I disturbi specifici di apprendimento

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I disturbi specifici di apprendimento (DSA)
M. E. Bianchi e V. Rossi
In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un grande aumento di interesse e di attenzione intorno al tema dei disturbi specifici di apprendimento (DSA), “disturbi” che hanno la maggiore
prevalenza epidemiologica in età evolutiva.
Che cosa sono i DSA e come si manifestano?
I DSA sono riconducibili a fattori neurobiologici, più spesso di tipo genetico, ovvero ad alterazioni morfologiche o funzionali delle strutture encefaliche implicate in queste abilità (Peterson
2012, Brambati 2006) , che si manifestano con caratteristiche diverse nel corso dell’età evolutiva e delle varie fasi di apprendimento scolastico.
Gli specialisti parlano di DSA quando un bambino ha delle difficoltà circoscritte nella lettura
e/o nella scrittura e/o nel calcolo; ha uno sviluppo intellettivo nella norma e non presenta
deficit sensoriali. La “specificità” è proprio la principale caratteristica di questa categoria di
disturbi, in quanto essi interessano, in modo significativo ma circoscritto, uno specifico dominio di abilità, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale.
“Sono disturbi nei quali le modalità normali di acquisizione delle capacità in questione sono
alterate già nelle fasi iniziali dello sviluppo. Essi non sono semplicemente una conseguenza
di una mancanza di opportunità di apprendere o di un ritardo mentale, e non sono dovuti
ad un trauma o ad una malattia cerebrale acquisita” (Organizzazione Mondiale della Sanità,
ICD-10 1992).
Secondo l’ICD 10 (International Classification of Diseases, decima revisione della classificazione internazionale delle sindromi e dei disturbi psichici e comportamentali, OMS, 2007)
rientrano nei Disturbi evolutivi Specifici di Apprendimento (DSA) la dislessia, la disortografia,
la disgrafia e la discalculia.
E sono questi, infatti, i DSA riconosciuti normativamente in Italia:
– dislessia, disturbo nella lettura, intesa come abilità di decodifica del testo;
– disortografia, disturbo nella scrittura, intesa come abilità di codifica fonografica e competenza ortografica;
– disgrafia, disturbo nella grafia, intesa come abilità grafo-motoria;
– discalculia, disturbo nelle abilità di numero e di calcolo, intesa come capacità di comprendere ed operare con i numeri.
Si tratta di disturbi legati ad abilità specifiche che non riguardano il funzionamento intellettivo generale, ma compromettono le competenze strumentali degli apprendimenti scolastici e
si manifestano soltanto nel momento in cui il bambino/ragazzo, trovandosi di fronte al compito, non ha le abilità necessarie per affrontarlo con successo.
Nelle linee guida della Consensus Conference i DSA sono, infatti, definiti “Disturbi che
interessano specifici domini di abilità (lettura, ortografia, grafia e calcolo) in modo significativo ma circoscritto, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale”.
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La discalculia, ufficialmente riconosciuta da meno tempo rispetto agli altri DSA, consiste
nella manifestazione di un cattivo funzionamento della rappresentazione quantitativa e della
difficoltà ad operare sulla stessa (Butterworth, 2007; Wilson et al., 2006).
L’ultimo manuale internazionale diagnostico e statistico dei disturbi mentale, il DSM-5, (APA,
2013; trad. it., 2014) parla, però, di un unico disturbo, in quanto non ritiene ci siano motivi
sufficienti per una differenziazione. Introduce anche condizioni cliniche contemplate nelle
indicazioni di Consenso (AID, 2009; PARCC, 2011; CC ISS, 2011), in particolare:
– i problemi di comprensione del testo scritto;
– il disturbo dell’espressione scritta;
– il disturbo del ragionamento aritmetico.
Ma i DSA sono una caratteristica o un disturbo?
Il termine “caratteristica” dovrebbe essere utilizzato dal clinico e dall’insegnante sia per
descrivere il funzionamento nelle diverse aree sia per organizzare un piano pedagogico adeguato, che valorizzi le differenze e favorisca lo sviluppo delle varie potenzialità individuali.
Il termine “disturbo” compare nei sistemi di classificazione dei disturbi mentali (DSM e
ICD), che contengono i criteri condivisi dalla comunità scientifica per identificare i vari disturbi; promuovere la comunicazione scientifica e facilitare l’attivazione di aiuti adeguati allo
sviluppo (es.: permettere la applicazione di strumenti didattici compensativi e dispensativi).
