Capitolo 6

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Dal ’48 alla Comune di Parigi
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u 1. Il secondo impero in Francia
u 2. Le aspirazioni unitarie della Prussia
u 3. Il riassetto dell’impero austriaco
u 4. La modernizzazione della Russia
u 5. L’Inghilterra in età vittoriana
u 6. La guerra civile americana
u 7. La guerra franco-prussiana e la nascita dell’impero tedesco
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secondo impero in Francia
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u 1. Il
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All’esplosione rivoluzionaria del 1848 in Francia segue, nel 1849, un
periodo di quiete sociale con un nuovo Napoleone, Luigi Bonaparte, che chiude il periodo rivoluzionario con la già sperimentata sintesi bonapartista dell’ordine reazionario, della pace borghese e della
demagogia. Il colpo di Stato del 2 dicembre 1852 e la proclamazione
di un Secondo impero francese consacrano un nuovo assetto politico
caratterizzato da provvedimenti di tipo repressivo che risultano graditi a
una borghesia desiderosa di veder garantito al paese l’ordine sociale. Tra
i provvedimenti adottati da Luigi Napoleone vi sono la limitazione della
libertà di stampa e del diritto di voto e la sottoposizione della nomina
degli insegnanti delle scuole pubbliche al controllo dei prefetti. Viene
anche favorito l’insegnamento nelle scuole cattoliche.
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I borghesi rinunciano, così, agli ideali libertari e
Il programma
di Napoleone III progressisti del ’48, assestandosi su posizioni con-
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servatrici per salvaguardare i propri privilegi.
Nipote di Napoleone Bonaparte, il nuovo imperatore assume il nome
di Napoleone III (viene infatti considerato Napoleone II lo sfortunato
figlio del Bonaparte morto giovanissimo alla corte di Vienna) e trova
un consistente appoggio nell’alta borghesia industriale e finanziaria e
nei clericali, ai quali garantisce una protezione contro la minaccia (ormai lontana) di una rivoluzione anarchica e proletaria. Napoleone III
beneficia anche dell’appoggio delle masse contadine che non hanno
partecipato ai moti del ’48 e che assicurano un’entusiastica adesione al
programma restauratore del nuovo imperatore.
Il regime sa sfruttare pure la favorevole congiuntura economica che fa
registrare un consistente sviluppo delle medie industrie. Il settore trainante è quello delle costruzioni ferroviarie che determinano la rapida
espansione dell’industria siderurgica. Anche nel settore agricolo si registrano consistenti progressi con l’introduzione di miglioramenti tecnici e
della specializzazione delle colture.
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Inoltre, l’imperatore inaugura un’attiva politica di grandi opere pubbliche mirata a conquistare il consenso popolare. È soprattutto a Parigi che si hanno le manifestazioni più
spettacolari di tale politica con l’abbattimento di molti vecchi quartieri e l’edificazione
di nuovi monumentali palazzi su amplissimi viali, i boulevards. Queste realizzazioni
hanno anche una finalità strategica in quanto, con la distruzione delle viuzze dei vecchi
quartieri, viene scongiurato il pericolo di barricate come quelle innalzate dai rivoluzionari in passato. Negli ampi boulevards, infatti, sarebbe stato più facile consentire l’accesso
alla cavalleria e all’artiglieria.
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Napoleone III, nel tentativo di riaffermare il prestigio e l’influenza della
Francia sul continente europeo, tenta anche di ridimensionare il prestigio politico dell’Austria e guarda favorevolmente agli avvenimenti della
guerra di Crimea che incrinano l’alleanza tra gli austriaci e l’impero russo. L’imperatore si fa sostenitore anche dell’ideale di nazionalità (che
costituisce una pericolosa eresia per il multinazionale impero asburgico), intravedendone la poderosa forza dirompente.
Dopo il 1860 Napoleone III adotta una politica più
liberale per riacquistare il favore delle più importanti componenti sociali del paese. La sua condotta autoritaria, infatti, causa un diffuso malcontento. Anche per quanto riguarda l’appoggio offerto a Cavour nella guerra contro l’Austria, l’intervento
di Napoleone III ha come principale effetto quello di inimicargli i clericali a causa della riduzione territoriale avvenuta a danno dello Stato
Pontificio. Il fatto che lo Stato unitario italiano, poi, non sia disposto a
gravitare nell’orbita francese così come aveva sperato l’imperatore, ne ha
ulteriormente diminuito il prestigio.
