ITI OMAR NOVARA – TDP Elettronica Tecnologie Mos discrete Tecnologie Mos discrete Fino ai primi anni ’80 l’impiego dei transistor Mosfet era limitato esclusivamente alle applicazioni di piccola potenza (inferiori al watt), mentre le medie potenze erano esclusivo dominio dei transistor bipolari, capaci di raggiungere potenze di oltre 300 Watt in continua e di 15 KW in commutazione. Il motivo di tale limitazione risiede nel fatto che i classici Mosfet a struttura planare (vedi figura 1a) offrono al passaggio della corrente ID solo uno stretto canale superficiale al di sotto dell’ossido, mentre nei transistor bipolari (vedi figura 1b) la corrente IC è costituita da un flusso di cariche che è trasversale al chip, potendo quindi disporre di ampia sezione e ridotta lunghezza del percorso elettrico. Nei Mosfet, invece, la lunghezza del percorso non può essere ridotta se non per i dispositivi a bassa tensione (si parte infatti da circa 20 micron di canale), mentre la profondità del canale è funzione della VGS (che non può essere troppo elevata pena tensioni di pilotaggio eccessive) e dello spessore dell’ossido, il quale non può essere ridotto al di sotto di un certo limite se non si vogliono subire penalizzazioni quali un’eccessiva sensibilità alle cariche elettrostatiche e un tasso di difettosità decisamente più elevato. Fig. 1a – Sezione tecnologica di un Mosfet classico a canale N Fig. 1b – Sezione tecnologica di un bjt planare-epitassiale Inoltre, nel confronto fra Bjt e Mosfet classici (a conduzione orizzontale), i primi sono avvantaggiati da una resistenza equivalente di conduzione RON (ricavabile dal rapporto VCEsat/IC) più bassa dei Mosfet a pari corrente, e ciò grazie alla possibilità di realizzare basi sottili (anche solo 0.7 micron) ed elevati drogaggi di collettore, mentre nei Mosfet l’elevato drogaggio delle “well” di Drain e di Source influenza poco la RDS(on). Un altro fattore che avvantaggia i bipolari è la tensione massima di lavoro, che supera tranquillamente i 1000 V grazie alla presenza dello strato epitassiale ad alta resistività fra base e collettore. Nei Mosfet classici, invece, l’assenza della zona epitassiale limita la tensione massima applicabile a meno di 100 Volt. Uno dei primi passi che portò ad un significativo aumento della tenuta in tensione nei Mosfet fu il ricorso alla crescita epitassiale nei dispositivi a conduzione orizzontale, ottenendo la sezione tecnologica di figura 2 (detta “lateral D-Mos”) poi utilizzata anche negli stadi d’uscita di molti driver integrati. Fig. 2 – Lateral D-Mos P. De Vittor pag. 1 ITI OMAR NOVARA – TDP Elettronica Tecnologie Mos discrete “Verticalizzare” la struttura Il passo successivo fu quello di decidere una sostanziale modifica della struttura classica dei Mosfet per poter sfruttare – al pari dei bipolari – il vantaggio della conduzione trasversale al chip. Il problema rimaneva però quello dell’area di gate, che deve necessariamente essere realizzata fra Drain e Source. L’idea venne ai tecnici di Siliconix, che pensarono di scavare un solco a “V” nel centro di una sequenza di strati N+/N-/P/N+ del tutto analoga a quella di un classico bjt planareepitassiale, passivandola con ossido e metallizzandola in modo da sfruttarla come Gate. Nacque così il V-Mos (vedi figura 3). Questa soluzione consentì a Siliconix di ottenere un buon flusso di corrente (grazie all’uso di più solchi a V in parallelo sul chip), tensioni di lavoro di molte centinaia di Volt (grazie allo strato epitassiale) ed una buona sensibilità di pilotaggio grazie all’ampia superficie di Gate che si insinua fra Source e substrato. Fig. 3 – Vertical V-Mos di Siliconix Ancora, una bassa capacità di reazione CGD è garantita dalla presenza dello strato epitassiale fra l’ossido di Gate ed il substrato (Drain). Grazie a questa tecnologia, Siliconix inserì a catalogo una serie di V-Mos con caratteristiche molto concorrenziali con quelle dei bipolari di media potenza, con il vantaggio di elevate velocità di commutazione (tipiche dei dispositivi unipolari grazie all’assenza dei fenomeni di accumulo dei portatori minoritari) ed elevata resistenza d’ingresso grazie all’isolamento di Gate. Inoltre, i Mosfet risultano esenti dal fenomeno del breakdown secondario, che limita l’area di sicurezza ed il margine di sovraccarico. Ancora, i V-Mos presentano una linearità dell’andamento ID/VGS migliore di quello (pressoché parabolico) dei J-Fet (vedi figura 4 a pagina seguente). Si aggiunga che nei Mosfet la ID è insensibile alle variazioni di VDS, contrariamente ai bjt nei quali la dipendenza IC/VCE è sensibile. Un ulteriore vantaggio è rappresentato dal fatto che per i Mosfet non vi sono problemi per la connessione di più dispositivi in parallelo, grazie al coefficiente di temperatura positivo della RDS(on) (pari a circa lo 0,6%/°C, dovuto all’assenza dei portatori minoritari) che fa sì che la corrente di Drain diminuisca automaticamente all’aumentare della temperatura, rendendo in tal modo autoprotetto il Mosfet. Una valutazione schematica utile per un confronto fra transistor bipolari e V-Mos è riportata in tabella 1. parametro Rin Ron ton toff Apot trans. Bipolare 10 Kohm 0,3 ohm 50…500 nsec 0,5 - 2 µsec 100 trans. V.Mos 10 Gohm 3 ohm 4 nsec 4 nsec 10000 Tabella 1 – Confronto fra un bjt e