CIRCUITI IN CORRENTE ALTERNATA
In questo capitolo indicheremo in grassetto variabili a valori complessi e con Re() la parte reale di un numero complesso.
La motivazione matematica per l’uso di quantità complesse nello studio dei circuiti in corrente alternata
sta nella grande semplificazione che l’uso della formula di Eulero consente nella trattazione di espressioni
contenenti funzioni trigonometriche.
Ciò porta all’introduzione dell’impedenza complessa di un elemento circuitale, una quantità fisica di cui
analizzeremo il significato.
1
Il circuito RLC e la notazione complessa
Consideriamo il circuito RLC in serie
C
L
V0 cos(ωt)
L’equazione del circuito si scrive:
R
1
V̇ = LI¨ + RI˙ + I
C
(1)
L’equazione omogenea associata è dello stesso tipo di quella risolta nel capitolo sulle correnti continue, e
le soluzioni per I hanno in funzione del tempo lo stesso andamento di quelle trovate per Q. Ora dovremo
cercare una soluzione particolare della equazione completa.
Dalla teoria delle equazioni differenziali lineari sappiamo che tale soluzione ha la forma
I = I0 cos(ωt + ϕ)
(2)
dove I0 e ϕ sono costanti che dipendono da V0 , L, R, C ed ω. Notate che la soluzione generale
della omogenea, quali che siano le condizioni iniziali, decresce esponenzialmente nel tempo; a tempi
sufficientemente grandi la soluzione sarà dunque all’incirca uguale alla (2). Diciamo che il circuito è nel
• regime transitorio, nel periodo iniziale in cui i termini esponenziali non sono trascurabili rispetto
alla (2);
• regime stazionario nel periodo successivo, in cui la corrente è uguale all’incirca a (2).
Le costanti d’integrazione stanno solo nella soluzione generale della omogenea, quindi le condizioni iniziali
hanno effetti solo nel regime transitorio, mentre nel regime stazionario l’andamento della corrente è
determinato solo dalle costanti del circuito.
Il metodo delle impedenze complesse si applica al regime stazionario e d’ora in avanti ci occuperemo solo
di questo.
Poichè cercheremo le fasi di tensioni e corrente nel circuito relativamente alla fase di V (t), assegneremo
fase zero a V (t):
V = V0 cos(ωt) = Re Veiωt
;
V = V0
(3)
;
I = I0 eiϕ
(4)
Cerchiamo la soluzione particolare nella forma:
I = I0 cos(ωt + ϕ) = Re Ieiωt
1
Ora il compito è trovare I0 e ϕ. Procederemo sostituendo le espressioni complesse della tensione e della
corrente:
Ieiωt
Veiωt
(5)
1
−ω LI + iωRI + I eiωt
C
(6)
;
nella equazione (1):
iωVe
iωt
=
2
questa uguaglianza deve valere per ogni t; quindi:
iωV = −ω 2 LI + iωRI +
V=
iωL + R +
1
iωC
I ≡ ZI
1
I
C
(7)
1
Z = R + i ωL −
ωC
;
(8)
Otteniamo dunque un’equazione algebrica per I; la risolviamo e calcoliamo la corrente fisica reale:
I(t) = Re Ie
ϕZ è la fase di Z:
iωt
= Re
V iωt
e
Z
= Re
|V| i(ωt−ϕZ )
e
|Z|
ωL −
R
ϕZ = arctan
=
|V|
cos(ωt − ϕZ )
|Z|
1
ωC
(9)
(10)
Se avessimo introdotto anche la fase di V (t), ϕZ sarebbe la fase di Z meno quella di V.
L’ampiezza della corrente è dunque data da:
I0 =
|V|
=q
|Z|
V0
R2 + ωL −
1 2
ωC
(11)
Provate ad ottenere gli stessi risultati senza utilizzare le espressioni complesse.
Dalla (10) deduciamo che se nel circuito abbiamo:
• Solo R: ϕZ = 0 ⇒ corrente e tensione sono in fase.
• Solo L: ϕZ =
π
2
⇒ I = I0 cos(ωt − π2 ) ⇒ la corrente ’segue’ la tensione di 90o .
• Solo C: ϕZ = − π2 ⇒ I = I0 cos(ωt + π2 ) ⇒ la corrente ’precede’ la tensione di 90o .
