Trafficante 30-35.qxp 19/11/2008 12.48 Pagina 1 Università-Ospedale La termoablazione della prostata con ultrasuoni focalizzati ad alta intensità (HIFU) Un nuovo approccio terapeutico al carcinoma prostatico localizzato o localmente avanzato A. Traficante, A. Callea, V. Zizzi, A. Cafarelli* L’ HIFU (High Intensity Focused Ultrasound) è una terapia “mininvasiva” per il carcinoma della prostata, che si prefigge la termoablazione della ghiandola mediante ultrasuoni focalizzati ad alta energia, capaci di generare nel tessuto prostatico temperature di 80 - 95 °C. Gli studi clinici disponibili hanno fornito indicazioni sull’efficacia oncologica e sulla tollerabilità di questo trattamento nei pazienti con carcinoma della prostata clinicamente localizzato (Tl-2) ed in quelli con recidiva locale dopo radioterapia esterna, prostatectomia radicale e brachiterapia. Ad oggi pochi studi hanno analizzato l’utilizzo dell’HIFU nei pazienti con carcinoma prostatico ad alto rischio di progressione e/o localmente avanzato e la maggior parte dei dati clinici oggi disponibili, proviene dai centri “pionieri” nell’utilizzo di tale tecnologia, che hanno come “end point” l’impiego della metodica, in alternativa alla chirurgia, nei tumori localizzati (T1-T2) a basso rischio di progressione. Riportiamo la nostra esperienza di 6 anni di utilizzo di tale tecnologia, valutando, in particolare, l’efficacia dell’HIFU nel trattamento dei pazienti con carcinoma prostatico ad alto rischio di progressione e/o localmente avanzato. Il cancro della prostata è una delle neoplasie maligne più diffuse nella popolazione maschile. Si stima che circa 41,5 milioni di maschi siano affetti da questa patologia in Nord America, Europa e Giappone. Questa malattia rappresenta un problema sanitario di grande rilievo: ogni anno, praticamente in tutte le nazioni, vengono diagnosticati più casi di cancro prostatico rispetto agli anni precedenti. Contribuiscono a ciò l’aumento della vita media della popolazione, la maggiore consapevolezza della malattia e, soprattutto, già dalla fine degli anni ottanta, il diffondersi del dosaggio del PSA quale marker tumorale sensibile. Studi basati sulla popolazione della contea di Olmsted, nel Minnesota, hanno dimostrato un incremento di 3,4 volte nella diagnosi di questo tumore, corretta per età, fra il 1983 ed il 1992. In modo analogo, i risultati del programma Surveillance Epidemiology and End Results (SEER) hanno dimostrato un aumento dell’80% delle diagnosi di carcinoma prostatico fra il 1986 e il 1991. Attualmente, nella popolazione maschile dei pazienti industrializzati, il carcinoma prostatico è il secondo tumore per incidenza e mortalità dopo quello del polmone. Solo negli Stati Uniti, nel 2008, si stima che verranno dia- 30 Notiziario dicembre 2008 gnosticati circa 186.000 mila nuovi casi di tumore della prostata e che i decessi per questa patologia saranno circa 29 mila. (American Cancer Society, Atlanta GA, 2008). In Italia, ogni anno, l’incidenza di questo carcinoma è di circa 11 mila nuovi casi con una mortalità annua di circa 6.300 casi. Anche in Italia, questa patologia si colloca al secondo posto tra le cause di morte per neoplasia nel sesso maschile, dopo il cancro del polmone (dati I.N.T. Aviano). La storia naturale del carcinoma prostatico è difficilmente prevedibile. Alcuni tumori restano silenti anche per molti anni, mentre altri manifestano una progressione molto rapida. I più importanti fattori di progressione sono il grado istologico (secondo Gleason), il volume e lo stadio del tumore. Un paziente non sottoposto a terapia e con un’aspettativa di vita tra 10 e 15 anni presenta una possibilità del 6080% di morire per carcinoma prostatico; fortunatamente è possibile