“Sistema etico, velato da allegorie e illustrato da simboli” 1. Etica e

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“Sistema etico, velato da allegorie e illustrato da simboli”
1. Etica e Massoneria
Dan Brown, nel romanzo Il simbolo perduto, ci prende molto in giro, ma dice anche
alcune cose che denotano una conoscenza tutt’altro che superficiale di ciò di cui
parla. Nel capitolo 6., ad esempio, spiega che nel giorno del dio pagano del sole non
ci inginocchiamo ai piedi di un antico strumento di tortura e non ingeriamo simboli
che stanno per sangue e carne, come quelli che si inginocchiano davanti al crocifisso
e fanno la comunione, e alla domanda “se la M∴ non è una società segreta, non è
un’azienda e non è una religione, allora cos’è?” fa rispondere al protagonista del
romanzo che “se lo chiedete a un affiliato” vi dirà che “è un sistema morale, velato da
allegorie e illustrato da simboli”.
Questa stessa espressione è riportata anche da Iréne Mainguy nella sua notevole
Simbolica massonica del XXI secolo, in riferimento ad un “antico rituale emulation”.
Nel dialogo rituale del I grado scozzese, quello che pratichiamo in oltre il 90% delle
Logge del GOI, alla domanda del M∴V∴ “A quale scopo ci riuniamo?” il 1° Sorv∴
risponde: “Per erigere templi alla virtù e scavare oscure e profonde prigioni al vizio, per il
bene e il progresso dell’umanità”. Viene dunque enunciato che nostro scopo è quello di
volgersi alla virtù e di eliminare il vizio.
E in uno dei dialoghi rituali del rito emulation, di origine inglese, e praticati anche
da un certo numero di Logge del GOI, alla domanda del M∴V∴ “Dove siete stato
preparato per essere costituito Muratore?”, il candidato risponde: “Nel mio cuore”. Poco
dopo, alla domanda “Che cos’è la Libera Muratoria?”, risponde: “Un peculiare sistema
morale, velato da allegorie e illustrato da simboli”. E alla domanda “Quali sono le persone
idonee e adatte per essere create Muratori?”, risponde: “Uomini giusti, retti e liberi, in età
matura, di sano giudizio e rigida morale”.
Ecco dunque: rivolgersi alla virtù ed eliminare il vizio, attraverso un peculiare
sistema morale, velato da allegorie e illustrato da simboli, consapevoli che parlare di
etica non significa né pretendere di averne l’esclusiva, né atteggiarsi a maestro di
nessuno: primo, perché chi è senza peccato scagli la prima pietra, secondo, perché la
riflessione etica serve innanzi tutto per se stessi, ossia per migliorare il proprio modo
di vedere il mondo e stare al mondo; solo eventualmente può essere di utilità anche
ad altri, attraverso il confronto reciproco degli argomenti.
Come osserva Platone nel I libro della Repubblica, che costituisce uno dei punti più
alti della sua filosofia, “non si tratta di cosa senza importanza, ma della norma di vita che
occorre adottare”.
2. Massoneria e legalità.
Recentemente, ho avuto occasione di partecipare ai lavori di un’altra Loggia, nella
quale veniva scolpita una tavola su un tema particolarmente interessante: “M∴ e
legalità”. In quella sede, mi sono permesso di osservare tre cose: primo, che un tema
come “M∴ e legalità” meriterebbe di costituire oggetto di un convegno pubblico.
Secondo, che se stiamo alla descrizione della M∴ come “peculiare sistema morale,
velato da allegorie e illustrato da simboli”, una domanda sul rapporto tra “M∴ e legalità”
non dovrebbe neanche porsi, poiché si tratta di due cose che vanno di pari passo,
almeno in astratto.
C’è da chiedersi a questo punto: cosa intendiamo per legalità???
Quella imposta da uno stato o quella derivante da una legge etica e morale.
Ed eventualmente è possibile definire in modo univoco un ordine etico e morale?
Terzo, che in concreto, però, nel nostro Paese, la domanda sul rapporto tra “M∴ e
legalità” viene posta, poiché nell’immaginario popolare vi è spesso un’indebita
associazione di idee tra M∴ e illegalità, come se l’una fosse parte dell’altra.
Probabilmente in questa direzione concorrono almeno due fattori. Il primo è che
esistono tuttora precise correnti ostili alla libertà di pensiero e al metodo della
discussione critica, che hanno l’abitudine di fondare le proprie opinioni su
presupposti non dimostrati e non discutibili, e di considerare come ostile e
intollerabile la manifestazione di qualsiasi opinione diversa dalla loro.