Una buona relazione clinica dovrebbe utilizzare sia il termine disturbo sia il termine caratteristica!
Una caratteristica rilevante negli studenti con DSA è la comorbilità.
“È frequente infatti accertare la compresenza nello stesso soggetto di più disturbi specifici
dell’apprendimento o la compresenza di altri disturbi neuropsicologici (come l’ADHD, disturbo dell’attenzione con iperattività) e psicopatologici (ansia, depressione e disturbi della
condotta).”(Consensus conference, Roma, dicembre 2010).
Dall’ottobre del 2010 i DSA sono riconosciuti anche per legge.
Qual è la normativa che “tutela” gli studenti con DSA?
– LEGGE 170/2010 Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito
scolastico.
– D.M. 12/07/2011
– LINEE GUIDA per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA
– D.P.R. 122/2009 Regolamento sulla valutazione (Art.10)
– Direttiva Bisogni Educativi Speciali 27/12/2012
– C.M. n 8 del 6/03/2013
– LINEE GUIDA per la predisposizione di protocolli regionali per l’individuazione precoce
casi sospetti di DSA 24 /01/2013
La legge riserva alla scuola il compito di organizzare tutte le misure didattiche ed educative
di supporto necessarie per il raggiungimento delle finalità della legge (art.5); gli studenti con
diagnosi DSA hanno diritto di fruire di appositi provvedimenti dispensativi e compensativi,
comprendenti strumenti e tecnologie specifiche, di una didattica individualizzata e personalizzata e di forme flessibili di lavoro scolastico.
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Nonostante tutta questa normativa, però, gli studenti con DSA sono spesso ancora ignorati o individuati in ritardo, con la conseguenza di grandi disagi per i bambini/ragazzi, anche a
causa di atteggiamenti a volte inadeguati, se non addirittura frustranti, da parte di insegnanti
e di adulti in genere.
Tuttavia è di fondamentale importanza cogliere e individuare precocemente i primi “indicatori” di tali difficoltà, per poter riconoscere e attivare tempestivamente modalità di intervento
efficaci che necessitano del contributo di diverse figure professionali e di diverse istituzioni.
Infatti, gli studenti con DSA, nonostante l’impegno, l’esercizio e l’utilizzo di svariate strategie,
non riescono ad automatizzare adeguatamente le abilità di lettura e/o di scrittura e/o di calcolo, ovvero le abilità strumentali che sono acquisite con minimo sforzo dalla maggior parte
dei loro compagni.
In ogni caso, le conseguenze di un DSA in termini di adattamento alle richieste scolastiche,
dipendono anche dal grado di severità del disturbo, dalle risorse e dalle problematiche psicologiche del singolo allievo (ad esempio, può essere molto motivato oppure provare scarsa
autostima o ansia), dalla qualità ed efficienza del supporto familiare e dalle caratteristiche
dell’ambiente scolastico.
Ma vi sono, anche, molti talenti nelle aree della musica, delle arti figurative, nello sport e nelle
abilità manuali. Ricordiamo che i dislessici pensano più per immagini che per parole e recuperano informazioni per immagini tridimensionali piuttosto che con il pensiero logico-simbolico.
Hanno molta intuizione, introspezione, curiosità. Pensano e percepiscono in maniera multidimensionale e multisensoriale
Cosa deve fare un docente nel caso in cui abbia il dubbio
che un suo alunno possa avere un DSA?
Dopo aver sperimentato attività alternative di potenziamento, si consiglia al docente di segnalare il caso al coordinatore di classe (che potrà avvalersi della consulenza del referente
DSA), il quale, con discrezione, sentirà lo studente e ne convocherà i genitori, invitandoli a
recarsi presso gli enti preposti (art. 3, comma 1 della legge 170) per una eventuale diagnosi
del disturbo sospettato.
Cosa deve fare la famiglia?
La famiglia che si accorge delle difficoltà del proprio figlio, ne informa la scuola, sollecitandola ad un periodo di osservazione. Così pure, se informata dalla scuola delle persistenti difficoltà del proprio figlio, provvede a farlo valutare secondo le modalità previste dall’art. 3 della
Legge 170/2010. Quindi, consegna alla scuola la diagnosi.
Cosa deve fare la sanità?
