LA MONARCHIA Le fonti per la ricostruzione della storia

LA MONARCHIA
Le fonti per la ricostruzione della storia istituzionale arcaica. Fino al quarto secolo A.c. il popolo
romano era caratterizzato dalla trasmissione orale degli avvenimenti. Solo in casi del tutto
eccezionali veniva utilizzata la scrittura (in casi di morte, di impossibilità o lontananza.). Tutte le
tradizioni e le norme di comportamento erano trasmesse quasi sempre oralmente solo alcune fonti
erano scritte e in esse i romani ponevano grande fiducia. Le fonti più attendibili le possiamo
attribuire ai Pontifex maximus i quali ogni anno su una tavola imbiancata riportavano tutti i
maggiori avvenimenti che accadevano nella società e poi venivano esposti nel tabularium. Un
esempio di fonte più mitica e quindi meno attendibile è possibile trovarlo nei commentari del re
Numa Pompilio che furono distrutti dalle fiamme di un incendio e riportate in modo alterato e poco
credibile dai vari scrittori che ci tenevano ad esaltare le origini di Roma. Nel V secolo invece le XII
tavole (norme di leggi) nonostante furono distrutte dal medesimo incendio furono tramandate a
memoria fedelmente. I primi annalisti della storia di Roma presero spunto per le loro opere dalle
tradizioni orali e da alcuni documenti alquanto dubbi del II e III secolo. Essi non si limitarono a
riportare le proprie fonti ma le alteravano e modificavano a loro piacimento (per motivi politici, o
perché appartenevano a determinate famiglie o per sostituire dei vuoti di memoria). Alcune fonti
che subirono tali alterazioni furono le liste magistratuali (lista con nomi di consoli e generali
vittoriosi in guerra) le quali furono prima riportate in maniera dubbia nel 304 A.c. e nel 187 A.c e
successivamente in modo un po più completo e attendibile nel 30 A.c da Tito Attico su ordine di
Ottaviano. Questa lista (Fasti Capitolini) fu recuperata nel 500 da Michelangelo che la espose nel
Campidoglio. Anche tale fonte pure se in modo minore fu alterata infatti sono stati aggiunti i
cosiddetti cognomina dei magistrati (secondo nome individuale) poiché essi non venivano usati in
età arcaica ma solo dopo furono introdotti. Gli annalisti che narrarono la monarchia latino- sabina di
Roma (le origini di Roma) presero spunto da una tradizione imbarazzante che anche se più antica
non corrisponde alla verità. Essa rappresentava Romolo come l’uccisore del fratello, rapinatore e
violentatore di donne e probabilmente è così offensiva nei confronti del fondatore di Roma
(Romolo) perché fu probabilmente scritta durante la monarchia degli etruschi, nemici dei latini.
Altre narrazioni di stampo romano parlano della nascita di Roma come di un avvenimento pacifico
e di Romolo come un eroe. In realtà le prime fonti riguardanti la nascita di Roma non furono scritte
da storiografi ma da poeti come Nevio che nella sua opera epica Bellum Punicum identificando le
origini dell’impero romano nell’osservanza della religio che portò gli dei a favorire il successo
militare dei Latini. La prima opera storica successiva a quella epica furono gli Annales di Fabio
Pittore che narrano anno per anno quegli avvenimenti prendendo spunto dai pontifex maximi che
abbiamo analizzato prima. La fondazione di Roma e la monarchia latino-sabina: tradizioni e
indagini archeologiche. L’organizzazione della città: senatus, gentes, curiae, tribus. Il
concentramento storico. La leggenda vuole che le origini di Roma siano attribuite ad Enea, un
principe troiano figlio di Venere che nell’incendio d’Ilio perse la moglie ma salvò il padre, il figlio
Ascanio e il Palladio (statua di minerva).Egli sbarcò in Italia fu ospitato dal re Latino e morì a
Lavinium (città che prende il nome dalla sua seconda moglie Lavinia). Sempre secondo la leggenda
se Enea fondò Lavinium, il figlio Ascanio fondò Alba Longa e l’ultimo re di questa città fu
Numitore il quale era il nonno di Romolo e Remo, figli di una vergine che concepì i suoi figli
tramite l’intervento divino (questa concezione della donna vergine fu ripresa anni dopo dal
cristianesimo e in Oriente). Roma secondo la tradizione fu fondata il 21 Aprile del 753 a.c. da
Romolo. Riguardo al nome di Roma, tradizionalmente si pensa che sia stato attribuito da Romolo