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Il malcontento
dei francesi
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Esiste, quindi, una variegata opposizione all’interno del paese:
— la borghesia industriale è contraria alla politica liberoscambista che il sovrano ha
adottato seguendo l’esempio inglese;
— i liberali insistono nel chiedere il ripristino di libere istituzioni;
— i ceti operai che Napoleone ha tentato di accattivarsi con la costruzione di opere
pubbliche, subiscono sempre più il condizionamento delle idee socialiste.
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Una politica di concessioni alle opposizioni si fa improcrastinabile quando, nel 1863, le elezioni fanno
registrare un consistente incremento dei voti liberali e repubblicani. L’imperatore si convince, quindi, ad accordare il diritto
di associazione agli operai e ripristina le libertà di riunione e di stampa
(1868). Nel 1870, infine, viene nominato primo ministro l’ex repubblicano Emile Ollivier che aveva partecipato ai moti del ’48.
Napoleone III cerca di rafforzare il suo prestigio facendosi portatore di
un’ambiziosa politica estera che non dà, però, i frutti sperati.
Egli cerca di inserirsi anche nella guerra civile messicana tra conservatori e liberali partecipando nel 1864, d’accordo con l’Austria, a un
tentativo di organizzare in Messico un impero con a capo Massimiliano
d’Asburgo. La spedizione viene ritirata due anni dopo, soprattutto per
fronteggiare la seria minaccia che il rafforzamento della Prussia rappresenta per la Francia. Massimiliano, rimasto in Messico, viene sconfitto
dal movimento riformatore guidato da García Juárez e fucilato nel 1867.
Oltre a rappresentare una perdita di prestigio all’interno del paese, que-
Concessioni
alle opposizioni
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aspirazioni unitarie della Prussia
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sto episodio causa anche un nuovo raffreddamento nei rapporti con
l’Austria.
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Conservata, sia pure solo formalmente, la Costituzione concessa nel
1849, la Prussia sviluppa fortemente la propria economia e potenzia
l’apparato militare.
Lo sviluppo economico riceve un impulso decisivo dallo sfruttamento
dei giacimenti di carbone e ferro che va di pari passo con il moltiplicarsi
delle industrie (soprattutto tessili) e degli istituti di credito. La Prussia,
inoltre, esclude volontariamente l’Austria dallo Zollverein, in modo da
conservare la propria posizione di forza all’interno di questa unione
doganale che favorisce gli scambi commerciali tra i paesi tedeschi, rafforzandone i legami.
La borghesia industriale del paese si fa portavoce dell’ideale unitario delle popolazioni tedesche, vagheggiando un regime costituzionale e parlamentare, mentre la monarchia prussiana, anch’essa
sostenitrice dell’unificazione tedesca, considera il problema nell’ottica di un rafforzamento dell’egemonia della Prussia nei confronti
degli altri Stati tedeschi. L’atteggiamento prussiano si precisa meglio
quando Guglielmo I, nel 1852, subentra come reggente al fratello Federico Guglielmo IV. Il reggente (che sarebbe divenuto re nel
1861) cerca di attuare una riorganizzazione dell’esercito nell’ottica
di una politica di potenza e come strumento capace di infondere la
disciplina in tutta la vita del paese. La riorganizzazione voluta dal re
provoca un conflitto costituzionale, in quanto il parlamento rifiuta di
approvare il potenziamento dell’esercito. Il rifiuto, dovuto in buona
parte all’atteggiamento contrario dei deputati liberali, porta Guglielmo I quasi sul punto di abdicare.
L’ultimo tentativo che viene compiuto per risolvere
il conflitto è quello di istituire un nuovo ministero,
a capo del quale viene posto Otto von Bismarck
(1862), un aristocratico prussiano appartenente alla classe degli Junkers (i proprietari terrieri che tradizionalmente ricoprono i posti-chiave
nell’esercito e nell’amministrazione statale).
La dichiarazione con la quale Bismarck inizia la sua attività di governo
riassume lapidariamente l’essenza della sua politica: «Le frontiere della
Prussia stabilite dai trattati di Vienna non sono favorevoli ad una vita
sana dello Stato: i problemi attuali non saranno risolti con discorsi e
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La politica
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decisioni prese a maggioranza — questo fu l’errore nel 1848 e nel 1849
— ma col ferro e col sangue».
