Ludwig Feurbach
LUDWIG FEUERBACH (1804-1872)
Feuerbach fu forse il più famoso rappresentante della corrente anti-hegeliana. Che
appartenesse oppure no ad essa è una questione che qui possiamo tralasciare,
mentre è indubbia la sua influenza su tutti i giovani anti-hegeliani. Marx stesso
dirà, quando apparve uno dei capolavori di Feuerbach, L’essenza del
cristianesimo (1841), con parole accalorate, che "Non c’è altra via che vi porti alla
verità e alla libertà se non quella che passa attraverso il torrente di fuoco; il
torrente di fuoco è il purgatorio del presente" (si noti che torrente di fuoco è la
traduzione di Feuerbach).
La critica alla religione è il leit motiv della filosofia di Feuerbach. Il suo ateismo
però non è un banale anticlericalismo o una critica aprioristica della religione.
Infatti in Spiritualismo e materialismo (1866), troviamo scritto : "Non è compito dei
miei scritti … negare l’esistenza della divinità e dell’immortalità – chi può negare che
esistono almeno in libri e immagini, nella fede e nella rappresentazione ? – bensì solo
riconoscere il senso e il motivo vero, il testo originale e non falsificato della divinità e
dell’immortalità o, che è tutt’uno, della fede in esse, un riconoscimento attraverso cui
la questione della loro esistenza o non esistenza si risolve da sé".
L’essenza del Cristianesimo (1841) si apre con l’affermazione che la differenza tra
l’uomo e l’animale consiste proprio nel fatto che gli uomini hanno una religione e
le bestie ne sono prive. E in che cosa consiste la religione? La religione è la
coscienza dell’infinito. Ma per Feuerbach questo infinito non si riferisce ad un
essere divino bensì all’uomo, inteso come umanità, nel senso che la religione è "la
coscienza che l’uomo ha, non della limitazione, ma dell’infinità del suo essere". In
altri termini, l’uomo singolo può ben sentirsi limitato, e in questa consapevolezza
o autocoscienza si distingue dall’animale; ma ciò accade perché egli ha il
sentimento o il pensiero della perfezione e della infinità della specie umana. Dice
Feuerbach : "Pensi tu l’infinito? Ebbene tu pensi ed affermi l’infinità della potenza
del pensiero. Senti tu l’infinito? Tu senti ed affermi l’infinità della potenza del
sentimento". Insomma, Feuerbach vuole dimostrare che la distinzione tra il divino
e l’umano è illusoria, cioè che non è altro che la distinzione tra l’essenza
dell’umanità e l’uomo individuo, e che di conseguenza anche l’oggetto e il
contenuto della religione cristiana sono solamente umani. L’essere divino non è
altro che l’essere dell’uomo ma liberato dai limiti dell’individuo ed oggettivato,
cioè contemplato come se fosse un altro essere, distinto dall’uomo. "L’uomo –
questo è il mistero della religione – proietta il proprio essere fuori di sé e poi si fa
oggetto di questo essere metamorfosato in soggetto, in persona". Feuerbach riduce
così tutti gli attributi del Dio cristiano ad attributi dell’uomo: ad esempio Dio è
considerato amore perfetto solo perché l’amore è la cosa più importante nella vita
dell’uomo; Dio è ammesso per fede proprio perché Dio esiste solo nella fede
ovvero nella fantasia; Dio è eterno perché l’uomo è mortale mentre vorrebbe
essere immortale ecc.
La religione è la prima reazione alla limitatezza dell’uomo: l’infelicità, la sofferenza
conducono l’uomo a Dio. Nella sofferenza, l’uomo si concentra su se stesso e la
risposta è data da Dio "questo essere immaginario rispetto al mondo e alla natura
in genere, ma reale per l’uomo". Ma se la religione è "la prima ma indiretta
coscienza che l’uomo ha di se stesso", essa "precede dappertutto la filosofia, non
solo nella storia dell’umanità ma anche in quella degli individui". Dunque dalla
religione bisogna passare alla filosofia, dalla fede bisogna arrivare all’ateismo,
visto che lo sbaglio della religione è proprio questo: considerare l’essere divino
come se fosse qualcun altro, distinto e indipendente dall’uomo, da cui anzi l’uomo
dipende, E’ proprio qui la debolezza della religione, l’origine del suo errore e del
suo fanatismo, per cui essa aliena (l’uomo sposta il suo essere fuori di sé, prima di
ritrovarlo in sé) l’uomo da se stesso e gli fa preferire un altro mondo a questo,
allontanandolo dalla sua vera natura. Ma se la religione pone tutto in Dio e toglie
tutto all’uomo, allora l’ateismo diventa un dovere morale, affinché l’uomo recuperi
i predicati positivi che ha proiettato fuori di sé nell’essenza divina.
ROVESCIAMENTO DEI RAPPORTI DI PREDICAZIONE.
