.2. Le biotecnologie innovative La scoperta della struttura (1953) e delle proprietà del DNA ha aperto la strada ai processi di ricombinazione che coinvolgevano questa molecola. Il DNA può essere prelevato, frammentato, isolato, sequenziato, legato e trasferito da un organismo ad un altro. Le biotecnologie che si avvalgono della ricombinazione del DNA presentano enormi possibi- lità applicative, per cui si ritiene che, in prospettiva futura, il loro ruolo nelle attività umane sarà sempre più diffuso e importante. Le principali applicazioni delle biotecnologie interessano i seguenti settori: • scientifico, per l’approfondimento delle conoscenze relative al genoma degli organismi in genere e dell’uomo in particolare; • farmacologico e medico, in particolare per la produzione di farmaci e prodotti diagnostici; • agricolo, veterinario e zootecnico, per la produzione di organismi (animali e piante) transgenici, qualitativamente superiori, più produttivi, più resistenti agli agenti patogeni, in grado di sopportare condizioni ambientali non favorevoli e capaci di produrre molecole benefiche per la salute umana; • industriale, per la produzione di vitamine, amminoacidi, enzimi, alimenti e bevande; • ambientale, per lo smaltimento dei rifiuti, la depurazione delle acque contaminate e l’identificazione di sostanze tossiche presenti nel terreno, nell’aria e nelle acque. 7.2. LE PRINCIPALI TAPPE DELLE BIOTECNOLOGIE • 8000 a.C. in Mesopotamia. Raccolta di sementi da desti• nare alle coltivazioni. Uso dell’incrocio (selezione artificiale) al fine di migliorare il bestiame. 6000 a.C. in Egitto. Fermentazioni e produzione di birra, vino e pane (mediante l’impiego di lieviti). 1 2 Le basi microbiologiche della Biochimica • 4000 a.C. in Cina. Produzione di yogurt e formaggi (mediante batteri lattici). I microrganismi coinvolti nelle biotecnologie sono o numerosi ed appartengono alle specie più disparate. Sono compresi in particolare tra i funghi, i batteri ed i virus. • 1500. Diffusione delle specie vegetali dai luoghi d’origine in tutto il mondo attraverso i viaggi transoceanici. • 1675. In Olanda Antoni van Leeuwenhoek, impiegando un • • • • • • • • • • • • • • • microscopio semplice, scopre l’esistenza di microrganismi. 1700. I naturalisti identificano alcuni tipi di piante ibride, derivanti cioè dall’incrocio di più varietà vegetali. 1861. In Francia Louis Pasteur, il fondatore della microbiologia, definisce il ruolo dei microrganismi nelle fermentazioni. 1865. Gregor Mendel formula le tre fondamentali leggi sulla trasmissione ereditaria. 1900. I botanici europei Correns, Tschermak e De Vries riscoprono l’importanza delle leggi di Mendel e le utilizzano nel miglioramento di alcune specie vegetali. 1919. Karl Ereky, un agronomo ungherese, usa per la prima volta il termine biotecnologia. 1950. Per la prima volta, intere piante vengono generate da una coltura in vitro. 1953. Francis Crick, James Watson e Maurice Wilkins descrivono la struttura a doppia elica del DNA, responsabile della trasmissione di informazioni da una generazione all’altra. 1972. Viene dimostrato che la composizione del DNA umano è identica al 99% a quella dello scimpanzé e del gorilla. 1973. Stanley Cohen dell’Università di Stanford e Herbert Boyer ricombinano con successo il DNA batterico con un gene estraneo. 1975. Kohler e Milstein producono gli anticorpi monoclonali. 1980. Il batterio Escherichia coli viene ricombinato con geni umani per produrre l’insulina. 1981. Biologi cinesi clonano la carpa dorata. 1982. Viene commercializzata l’insulina umana, ottenuta con la tecnologia del DNA ricombinante, a fini terapeutici. Da parte di Kary e B. Mullis viene messa a punto la PCR (Polymerase Chain Reaction) destinata a rivoluzionare le biotecnologie. 1983. Viene prodotta la prima pianta transgenica del tabacco. 1988. Viene impiegata la chimosina (enzima proteolitico) ricombinante in medicina. • 1990. In Europa vengono emanate direttive sull’uso con• • • • • • finato e l’immissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati. 1994. Negli USA è commercializzato il primo alimento geneticamente modificato: il pomodoro Flavr Savr. In Europa è commercializzata una pianta di tabacco transgenica, resistente ad un erbicida. 1996. In Europa è importata per uso alimentare la soia transgenica, modificata per tollerare gli erbicidi. 1997. È clonato un mammifero (pecora Dolly), utilizzando il DNA di un organismo adulto. 2000. È completato il Progetto Genoma Umano. 2002. È sequenziato il genoma della pianta di riso. 2007. È sintetizzato il più piccolo corredo genetico, dotato di una vita autonoma. 7.3. I GRUPPI MICROBICI E VIRUS D'INTERESSE BIOTECNOLOGICO I microrganismi coinvolti nelle biotecnologie sono innumerevoli ed appartengono alle specie più disparate. Schematizzando si può affermare che sono compresi soprattutto tra funghi, batteri e virus. Nell’impossibilità di descrivere in modo completo tutti i gruppi che presentano un interesse biotecnologico, ci occuperemo di quelli che si caratterizzano per un maggiore rilievo pratico. In particolare ci occuperemo dei lieviti, di alcuni gruppi batterici e virali. 