curare sino all’80% dei soggetti con tumore organoconfinato (T1-2). Mentre la chirurgia e la radioterapia possono curare un carcinoma localizzato (T1-2), la ormonoterapia e la chemioterapia sono indicate come terapia palliativa nei tumori metastatizzati. Il trattamento del carcinoma prostatico clinicamente localmente avanzato, ossia con sconfinamento capsulare o interessamento delle vescichette seminali alla DRE (digital rectal examination) o alla TRUS (transrectal ultrasonography) è ancora oggetto di discussione, non essendo ancora disponibili trials clinici randomizzati che confrontino le diverse opzioni terapeutiche. La prostatectomia radicale nei tumori extracapsulari si associa, spesso, ad una maggiore morbilità e ad un alto rischio di recidiva locale ed è pertanto poco incoraggiata. Recentemente l’interesse per la chirurgia in questo tipo di pazienti è stato rivalutato e diversi studi retrospettivi pubblicati hanno evidenziato il suo ruolo come parte essenziale di un approccio multimodale; il 56-78 % dei pazienti trattati chirurgicamente richiede una terapia adiuvante, ma eccellenti percentuali di OS (overall survival) e CSS (cancer-specific survival) sono state riportate a 5, 10 e 15 anni, paragonabili a quelle della radioterapia in combinazione con l’ormonoterapia. La radioterapia e la terapia ormonale, soprattutto in combinazione, sono comunque il trattamento più utilizzato per questi pazienti in quanto sembrano migliorare il controllo locale e a distanza della malattia (RTOG 9202) con un DSS (Disease Specific Survival) a 4.8 anni del 90% contro un DSS del 78% nei pazienti trattati con sola radioterapia. Trafficante 30-35.qxp 19/11/2008 12.48 Pagina 2 Università-Ospedale La tecnologia HIFU Tra le terapie con intenti curativi per malattie localizzate proposte più di recente (brachiterapia, crioablazione etc.) l’HIFU (High Intensity Focused Ultrasound) si distingue per alcune caratteristiche che la rendono molto interessante. È un trattamento con ultrasuoni focalizzati ad alta intensità per via transrettale che ottiene la necrosi coagulativa completa del tessuto prostatico; è quindi un trattamento chirurgico “mini invasivo”, condotto prevalentemente in anestesia spinale in una singola sessione. Attualmente esistono due tecnologie HIFU ampiamente utilizzate in Europa e Giappone. La prima apparecchiatura disponibile è stata l’ABLATHERM (Edap Technomed, Lyon France); successivamente è stato introdotto un sistema denominato SONABLATE 500 (Focus Surgery, Indianapolis USA). Le due apparecchiature differiscono per la diversa intensità e frequenza di energia utilizzata, che si traduce in cambiamenti della probabilità di cavitazione, incremento della temperatura e penetrazione degli ultrasuoni nel tessuto bersaglio. I risultati clinici ottenuti con le due tecnologie sono simili ma difficilmente paragonabili, a causa della differente lunghezza del follow up e della mancanza di studi prospettici randomizzati di confronto. L’ABLATHERM è stato sviluppato in Francia in più di 10 anni di ricerche, test su animali e trattamenti su volontari, in cooperazione con l’INSERM (Institut National de la Santè et la Recherche Mèdicale) e con i Dipartimenti di Urologia degli Ospedali di Lione (Dubernard, Gelet), Parigi (Vallancien, Guilloneau), Nijmegen (Debruyne, De La Rosette), Monaco Harlaching (Chaussy, Thüroff) e Regensburg (Wieland, Kiel). Nel 1989 sono stati effettuati i primi esperimenti su reni di ratto con una tecnologia pionieristica, completamente diversa da quella attuale; nel 1990 si è testato l’HIFU nel trattamento sperimentale dei tumori di Dunning e nel 1991 si è provata la fattibilità di un approccio transrettale su prostate canine. Nel 1992 è stato effettuato uno studio