un V-Mos P. De Vittor pag. 2 ITI OMAR NOVARA – TDP Elettronica Tecnologie Mos discrete Fig. 4 – Confronto fra gli andamenti ID/VGS di JFet e Mosfet: si noti l’elevata linearità del Mos, soprattutto per elevate correnti. La struttura V-Mos presenta però alcuni svantaggi: l’estremità del solco a “V” produce un’elevata concentrazione di campo elettrico fra Gate e Drain, che di fatto limita la massima tensione VDS applicabile al dispositivo; inoltre, vi è la tendenza dell’ossido ad assottigliarsi in corrispondenza della punta della “V”, con conseguente riduzione della capacità di sopportare sovratensioni da parte del Gate. Un ulteriore problema è costituito dall’uso dell’Alluminio per la metallizzazione di Gate, che può causare problemi di affidabilità a lungo termine come risultato della migrazione di ioni Sodio attraverso l’ossido, con conseguente riduzione della tensione di soglia di Gate. Alcuni di questi problemi possono venir eliminati realizzando un solco con il fondo piatto, trasformando la “V” in una “U” e realizzando l’elettrodo di Gate depositando Alluminio su Silicio Policristallino (drogato con Fosforo) che si rivela in grado di bloccare la migrazione di ioni Sodio (Intersil U-Mos). Sebbene migliore della V-Mos, la U-Mos si dimostra di fatto ideale solo per dispositivi che operano al di sotto dei 150 V, e rimane comunque costosa a causa della laboriosità del procedimento di lavorazione Strutture “Vertical D-Mos” La definitiva soluzione ai suddetti problemi deriva solo dalla completa eliminazione dell’attacco acido necessario per la creazione dei solchi sul Silicio. Infatti, portando la zona di Gate nuovamente in superficie e modificando la disposizione delle zone diffuse si è riusciti a migliorare la tenuta in tensione ed eliminare gli inconvenienti legati alla concentrazione del campo elettrico nella zona fra Gate e Drain. A seconda dei vari costruttori le geometrie superficiali, la struttura della sezione tecnologica e la stessa denominazione variano, parlando infatti di X-Mos, Hexfet (International Rectifier), Sipmos (Siemens), T-Mos (Texas Instruments), e così via. In queste strutture (vedi figura 5) la tensione applicata al Gate di PolySi N+ (Silicio policristallino drogato con Fosforo) genera una corrente dapprima verticale e poi orizzontale sotto la superficie. Al di là del fatto di aver posizionato il Drain sul retro del chip, la somiglianza con i Mosfet classico a conduzione Fig. 5 – vertical D-Mos P. De Vittor pag. 3 ITI OMAR NOVARA – TDP Elettronica Tecnologie Mos discrete orizzontale non deve trarre in inganno: infatti, i nuovi vertical D-Mos - come si può dedurre dalla sezione tecnologica – sono in realtà costituiti dall’insieme di innumerevoli “celle” in parallelo, in cui la conduzione segue il percorso a “T” evidenziato in figura, da cui il nome di T-Mos ad esempio per Texas Instruments. Il fatto di realizzare un transistor come una struttura formata dall’insieme di più transistor porta con sé numerosi vantaggi: infatti, si può immaginare che ogni cella si comporti come una sorta di “sottotransistor” che opera con una corrente esigua al punto da consentirgli di evidenziare valori di RDS(on) sensibilmente più ridotti nonché tempi di commutazione più contenuti. Le metallizzazioni “overlay” di Source e di Gate provvedono a interconnettere le varie celle in modo da formare un unico “supertransistor”. La forma delle celle varia per ogni costruttore, per International Rectifier è esagonale (da cui il nome di HexFet) Fig. 6 mentre per altri è rettangolare o quadrata. In figura 6 è mostrata la sezione di un Mosfet di tipo “mesh overlay” di produzione STMicroelectronics. Il numero delle “celle” può raggiungere le decine di migliaia (vedi foto di figura 7) - al punto che la tecnologia dei vertical D-Mos è divenuta matura solo dopo l’acquisizione delle necessarie conoscenze tecnologiche (simili a quelle richieste per i circuiti integrati) anche da parte delle Società tradizionalmente impegnate solo nel settore dei componenti discreti. Grazie a queste tecnologie, si riescono ad ottenere significativi miglioramenti rispetto ai primi transistor Mosfet, come ad esempio valori di RDS(on) di pochi centesimi di ohm (ad esempio 30 milliohm) per Mosfet da 40A e 80V, oppure RDS(on) di 20 ohm per transistor da 4A e 1000V, anche se ovviamente con tempi di commutazione più elevati. I nuovi vertical D-Mos hanno di fatto rimpiazzato i tradizionali transistor bipolari in tutta una serie di applicazioni. Tale “sorpasso” è però motivato da tutta una serie di vantaggi applicativi, come ad esempio i minori tempi di commutazione, la migliore risposta in frequenza, la ridotta potenza di pilotaggio, la buona stabilità termica, il basso rumore in alta frequenza, la facile operazione in parallelo, l’assenza di secondo breakdown, la facilità di pilotaggio di carichi induttivi grazie alla possibilità di sovraccarico, ecc. Bibliografia: Siliconix - FET Design Catalog 1979 Siliconix - FETs: Product Information 1979 Siliconix – VMOS Power FETs Design Catalog ’79 ITT – VMOS Application Ideas 1979 International Rectifier – Hexfet Product Digest 1980 International Rectifier – Hexfets 1980 Hewlett-Packard – Power Mosfet transistors data-sheets Motorola – TMOS: Power Field-Effect MOS Transistors P. De Vittor pag. 4