7.3.1. I lieviti d’interesse biotecnologico I lieviti sono organismi eucariotici compresi nel regno dei funghi (tab. 7.1). Sono unicellulari o pluricellulari. Si riproducono asessualmente per gemmazione (ad eccezione del genere Schizosaccharomyces in cui si riproducono per scissione binaria) e sessualmente mediante ascospore. Le morfologie cellulari più comuni dei lieviti sono: TABELLA 7.1. La tradizionale classificazione (Ainsworth 1973) della divisione Eumycota e le principali proprietà dei gruppi inseriti Sottodivisione Organizzazione Caratteristiche del micelio Riproduzione asessuata Riproduzione sessuata Mastigomycotina Ficomiceti acquatici Pluricellulare Ife non settate Zoospore flagellate Oospore Zygomycotina Ficomiceti terrestri Pluricellulare Ife non settate Sporangiospore Zigospore Ascomycotina Ascomiceti Unicellulare Pluricellulare Ife settate Gemmazione Conidiospore Ascospore Ascospore Deuteromycotina Deuteromiceti o Funghi mitosporici Unicellulare Pluricellulare Ife settate Gemmazione Conidiospore Assente Assente Basidiomycotina Basidiomiceti Pluricellulare Ife parzialmente settate Assente Basidiospore Capitolo 7. Microrganismi e virus d'interesse biotecnologico 3 FIGURA 7.1 ◗ Nella fase di formazione della gemma si forma una cicatrice che può essere facilmente evidenziata mediante la microscopia elettronica (rappresentazione schematica). FIGURA 7.2 ◗ Crescita dimorfica dei lieviti. È evidente la presenza di elementi unicellulari con varia conformazione e strutture pseudoifali. Osservazione a 1000× in contrasto di interferenza differenziale (DIC). • a limone. È presente negli apiculati (ed es. nel genere asporigeni. Si ritiene che le forme asporigene siano, in realtà, forme sporigene in cui non è mai stata osservata la formazione di spore sessuali. La superficie delle spore sessuali è liscia nel genere Saccharomyces, mentre è rugosa nel genere Debaryomyces. Kloeckera); • sferica-ovoidale. È tipica di numerose specie del genere Saccharomyces; • a pera. Possiedono questa forma alcune specie del genere Saccharomyces; • allungata. Si ritrova, ad esempio, nella specie Saccharomyces pastorianus; La morfologia dei lieviti è influenzata dal tipo di gemmazione, che può essere: • monopolare; • bipolare; • multilaterale. Nell’area di sviluppo della gemma resta una cicatrice sulla quale non si possono formare altre gemme (fig. 7.1); ne consegue che il numero delle gemmazioni prodotte da una cellula di lievito è limitato. I lieviti possono essere unicellulari o pluricellulari. Gli aggregati pluricellulari si formano quando le gemme alla fine del loro sviluppo restano adese alle cellule madri, con il risultato finale di produrre, catene lineari, catene ramificate o grappoli. Nel genere Saccharomyces, di norma, si ritrovano lieviti unicellulari, mentre nel genere Candida, accanto a forme unicellulari, si presentano anche filamenti pluricellulari (pseudoife; fig. 7.2). Gli aggregati ifali sono denominati pseudomiceli o falsi miceli e sono finalizzati alla formazione di spore asessuali (clamidospore). Morfologia cellulare, modalità riproduttiva, presenza o meno di pseudomicelio e morfologia sporale sono importanti elementi tassonomici. Le spore asessuali possono essere: • filiformi o ad ago; nel genere Metschnikowia; • a saturno; nei generi Pichia e Hansenula; • sferoidali; nel genere Saccharomyces, sono presenti spore con parete liscia, mentre in Debaryomyces le spore possiedono una parete rugosa; • a cappello; nei generi Pichia e Hansenula. Alcuni lieviti possono formare strutture molto resistenti denominate artrospore che, dal punto di vista citologico sono cellule a parete ispessita prodotte dalla disgregazione delle ife. Le artrospore sono strutture più resistenti delle normali cellule prodotte in presenza di condizioni ambientali avverse. Sono tipiche del genere Trichosporon. Le spore sessuali dei lieviti sono denominate ascospore; sono cellule aploidi che, per coniugazione, formano uno zigote diploide. Non tutti i lieviti sono in grado di produrre spore sessuali, per cui in natura esistono lieviti sporigeni ed 7.3.1.1. Classificazione dei lieviti d’interesse biotecnologico Tradizionalmente i lieviti sono inseriti nella divisione Eumycota, sottodivisione Ascomycotina e Deuteromycotina (sottodivisione comprendente i funghi imperfetti). I lieviti di interesse biotecnologico sono inseriti in diversi gruppi (tab. 7.2). Classe Archiascomycetes Ordine Schizosaccharomycetales Famiglia Schizosaccharomycetaceae Genere Schizosaccharomyces. I lieviti compresi in questo genere si riproducono per scissione binaria. La morfologia cellulare varia da globosa a cilindrica. Le cellule si dispongono singolarmente, a coppia o a piccoli gruppi. Possono formare uno pseudomicelio. Producono 2-8 ascospore di forma sferica, reniforme od ovoidale. La specie più importante dal punto di vista enologico è lo S. pombe un lievito dotato di alto potere alcoligeno, capacità di crescere alle alte concentrazioni zuccherine, elevata resistenza all’anidride solforosa e fermentazione malo-alcolica. Classe Hemiascomycetes Ordine Saccharomycetales Famiglia Metshinikowiaceae Genere Metshnikowia. I lieviti di questo genere possiedono cellule sferiche od ovoidali. Formano 1-2 ascospore filiformi. In anaerobiosi possono formare uno pseudomicelio. Sono anaerobi facoltativi in quanto possiedono un metabolismo ossidativo e fermentativo. Alcuni ceppi sono in grado di produrre la pulcherrimina un pigmento di colore rosso. In questo genere la più importante specie dal punto di vista enologico è la M. pulcherrima. Possiede uno scarso potere alcoligeno, bassa resistenza all’anidride solforosa e la capacità di crescere ad alte concentrazioni zuccherine. Famiglia Saccharomycetaceae Genere Debaryomyces. I lieviti di questo genere possiedono cellule globose che si riproducono per gemmazione. Si differenziano dal genere Saccharomyces per la rugosità delle spore. Partecipano alla maturazione di salumi e formaggi. 