I NOSTRI GENI SU UN MICROCHIP L'espressione genica è il processo attraverso il quale l’informazione contenuta in un gene è usata per la sintesi di un prodotto genico funzionale. Questi prodotti genici sono spesso proteine (che, a loro volta, risultano dalla traduzione di un RNA messaggero trascritto dal gene in oggetto), ma esistono geni che non codificano per proteine ed il prodotto è un RNA funzionale (per esempio geni per RNA ribosomale, rRNA, o per RNA transfer, tRNA, o altri piccoli RNA la cui funzione risulta essere sempre più importante). Salvo pochissime eccezioni, le cellule dell’organismo contengono tutte un corredo cromosomico completo e gli stessi geni. Nelle diverse cellule, però, è espressa solo una sottopopolazione di tutti i possibili geni e questo conferisce a ciascun tipo cellulare le sue caratteristiche di unicità. L’espressione genica è un processo sottoposto a una regolazione molto sofisticata, per garantire una risposta dinamica al variare degli stimoli extra e intra-­‐cellulari. Questo meccanismo di regolazione è dotato di interruttori ON/OFF che consentono l’accensione o lo spegnimento di specifici geni, ma anche il controllo del loro “volume”, cioè del livello della loro espressione. Per capire come una cellula risponde alle continue modifiche dell’ambiente è dunque molto importante studiare quali e quanti mRNA vengono prodotti e cioè quali geni sono espressi (e quanto). I Microarray a DNA: una nuova tecnologia per studiare l’espressione dei geni Il Progetto Genoma Umano ha fatto crescere esponenzialmente la quantità di informazioni disponibili sulla sequenza nucleotidica del genoma umano. Sono stati così identificati moltissimi nuovi geni, catalogati e organizzati in banche dati biomediche accessibili e utilizzabili da tutti i centri di ricerca. L’impatto del completamento del Progetto Genoma Umano sarà interamente compreso quando si riuscirà ad identificare tutte le funzioni dei nuovi geni. La tecnologia dei Microarrays facilita l’identificazione, la classificazione e l’attribuzione della funzione dei vari geni. Utilizzando particolari supporti solidi (nel caso più semplice un vetrino) sui quali sono legate, secondo uno schema predefinito (array), sequenze di DNA derivate da moltissimi geni diversi di un dato organismo 1 (potenzialmente tutti), è possibile determinare, con un singolo esperimento, la loro espressione in modo estremamente rapido ed efficace. Con questo potentissimo strumento di indagine, i ricercatori sono in grado, per esempio, di: -­‐ comprendere alcuni aspetti fondamentali dei processi della crescita e dello sviluppo; esplorare le cause genetiche di molte malattie; identificare nuovi potenziali bersagli per la terapia. -­‐ -­‐ Che cosa è un Microarray I Microarrays di DNA sono dei piccoli supporti solidi (generalmente un vetrino da microscopia di dimensioni 75 X 25 X 1 mm, ma anche dei chip di silicio o delle sottili membrane di nylon) sui quali vengono immobilizzate, in posizioni fisse e note, migliaia di sequenze di DNA derivate da geni diversi (spotting). Le sequenze di DNA vengono depositate sul vetrino in piccolissime quantità, oppure sono sintetizzate direttamente in situ. Il termine “to array” significa “disporre secondo un ordine”; in un Microarray le sequenze vengono attaccate al supporto secondo uno schema ordinato prefissato, in modo che sia possibile individuare quale sequenza genica è posizionata in ciascun punto. Le sequenze possono essere DNA, cDNA o oligonucleotidi sintetici (corte sequenze di DNA a singolo filamento, in genere formate da 10-­‐50 nucleotidi). Il Microarray si basa sull’ibridazione molecolare fra sequenze nucleotidiche complementari. Quando due sequenze complementari si “riconoscono”, si formano legami idrogeno fra basi complementari. L’ibridazione avviene tra una sequenza bersaglio immobilizzata sul supporto e una sequenza mobile, detta sonda, di mRNA, DNA o cDNA marcata con un fluorocromo. Un computer è in grado di misurare con precisione la quantità di sonda legata in ciascuna posizione del vetrino e generare un profilo di espressione genica per ogni tipo cellulare. 