prendendo spunto dal suo nome ma dopo tanti studi di natura scientifica ed etimologica (della
scrittura) si è arrivati alla conclusione che quel nome che deriva dall’etrusco Ruma (mammella)
ricorda la morfologia (forma) del colle Palatino(Colle su cui nacque Roma). Per tale motivo è
possibile pensare che all’elaborazione della leggenda parteciparono anche gli etruschi durante la
loro occupazione della città. Sempre secondo la leggenda Romolo stabilì le tre tribù principali della
città i Ramnes (romani), i tities(sabini), e i lucres (etruschi) ma in realtà questi tre nomi
appartengono alla lingua etrusca e si arriva alla conclusione che non fu Romolo a ripartire il
territorio in tribù ma gli etruschi stessi durante la loro monarchia con il fine di suddividere
l’esercito. Gli etruschi furono i primi a formare la prima organizzazione militare sul territorio
Romano. Tutto ci porta ad anticipare la fondazione di Roma concludendo che prima di Romolo vi
furono interventi e presenze etrusche che risalgono a molti anni prima del 753 (anno della
fondazione secondo la leggenda). Secondo la tradizione Romolo era stato assunto dagli dei in cielo
con il nome di Quirinus e da questo nome si sostiene che derivi la denominazione dei romani come
Quirites: populus Romanus Quiritium indicava l'essenza politica del popolo organizzate in curiae,
ossia riunione di uomini. Questa parola stava ad indicare l’organizzazione della civiltà in curie
infatti sempre secondo la tradizione le curie erano ripartite tra le 3 tribù e ciascuna tribù ne
possedeva 10, per un totale di 30. I moderni attribuiscono l’organizzazione delle curie alla
monarchia etrusca anziché a quella latina. L’uccisione di Remo da parte del fratello, perché aveva
osato oltrepassare un limite sacro posto sul Palatino non è altro che un episodio leggendario che è
stato riportato dalla tradizione orale alle fonti scritte dell’annalistica. Queste fonti però non
coincidono con la tradizione, solo per quanto riguarda i nomi dei 7 colli di Roma. (Aventino
Campidoglio Celio Esquilino Palatino Quirinale e Viminale). Molti studi archeologici hanno portato
alla conclusione che prima del 753 ci siano stati fenomeni di insediamento e nascite di altre città e
villaggi come ad esempio Septimontium. Perciò l’area occupata da Roma conobbe delle
frequentazioni più antiche dovute alla buona posizione geografica del territorio che permetteva il
commercio sia marittimo che terrestre portando così alla nascita di molti villaggi che con il tempo si
aggregarono e diventarono sempre più omogenei dando alla fine luogo alla nascita della città di
Roma. La tradizione orale ed annalistica trasmise una lista di 7 re che governarono nella città di
Roma dal 753 al 509 a.c. collocando al 616 l’inizio della monarchia etrusca. Questo periodo di
tempo fu considerato da Vico troppo vasto per solo 7 governanti e perciò si sospetta che il nome di
qualche re sia stato eliminato. Per quanto riguarda l’attendibilità dei nomi essi risultano essere veri
ovviamente solo quello di Romolo è in dubbio per i motivi che abbiamo visto prima. Vi sono forti
dubbi sulle azioni che compirono questi re in quanto la nascita dell’annalistica romana(storia
scritta) nacque dopo ben 3 secoli di tradizioni orali e ovviamente nella trasmissione degli
avvenimenti non essendoci nulla di scritto è rimasto conservato davvero poco nella memoria. Per
questo motivo a ciascun re vennero attribuite azioni in base alla loro personalità e non attraverso
fonti e prove concrete e certe. Ad esempio a Romolo fu attribuita la distinzione fra patrizi e plebei,
in base a un criterio di nobiltà del sangue (discendenza familiare). E questa distinzione divenne
davvero forte quando Romolo istituì gli ager publicus ovvero l’insieme di porzioni di territorio dello
stato che venivano concesse ai cittadini. Romolo stabilì che potevano beneficiare di questi terreni
solo chi aveva un pascolo collettivo o chi possedeva schiavi da impiegare nella coltivazione,
condizioni che si verificavano solo per le gentes (patrizi). Oltre all’esclusivo possesso dell’ager
publicus, ai patrizi fu riservato sempre per volontà di Romolo il controllo del Senato (senatus), alle
