Transistor BJT in funzionamento ON-OFF

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Transistor BJT in funzionamento ON-OFF
Autore: Samuele Crivellaro – Versione 24/11/2016
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opere derivate reperibile qui.
Il transistor BJT (Bipolar Junction
Transistor) può essere visto, in prima
battuta, come un dispositivo che permette di
controllare "molta" corrente attraverso un
segnale con "poca" corrente; per questa
ragione si dice che è un dispositivo a
comando di corrente. Si veda la Figura 1 per
una rappresentazione intuitiva di tale
principio di funzionamento.
Fisicamente può essere pensato,
Figura 1. Analogia idraulica del BJT. È possibile
nonostante questa sia una semplificazione
notare che quando la corrente in base (qui
della realtà, come una barretta di silicio
rappresentata dall'acqua) è nulla, il canale di
divisa in tre zone, due delle quali drogate
collettore è bloccato; viceversa una piccola corrente
con impurità di tipo n ed una con impurità di
in base permette la regolazione dell'apertura del
condotto di collettore controllandone il fusso. Si può
tipo p (vedi Figura 2). In questo caso si parla
anche osservare che, qualora la corrente in base
di BJT npn; se invece la zona centrale è
fosse particolarmente elevata, la paratia collocata sul
drogata con impurità di tipo n e le altre con
collettore rimane completamente alzata ed il fusso
impurità di tipo p si parla di BJT pnp (vedi
d'acqua non è più determinato dal fusso di base; si
Figura 3). Nel seguito faremo riferimento alla
dice che la corrente di base ha "perso" il controllo su
prima tipologia. È comunque d'obbligo
quella di collettore (transistor in zona di saturazione).
sottolineare che le tre zone non hanno la
stessa dimensione né sono drogate con la
stessa intensità. Per una rappresentazione
più realistica della struttura interna di un transistor bipolare npn si veda la Figura 4.
A ciascuna delle tre zone è connesso un terminale del dispositivo; tali terminali prendono il
nome di Base (B), Emettitore (E) e Collettore(C). In Figura 5 è riportato il simbolo del BJT npn,
mentre in Figura 6 quello del pnp. In primo luogo possiamo osservare che il verso di IC e di IE
"segue" il verso della freccia, mentre IB è entrante nella base nel caso dell'npn ed uscente nel caso
del pnp. Si presti inoltre attenzione al fatto che tra la base e l'emettitore del BJT è presente una
giunzione pn che in prima approssimazione (ma solo in prima approssimazione!) può essere vista
come un diodo avente il catodo verso l'emettitore nel caso del BJT npn, verso la base nel caso del
pnp; si può allora notare che la freccia posta sull'emettitore del simbolo ricorda in qualche maniera
la presenza e il verso di tale diodo.
Concentrandoci ora sul solo transistor npn, passiamo ad illustrarne per sommi capi il
funzionamento. Gli usi che se ne possono fare sono due:
1.
Amplificatore: in questa modalità di funzionamento si dice che il BJT viene utilizzato in zona
attiva (o anche in “zona lineare”). Semplificando al massimo, possiamo dire che la corrente
di base IC è un'amplificazione della corrente IB, secondo la seguente formula:
Figura 2. Struttura
del BJT npn
Figura 3. Struttura
del BJT pnp
Figura 4. Struttura reale di un
BJT in tecnologia planare
Figura 5. Simbolo
del BJT npn
(1)
2.
Figura 6. Simbolo
del BJT pnp
𝐼𝐢 = β„ŽπΉπΈ 𝐼𝐡
La costante hFE è detta guadagno di corrente continua1. I suoi valori presentano un'estrema
variabilità e possono essere trovati sui datasheet del componente.
Interruttore: in questo caso possiamo pensare al transistor come ad un interruttore
connesso tra C ed E controllato dalla corrente entrante in B. L'interruttore può ovviamente
essere OFF (zona di interdizione) oppure ON (zona di saturazione). Analizziamo più nel
dettaglio queste due possibilità:
ο‚·
BJT interdetto (OFF). È sufficiente che la corrente IB entrante in base sia nulla, ovvero
che la giunzione base-emettitore (il diodo tra B ed E) sia OFF. In altre parole sarà
sufficiente imporre VBE ≤ Vγ ≈ 0,5V . In Figura 7 è riportato uno schema equivalente del
transistor nello stato OFF. Tipicamente si porrà sulla base una tensione nulla o
leggermente negativa.