• Solo L e C: la corrente precede o segue la tensione di 90 o a seconda del valore di ωL relativamente
1
a quello di ωC
.
Inoltre:
• Per ω =
√1
LC
tensione e corrente sono in fase qualunque sia il valore di R.
Dalla (11) vediamo che, al variare di ω, la corrente ha un massimo (risonanza) per:
ω=√
1
≡ ω0
LC
(12)
Come abbiamo già visto, alla risonanza la fase si annulla.
Introducendo il fattore di merito alla risonanza Q0 (adimensionale):
L
1
Q0 = ω 0 =
R
R
riscriviamo I0 :
I0 =
R
r
V0
1 + Q20
r
ω
ω0
L
C
−
ω0
ω
(13)
2
(14)
Come potete vedere nelle figure che seguono, a parità di L e di C, quindi di ω 0q
, il circuito è tanto più
selettivo alla risonanza quanto più è grande Q0 , cioè più piccola è R rispetto a CL . Cosa succede per
R = 0 ?.
2
I0 (ω)
V0
R
0
2
ϕ(ω)
········································
····· ··········· ················ ···········
·· ·· ··· ··· ·· ····
··· ··· ······· ········· ······ ············
·······
·· ·· ··· ··· ··
········
··· ··· ········· ··········· ·······
·········Q = 1
·· ···· ···· ··
··
0
·· ····· ······ ····
··
···
·
·
·· ······
··
····
···
···
·····
· ··
·
···
······
···
··· ···· ···········
···
········
···
····
···········
····
·· · ······· ··········
··········· Q0 = 3
·····
······
········
·· · ········· ··················
··········
·············
····················
·····························
·· ·········· ·······················
········ Q0 = 8
··········································
··············
ω0
π
2
0
···················································································································································································
····· ····
········
··· ····
·······
· ··
······
······ ······ ·····
····· ·····
····· ·····
····· ····
··········
········
· ··
··· ·····
········
···
···
··········
···
··
·············
· ··
·· ·
····················
·· ··
·· ·
− π2
ω
···
······
················
···········································
···
··
···
···
·····
························
·······························································································
ω0
ω
L’impedenza complessa
La (7) e la (8) ci mostrano che, introducendo le impedenze complesse dei tre elementi circuitali fondamentali:
ZR = R
;
ZL = iωL
;
ZC =
1
iωC
(15)
ed utilizzando la notazione complessa possiamo scrivere una generalizzazione della legge di Ohm tra le
ampiezze complesse in cui la resistenza è sostituita dall’impedenza di ciascun elemento:
V =Z·I
(16)
Notate che in questa equazione compaiono solo le ampiezze indipendenti dal tempo: la dipendenza dal
tempo compare nel fattore eiωt che abbiamo ’semplificato’.
Con le stesse equazioni abbiamo già visto che le impedenze in serie si sommano come le resistenze,
possiamo facilmente predire che ciò è vero anche per le impedenze in parallelo. Verifichiamolo in un
semplice circuito:
I(t)
L
V
IL (t)
IC (t)
C
Per le correnti nei due elementi e per la corrente totale abbiamo:
I = I L + IC =
1
1
+
ZL
ZC
V=
I=
IL =
V
ZL
(17)
IC =
V
ZC
(18)
V
Ztot
;
i ωL −
L
C
Ztot =
1
ωC
V
I(t) = I0 cos(ωt + ϕ)
3
L
ZL ZC
C
=
ZL + Z C
i ωL −
1
ωC
(19)
(20)
(21)
I0 = V 0
ωL −
L
C
1 ωC
1
ωL− ωC
;
ϕ = arctan
L
C
=±
0
π
1
a seconda del segno di ωL −
2
ωC
(22)
π
La fase di ZL è π2 , quindi IL = |ZVL | e−i 2 e ritroviamo il fatto che per l’induttanza la corrente è sfasata
rispetto alla tensione applicata di − π2 ; analogamente IC è sfasata rispetto a V di π2 , e IL e IC sono
1
sfasate tra loro di π, quindi sono in opposizione di fase. Notate che per ωL = ωC
, I(t) è identicamente
nulla; la ragione è che in questo caso IL (t) ed IC (t) hanno ampiezza uguale; essendo in opposizione di
fase, la loro somma è identicamente nulla.
