0 I SANNITI Di tutte le tribù e i popoli con cui i Romani si trovarono a dover contendere la supremazia sull’Italia nessuno fu più minaccioso dei Sanniti del Sannio. Il trattato, in pratica, definì le rispettive zone di influenza nella valle del fiume Liri; ai Romani la riva destra, ai Sanniti la riva sinistra. Forti e valenti, essi possedevano un territorio più ampio e un temperamento più risoluto di qualunque altra popolazione della penisola. In altre parole, fu un accordo per dividersi i territori dei Volsci che ben presto avrebbero cessato di costituire colà una zona cuscinetto. Si trattava di un’alleanza fra pari, i Sanniti controllavano la zona di gran lunga più estesa dell’Italia peninsulare ed erano la popolazione più numerosa, Roma era la potenza emergente che ormai dominava un vasto territorio ed aveva una popolazione poco meno numerosa . Due potenze che inevitabilmente dovevano entrare in conflitto perché ognuna costituiva un ostacolo per l’altro in qualsiasi progetto di espansione. Figura 1- Guerrieri sanniti - da pittura tombale Nola E così dal 343 a.C. al 272 a.C. fu un continuo susseguirsi di scontri e i Romani per aver ragione del popolo del Sannio dovettero celebrare ben 34 trionfi. Erano abbastanza numerosi e abbastanza coraggiosi da rifiutare di sottomettersi docilmente a Roma, e la resistenza militare e politica che le opposero fu delle più strenue. E’ luogo comune dire che essi, ed essi soli, rivaleggiarono in modo veramente temibile con Roma per assicurarsi l’egemonia sull’Italia peninsulare, avvicinandosi considerevolmente al successo. I Sanniti fanno il loro ingresso nella storia nel 354 a.C. (Livio – VII 19.4 ; Diodoro XVI 45.8), anno in cui stipularono un trattato con Roma e scompaiono con il massacro che segue la sconfitta subita, ad opera di Silla, a Porta Collina nell’82. Figura 2 - Disco-corazza da Alfedena A questo periodo risalgono i tre conflitti noti come guerre sannitiche e la guerra che prese nome da Pirro, ma quest’ultima potrebbe altrettanto a buon diritto essere chiamata quarta guerra sannitica, come infatti suggerisce Livio (Livio – XXIII 42.2) Anche Annibale trovò aiuto e appoggio fra le tribù sannite, e nel I secolo, in occasione dell’ultima grande insurrezione degli Italici moderni e ancora oggi il volume, pubblicato nel 1960, (E. T. Salmon – Samnium and the Samnites – Cambridge University Press 1967) rappresenta l’unico studio di carattere generale sulla storia e la civiltà dei Sanniti. Il paese, il popolo e l’organizzazione sociale. Il Sannio, nel 354 a.C., era l’altopiano interno al centro dell’Italia meridionale, delimitato a nord dal fiume Sangro, a sud dal fiume Ofanto e dalle terre dei Lucani, ad est dal Tavoliere di Puglia e dalle terre dei Frentani e ed ovest dalla pianura campana e dalle terre dei Volsci. Caratteristiche predominanti del territorio sono la dorsale appenninica, con i monti del Matese (2050 m), i monti della Meta (2241 m), le Mainarde (2039 m) , le estese superfici boschive e gli altopiani interni con ampie pianure erbose che hanno costituito da sempre ottimi pascoli. Le vie di comunicazioni interne erano costituite dai tracciati tratturali utilizzati per gli spostamenti stagionali del bestiame e da Annibale per le sue scorrerie in cerca di alleati contro Roma. Figura 3 - Elmo da Campovalano contro il dispotismo romano, i Sanniti presero ancora una volta le armi, mostrando secondo il solito maggiore tenacia e più risoluta volontà di resistenza di tutti gli altri insorti. Il popolo dei Sanniti comprendeva quattro tribù, i Carecini nella valle del Sangro, i Pentri nell’area interna da Isernia alla piana di Boiano, i Caudini tra il Volturno, il Calore e la pianura campana e gli Irpini al sud, ai confini con la Puglia e la Basilicata. Se si considera il