Il risultato è che, ad esempio, quando vengono sottoposti a un processo penale gli
iscritti a certe associazioni politiche o religiose la cosa non fa rumore, mentre quando
viene sottoposto solo a indagine preliminare qualcuno ritenuto anche solo vicino alla
M∴, bisogna stracciarsi pubblicamente le vesti e indire una caccia alle streghe.
Il secondo fattore che potrebbe concorrere all’indebita associazione di idee tra M∴ e
illegalità è che noi stessi, probabilmente, siamo vittima di un ingiustificato complesso
di inferiorità, come se dovessimo difenderci dall’accusa che “I massoni si aiutano”. Gli
iscritti ad altri tipi di associazioni si aiutano molto più di noi, tanto che il principe
Totò De Curtis, nel film I due fratelli, allegoria di due fratelli massoni, arrivava a
concludere che “prima che un fratello ti aiuti devi proprio schiattare!”.
Proporrei dunque di distinguere fra aiuto lecito e aiuto illecito. L’aiuto illecito è
illegale, sia dentro la M∴, sia fuori. Ma l’aiuto lecito non è illegale: al contrario, è
espressione di benevolenza umana e di fraternità, ossia di quel senso di attenzione al
prossimo che è stato introdotto dal Vangelo e che trova espressione, ad esempio,
nella parabola del buon Samaritano.
Nella lettura “attenta” dei testi originali, l’interpretazione della parola “prossimo” è
da intendersi come capacità e desiderio di farsi prossimo all’altro e non tanto di
considerare come prossimo l’altro. Diventa quindi un atto di umiltà e di disponibilità
non richiesta il farsi prossimo e non un atto di generosità il considerare l’altro come
prossimo
Fraternità non significa, ovviamente, che uno possa pretendere di accampare un
diritto all’aiuto, o che possa esimersi dal fare da parte sua quel che può, o, peggio
ancora, che possa approfittare della benevolenza altrui, come capita a volte di vedere:
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questo è il contrario della fraternità. Ma significa non distorcere la realtà, e non
confondere aiuto lecito e aiuto illecito.
3. Un’etica aperta.
Ora, se la M∴ può essere descritta come “Un peculiare sistema morale, velato da
allegorie e illustrato da simboli”, è interessante cercare che cosa velino queste allegorie,
e cosa illustrino questi simboli, ossia quali ne siano i possibili contenuti.
In tempi più giovanili avevo approfondito il pensiero di Tommaso d’Aquino, e
quando, in tempi più recenti, mi sono rivolto al pensiero filosofico alla ricerca delle
possibili alternative, mi sono accorto che il pensiero moderno, soprattutto con Kant e
Popper, ha smontato quello classico e medievale sia nella metafisica, sia nella
filosofia della conoscenza, della politica e del diritto, ma non ha ancora offerto una
riflessione razionale organica sull’etica, ossia sulle conseguenze che ne derivano in
ordine alle possibili determinazioni pratiche degli individui.
Il risultato è: a) che la riflessione etica è lasciata all’istinto dei singoli, senza
riferimenti, oppure in mano a chi si arroga il diritto di averne l’esclusiva – b) che da
oltre 2400 anni, cioè dalla morte di Aristotele, manca una riflessione razionale
organica sui contenuti dell’etica, al di fuori di ambiti meramente religiosi.
Dubito che ne avrò sia il tempo, sia la capacità: non sono un filosofo, ma solo un
avvocato, quindi sono solo un dilettante della filosofia, ma, se ne avrò il tempo, mi
piacerebbe scrivere un libro, che si potrebbe intitolare, in modo kantiano, Critica
dell’etica, oppure, in modo popperiano, L’etica aperta e i suoi nemici, nel quale cercare
una risposta a tali interrogativi, rivisitando il pensiero etico non delle religioni o delle
ideologie politiche, che lascio a loro e ai loro adepti, ma il pensiero etico dei filosofi, e
nel quale condurre una riflessione razionale sull’evoluzione dell’etica.
Infatti nel pensiero etico dei filosofi greci c’è molto di dimenticato e ancora attuale,
che meriterebbe di essere riletto. E anche un filosofo della levatura di Kant non
sembra avere tratto le conseguenze dei propri presupposti teoretici nel campo di
quella che chiamava filosofia della natura anche nel campo di quella che chiamava
filosofia dei costumi, ossia nel modo di regolarsi nelle proprie determinazioni
pratiche, che è lo scopo concreto in vista del quale viene elaborata ogni visione del
mondo, come si diceva sopra.