2 Programmiamo un esperimento di Microarray per confrontare l’espressione genica in due tipi cellulari diversi 1) Consideriamo ora due ipotetiche cellule diverse una dall’altra; ad esempio: • cellula normale (gialla); • cellula tumorale (azzurra). Entrambe contengono gli stessi geni e vogliamo conoscere il loro profilo di espressione nei due tipi cellulari, perchè un’espressione differenziata potrebbe aiutarci a comprendere il meccanismo della trasformazione neoplastica. La preparazione dell’array richiede alcuni passaggi successivi: 1) isolamento dell’ mRNA da ciascun tipo cellulare; 2) sintesi del corrispondente cDNA mediante retrotrascizione con trascrittasi inversa in presenza di opportuni marcatori fluorescenti (es: verde per la cellula normale e rosso per la cellula tumorale); 3) incubazione delle due popolazioni di cDNA marcati, sul Microarray dove erano stati immobilizzati i geni. Le molecole marcate si legano nel Microarray ai siti che corrispondono ai geni espressi in ciascun tipo cellulare; 4) dopo l’ibridazione, il Microarray viene posto in un apposito “lettore”, dotato di diversi raggi laser, di un microscopio speciale e di una macchina fotografica in grado di misurare il colore e l’intensità dei diversi “spot” sul Microarray. Infatti, i fluorocromi vengono eccitati dal laser e l’immagine che ne deriva viene catturata dal microscopio e dalla macchina fotografica che, insieme, generano una immagine 3 digitale dell’array. Questi dati vengono immagazzinati nel computer ed elaborati da programmi dedicati che, in base all’immagine digitale, calcolano il rapporto della fluorescenza rosso/verde, sottraendo il background (rumore di fondo) per ciascuna posizione (spot) del Microarray. Una volta calcolati i rapporti, l’intensità del colore dei singoli spot fornisce una stima del livello di espressione dei singoli geni nel campione e nel controllo normale. Spot rosso: include solo i cDNA relativi alle cellule tumorali, dopo ibridazione al DNA target Spot verde: include solo i cDNA relativi alle cellule normali, dopo ibridazione al DNA target Spot giallo : rosso + verde = giallo Significa che entrambi i cDNA hanno ibridato in modo equivalente al DNA target. Spot nero : il gene non è espresso né nelle cellule normali né nelle cellule tumorali Questo è un esempio molto semplice. Utilizzando accuratissime tecnologie di spotting robotizzate, su Microarray si può arrivare a caricare 20.000 spot con sequenze diverse! La mole di dati generata da un singolo Microarray è quindi molto, molto grande!!! E la sua interpretazione molto, molto, molto, molto complessa !!! 4 Diverse applicazioni di Microarray nello studio dell’espressione genica L’uso di Microarray per lo studio del profilo d’espressione genica è stato pubblicato per la prima volta nel 1995 (Science) e il primo genoma eucariotico completo di analisi di Microarray fu quello del Saccharomyces cerevisiae nel 1997 (Science). Da allora le applicazioni della tecnologia dei Microarray sono state numerosissime, ma la principale è l’analisi su larga scala dell’espressione genica. Studio di stati patologici: se un gene è over-­‐espresso in un determinato stato patologico, lo spot corrispondente risulterà rosso/arancio (poco verde). A mano a mano che vengono individuati il/i gene/geni la cui espressione è associata a una determinata malattia, il cDNA derivato da un tessuto malato di un paziente può essere ibridato su un Microarray per