2012-2013 10-Transistor di Potenza

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Regolazione della potenza:
lineare vs. switching
TRANSISTOR DI POTENZA
Caratteristiche desiderate:
- stabilità termica (bassa resistenza termica)
-  bassa resistenza Ron
-  funzionamento ad alta temperatura
-  elevata frequenza di commutazione
-  elevata tensione di breakdown
-  elevata impedenza di ingresso
-  basse correnti di leakage nello stato off
BJT
-  controllato in corrente (5 < β < 20)
-  lo spegnimento spesso richiede la polarizzazione inversa della base (circuito di
controllo complesso e costoso)
-  fuga termica e difficoltà di parallelizzare più BJT (l’aumento di T riduce Ron con
conseguente squilibrio delle correnti nei BJT paralleli)
-  second breakdown (elevato rischio di rottura in presenza di elevate VCE e IC)
Power MOSFET (IGFET)
-  controllato in tensione (IG praticamente nulla in DC, e spesso trascurabile
anche a frequenze dell’ordine dei 100 kHz)
-  conduzione per maggioritari: nessun accumulo di minoritari e quindi nessuna
necessità di liberarsi dei minoritari (semplice circuito di pilotaggio). La velocità di
commutazione può essere ordini di grandezza superiore rispetto ai BJT
-  coefficiente di temperatura negativo (la mobilità diminuisce con T) e dunque
parallelizzabile
-  elevata resistenza al second breakdown
DMOS
(double diffusion MOSFET)
Canale verticale (per aumentare la
superficie di drain e source).
La regione P-base ha il potenziale
fissato a quello del source. In assenza
di polarizzazione di gate, lo
svuotamento a cavallo della giunzione
P-base/N-drift blocca il passaggio
della corrente fra drain e source. La
massima tensione VDS sopportata dal
MOS (forward blocking) corrisponde
alla tensione di breakdown della
giunzione P-base/N-drift.
Polarizzando positivamente il drain, lo svuotamento fra P-base/N-drift aumenta
(specialmente in N-drift, a causa del basso drogaggio).
L’applicazione di un potenziale positivo al gate porta la regione P-base a lavorare
in condizioni di inversione sotto l’ossido di gate, creando il cammino fra source e
drain (si crea un canale attraverso la giunzione contropolarizzata P-base / N-drift)
La velocità di spegnimento è legata alla velocità con cui le cariche positive sono
rimosse dal gate. E’ possibile ottenere tempi dell’ordine di 100 ns.
Contatto Source
Source
(N+)
P-base (P)
V=0
Contatto Drain
A dispositivo spento, la maggior
parte del potenziale applicato
dall’esterno cade sulla regione
svuotata dell’N-drift
N-drift (N-)
Drain (N+)
Distribuzione della carica spaziale
V=VD
(>>0)
V-MOS
Il source è ricavato per diffusione
nella regione superficiale P-base (che
inizialmente ricopre tutto il wafer).
Lo scavo a V (V-groove) è realizzato
successivamente.
Il canale si forma lungo le pareti del
V-groove.
Nel MOS verticale esiste un BJT
parassita (source-base-channel-drain).
Il BJT è mantenuto spento dal corto
circuito fra source e P-base.
Nonostante ciò, la resistenza della
regione P-base può determinare
l’innalzamento del potenziale lontano
dalla regione di corto circuito, con
conseguente accensione del BJT.
In tal caso si ha comunque corrente fra
source e drain, solo che essa è
sostenuta dall’iniezione di minoritari
(elettroni dal source verso p-base), con
conseguente rallentamento dello
switch-off.
Ron è definita come ΔVDS /ΔID nella regione lineare.
La Ron determina la potenza che si dissipa sul dispositivo quando è
completamente acceso. Essa è prevalentemente somma della resistenza
del canale e della resistenza della regione di drift.
Ad elevate polarizzazioni di gate, la R del canale diventa trascurabile per cui
la Ron diventa quasi costante.
Un dispositivo che deve condurre 50 A e per il quale sia richiesta Von=0.25
V, deve avere Ron=5 mΩ. In questo caso P = (50)2 × 0.005 = 12.5 W.
COMPONENTI DELLA Ron
RN+ e Rs sono trascurabili
RCH e RA dipendono dalla polarizzazione
di gate
RJ è modulata dalla VD a seguito dallo
svuotamento P-base/N-channel (effetto
pinch-off)
RD dipende dallo spessore del dispositivo
(e dunque dalla massima tensione che
esso potrà sostenere).