sperimentale sulla tollerabilità del trattamento in pazienti volontari con ipertrofia prostatica e nel 1993 uno studio sull’efficacia del trattamento con HIFU del cancro della prostata umano. Nel 1995 sono state apportate modifiche sostanziali all’Ablatherm che hanno migliorato la sicurezza dell’apparecchiatura e nel 1996 è partito uno studio multicentrico europeo, che grazie ai risultati ottenuti, ha consentito il conferimento del marchio CE all’apparecchiatura Ablatherm®. Negli USA la tecnologia HIFU non è ancora stata approvata dall’Food and Drug Administration per la terapia del carcinoma prostatico, ma sono in corso 2 trials clinici che stanno valutando l’efficacia del trattamento nel carcinoma localizzato a basso rischio di progressione (NCT 00295802) ed in quello delle recidive locali dopo radioterapia esterna (NCT 00030277). In Italia, l’Ablatherm, viene già utilizzato in 18 centri ed il nostro è stato il secondo in ordine cronologico. L’apparecchiatura Ablatherm è costituita da un lettino di trattamento (figura 1) che incorpora il generatore HIFU, i computer tecnici, il sistema di raffreddamento, le pompe etc. Include, inoltre, un ecografo con sonda a 7.5 MHz per la pianificazione ed il monitoraggio del trattamento per via transrettale (figura 2) ed un modulo di controllo che comprende un monitor a cristalli liquidi (figura 3), una stampante ed un computer. Fig. 1 Fig. 2 Il trattamento viene effettuato in anestesia spinale dopo l’inserimento di una epicistostomia e, solitamente, l’esecuzione di una resezione transuretrale (TURP) di tessuto adenomatoso della prostata. Fig. 3 Scopo di questa resezione è rendere più rapida la ripresa delle minzioni spontanee, riducendo sia l’edema prostatico post trattamento, che il volume del tessuto necrotico da eliminare. La TURP, inoltre, serve a rimuovere l’eventuale microlitiasi prostatica, che potrebbe interferire con la diffusione degli ultrasoni, a ridurre il diametro prostatico antero-posteriore a 24 mm, per consentire che tutta la ghiandola entri nel collimatore della macchina, e a rimuovere il tessuto prostatico all’apice, dove la termoablazione non può spingersi, per evitare un’alta incidenza di incontinenza urinaria. Dopo la resezione il paziente viene posizionato in decubito laterale destro sul lettino di trattamento (figura 4) ed immobilizzato mediante cinghie e supporti specifici. Si effettua una delicata dilatazione dello sfintere anale e si introduce l’applicatore. Uno speciale palloncino posto intorno all’applicatore (figura 5) nel quale vengono introdotti e fatti circolare 150 cc di un fluido degassato e raffreddato fino a 5°C (Ablasonic), consente un accoppiamento acustico ottimale ed il raffreddamento della parete rettale. Notiziario dicembre 2008 31 Trafficante 30-35.qxp 19/11/2008 12.49 Pagina 3 Università-Ospedale All’interno dell’applicatore rettale è integrata una sonda ecografica biplanare a 7,5 MHz che viene utilizzata per la visualizzazione tridimensionale della prostata: l’immagine ecografica viene visualizzata sullo schermo del computer e l’operatore può selezionare le aree da trattare (in casi selezionati è quindi possibile un trattamento parziale della prostata o un trattamento extracapsulare). Dopo aver determinato la zona da trattare inizia l’erogazione degli ultrasuoni focalizzati ad alta intensità. Gli ultrasuoni (US) sono generati dalle vibrazioni di un trasduttore elettromeccanico piano (3MHz con 50 Watt di potenza) e foFig. 