Tutto ciò può essere rappresentato nel piano complesso nel seguente modo:
Im
IC
V
Re
IL
(rappresentiamo nello stesso piano quantità di dimensioni diverse, ma ci serve solo per mostrare le fasi
relative).
Nel caso in cui in serie all’induttanza ed al condensatore ci fossero due resistenze R L ed RC rispettivamente
avremmo la seguente rappresentazione:
Im
IC = V
i
RC + ωC
R2
+ 21 2
C
ω C
Re
IL = V
RL −iωL
R2 +ω 2 L2
L
Come vediamo, l’impedenza complessa contiene l’informazione, per un singolo elemento o per un circuito,
sulla risposta in ampiezza e fase alla tensione applicata; è per questo che l’impedenza complessa è composta
da due quantità (parte reale e parte immaginaria) indipendenti.
Consideriamo ora un circuito, complesso quanto vogliamo, di elementi in serie e parallelo; per calcolare la
corrente nel regime stazionario non sarà necessario scrivere l’equazione differenziale del circuito: basterà
calcolare l’impedenza totale del circuito applicando le regole per la combinazione delle impedenze in serie
e parallelo e poi applicare la legge di Ohm generalizzata.
Il metodo che qui abbiamo chiamato ’delle impedenze complesse’ viene anche detto metodo simbolico.
4
3
La funzione di trasferimento
Pensiamo ora che al posto della differenza di potenziale fornita dal generatore al nostro circuito RLC vi
sia un segnale periodico qualsiasi di periodo T , ad esempio il segnale proveniente da un’antenna radio.
Quale sarà il segnale, cioè la differenza di potenziale, ai capi della resistenza ?. Useremo i termini di
segnale di ingresso (o di input) e di segnale di uscita (o di output).
C
L
R
Vin (t)
Vout (t)
Il segnale di input può essere sviluppato in serie di Fourier:
Vin (t)
=
=
1
2 a0
+
1
2 a0
+
∞
P
[an cos(nωt) + bn sin(nωt)]
n=1
∞
P
An cos(nωt + ϕn )
(23)
n=1
T
ω=
2π
T
;
an =
2
T
R2
T
2
T
Vin (t)cos(nωt) dt ; bn =
− T2
R2
Vin (t)sin(nωt) dt
− T2
nei paragrafi precedenti abbiamo imparato a calcolare la risposta del circuito, in ampiezza e fase, per
qualunque frequenza di input; per l’ampiezza abbiamo dalla (14):
V0out = RI0out =
R
r
RC
1+
V0in
Q20
ω
ω0
−
ω0
ω
2
(24)
dove abbiamo tenuto conto del fatto che nella (14) R è la resistenza totale del circuito, che comprende
la resistenza della bobina dell’induttanza e quella dell’elemento circuitale resistivo (R in figura); abbiamo
rinominato RC tale resistenza totale.
Quindi RC = R + RL ; perchè non sommiamo anche la resistenza interna di un eventuale generatore che fornisca V in ?.
Nella (24) invece R è la resistenza del solo elemento circuitale resistivo ai cui capi preleviamo il segnale
di uscita. A questo punto definiamo la funzione di trasferimento T (ω) del circuito:
T (ω) =
V0out (ω)
R
r
=
V0in (ω)
RC
1+
Q20
1
ω
ω0
−
ω0
ω
2
(25)
Lo sfasamento del segnale di uscita rispetto a quello di ingresso è dato dalla (10) cambiata di segno.
Riscriviamolo utilizzando Q0 :
δϕ(ω) = arctan Q0
ω
ω0
−
ω
ω0
(26)
(ricordiamo che per una resistenza non c’è sfasamento tra corrente e tensione).
Utilizziamo ora T (ω) e δϕ(ω) nella (23) per calcolare il segnale di uscita:
Vout (t) =
∞
X
An T (nω)cos(nωt + ϕn + δϕ(nω))
n=1
(il livello continuo 12 a0 non viene trasmesso all’uscita).
5
(27)
Senza addentrarci nella trattazione di questa serie, possiamo dire in buona sostanza che T (ω) e δϕ(nω) ci
dicono quali frequenze presenti nel segnale di ingresso saranno trasmesse dal circuito all’uscita, con quale
attenuazione e sfasamento; per riassumere il tutto possiamo definire una banda passante del circuito, i
cui estremi, ad esempio, sono le pulsazioni per le quali l’attenuazione si riduce di un fattore √12 rispetto
all’attenuazione alla risonanza.