Figura 7. Modello del
transistor in interdizione (OFF)
ο‚·
Figura 8. Modello del
transistor in saturazione (ON)
BJT saturo (ON). Per mandare il transistor in saturazione è necessario iniettare una
elevata corrente in base, cosicché il dispositivo non sarà più in grado di amplificarla
secondo quanto indicato dalla formula (1). In altri termini dovrà essere verificata la
seguente disuguaglianza:
(2)
𝐼
𝐼𝐡 > β„Ž 𝐢
𝐹𝐸
Si suole dire che la corrente IB "perde" il controllo sulla corrente IC (mentre in zona
attiva essa mantiene il controllo su IC). Ancora una volta la Figura 1 e la relativa
didascalia possono essere d'aiuto per una comprensione intuitiva.
Prima di passare ad alcuni esempi chiarificatori è necessario rispondere ad un'ultima
domanda. Quale valore assumono VBE e VCE quando il transistor è in saturazione? Una
risposta compiuta richiederebbe un'analisi dettagliata del funzionamento del
dispositivo, ma già ad una prima riflessione possono apparire plausibili i seguenti
valori:
(3)
1
𝑉𝐡𝐸(π‘ π‘Žπ‘‘) = 0,8 𝑉
Quando si utilizza il transistor bipolare come amplificatore, quello che interessa di più, in realtà, è il
guadagno dinamico hfe (si notino le lettere minuscole del pedice). Nella presente trattazione è comunque
sufficiente fare riferimento al guadagno in corrente continua.
𝑉𝐢𝐸(π‘ π‘Žπ‘‘) = 0,2 𝑉
(4)
Per quel che riguarda VBE è sufficiente ricordare che tra base ed emettitore è presente
una giunzione pn, che quando è polarizzata direttamente presenta ai capi una tensione
di circa 0,7 V. Perché, allora, VBE(sat)=0,8 e non 0,7 V? Premesso che nei calcoli reali
una differenza di tensione di 0,1 V è pressoché ininfluente, si può immaginare che la
tensione sul diodo B-E sia leggermente più alta del suo valore medio 0,7 V, essendo
presumibilmente alta la corrente iniettata in base (si ripensi alla formula (2)). Per quel
che riguarda VCE(sat), possiamo notare che essa risulta prossima a zero, come ci si
aspetta da un interruttore chiuso. Nella realtà tali valori –specialmente VCE(sat)– sono
variabili da transistor a transistor ed il valore 0,2 V risulta valido solo per BJT di piccola
potenza; si renderà perciò necessario, di volta in volta, consultare i fogli tecnici. In
Figura 8 è riportato uno schema equivalente del transistor nello stato ON.
Esempio 1 (Verifica dello stato di saturazione di un BJT )
Si consideri il circuito di Figura 9. Supponendo VCC=5 V, RB=10 kΩ,
RC=220 Ω, hFE(min)=110, si verifichi lo stato di saturazione del transistor.
Poichè si tratta di verificare la relazione (2), calcoliamo preliminarmente IC e
IB. Applicando il Principio di Kirchhoff delle Tensioni alla maglia di ingresso
(composta da VCC, RB, VBE(sat)) si trova:
𝐼𝐡 =
𝑉𝐢𝐢 − 𝑉𝐡𝐸(π‘ π‘Žπ‘‘) 5 − 0,8
=
= 0,42 π‘šπ΄
𝑅𝐡
10 βˆ™ 103
𝐼𝐢 =
𝑉𝐢𝐢 − 𝑉𝐢𝐸(π‘ π‘Žπ‘‘) 5 − 0,2
=
= 21,82 π‘šπ΄
𝑅𝐢
220
Il rapporto IC/hFE vale 0,1983 mA, quindi la relazione (2) è verificata. Possiamo
perciò concludere che il BJT si trova effettivamente in stato di saturazione
Figura 9. Circuto
dell’esempio 1
Esempio 2 (Dimensionamento di un circuito con transistor in funzionamento ON-OFF)
Si consideri nuovamente il circuito di Figura 9. Supponendo che VCC valga 5 V e che Vi possa
assumere i valori 0 oppure 5 V, dimensionare i resistori affinché la corrente di collettore sia nulla
quando Vi=0 V e valga 25 mA quando Vi=5 V. Si usi un transistor BC 107 (VCE(sat)=0,2 V, hFE(min)=110,
VBE(sat)=0,8 V, IC(max)=100 mA).