4 calizzati da una lente acustica e determinano onde di pressione nel punto focale, ove si generano fenomeni di cavitazione con formazione di micro bolle; la temperatura locale raggiunge gli 80-95 °C determinando la necrosi coagulativa del tessuto (figura 6). Si creano in tal modo delle lesioni fusiformi del diametro di 1,7 mm con una profondità variabile da 19 a 24 mm. Ogni emissione di US dura 5 secondi ed è intervallata da una pausa di altri 5 secondi; il trasduttore da 3 MHz (che emette gli US ad alta intensità) si muove sul piano trasversale e longitudinale consentendo di trattare il volume prostatico nel modo impostato dall’operatore (figura 7). In casi selezionati di tumori con sconfinamento capsulare mono o bilaterale (T3a) è possibile un trattamento extracapsulare includendo anche le vescichette seminali nei T3b. La durata media del Fig. 6 trattamento HIFU è di circa 120 minuti (180 minuti se si include l’anestesia e la resezione transuretrale). Gli studi istopatologici hanno dimostrato a 48 ore la completa distruzione del tessuto ghiandolare per necrosi coagulativa che raggiunge la capsula ed il grasso periprostatico; a 3 mesi il tessuto prostatico necrotico è completamente sostituito da tessuto fibroso (figure 8 e 9). Sulla scorta dei dati fin qui disponibili in letteratura si individuano 3 gruppi di pazienti che possono essere trattati con l’ABLATHERM: 1) Pazienti con neoplasia Fig. 7 intracapsulare (T1-2, N0, M0), Fig. 8 (a 48 ore) Fig. 5 La parete rettale, dello spessore di pochi mm, viene raffreddata ed in tal modo preservata dalle elevate temperature raggiunte a livello prostatico. Il pannello di controllo dell’apparecchiatura (figura 3) consente in tempo reale di monitorare in “A mode” la distanza dalla parete rettale (che deve essere compresa fra 3 e 6 mm), la temperatura del retto e la distanza dall’apice prostatico (7 mm), per prevenire lesioni dello sfintere striato. Quando il cancro è bilaterale viene trattato l’intero volume della ghiandola. Nel caso in cui il cancro sia unilaterale è possibile il trattamento parziale di una sola metà della prostata; tanto consentirebbe teoricamente di preservare la funzione erettile in circa 2/3 dei casi. 32 Notiziario dicembre 2008 Fig. 8 (a 3 mesi) Trafficante 30-35.qxp 19/11/2008 12.49 Pagina 4 Università-Ospedale non candidabili a prostatectomia radicale o a radioterapia per età, comorbilità o che rifiutino tali procedure. 2) Pazienti con recidiva locale istologicamente dimostrata dopo radioterapia, dopo prostatectomia radicale, brachiterapia, o dopo HIFU. 3) Pazienti con neoplasia verosimilmente localmente avanzata (T3, N0, M0) o ad alto rischio di progressione, anche se in ormonoterapia neo e/o adiuvante (indicazione non ancora validata). L’efficacia oncologica di una terapia è spesso difficile da dimostrare, esistono tuttavia degli indicatori biochimici (PSA) ed istologici (biopsia prostatica) che consentono di verificare l’effetto terapeutico dell’HIFU. Il follow-up dopo la procedura prevede, infatti, il controllo del PSA a 6, 12 settimane e successivamente ogni 3 mesi, biopsie prostatiche a 6 mesi o in caso di PSA failure. In tal modo è possibile ottenere un rapido riscontro della efficacia dell’ HIFU ed eventualmente pianificare più precocemente il ritrattamento dei pazienti con malattia residua o recidiva. Dei 559 pazienti affetti da malattia localizzata (T1-2) trattati nello Studio Europeo Multicentrico, 87,2% hanno mostrato biopsie post HIFU negative a 6 mesi ed il valore del PSA post trattamento è stato inferiore o uguale a 0,4 ng/ml nel 75% dei casi e inferiore a 1 ng/ml nell’83,8%. Il tasso di riscontri bioptici negativi era 92,1% nei pazienti a basso rischio (T1-2a con PSA < o = 10 ng/ml e Gleason score < o = 6), 86,4% nei pazienti a rischio intermedio (T2b o con PSA compreso fra 10 e 20 ng/ml e Gleason score 7) e 82,1% nei pazienti ad alto rischio (T2c o con PSA > 20 ng/ml o Gleason score > o = 8) (2). Non si sono mai verificati casi di mortalità durante