Gli specialisti hanno il compito di chiarire il livello delle difficoltà scolastiche attraverso un
percorso diagnostico e di stendere un profilo funzionale, così gli insegnanti, sulla base di
quanto specificato, potranno adeguatamente personalizzare la didattica e le modalità valutative. Lo strumento operativo che garantisce un concreto passaggio di informazioni tra specialisti ed insegnanti è costituito dalla certificazione, frutto di una valutazione multiprofessionale,
effettuata in conformità alle Raccomandazioni per la pratica clinica (AID 2009) espresse dalla
Consensus Conference sui DSA del dicembre 2010. La relazione clinica che comunica la “formulazione diagnostica” di un DSA ha lo scopo di creare un ritratto completo del bambino,
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composto sia dai dati che emergono da varie fonti (bambino, genitori, insegnanti, etc.) sia
dal suo “profilo di abilità”, al fine di costruire una “alleanza” tra bambino/famiglia, operatori
scolastici, insegnanti.
Secondo Mel Levine, “una buona diagnosi è già di per sé una forma di terapia”, ma
è anche importante che gli insegnanti si sappiano orientare tra le diverse etichette
diagnostiche.
L’“etichetta diagnostica” associata a un codice (F81) del manuale ICD-10 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che dovrebbe sempre essere riportato nella diagnosi, riguarda i “Disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche” e comprende i seguenti disturbi.
CODICE
DISTURBI
DELL’APPRENDIMENTO
F81.0
Dislessia
Disturbo specifico
delle lettura
F81.1
Disortografia
F81.2
Discalculia
Disturbo specifico
della compitazione
Disturbo specifico
delle abilità aritmetiche
F81.3
DSA di tipo misto
Disturbi misti
delle abilità scolastiche
F81.8
Altre tipologie di DSA
Altri disturbi evolutivi
delle abilità scolastiche
F81.9
Difficoltà
di apprendimento
non specificate
Disordine evolutivo
delle abilità scolastiche
non meglio specificato
DENOMINAZIONE ICF-10
NOTE
Anche se non riportato nella dicitura,
la parola ”specifici” è sottintesa.
Dovrebbe essere usata per i disturbi che
soddisfano due o più criteri dei codici
F81.2, F81.0, F81.1
In questa voce è incluso il “disturbo
evolutivo della scrittura” . La disgrafia
non è codificata espressamente
nell’ICD-10 ma può essere compresa nella
categoria: F81.8
Questa categoria è limitata ai
disturbi non specifici dove sono
presenti significative disabilità
nell’apprendimento non dovute a deficit
cognitivi, neurologici, sensoriali o ad
inadeguata istruzione scolastica.
Tabella 1.1 - Codici diagnostici dei disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche secondo l’ICD-10 dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità 1997 (dal Manuale RSR-DSA, Questionario di osservazione sistematica per la rilevazione di difficoltà e disturbi
dell’apprendimento di Claudia Cappa et altri, Giunti OS, Figura 1-1, pag. 11).
Cosa deve fare la scuola per uno studente con DSA?
Di fronte ad un alunno dislessico con diagnosi certificata sono necessari percorsi
personalizzati e strategie didattiche che rafforzino l’uso della letto/scrittura e assecondino
le modalità di apprendimento dello studente.
“Nel rispetto degli obiettivi generali e specifici di apprendimento, la didattica personalizzata
si sostanzia attraverso l’impiego di una varietà di metodologie e strategie didattiche tali da
promuovere le potenzialità e il successo formativo in ogni alunno: l’uso dei mediatori didattici (schemi, mappe concettuali, etc.), l’attenzione agli stili di apprendimento, la calibrazione
degli interventi sulla base dei livelli raggiunti, nell’ottica di promuovere un apprendimento
significativo”. (Linee guida)
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Cosa occorre fare quando in una classe viene inserito uno studente con DSA?
Occorre attivare tutta una serie di procedure in grado di orientare e rassicurare l’insegnante
nelle azioni da compiere, dall’osservazione alla progettazione, fino alla realizzazione e alla verifica di un progetto di lavoro mirato.
In particolare il referente DSA della scuola e il coordinatore di classe informano il Consiglio di classe fornendo:
1. adeguati chiarimenti sui DSA;
2. chiari riferimenti per reperire materiale didattico formativo adeguato;
3. precise informazioni sulle eventuali strategie didattiche alternative (tra cui le tecnologie
informatiche) compensative e sulle possibili misure dispensative.
Il coordinatore (coadiuvato dal referente DSA, se lo ritiene opportuno), in occasione del primo Consiglio di classe (C.D.C.) (settembre-ottobre), mette a conoscenza l’intero consiglio del
caso, raccoglie osservazioni di tutti i componenti al fine di stilare il PERCORSO DIDATTICO PERSONALIZZATO (PDP).