ruolo svolto da questo popolo è sorprendente che esso abbia suscitato così poco interesse. Nessuna versione della storia romana (Tacito; Livio; Floro; Orosio; ecc…) può fare a meno di dedicare loro abbondante spazio, ma nessuna monografia è stata loro dedicata dagli storici e dagli studiosi Figura 4 -Territorio occupato dai Sanniti 326 a.C. Le tribù erano fra loro solidali ed organizzate, in senso federale, nella lega sannita. Ciascuna tribù costituiva un touto, una repubblica con cariche elettive; ciascun touto era organizzato in pagi, distretti territoriali con propri consigli amministrativi con cariche elettive; ciascun pagus era composto da vici, piccoli villaggi senza fortificazioni, e da oppida, aree disposte sulle alture, fortificate con mura poligonali, difficili da raggiungere e utilizzate per la protezione delle persone e degli animali in casi di pericolo. E’ un numero di soldati di gran lunga superiore a quello fornito dagli Etruschi e dai Sabini messi insieme (54.000 uomini); la differenza era dovuta al fatto che fra la popolazione del Sannio, non essendo ivi praticata la schiavitù, tutti gli uomini erano soggetti alle leggi romane sull’arruolamento. I Sanniti furono un popolo molto legato alle proprie tradizioni e chiuso agli influssi degli Italioti e dei Greci. Secondo gli studiosi questa caratteristica del popolo sannita protesse Roma nella sua prima fase di crescita, dagli influssi della cultura ellenica; ciò consentì al popolo romano di consolidare e di sviluppare un proprio marcato carattere nazionale, che rappresentò la migliore arma utilizzata nell’espansione successiva. Le guerre con Roma Gli scontri con Roma si susseguirono quasi senza soluzione di continuità dal 343 . al 272.a.C. • Figura 5 - Esempio di fortificazione in mura poligonali - Pietrabbondante (Bovianum Vetus) I touto erano organizzati federalmente. Sebbene non mancassero le classi aristocratiche, che, ovviamente, per la disponibilità di mezzi economici, fornivano i funzionari eletti, non sembra che nel territorio del Sannio fosse diffusa la schiavitù. A riprova di quest’ultima affermazione viene interpretato, dagli studiosi, il dato che nel 225 a.C., nelle liste di arruolamento di Roma, risulta che i Sanniti potevano far scendere in campo 70.000 fanti e 7.000 cavalieri. La prima guerra sannitica La prima occasione si creò nel 343, quando i Sanniti attaccarono i Sidicini e i Campani che chiesero aiuto a Roma. Roma non si fece pregare e intervenne; le vicende della guerra si alternarono con successi e sconfitte e si conclusero nel 341 con il rinnovo del trattato già stipulato nel 354. La conseguenza di tali primi scontri fu da un lato l’annessione dei Sidicini al Sannio, dall’altro l’espansione di Roma lungo la costa tirrenica, sino a Capua. • La seconda guerra sannitica Il conflitto fra i due popoli riprese nel 328 a.C. quando i Romani, violando il trattato del 354, fondarono la colonia latina Fregellae sulla riva sinistra del fiume Liri. Gli scontri si protrassero, con esiti alterni, fino al 321 quando i consoli romani Calvinus e Postumius, penetrati in territorio caudino dal versante campano del Matese, furono clamorosamente sconfitti presso le Forche Caudine da Gavio Ponzio. Entrambe le battaglie si conclusero con la pesante sconfitta dei Sanniti e le conseguenze furono la perdita dell’autonomia politica, pur conservando l’autonomia amministrativa. I Sanniti costrinsero alla resa circa 16.000 soldati romani, intrappolati all’interno di una stretta gola in zona montuosa. Con la firma di un nuovo trattato di pace, i romani vennero lasciati liberi dopo essere stati costretti, disarmati e vestiti soltanto delle tuniche, a passare sotto il giogo (salvi ma umiliati). Le conseguenze per Roma furono la rinuncia a Fregellae e a Cales. La guerra