La filosofia di Feuerbach muove dall'esigenza di cogliere l'uomo e la realtà nella
sua concretezza; critica radicale della maniera idealistico-religiosa di rapportarsi
al mondo. L'equivoco di fondo dell'Idealismo è quello di fare del concreto (
dell'essere, della natura, dell'uomo, del finito, ecc.) un predicato o attributo
dell'astratto ( del pensiero, dello Spirito, di Dio, dell'infinito, ecc.) anziché
dell'astratto un predicato o un attributo del concreto. Il pensiero dunque deriva
dall'essere, ma non l'essere dal pensiero.
Alienazione
Qualunque sia l'origine della religione, è comunque certo, per Feuerbach, che essa
costituisce una forma di alienazione, dove con tale termine ( presente in Hegel e
ripreso da Marx) il filosofo intende quello stato patologico per cui l'uomo
"scindendosi" proietta fuori di sé una potenza superiore, Dio, alla quale si
sottomette, anche nei modi più crudeli e umilianti. Se la religione è il frutto di una
"oggettivazione" alienata e alienante, in virtù della quale l'uomo tanto più pone
Dio, quanto più toglie a se stesso, l'ateismo si configura non solo come un atto di
onestà filosofica, ma anche come un vero e proprio dovere morale. E' ormai
venuto il tempo che l'uomo recuperi in sé i predicati positivi che ha proiettato
fuori di sé in quello specchio illusorio e astratto della propria essenza che è Dio.
Ciò che nella religione è soggetto deve ridiventare predicato. Quindi non più: Dio
(soggetto) è sapienza, volontà e amore (predicato) ma al contrario, la sapienza, la
volontà e l'amore umano ( soggetto) sono divini ( predicato).
Il compito della vera filosofia non è più quello di porre il finito nell'infinito, ossia
di risolvere l'uomo in Dio, ma quello di porre l'infinito nel finito ossia di risolvere
Dio nell'uomo.
Ne L’essenza della religione (1846), Feuerbach dice che il fondamento della
religione è il sentimento di dipendenza che l’uomo prova istintivamente… nei
confronti di Dio? No, nei confronti della natura. In altri termini, Feuerbach
sostiene che è vero dire che la religione è innata nell’uomo, se però per religione si
intende il sentimento dell’uomo di non poter esistere senza un ente che sia altro
da lui, cioè di non dovere a se stesso la propria esistenza. Dunque ciò da cui
dipende la vita e l’esistenza dell’uomo è da lui considerato Dio. La credenza che
Dio abbia un’esistenza indipendente da quella dell’uomo dipende dal fatto che, in
origine, è considerato come Dio l’ente che esiste fuori dell’uomo, che non è altro
che il mondo o la natura. Infatti l’esistenza della natura non dipende certo
dall’esistenza dell’uomo. Così, tutte le proprietà che sono attribuite a Dio, in realtà
non sono altro che le proprietà astratte della natura. L’uomo, inconsapevolmente,
fa, in un primo momento, della natura una sorta di essere vivente, un essere
personale. In un secondo momento ne fa consapevolmente un oggetto di
preghiera e di religione. Mentre in realtà nella religione l’uomo ha come oggetto
solamente se stesso e la natura. Il presupposto della religione è il contrasto tra
volere e potere, desiderare e ottenere. Nel volere, nel desiderare, nel
rappresentare, l’uomo è illimitato, onnipotente, Dio; mentre nel potere,
nell’ottenere, nella realtà, l’uomo è condizionato, dipendente, limitato. Il fine della
religione è togliere tale contrasto; e l’ente in cui sono tolte le contraddizioni è Dio.
Esiste Dio solo nella religione e nella fede. Si trova Dio solo nella fede perché Dio
non è altro che l’essenza della fantasia e del cuore umano. Dio è, secondo
Feuerbach, il principio fantastico della realizzazione totale di tutti i desideri
umani. "Quali sono i desideri degli uomini, tali sono le loro divinità". Il segreto
della teologia è allora l’antropologia. Se la religione è la prima ma inconsapevole
conoscenza che l’uomo ha di sé, essa, considerando l’essere divino come distinto
dall’uomo, contiene in sé un elemento di illusione e di errore. Essa è alienazione,
visto che l’uomo sposta il suo essere fuori di sé prima di trovarlo in sé. Il
superamento della alienazione consisterà nel capire che è l’uomo che ha creato
Dio e non viceversa.
La filosofia dell’avvenire. La filosofia di Feuerbach vuole essere un completo
rovesciamento della filosofia religiosa e dell’idealismo hegeliano.
L’inizio della filosofia non deve più essere Dio o l’Assoluto bensì l’uomo, e l’uomo
determinato, concreto. L’uomo è un essere naturale, reale, sensibile, e come tale
deve essere considerato dalla filosofia che non può ridurlo ad un concetto o a puro
pensiero o a sola razionalità ma deve considerarlo integralmente, "dalla testa al
calcagno". La nuova filosofia, la filosofia del futuro sarà la "risoluzione completa
della teologia (hegeliana) nella antropologia". La nuova filosofia di Feuerbach
vuole essere un umanesimo: è l’uomo l’unico vero oggetto della filosofia, e l’uomo
nella sua concretezza, nella sua corporeità, nella sua fisicità.
