Regolazione della potenza: lineare vs. switching TRANSISTOR DI POTENZA Caratteristiche desiderate: - stabilità termica (bassa resistenza termica) - bassa resistenza Ron - funzionamento ad alta temperatura - elevata frequenza di commutazione - elevata tensione di breakdown - elevata impedenza di ingresso - basse correnti di leakage nello stato off BJT - controllato in corrente (5 < β < 20) - lo spegnimento spesso richiede la polarizzazione inversa della base (circuito di controllo complesso e costoso) - fuga termica e difficoltà di parallelizzare più BJT (l’aumento di T riduce Ron con conseguente squilibrio delle correnti nei BJT paralleli) - second breakdown (elevato rischio di rottura in presenza di elevate VCE e IC) Power MOSFET (IGFET) - controllato in tensione (IG praticamente nulla in DC, e spesso trascurabile anche a frequenze dell’ordine dei 100 kHz) - conduzione per maggioritari: nessun accumulo di minoritari e quindi nessuna necessità di liberarsi dei minoritari (semplice circuito di pilotaggio). La velocità di commutazione può essere ordini di grandezza superiore rispetto ai BJT - coefficiente di temperatura negativo (la mobilità diminuisce con T) e dunque parallelizzabile - elevata resistenza al second breakdown DMOS (double diffusion MOSFET) Canale verticale (per aumentare la superficie di drain e source). La regione P-base ha il potenziale fissato a quello del source. In assenza di polarizzazione di gate, lo svuotamento a cavallo della giunzione P-base/N-drift blocca il passaggio della corrente fra drain e source. La massima tensione VDS sopportata dal MOS (forward blocking) corrisponde alla tensione di breakdown della giunzione P-base/N-drift. Polarizzando positivamente il drain, lo svuotamento fra P-base/N-drift aumenta (specialmente in N-drift, a causa del basso drogaggio). L’applicazione di un potenziale positivo al gate porta la regione P-base a lavorare in condizioni di inversione sotto l’ossido di gate, creando il cammino fra source e drain (si crea un canale attraverso la giunzione contropolarizzata P-base / N-drift) La velocità di spegnimento è legata alla velocità con cui le cariche positive sono rimosse dal gate. E’ possibile ottenere tempi dell’ordine di 100 ns. Contatto Source Source (N+) P-base (P) V=0 Contatto Drain A dispositivo spento, la maggior parte del potenziale applicato dall’esterno cade sulla regione svuotata dell’N-drift N-drift (N-) Drain (N+) Distribuzione della carica spaziale V=VD (>>0) V-MOS Il source è ricavato per diffusione nella regione superficiale P-base (che inizialmente ricopre tutto il wafer). Lo scavo a V (V-groove) è realizzato successivamente. Il canale si forma lungo le pareti del V-groove. Nel MOS verticale esiste un BJT parassita (source-base-channel-drain). Il BJT è mantenuto spento dal corto circuito fra source e P-base. Nonostante ciò, la resistenza della regione P-base può determinare l’innalzamento del potenziale lontano dalla regione di corto circuito, con conseguente accensione del BJT. In tal caso si ha comunque corrente fra source e drain, solo che essa è sostenuta dall’iniezione di minoritari (elettroni dal source verso p-base), con conseguente rallentamento dello switch-off. Ron è definita come ΔVDS /ΔID nella regione lineare. La Ron determina la potenza che si dissipa sul dispositivo quando è completamente acceso. Essa è prevalentemente somma della resistenza del canale e della resistenza della regione di drift. Ad elevate polarizzazioni di gate, la R del canale diventa trascurabile per cui la Ron diventa quasi costante. Un dispositivo che deve condurre 50 A e per il quale sia richiesta Von=0.25 V, deve avere Ron=5 mΩ. In questo caso P = (50)2 × 0.005 = 12.5 W. COMPONENTI DELLA Ron RN+ e Rs sono trascurabili RCH e RA dipendono dalla polarizzazione di gate RJ è modulata dalla VD a seguito dallo svuotamento P-base/N-channel (effetto pinch-off) RD dipende