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FRANZ JOSEPH HAYDN
Sonata in sol maggiore
Allegro moderato – Adagio – Finale Presto
Lungo il Settecento la possibilità di interscambiare in un brano il violino con il flauto era
una prassi tutt’altro che rara, soprattutto in Inghilterra. Altrettanto non infrequentemente
si verificava il caso che una composizione subisse un riadattamento e venisse utilizzata per
un’occasione particolare o un’esecuzione salottiera. In quest’ottica si pone la Sonata di
Franz Joseph Haydn in sol maggiore, pubblicata per un organico di violino o flauto con
accompagnamento di tastiera, ma in realtà adattamento del quartetto per archi op.77 n.1 in
sol maggiore (con l’esclusione del terzo movimento, il Minuetto). Il quartetto fu dedicato
al principe Lobkowitz, uno dei suoi mecenati. L’utilizzo della forma-sonata si impiega nel
primo movimento, mentre nel seguente Adagio Haydn modula in varie tonalità, creando
una struttura complessa. Il Presto finale è un concentrato di virtuosismo, scoppiettante ed
elegante.
FRANZ SCHUBERT
Gretchen am Spinnrade
Opera di un giovanissimo Franz Schubert – la data di composizione è il 19 Ottobre 1814 ed
egli ha solo 17 anni - Gretchen am Spinnrade rappresenta il primo avvicinarsi alla poesia di
Goethe da parte del compositore e la realizzazione di un brano nel quale il testo poetico e
le emozioni in esso racchiuse si fondono con la musica. Margherita all’inizio della
tragedia Faust si trova nella sua stanza intenta al lavoro sul suo arcolaio. L’incessante
girare dell’arcolaio (Spinnrade) viene nel Lied sonoramente rappresentato dalle sestine di
sedicesimi in tempo ternario di 6/8 affidate alla mano destra del pianista mentre la mano
sinistra ossessivamente ripropone lo stesso ritmo, sovente creando intervalli di quinta e
ottava. È questa la base sonora che indica come Margherita (Gretchen) stia ripensando al
suo incontro con Faust, al suo amore (meine Ruh’ ist hin/mein Herz ist schwer/ich finde sie
nimmer und nimmer mehr - la mia pace è là, il mio cuore è oppresso, mai e poi mai troverò pace) e
quegli intervalli di quinta ed ottava danno una connotazione particolare, danno corpo alla
tristezza, alla pena del cuore di Gretchen. Poi è un crescendo sino a raggiungere uno stato
quasi di febbricitante esaltazione, quando Gretchen ripensa al bacio ricevuto da Faust,
quando tutto si sospende su di un accordo di settima con corona. L’accordo risolve e
ripartono le sestine e riparte anche il meditare della donna, anche questa volta in un
progressivo crescendo di intensità e con una melodia che rappresentando i pensieri di
Gretchen anch’essa gira come l’arcolaio.
CARL REINECKE
Sonata Undine op. 167
Personalità poliedrica, Carl Reinecke iniziò la sua carriera musicale in veste di pianista di
corte a Copenhagen, nel 1846, divenendo poi, nel 1851, insegnante di contrappunto al
Conservatorio di Colonia. Dal 1860 si trasferì al Conservatorio di Lipsia, divenendone nel
1897 anche direttore.
Nel 1882 la lettura della fiaba Undine, scritta nel 1811 da Friedrich de la Motte Fouqué,
ispirò a Reinecke la composizione di una sonata per flauto e pianoforte. La novella di de la
Motte ebbe sì tanto successo lungo tutto l’Ottocento che venne tradotta in varie lingue
(persino in russo) e la troviamo citata anche nel romanzo Piccole donne della Alcott. Il
soggetto letterario ben incontrava la propensione naturale del mondo romantico tedesco
verso il soprannaturale ed il mitologico, verso un mondo popolato da ninfe e semidei.