identificare a quale malattia corrisponde il pattern di espressione genica del tessuto patologico in esame. Il risultato dell’analisi può essere utile per confermare (o fare) diagnosi e per stabilire una terapia appropriata. Studio delle modifiche dell’espressione genica in un dato periodo della vita cellulare, ad esempio durante il ciclo cellulare. Il ciclo cellulare è regolato da una rete di interazioni molecolari che essenzialmente servono a decidere se e quando una cellula normale entra in divisione. Molti sono i geni che regolano gli stadi del ciclo cellulare. In questo sistema di regolazione sono previsti anche dei meccanismi che servono a bloccare il ciclo cellulare quando uno dei sistemi di controllo non funziona, a causa di mutazioni in uno dei geni critici. Questo avviene nelle cellule tumorali che hanno perso la capacità di controllare il loro ciclo. I Microarray possono contribuire a identificare i profili di espressione genica al tempo “zero” e ai vari tempi successivi del ciclo cellulare, e a fare luce sui dettagli dei passaggi del ciclo e su quali sono i geni che regolano questo orologio cellulare. I risultati di questo tipo di analisi possono fornire informazioni preziose sui geni le cui mutazioni portano alla crescita tumorale e suggerire nuove strategie di intervento terapeutico. Sviluppo di nuovi farmaci: se un determinato gene è over-­‐espresso in una particolare forma di tumore, con i Microarray si può determinare se un dato farmaco riduce l’espressione di quel gene, inducendo remissione del tumore. I Microarray di espressione possono anche essere utilizzati per ottimizzare le diagnosi differenziali, ad esempio, sulla progressione di un tumore; una ulteriore applicazione può essere quella della identificazione di geni associati a patologie scatenate da cause ambientali, come le malattie del sistema immunitario, del sistema nervoso e del sistema respiratorio. Studio dell'espressione genica nei primi stadi di sviluppo embrionale: i Microarrays stanno dando un forte contributo alla comprensione degli eventi molecolari legati a questo processo. Recentemente sono stati condotti anche diversi studi sul profilo dell’espressione genica che porta alla maturazione delle cellule uovo. Sulla tecnica dei Microarray, visitate i siti: http://learn.genetics.utah.edu/content/labs/Microarray/ Entrate in un laboratorio virtuale, eseguite un esperimento di Microarray e analizzzate i risutati. http://www.bio.davidson.edu/Courses/genomics/chip/chip.html Simulate al computer un esperimento di Microarray in cui sono confrontati i geni espressi da cellule di lievito in condizioni aerobiche e anaerobiche. 5 La tecnica dei Microarray virtuali passo dopo passo Tecnica sviluppata nei laboratori EMBL-­‐ELLS di Heidelberg, materiale disponibile sul sito: http://www.embl.it/training/scienceforschools/teacher_trai ning/teachingbase/microarray_ital/index.html DNA Microarray: Produzione dei Microarray I DNA Microarray possono essere facilmente prodotti in laboratorio utilizzando un vetrino da microscopio su cui si caricano molecole di DNA prodotte con PCR o oligonucleotidi di sintesi. Lo spotting : l'immobilizzazione Sul vetrino si depositano i geni (fino a 20.000). La deposizione (stampa) di 20.000 piccole “macchie” o spot, ciascuna delle quali rappresenta miliardi di copie di un singolo gene su una così piccola superficie, è un’impresa difficile. I singoli spot devono avere esattamente la stessa forma e devono anche essere equidistanti l’uno dall’altro! Questo problema è stato risolto con l’uso di un robot. Alla fine del caricamento, ogni spot contiene moltissime molecole di DNA a singolo filamento, tutte con la stessa sequenza. Estrazione dell’mRNA e retrotrascrizione Microarray virtuali: Il “tappetino” È possibile creare un DNA