4 Le basi microbiologiche della Biochimica TABELLA 7.2. I lieviti di maggior interesse biotecnologico Genere Dekkera Specie Asco Origine 2 Allungato Hansenula 30 Allungato Kluyveromyces 12 Da sferico ad allungato Suolo, acqua, frutta, prodotti caseari e materiale vegetale di scarto Fermentanti Pichia 90 Da sferico ad ovoidale Suolo, alberi, frutta, acqua, insetti Alcune specie fermentanti Saccharomyces 9 Da sferico ad ovoidale Suolo, frutta, cibo, bevande Fortemente fermentanti Schizosaccharomyces 4 Allungato Frutta o succhi di frutta, vino Fortemente fermentanti Yaowia 1 Da sferico ad ovoidale Suolo e residui industriali Non fermentanti Genere Dekkera. I lieviti di questo genere possiedono cellule ovali e gemmazione multilaterale ed aschi con 1-4 spore. Possono formare pseudomiceli. Possiedono un metabolismo fermentativo con alte produzioni di acido acetico. Genere Kluyveromyces. Comprendono lieviti importanti in enologia in quanto si comportano da starter. Questi lieviti sono impiegati per effettuare fermentazioni scalari, in cui vengono inoculate nel mosto elevate quantità di lievito in modo che prendano il sopravvento sugli altri microrganismi. Producono scarse quantità di etanolo e di acido acetico. Genere Pichia e Hansenula. Le cellule appartenenti a questo genere sono sferiche. Formano pseudomiceli. Gli aschi contengono 4 ascospore sferiche, a cappello o a saturno. Sono anaerobi facoltativi in quanto possiedono un metabolismo ossidativo e fermentativo. Le più importanti specie comprese in questo genere sono: P. membranaefaciens e H. anomala. Sono responsabili della fioretta insieme ad alcune specie del genere Candida. Genere Saccharomyces. Le specie comprese in questo genere possiedono una morfologia ovoidale più o meno FIGURA 7.3 ◗ Saccharomyces cerevisiae. Sono evidenti cellule a forma globosa ed in fase di gemmazione. Osservazione a 1000× in contrasto di interferenza differenziale (DIC). Stomaco e feci dei conigli Caratteristiche metaboliche Debolmente fermentanti Alcune specie fermentanti allungata (fig. 7.3). La gemmazione è multilaterale. Possiedono un’elevata capacità fermentativa, per cui sono importanti dal punto di vista biotecnologico. Gli aschi contengono da 1 a 4 spore globose od ovoidali con parete liscia. Le specie più importanti sono S. cerevisiae, S. bayanus e S. pastorianus. • S. cerevisiae. Presenta cellule singole, talora a coppie o a catena. È il lievito più importante dal punto di vista biotecnologico in quanto possiede un alto potere fermentativo, un alto potere alcoligeno, una notevole resistenza agli antisettici ed una notevole adattabilità alle diverse condizioni ambientali. • S. bayanus. Possiede un basso potere alcoligeno, tuttavia è impiegato nella rifermentazione degli spumanti. • S. pastorianus. È la specie di lievito tipica della produzione della birra prodotta con fermentazione a bassa temperatura. Genere Torulaspora. In questo genere sono comprese tre specie di interesse enologico, quella più importante è T. delbrueckii. Questa specie possiede cellule globose od ellittiche di piccole dimensioni, disposte singolarmente, talora a coppia. La moltiplicazione avviene per gemmazione multilaterale. La forma delle ascospore è sferoidale. Possiede buone caratteristiche enologiche in quanto ha un forte vigore fermentativo, un discreto potere alcoligeno (10°), una buona resistenza all’anidride solforosa ed una discreta osmofilia. T. delbrueckii è usata nella rifermentazione in bottiglia. Genere Zygosaccharomyces. Le specie di questo genere possiedono cellule globose, ovoidali e cilindriche. Le cellule sono singole, a coppia, talvolta a catena od a grappolo. La gemmazione è multilaterale. Possono formare pseudoife. Gli aschi possiedono 2-4 spore globose od ovoidali lisce. Sono anaerobi facoltativi in quanto dotati di metabolismo ossidativo e fermentativo. Possiedono un’elevata resistenza all’anidride solforosa ed all’alta gradazione alcolica, una buona attività fermentativa ed un’elevata osmofilia, per cui sono impiegati per realizzare fermentazioni scalari. Sono i principali responsabili delle alterazioni di prodotti ad alta concentrazione zuccherina. Capitolo 7. Microrganismi e virus d'interesse biotecnologico Famiglia Saccharomycoidaceae Genere Hanseniaspora. Le specie di questo genere possiedono piccole cellule ed un’elevata attività fermentativa; non sono considerati buoni lieviti dal punto di vista enologico in quanto conferiscono ai vini un’elevata acidità volatile. Prediligono ambienti caldi. Le spore prodotte sono aploidi e, germinando, producono cellule diploidi. Genere Saccharomycodes. Comprende una sola specie: S. Ludwigii. Le cellule di questa specie sono dotate di forma apiculata e di grandi dimensioni; si moltiplicano per gemmazione bipolare. Gli aschi contengono 4 spore in genere unite in due coppie. La principale caratteristica di S. Ludwigii è quella di avere un’alta resistenza alla SO2. Questa specie possiede un alto potere alcoligeno, ma forma acetaldeide ed altri esteri che alterano notevolmente il processo di vinificazione; pertanto è considerata una specie dannosa. Famiglia Candidaceae Questa famiglia comprende lieviti tradizionalmente inseriti nei deuteromiceti (funghi imperfetti o mitosporici) in cui non sono state evidenziate modalità riproduttive sessuali. Comprende diversi generi; i più importanti dal punto di vista biotecnologico sono il genere Kloeckera e Candida. Genere Kloeckera. La specie più importante di questo genere è Kloekera apiculata. Possiede cellule dotate di forma di limone che si riproducono asessualmente per gemmazione bipolare. La sua importanza biotecnologica è modesta per la scarsa capacità fermentativa. È sempre presente nelle prime fasi della fermentazione spontanea di mosti non trattati con solfito La sua attività cessa a bassi gradi alcolici (3-4°). Genere Candida. Le specie inserite in questo genere possiedono cellule con forma ovoidale più o meno allungata. La riproduzione asessuale si ha per gemmazione multilaterale. Possono formare pseudomiceli (fig. 7.4). Comprendono spe- C6H12O6 + 2Pi + 2ADP 2CH3–CH2OH + 2ATP + 2CO2 + 2H2O Nella fermentazione alcolica l’acido piruvico prodotto alla fine della glicolisi è decarbossilato ad acetaldeide, quindi ridotto ad alcol etilico (fig. 7.5). O– O C C H H O Piruvato decarbossilasi CH3 C O + CO2 + NADH + H+ H Alcool deidrogenasi CH3 Piruvato Acetaldeide C OH + NAD+ CH3 Etanolo FIGURA 7.5 ◗ Nella fermentazione alcolica il piruvato viene decarbossilato ad acetaldeide che, successivamente, è deidrogenata ad etanolo. Il rendimento in alcol etilico corrisponde a circa il 50% del peso rispetto al glucosio fermentato. Durante la fermentazione alcolica, tuttavia, oltre all’etanolo si formano numerosi altri composti indicati come sottoprodotti; in particolare: acetoino, acido acetico, acido piruvico, acido succinico, aldeide acetica e glicerina. 