Come la ninfa del fiume Reno Lorelei, protagonista della celeberrima ballata di Heinrich
Heine musicata da Friedrich Silcher nel 1837, la Undine di Reinecke appartiene al mondo
acquatico, essendo figlia del Re del Mare. Nella tradizione le Ondine sono creature prive
di anima e per ottenerne una devono sposare un uomo mortale. La Undine di Reinecke
decide quindi di andare a vivere sulla terra ferma. Qui incontra il cavaliere Hulbrant, i due
s’innamorano e convolano a nozze. La vicenda si complica alla comparsa dello zio di
Undine, il quale annuncia che nel caso il marito avesse alzato la voce o le mani su di lei il
primo sarebbe morto e la nipote per sempre ricondotta all’acqua e precipita in modo
tragicamente “romantico” a causa della costante presenza della ex-fidanzata di Hulbrant:
separazione, sposalizio di Hulbrant con la precedente fidanzata e morte di questi durante
la cerimonia a causa del bacio datogli da Undine. E non solo: dal luogo ove lei aveva
sostato sgorga una sorgente.
Reinecke subì il fascino romantico del personaggio, ma la sua ispirazione non lo portò a
scrivere un brano a “programma”, quanto piuttosto a dar corpo a delle sensazioni.
Indubbiamente il movimento Allegro di apertura ci riporta al mondo acquatico dal quale
proviene Undine con il suo andamento ternario in 6/8, l’andamento cullante del primo
tema, la “liquidità” delle sestine di sedicesimi dell’accompagnamento. Ma la scelta di una
tonalità di mi minore ci preannuncia una vicenda tragica. Il seguente movimento,
Intermezzo, si presenta con una parte virtuosistica al flauto tutta giocata sulla velocità del
puntato, cui si contrappone un primo trio affidato al pianoforte in sol maggiore –
caratterizzato dal ritmo di croma puntata - e poi un secondo in si maggiore (Più lento, quasi
Andante). Il terzo movimento è una forma tripartita, con una parte centrale veloce e
caratterizzata da una scrittura in terzine.
Alcuni critici contemporanei accusarono Reinecke di essere un conservatore come
insegnante e di scrivere musica di scarsa inventiva in una struttura meramente classica.
Certamente parte della sua produzione può dar adito a tale giudizio, ma nella Sonata
Undine, nel movimento conclusivo, alcuni tratti esulano dal tradizionale uso della tonalità.
Il movimento Finale è sostanzialmente ispirato ad una forma-sonata con un primo tema in
mi minore ed una seconda idea in maggiore. Non vi è segno di ritornello e lo sviluppo
utilizza materiale dei temi presentati ed impiega una progressione che tocca varie aree
tonali ed un ambiguo passaggio che porta al ricapitolo ed alla riproposizione del secondo
trio del secondo movimento, a richiamare una ideale ciclicità, un ritorno di Undine
all’acqua.
NIELS WILHELM GADE
Sonata op.21
Adagio, Allegro di molto – Larghetto, allegretto vivace, Larghetto – Adagio, Allegro molto vivace
Niels Gade nacque a Copenhagen nel 1817 ed intraprese la sua carriera come violinista
concertista entrando a far parte dell’orchestra della corte danese. Come naturale,
l’influenza “tedesca” contaminò la produzione di Gade e quando venne eseguita la sua
prima sinfonia (accolta dai danesi non bene in quanto appunto troppo “tedesca”) a
dirigerla vi era Felix Mendelssohn, colpito dalla musicalità del giovane compositore.
Grazie a tale conoscenza Gade fu poi invitato ad insegnare al Conservatorio di Lipsia. Alla
morte di Mendelssohn Gade accettò l’incarico di dirigere l’istituto e ricoprì anche il ruolo
di direttore d’orchestra del Gewandhaus. Tuttavia nel 1848 decise di ritornare nella
capitale danese, divenendo punto di riferimento della vita musicale della città,
insegnando, dirigendo concerti, suonando l’organo nelle chiese, componendo musica e
fondando anche una nuova orchestra ed un coro. La sua attività lo portò ad essere
considerato uno dei più celebri compositori della Danimarca e ad estendere la sua
influenza sui compositori scandinavi: basti pensare a Grieg, che ebbe con lui contatti quale
studente e che compose una fuga utilizzando quali note le lettere del suo cognome (G A D
E ovvero sol, la, re, mi) e che gli dedicò la sonata per pianoforte.