Feuerbach giunge a dire, in modo un po’ paradossale ma che indica bene la sua
esigenza di concretezza, che "l’uomo è ciò che mangia": si noti che in tedesco è un
gioco di parole che suona così : Mann ist wa isst.
Da ciò il "comunismo" filosofico di Feuerbach, (che non va confuso con quello di
Marx ), ossia la dottrina dell'essenza sociale dell'uomo. La messa in luce dei
condizionamenti naturali fa sì che in Feuerbach assuma dignità etica e politica la
teoria degli alimenti, appunto "l'uomo è ciò che mangia".
Feuerbach non è mai giunto a "ridurre" lo spirito alla materia, la psiche al corpo
ma esprime piuttosto la lucida consapevolezza:
- dell'unità psicofisica dell'individuo
- del fatto che se vogliamo migliorare le condizioni spirituali di un popolo bisogna
innanzitutto migliorare le sue condizioni materiali.
"La vera dialettica – sostiene Feuerbach – è un dialogo tra l’io e il tu". Non ha nulla
a che vedere con assoluto, essenze e simili. Se poi l’uomo è un essere sociale, allora
l’amore è la passione dominante dell’uomo stesso. Dunque l’amore per l’uomo, la
filantropia, dev’essere lo scopo principale della filosofia : "Lo scopo dei miei scritti
… è … trasformare gli uomini da teologi in antropologi, da teofili in filantropi".
La critica ad Hegel. Come si è visto, la filosofia di Feuerbach ha come sottofondo
costante di riferimento critico il pensiero hegeliano. Dall’iniziale passione per tale
sistema, Feuerbach andò sempre più distaccandosene fino a diventare uno dei
suoi più acerrimi critici. L’idealismo in genere e l’idealismo hegeliano in
particolare, secondo Feuerbach, ha come difetto principale quello di capovolgere i
rapporti reali. Nell’idealismo, quello che viene prima, cioè il concreto, figura come
ciò che viene dopo, mentre ciò che viene dopo, l’astratto, figura come ciò che viene
prima. Ebbene, per Feuerbach è appunto vero il contrario: non l’essere deriva dal
pensiero (come vuole l’idealismo) ma il pensiero deriva dall’essere, come vuole
una filosofia basata sul concreto. La dialettica hegeliana è quindi semplicemente
una astrazione. Il torto ella filosofia hegeliana è quello di aver "estraniato l’uomo
da se stesso, avendo fatto appoggiare tutto il sistema su questi atti di astrazione".
Un’ultima critica ad Hegel è il suo sistematismo, la sua tendenza a spiegare tutto, a
risolvere tutto in un sistema filosofico che comprenda tutto: ma di fronte a questa
tendenza, che rischia di trasformare tutta la realtà in una sorta di macchina
totalizzante ed implacabile in cui tutto deve per forza essere spiegato e ricondotto
a pochi principi astratti, Feuerbach contrappone l’irriducibilità della realtà, la
concretezza dell’uomo, che non possono mai essere del tutto spiegati e compresi
con una teoria astratta.
NOTA BIOBIBLIOGRAFICA
Ludwig Feuerbach nacque a Landshut, nella Baviera,nel 1804. Studiò prima
teologia e poi filosofia a Berlino sotto la guida di Hegel. Ad Erlangen si laureò in
filosofia e poi ottenne la libera docenza. Nel 1829 iniziò la sua carriera di docente
universitario ma nel 1830 faceva uscire anonima un'opera, Pensieri sulla morte e
l'immortalità, che gli troncò la carriera accademica. Continuò allora a scrivere
diverse opere di storia della filosofia (Storia della filosofia da Bacone a Spinoza; le
monografie su Leibniz e su Bayle ecc.), sperando in una riabilitazione. Nel 1837,
fallito l'ultimo tentativo di essere nominato professore straordinario ad Erlangen,
si ritirò a vita privata a Bruckberg, dove visse per 24 anni con una modesta
pensione e l'aiuto della moglie, comproprietaria di una fabbrica di porcellana.
Compose intanto i suoi scritti più noti: L'essenza del Cristianesimo (1841),Tesi per
una riforma della filosofia (1842), La Filosofia dell'avvenire (1843), L'essenza della
religione (1845). I moti del 1848 lo riportarono alla ribalta: fu chiamato per alcuni
mesi dagli studenti di Heidelberg perché tenesse un corso sulla filosofia della
religione ed egli accettò. Ritornò poi a Bruckberg ad occuparsi della pubblicazione
delle sue opere complete. Intanto la fabbrica della moglie dovette chiudere i
battenti e Feuerbach trascorse gli ultimi tempi della sua vita in grandi ristrettezze.
Si trasferì a Rechenberg e qui morì il 13 Settembre 1872.