7.3.1.3. Identificazione dei lieviti Nella routine l’identificazione dei lieviti si ottiene sulla base di parametri fenotipici, in particolare microscopici, colturali, biochimici e sierologici. Tuttavia, oltre a questi aspetti, i processi di identificazione devono prendere sempre più in considerazione i caratteri molecolari (delle proteine e degli acidi nucleici) che in questi ultimi decenni sono divenuti un punto di riferimento fondamentale nella classificazione di tutti i viventi. A) Dal punto di vista microscopico sono esaminate la forma cellulare, la presenza o meno di uno pseudomicelio e la morfologia sporale. B) Dal punto di vista colturale sono presi in considerazione le modalità di crescita nei terreni solidi (caratteri delle colonie) e nei terreni liquidi (torbidità, formazione di precipitati ed altro). Delle colonie sono presi in considerazione in particolare: • la forma. Puntiforme, circolare (fig. 7.6), irregolare, ecc.; • la dimensione. In genere di diversi mm; • la pigmentazione. Dal bianco, al rosa o al rosso (come in Rhodosporidium) ed altro; FIGURA 7.4 ◗ Formazione di uno pseudomicelio in un lievito del genere Candida. Osservazione in contrasto di interferenza differenziale (DIC). Da R. Cevenini, Microbiologia clinica, II ed. Piccin Nuova Libraria. Padova 2010. cie che possiedono uno scarso rilievo biotecnologico. Il loro ruolo è essenzialmente legato alla formazione della fioretta. L’unica specie di un certo interesse enologico è C. stellata che possiede una discreta capacità fermentativa ed un buon potere alcoligeno utilizzando in particolare il fruttosio. Produce elevate quantità di glicerina ed acido acetico. 7.3.1.2. La fermentazione alcolica Nella fermentazione alcolica il composto di partenza è il glucosio, mentre i prodotti finali sono l’alcol etilico (etanolo) e la CO2. Il guadagno energetico netto è costituito da due molecole di ATP. 5 FIGURA 7.6 ◗ Colonie di Saccharomyces cerevisiae. 6 Le basi microbiologiche della Biochimica • il bordo. Regolare, ondulato, frastagliato (è tipico di lieviti che producono pseudomiceli); • il rilievo. Piatto, rilevato, umbonato, ecc; C) Dal punto di vista biochimico possono essere esaminate le proprietà enzimatiche dei lieviti mediante sistemi miniaturizzati di identificazione, come ad esempio l’API 20C AUX. 7.3.2. I batteri d’interesse biotecnologico I batteri formano un gruppo molto complesso e diversificato. Sono inseriti nel regno Monera in cui sono compresi tutti gli organismi unicellulari procarioti, cioè privi di una membrana nucleare che separa il nucleo dal citoplasma. I batteri possiedono numerose morfologie, che schematicamente sono riassumibili in tre tipologie principali: sferica, bastoncellare diritta e bastoncellare ricurva. La dimensione delle cellule batteriche è compresa tra 1 e 10 μm ma, in alcune situazioni, varia notevolmente rispetto a questi valori. I batteri si riproducono asessualmente per scissione binaria, talora per gemmazione; frequentemente presentano processi di ricombinazione genica (trasformazione, coniugazione e trasduzione) che garantiscono la variabilità all’interno della specie ed il trasferimento di geni tra specie diverse, talora molto lontane dal punto di vista evolutivo. I batteri comprendono forme autotrofe (chemio- e fotoautotrofe) e chemioeterotrofe. Una caratteristica che contraddistingue i batteri chemioeterotrofi è la capacità di degradare le sostanze organiche. I batteri chemioeterotrofi, sulla base delle relazioni che stabiliscono con gli organismi circostanti, possono essere classificati: da una parte in saprofiti e saprozoi, dall’altra in simbionti: • i saprofiti ed i saprozoi degradano la sostanza organica prodotta rispettivamente da animali e vegetali morti. • i simbionti vivono sulla superficie o all’interno di organismi viventi con cui possono instaurare relazioni mutualistiche, commensalistiche o parassitiche. Le sostanze che i batteri sono in grado di degradare sono numerosissime ed altrettante sono le sostanze prodotte al termine dei diversi processi metabolici attuati. In genere ogni specie possiede una specializzazione metabolica in quanto tende ad utilizzare un numero limitato di substrati ed a produrre un numero limitato di sostanze. Il ruolo dei batteri nell’ambito delle biotecnologie è molto complesso. Per le loro capacità metaboliche possono essere impiegati nella produzione di sostanze (etanolo, acetone, acido acetico, antibiotici ed altro), nei processi di trasformazione degli alimenti (yogurt, formaggi, aceto ed altro) e nei processi di biorisanamento (depurazione delle acque). Di grande rilievo è il ruolo dei batteri nell’ambito della tecnologia del DNA ricombinante: i batteri forniscono gli strumenti come le forbici molecolari (enzimi di restrizione), i vettori (plasmidi) ed i serbatoi (E. coli) per ricombinare il DNA di altri batteri, animali e piante. Alcuni batteri, come l’A. tumefaciens, possono permettere il trasferimento di plasmidi, di cui sono dotati, all’interno di cellule ospiti vegetali al fine di ottenere piante transgeniche. 