o dopo il trattamento, né casi di embolia, sepsi, linfocele o emorragia tale da richiedere emotrasfusione. L’evento di maggiore gravità è stato la formazione nel primo mese successivo al trattamento HIFU di una fistola retto-uretrale. Questo inconveniente non si è mai verificato, in questo studio, dopo un trattamento HIFU di prima istanza. Il rischio era elevato solo nei casi in cui il trattamento HIFU veniva effettuato in seconda o terza istanza, dopo altri trattamenti locali chirurgici o radianti o precedenti trattamenti HIFU. Non è mai stata evidenziata un’incontinenza grave nei casi di trattamento di prima istanza, mentre in pochi casi si è verificata una lieve incontinenza da stress nei primi mesi dopo il trattamento HIFU, normalmente risolta con fisioterapia dei muscoli del pavimento pelvico. In quasi tutti è stata riscontrata un’ostruzione dell’uretra prostatica dopo il trattamento, conseguente all’edema del tessuto prostatico. Per questo motivo, prima del trattamento HIFU, è stato sempre inserito un catetere sovrapubico. Nel 30% della popolazione maschile ultrasettantenne affetta da carcinoma prostatico è spesso coesistente una ostruzione cervico-uretrale: questi pazienti traggono un duplice beneficio da questa tecnica, ottenendo il controllo oncologico della neoplasia e la disostruzione cervico-uretrale grazie alla TURP. Il catetere sovrapubico consente un agevole svuotamento della vescica, una costante verifica del residuo urinario e permette di valutare esattamente il momento in cui rimuovere il catetere uretrale. Tanto consente al paziente di tornare alla vita normale entro pochi giorni dal trattamento HIFU; i pazienti sottoposti alla procedura combinata TURP + HIFU riprendono ad urinare normalmente entro 7-14 giorni. La TURP ove non effettuata prima del trattamento, non è raccomandata nei primi tre mesi dopo l’HIFU, a causa del rigonfiamento dei tessuti prostatici, delle variazioni dell’anatomia regionale e del maggior rischio di incontinenza. L’infezione vescicale, prostatica ed uretrale è evento comune dopo un trattamento endourologico, pertanto è consigliato il controllo batteriologico delle urine prima del trattamento e 2-4 settimane dopo, al fine di diagnosticare infezioni del tratto urinario prima che queste diventino sintomatiche. La somministrazione profilattica di antibiotici viene comunque effettuata per circa 7 giorni. La funzione erettile è controllata dai nervi che passano postero-lateralmente alla prostata in prossimità della capsula e può essere mantenuta nei 2/3 dei casi se il trattamento è effettuato su un solo lobo della prostata (cancro unilaterale). Se si deve trattare l’intera ghiandola prostatica la potenza viene mantenuta solo in circa 1/3 dei casi. L’HIFU potrebbe essere un trattamento alternativo alla chirurgia ed alla radioterapia nei tumori localizzati e sembrerebbe determinare un percentuale analoga di successi con una minore morbilità ma, al momento, non sono disponibili studi con un adeguato follow up (almeno 15 anni) che dimostrino la costanza nel tempo dei risultati ottenuti. Fra gli studi più recenti vi è quello di Poissonnier su 227 pazienti, che ha dimostrato, in tumori a basso e medio rischio, una DFSR (disease free survival rate) del 66% a 5 anni con 86% di biopsie negative. Blana ha presentato i risultati relativi al trattamento di 140 pazienti con carcinoma prostatico localizzato, con follow up di 8 anni, con una sopravvivenza cancro specifica del 98%, una DFSR del 59% e con l’86.4% di biopsie negative. La nostra esperienza Da maggio 2002, in 6 anni, abbiamo sottoposto a 170 termoablazioni della prostata con ultrasuoni focalizzati ad alta energia 145 pazienti affetti da carcinoma della prostata, non candidabili a