Deciso fautore dell’unificazione tedesca e ostile al liberalismo, Bismarck
è fermamente convinto del fatto che l’ideale unitario sia raggiungibile
solo attuando il perseguimento di una decisa politica antiaustriaca. Il
rafforzamento dell’esercito, nonostante il voto contrario del parlamento
(che viene scavalcato), è uno dei cardini di tale politica.
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La presa di posizione antiaustriaca si rende necessaria in quanto è evidente che
la soluzione da dare al problema dell’unità della Germania non può essere quella
grande-tedesca che avrebbe comportato il predominio assoluto dell’impero austriaco.
Per rafforzare la propria posizione militare e prepararsi, così, a uno scontro con l’Austria,
al fine di escluderla definitivamente dal progetto unitario tedesco, Bismarck organizza
un’efficiente copertura strategico-diplomatica. Oltre a guadagnarsi la riconoscenza della
Russia (appoggiandola nella repressione dell’insurrezione polacca del 1863), il cancelliere prussiano approfitta del riproporsi della questione dei ducati danesi.
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I ducati dello Schleswig e dell’Holstein, abitati per lo più da popolazioni tedesche, erano posti sotto l’amministrazione della Danimarca.
In seguito al tentativo del re danese, Cristiano IX, di annettersi direttamente lo Schleswig, Austria e Prussia (a nome della Confederazione
germanica) attaccano la Danimarca che deve arrendersi (1864). L’amministrazione dei ducati viene affidata congiuntamente all’Austria e alla
Prussia, ma Bismarck, dopo essersi assicurato l’isolamento diplomatico
dell’Austria (Napoleone III si è impegnato a rimanere neutrale e l’Italia,
in caso di guerra, sarebbe intervenuta contro l’Austria per annettersi il
Veneto), prende a pretesto il problema della sistemazione dei ducati danesi per proporre la convocazione di un’assemblea che avrebbe dovuto
deliberare sulla riforma della Confederazione germanica, escludendone
completamente l’influenza austriaca.
Il prevedibile rifiuto dell’Austria dà il via alla guerra
La guerra
austro-prussiana austro-prussiana (16 giugno 1866) che, contraria-
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mente alle previsioni, si rivela una guerra brevissima, la prima guerra-lampo tedesca, resa possibile dalla superiorità militare delle truppe prussiane, sotto la direzione del ministro della Guerra
von Roon e del capo di stato maggiore von Moltke.
Il conflitto si conclude, dopo la decisiva vittoria dei prussiani a Sadowa,
con la Pace di Praga (1866), in base alla quale la Prussia impone la
propria autorità sui ducati danesi, l’Hannover, l’Assia-Cassel, il Nassau e
la città libera di Francoforte. L’Austria è costretta a uscire dalla Confederazione germanica, che viene riorganizzata in una Confederazione del
Nord (sotto la diretta egemonia prussiana) e in una Lega indipendente
del Sud (legata militarmente alla Prussia tramite un’alleanza che BiDal ’48 alla Comune di Parigi
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smarck mantiene segreta per non allarmare Napoleone III, ormai preoccupato dalle mire espansionistiche della Prussia). In tal modo, l’Austria
perde definitivamente quell’egemonia sul mondo tedesco che le era
stata assegnata al Congresso di Vienna tramite la funzione di controllo
sulla Confederazione germanica. Più in generale, si ridimensiona drasticamente la stessa posizione europea dell’impero asburgico.
La vittoria prussiana consente all’Italia di annettersi il Veneto che, per
somma umiliazione, le viene concesso soltanto tramite la Francia, a sottolineare che tale cessione deriva da un accordo diplomatico, non certo
dal risultato di una vittoria militare. La Prussia, a sua volta, inaugura
un regime che si basa sulla stretta connessione tra potere economico e
potenza militare. Il passo successivo sarebbe stato quello di realizzare
l’unità dei tedeschi e di imporre l’egemonia della Germania sul continente europeo. L’ostacolo alle mire di Bismarck è ormai rappresentato
solo da Napoleone III.
«La forza supera il diritto»
(www.cronologia.it)
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Otto von Bismarck (1815-1898) fu l’uomo politico che fece della Prussia uno degli Stati
più importanti dell’Europa e la fece diventare nucleo e motore della nascente Germania.