7.3.2.1. La classificazione dei batteri d’interesse biotecnologico Per lungo tempo nella classificazione batterica sono stati presi in considerazione i caratteri fenotipici, come la morfologia e la struttura cellulare, il metabolismo ed i caratteri antigene. Attualmente, accanto a questi, sono stati impiegati parametri molecolari, come il sequenziamento dell’rRNA 16S della subunità ribosomiale minore (30S). Il sequenziamento dell’rRNA 16S ha permesso di suddividere i viventi in due domini procariotici: Archaea e Bacteria ed uno eucariotico Eukarya. Nelle più recenti pubblicazioni del Bergey’s Manual of Systematic Bacteriology i batteri sono stati classificati sulla base dei caratteri fenotipici precedentemente indicati, del sequenziamento dell’rRNA, del DNA e delle proteine. Con questo tipo di strategia è stata ottenuta una classificazione di tipo filogenetico che ha permesso di rivedere ed affinare le classificazioni precedenti. La seconda edizione del Manuale Bergey of Systematic Bacteriology è stata pubblicata in 5 volumi: • Volume 1 (2001) – Gli Archaea ed i batteri fototrofi. • Volume 2 (2005) – I Proteobacteria. • Volume 3 (2009) – I Firmicutes. • Volume 4 (2011) – I Planctomycetes. • Volume 5 (2012) – Gli Actinobacteria. Famiglia: Lactobacillaceae Genere: Lactobacillus. Comprende numerose specie caratterizzate da forme lunghe e strette (fig. 7.7) che, in FIGURA 7.7 ◗ Aspetto dei lattobacilli all’osservazione microscopica dopo colorazione di Gramo a 1000×. Sono Gram+ con morfologia bacillare. coltura, danno luogo a tipiche formazioni a caput medusae. Sono capaci di fermentare i carboidrati producendo forti quantitativi di acidi (specialmente acido lattico) che inibiscono lo sviluppo alla maggior parte degli altri batteri. Si osservano nei materiali vegetativi in fermentazione, nel tratto intestinale o in ferite e lesioni corporee di varia natura. Dal punto di vista metabolico, i batteri appartenenti al genere Lactobacillus possono essere suddivisi in omofermentanti ed eterofermentanti; i primi attuano una fermentazione omolattica con produzione quasi esclusiva di acido lattico, mentre gli eterofermentanti attuano una fermentazione eterolattica con produzione di acido lattico ed etanolo: • Omofermentativi (Gruppo I) – L. acidophilus, L. delbrueckii, L. helveticus, L. salivarius • Eterofermentativi facoltativi (Gruppo II) – L. casei, L. curvatus, L. plantarum, L. sakei • Eterofermentativi obbligati (Gruppo III) – L. brevis, L. buchneri, L. fermentum, L. reuteri Diverse specie sono impiegate nella produzione di formaggi e dei crauti, nell’insilamento dei foraggi e come probiotici. Capitolo 7. Microrganismi e virus d'interesse biotecnologico Famiglia: Streptococcaceae Genere: Streptococcus. Gli streptococchi sono batteri sferici Gram+, con aggregazioni a coppie o a catena (fig. 7.8). Sono aerotolleranti, ossidasi negativi, catalasi negativi, asporigeni ed immobili. Sono classificati sulla base di criteri antigene. Sono dotati di un metabolismo fermentativo mediante il quale producono elevate quantità di acido lattico. È per questo motivo che alcune specie appartenenti a questo genere sono impiegate in processi di trasformazione alimentare, in particolare nella produzione di latticini. Comprendono diverse specie, come Streptococcus thermophilus. Streptococcus thermophilus. È una specie che cresce con difficoltà a temperature ambientali (18-20 °C), mentre cresce in modo rigoglioso tra 37 e 42 °C. Può resistere ad un trattamento di bassa pastorizzazione (62 °C per 30 minuti). Si ritrova nel latte ed in molte colture naturali per la produzione di formaggi come asiago, provolone, emmenthal, groviera, montasio, mozzarella e yogurt. Insieme al Lactobacillus bulgaricus è uno dei batteri usati nella produzione di yogurt secondo la normativa vigente. FIGURA 7.8 ◗ Aspetto degli streptococchi all’osservazione microscopica dopo colorazione di Gram a 1000×. È ben evidente la morfologia ovoidale e la disposizione a catena. Famiglia: Bifidobacteriaceae Genere: Bifidobacterium. Questo gruppo è costituito da batteri Gram+, bastoncellari, ramificati, immobili, anaerobi ed ubiquitari (fig. 7.9). I bifidobatteri sono importanti costituenti della flora batterica intestinale dei mammiferi (B. bifidum) ed ospiti abituali dei distretti vaginale ed orale (B. dentium) dei mammiferi e di altri animali. Le specie appartenenti al genere Bifidobacterium erano inserite nella famiglia delle lactobacillaceae, tuttavia recenti indagini molecolari hanno evidenziato rispetto ad essi differenze significative, per cui sono stati inseriti in un gruppo a parte. Alcuni bifidobatteri sono considerati importanti probiotici, in quanto si ritiene possano superare la barriera gastrica e colonizzare l’intestino. Per questo sono largamente impiegati dall’industria alimentare. I bifidobatteri producono una serie di effetti positivi sulla salute, in particolare: • regolano la composizione della flora microbica intestinale; • inibiscono la proliferazione dei germi patogeni; • producono vitamine e convertono molti composti alimentari in molecole bioattive. 7 FIGURA 7.9 ◗ Morfologia dei bifidobatteri. Rappresentazione grafica. Nei bambini che si nutrono di latte materno i bifidobatteri limitano lo sviluppo dei batteri Gram– compresi i patogeni che hanno una scarsa resistenza a bassi valori di pH; ciò è dovuto al fatto che il latte umano contiene alte concentrazioni di lattosio che, fermentato dai bifidobatteri nel tratto gastrointestinale, riduce in modo significativo il pH con conseguente inibizione della crescita dei batteri Gram–. La crescita dei bifidobatteri è notevolmente influenzata dal potenziale redox ambientale, in particolare l’esposizione all’O2 determina l’accumulo dell’anione superossido (O2–) e del perossido d’idrogeno (H2O2), che portano alla morte cellulare. Sulla base della sensibilità alle diverse concentrazioni di O2, i bifidobatteri possono essere classificati in quattro gruppi: • O2-ipersensibile; • O2-sensibile; • O2-tollerante; • microaerofili. In colture continue, sotto la crescente pressione selettiva prodotta dall’H2O2, combinata con la tecnologia delle cellule immobilizzate, i bifidobatteri possono sviluppare resistenza all’O2. Famiglia Acetobacteraceae Genere Acetobacter. Le specie del genere Acetobacter possiedono cellule con forma ovoidale o di corti bastoncini (spesso presentano forme involutive, sferiche, allungate, rigonfie, curve o filamentose, fig. 7.10). Sono Gram– o Gram-variabili, ossidasi negativi, non sporigeni, mesofili (optimum 25-30°C). Possiedono un metabolismo