Microarray utilizzando un tappetino. Nel Microarray virtuale il tappetino rappresenta il vetrino. Viene estratto l’mRNA da due differenti tipi di cellule: dalle cellule di controllo e dalle cellule che sono in fase di studio. Una volta estratto, l’mRNA deve essere marcato con un fluorocromo rosso o verde: la marcatura si effettua sintetizzando cDNA dall’mRNA mediante l’enzima trascrittasi inversa. Generalmente il cDNA derivato dalle cellule di controllo e’ marcato con un marcatore verde, quello dalle cellule in fase di studio con un marcatore rosso. Ibridazione In questa fase il cDNA di controllo (verde) è mescolato con il cDNA delle cellule in esame (rosso). La miscela è quindi versata sopra la superficie del vetrino, che viene incubato a 42°C in modo che le molecole di cDNA possano ibridare con il DNA complementare del microrray. Dopo 12 ore il Microarray è lavato per eliminare tutto il cDNA che non ha trovato il filamento complementare di DNA. Il passaggio di estrazione dell’mRNA non viene simulato: le molecole di cDNA già marcate sono rappresentate da piccole torce tascabili. Ogni torcia corrisponde a una singola catena di cDNA, copia di un particolare gene, identificato dal colore del velcro sul retro (ad esempio velcro blu per il cDNA trascritto dal gene J. Monod). La lampadina di ogni torcia, inoltre, è coperta con una pellicola adesiva trasparente; la pellicola rossa significa che l’mRNA proviene da cellule tumorali, quella verde che l’mRNA proviene da cellule di controllo. Ibridazione Ora le torce di cDNA vengono messe a contatto con le molecole di DNA (velcro) sulla superficie dei Microarray virtuali. La miscela di torce viene distribuita sul Microarray; le singole torce si legheranno (ibrideranno) solo sul cerchio in cui è presente il DNA complementare (velcro dello stesso colore): blu con blu, rosso con rosso, bianco con bianco, verde con verde, ecc. L’ibridazione farà accendere la lampadina con la luce verde o rossa a seconda se l’mRNA deriva dal tessuto normale o dal tessuto tumorale. Lo spotting : l'immobilizzazione Sul tappetino le molecole di DNA sono rappresentate utilizzando velcro colorato, incollato in 10 aree circolari che rappresentano gli spot (tutte della stessa grandezza e equidistanti). Le 10 aree circolari sono 10 geni diversi, a ciascuno dei quali è attribuito il nome di un personaggio famoso e un colore (ad es. per il gene Jaques Monod il velcro è blu). In ogni cerchio (spot) vengono incollate molteplici copie dello stesso gene (velcri tutti dello stesso colore). Estrazione dell’mRNA e retrotrascrizione 6 Scansione Con uno scanner di tipo laser si può ora osservare il risultato dell’esperimento. Attenzione...osserviamo attentamente! Non ci sono solo punti rossi o verdi ma anche gialli e arancio! Questo si può spiegare molto facilmente! E’ chiaro che nel punto verde c’è solo cDNA proveniente da cellule normali, e nel punto rosso solo cDNA da cellule in esame. È chiaro anche che la combinazione in ugual quantità di rosso e verde dà giallo! Quindi, poichè in ogni punto sono presenti milioni e milioni di copie di un singolo gene, il colore giallo significa che quel gene è espresso in uguale quantità nei due tipi di cellule. L’arancio indica che quel gene è espresso di più nelle cellule in studio. Se il punto resta nero, quel gene non è espresso in nessuno dei due tessuti in esame. Normalizzazione In un Microarray, l’intensità dello spot non sempre riflette la reale quantità di cDNA che si è ibridato, perché la marcatura del mRNA dipende dalla lunghezza della catena e dal marcatore utilizzato. Un procedimento matematico di “normalizzazione” corregge le intensità degli spot, per far sì che esse rappresentino realmente la quantità di cDNA presente in ciascuno di essi. Dopo la normalizzazione, si