dallo spessore del dispositivo (e dunque dalla massima tensione che esso potrà sostenere). P. es., per bassi valori di VDS (reg. lineare), la RCH di metà dispositivo può essere calcolata da: W I D = µ n Cox (VG − Vt )VDS L da cui: GCH µ n W Cox (VG − Vt ) 1 = = RCH L Poiché i MOSFET di potenza sono formati da un numero elevato di celle elementari del tipo di quella a fianco, poste l’una accanto all’altra, in genere si preferisce fornire la conduttanza (o la resistenza) specifica, cioè per unità di area. Con riferimento alla metà del dispositivo a fianco: ' CH G = GCH ⎛ LG + s ⎞ W ⎜ 2 ⎟ ⎝ ⎠ = µ n Cox (VG − Vt ) L ⎛⎜ ⎝ LG + s ⎞⎟ 2 ⎠ [Ω −1 cm − 2 ] ACCENSIONE INVOLONTARIA DEL MOSFET A CAUSA DI ELEVATI dV/dt SUL DRAIN Considerando la capacità di svuotamento presente fra Drain e Base, a seguito dell’applicazione di una rampa sul drain, la corrente nella RB (resistenza dovuta alla distanza fra la base “reale” e il contatto di base), data da CDB d(V-VγBE)/dt, può polarizzare direttamente la giunzione B-E del BJT parassita. Trascurando VγBE rispetto a V, l’accensione si innesca per: dV ⎞ ⎛ ⎜ C DB ⎟ RB = Vγ , BE dt ⎠ ⎝ in cui Vγ,BE diminuisce all’aumentare della temperatura SAFE OPERATING AREA (SOA) La SOA definisce i limiti di utilizzo di un dispositivo, in termini di I e V. La massima V è definita dal breakdown mentre la massima I è dettata dalla potenza dissipabile sul dispositivo. L’applicazione contemporanea di tensioni e correnti elevate, sebbene sotto i limiti massimi detti, può portare comunque il dispositivo alla rottura, anche se l’applicazione ha una brevissima durata. Si parla in questi casi di second breakdown. ID IM IC IM IE IS Esistono vari meccanismi in grado di innescare il second breakdown, ma il principale è spesso il BJT parassita. Si ha: I D = I M + IC IS = IM + IE con M fattore di moltiplicazione a valanga n ≈ 4 nei MOSFET I B = IC − I E M= IC ∝ M I E 1 ⎞ 1 − ⎛⎜VD ⎟ BV ⎝ ⎠ n Per allargare la SOA, nella progettazione dei MOSFET di potenza si lavora principalmente sulla riduzione di RB. Da considerare che RB aumenta con la temperatura a causa della riduzione della mobilità. L’ampiezza della SOA dipende anche dalla durata del picco di tensione sul drain. Progettazione dei MOSFET di potenza Un MOSFET viene normalmente progettato per sostenere una assegnata VDS quando è nello stato off (Vmax). Assumendo che il breakdown avviene nella regione svuotata sotto il canale (giunzione P-base/N-drift region), ciò vuol dire che il drogaggio e la lunghezza della regione di drift devono essere scelti opportunamente (come nel diodo pin): Vmax ≈ ε Si 2q N d E 2 max h Emax ≈ 2 da cui Nd deve essere basso e h grande Quando il dispositivo è acceso, la regione di drift non è più svuotata e la sua conducibilità dipende dal drogaggio, che dunque non può essere troppo basso per non penalizzare la Ron. Altri semiconduttori offrono Emax più grande e dunque consentono di lavorare con Nd più elevato. Semiconduttori per MOSFET di potenza Il semiconduttore ideale è quello che offre elevata µ, elevato Emax, elevata λ (conducibilità termica) 3 VBD ⎡ EG ⎤ ⎡ N d ⎤ = 60 ⎢ ⎥ ⎢ 6 ⎥ ⎣ 1.1 ⎦ ⎣10 ⎦ 2 −3 4 formula di Sze e Gibson Gdrift Area Area =σ = qµ n N d h h dove Area è la sezione della regione di drift. qµ n N d G 'drift = h Sostituendo si ottiene: Nd = ε 2qVmax [Ω −1 2Vmax h= Emax 2 Emax 3 max 2 max E G 'drift = qµ n 4V cm −2 ] Dissipazione del calore nei dispositivi microelettronici Il surriscaldamento può condurre alla rottura di un dispositivo elettronico. Il problema è ugualmente presente nei dispositivi di potenza come nei dispositivi microelettronici ad elevata integrazione. Meccanismi prevalenti di rottura: Metallizzazioni: elettromigrazione, spiking dei contatti, fusione Chip: frattura Ossidi: intrappolamenti, perdita di isolamento Dispositivo: contaminazioni ioniche, second breakdown Interfacce ossido/silicio: elettroni caldi (hot