All’inflessibile “Cancelliere di ferro” gli avversari attribuirono una frase che viene spesso
ripetuta: «La forza supera il diritto». Bismarck negò di averla pronunciata, ma essa resta
come il fondo del suo pensiero, la base della sua politica. E poiché questo pensiero messo in
azione riuscì a fare l’opera sognata più di quanto nessuno avesse immaginato, esso finì per
diventare la norma regolatrice della politica tedesca e quindi anche del pensiero nazionale
tedesco. La generazione dopo il 1870, quella cresciuta con Bismarck, dominatore della vita
politica per quasi trent’anni, finì per imbeversi talmente della propria gloria da giudicare
la civiltà tedesca di gran lunga superiore alle altre e da considerare come suo dovere quello
d’imporla a tutto il mondo. Con quale mezzo? Con lo stesso adottato con tanto successo dal
“Cancelliere di ferro”: «Con la forza delle armi».
Con la forza delle armi, Bismarck riuscì a trasformare il suo Paese, la Prussia, da Stato subordinato all’Austria nella massima potenza continentale europea, riunendolo dopo secoli
di divisione nazionale.
Nel 1890, quello che fu definito «il grande burattinaio», «l’onesto sensale», trasformatosi
in uomo di pace, lasciò il potere e rimase in disparte fino alla morte (1898), perché in urto
con il nuovo giovane sovrano Guglielmo II; ma quella struttura autoritaria e quell’aggressiva impronta militarista — iniziate già nel periodo federiciano — rimasero e portarono la
Germania prima al disastro della prima guerra mondiale, poi, fortemente decisi a rivalersi
della umiliante sconfitta, con un “caporale” alla guida, al disastro della seconda.
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Il processo di decolonizzazione
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I movimenti indipendentisti, già presenti da tempo nei paesi afroasiatici,
acquistano forza con la seconda guerra mondiale anche grazie all’appoggio delle grandi potenze. A guerra finita, dunque, le forze indipendentiste rimangono mobilitate e pronte a battersi contro i regimi coloniali e un ruolo decisivo in questo processo è svolto dalle contrapposizioni
ideologiche scaturite dalla «guerra fredda». Le due potenze vincitrici, liquidando il vecchio ordine mondiale fondato sull’eurocentrismo, cercano di eliminare il dominio europeo sui paesi dell’Asia e dell’Africa per
poi imporre la loro egemonia sul Terzo Mondo. Anche per questo, il
processo di decolonizzazione procede tra resistenze e difficoltà.
Nello specifico, mentre la Gran Bretagna mette in atto un graduale processo di allentamento del proprio dominio coloniale, concedendo Costituzioni e trasformando l’impero in una comunità di nazioni sovrane
(Commonwealth), la Francia oppone una violenta resistenza ai movimenti indipendentisti, in nome di una politica assimilatrice diretta a riunire colonie e madrepatria in un unico Stato, nel quale i popoli dominati
possano usufruire di una parità di diritti puramente formale rispetto ai
dominatori. Ciò spiega, quindi, l’accanimento con cui i francesi si impegnano, a partire dal 1954, in una sanguinosa lotta contro il movimento di
liberazione algerino, risultato vittorioso, infine, nel 1962. Analogamente,
non è disposto a rinunciare facilmente alle proprie colonie anche il Portogallo, i cui possedimenti — con particolare riferimento ad Angola e
Mozambico — raggiungono l’indipendenza solo negli anni ’70.
Per il resto, occorre comunque sottolineare che, tra gli anni ’50 e l’inizio
degli anni ’60, il processo di decolonizzazione ha modo di svilupparsi
in maniera imponente, tanto che riescono a conseguire l’indipendenza
quasi tutti i popoli africani e asiatici.
Tuttavia, l’indipendenza politica non risolve i problemi delle ex colonie.
Spesso si tratta di un’indipendenza poco più che formale, perché di
fatto la direzione dell’economia resta saldamente nelle mani delle classi
dirigenti occidentali e i rapporti di sfruttamento rimangono inalterati. Le
classi dirigenti dei paesi colonizzati non sempre si rivelano all’altezza dei
problemi che hanno davanti, mentre il divario complessivo tra il Nord e
il Sud del mondo, le cui economie erano e sono sempre più interdipendenti, tende di fatto ad accentuarsi. Con la Conferenza di Bandung
(Indonesia) del 1955 si ha il primo tentativo di creare una politica comune tra le ex colonie, lungo una direttiva che tende a eludere l’ordine
bipolare stabilito a Jalta nel 1945.