respira- FIGURA 7.10 ◗ fica. Morfologia degli acetobatteri. Rappresentazione gra- 8 Le basi microbiologiche della Biochimica NAD+ CH3CH2OH Etanolo NADH + H+ Alcol deidrogenasi CH3CHO Acetaldeide H2O NAD+ CH3CH(OH)2 Acetaldeide idrata NADH + H+ Acetaldeide deidrogenasi CH3COOH Acido acetico FIGURA 7.11 ◗ Schema della reazione di ossidazione dell’etanolo ad acido acetico operata dagli acetobatteri. torio. Ossidano l’etanolo ad acido acetico (fig. 7.12) o a CO2 ed H2O. Tutte le specie degli Acetobacter possiedono la capacità (propria anche di batteri appartenenti ad altri generi) di trasformare l’etanolo in acido acetico. Le specie del genere Acetobacter (A. aceti, A. pasteurianus, A. xylinum, A. liquefaciens, A. hansenii, A. methanolicus, A. diazotrophicus) sono mobili per flagelli peritrichi. Producono acido acetico attraverso l’ossidazione incompleta dell’etanolo, che blocca il ciclo di Krebs. Alcune specie sono in grado di ossidare completamente l’etanolo a CO2 ed H2. Questi batteri sono utilizzati per la fermentazione e la produzione di aceto partendo da prodotti naturali (cereali, frutta, miele) o alcolici (vino). D’altra parte, sono anche temuti, perché possono deteriorare partite di vino o di altri prodotti. FIGURA 7.12 ◗ E. coli dopo colorazione di Gram. Osservazione a 1000×. Famiglia Enteriobacteriaceae Genere Escherichia Specie Escherichia coli (E. coli) È un batterio Gram–, con forma bastoncellare di 0,4-0,6 μm × 1-1,5 μm (fig. 7.12). È asporigeno, immobile, lattosio fermentante, ossidasi negativo, catalasi positivo. Il nome di questa specie deriva dal nome dello studioso tedesco-austriaco Theodor Escherich che lo ha scoperto. È la sola specie compresa in questo genere. Comprende numerosi ceppi distinti dal punto di vista antigene. È un ospite abituale del tubo digerente dell’uomo e degli animali a sangue caldo. È diffuso nelle acque e nel suolo degli ambienti antropizzati. La sua presenza nelle acque indica una contaminazione fecale. L’E. coli è un batterio largamente impiegato come modello di studio di numerosi processi biochimici (replicazione del DNA, sintesi proteica, trascrizione). Inoltre negli ultimi decenni è stato largamente impiegato nello sviluppo dei processi biotecnologici. Famiglia: Rhizobiaceae Genere: Agrobacterium Specie: Agrobacterium tumefaciens. Questa specie possiede cellule batteriche Gram–, di forma bastoncellare e mobili per la presenza di un gruppo di ciglia poste ad un polo cellulare (batterio lofòtrico). È inserita nella famiglia delle Rhizobiaceae, insieme a molti batteri azotofissatori simbionti delle piante. Rispetto agli altri azotofissatori si comporta da parassita. Le cellule batteriche di A. tumefaciens che contengono il plasmide Ti sono in grado di infettare numerose specie ed arrecare danni alle colture di numerose piante, per cui la loro diffusione ambientale assume anche un notevole ruolo economico. L’infezione nella pianta da parte dell’A. tumefaciens avviene attraverso lesioni e comporta la formazione di tumori definiti a cresta di gallo attraverso un meccanismo biochimico piuttosto complesso. Il danno è prodotto da un segmento di DNA definito TDNA (lungo circa 180 kb) che, distaccandosi dal plasmide Ti, può integrarsi nel DNA della cellula vegetale. Le cellule batteriche prive del plasmide Ti non sono in grado di produrre questa patologia. Per le sue proprietà l’A. tumefaciens è largamente utilizzato nella produzione di piante transgeniche. In particolare nella ricombinazione delle piante sono utilizzate cellule di A. tumefaciens trasformate contenenti due plasmidi. Uno dei quali è il plasmide Ti, da cui è stato rimosso il segmento T-DNA, l’altro contiene, accanto ad alcune sequenze del T-DNA, il gene di interesse ed un marker (resistenza alla kanamicina) che permette il riconoscimento delle cellule vegetali modificate. Il batterio così trasformato non produce il tumore a cresta di gallo ma, dopo aver infettato la cellula vegetale, integra il plasmide contenente la sequenza T-DNA nel DNA cellulare trasformandola. Le cellule vegetali trasformate, in seguito, possono essere messe in coltura ed originare piante modificate (OGM). Ordine: Actinomycetales Famiglia: Actinomycetaceae e Streptomycetaceae. Gli Actinomycetales formano un gruppo molto eterogeneo e di complessa classificazione. Nonostante la crescita miceliare caratterizzata dalla formazione di ife ramificate, sono batteri Gram+ (quindi procarioti) filamentosi (fig. 7.13). Sono generalmente immobili, tuttavia alcune specie possiedono flagelli. La parete cellulare si differenzia notevolmente tra le diverse specie. Alcuni attinomiceti possiedono un micelio aereo che forma alle estremità delle ife spore unicellulari, denominate conidi, singole o raggruppate in catenelle. Il ciclo biologico degli attinomiceti avviene in due fasi: • in buone condizioni nutrizionali la crescita è miceliare, con micelio infisso nel terreno e senza produzione di spore; • in carenza nutrizionale la crescita è miceliare con produzione di spore. Gli attinomiceti sono in genere aerobi stretti e chemioeterotrofi. Il loro habitat è tipicamente il suolo in cui svolgo- FIGURA 7.13 ◗ Morfologia di Actinomyces sp. Rappresentazione grafica. Capitolo 7. Microrganismi e virus d'interesse biotecnologico 9 no un ruolo importante come decompositori. L’importanza biotecnologica degli attinomiceti è legata alla loro capacità di produrre antibiotici ed altri metaboliti biologicamente attivi. I geni deputati alla biosintesi di un antibiotico sono organizzati in grandi gruppi la cui manipolazione genetica è molto complessa. Tra gli antibiotici i più importanti prodotti dagli attinomiceti possono essere ricordati: la streptomicina, la tetraciclina, l’eritromicina, la clindamicina e la nistatina. 