Il PDP verrà approvato nella seduta successiva (novembre) e costituirà un allegato della programmazione e del fascicolo personale dell’alunno.
In relazione al PDP, ogni singolo docente stilerà la parte relativa alla propria disciplina, nella
quale avrà cura di specificare eventuali approfondimenti e/o integrazioni in merito a obiettivi,
misure dispensative e strumenti compensativi e lo allegherà al proprio piano di lavoro presentato per l’intera classe.
Il PDP, una volta redatto, va presentato dal coordinatore di classe alla famiglia (e all’alunno,
se maggiorenne) per la condivisione e accettazione. In tale sede potranno essere apportate
eventuali ultime modifiche e dopo sarà sottoscritto dalla famiglia (e dell’alunno, se maggiorenne). Il coordinatore di classe lo farà poi controfirmare da tutti i componenti il C.d.C. e dal
Dirigente Scolastico, rendendolo così esecutivo.
Nel caso di acquisizione della diagnosi ad anno scolastico avviato, il coordinatore convocherà
un C.D.C. straordinario e seguirà la procedura sopra illustrata.
Cosa deve contenere il PDP?
Il PDP verrà stilato seguendo il modello predisposto e reperibile sul sito della scuola, che dovrebbe contenere e sviluppare i seguenti punti:
1. dati relativi all’alunno;
2. descrizione del funzionamento delle abilità strumentali;
3. caratteristiche comportamentali;
4. modalità del processo di apprendimento;
5. misure dispensative;
6. strumenti compensativi;
7. modalità di verifica e criteri di valutazione;
8. accordi con la famiglia/studente;
9. firme delle parti interessate (Dirigente Scolastico, coordinatore di classe, docenti, genitori,
alunno se maggiorenne).
Nel corso dell’anno il PDP sarà oggetto di verifiche intermedie e finali, come prevede la normativa di riferimento.
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Quando è consigliata l’adozione di strumenti compensativi?
L’introduzione degli strumenti compensativi può essere effettuata anche precocemente, secondo un’ottica di integrazione con gli altri interventi didattici:
– se vi è una limitazione importante dell’autonomia rispetto alle esigenze personali e alle
richieste ambientali, ad es. nelle verifiche che richiedono molta lettura e scrittura e nello
studio e produzione di testi;
– quando vi è una compromissione importante nelle abilità numeriche e/o di calcolo, che ne
limitano l’utilizzo in compiti logico/matematici più complessi
– dopo una precisa valutazione clinica, dove si esplicita il profilo funzionale del bambino e
non sono sufficienti semplici adattamenti didattici, ad es. fornire più tempo per le verifiche
scritte;
– quando c’è accordo con lo studente i familiari per l’uso a casa e gli insegnanti e l’utente per
l’uso in classe;
– quando il loro utilizzo non viene percepito come stigma dallo studente.
Secondo la Consensus Conference del 2011, è utile distinguere strumenti compensativi
specifici, che vicariano in modo diretto e specifico una delle abilità (lettura, ortografia, grafia,
numero, calcolo; ad es. sintesi vocale, calcolatrice, correttore ortografico, lettore esterno, penne con impugnatura speciale, ecc.) e strumenti compensativi non specifici o funzionali
(ad es. della memoria procedurale o di altre abilità, quali la tavola pitagorica, i promemoria di
verbi, le sequenze giorni/mesi, quaderni speciali, testi con carattere più leggibile)
Quando è consigliato suggerire l’adozione di misure dispensative?
Quando le misure compensative non sono sufficienti per permettere un’adeguata autonomia
e dei risultati scolastici compatibili con le potenzialità di apprendimento e l’impegno nello
studio rispetto alle richieste ambientali: ad es. sostituzione delle verifiche scritte con verifiche
orali; valutazione del contenuto e non della correttezza ortografica nelle produzioni scritte;
scelta del carattere grafico più leggibile in caso di disgrafia, ecc. Si ricorda che dispensare
l’alunno o lo studente con DSA da alcune prestazioni, oltre a non avere rilevanza sul piano
dell’apprendimento (come la lettura ad alta voce in classe, copiare i compiti dalla lavagna,
…) evita la frustrazione collegata alla dimostrazione della propria difficoltà ma bisogna che il
ragazzo stesso consideri positivamente questa opportunità!