assemblee(comitia) invece fu concessa la partecipazione di tutta la popolazione maschile
organizzata in centurie. Successivamente il Senato sarebbe stato costituito da 100 patres gentium (i
capi più anziani appartenenti a famiglie patrizie) i quali condividevano il culto di un unico antenato
spesso mitico(leggendario) e l’obbedienza ad un unico patriarca (patres) che gestiva e comandava
sulla famiglia. I discendenti dei patres si sarebbero detti patricii (patrizi), a loro era riservata la
gestione della cariche pubbliche, mentre alla plebe(popolo comune) spettavano i compiti lavorativi
(artigianato, pastorizia, agricoltura ecc). Ai comitia curiati(assemblee alle quali partecipavano
membri dei patrizi e dei plebei detti curiati, essi erano 10 per ogni tribù di Roma per un totale di 30
e avevano funzione militare fornendo 100 soldati per ogni curia e funzioni politiche) la tradizione
attribuiva dei compiti fondamentali infatti alla morte del rex, il senato sceglieva un sostituto che
doveva essere sottoposto alla ratifica(conferma) dei comizi curiati (membri dell’assemblea). Inoltre
periodicamente il rex sarebbe stato sottoposto a controlli e verifiche del suo operato e nel caso di
insoddisfazione da parte delle curie il rex veniva costretto ad abdicare. Se secondo la tradizione
Romolo fu il fondatore delle istituzioni della civitas romana, a Numa Pompilio invece venne
assegnato il merito di aver fondato le istituzioni religiose con i più importanti collegi sacerdotali. In
maniera meno attendibile si pensa che Numa abbia anche diviso in mestieri il territorio Romano (es:
una zona per l’artigianato, una zona per il mercato ecc). La religiosità di Numa però non è riuscita
ad evitare la guerra infatti i comizi curiati romani volevano distinguersi dalle altre tribù del
territorio(sabini ed etruschi). Fu così che alla morte di Numa, il successore Tullio Ostilio portò la
guerra tra Roma e Albalonga (Romani e Latini) la quale finì con uno scontro tra Orazi (tre guerrieri
romani) e Curiazi (tre guerrieri latini), organizzato per porre il prima possibile fine alla guerra senza
ulteriori spargimenti di sangue, con la vittoria dopo un sanguinoso duello dell’unico Orazio rimasto
in vita che permise a Roma di sottomettere il territorio di Albalonga. Poco tempo dopo Tullio
Ostilio (terzo re di Roma) morì, si dice a causa di un incendio nella reggia causato da Giove ma si
pensa anche che fu assassinato dal suo successore Anco Marcio. Anco favorì l’espansione di Roma
fondando sulla foce del Tevere la colonia di Ostia, importante centro marittimo. Anco era il nipote
di Numa Pompilio e come suo nonno egli stabilì molte norme religiose e rituali come il bellum
iustum (una giustificazione morale alle azioni di guerra, la richiesta dell’auctoritas patrum
(consenso del senato prima di intraprendere un’azione militare) ed il iactus lapilli (il lancio di una
pietra da parte di un sacerdote nel confine del territorio nemico come dichiarazione formale di
guerra). Anco nonostante fosse un nobile decise di aumentare i membri del senato a 200 e di
introdurre in esso membri plebeii (clientes), questo perché a causa della forte espansione di Roma
nacquero nuove figure di cittadini che pur non essendo nobili erano indipendenti economicamente
dai patrizi (clientes). Questo assorbimento dei vinti ha portato Roma a creare un impero ben
organizzato dal punto di vista civile e retto su un’ideologia condivisa da tutti. L’introduzione dei
clientes nelle attività politiche portò Roma a differenziarsi dalle altre popolazioni che
differenziavano profondamente gli abitanti escludendo del tutto la plebe dalla vita politica. Fu cosi
che Roma a differenza degli altri popoli aveva un’armonia all’interno dell’impero che ne determinò
la lunghissima durata. La civiltà etrusca arcaica e la sua influenza su Roma. Roma nel corso dei
secoli portò con se diverse usanze e diverse ideologie degli Etruschi, popolo con il quale condivise
il territorio e con il quale si scontrò ma allo stesso tempo Roma da esso fu molto influenzato sotto
molti aspetti. Gli Etruschi sono un popolo dell'Italia antica affermatosi in un'area denominata