P. es., per bassi valori di VDS (reg.
lineare), la RCH di metà dispositivo può
essere calcolata da:
W
I D = µ n Cox (VG − Vt )VDS
L
da cui:
GCH
µ n W Cox (VG − Vt )
1
=
=
RCH
L
Poiché i MOSFET di potenza sono
formati da un numero elevato di
celle elementari del tipo di quella a
fianco, poste l’una accanto
all’altra, in genere si preferisce
fornire la conduttanza (o la
resistenza) specifica, cioè per
unità di area.
Con riferimento alla metà del
dispositivo a fianco:
'
CH
G
=
GCH
⎛ LG + s ⎞ W
⎜ 2
⎟
⎝
⎠
=
µ n Cox (VG − Vt )
L ⎛⎜
⎝
LG
+ s ⎞⎟
2
⎠
[Ω
−1
cm − 2
]
ACCENSIONE INVOLONTARIA DEL MOSFET A CAUSA
DI ELEVATI dV/dt SUL DRAIN
Considerando la capacità di svuotamento presente fra Drain e Base, a
seguito dell’applicazione di una rampa sul drain, la corrente nella RB
(resistenza dovuta alla distanza fra la base “reale” e il contatto di base),
data da CDB d(V-VγBE)/dt, può polarizzare direttamente la giunzione B-E del
BJT parassita. Trascurando VγBE rispetto a V, l’accensione si innesca per:
dV ⎞
⎛
⎜ C DB
⎟ RB = Vγ , BE
dt ⎠
⎝
in cui Vγ,BE diminuisce all’aumentare della
temperatura
SAFE OPERATING AREA (SOA)
La SOA definisce i limiti di utilizzo di un dispositivo, in termini di I e V. La
massima V è definita dal breakdown mentre la massima I è dettata dalla
potenza dissipabile sul dispositivo.
L’applicazione contemporanea di tensioni e correnti elevate, sebbene
sotto i limiti massimi detti, può portare comunque il dispositivo alla rottura,
anche se l’applicazione ha una brevissima durata. Si parla in questi casi di
second breakdown.
ID
IM
IC
IM
IE
IS
Esistono vari meccanismi in grado di innescare il second breakdown, ma il
principale è spesso il BJT parassita. Si ha:
I D = I M + IC
IS = IM + IE
con M fattore di moltiplicazione a valanga
n ≈ 4 nei MOSFET
I B = IC − I E
M=
IC ∝ M I E
1
⎞
1 − ⎛⎜VD
⎟
BV
⎝
⎠
n
Per allargare la SOA, nella progettazione dei MOSFET di potenza si
lavora principalmente sulla riduzione di RB. Da considerare che RB
aumenta con la temperatura a causa della riduzione della mobilità.
L’ampiezza della SOA
dipende anche dalla
durata del picco di
tensione sul drain.
Progettazione dei MOSFET di potenza
Un MOSFET viene normalmente progettato per sostenere una assegnata
VDS quando è nello stato off (Vmax). Assumendo che il breakdown avviene
nella regione svuotata sotto il canale (giunzione P-base/N-drift region), ciò
vuol dire che il drogaggio e la lunghezza della regione di drift devono
essere scelti opportunamente (come nel diodo pin):
Vmax ≈
ε Si
2q N d
E
2
max
h Emax
≈
2
da cui Nd deve essere basso e h grande
Quando il dispositivo è acceso, la regione di drift non è più svuotata e la
sua conducibilità dipende dal drogaggio, che dunque non può essere
troppo basso per non penalizzare la Ron.
Altri semiconduttori offrono Emax più grande e dunque consentono di
lavorare con Nd più elevato.
Semiconduttori per MOSFET di potenza
Il semiconduttore ideale è quello che offre elevata µ, elevato Emax, elevata λ
(conducibilità termica)
3
VBD
⎡ EG ⎤ ⎡ N d ⎤
= 60 ⎢ ⎥ ⎢ 6 ⎥
⎣ 1.1 ⎦ ⎣10 ⎦
2
−3
4
formula di Sze e Gibson
Gdrift
Area
Area
=σ
= qµ n N d
h
h
dove Area è la sezione
della regione di drift.
qµ n N d
G 'drift =
h
Sostituendo
si ottiene:
Nd =
ε
2qVmax
[Ω
−1
2Vmax
h=
Emax
2
Emax
3
max
2
max
E
G 'drift = qµ n
4V
cm −2
]
Dissipazione del calore nei dispositivi
microelettronici
Il surriscaldamento può condurre alla rottura di un dispositivo elettronico.
Il problema è ugualmente presente nei dispositivi di potenza come nei
dispositivi microelettronici ad elevata integrazione.