può iniziare l’analisi dei dati. Analisi e clustering L’analisi di un Microarray considerando ogni singolo spot richiederebbe un tempo lunghissimo. Per accelerare l’analisi, i geni che hanno comportamenti simili sono raggruppati in cluster. Sono stati messi a punto complessi programmi di analisi automatica dei Microarray. Scansione Per simulare la scansione del vetrino con il laser, spegnere le luci della stanza e osservare i singoli cerchi. Contare le torce rosse e verdi per ogni cerchio. Se il cerchio ha solo torce di colore rosso, saranno presenti solo cDNA del tessuto in esame. Se il cerchio ha solo torce di colore verde, il cDNA proviene solo da cellule normali. Se il cerchio ha un egual numero di torce rosse e verdi, non ci sono differenze di espressione tra I due tessuti Se il gene di un dato cerchio è prevalentemente espresso nelle cellule in esame, ci saranno più torce rosse che verdi. Se il cerchio è nero, quel gene non è espresso. Nel Microarray virtuale non si possono generare spot gialli o di gradazioni intermedie. Per ovviare a questo problema possiamo mettere su ogni cerchio un disco colorato con le gradazioni di colore dal rosso al verde. Normalizzazione Analogamente al Microarray vero, nel Microarray virtuale dalla intensità del colore di ogni spot si può in teoria calcolare la quantità di cDNA (il numero di torce di ciascun colore). Consideriamo però anche il seguente aspetto: se le batterie delle torce sono tutte ugualmente cariche ci aspettiamo che due torce diano una luce di intensità doppia di quella di una singola torcia. Ma se le batterie delle due torce sono mezze scariche, allora l’intensità data da due torce sarà uguale a quella di una singola torcia con la batteria carica. In altre parole, la intensità del colore di ogni spot dipende dal numero di torce legate ma anche dallo stato di carica delle batterie. Analisi e clustering Vedere gli esercizi allegati. Analisi dei risultati: clustering (file allegato) Avete bisogno di trovare dei criteri per raggruppare i geni in cluster. I geni sono tutti indicati con i nomi di famosi scienziati che hanno lavorato nel campo della biologia. La maggior parte di questi ha vinto il Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina. Cercate su internet informazioni su questi scienziati per individuare che cosa hanno in comune (http://nobelprize.org/). 7 La presenza di più torce rosse significa che il gene è up-­‐regolato (cioè più espresso nelle cellule in esame rispetto a quelle normali); quando invece ci sono più torce verdi, il gene è down-­‐regolato (cioè meno espresso nel campione in fase di studio rispetto al tessuto normale). Iniziate a raggruppare i geni secondo il numero di torce verdi o rosse, in modo da avere: -­‐ un cluster con i geni aventi ugual numero di entrambi i colori; -­‐ un cluster con i geni aventi un solo colore; -­‐ un cluster con i geni aventi più torce verdi che rosse; -­‐ un cluster con i geni aventi più torce rosse che rosse. Dopo che avete raggruppato i vari geni, dovete cercare di individuare che cosa hanno in comune i geni risultanti nei vostri cluster. Interpretate i vostri risultati. I cluster potrebbero essere quelli della tabella sotto. Cluster 1 2 3 4 Geni Verde Rosso James Watson Francis Crick Rosalind Frankling Maurice Wilkins Thomas Morgan Barbara Mcclintock Jacques Monod Alexander Fleming Leo Szilàrd John Kendrew 0 9 1 3 4 1 4 0 9 2 0 9 1 3 8 6 0 3 3 1 Regolazione Nessuna differenza 2 volte più espresso nel campione in esame 6 volte più espresso nel campione in esame Non più espresso nel campione in esame Espresso ex novo nel campione in esame 3 volte meno espresso nel campione in esame 2 volte meno espresso nel campione in esame Interpretiamo i risultati raggruppati secondo questo criterio: Cluster 1: consiste di 4 geni (James Watson, Francis Crick, Maurice Wilkins and Rosalind Franklin), che mostrano uguali quantità di mRNA nel controllo e nel campione tumorale. Questi quattro ricercatori hanno svolto un ruolo fondamentale nella scoperta della struttura del DNA. Watson, Crick e Wilkins hanno vinto il premio Nobel per la medicina nel 1962. Purtroppo, il ruolo di Rosalind Franklin fu pienamente riconosciuto solo dopo la sua morte. Cluster 2: i due geni up-­‐regolati si chiamano Thomas Morgan e Barbara McClintock. Morgan (Premio Nobel nel 1933) fu il pioniere degli studi di genetica classica nel moscerino Drosophila melanogaster; Barbara McClintock (Premio Nobel nel 1983) scoprì i trasposoni nel mais, gli elementi mobili nel DNA capaci di spostarsi da una posizione a un’altra nel genoma. Entrambi questi ricercatori sono stati eccellenti genetisti. Cluster 3: geni di un solo colore, cioè espressi solo in uno dei due tipi cellulari. Fleming (Premio Nobel nel 1945) è lo scopritore della penicillina; Monod (Premio Nobel nel 1965) ha studiato la regolazione dell’espressione genica in E.coli. Entrambi hanno lavorato sui mcroorganismi. 8 Cluster 4: contiene due geni down-­‐regolati. Leo Szilard fu uno dei primi fisici a studiare l’energia atomica. Si distinse anche per la sua battaglia contro l’uso dell’energia atomica come arma. Quando rivolse i suoi interessi alla biologia, organizzò un incontro a Ginevra con altri scienziati, tra cui James Watson e John Kendrew per discutere della fondazione di un laboratorio internazionale di Biologia Molecolare. Nel 1963 venne fondata la European Molecular Biology Organization, EMBO e nel 1974 a Heidelberg è stato fondato il Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare (EMBL). John Kendrew (Nobel in Chimica nel 1962 per aver ottenuto la prima struttura cristallina di una proteina) è stato il primo direttore dell’EMBL. In questo esempio di clustering, si trova facilmente il filo conduttore che unisce i geni di ogni gruppo. NB. Fate attenzione nell’interpretare i risultati. Talvolta geni contenuti nello stesso cluster, possono non condividere similarità; a volte i risultati dipendono dal modo con cui è stato fatto il clustering. Ad esempio, i geni potrebbero anche essere raggruppati come nella seconda tabella (cluster A B C). A differenza di quanto visto con i raggruppamenti precedenti (1-­‐4), i geni che si ritrovano insieme nei cluster B e C non sembrano legati da un filo conduttore evidente. Cluster A B C Geni Verde Rosso James Watson Francis Crick Rosalind Frankling Maurice Wilkins Thomas Morgan Barbara Mcclintock Alexander Fleming Leo Szilàrd John Kendrew Jacques Monod 0 9 1 3 4 1 0 9 2 4 0 9 1 3 8 6 3 3 1 0 Regolazione Nessuna regolazione 2 volte up-­‐regolato 6 volte up-­‐regolato up-­‐regolato 3 volte down-­‐regolato 2 volte down-­‐regolato down-­‐regolato Utilizzo dei Microarrays per la diagnosi dei tumori. Caso 1. Diagnosi differenziale di tumori del sistema ematopoietico. Premessa Il cancro è causato da un danno a carico di geni che controllano la divisione cellulare: risultato è la mancanza di controllo nella divisione. Nelle cellule tumorali si esprimono gruppi di geni diversi da quelli espressi nelle cellule normali; inoltre, differenti tipi di cancro esprimono gruppi diversi di geni. L’analisi dell’espressione genica aiuta a identificare il tipo di cancro di cui è affetto un paziente. Nel 1999, un gruppo di scienziati americani utilizzò i Microarray a DNA per distinguere due tipi di cancro clinicamente molto simili: ALL (Leucemia Linfoblastica Acuta) e AML (Leucemia Mieloide Acuta). Entrambi colpiscono le cellule del midollo osseo, la prima (ALL) colpisce soprattutto i giovani, l’altra (AML) è più comune negli adulti. Prima viene diagnosticata la forma di