La corrente di collettore è sicuramente nulla quando Vi vale 0 V; in tale caso, infatti, la giunzione baseemettitore del transistor è interdetta (ovvero OFF). Qualora invece V i valga 5 V, affinché il BJT vada in
saturazione, si deve assicurare una corrente di base sufficiente a verificare la relazione (2).
Partiamo con la determinazione della resistenza di collettore R C:
𝑅𝐢 =
𝑉𝐢𝐢 − 𝑉𝐢𝐸(π‘ π‘Žπ‘‘)
5 − 0,2
=
= 192 Ω
𝐼𝐢
25 βˆ™ 10−3
Se il progetto richiede una particolarte precisione è necessario porre in serie una resistenza fissa ed un
trimmer; altrimenti è sufficiente scegliere un valore normalizzato. Noi optiamo per questa seconda strada,
scegliendo R’C=180 Ω. In tal caso la corrente reale sul collettore (a meno delle tolleranze sui valori dei
componenti) vale 26,67 mA. Questo è il valore cui sarà necessario riferirsi nel prosieguo del
dimensionamento.
Affinché il transistor vada in saturazione, è necessario che sia verificata la solita relazione (2); nel nostro
caso vale:
𝐼𝐡 >
𝐼𝐢
β„ŽπΉπΈ(min)
=
26,67 βˆ™ 10−3
= 242,4 πœ‡π΄ 2
110
A questo punto si ha un ampio margine di libertà nella scelta di I B. Possiamo sceglierla, per esempio, 1,5
volte o 2 o 3 o addirittura 5 volte più grande di tale valore limite. La scelta dipenderà, in particolare, dalle
caratteristiche del sistema nel quale il circuito andrà ad essere utilizzato; per esempio può essere
importante conoscere la corrente che il segnale di comando Vi è in grado di erogare. Nel presente
esempio scegliamo IB=0,5 mA.
Passiamo quindi alla determinazione di RB:
𝑅𝐡 =
𝑉𝑖 − 𝑉𝐡𝐸(π‘ π‘Žπ‘‘)
= 8,4 π‘˜Ω
𝐼𝐡
Anche in questo caso è necessario scegliere un valore normalizzato; la scelta non è critica, purché
continui ad essere verificata la relazione (2). Scelgliamo R’B=8,2 kΩ; notiamo che in tal modo la corrente
di base sarà maggiore dei previsti 0,5 mA: tanto meglio, il transistor sarà a maggior ragione in
saturazione.
Osservazione 1
Nella determinazione di IB compiuta nell’esempio 2, compare hFE(min) invece di hFE. Questo per
assicurare la saturazione del transistor. Qualora, infatti, tale parametro risultasse maggiore, la
relazione (2) risulterà comunque verificata; qualora, invece, si scegliesse hFE(typ) rischieremmo che
essa non fosse verificata se hFE, alla prova dei fatti, risultasse minore.
Osservazione 2
Nella scelta del transistor da utilizzare si deve tenere conto, in particolare, di I C(max) e di VCE(max). La
tensione massima tra collettore ed emettitore la troveremo quando il BJT è interdetto; in tal caso,
ad esempio, nel circuito di Figura 9 vale VCE = VCC. È importante sottolineare che risulta
sconveniente scegliere transistor che sopportano una corrente di collettore particolarmente alta
quando questa non è necessaria; infatti, oltre al fatto che probabilmente il dispositivo costerà di
più, si riscontra che normalmente, in tal caso, la hFE(min) risulta minore, rendendo necessaria una
corrente di base di maggiore entità.
2
La motivazione dell’utilizzo di hFE(min) è fornita nella successiva osservazione 1.
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