In laboratorio potete provare ad utilizzare l’onda quadra in input al circuito risonante, per frequenze prossime alla risonanza o lontane da questa;
osservate all’oscillografo il segnale sulla resistenza e date un’interpretazione qualitativa del suo andamento.
Per concludere vi faccio notare che se il segnale di ingresso non fosse periodico potremmo rifare il discorso
sviluppato fin qui utilizzando la trasformata di Fourier al posto della serie.
6
Filtri passa-alto e passa-basso
4
Il circuito RLC in serie è, come abbiamo visto, un circuito passa banda. Più semplici sono i circuiti
passa-alto e passa-basso che selezionano le alte e le basse frequenze rispettivamente.
A) PASSA ALTO
Nel circuito che segue
C
R
Vin (t)
Vout (t)
ad un segnale di ingresso continuo corrisponde (nel regime stazionario !!) un segnale di uscita nullo;
infatti la corrente è nulla, quindi è nulla la caduta di tensione ai capi della resistenza: la caduta di tensione
1
) il condensatore non ha il tempo
è tutta sul condensatore. Viceversa, ad alte frequenze ( rispetto ad RC
di caricarsi completamente prima che si inverta la polarità di V in ); come sappiamo, fino a che la carica sul
condensatore resta piccola, questo si comporta, approssimativamente, come un corto circuito. Quindi la
caduta di tensione è tutta sulla resistenza.
T (ω)
δϕ(ω)
·····
·····
······
·······
·········
π
·············
4
····················
···································
π
2
1 ···············
·
··································
·
·
·
·
·
·
·
·
·
·
·
·
·
·
···
········
·
·
·
·
·
·
1
√
·····
2
·
·
·
···
·· ·
··
·· ·
·
·· ·
·
·· ·
·
0·
·····
·····
····
passa − alto
····
····
····
····
····
····
····
····
····
····
····
····
·····
·····
·····
······
······
······
·······
········
········
·········
··········
···········
············
− basso
·············passa
············
ωL , ωH
0 ······
·····
····
·····
·····
·····
·····
······
······
·······
········
·········
···········
·············
················
····················
··························
······································
·····
− π4
− π2
ω
ωL , ωH
ω
Figura 1: Funzione di trasferimento e sfasamento in funzione di ω per i circuiti passa-alto e passa-basso
Verifichiamo questo comportamento calcolando la funzione di trasferimento. Indicando con Z R e Z
l’impedenza della resistenza e quella totale del circuito abbiamo:
Vout =
ZR
1
1
1
R
Vin =
1 Vin =
1 Vin = 1 − i ωL Vin ; ωL = RC
Z
R − i ωC
1 − i ωRC
ω
(28)
Quindi la funzione di trasferimento e lo sfasamento sono dati da:
T (ω) = q
1
1+
ωL 2
ω
δϕ(ω) = arctan
7
ωL
ω
(29)
(30)
ed il loro andamento è riportato nella figura (1). Notate che il valore massimo (asintotico) della funzione
di trasferimento è 1 e che per ω = ωL essa assume il valore √12 e lo sfasamento vale π4 .
Ripensiamo ora alla caduta di potenziale ai capi del condensatore: a basse frequenze il condensatore ha
il tempo di caricarsi quasi completamente e la differenza di potenziale si trasferisce quasi completamente
ai suoi capi; ad alte frequenze non ha il tempo di caricarsi e la differenza di potenziale ai suoi capi resta
piccola. Se preleviamo il segnale ai capi del condensatore otteniamo dunque un filtro passa-basso.
B) PASSA BASSO
R
C
Vin (t)
T (ω) = r
1+
1
ω
ωH
Vout (t)
; δϕ(ω) = − arctan
2
ω
ωH
; ωH =
1
RC
(31)
Per finire notiamo che in tutti e tre i casi visti finora lo studio completo della funzione di filtro non
può prescindere dal carico che si presenta all’uscita del filtro: esso diventa un elemento del circuito e ne
modifica le caratteristiche. Possiamo tuttavia determinare le condizioni sull’impedenza del carico per le
quali gli effetti di tale carico sono trascurabili. Provate a scriverle.