riprese nel 316, in modo durissimo; i due contendenti furono impegnati sul fiume Liri, in Campania, in Puglia e al confine nord-est, del Sannio, in terra dei Marrucini. Le vicende culminarono con l’espugnazione e il saccheggio da parte dei Romani di Boiano (305). Venne rinnovato il trattato del 354 ma i Romani rafforzarono le proprie posizioni nei territori, ai confini fra Lazio e Sannio, che si trovavano in loro possesso alla fine delle ostilità (304). • La terza guerra sannitica Nel 295 a.C. le ostilità ripresero su tutto i confini del Sannio e si protrassero sino al 290 quando i Sanniti sconfitti persero la loro autonomia politica pur conservando l’autonomia amministrativa. Le battaglie più significative furono quella di Sentino del 295, quando i Sanniti riuscirono a coinvolgere, contro l’espansionismo romano, gli Etruschi, i Galli e gli Umbri e quella di Aquilonia del 293 (località del Sannio ancora non identificata), resa celebre da una suggestiva narrazione liviana (Livio – X 38.43) Figura 6 - Guerriero da Capestrano • La guerra di Pirro I Sanniti, oppressi e pieni di rancore, erano fortemente decisi a scuotersi di dosso la loro nuova condizione non appena se ne fosse presentata l’occasione; e l’occasione si presentò prima di quanto essi osassero sperare In meno di cinque anni i Romani si trovarono impegnati contemporaneamente al nord e al sud contro gli Etruschi, i Celti, i Lucani e i Bruzi. La lega sannita fu sciolta e le tribù persero la loro unità interna a causa delle numerose colonie latine ivi costituite. Inoltre Taranto decise di schierarsi contro Roma invitando il re dell'Epiro, Pirro, a capeggiare l’impresa. Pirro acconsentì prontamente e i sanniti si ritrovarono quasi automaticamente a divenire suoi alleati. Figura 8 - Gioielli da Nola Figura 7- Reperti archeologisci da Campli I Romani furono sconfitti prima ad Heraclea (280 a. C.) e poi ad Ausculum (279 a.C.) ma dopo la sconfitta nella battaglia di Beneventum (275 a.C.), quando Pirro lasciò l’Italia, i Sanniti si ritrovarono, da soli ed indeboliti, ad affrontare la furia vendicatrice romana. Le tribù sannite furono ad una ad una annientate e a nulla valse l’ultimo tentativo fatto dai Carecini (269 a.C.), che sotto la guida di Lollio, si diedero alla guerriglia facendo dei monti e dei boschi adiacenti la valle del Sangro la loro base. La repressione fu durissima, i capi della guerriglia furono giustiziati e i ribelli catturati venduti come schiavi. Le condizioni imposte dai Romani per la pace furono molto più dure di quelle inflitte ai Bruzi, ai Lucani, ai Celti e agli Etruschi. • Annibale Quando, appena dopo il 225, apparve in Italia un altro invasore straniero, i Sanniti non si precipitarono a raggiungerlo come avevano fatto con Pirro. Il grande cartaginese, Annibale, comunque forse contava sul loro appoggio ed infatti in occasione delle vittorie sul Ticino, sulla Trebbia e sul Trasimeno, fu particolarmente disponibile nei confronti dei 40.000 fanti e dei 4.000 cavalieri, che il Sannio aveva fornito all’esercito romano, fatti prigionieri. Invece di attaccare Roma, Annibale andò in territorio sannitico e qui, percorrendo in lungo ed in largo i tratturi, attaccò le colonie latine e cercò prima con le buone maniere e poi con la forza, saccheggiando tutto il territorio pentro, di coinvolgere le tribù sannite nel conflitto. E fu proprio per l’intervento del pentro Numerio Decimio di Bovianum alla guida di 8.000 fanti e 5.000 cavalieri sanniti che fu sconfitto a Gerunium. Comunque dopo la vittoria di Cannae le tribù sannite, ad eccezione dei pentri, ripudiarono le loro alleanze con Roma e si schierarono con Annibale, pagando in seguito alla sconfitta del cartaginese un pesante tributo in termini di territori e di vite umane. Si schierarono contro i Romani