prostatectomia radicale per alto rischio anestesiologico, per stadio clinico, per età superiore a 75 anni o per loro espressa volontà, pur edotti sulle terapie alternative codificate. Le caratteristiche dei pazienti trattati, stadiati clinicamente secondo il TNM 1992, e secondo il rischio di progressione (basso, intermedio, alto) proposto da D’Amico sono elencate nella tabella I. Pazienti sottoposti a 1 trattamento 145 Pazienti sottoposti a ritrattamento 25 Età media 74,4 anni (range 44 – 86) PSA medio pre trattamento 28,1 ng/ml (range 0,1 – 143,3) Volume ghiandolare medio 37,6 ml (range 9 - 172) Tumori a basso rischio di progressione 29 Tumori a medio rischio di progressione 21 Tumori ad alto rischio di progressione 95 Gleason score medio 6,3 Follow-up medio 47,1 mesi Notiziario dicembre 2008 33 Trafficante 30-35.qxp 19/11/2008 12.49 Pagina 5 Università-Ospedale Tabella I (Pazienti trattati) L’età media era 74,4 anni (range 44-86), il valore medio del PSA pretrattamento 28,1 ng/ml (range 0,1-143,3) ed il Gleason score medio 6,3; in 29 casi si trattava di neoplasie a basso rischio di progressione (T1-T2a con Gleason Score < o = a 6 e PSA < o = a 10 ng/ml), in 21 di neoplasie a medio rischio di progressione (T2b o Gleason Score 7 o PSA fra 10,1 e 20 ng/ml) ed in 95 casi di neoplasie ad alto rischio di progressione (> o = T2c o Gleason Score > 7 o PSA > 20 ng/ml); in 24 casi si trattava di neoplasie in stadio T3 ed in 1 caso T4. Tutti i pazienti sono stati studiati con ecografia renale, vescicale e prostatica transrettale, con uroflussometria, con TAC e scintigrafia ossea solo in caso di PSA > di 10 ng/ml ed a tutti sono stati somministrati i questionari I-PSS (valuta l’entità dei sintomi disurici), QoL (valuta la qualità di vita) e IIEF 5 (valuta la efficienza erettile del paziente), prima ed a 3 mesi dal trattamento. Il 53% dei pazienti era affetto da ostruzione cervico-uretrale medio-severa (Q max <10 ml/sec con RPM > 50 ml o I-PSS > 20). Al fine di localizzare più accuratamente la neoplasia da trattare, abbiamo adottato un mappaggio bioptico della prostata con 16 prelievi (5 per lato nella prostata periferica, 2 per l’apice, 2 per la zona di transizione e 2 per le vescichette seminali). Prima dell’HIFU è stata eseguita un’epicistostomia di minima ed una TURP di debulking. L’intera procedura è stata eseguita in anestesia spinale ed ha avuto una durata media di 200 minuti. In 4 pazienti è stato effettuato un ritrattamento per strategia terapeutica, essendo molto voluminosa la prostata (> 100 cc) ed in 21 casi per persistenza della neoplasia alla biopsia di controllo a 6 mesi. La degenza postoperatoria media è stata di 4,6 giorni e la minzione spontanea si è ottenuta mediamente dopo 8,8 giorni, durante i quali l’epicistostomia è stata mantenuta in situ. Il follow up medio è di 47,1 mesi, con determinazioni del PSA a 6 e 12 settimane e successivamente ogni 3 mesi ed esecuzione di biopsia prostatica dopo 6 mesi dall’HIFU. È stato considerato indice di successo “biochimico” un PSA post-trattamento stabilmente < 0,5 ng/ml e indice di successo istopatologico la negativizzazione della biopsia prostatica a 6 mesi dal trattamento. Il success rate biochimico (PSA < 0,5 ng/ml) è stato 84,0% nei tumori a basso e medio rischio di progressione e 43,1% in quelli ad alto rischio di progressione; il success rate istopatologico è stato 92,8% nei pazienti con neoplasie a basso e medio rischio di progressione e 63,3% nel gruppo ad alto rischio (tabella II). PSA stabilmente < 0,5 ng /ml Biopsie negative basso e medio rischio di progressione 84,0 % 92,8 % alto rischio di progressione 43,1 % 63,3 % Tabella II (Risultati) A dimostrazione del buon controllo locale della malattia, abbiamo rilevato