5
Due filtri in sequenza
Consideriamo due filtri passa-basso e passa-alto in sequenza:
C2
R1
J1
Vin (t)
C1
J2
R2
Vout (t)
Per trovare la differenza di potenziale su R2 potremmo calcolare l’impedenza totale del circuito:
Z = ZR1 + ZC1 //(ZC2 + ZR2 )
(32)
e calcolare la corrente in R1 ; poi dovremmo dividere questa corrente nei due rami C 1 e C2 − R2 ed infine
calcolare la differenza di potenziale ai capi di R2 , ogni volta utilizzando le impedenze complesse dei vari
rami. Poichè il procedimento è piuttosto lungo, utilizziamo invece il metodo delle correnti di maglia per
le maglie indicate in figura. Il sistema si scrive:
Z R1 + Z C 1
−ZC1
Z R2
−ZC1
+ Z C1 + Z C2
J1
Vin
·
=
J2
0
(33)
esplicitando le impedenze, la matrice dei coefficienti si scrive:


R1 +
1
− iωC
1
1
iωC1
1
− iωC
1
R2 +
8
1
iωC1
+
1
iωC2


(34)
ed il suo determinante:
D
=
R1 +
1
iωC1
R2 +
1
iωC1
+
1
iωC2
+
1
ω 2 C12
1
1
1
+ R1 iωC
+ R2 iωC
−
= R1 R2 + R1 iωC
1
2
1
=
1
iωC1
h
1
ω 2 C12
C1
R1 + R 2 + R 1 C
+
i
ωR1 R2 C1 −
2
1
ωC2
Poichè siamo interessati alla corrente in R2 , calcoliamo J2 :
1
J2 =
D
R1 + 1
iωC1
− 1
iωC1
−
1
ω 2 C1 C2
+
1
ω 2 C12
(35)
i
Vin 1
= 1 1 Vin =
D iωC1
C
R1 + R2 + R1 C12 + i ωR1 R2 C1 −
0 1
ωC2
Vin
(36)
La funzione di trasferimento è quindi data da:
T (ω) =
=
=
1
R2 C1
R1 +R2 +R1 C2 +i ωR1 R2 C1 − ωC1 2 1
R1
R 1 C1
1
R2 +1+ R2 C2 +i ωR1 C1 − ωR2 C2 1
R1
ω2
ω2 ω
R2 +1+ ω1 +i ω1 − ω = r
(37)
1
ω
R1
+1+ ω2
R2
1
ω1 =
1
R1 C1
2 +
;
ω
ω1
−
ω2
ω
ω2 =
2
1
R2 C2
√
La (37) ha un massimo per ω = ω1 ω2 ed un andamento simile a quello di una risonanza (fig. 2). Qual’è
la differenza sostanziale col circuito risonante ?.
T (ω)
T (ω)
···········
··· ·········
·····
··
·····
···
·····
···
······
··
·······
··
········
·
·········
···
···········
··············
··
··················
···
·········
··
··
··
···
0·
ω1 = ω2
················
··· ············
······
·
·······
····
·······
········
····
·········
··
··········
··
············
··············
·
·················
··
····
··
·····
···
·
0·
0.083
0.33
ω1
ω
ω2
Figura 2: T (ω) per i due filtri in cascata per R1 = R2 e ω2 = ω1 e ω2 = 10 · ω1 rispettivamente.
9
ω
6
Un partitore di tensione in corrente alternata
Sonda compensata
C1
V0 cos(ωt)
R1
A
C2
R2
B
Sotto quale condizione l’ampiezza della differenza di potenziale tra A e B è indipendente da
ω ?.
Le impedenze dei due paralleli:
Z1 = ZC1 //ZR1 =
=
R1
iωC1
1
R1 + iωC
1
=
R1
1+iωR1 C1
Z2 =
R2
1+iωR2 C2
(38)
La differenza di potenziale complessa tra A e B:
VAB =
Z2
1
V
V=
Z1
Z1 + Z 2
1+ Z
2
(39)
R1 C1 = R 2 C2
(40)
R2
1
V=
V
R1
R1 + R 2
1 + R2
(41)
che, se:
si riduce a:
VAB =
che è la stessa relazione che vale per il partitore resistivo in corrente continua.
Quando si usano strumenti di misura in corrente alternata bisogna tener conto del fatto che questi
dispositivi hanno una impedenza complessa di cui bisogna tener conto quando si eseguono delle misure.