ATTENZIONE: “…non realizzare le attività didattiche personalizzate e individualizzate,
non utilizzare gli strumenti compensativi, disapplicare le misure dispensative, collocano
l’alunno e lo studente in questione in uno stato di immediata inferiorità rispetto alle prestazioni richieste a scuola, e non per assenza di «buona volontà», ma per una problematica
che lo trascende oggettivamente: il disturbo specifico di apprendimento.” (Linee Guida sui
DSA, pag. 21)
Che cosa vuol dire avere compensato la dislessia?
Alle scuole secondarie di primo grado alcuni allievi potrebbero avere in parte “compensato” il loro disturbo specifico, specialmente se sono stati certificati già nella primaria.
Potrebbero avere sviluppato “… stili di apprendimento specifici, volti a compensare le difficoltà incontrate a seguito del disturbo.” (Linee Guida sui DSA) e, quindi, essere in grado
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di attivare strategie e percorsi differenti rispetto ai “normolettori” e di utilizzare abbastanza
bene la via della lettura lessicale, ma fare ancora fatica ad accedere alla via fonologica. Quindi,
qualora si trovassero di fronte a una consegna in cui la sostituzione di una parola con un’altra
può cambiare completamente il significato della frase, potrebbero incorrere in una errata
comprensione, provocando irritazione nei docenti e ilarità nei compagni, con conseguenze
negative per la loro autostima; mentre in un contesto più ampio, ad esempio un brano, sono
facilitati perché la loro capacità di cogliere il significato è maggiore rispetto a una frase isolata.
In ogni caso, in un ambiente scolastico sereno e stimolante, in cui si attuano strategie didattiche/metodologiche inclusive centrate sulla persona, si possono creare tutte le condizioni per
attenuare e/o compensare il disturbo e permettere a questi studenti di raggiungere il pieno
successo formativo.
Come devono essere valutati gli studenti con DSA?
Per tutti gli studenti una buona valutazione dovrebbe essere:
– differenziata, cioè tener conto delle specificità del ragazzo e del suo personale percorso;
– formativa, cioè mirata a trovare le difficoltà per superarle;
– coerente con gli obiettivi che ci si è dati per ciascuno.
Per uno studente con DSA, in particolare, occorre:
– programmare le interrogazioni e, quando possibile, valutare la preparazione su parti
ridotte di programma;
– privilegiare verifiche che si basano sul riconoscimento piuttosto che sul recupero
delle informazioni dalla memoria verbale, come ad esempio domande a risposta multipla,
vero/falso oppure testi a buchi con sottostante elenco di termini da inserire;
– privilegiare le verifiche orali delle materie di studio;
– consentire l’utilizzo dei mediatori didattici (tabelle e schemi);
– limitare o evitare lo studio mnemonico di definizioni, date, regole, formule;
– leggere le consegne degli esercizi;
– fornire tempi aggiuntivi;
– escludere la valutazione della correttezza ortografica e sintattica, così come gli errori di calcolo e di copiatura;
– differenziare il voto/giudizio su aspetti diversi del compito (es voto per il contenuto e
per l’ortografia,..);
– ridurre il numero degli esercizi delle verifiche scritte;
– consentire l’uso del pc per la produzione di testi;
– favorire l’uso del dizionario digitale;
– consentire l’uso di calcolatrice, formulari e mappe procedurali;
– privilegiare le traduzioni dalla lingua straniera vs italiano.
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Come passare dalla teoria alla pratica?
Queste le normali procedure, ben indicate dalla normativa per aiutare lo studente con DSA,
che noi abbiamo delineato con l’obiettivo di fornire agli insegnanti strumenti, conoscenze e
strategie per riconoscere e comprendere le manifestazioni di questi disturbi e per progettare
e pianificare percorsi didattici rivolti a questi ragazzi.
Ma fondamentale è per ogni studente con difficoltà di apprendimento creare un ambiente in cui la diversità sia considerata una caratteristica essenziale della condizione
umana.
La ricerca degli interventi su misura per lo studente con DSA deve essere realizzata in base
a quella che dovrebbe essere la politica di inclusione di tutti i ragazzi all’interno della classe,
una classe fatta da tutti “diversi”, con esigenze e modi di apprendere diversi che richiedono a
tutti i docenti di mettersi in gioco per “reinventare” la scuola e la sua organizzazione a beneficio di tutti.
In ogni caso, una gestione efficace delle problematiche legate ai DSA necessita di
una stretta collaborazione tra il bambino, i genitori, gli specialisti e gli insegnanti.
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