leucemia, più tempestivamente vengono 9 effettuati gli interventi terapeutici corretti. Sono stati identificati un gruppo di 50 geni che mostrano differenze di espressione nei due tipi di tumori. Per la classe Nei seguenti esercizi utilizzerete alcuni di questi geni in un piccolo Microarray per verificare come questo tipo di analisi può essere impiegata per la diagnosi di questi due tipi di cancro. Nella tabella, per ciascuno dei geni è specificato in quale tipo di tumore (ALL o AML) il gene è attivamente espresso. I geni indicati come controllo sono geni espressi in entrambi i tipi di tumore o in nessuno dei due: questi geni non forniscono nessuna informazione circa il tipo di tumore, ma vengono ugualmente inseriti nel Microarray per controllare che la procedura sperimentale sia stata eseguita correttamente. Posizione Nome del gene A1 A2 A3 A4 A5 B1 B2 B3 B4 B5 C1 C2 C3 C4 C5 D1 D2 D3 D4 D5 E1 E2 E3 E4 E5 Zyxin Cyclin 03 Myosin light chain HOX A-­‐9 SNF 2 Coenzyme A Leptin receptor OP 18 Dynein light chain SRP9 Actin IL7 receptor CD-­‐33 MCM 3 LYN Myc 3 ATPase SRP 9 CD 19 Catalase IL8 receptor Lysozyme Topoisomerase II Acyl-­‐CoA Dehydrogenase Glucose-­‐6-­‐phosphate Tipo di tumore in cui il gene è attivamente espresso AML ALL ALL AML ALL ALL AML ALL Nessuno (controllo) ALL Entrambi (controllo) ALL AML ALL AML Nessuno (controllo) AML AML Nessuno (controllo) AML AML AML ALL ALL Entrambi (controllo) Ora tocca a voi: provate a fare la diagnosi in questi 3 casi clinici. Avete tre pazienti a cui dovete diagnosticare il tipo di cancro. Immaginate di prelevare le cellule dal midollo osseo dei vostri pazienti, di coltivarle, poi purificare l’mRNA dal citoplasma, trasformarlo in cDNA e utilizzarlo come sonda per il Microarray contenente i geni elencati nella tabella . 10 Il risultato della vostra analisi dell’espressione dei geni interessati è visibile nelle tabelle seguenti, relativi ai tre pazienti X. Y e Z. Qual è la vostra diagnosi per i tre pazienti? Risultato del Microarray per il paziente X 1 2 3 4 5 A * * B * * C * * D E * * Risultato del Microarray per il paziente Y 1 2 3 4 5 A * B * C * D E * Risultato del Microarray per il paziente Z 1 2 3 4 5 A * * B * C * * D * * E * Risposta: Il paziente X esprime 5 geni (A1, A3, B1, B3, C4) attivi in ALL, mentre gli altri geni sono di controllo e non forniscono, pertanto, nessuna informazione significativa. Si può pertanto concludere che il paziente X è affetto da ALL. Il paziente Y ha due geni (A4, B2) che sono altamente espressi in AML, mentre gli altri sono geni di controllo. Diagnosticare la presenza di AML è molto rischioso in base a due soli geni attivi, perché i restanti geni non sono attivi. L’elevata espressione dei due geni potrebbe essere associata a un altro tipo di cancro. Pertanto, per questo paziente non si può fare diagnosi. Il paziente Z presenta 6 geni (A1, A4, B2, C3, D2, D3) attivi in AML; i rimanenti sono geni di controllo. Si può concludere che il paziente Z è affetto da AML. Caso 2: Diagnosi differenziale di carcinoma mammario Premessa Il carcinoma mammario duttale in situ è una forma non invasiva ("in situ") di carcinoma mammario caratterizato dalla proliferazione di cellule epiteliali maligne all'interno del dotto, senza invasione della membrana basale. Pertanto non essendoci infiltrazione di vasi sanguigni e linfatici, queste lesioni sono sostanzialmente incapaci di metastatizzare. Il carcinoma mammario infiltrante è una forma invasiva di carcinoma mammario caratterizzato dalla proliferazione di cellule epiteliali maligne all'interno e all’esterno del dotto, con invasione della membrana basale. Pertanto, essendo presente infiltrazione di vasi sanguigni e linfatici, queste lesioni sono in grado di metastatizzare. È molto importante diagnosticare il carcinoma allo stadio non infiltrante, essendo ormai ampiamente accettato il concetto che buona parte dei carcinomi infiltranti origina dal carcinoma in situ. È infatti molto probabile che il carcinoma in situ sia una tappa obbligata nello sviluppo della forma infiltrante. 