Il caso tipico è l’oscillografo: nella figura che segue ho indicato con A e B i terminali di ingresso di un
oscillografo. Questo strumento ovviamente contiene dei circuiti, cioè resistenze, capacità e induttanze
e quindi ha una impedenza di ingresso: il valore di questa impedenza è determinata dai dettagli dei
circuiti che lo compongono, ma normalmente si inseriscono all’ingresso degli elementi circuitali in modo
che l’impedenza di ingresso abbia valori ben definiti e compatibili con gli usi a cui lo strumento è destinato.
Questa impedenza non potrà essere puramente resistiva: non fosse altro per il fatto che i terminale sono
conduttori vicini tra loro e che vi sono delle piste ravvicinate sui circuiti integrati, vi sarà almeno anche
una componente capacitiva. La schematizzazione più semplice che possiamo fare è quella della figura
seguente: R2 e C2 sono la resistenza e la capacità di ingresso.
10
D
C1
R1
A
V0 cos(ωt)
cavo coassiale
Cc
C
C2
R2
B
Supponiamo ora di volere misurare con questo strumento la differenza di potenziale ai teminali C e D.
Dovremo connettere A con D e B con C; generalmente questo si fa utilizzando un cavo coassiale: due
semplici fili a distanza variabile avrebbero una capacità diversa a seconda della loro disposizione, mentre
la configurazione coassiale permette di avere un capacità fissata, indicata con C c nella figura. Un valore
tipico di Cc è ∼ 100pF per metro di cavo. Completeremo il discorso sui cavi nel capitolo sulle linee di
trasmissione.
Se ora connettessimo semplicemente i terminali del cavo ai punti C e D (sostituite la maglia C 1 − R1
nella figura con un corto circuito) avremmo un sistema che si comporta diversamente (in termini di
attenuazione e sfasamento) a seconda di ω; è per questa ragione che si inserisce la suddetta maglia con
un condensatore variabile: si può variare C1 fino a realizzare la condizione (40) con C2 sostituito dal
parallelo tra Cc e C2 . Se questa condizione è verificata, l’attenuazione tra segnale da misurare e segnale
di ingresso all’oscillografo è la stessa per tutte le frequenze.
Per verificare la condizione di compensazione si utilizza in input un’onda quadra; perchè ?.
Il sistema descritto (cavo più maglia R1 C1 ) si chiama sonda compensata. La possibilità di variare C 1
permette di adattare la sonda a diverse impedenze d’ingresso dell’oscillografo.
11
7
I coefficienti di auto e mutua induzione
Vi ricordo che il campo magnetico di un solenoide infinito costituito da n spire per unità di lunghezza
avvolto su un cilindro di permeabilità magnetica relativa µ r e percorso da una corrente I è nullo all’esterno
del solenoide; all’interno è invece diretto lungo l’asse del solenoide ed è uniforme. Il suo modulo vale:
B = µ0 µr nI
(42)
Utilizzeremo la stessa espressione come approssimazione del campo magnetico all’interno di un solenoide
lungo e sottile di lunghezza ` costituito da N spire:
B ' µ 0 µr
N
I
`
(43)
se S è la sezione del cilindro, il flusso totale di B attraverso le N spire del solenoide è dato da:
φ = BN S = µ0 µr
N2
SI
`
(44)
e la forza elettromotrice autoindotta:
E =−
dφ
N 2 dI
dI
= −µ0 µr
S
≡ −L
dt
` dt
dt
(45)
Il coefficiente di autoinduzione L è dunque dato da:
L = µ 0 µr
N2
S
`
(46)
Per avere un’idea degli ordini di grandezza, poniamo µ r = 1 e consideriamo una bobina composta da 10
spire avvolte su un cilindro di lunghezza e raggio uguali a 1 cm (K m = 10−7 ):
L = 4πKm
100
π10−4 ' 4 · 10−6 Henry
10−2
(47)
Per un materiale di permeabilità magnetica relativa µ r , questo valore va moltiplicato per µr . Per la
maggior parte dei materiali µr vale circa 1, mentre per i materiali ferromagnetici:
µr ' 102 ÷ 105
(48)
Bisogna tuttavia tener presente che per questi materiali si presenta un effetto di saturazione, per cui per
grandi valori della corrente non vale più la relazione di proporzionalità tra campo magnetico e corrente.