Etruria, corrispondente alla Toscana, all'Umbria fino al fiume Tevere e al Lazio settentrionale, con
propaggini in Liguria e verso la zona padana dell'Emilia-Romagna e della Lombardia, a partire
dall'VIII secolo a.C.. La civiltà etrusca, discendente dalla cultura villanoviana, fiorì a partire dal X
secolo a.C. e fu definitivamente inglobata nella civiltà romana entro la fine del I secolo a.C. alla
fine di un lungo processo di conquista e assimilazione culturale che ebbe inizio con la data
tradizionale della conquista di Veio da parte dei romani nel 396 a.C. La conquista di Roma da parte
degli etruschi è stata riportata in maniera molto modificata dagli annalisti romani i quali per non
ferire l’orgoglio dell’impero parlarono di questa conquista come di un fenomeno pacifico che i
romani avrebbero addirittura voluto. Gli etruschi edificarono molte costruzioni nel territorio romano
che ancora oggi esistono e sono fonti archeologiche, inoltre essi hanno contribuito all’espansione
sul mediterraneo del territorio romano e hanno introdotto nuovi concetti di diritto pubblico e diritto
sacro all’interno della società romana, valori e concetti che sono rimasti nei secoli. Inoltre nel
campo politico molti termini etruschi sono giunti fino a noi e continuano ancora ad essere usati
nella giurisprudenza (es: magistr = maestro). La monarchia etrusca: i due Tarquini e Servio Tullio.
La potestas, l’imperuium ed i suoi simboli. Le riforme “serviane”. Tarquinio Prisco quinto re di
Roma era nato a Tarquinia (attuale Viterbo), figlio di un aristocratico fuggito dalla sua patria e di
una nobile etrusca del luogo. Fuescluso dalla vita politica a causa delle sue origini straniere ma fu
accolto generosamente nella reggia di Anco Marzio, diventando il tutore dei suoi figli. Alla morte di
Anco egli in maniera molto sleale(probabilmente tramite un’occupazione militare) non lasciò il
potere ai figli ma decise di governare lui stesso divenendo re. Egli fu il primo re etrusco a governare
su Roma dando così vita a una dinastia etrusca. Molte usanze cambiarono a Roma e tali usanze
rimasero nei secoli nell’impero romano, infatti dagli etruschi furono introdotti: il serto di alloro con
il quale venivano incoronati i re e successivamente gli imperatori, la sella curulis era la sedia del re
e successivamente quella dei patrizi e il mantello di porpora, essa divenne la toga color porpora
utilizzata dagli imperatori. Inoltre gli etruschi introdussero una pratica di sicurezza che consisteva
nella difesa del re da parte dei lictores (guardie del corpo) le quali avevano con se un numero di
bastoni e verghe legate con un fascio (fascio littorio) e nel caso di tumulti e pericoli contro il re loro
slegavano questo fascio distribuendo le armi ai seguaci per poter sedare la rivolta. Questa pratica
anni dopo prese un valore simbolico infatti il fascio divenne in età monarchica la rappresentazione
del potere del re mentre in età repubblicana rappresentava il permesso che i magistrati ricevevano
dai comizi centuriati (assemblee) per controllare e governare le provincie conquistate. Tarquinio
per affermare il suo potere anche all’interno del senato raddoppiò le centurie di cavalieri e
introdusse nel senato 100 membri da lui scelti che gli avrebbero garantito un senato sottomesso alla
sua volontà. Il successore di Tarquinio Prisco fu Servio Tullio. Probabilmente era stato un
condottiero etrusco di umili origini, abile nell'usurpare il trono dei Tarquini e che poi sposò la figlia
di Tarquinio Prisco per limitare le rivendicazioni al trono. E' comunque certo che Servio Tullio
venga ricordato da millenni per il suo rapporto estremo con la "Fortuna" tanto benevola
inizialmente, quanto contraria e nefasta al termine della sua vita. Il suo status di "re non eletto"
alimenta il malcontento delle "gentes" e delle classi aristocratiche pretendenti al trono. Per risanare
il suo rapporto con il popolo Servio Tullio ricerca il consenso emanando riforme sociali
"democratiche" a favore della plebe e delle ricchie minores gentes. Ricordiamo le principali leggi
emanate da Servio Tullio: elimina la schiavitù per debiti, le terre conquistate in guerra sono
distribuite ai ceti poveri. Nasce in tal modo la figura del soldato-contadino ed una strategia di