7.3.3. I virus d’interesse biotecnologico I virus sono blocchi di materiale genetico (DNA o RNA) dotati di un rivestimento più o meno complesso (capside e pericapside) in grado di proteggerli e di veicolarli all’interno di un organismo ospite, all’interno del quale possono riprodursi. I virus, pertanto, sono parassiti obbligati, la cui natura di organismo vivente è discussa, in quanto privi di una struttura cellulare, così come è in tutti gli organismi eucariotici e procariotici. Secondo alcuni studiosi i virus possono essere ritenuti esseri viventi all’interno di organismi ospiti, ma entità inerti fuori di essi. I virus hanno una dimensione compresa tra 20 e 300 nm. Presentano un genoma a DNA (deossiribovirus) o a RNA (ribovirus), contenente le informazioni genetiche. Sono rivestiti da un capside di natura proteica all’esterno del quale, nei virus denominati rivestiti, è presente una struttura lipoproteica denominata pericapside (peplos). I virus privi di pericapside sono definiti nudi. I rivestimenti (capside o pericapside) consentono al virus di legarsi ai recettori delle cellule ospiti e di avviare il ciclo replicativo. Possono infettare gli organismi di tutti i regni biologici, per cui vi sono virus dei batteri, dei protisti, dei funghi, delle piante e degli animali. Il parassitismo è conseguente al fatto che i virus non sono dotati delle strutture e delle vie metaboliche necessarie alla loro replicazione. Le strutture e le vie metaboliche che occorrono ai virus sono reperite all’interno delle cellule ospiti in cui penetrano. La replicazione virale nella cellula ospite provoca danni la cui entità dipende dal tipo di meccanismo impiegato. In alcune condizioni i danni sono di tale entità da provocare la morte della cellula ospite. I virus sono largamente utilizzati nella ricerca medica come veicolo del materiale genetico all’interno delle cellule. Quando un virus infetta una cellula, inserisce al suo interno il proprio acido nucleico (DNA o RNA) che può rimanere indipendente o inserirsi nel DNA della cellula ospite divenendone parte integrante. I virus che integrano il proprio genoma in quello cellulare sono impiegati nelle biotecnologie. I virus possono essere impiegati come vettori di clonaggio per introdurre geni esogeni nei batteri (in alternativa ai plasmidi) o nelle cellule eucariotiche animali. Per attuare questo tipo di processo, alcuni geni virali sono sostituiti da geni ritenuti utili (di qualunque provenienza) e da un gene marcatore che permetta di verificare l’avvenuto trasferimento. Un virus impiegabile nelle biotecnologie deve essere in grado di infettare la cellula e di aggiungere ad essa le sequenze di DNA ritenute utili, tuttavia è essenziale che sia innocuo; per questo deve essere privato delle sequenze che possano interferire con la normale funzionalità cellulare. I virus che infettano i batteri sono denominati batteriofagi (o fagi, fig. 7.14) classificati in virulenti e temperati. I primi, una volta infettata (fig. 7.15) una cellula batterica, danno luogo ad una fase proliferativa con lisi batterica (ciclo liti- FIGURA 7.14 ◗ Struttura del fago T2 dell’E. coli. FIGURA 7.15 ◗ Inizio dell’infezione di una cellula batterica da parte di numerosi fagi. co). I fagi temperati, invece, durante l’infezione batterica integrano il proprio genoma con quello batterico. Il DNA fagico integrato nel cromosoma batterico è denominato profago. Il profago resta latente nella cellula ospite e nella sua discendenza, senza interferire sui loro processi (ciclo lisogeno). In alcune condizioni particolari (induzione) il genoma fagico si distacca dal genoma cellulare per riprodursi e liberarsi dalla cellula ospite che viene lisata. I fagi temperati, come il fago λ dell’E. coli, sono ampiamente utilizzati come vettori genici. 7.3.3.1. Classificazione dei virus d’interesse biotecnologico Anche negli animali esistono virus in grado di integrare il proprio genoma con quello della cellula ospite. Possiedono questa proprietà sia virus a DNA (Parvovidirae, Herpesviridae, Adenoviridae, Hepadnaviridae, Papillomaviridae), sia virus a RNA (Retroviridae). Famiglia: Adenoviridae. Gli adenovirus (fig. 7.16) sono responsabili di infezioni del tratto respiratorio. Presentano un genoma costituito da un doppio filamento di DNA di circa 35 kb, 30 delle quali possono essere sostituite con i geni che interessa inserire nel DNA ospite. Penetrato nella cellula ospite, l’adenovirus non integra il suo DNA nel genoma cellulare, ma si replica nel nucleo come un episoma. 10 Le basi microbiologiche della Biochimica • Il vettore ricombinante non ha un sito di integrazione specifico. Famiglia: Herpesviridae. Gli herpesvirus, sono virus a doppio filamento di DNA (dsDNA) di 152 kb contenente oltre 80 geni. Possiedono un capside icosaedrico ed un involucro costituito da un doppio strato fosfolipidico (fig. 7.17). Nelle biotecnologie viene utilizzato in particolare il FIGURA 7.16 ◗ Schema di un adenovirus. Gli adenovirus impiegati nelle biotecnologie: • sono ben conosciuti; • sono sicuri in quanto non integrano il proprio genoma nel genoma cellulare; • sono facilmente manipolabili; • sono stabili; • si ottengono ad alti titoli; • infettano cellule quiescenti e in riproduzione; • possono veicolare inserti di grosse dimensioni (36 kb). Tuttavia possiedono alcuni limiti in quanto danno luogo: • ad un’espressione non stabile (transiente); • ad un’alta risposta immunitaria. Famiglia: Parvoviridae I virus Adenoassociati (AAV). Sono compresi nella famiglia Parvoviridae. Sono piccoli virus non patogeni per l’uomo dotati di un genoma a DNA ed a catena singola (ssDNA) di circa 5 kb. Possono infettare cellule proliferanti e non. Non possono replicarsi autonomamente. Per la loro riproduzione richiedono la presenza di un altro virus, come ad esempio un adenovirus o un herpesvirus. I virus adenoassociati impiegati nelle biotecnologie: • non sono patogeni per l’uomo; • sono stabili; • vengono ottenuti con alti titoli; • possiedono un’alta efficienza di trasferimento genico; • infettano, oltre alle cellule in proliferazione, anche