Consideriamo ora due spire percorse dalle correnti I1 ed I2 rispettivamente. Il flusso attraverso la prima
spira sarà dato dalla somma di due termini, uno dovuto al campo magnetico generato da I 1 , l’altro a
quello generato da I2 ; analogamente per la seconda spira:
φ1 = L1 I1 + L12 I2
;
φ2 = L21 I1 + L2 I2
(49)
L1 ed L2 sono i coefficienti di autoinduzione delle due spire e sono entrambi positivi, mentre per L 12 ed
L21 si può dimostrare che:
p
L12 = L21 = M
;
0 ≤ |M | ≤
L 1 L2
(50)
M è positivo o negativo a seconda del verso (orario o antiorario) scelto come positivo per le correnti nelle
due spire: è positivo se i due versi sono concordi, negativo se sono discordi.
Quanto al valore assoluto di √
M , esso sarà ovviamente molto piccolo se le due spire sono molto distanti
tra loro, e vicino o uguale a L1 L2 se le due spire sono vicine o sovrapposte. Consideriamo ad esempio
due solenoidi lunghi e stretti costituiti da N1 ed N2 spire avvolte sullo stesso cilindro di lunghezza ` ed
aventi la stessa sezione S; indicando con B1 il campo magnetico del primo solenoide, il flusso indotto dal
primo nel secondo sarà dato da:
B 1 N2 S = µ 0 µ r n 1 I 1 N2 S = µ 0 µ r
quindi
M = µ 0 µr
N1
N2 SI1
`
p
N1 N2
S = L 1 L2
`
che è appunto il valore massimo previsto dalla (50).
12
(51)
(52)
8
Osservazioni sperimentali sull’induzione elettromagnetica
In questo paragrafo faremo qualche osservazione qualitativa sul fenomeno dell’induzione elettromagnetica,
preliminare ai calcoli sul trasformatore presentati nel paragrafo successivo.
Il circuito utilizzato è il seguente:
CH2
R
CH1
R vale circa 5 Ω, le due bobine, entrambe composte da circa 20 spire, sono avvolte su un supporto
toroidale di plexiglas di ∼ 1 cm di raggio e ∼ 0.25 cm2 di sezione. CH1 e CH2 sono i due canali
dell’oscilloscopio.
Notate la posizione della massa nel circuito primario: a quel ramo del circuito vanno collegate la massa del generatore e quella di CH1, e questa
è l’unica disposizione possibile.
CH1 misura la differenza di potenziale ai capi di R, che è proporzionale alla corrente che scorre nel
primario.
L’oscillografo misura solo differenze di potenziale: per misurare una corrente, inseriamo una resistenza R piccola rispetto a tutte le altre presenti
nel circuito: la differenza di potenziale ai suoi capi sarà proporzionale alla corrente.
CH2 misura invece la differenza di potenziale ai capi del secondario. Quando la frequenza del segnale
fornito dal generatore è di 1 M Hz osserviamo i seguenti segnali:
Figura 3: ν = 1 M Hz. Sinistra: CH1 in alto, CH2 in basso. Destra: CH2 vs CH1.
Possiamo notare che il segnale osservato sul secondario è proporzionale alla derivata della corrente nel
primario cambiata di segno. Per un segnale sinusoidale questo comporta uno sfasamento di π2 di CH2
rispetto a CH1.
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La differenza di potenziale ai capi della bobina del primario (non mostrata in figura) è in fase con quella
sul secondario e di ampiezza all’incirca uguale. Siamo nella situazione di un trasformatore ideale: il
rapporto tra le ampiezze è uguale a quello tra il numero di spire nei due avvolgimenti. Questo si verifica
perchè a questa frequenza le impedenze dei due avvolgimenti sono molto maggiori rispetto a tutte le altre
impedenze presenti nel circuito.
Ben diversa la situazione a 10 kHz (notate la scala verticale di CH2). A questa frequenza il generatore
ci permette di utilizzare anche segnali triangolari e ad onda quadra, e di verificare ancora una volta che sul
secondario abbiamo un segnale proporzionale alla derivata della corrente nel primario cambiata di segno.
Notate l’ampiezza del segnale sul secondario nel caso dell’onda quadra ( ∼ 10 V ); questo è il caso in cui
la variazione della corrente nel primario è più rapida:
Figura 4: ν = 10 kHz, onda sinusoidale e triangolare sul primario.
Figura 5: ν = 10 kHz, onda quadra sul primario. A destra: dettaglio intorno al fronte di salita del
segnale sul primario.