Meccanismi prevalenti di rottura:
Metallizzazioni: elettromigrazione, spiking dei contatti, fusione
Chip: frattura
Ossidi: intrappolamenti, perdita di isolamento
Dispositivo: contaminazioni ioniche, second breakdown
Interfacce ossido/silicio: elettroni caldi (hot electrons)
MTTF (T ) = MTTF (TO )e
Ea
kT
Ea dipende dai processi, dai materiali, dalle geometrie, dalle
applicazioni
Ea≈0.7 eV
Dipendenza dalla temperatura delle rotture per elettromigrazione
Nei dispositivi bipolari il calore si sviluppa prevalentemente in corrispondenza
delle giunzioni iniettanti. Per tale motivo il limite in temperatura è spesso
fornito con il parametro TJ,max
Normalmente la TJ,max è fornita con riferimento ad una temperatura del case
(contenitore) del dispositivo, TC. Occorre quindi garantire che il case sia alla
temperatura indicata. A ciò si provvede dimensionando il sistema di
raffreddamento (alette, ventole, …) in modo tale da estrarre la quantità di
calore che occorre.
TJ
Si
contatto
metallo del contenitore
RSi
RAl
TC
convezione
TA
d
t
RSi = k
−1
Si
d
Adisp
A regime si deve avere
R Al = k
−1
Al
⎡ W ⎤
k Si ≈ 170 ⎢
⎥
⎣ m ⋅ K ⎦
t
Acont
(
⎡ W ⎤
k Al ≈ 240 ⎢
⎥
⎣ m ⋅ K ⎦
Q [W ] = RSi + RAl
coincidente con il calore che si estrae dal contenitore:
) ⋅ (T
−1
J
− TC )
h (TC − TA )
−1
C
in cui hc è il coefficiente di convezione, che dipende dal sistema di
raffreddamento utilizzato.
Poiché TC e TA sono indicate dal costruttore, e Q è la potenza dissipata dal
componente (Ron × I2), è possibile calcolare l’ hc e quindi dimensionare il
sistema di raffreddamento.
CONFRONTO FRA BJT E MOSFET DI POTENZA
Vantaggi del BJT:
-  la sezione attiva del dispositivo coincide con l’area dell’emitter, mentre nel
MOSFET è limitata dallo spessore della regione di inversione
-  il controllo della corrente attraverso la polarizzazione della giunzione E-B
garantisce elevata sensibilità della corrente di uscita dalla tensione di controllo:
diout
dic
=
= gm
dvin dvbe
ic = I s e
vbe
VT
ovvero è possibile passare da una corrente minima a quella massima per
variazioni della tensione di controllo di pochi decimi di Volt. In un MOSFET
possono essere necessari alcuni Volt (la gm è in genere molto inferiore).
In definitiva, a parità di ingombro, il BJT è in grado di gestire correnti più
elevate, e dunque è più rapido nelle operazioni di carica-scarica di carichi
capacitivi.
CONFRONTO FRA BJT E MOSFET DI POTENZA (2)
Vantaggi del MOSFET:
-  nessun consumo di potenza per la polarizzazione nello stato on (in un BJT il
guadagno di corrente in saturazione è spesso inferiore a 10)
-  non essendo necessario limitare la corrente nel terminale di controllo, la rete
di polarizzazione è molto più semplice
-  essendo un dispositivo a portatori maggioritari, la commutazione è più rapida
In definitiva, come regola generale si può affermare che i BJT di potenza sono
preferibili per applicazioni analogiche (amplificazione), mentre i MOSFET sono
preferibili per applicazioni switching
IGBT (insulated gate bipolar transistor)
Associa la capacità di gestire elevate correnti del BJT all’assenza della
corrente di controllo del MOSFET (caratteristica di ingresso del MOSFET e
caratteristica di uscita del BJT)
Strutturalmente è molto simile ad un
D-MOS, ma la regione di drain (ora
collettore) ha drogaggio di segno
opposto (P+) il che crea un BJT PN-P+
verticale.
EMITTER
EMITTER
Collettore ed emitter hanno ruoli
invertiti.
Nello stato off la regione
è floating
per cui la struttura PNP ha sempre
una delle due giunzioni contropolarizzata. Tutta la tensione esterna
cade sulla giunzione PN che risulta
contropolarizzata in quel momento
(non è sempre un vantaggio).
N- base
N-
P+
COLLECTOR
IGBT (insulated gate bipolar transistor) (2)
Applicando una opportuna polarizzazione di gate, il canale orizzontale collega
la regione N- (base) con la regione N+ . Dunque l’emitter (che normalmente è a
massa) e la base sono cortocircuitati. La giunzione collettore-base, già
polarizzata direttamente, può ora iniettare lacune in N-, per cui il BJT entra in
funzione.
EMITTER
EMITTER
N- base
P+
+Vc
COLLECTOR
Essendo un dispositivo
intrinsecamente bipolare,
presenta problemi di storage
dei minoritari.
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