cellule quiescenti; • integrano il transgene nel genoma cellulare. Anche i virus adenoassociati possiedono limiti applicativi, in quanto: • possono trasferire soltanto sequenze geniche limitate (<4.7 kb). Attualmente la potenzialità di questi vettori nel trasferire sequenze geniche è stata aumentata impiegando due vettori, ognuno dei quali codificante per metà della proteina d’interesse; FIGURA 7.17 ◗ Schema di un herpesvirus. Sono evidenziati il pericapside con i suoi peplomeri e all’interno il capside icosaedrico virus Herpes simplex di tipo 1 (HSV-1). Questo virus possiede un’azione neurotropa in quanto infetta le cellule di alcuni distretti del sistema nervoso. Il virus HSV-1 può dar luogo ad un ciclo litico, in alternativa può permanere all’interno delle cellule infettate il cui genoma è integrato nel genoma cellulare. Nella fase iniziale del ciclo litico sono attivati geni precoci che codificano per le proteine coinvolte nella replicazione e nella replicazione del DNA virale. Successivamente sono attivati geni tardivi che codificano per le proteine strutturali virali. Una volta completato l’assemblaggio del nucleocapside ed acquisito il pericapside, il ciclo si conclude con la lisi della cellula ospite. I virus HSV-1 utilizzabili come vettori nella terapia genica, sono stati ottenuti modificando il genoma virale per permettere l’infezione e limitare l’azione neurotossica. Famiglia: Retroviridae. Sono virus rivestiti dotati di RNA ricoperto da un mantello troncoconico contenuto all’interno di un capside icosaedrico. All’esterno del capside è presente un pericapside dotato di peplomeri (fig. 7.18). I retrovirus sono stati i primi virus ad essere studiati nella terapia genica. Il loro genoma è costituito da due copie identiche di un RNA con dimensioni di circa 10 kb, contenente 3 geni essenziali: gag (codificante per le proteine del core), pol (codificante per la trascrittasi inversa) ed env (codificante per le proteine del capside). Oltre a questi geni, HIV contiene altri sette geni accessori che regolano il ciclo virale e la sintesi proteica: Tat, Rew, Nef, Vpr, Tev, Vif, Vpu (Vpx nell’HIV-2). A ciascuna estremità vi sono regioni LTR Capitolo 7. Microrganismi e virus d'interesse biotecnologico FIGURA 7.18 ◗ Schema di un retrovirus in cui è evidenziato, all’interno del pericapside, un capside icosaedrico contenente un mantello troncoconico. All’interno del mantello troncoconico sono presenti le due catene dell’RNA virale 11 (long terminal repeats) contenenti le sequenze di regolazione dell’espressione genica. Una volta infettata la cellula, attraverso un processo di retrotrascrizione si forma un doppio filamento di DNA che si integra nel genoma della cellula ospite esprimendo così le proteine virali. I retrovirus comunemente usati nelle biotecnologie derivano dal virus della leucemia murina (MoMLV) modificato: i 3 geni essenziali sono sostituiti con il gene d’interesse, mentre vengono mantenute le sequenze regolatrici. A queste sequenze possono essere aggiunti geni marcatori (NEO) e promotori alternativi di origine virale (CMV) o cellulare (beta actina, tirosina). I retrovirus impiegati nelle biotecnologie: • possiedono un’elevata efficienza di trasferimento dei geni; • inducono una scarsa risposta immunitaria nell’ospite; • esprimono i geni trasferiti per tutta la vita dell’ospite; • infettano un’ampia varietà di tipi cellulari; • integrano il materiale genetico nel genoma delle cellule bersaglio. • Tuttavia i retrovirus presentano una serie di problemi. In particolare: • possiedono potere oncogeno in quanto integrano il proprio genoma nel genoma dell’ospite in diversi siti; • infettano le cellule nella fase proliferativa; • la loro coltivazione è molto difficile; • possono subire inattivazione trascrizionale in vivo. QUESITI DEL CAPITOLO 7 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) Dai una definizione di “biotecnologie”. Quali sono le principali biotecnologie tradizionali? Dai una definizione di “microbiotecnologie”. Che cosa s’intende per “biotecnologie innovative”? Quali sono gli ambiti in cui sono impiegate le biotecnologie? Indica le principali tappe delle biotecnologie distinguendo, tra quelle riportate, le tradizionali dalle innovative. A quali gruppi appartengono i microrganismi impiegati nelle biotecnologie? Come sono classificati i funghi (divisione Eumycota)? Dai una definizione di “lievito”. Quali parametri sono impiegati nella descrizione morfologica dei lieviti? Quali sono le principali modalità riproduttive dei funghi? Dai una definizione di “gemmazione”, “pseudomicelio” e “clamidospora”. Che cosa si intende per “ascospora”? Evidenzia i caratteri fondamentali dei lieviti appartenenti ai generi Saccharomyces e Candida. Evidenzia gli elementi distintivi tra i processi fermentativi ed ossidativi. Descrivi la fermentazione alcolica. 17) Quali sono i parametri esaminati nella classificazione dei lieviti? 18) Evidenzia i fondamentali elementi morfologici dei batteri. 19) Evidenzia le modalità riproduttive dei batteri. 20) Come sono classificati i batteri dal punto di vista nutrizionale? 21) Come sono classificati i batteri dal punto di vista ecologico? 22) Evidenzia il ruolo dei batteri nell’ambito delle biotecnologie. 23) Quali sono i principali gruppi batterici impiegati nell’ambito delle biotecnologie? 24) Descrivi la fermentazione lattica. 25) Evidenzia i caratteri fondamentali dei batteri appartenenti alla famiglia delle Streptococcaceae? 26) Descrivi i caratteri fondamentali dei batteri appartenenti alla famiglia Bifidobacteriaceae. 27) Descrivi gli acetobatteri e la fermentazione acetica. 28) Dai una definizione di virus. 29) Quali sono i principali gruppi virali impiegati nell’ambito delle biotecnologie. 30) Dai una definizione di fago virulento e temperato. 31) Quale differenza è presente tra ribovirus e desossiribovirus? 32) Evidenzia le caratteristiche strutturali del virus HIV.