14
9
Il trasformatore
Consideriamo ora due solenoidi accoppiati; collegando un generatore ai capi del primo (circuito primario)
ed un carico di impedenza Z ai capi del secondo (circuito secondario) otterremo ai capi del carico una
differenza di potenziale la cui ampiezza può essere regolata variando il numero di spire dei due solenoidi.
In particolari condizioni il rapporto tra le ampiezze della differenza di potenziale ai capi del carico e di
quella fornita dal generatore dipende solo dal rapporto tra il numero di spire dei due solenoidi.
Rp
Rs
Jp
Js
+
V0 cos(ωt)
+
Z
-
-
Scegliamo per le due maglie i versi di percorrenza indicati in figura; con questa scelta e con M positivo, un
incremento della corrente nel primario produce una corrente negativa nel secondario, cosa che ritroveremo
nelle equazioni che seguono. Le equazioni per le due maglie sono le seguenti:
V = Jp (Rp + iωLp ) + Js iωM
(53)
0 = Jp (iωM ) + Js (Z + iωLs + Rs )
(54)
ricavando Jp dalla seconda e sostituendo nella prima:
Jp = −Js
Z + iωLs + Rs
iωM
(55)
(Rp + iωLp ) (Z + iωLs + Rs ) + ω 2 M 2
Z + iωLs + Rs
(Rp + iωLp ) + iωM = −Js
V = Js −
iωM
iωM
Js = −V
iωM
(Rp + iωLp ) (Z + iωLs + Rs ) + ω 2 M 2
(56)
(57)
Indicando con Vout la differenza di potenziale ai capi del carico e tenendo con conto dei versi positivi
scelti, abbiamo:
Vout = −ZJs = V
iωM Z
(Rp + iωLp ) (Z + iωLs + Rs ) + ω 2 M 2
(58)
Che è la relazione tra q
l’entrata e l’uscita del circuito. Possiamo semplificare qualcosa se assegnamo a M
il suo valore massimo Lp Ls :
Vout
p
iω Lp Ls Z
=V
(Rp + iωLp ) (Z + Rs ) + iωLs Rp
(59)
La differenza di potenziale a circuito aperto si può calcolare ponendo Z reale e facendolo tendere a
infinito:
s
p
Vout ca = V
e per Rp ωLp :
Vout ca ' V
s
iω Lp Ls
=V
(Rp + iωLp )
Ns
Ls
=V
Lp
Np
15
;
1
Ls
L p 1 + Rp
(60)
iωLp
Rp ωLp
(61)
che è il risultato anticipato all’inizio (l’ultima uguaglianza vale se le due bobine hanno la stessa lunghezza
e la stessa sezione).
Ponendo poi Z = 0 nella (57) possiamo ricavare la corrente di corto circuito nel secondario:
Js cc = −V
iωM
(Rp + iωLp ) Rs + iωLs Rp
(62)
e calcolare quindi l’impedenza equivalente di Thevenin (il segno meno viene dalla scelta dei versi positivi
per la tensione e la corrente):
ZT h = −
(Rp + iωLp ) Rs + iωLs Rp
iωLs
N2
Vout ca
=
= Rs + Rp
' Rs + Rp s2
Js cc
Rp + iωLp
Rp + iωLp
Np
(63)
(l’ultima uguaglianza vale per Rp ωLp ).
Abbiamo dunque caratterizzato completamente il circuito di Thevenin equivalente, sul carico, al trasformatore.
Infine, utilizzando le equazioni (53) e (55) possiamo scrivere:
V = Jp
ω2 M 2
Rp + iωLp +
Z + iωLs + Rs
= Jp
iωLp (Z + Rs )
Rp +
Z + iωLs + Rs
' Jp
N2
Rp + s2 (Z + Rs )
Np
(64)
(l’ultima uguaglianza è ottenuta ponendo Z reale e trascurando R s +Z rispetto a ωLs ). Questa equazione
ci mostra come il carico sul secondario viene ’visto’ dal generatore sul primario.
Il dispositivo permette sia di aumentare che di diminuire l’ampiezza della tensione all’uscita rispetto all‘entrata; ma, se fossimo interessati solo ad
una diminuzione, anche un semplice partitore resistivo (vedi capitolo sulle correnti continue) realizzerebbe lo scopo. Perchè non accontentarci di
questo ?.
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