i Marsi, i Peligni, i Vestini, i Marrucini, i Frentani, i Pompeiani, gli Apuli, i Lucani e i Sanniti; la motivazione ufficiale fu la richiesta rifiutata di avere la cittadinanza romana.. Nel 90 numerosi furono i successi della lega e a Roma si era vicini al panico (Floro - II 6.11; Ovidio Fasti VI 563-66). Fu Mario a riorganizzare ciò che restava dell’esercito romano durante l’estate del 90, quando, essendo tempo di mietitura, gli insorti sospesero le operazioni belliche. Fu L. Giulio Cesare a fare approvare la lex Julia che offriva la cittadinanaza romana ad ogni popolo latino o italico che non fosse in quel momento in armi o che le deponesse immediatamente. Gli effetti della lex Julia e la sconfitta dei Marsi sui passi dell’Appennino umbro, nell’89, lasciarono i Sanniti da soli a combattere contro Roma. Le ostilità si protrassero, con vicende alterne, fino a confondersi con la successiva guerra civile fra Mario e Silla. Nell’ 82 a.C. , durante la guerra civile, i Sanniti furono sconfitti definitivamente da Silla nella battaglia di Porta Collina. Le conseguenze della sconfitta furono orribili, Silla riunì nella villa pubblica del Campo di Marte 8000 prigionieri sanniti e li fece pubblicamente decapitare (Livio – Periochae 88). Figura 9 - Ornamenti del tempio italico da Civitella • La fine dei Sanniti Nel 91 a.C. i Sanniti capeggiarono la lotta dei popoli italici contro Roma (guerra sociale), organizzati nella lega italica, che fisso’ la propria capitale a Corfinium, a cui diede il nome di Italia. Silla diede poi inizio ad una campagna di sterminio e distruzioni in terra sannita ; per Silla “i Romani non avrebbero conosciuto la pace fino a quando avesse continuato a esistere una nazione sannita” ( Strabone – V 4.11) e le conseguenze furono descritte da Floro : “il conquistatore a mala pena aveva lasciato una pietra sull’altra, cosicché anche all’interno del Sannio era quasi impossibile scoprire il Sannio” (Floro – I 11.8). • La lingua dei Sanniti Nel IV secolo a.C. l’osco era praticamente la lingua di tutta l’Italia meridionale a sud del fiume Liri e del fiume Sangro, eccetto la punta dell’Apulia e le colonie greche della costa. Nonostante l’osco parlato fosse così diffuso in un’area tanto vasta di esso non venne fatto uso scritto fino ad un’epoca relativamente tarda, 450 a.C.. Fu solo dopo che si insediarono in Campania che i Sanniti cominciarono ad esprimersi con la parola scritta facendo proprio l’alfabeto degli Etruschi e modificandolo per adattarlo alle loro esigenze fonetiche. Mantennero al tempo stesso l’uso etrusco di leggere da destra a sinistra e fecero così dell’osco una lingua scritta oltre che parlata. (E. T. Salmon – Samnium and the Samnites – Cambridge University Press 1967) Nella sua forma definitive l’alfabeto oscosannita si compone di 21 lettere: Nei caratteri dell’alfabeto osco-sannita sono redatti i numerosi testi epigrafi rinvenuti nel territorio sannitico, specialmente in quello pentro, e databili tra il III e gli inizi del I secolo a. C.. Un testo, di carattere particolare, riconducibile all’ambito sacrale, ma avente natura prescrittiva e invetariale, è la cosiddetta Tavola Osca, una tavola di bronzo (16,5x28,0 cm) che reca ancora i ganci per l’affissione e che costituisce il più lungo e il più importante documento epigrafo osco rinvenuto nel Sannio. (Gianluca Tagliamonte – I Sanniti – Longanesi &C. 1996 ). La Tavola, detta di Agnone, è stata rinvenuta in località ”Fonte Romita” in territorio di Capracotta ed è conservata al British Museum di Londra. La tavola tratta di un recinto sacro, un santuario dedicato a Cerere, dove si svolgono cerimonie religiose. Tale recinto viene collocato su monte del Cerro, area oggetto di contestazione fra i Comuni di Pescopennataro e Agnone fino ai primi anni ’90.