a soli 6 mesi dal trattamento, un reperto digito-rettale indistinguibile da quello che si riscontra dopo 34 Notiziario dicembre 2008 una prostatectomia radicale nel 91,7% dei pazienti ed una completa negativizzazione del reperto ecografico transrettale nel 89,0% di essi. Tutti i pazienti hanno mostrato un miglioramento della uroflussimetria post-operatoria (Q max valore medio 15.7 ml/sec), in assenza di significativo residuo post-minzionale (sempre <50 ml). La riduzione del punteggio I-PSS non è risultata però statisticamente significativa rispetto al punteggio pre-operatorio. Gli eventi avversi, registrati mediante un apposito database, sono stati: UTI asintomatiche nel 17,5% dei casi, prostatiti nel 2,9%, orchiepididimiti nel 1,7%, ematuria nel 3,5%, stenosi dell’uretra nel 7,6%, sclerosi del collo vescicale nel 12,3% e dolore emorroidario nel 0,5%. Una stress incontinence di grado lieve, ossia una perdita di urine in occasione di esercizi pesanti, con utilizzo di non più di un pannetto/die, si è osservata nel 4,1 % dei casi ed una disfunzione erettile nel 77,8% dei pazienti potenti prima del trattamento (tabella III). Infezioni urinarie asintomatiche 17,5 % Prostatiti 2,9 % Orchiepididimiti 1,7 % Ematuria macroscopica 3,5 % Sclerosi del collo 12,3 % Stenosi uretra 7,6 % Dolore emorroidario 0,5 % Stress incontinence lieve 4,1 % Disfunzione erettile 77,8 % Fistola 1 (T3c) Tabella III (Complicanze) I pazienti con PSA failure sono attualmente in terapia con bicalutamide 150 mg/die; abbiamo registrato solo 2 decessi per progressione di malattia ed 1 decesso per complicanza grave (fistola rettale). Conclusioni Sebbene i risultati della prostatectomia radicale, radioterapia e brachiterapia siano eccellenti nei pazienti a basso rischio di progressione, questi trattamenti non ottengono risultati altrettanto favorevoli nella malattia ad alto rischio, così come riportato da D’Amico (PSA failure del 50% a 5 anni, contro il 25% nei pazienti a basso rischio) in uno studio retrospettivo su più di 1800 pazienti con carcinoma prostatico localizzato trattati con tali metodiche. Il trattamento raccomandato per i pazienti con carcinoma prostatico ad alto rischio prevede la radioterapia, la radioterapia in combinazione con la terapia ormonale o la prostatectomia radicale in casi selezionati. Le evidenze più forti sono a favore del trattamento combinato con radioterapia e terapia ormonale, in quanto sembra che la terapia ormonale, con un effetto sinergico, incrementi l’effetto citotossico indotto dalle radiazioni e riduca il rischio di metastasi a distanza per una potenziale sterilizzazione delle micrometastasi già presenti al momento della diagnosi. Alcuni trials controllati randomizzati quali EORTC 22863 e RTOG 8610, 8831, 9202, hanno messo in evidenza come la terapia di combinazione Trafficante 30-35.qxp 19/11/2008 12.49 Pagina 6 Università-Ospedale fornisca un significativo vantaggio in termini di sopravvivenza rispetto alla sola radioterapia. Una possibile indicazione per pazienti con neoplasia localmente avanzata potrebbe essere l’HIFU, anche se il suo utilizzo è ancora da considerarsi “ investigativo” non essendo ancora disponibili risultati clinici su un ampio numero di pazienti e, soprattutto, un follow up a lungo termine. Thuroff, nel 2001, ha riportato i risultati relativi al trattamento di solo 24 pazienti con malattia localmente avanzata: il 50% non aveva evidenza di malattia residua alla biopsia di controllo, nel restante 50% il volume della neoplasia era ridotto dell’80% con la possibilità di eseguire un secondo trattamento. Ficarra ha riportato in uno studio prospettico su 30 pazienti ad alto rischio e/o con malattia localmente avanzata, trattati con HIFU associato a