electrons) MTTF (T ) = MTTF (TO )e Ea kT Ea dipende dai processi, dai materiali, dalle geometrie, dalle applicazioni Ea≈0.7 eV Dipendenza dalla temperatura delle rotture per elettromigrazione Nei dispositivi bipolari il calore si sviluppa prevalentemente in corrispondenza delle giunzioni iniettanti. Per tale motivo il limite in temperatura è spesso fornito con il parametro TJ,max Normalmente la TJ,max è fornita con riferimento ad una temperatura del case (contenitore) del dispositivo, TC. Occorre quindi garantire che il case sia alla temperatura indicata. A ciò si provvede dimensionando il sistema di raffreddamento (alette, ventole, …) in modo tale da estrarre la quantità di calore che occorre. TJ Si contatto metallo del contenitore RSi RAl TC convezione TA d t RSi = k −1 Si d Adisp A regime si deve avere R Al = k −1 Al ⎡ W ⎤ k Si ≈ 170 ⎢ ⎥ ⎣ m ⋅ K ⎦ t Acont ( ⎡ W ⎤ k Al ≈ 240 ⎢ ⎥ ⎣ m ⋅ K ⎦ Q [W ] = RSi + RAl coincidente con il calore che si estrae dal contenitore: ) ⋅ (T −1 J − TC ) h (TC − TA ) −1 C in cui hc è il coefficiente di convezione, che dipende dal sistema di raffreddamento utilizzato. Poiché TC e TA sono indicate dal costruttore, e Q è la potenza dissipata dal componente (Ron × I2), è possibile calcolare l’ hc e quindi dimensionare il sistema di raffreddamento. CONFRONTO FRA BJT E MOSFET DI POTENZA Vantaggi del BJT: - la sezione attiva del dispositivo coincide con l’area dell’emitter, mentre nel MOSFET è limitata dallo spessore della regione di inversione - il controllo della corrente attraverso la polarizzazione della giunzione E-B garantisce elevata sensibilità della corrente di uscita dalla tensione di controllo: diout dic = = gm dvin dvbe ic = I s e vbe VT ovvero è possibile passare da una corrente minima a quella massima per variazioni della tensione di controllo di pochi decimi di Volt. In un MOSFET possono essere necessari alcuni Volt (la gm è in genere molto inferiore). In definitiva, a parità di ingombro, il BJT è in grado di gestire correnti più elevate, e dunque è più rapido nelle operazioni di carica-scarica di carichi capacitivi. CONFRONTO FRA BJT E MOSFET DI POTENZA (2) Vantaggi del MOSFET: - nessun consumo di potenza per la polarizzazione nello stato on (in un BJT il guadagno di corrente in saturazione è spesso inferiore a 10) - non essendo necessario limitare la corrente nel terminale di controllo, la rete di polarizzazione è molto più semplice - essendo un dispositivo a portatori maggioritari, la commutazione è più rapida In definitiva, come regola generale si può affermare che i BJT di potenza sono preferibili per applicazioni analogiche (amplificazione), mentre i MOSFET sono preferibili per applicazioni switching IGBT (insulated gate bipolar transistor) Associa la capacità di gestire elevate correnti del BJT all’assenza della corrente di controllo del MOSFET (caratteristica di ingresso del MOSFET e caratteristica di uscita del BJT) Strutturalmente è molto simile ad un D-MOS, ma la regione di drain (ora collettore) ha drogaggio di segno opposto (P+) il che crea un BJT PN-P+ verticale. EMITTER EMITTER Collettore ed emitter hanno ruoli invertiti. Nello stato off la regione è floating per cui la struttura PNP ha sempre una delle due giunzioni contropolarizzata. Tutta la tensione esterna cade sulla giunzione PN che risulta contropolarizzata in quel momento (non è sempre un vantaggio). N- base N- P+ COLLECTOR IGBT (insulated gate bipolar transistor) (2) Applicando una opportuna polarizzazione di gate, il canale orizzontale collega la regione N- (base) con la regione N+ . Dunque l’emitter (che normalmente è a massa) e la base sono cortocircuitati. La giunzione collettore-base, già polarizzata direttamente, può ora iniettare lacune in N-, per cui il BJT entra in funzione. EMITTER EMITTER N- base P+ +Vc COLLECTOR Essendo un dispositivo intrinsecamente bipolare, presenta problemi di storage dei minoritari.