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La decolonizzazione in Africa dopo la seconda guerra mondiale
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1946: Conferenza di pace a Parigi.
Abdicazione di Vittorio Emanuele III.
Referendum istituzionale e proclamazione della repubblica in Italia (2 giugno).
Proclamazione della repubblica in Ungheria, Bulgaria e Albania.
Restaurazione della monarchia e guerra civile in Grecia.
Creazione del Welfare State in Gran Bretagna.
J.D. Perón presidente dell’Argentina.
1947: Firma dei trattati di pace a Parigi.
Nascita del Benelux.
Nascita del Cominform.
Governo centrista di A. De Gasperi in Italia.
Enunciazione della Dottrina Truman.
L’Assemblea generale dell’ONU vota la spartizione della Palestina fra arabi ed ebrei.
Indipendenza dell’India e del Pakistan.
1948: Entra in vigore la Costituzione della repubblica italiana (1° gennaio).
Successo elettorale della DC.
L. Einaudi presidente della Repubblica.
Inizia il «blocco di Berlino» (giugno).
Il Congresso USA approva il Piano Marshall.
H. Truman rieletto presidente degli USA.
Nascita dello Stato d’Israele e prima guerra arabo-israeliana.
Assassinio di Gandhi in India.
Separazione delle due Coree.
Vittoria del Partito nazionalista e piena attuazione dell’apartheid
in Sudafrica.
1949: Nascita del COMECON.
Divisione della Germania in RFT e RDT.
A Washington, negli USA, vengono firmati gli accordi che danno vita alla NATO (4 aprile).
Mao Tse-tung fonda la Repubblica popolare cinese.
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Le Nazioni Unite affidano all’Italia l’amministrazione fiduciaria
della Somalia.
1950: Nascita dei sindacati CISL e UIL.
Istituzione della Cassa per il Mezzogiorno.
Legge sulla riforma agraria in Italia.
Campagna anticomunista in USA di J.R. McCarthy.
Scoppia la guerra tra le due Coree.
La Cina occupa il Tibet.
1951: Istituzione della CECA.
Trattato di San Francisco.
1952: Grecia e Turchia entrano nella NATO.
Elisabetta II succede al padre Giorgio VI sul trono britannico.
D. Eisenhower presidente degli USA.
Fine dell’occupazione alleata in Giappone.
Hussein re di Giordania.
1953: Nascita dell’ENI.
Morte di Stalin.
Krusciov segretario del PCUS in URSS.
Esecuzione dei coniugi Rosenberg negli USA.
Armistizio tra le due Coree.
1954: Restituzione di Trieste all’Italia.
Mozione di censura votata dal Senato in USA contro J.R. McCarthy.
Nasser prende il potere in Egitto.
In Algeria inizia la guerra di liberazione dal dominio coloniale
francese.
1955: G. Gronchi presidente della Repubblica.
Ammissione dell’Italia all’ONU.
Ammissione della Germania Federale nella NATO.
Patto di Varsavia.
Colpo di Stato in Argentina e caduta di Perón.
Conferenza di Bandung.
1956: In Italia si insedia la Corte Costituzionale.
Unione Sovietica: XX Congresso del PCUS e denuncia dei crimini di Stalin da parte di Krusciov.
Scioglimento del Cominform.
Agitazioni anticomuniste in Ungheria.
Eisenhower rieletto presidente degli USA.
Seconda guerra arabo-israeliana.
Crisi di Suez (nazionalizzazione del canale da parte di Nasser e
conflitto tra Egitto e anglo-franco-israeliani).
1957: Nascita della CEE e dell’EURATOM.
L’URSS lancia nello spazio lo Sputnik I, il primo satellite artificiale della storia.
F. Duvalier al potere ad Haiti.
1958: Nascita del CSM in Italia.
Ascesa di Giovanni XXIII al soglio pontificio.
Crisi della IV Repubblica in Francia: approvazione di una nuova Costituzione che istituisce una repubblica presidenziale con a
capo De Gaulle.
Creazione dell’ente spaziale NASA negli USA.
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