LH-RH analoghi, ad 1 anno di follow up, che il 90% dei pazienti aveva un PSA < 0.3 ng/ml con il 77% di biopsie di controllo negative ; non si evince però se tal risultato sia attribuibile all’ HIFU o al trattamento ormonale. Lee su 19 pazienti ad alto rischio di progressione con un follow up di 14 mesi, ha riportato, dopo un singolo trattamento HIFU, risultati favorevoli nel 47% dei casi. I risultati da noi ottenuti, su un numero più ampio di pazienti e con un follow up medio di quasi 4 anni, appaiono abbastanza soddisfacenti. L’HIFU sembra “radicalizzare” il 43,1% dei pazienti ad alto rischio di progressione, verosimilmente quelli con carcinoma solo localmente avanzato, che non abbiano localizzazioni linfonodali e metastatiche; nei rimanenti, ottiene solo un buon controllo locale della malattia attraverso un debulking della massa neoplastica. In ogni caso il trattamento HIFU migliora la qualità di vita di questi pazienti risolvendo l’ostruzione cervico-uretrale, spesso coesistente, e posticipando nel tempo il ricorso alla terapia ormonale. La morbilità correlata al trattamento HIFU sembra accettabile, ad eccezione dell’elevato tasso di D.E. riscontrato a causa dell’estensione extracapsulare del trattamento, con evidente sacrificio bilaterale dei nervi erigentes. È cattiva consuetudine avviare alla terapia ormonale pazienti con aspettativa di vita inferiore a 10 anni, affetti da carcinoma prostatico localizzato o localmente avanzato, clinicamente N0M0. Il costo di questa terapia palliativa è rilevante per la collettività e i ben noti effetti collaterali di questi farmaci condizionano pesantemente la qualità di vita di questi pazienti. In questi casi un trattamento locale come l’HIFU ottiene migliori risultati con un costo di gran lunga inferiore. La radioterapia definitiva non presenta una particolare morbilità in pazienti con aspettativa di vita inferiore a 10 anni, ma non è spesso proponibile in questi pazienti, per la pletora delle liste d’attesa, per la carenza e scarsa accessibilità geografica di “efficienti” centri di radioterapia conformazionale e di brachiterapia; inoltre non risolve l’ostruzione cervico-uretrale spesso presente (il 30% dei pazienti ultrasettantenni presenta sintomi da ostruzione cervico uretrale). L’ associazione TURP e HIFU potrebbe essere razionale nei pazienti con una spettanza di vita inferiore a 10 anni in caso di coesistenza di ostruzione cervico-uretrale. L’HIFU è una tecnologia ormai abbastanza ben sviluppata e di dimostrata efficacia, così come riportato dai numerosi lavori presenti in letteratura, per il trattamento del carcinoma prostatico localizzato nei pazienti non candidabili alla chirurgia per età, comorbilità o che rifiutino la terapia chirurgi- ca e, riteniamo, sarà in futuro una valida alternativa alla radioterapia. Questa terapia è caratterizzata da mini invasività, bassa incidenza di complicanze e possibilità di un rapido riscontro dell’efficacia della metodica a breve termine. A differenza di altre terapie di salvataggio è ripetibile solo con un lieve incremento degli effetti collaterali. Consente un buon compromesso fra risultati oncologici e funzionali, così come emerso dagli oltre 7.700 trattamenti eseguiti in più di 75 centri. Sulla base dei nostri risultati l’HIFU, nel trattamento del carcinoma prostatico ad alto rischio e/o localmente avanzato, sembra essere fattibile ed efficace considerando i risultati funzionali favorevoli, la bassa percentuale di complicanze e soprattutto i promettenti risultati oncologici. Sarà ovviamente necessario un follow up più lungo per valutare la costanza nel tempo di questi risultati. * ASL BA, U.O. Clinicizzata di Urologia, P.O. Di Venere – Bari Carbonara. Notiziario dicembre 2008 35