Tra l’Aprile ed il Maggio del 1849 Gade incominciò la composizione di una nuova sonata
per violino e pianoforte; ci mise mano ancora nell’estate, ma non era soddisfatto
dell’ultimo movimento. Il 30 Dicembre 1849 l’editore lipsiense Hermann Härtel scrisse una
lettera a Gade: «Sono ormai trascorsi sei mesi da quando mi avete scritto l’ultima volta dicendomi
che mi avreste al più presto inviato una nuova sonata per violino e pianoforte. Che ne è stato di
questa sonata? Presumibilmente ancora a Copenhagen? In ogni caso qui non è arrivata».
Ancora una volta incontriamo un brano nato per violino, ma eseguito anche dal flauto. La
seconda delle tre sonate composte da Gade fu scritta nel 1849 e fu dedicata a Robert
Schumann – il quale a sua volta gli dedicò il Nordisches Lied nel suo Album für die
Jugend op. 68. Il brano venne edito nel 1850 e la prima esecuzione vide il grande Joseph
Joachim al violino.
La Sonata fu concepita durante il periodo della prima guerra prussiana, che oppose la
Danimarca alla Germania e la tonalità di re minore ci porta a tale sciagura. L’agitato primo
movimento viene richiamato all’inizio del movimento lento del finale, per poi subito
lasciare il posto alla tonalità chiara del re maggiore. Il movimento centrale, si articola in
una forma pentapartita con una sezione A in Larghetto, in tempo ternario di 6/8 ed una B
sempre in 6/8, ma in tempo Allegro vivace.
GABRIEL FAURÉ
Fantasie op.79
La Fantasia di Fauré fu dedicato a Paul Taffanel, pioniere del flauto moderno come noi lo
conosciamo oggi. Allo scopo di migliorare le potenzialità meccaniche del flauto in
funzione dell’esecuzione veloce delle note, Theobald Boehm inventò un sistema che venne
inaugurato nel 1847.
La celebrità di Taffanel era all’epoca universale; faceva parte dell’Orchestra del teatro
dell’Opera ed era insegnante presso il Conservatorio di Parigi. Qui ogni anno si dava vita
ad un concorso aperto agli allievi del Conservatorio. Nel 1898 per tale occasione, Taffanel
chiese a Fauré di comporre un brano virtuosistico per flauto. Tra il Giugno e la metà del
Luglio di quell’anno Fauré affidò l’orchestrazione della sua opera Melisande et Pelleas cui
stava lavorando ad un allievo e si immerse nella creazione della Fantasia per flauto e
pianoforte op. 79 con tale intensità da scrivere che era «immerso fino al collo in scale, arpeggi
e staccati!».
Essendo un brano destinato ad una esecuzione in concorso si richiedeva al compositore un
brano di durata contenuta, ma irto di difficoltà di vario genere, quali appunto: scale,
arpeggi, puntati, fraseggi, effetti coloristici - che si evidenziano soprattutto nella seconda
parte, Allegro. Fauré pensò di articolare la Fantasia in due parti che scivolano una nell’altra.
La parte iniziale è un Andantino nel ritmo ternario di 6/8 e dalla tonalità iniziale di mi
minore, con un tema cantabile e con ampie frasi. L’Allegro presenta due idee melodiche, la
prima in do maggiore ed la seconda, cantabile, in sol maggiore ed un riecheggiamento del
tema iniziale dell’Andantino.
FRANÇOIS BORNE
Fantasie brillante sur Carmen
Nel periodo tra Ottocento e Novecento si sviluppò un vasto repertorio per flauto, cui
contribuirono diversi flautisti, virtuosi del proprio strumento e desiderosi di dar prova
della propria maestria. Il repertorio operistico, a tal scopo poteva fornire melodie
conosciute al largo pubblico. François Borne – nato nel 1840 e primo flauto del teatro di
Bordeaux – nel 1900 contribuì con un brano basato su alcuni dei temi più celebri della
Carmen di Bizet, legati fra loro in una Fantasia Brillante. Ecco dunque, dopo i temi iniziali,
la famosa Habanera e le sue variazioni; il tema delle danze gitane, per poi concludere con la
marcia del Toreador. Ne risulta un brano che mette ben in luce le possibilità tecniche del
flauto e che richiede al solista capacità virtuosistiche.
Elena Ceranini