Riflettendo su questo presupposto, che non avevo ancora elaborato con questa
chiarezza, l’anno scorso vi ho inflitto una lunga tavola intitolata Libertà, eguaglianza,
fratellanza: un modo di pensare e di vivere, nella quale rilevavo che nella simbologia del
tempio massonico solo tre parole sono riportate per esteso, davanti al nostro naso, a
Oriente, sopra il M∴V∴: libertà, eguaglianza, fratellanza.
I valori dell’illuminismo, che costituivano il motto della rivoluzione francese, che si
leggevano sulle monete da un franco francese, e che ancora oggi si leggono sulla
moneta francese da un euro. Penso infatti che i valori dell’illuminismo costituiscano,
almeno sinora, i valori guida più avanzati che siano stati elaborati nella storia
dell’umanità, e che si possano leggere come la sintesi della simbologia di tutti i gradi.
Nel dibattito che è seguito alla tavola, c’è chi ha osservato acutamente che
l’assolutizzazione dei valori dell’illuminismo può portare essa stessa al dogmatismo
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e alla violenza, come si è visto nel c.d. periodo del terrore che è seguito alla
Rivoluzione francese.
Riflettendo su questa osservazione, l’anno scorso vi ho inflitto anche una seconda
tavola, meno noiosa della precedente (e di questa), a quattro mani con il Fr∴ Angelo
Agosti, intitolata Coscienza morale e libertà del laico, nella quale concludevamo che
libertà del laico significa, anche in campo morale, adottare un metodo di ricerca che
non presuppone in partenza da quale parte la ragione debba andare a concludere.
Il punto è che questo “peculiare sistema morale” è “velato da allegorie e illustrato da
simboli” che non hanno un significato univoco, e che non vi è un’autorità alla quale
sia demandata, o che possa arrogarsi, l’interpretazione ufficiale dei contenuti di
questo “sistema morale”.
E questo porta in primo luogo ad applicare a questo “peculiare sistema morale” il
metodo della discussione critica; in secondo luogo, e soprattutto, porta a un’etica non
chiusa, o cristallizzata in un catechismo, o in un insieme di regole o di precetti
codificati e custoditi con devozione religiosa, ma a un’etica aperta, aperta al lavoro di
comprensione, di discussione e di attualizzazione di ciascuno. Ecco perché parlerei di
etica aperta e i suoi nemici.
In quest’ottica, direi che la tavola sulla tolleranza del Fr∴ Claudio della scorsa
tornata merita un commento, perché ha toccato un punto che mi pare cruciale, quello
dei limiti della tolleranza. A me pare che il problema si possa risolvere se si considera
che la tolleranza è l’altra faccia della libertà: la tolleranza, infatti, è il rispetto per le
opinioni altrui, quindi per la libertà di pensiero altrui; ma il limite della libertà di
ciascuno sta dove incomincia la libertà altrui; dunque anche il limite della tolleranza
sta nella legittima difesa della propria libertà: altrimenti, tollerando, ad esempio, un
nuovo Hitler, prima o poi ce lo si ritrova di nuovo al potere, e allora addio libertà,
addio tolleranza.
Un’ultima annotazione: se la M∴ è “Un peculiare sistema morale, velato da allegorie e
illustrato da simboli”, allora sarebbe interessante (è solo una proposta, ovviamente)
una conduzione dei lavori che riduca il più possibile al minimo le questioni
amministrative e burocratiche, e che privilegi i rituali di iniziazione e la discussione
delle tavole. Se devono entrare tre Apprendisti, sia facciano tre distinte, succinte
iniziazioni; se devono passare cinque Compagni d’Arte, programmandoli per tempo,
si facciano cinque distinti passaggi, almeno di regola: non si sa mai che, così,
arriviamo a capire qualcosa della simbologia del grado. E si privilegi la discussione
delle tavole: non si sa mai che, con il contributo degli interventi di tutti, arriviamo a
capire qualcosa di più di questo “peculiare sistema morale”.
L’idea che vorrei trasmettere è che abbiamo la possibilità di ricercare insieme che
cosa velino queste allegorie, e che cosa illustrino questi simboli, se non vogliamo che
la nostra iniziazione resti un fatto meramente virtuale.
4.5.12
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