espansione che trainerà per secoli la Roma repubblicana ed imperiale. Organizza il censimento per
rendere proporzionali le tasse alla ricchezza. Le riforme sociali aumentano il consenso della plebe e
le classi povere ma, parallelamente, alimenta anche il malcontento della "gentes" e dei nobili. Per
sedare il malcontento aristocratico dovuto alla sua illegittimità nel ricoprire il ruolo del re, Servio
Tullio attua un'abile mossa politica. Dopo aver radunato il popolo nella valle del Foro, Servio Tullio
annuncia di abbandonare il potere, stanco di ricevere le continue minacce da parte degli altri
pretendenti al trono. Pretendenti interessati soprattutto a soddisfare le proprie ambizioni di potere
piuttosto che soddisfare le reali esigenze del popolo romano. Il discorso e le dimissioni ampliano il
consenso popolare. Il popolo lo acclama e lo elegge Re di Roma. Il malcontento delle "gentes" non
è sanato ma ora nessuno può rivendicare la legittimità del trono di Servio Tullio. Tra le riforme
sociali spicca la riorganizzazione dell'esercito. Prima di Servio Tullio, l'esercito era organizzato
sulla base del censo (ricchezza) poiché gli stessi soldati dovevano pagare l'acquisto delle proprie
armi. Gli aristocratici e le "gentes" potenti erano spesso cavalieri in quanto la loro ricchezza
permetteva loro di acquistare armamenti migliori ed il cavallo. Gli altri i soldati erano invece clienti
delle gentes o figli delle classi emergenti. Prima la plebe ed i nullatenenti erano quindi esclusi
dall'esercito e dalla guerra. Inoltre egli decise di organizzare i comizi non più in curie ma in centurie
alle quali si accedeva tramite ricchezza, da li in poi ai comizi centuriati fu attribuita anche la
funzione legislativa all’interno della monarchia. Secondo gli autori romani Servio fu ucciso da
Tarquinio il Superbo e addirittura schiacciato dal carro di sua figlia. Secondo gli storici Tarquinio il
Superbo era o il figlio e il nipote di Tarquinio Prisco. Egli è ricordato per il suo carattere ostile e per
le sue tendenze verso la tirannia, ma nonostante ci siano le critiche più aspre degli storici nei suoi
confronti non poterono negare le opere positive che egli fece a Roma, come la costruzione del
tempio della triade capitolina e le sue varie imprese militari. Tarquinio il Superbo fu mandato in
esilio a seguito di una congiura all’interno della sua famiglia per mano di Lucio Tarquinio Collatino
e Marco Bruto. Tradizione critica e storica sulla fine della monarchia e sui primordi della
respublica. I due congiurati sarebbero stati i primi consoli della respublica, ma subito Collatino
essendo un Tarquinio si recò di sua volontà in esilio mentre Bruto venne ucciso da Tarquinio il
Superbo che tentava di recuperare il trono perduto con l’aiuto di Lars Porsenna il quale
successivamente divenne suo nemico. Riguardo al periodo di transizione dalla monarchia alla
respublica vi sono molte fonti di annalisti le quali sono poco reali e spesso discordanti tra loro.
Molto probabilmente per la cacciata di Tarquinio il Superbo non pose fine alla monarchia infatti per
alcuni anni il territorio romano fu sotto il controllo di Porsenna mentre il Tarquinio venne ospitato
da città latine che si sottrassero dal dominio di Roma. Nel 504 Porsenna venne sconfitto ad Aricia
dal tiranno di Cuma (città greca) ponendo così fine al suo sogno di unificare la popolazione etrusca
del Lazio con quella stabilitasi in Campania. Il totale declino del dominio etrusco nel centro italia
inizia nel 474 con la battaglia navale di Cuma nella quale la flotta etrusca venne eliminata. Il primo
console repubblicano a Roma fu Publio Valerio Publicola anche se sulla sua figura vi sono molte
incognite poichè la scuola critica mise in dubbio la sua esistenza in quanto egli aveva un cognomina
il quale nel VI secolo non veniva ancora utilizzato. C’è da dire per che un’iscrizione arcaica trovata
a Satricum dedicata a Marte e scritta dai sostenitori di Publio fornisce una piccola conferma
dell’esistenza di questo personaggio. Inoltre Publicola non è un vero cognomina ma solo la
traduzione di protettore del popolo, appellativo che gli fu attribuito in quanto egli divenne un
oppositore della tirannia.