11 Per la classe Immaginate di avere a disposizione due repliche di uno stesso Microarray su cui sono state depositate 20 sonde relative a 20 geni la cui funzione è rilevante nel tessuto mammario. I geni sono denominati con le lettere A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T. Entrambi i Microarray contengono le stesse sonde. Ciascun chip è stato messo a contatto con RNA (o cDNA) estratto da cellule normali (controllo) marcato con un tracciante verde e contemporaneamente con RNA (o cDNA) estratto da tumore, marcato da un tracciante rosso. Per ciascuno dei due chip vengono utilizzati 2 estratti tumorali diversi (Carcinoma intraduttale in situ e Carcinoma mammario infiltrante). Cellule normali del dotto mammario : Verde Carcinoma duttale in situ: Rosso Cellule normali del dotto mammario : Verde Carcinoma duttale infiltrante: Rosso Uno spot verde indica che il gene è molto più attivo nel tessuto normale rispetto al tumore (da-­‐ 1 a-­‐4). Uno spot rosso indica che il gene è molto più attivo nel tumore (da+1 a +4). I colori intermedi indicano che il gene in questione è attivo in entrambe le linee cellulari con diversi gradi di espressione che producono le diverse sfumature. Il colore giallo indica che il gene è ugualmente espresso nel tumore e nelle cellule normali. Il colore nero indica che il gene non è espresso, nè nelle cellule normali nè nelle cellule tumorali. Scopo dell’esperimento è quello di identificare un profilo di espressione tumore-­‐ specifico e, possibilmente, correlare i vari profili di espressione con la malignità attraverso l’assegnazione di punteggi relativi all’espressione genica per ogni livello di colore dello spot. I punteggi vanno poi riportati su un grafico, che permette una visualizzazione più immediata delle differenze di espressione nei due tipi di tumore. 12 Quali punti assegnare ai singoli spot dei due microchip ? (+1) ( 0) (-2) (-1) (+4) (+3) (-2) (-1) (-3) (+3) (+4) (-1) (-2) (-3) (+4) (+3) (-3) (-4) (+1) (+3) ( 0) (+2) (+4) ( 0) (+4) ( 0) (-2) (-3) (-3) (+2) (-2) (+2) (-2) (-4) (+4) (-3) (-3) (+3) (+1) ( 0) Nel primo microchip il gene A è espresso sia nelle cellule tumorali che nelle cellule normali con una lieve sovrabbondanza per le cellule tumorali; il gene B è espresso in entrambe i tipi cellulari in uguale quantità; il gene C è espresso maggiormente nelle cellule normali; il gene D è espresso sia nelle cellule tumorali che nelle cellule normali, con una lieve sovrabbondanza nelle cellule normali; il gene E è espresso o è molto più attivo nelle cellule tumorali, come anche i geni I e M, R e S; e così via. Possiamo eseguire un confronto tra i due microchip con le seguenti osservazioni: 1) Ci sono geni che sono più attivi nel tessuto normale o in quello tumorale? Il gene C è più attivo nelle cellule normali, così come i geni D F H J K N O. Il gene A è maggiormente espresso nelle cellule tumorali, come anche E I M R S. Il gene G è espresso nelle cellule del carcinoma infiltrante mentre non è espresso nelle cellule del carcinoma papillare in situ Il gene Q è attivo solo nelle cellule del carcinoma infiltrante, mentre è inattivo nel tessuto normale e nel carcinoma in situ Il gene T è inattivo sia nelle cellule normali che tumorali 2) Ci sono geni che hanno comportamento simile fra le due forme di carcinoma? Sì, la maggior parte . I geni B C E F H I K L M N O P R S. 3) Ci sono geni che sono più attivi nel tumore maligno? Il gene A è up-­‐regolato nel carcinoma infiltrante, come anche i geni G, L e Q. 13